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Appunti di endocrinologia, Appunti di Endocrinologia

Appunti di endocrinologia delle prof. Arvat e Giordano

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 10/03/2023

Chiara99unito
Chiara99unito 🇮🇹

3.5

(6)

19 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti di endocrinologia e più Appunti in PDF di Endocrinologia solo su Docsity! ENDOCRINOLOGIA ORMONI = sostanza prodotte da ghiandole (o tessuti) endocrine che versano il loro prodotto nel sangue e che vengono trasportati tramite il sistema circolatorio per raggiungere i bersagli, cioè altri organi o tessuti dove esplicano la loro azione suscitando risposte e trasformazioni. Gli ormoni sono funzionali per la nostra vita e indispensabili per l’accrescimento e per l’equilibrio nel nostro corpo e il mondo esterno. SISTEMA ENDOCRINO = insieme di organi, tessuti e cellule preposto al coordinamento e all’integrazione dell’attività cellulare dell’org al fine di mantenere l’omeostasi + SISTEMA NERVOSO + SISTEMA IMMUNITARIO = network di comunicazione fra cellule e organi  sistemi di comunicazione/ messaggio tra organi diversi. Funzioni chiave del sistema endocrino:  Regolazione e bilancio idroelettrico, del volume circolante e della pressione arteriosa  Regolazione del bilancio calcio-fosforo  Regolazione del bilancio energetico, della mobilizzazione delle riserve energetiche, dell’utilizzazione di tali riserve e del loro immagazzinamento  Coordinamento delle risposte allo stress  Regolazione della riproduzione, dello sviluppo, della crescita e dell’invecchiamento I protagonisti:  Tessuti endocrini(ghiandole endocrine)  riversano il secreto nel liquido interstiziale e quindi generalmente nel sangue + non sono anatomicamente collegati tra loro e sono distribuiti in tutto l’organismo. Ghiandole endocrine: ghiandola ipofisaria, la tiroide, il timo, le ghiandole paratiroidee, le ghiandole surrenali, le ovaie, i testicoli, il pancreas. Anche altri tessuti che normalmente sono deputati ad altre funzioni (fegato, cuore e vasi, reni, tessuto adiposo, cervello, stomaco e intestino) sono in realtà ghiandole endocrine perché producono ormoni con funzioni ben precise.  Ormoni  prodotti da cellule endocrine e vanno ad agire su cellule bersaglio. Sono chimicamente diversi (derivati di aminoacidi, proteine o steroidi) e circolano in forma libera o legati a proteine di trasporto. Per esempio gli ormoni non idrofili, cioè che non circolano bene nel torrente circolatorio perché prevalentemente acquoso, per viaggiare devono legarsi a delle proteine di trasporto, da cui successivamente si staccano per poter essere assorbiti dai tessuti e sorpassare la membrana e quindi diventare biologicamente attivi a livello dei tessuti target. In oltre la loto attività dipenderà dalla loro concentrazione nel tessuto target, dalla disponibilità e dall’attività dei recettori. Dopo aver svolto la loro funzione all’interno delle cellule, gli ormoni vengono metabolizzati ed espulsi tramite urina o feci.  Organi bersaglio  organi e cellule che esprimono specifici RECETTORI per ormoni  hanno la funzione di riconoscere selettivamente l’ormone e di trasmettere alle altre cellule . Si dividono in recettori di membrana (per ormoni peptidici ) e recettori intracellulari (per ormoni lipofili che facilmente superano la membrana). Ormoni agiscono: o Attivita endocrina  ormone prodotto e fa effetto a distanza o Attività paracrina  ormone prodotto da cellula e fa effetto nelle vicinanze di essa o Attività autocrina ormone prodotto da cellula, ne fuoriesce e ne regola l’attività o Attività intracrina ormone prodotto da cellula e agisce sus di essa dall’interno Sistema endocrino è interconnesso con sistema nervoso e sistema immunitario  ciò ha a che fare con psicologia e comportamento  ciò è strettamente correlato con genetica e ambiente : PSICO-NEURO-ENDOCRINO-IMMUNOLOGIA (PNEI)  cerca di trovare parametri conoscitivi/interpretativi per una gestione del … BASI ANATOMICHE DEL SISTEMA NEUROENDOCRINO Il collegamento anatomico che collega la nostra mente ai nostri ormoni costituisce il sistema neuroendocrino ed è rappresentato dall’area ipotalamo-ipofisaria. 1. Area ipotalamo-ipofisiaria IPOTALAMO formato da nuclei diversi collegati ad attività primordiali di sopravvivenza (assunzione cibo, ritmo sonno-veglia …) . Questa area termina con ghiandola endocrina: IPOFISI, formata da due parti: ADENOIPOFISI e NEUROIPOFISI. Adenoipofisi  riceve input ipotalamici e libera ormoni prodotti direttamente dalle cellule ipofisarie che agiscono sui tessuti periferici  Adrenocorticotropo (ACTH)  regola ghiandole corteccia del surrene  TSH  stimola funzione tiroidea  Follicolo stimolante (FSH)  agisce sull’attività dei testicoli  Luteizzante (LH)agisce sull’attività ovarica  Prolattina (PRL)  serve per crescita/produzione latte mammella (ma anche in uomini serve)  Ormone della crescita (GH)  accrescimento staturale + funzioni metaboliche nell’adulto (metabolismo zuccheri) Neuroipofisi  libera neurormoni che sono prodotti direttamente dall’ipotalamo  Vasopressina (AVP) assorbimento liquidi a livello renale, quindi mantiene volume ematico e pressione arteriosa  Ossitocina (OX)  clinicamente interviene nella donna durante il parto per la contrazione + impo nel comportamento sociale (studi) 2. Asse intestino/pancreas/tessuto adiposo – cervello Una piccola parte di vasopressina o AVP viene prodotta da nuclei dell’ipotalamo che stimolano l’ACTH dall’ipofisi anteriore , il quale stimola la produzione del CORTISOLO dalle ghiandole surrenali. Asse che si è maggiormente allineato ai ritmi circadiani: attività dell’asse è maggiore al mattino, dove ha un picco, per poi avere una progressiva diminuzione durante l’arco della giornata e arrivare ad essere minima durante la notte (minimo durante le prime ore della notte). Funzioni dell’asse:  Mettere a disposizione le fonti energetiche per essere usate dal nostro organismo o Aumentare la glicemia o Lipolisi periferica o Metabolismo energetico o Gluconeogenesi epatica  Attivano il sistema cariovascolare  aumento portata cardiaca e tono vascolare  Attiva attenzione e processi cognitivi (consolidamento memoria)  Azione ansiogenica  attiva stati di allerta  Azione antinfiammatoria  Sonno ovviamente tutti questi eventi sono positivi per il nostro corpo, ma se protratti nel tempo a causa di una situazione (stress) in cui viene prodotto molto cortisolo, possono diventare dannosi. GLUCOCORTICOIDI (GC) hanno un impo ruolo nel sistema limbico e nella corteccia prefrontale. Funzioni:  Mantenimento dei ritmi circadiani  Attenzione e aspetti cognitivi  Aspetti comportamentali e affettivi 4. Asse ipotalamo- ipofisi- gonadi Ormoni prodotti sono FSH (produce testosterone) e LH (produce estrogeni e progesterone). In entrambi i sessi questi ormoni regolano la funzione riproduttiva (gonadi). Funzioni estrogeni:  Sviluppo apparato genitale  Sviluppi mammario  Accrescimento osseo  Distribuzione massa magra/grassa  Sintesi proteica a livello epatico  Assetto coagulativo e lipidico  Psiche e comportamento (influenza positiva dell’umore e funzioni cognitive) Funzioni progesterone:  Preparazione dell’utero alla gravidanza  Modulazione comportamento sessuale  Stimolazione mammaria alla produzione di latte  Aumento temperatura corporea Funzioni testosterone:  Sviluppo apparato genitale  Mantenimento della funzione riproduttiva  Aumento massa magra e diminuzione massa grassa  Aumento resistenza fisica  Aumento tono dell’umore e miglioramento attività cognitive  Maggiore attività pilo-sebacea (acne, peli) Funzione androgeni (ormoni maschili prodotti dalla femmina nell’ovaio e nel surrene):  Sviluppo della distribuzione pilifera  Aumento massa muscolare  Maturazione scheletrica e mantenimento trofismo osseo  Psiche e comportamento sessuale Prolattina  prodotto ipofisario che ha funzione impo nella donna alla fine della gravidanza per la produzione del latte + studi hanno osservato che ha effetti sull’immunità corporea (anche funzione nel maschio). Controllo della secrezione ormonale Tutti questi assi ormonali in qualche modo devono essere governati e devono modularsi a seconda di quali sono i fabbisogni del nostro organismo. Abbiamo diversi tipi di controlli:  Neurotrasmettitoriale  dal cervello passa tramite ipotalamo e trasforma il messaggio neurale in ormone  Ormonale  feedback negativo (stimolazione del prodotto finale inibisce se stesso) o positivo (stimolazione del prodotto stimola a sua volta la produzione) in base al bilancio della quantità di ormoni  Ionici  cambiamento ioni induce modificazioni ormonali (es. asse renina- angiotensina-aldosterone  impo per riassorbimento dei liquidi da parte del rene; aldosterone viene regolato dallo ione potassio)  Nutrizionali  attività alimentare induce cambiamenti ormonali tramite modulazione del cervello Sonno Asse HPA è impo per le influenze con sonno importanza sulle nostre attività biologiche e quindi ormonali. L’attività notturna, quindi il sonno, influenza e inibisce un’attività attivante come quella del cortisolo, ma è anche vero che questo a sua volta influenza i meccanismi centrali che regolano il sonno. Il sonno non è un’attività uniforme, ma sono presenti varie fasi ed ognuna ha una grande impo per l’attività del SNC. Le prime due fasi sono dette del sonno leggero, la fase 3 e 4 sono quelle del sonno profondo e sono quelle della prima parte della notte, in queste fasi siamo refrattari agli stimoli esterni perché la nostra attività cerebrale è molto profonda. Dopo c’è la fase del sonno REM, tipica fase dei sogni, è nella seconda parte della notte ed è un fase in cui attività periferica muscolare è non funzionante, ma un’attività cerebrale molto attiva con onde encefalo grafiche che assomigliano alla fase di veglia, dimostrando che il cervello è molto attivo. Tutte queste fasi sono molto impo per fissazione di ricordi ed esperienze in memoria, recupero delle funzioni metaboliche, emotive, cogntive… Sonno patologico  mal funzionamento del corpo funzione errata della produzione del cortisolo Cortisolo nelle prime ore della notte in cui prevale sonno profondo l’asse è inibito, ma man mano che andiamo avanti, compare sonno REM ed iniziamo ad osservare la comparsa della produzione di cortisolo anticipa e predispone al risvegli mattutino. Altro esempio: Jet-lag = riassestamento delle attività biologiche in risposta ad un nuovo assetto ambientale che ci fa percepire una sensazione di disallineamento e di malessere. In queste situazioni ci vorrà qualche giorno prima che le nostre attività, comandate dall’asse HPA, si riadattino al nuovo ambiente e ritmo sonno/veglia. Variazioni ormonali età dipendenti Sono in parte responsabili delle alterazioni strutturali dell’anziano che portano alla fragilità  questo perché le necessità biologiche e ormonali sono differenti in base all’età. Dalla pubertà abbiamo un continuo declino delle necessità. L’andamento dell’asse del cortisolo, in modo opposto, al posto che diminuire con l’età, tende ad amplificarsi e ad aumentare  nadir meno potente e un’anticipazione nelle ore del mattino della sua salita  alterazioni del sonno e risvegli anticipati degli anziani. Riduzione di resilienza (= capacità di adattarsi ): giovane davanti ad eventi stressanti ha picco di cortisolo, ma poi grazie a sistema di feedback inibitorio che passa attraverso ad alcuni circuiti neuronali (ippocampo centralina cerebrale in cui sono integrati impulsi di feedback negativo del cortisolo, tramite i quali inibisce la sua stessa attività) è in grado di riportare sistema a livello basale  effetti benefici. Ma mano che l’età aumenta, ciò che varia non è la capacità di far fronte allo stress, ma la capacità di portare l’asse al suo livello basale. Altri ormoni sono il DHEA (androgeno debole del surrene) in questo caso, con l’aumentare dell’età, cala.  Sospetto clinico  Si dosano gli IGF-I e GH basali  Test di inibizione della secrezione di GH  Risonanza magnetica con mdc  Campimetria visiva (se macroadenoma) Iperprolattinemia Aumento della prolattina dovuta molto spesso a tumori; , si tratta di quei tumori o quelle lesioni che vanno ad agire sul peduncolo ipofisario, non permettendo più all’ipotalamo l’inibizione tonica della secrezione di prolattina tramite l’azione dopaminergica sull’ipofisi (ed ecco perché anche gli antidopaminergici sono tra le possibili cause). La prolattina si occupa di produrre il latte e crescita delle mammelle. Quando è in eccesso: inibisce asse ipotalamo-ipofisi-gonadi  riduce produzione gonadotropine ipofisarie blocca la funzione delle gonadi (blocca dall’ipotalamo produzione di GNRH che stimola gonadotropine, quindi si avrà blocco produzione ovarica o spermatozoi)  ipogonadismo. I sintomi dipendono maggiormente dall’eccesso di PRL. Nel sesso femminile sono:  Oligomenorrea o amenorrea.  Infertilità.  Galattorrea. Nel sesso maschile:  Infertilità.  Alterazioni della capacità erettile e calo della libido.  Galattorrea e ginecomastia: non sono sempre presenti perché dipendono anche dai livelli di estrogeni, perciò si presentano se ci sono anche alti livelli di estrogeni. Diagnosi:  Anamnesi patologica e farmacologica (impo escludere gravidanze)  Indagare presenza di segni e sintomi di iperPRL  Valutazioni biochimiche ed ormonali: PRL, IGR-I, TSH  Indagini strumentali: risonanza magnetica, campo visivo Sindrome Di Cushing o Ipercorticolismo Coinvolge l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene: eccesso cronico di cortisolo da parte della ghiandola surrenale. NB: è una sindrome non una malattia e si traduce in un eccesso cronico di cortisolo (sia a livello periferico che a livello centrale). La forma più comune è iatrogena (da farmaci): spesso infatti malattie croniche necessitano di essere curate con cortisonici per tempo prolungato (malattie autoimmuni, malattie allergiche). La forma endogena è dovuta a: ➔ adenoma dentro il surrene e dunque produce direttamente troppo cortisolo (ACTH indipendente) ➔ adenoma dentro l’ipofisi, che produce troppo ACTH che va a stimolare in eccesso le ghiandole surrenali, che di per sé sarebbero sane, ma ricevono in questo caso troppa stimolazione. (ACTH dipendente) Malattia prevalentemente femminile. Segni e sintomi:  accumulano adipe in zone molto sensibili per i glucocorticoidi (guance, facies lunare) o nelle prime vertebre dorsali (gibbo di bufalo)  Strie rubre (adipe nell’addome, a livello viscerale, questo genere di accumulo nelle situazioni di normalità è tipico dell’uomo, quindi anche qui vediamo come ci sia un’azione ormonale androgenizzante)  Cute seborroica, acne e peli sono sintomi che evidenziano l’azione dei precursori del cortisolo (che sono quasi tutti androgeni surrenali, ormoni ad azione androgenizzante)  Consumo dei muscoli, catabolizzati per produrre aminoacidi, muscoli diventano atrofici. Molto spesso questi soggetti hanno disturbi dell’area limbica: disturbi cognitivi, affettivi, emotivi, depressivi o addirittura di tipo disforico (pazienti che hanno già una predisposizione per malattie psicotiche, con il Cushing esplodono: magari sarebbero rimaste ad un livello sotto diagnosticato. Molti pazienti hanno diagnosi di psicosi in seguito all’insorgenza di ipercortisolismo. Diagnosi:  Misurazione dei livelli di cortisolo (patologicamente elevati) in urine, saliva …  Misurazione di ACTH  TC o risonanza Ipopituitarismo Condizione clinica caratterizzata dalla riduzione patologica della secrezione di uno o più ormoni ipofisari e conseguentemente da un deficit delle ghiandole bersaglio. Panipopituitarismo: insufficienza totale della ghiandola Ipopituitarismo parziale: deficienza di 1 o più ormoni dell’ipofisi Anteriore = l’insufficienza interessa gli ormoni secreti dalla parte anteriore della ghiandola Posteriore = alterazione della secrezione di ADH, ormone della postero- ipofisi Cause: 1. Invasive (tumori)  più comuni 2. Iatrogene (esiti di neurochirurgia, radioterapia)  più comuni 3. Infettive 4. Infartuali 5. Infiltrative 6. Immunologiche 7. Insulti traumatici 8. Idiopatiche (non conosciamo origine) I sintomi che si manifestano in maniera acuta sono rari. Il deficit di ACTH, tra i vari ormoni, è quello che più facilmente si può manifestare in modo acuto (astenia, nausea, vomito, dolori addominali, shock) o cronico (astenia, anoressia, nausea, perdita di peso ipotensione malessere generale incapacità di risposta allo stress alterazioni sfera emotiva, cognitiva). Il deficit di gonadotropine, si manifesta con un mal funzionamento delle gonadi sia maschili che femminili quadro di ipogonadismo (sintomi simili a quelli dell’iperPRL: alterazione sfera sessuale, modificazioni composizione corporea e alterazioni comportamentali). Il deficit del TSH  quadro di ipotiroidismo (es. rallentamento ideo-motorio depressione astenia, iporeflessia intolleranza al freddo stipsi cute secca, pallore, fragilità annessi aumento ponderale bradicardia riduzione pao differenziale aterosclerosi). Il deficit di GH si manifesta nei bambini con lo stallo della crescita (modificazione composizione corporea e metabolismo, alterazioni comportamentali). In generale:  Infertilità, disturbi sfera sessuale  Astenia e alterata capacità di risposta allo stress  Alterata composizione corporea  Alterazioni comportamentali, riduzione “well being” ed isolamento sociale In generale, proprio perché spesso non si manifesta come deficit mono-ormone, ma spesso è dovuto a fattori iatrogeni (quindi a volte dovuti all’asportazione di una parte Input che influenzano ritmo circadiano: turni di lavoro, jet lag, stress, infezioni, neonati, Output: comportamento, sonno, ritmi ormonali, metabolismo… Effetti dell’ACTH (corticotropina)  azione biochimica: regola secrezione del cortisolo + azione trofica: agisce sulla crescita delle cellule delle ghiandole surrenali (es. chi ha deficit di ACTH ha ghiandole molto piccole) Glucocorticoidi Il “nome” deriva dalla prevalente azione di regolazione del “metabolismo glucidico” . ci possono essere:  GC endogeno = CORTISOLO (prodotto dalle ghiandole surrenaliche, corteccia)  GC esogeni = sintetici (farmaci) Sintesi di glucocorticoidi è molto complessa  partono tutti dal colesterolo. Cortisolo I livelli di cortisolo variano da persona a persona, in funzine della superficie corporea, del sesso e dell’età impo per quando si da una terapia sostitutiva È’ il più importante tra i glucocorticoidi. Partecipa al metabolismo dei glucidi, carboidrati, quindi fa aumentare la glicemia, aumenta la sintesi d a parte del fegato degli zuccheri, ha effetto sul cuore, sul sistema osseo, sul bilancio energetico e sulla composizione corporea. Questi effetti del cortisolo dipendono da:  Livelli circolanti  fin ad un certo cut off, maggiori sono i livelli circolanti, maggiori sono gli effetti. In generale gli ormoni non girano liberi ma sono sempre legati a delle proteine, quindi anche nel caso del cortisolo questo è legato all’albumina nel 10-20% dei casi e al CBG (corticosteroid-binding globulin) per la maggior parte; un 5-10% di cortisolo circola i forma libera (funzione biologicamente attivo  non è legato a nulla).  Metabolismo  cortisolo viene metabolizzato da enzimi e diventa cortisone, può avvenire anche il passaggio opposto e quindi da cortisone (tessuto adiposo, fegat, cervello, vasi) passa a cortisolo  Legame con recettori  GR  per i glucocorticoidi, sono specifici per cortisolo ma hanno affinità minore. Sono presentei in tutto l’organismo (ubiquitari)  MR  per i mineralcorticoidi, sono meno specifici per il cortisolo ma hanno affinità maggiore. Sono presenti solo in alcune aree (es. ippocampo) Patologie Ipercortisolismo o Sindrome Di Cushing = manifestazione clinica di una condizione di persistente  ipercortisolismo indipendentemente dalla causa che l’ha determinata. Classificazione:  Esogena (80.90% dei casi)  cfr all’assunzione cronica di steroidi sintetici (hanno effetti positivi per curare alcune patologie, ma hanno anche molti effetti collaterali)  Endogena  discriminiamo tra: ACTH dipendente (80-85%) e ACTH indipendente (15-20%) Clinicamente:sono pazienti di sesso femminile che mostrano segni, di cui i più tipici sono tre:  la facies lunare (viso a luna piena) viso rotondo, con guance tonde e acne;  gibbo di bufalo con ipercifosi della cervicale e eccesso di adipe;  obesità viscerale, centrale e con arti sottili (per effetto catabolico sui muscoli)  le strie rubre, che sono delle smagliature rosse delle donne, più grosse delle normali smagliature (localizzate alle ascelle, seno, addome) dovute al fatto che la cute è molto sottile e quindi si riescono a distinguere i vasi e capillari. I segni meno tipici invece possono essere:  il detluvium capitis, caratterizzato da capelli molto fini nelle donne a causa di perdita degli stessi; la ripienezza sovraclaveare, ossia l’accumulo di adipe al di sopra delle clavicole;  iperpigmentazione, presente solo nelle forme ACTH indipendenti (perché l’ACTH deriva da un precursore ipofisario melanocortina da cui deriva anche l’ormone melanocito-stimolante, eccesso di quest’ultimo produce a sua volta eccesso di melanociti);  addome pendulo (addome grosso che pende in avanti);  ecchimosi (lividi frequenti dovuti ad alterazioni nella coagulazione a causa di eccesso di cortisolo).  arti magri per effetto del catabolismo proteico Da menzionare vi sono altri sintomi , ma quelli necessari da ricordare sono:  alterazioni psichiche (da labilità emotiva a depressione, deformazione struttura corporea e percezione, cortisolo ha effetti diretti di danno cerebrale);  alterazioni della glicemia (diabete);  mortalità. Se la sindrome non è diagnosticata, si avrà una mortalità superiore di 2/3 volte rispetto alla norma, indipendentemente dall’età e dal sesso, perché presenteranno aumentata mortalità cardiovascolare (emorragie, ictus), è quindi fondamentale che questa sindrome venga riconosciuta in tutti i campi di studio. Diagnosi: Diagnosi di ipercortisolismo Diagnosi eziologica:  Escludere causa esogena (es. assumere cortisone). Come?  24h UFC, Urinary free cortisol o cortisoluria, dosaggio della produzione giornaliera di cortisolo nelle 24h  Late night salivary cortisol intorno a mezzanotte: si calcola il cortisolo sulla saliva (non possono più ricoverare i pazienti, quindi non si può usare il sangue)  Overnight, 1 mg di desametasone preso a mezzanotte: il cortisolo al mattino sarà più basso: in un paziente con Cushing endogeno (l’esogeno lo abbiamo già escluso prima di fare i test, chiedendo se prende i farmaci) troveremo che il cortisolo è più alto rispetto a quello di una persona sana che ha fatto lo stesso test Test di screening, il primo da fare se si ha sospetto di Cushing, poi  test di cortisoluria (cortisolo nelle urine nelle 24h) e se la troviamo alta, il test di screening risulta positivo e si può andare avanti;  test cortisolo salivare (h23\34) nel momento più basso/nadir, esame meno dispendioso perché può esser fatto a casa nella provetta senza ricoverare il paziente;  test con desametasone che sfrutta il principio di dare un cortisonico di sintesi che dovrebbe inibire l’asse (CRH, AVP e ACTH) che invece in chiara situazione di patologia non lo inibisce. Il desametasone viene utilizzato anche associato ad uno stimolo, il CRH. I pazienti con sindrome di cushing non si inibiscono dopo il desametasone e inoltre non rispondono oltre ad un certo valore ai CRH, quindi sono completamente disregolati sia in inibizione che attivazione . Esistono numerosi fattori che influenzano questo test, come la pillola anticoncezionale (fattore che altera proteine leganti e la risposta al test). Avendo effettuato tali test, se ⅔ sono positivi sappiamo di essere davanti ad una sindrome di Cushing ma ancora non sappiamo se sia la forma ACTH dipendente o indipendente. - Individuare segni e sintomi - Differenziare tra  ACTH-indipendente (surrenalico) ACTH ridotto  differenza tra maligno (carcinoma  dimensioni maggiori, densita aumentata, margini  sfumati, aree necroticoemorragiche) o benigno(più frequente è adenoma della corteccia surrenalica che è tumore benigno che produce eccesso di cortisolo) Iperaldosteronismo primario Aldosterone  deriva dal colesterolo ed è prodotto sotto uno specifico sistema di regolazione, il sistema renina-angiotensina-aldosterone, che non prevede l’ACTH, infatti, pazienti che non hanno ipofisi e quindi non producono ACTH, producono ugualmente aldosterone. Quindi l’influenza dell’ipofisi è minima, questo perché il sistema principale prevede la produzione di altre sostanze come la renina, prodotta dai reni e l’angiotensinogeno, prodotto dal fegato, il quale viene trasformato in angiotensina I, che grazie all’opera di un enzima prodotto dai polmoni, viene trasformato in angiotensina II, la quale stimola la produzione di aldosterone  organi non endocrini implicati nella produzione di aldosterone. I principali regolatori di questo sistema sono la concentrazione di Na nel sangue, il volume dei liquidi e la pressione arteriosa, i quali agiscono principalmente sul rene per far attivare il sistema. Renina glicoproteina prodotta e accumulata nel rene nell’apparato iuxtaglomerulare, costituito da un groviglio di capillari e di vasi sensibili al volume dei liquidi circolanti e al pressione, oltre che le concentrazioni di sodio; qualsiasi alterazione, in riduzione o in aumento, del volume e della pressione vengono avvertiti da questo sistema renale che modula la secrezione di renina; questa è regolata principalmente dai barocettori (sensibili alla pressione nelle arteriole renali) e dagli osmocettori (sensibili alla concentrazione di sodio a livello della macula densa). Renina aumenta:  Riduzione volume liquidi extracellulari (emorragia, paziente che non beve o che suda troppo)  Riduzione pressione arteriosa/perfusione renale  Iperkaliemia (eccesso K) Renina diminuisce:  Aumento volume liquidi extracellulari  Aumento pressione arteriosa/perfusione renale (es. vasocostrizione, dieta ipersodica)  Ipokaliemia (diminuzione K) La renina determina, attraverso l’angiotensina, la sintesi di aldosterone (attraverso il surrene). Gli effetti dell’aldosterone dipendono da:  Livelli circolanti  maggiore è l’aldosterone maggiore sono i suoi effetti. L’aldosterone è veicolato in circolo a proteine(CBG20%, albumina 40%) ed è presente per il 40% in forma libera, che è la frazione biologicamente attiva.  Da quanto viene metabolizzato  Da quanto si lega con il suo recettore specifico  L’aldosterone si lega al recettore intracellulare per il cortisolo MR, che ha un’alta affinità ma una bassa specificità; presente solo a livello di alcuni tessuti; il complesso aldosterone-MR entra nel nucleo e si lega al DNA con effetti genomici. Gli effetti dell’aldosterone sono:  Effetti sul bilancio idro-elettrolitico: favorisce il riassorbimento di Na e l’eliminazione di K e H  ipopotassiemia(riduzione del potassio)  aldosterone aumenta e renina inibita  Effetti sull’apparato cardiovascolare: aumentano resistenze periferiche e della gittata cardiaca  ipertensione arteriosa Esistono due forme di eccesso di aldosterone:  Iperaldosteronismo primario: elevata produzione di aldosterone, causata o da una sua produzione autonoma (adenoma) o iperplasia del surrene  più frequente causa di pressione alta nel mondo. Sintomi: ipertensione arteriosa sitsto-diastolica, ipopotassemia e alcalosi metabolica (PH sangue è alcalino)  Iperaldosteronismo secondario: dovuto ad un’iperstimolazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Può essere: o Con ipertensione o Senza ipertensione Diagnosi La diagnosi di iperaldosteronismo è abbastanza semplice e consiste in:  -Anamnesi ed E.O.: o Misura l’ipertensione arteriosa  deve essere di grado medio-elevato e resistente alla terapia farmacologica o Controllo se è presente familiarità per eventi cardiovascolari in età <40 anni o Controllo ipopotassiemia(diagnosi differenziale con uso diuretici, vomito, diarrea, nefropatie) o Controllo l’incidentaloma surrenalico(=riscontro accidentale di una massa surrenalica non tipizzata durante esami addominali fatti per altro motivo) o Esclusione ipertensione OSAS (sindrome dell’apnee ostruttive notturne)  Indagini ormonali. Test di screening o Aldosterone ore 8(aumentato;>15-20ng/dl). o PRA(attività renino-plasmatica) ore 8(inibita,<0 ng/ml/h). o ARR(rapporto aldosterone-renina): aumentato(>30 o 50) ed è effettuato in due occasioni Dopo almeno 1 settimana di dieta normosodica (Na potrebbe variare livelli di aldosterone) Dopo opportuna correzione dell’ipopotassiemia (idem K) Dopo sospensione per almeno 3 settimane di farmaci interferenti Test di conferma Si sceglie uno dei due test seguenti: o Test di soppressione con fluidocortisone o Test da carico salino per via endovenosa  Indagini radiologiche Una volta fatta la diagnosi di iperaldosteronismo serve conoscere la causa, quindi distinguere tra adenoma surrenalico bilaterale, carcinoma surrenalico, iperplasia surrenalica bilaterale o unilaterale. Per fare ciò si ricorre alla TC o alla RMN addome. Cateterismo delle vene surrenaliche: test di certezza quando abbiamo dei pazienti che hanno due masse surrenaliche. Questa indagine di terzo livello, invasiva, permette di fare diagnosi di certezza di sede e produzione dell’aldosterone da parte di una o delle due ghiandole surrenaliche. Terapia:  Chirurgica: surrenectomia monolaterale  Medica: antagonista dell’aldosterone (spironolattone) Iperaldosteronismo secondario Si differenzia dal primario per il fatto che la causa non è direttamente surrenalica. L’iperaldosteronismo secondario è una condizione clinica caratterizzata da un’aumentata produzione di aldosterone nella glomerulare per attivazione del sistema RAA. Può presentarsi con ipertensione(ipertensione renovascolare, ipertensione maligna, reninoma) o senza ipertensione(sindromi edemigene, altre condizioni di ipovolemia). Nell’iperaldosteronismo secondario l’aldosterone e la renina risultano aumentati. Feocromocitoma Tumore neuroendocrino che deriva dalle cellule (della midollare del surrene che a loro volta derivano dalle cellule) cromaffini del sistema nervoso simpatico. Tendenzialmente è benigno ed è poco invasivo (le forme maligne sono rare). Il feocromocitoma è estremamente raro. Nel 90% dei casi è surrenalico (midollare) e nel 10% è extrasurrenalicoe si sviluppa a carico delle cellule cromaffini (SN simpatico). Sintomi  Medica  non serve molto  Chirurgica  se nodo è molto grosso  Termo ablazione  terapia tende a ridurre dimensioni  Nessuna terapia  maggior parte dei casi Tumori della tiroide Ci sono quelli più frequenti come il carcinoma papillare, che è il meno aggressivo tra i tumori maligni, il follicolare, il carcinoma anaplastico è molto raro ed è il più maligno di tutti, con una prognosi di sopravvivenza di pochi mesi dalla diagnosi, e il carcinoma midollare è abbastanza grave e ha mutazioni geniche per cui può essere trasmesso per ereditarietà. Terapia  Chirurgica lobectomia o tiroidectomia totale  Ablazione del residuo con terapia radio metabolica con iodio radioattivo  Terapia TSh-sopressiva con L-tiroxina Per metastasi Per forme avanzate: chemioterapia Terapia radio metabolica o terapia chirurgica dove possibile Patologie funzionali Ipotiroidismo = condizioni di iopattività della ghiandola tiroidea, che determina una riduzione di produzione di ormoni tiroidei, con insorgenza di un rallentamento del metabolismo basale. - Congenito  da ridotta massa tiroidea o da ridotta funzione tiroidea  pz con alterazioni somatiche + oligofrenia grave - Acquisito  causato da qualsiasi manovra medica, processi autoimmuni, processi infiammatori  pz con rallentamento di processi metabolici + ritenzione liquidi Neonato → gravi conseguenze mentali Adulto → rallentamento generalizzato dei processi metabolici dell’organismo, ma non si hanno ripercussioni sugli aspetti cognitivi. Sintomi principale: rallentamento psicomotorio, ispessimento dei tessuti periferici, aumento di peso. Ipertiroidismo = condizione di iperattività della ghiandola tiroidea che determina un eccesso di produzione di ormoni tiroidei che terminano un quadro clinico di tireotossicosi (= eccesso di ormoni tiroidei circolanti), con aumento del metabolismo basale. Causato da 2 patologie:  Morbo di Graves-Basedow  malattia autoimmune in cui c’è anticorpo (TRab) che si lega al recettore del TSH inducendo una attivazione cronica, con conseguente aumento di volume e di produzione ormonale). È’ la forma più comune di ipertiroidismo, colpisce più le donne. Si accompagna a tireotossicosi, gozzo, oftalmopatia (infiammazione tessuto retrorbitario che produce aumento di volume del bulbo oculare)  Adenoma tossico  nodo benigno che produce eccesso di ormoni tiroidei. Anche qui esiste una forma subclinica che, diversamente dall’ipotiroidismo, si può associare spesso a malattia cardiovascolare (che è l’unica sintomatologia che si può avere) e specialmente nelle persone anziane, bisogna diagnosticarlo in fretta perché può essere clinicamente rilevante e aumentare la mortalità. Terapia  medica (blocca l’iperfunzione ghiandolare)  radioterapia metabolica con iodio radiottivo  chirurgica  per l’esoftalmo (protrusione del bulbo oculare)  utilizzo di cortisonici Tiroiditi Gruppo eterogeneo di disordini infiammatori acuti e cronici a varia eziologia. I pazienti possono essere eutiroidei (normale funzionamento tiroideo), ipotiroidei dall'esordio o avere transitori periodi di tireotossicosi (aumento degli ormoni tiroidei circolanti) e progredire successivamente verso l’ipotiroidismo permanente. Tiroiditi possono essere autoimmuni (distruzione definitiva e più protratta) o infiammatorie. Valutazione della funzione tiroidea tramite ormoni e anticorpi. Terapia: terapia sostitutiva con L-tiroxina (l-T4), ormone strutturalmente analogo alla forma endogena, quindi prodotti dalla ghiandola tiroidea. Dato al mattino con dosaggi bassi che possono aumentare. ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-GONADI Ipotalamo  secerne GnRH (ormone che stimola le gonadotropine)  azione su ipofisi anteriore  produzione di LH (ormone luteinizzante o luteino-stimolante) e FSH (ormone follicolo-stimolante)  stimolano sintesi ormoni prodotti da gonadi corporee (testosterone da testicolo e estrogeni da ovaie) e funzione di garantire produzione di follicoli (ovociti e spermatozoi). GnRH  prodotto da neuro ormoni chiamati secernenti del GnRH  essi si sviluppano in un placode olfattorio (si sviluppa olfatto) e a metà della gestazione migrano nell’ipotalamoes. sindrome genetica che non permette di percepire odori ed è dovuta al fatto che non avviene la corretta migrazione dei neuro ormoni che producono GnRH. Nell’ipotalamo sono localizzate nell’area preottica e nel nucleo arcuato. Questi sono i neuro ormoni più numerosi di tutto l’organismo e hanno secrezione differente del GnRH, in relazione al tipo di ormone (LH o FSH) che andranno a produrre. Il GnRH, in oltre, è modulato da altri meccanismi centrali, soprattutto dalla Kisspeptina (ha caratteristiche diverse specie specifiche ) modula il GnRH attraverso la sua mediazione di un feedback positivo e negativo esercitato dagli estrogeni sul GnRH. Differenziazione sessuale Tutto si determina nel momento del concepimento, dove un ovocita si lega ad uno spermatozoo e da qui si stabilisce il patrimonio genetico. All’inizio (prima di 12 sett)si parte da una gonade indifferenziata: - se c’è cromosoma Y e vista la presenza su questo cromosoma di una zona che determinerà la sintesi del TDS (fattore che determina la differenziazione della gonade indifferenziata a testicolo)  differenziazione maschile - se non c’è Y  differenziazione femminile Dopo la 12esima settimana di gestazione: - gonade che si sta differenziando in senso maschile  sostanza fondamentale AMH (ormone Anti Mulleriano) che permette la inibizione della formazione dei dotto di Muller, non necessari per questo soggetto + DHT (diidrotestosterone) è metabolita più attivo del testosterone che permette la differenziazione dei vari organi maschili (pene, prostata …) e del cervello maschile. - gonade che si sta differenziando in senso femminile  assenza di fattori che portano a sviluppo maschile Questi ultimi sembrano aver contribuito, infatti, ad alimentare i sentimenti di incertez za, piuttosto che facilitare la comprensione della diagnosi e accogliere adeguatament e le paure e le titubanze dei pazienti e dei loro familiari rispetto alle implicazioni del t rattamento medico. Sindromi adreno-genitali Sindromi che raggruppano alcuni disordini ereditari di tipo recessivo causati da vari  difetti  enzimatici della steroidogenesi surrenalica (e gonadica)  anomalia dell’enzima determina una riduzione dell’ormone a valle (generalmente cortisolo) e un incremento di ormoni a morte ( blandi androgeni). Il deficit più frequente è quello della 21-idrossilasi, enzima che trasforma il progesterone in 17-idrossiproesterone e poi in androstenedione, quindi la carenza di questo enzima determina un incremento del 17-idrossiprogesterone (blando androgeno). La sindrome si differenzia in due forme: classica, in cui enzima è carente al 100% ma è rara, oppure la forma non classica, dove l’enzima non è totalmente carente. Il problema più grande della forma classica, è la presenza di una forma severa di genitali esterni di un feto femmina (es. ipertrofia clitoridea, vagina a fondo cieco)  utero e organi interni normali (fertilità conservata) ma con delle malformazioni esterne (spesso interventi chirurgici ma non si sa quando farli). grosso problema per queste donne è iperandrogenismo Diagnosi: dosaggio dell’ormone 17-idrossiprogesterone Terapia: inibizione di androgeni e sostituzione di cortisolo carente. Iperandrogenismo Condizione clinicamente eterogenea determinata da un eccesso di androgeni circolanti (iperandrogenismo biochimico) e/o da una ipersensibilità tessutale agli androgeni. L’androgeno più comune è il testosterone, mentre gi altri si chiamano pro androgeni ( androsteneidone, DHEA, DHEAS) che sono prodotti principalmente a livello surrenalico. DHEA è un neuro steroide che agisce a livello del SNC, prodotto dal surrene ed è il più sensibile alla CTH. È importante perché ha un’età-dipendenza (riduzione nell’anziano). Le cause dell’androgenismo sono : ovariche, surrenaliche, iatrogene. Una delle cause ovariche principali di androgenismo è la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) (sono presenti anche tumori secernenti androgeni o altre causee non neoplastiche). La causa surrenalica più frequente è la sindrome adrenogenitale( NCCAH), poi la sindrome di Cushing e tumori secernenti androgeni. Tra le cause iatrogene, invece, la più frequente èl’assunzione di steroidi anabolizzanti per curare l’endometriosi, seguita dall’assunzione di acido valproico per l’epilessia. Segni che si ricercano per diagnosi: irsutismo (>80%), acne, alopecia, alterazioni del ciclo mestruale, altri segni di virilizzazione (ipertrofia del clitoride, approfondimento della voce, ipertrofia muscolare, atrofia mammaria). Esami: dosaggio del testosterone totale  (insieme del testosterone libero = biologicamente attivo + legato a proteine) per calcolo di testosterone libero perché ha maggior importanza per donne iperandrogine , poi il dosaggio del DHEAS, dell’ androsternedione, del DHT e del 17-idroprogesterone. Asse gonadico femminile Un altro regolatore di questo asse, in termini di stimoli, sono le catecolammine e le endorfine, mediate dal progesterone, e poi troviamo la prolattina che è un inibitore delle gonadotropine. Cicli ormonali femminili: Gli organi coinvolti in questo ciclo sono ipofisi, ovaie e utero. (ciclo ipofisario)Produzione di GnRH, che stimola la produzione di FSH e LH che vanno a stimolare le cellule della granulosa (cellule ovariche) a crescere, proliferare e secernere estrogeni, i quali sono in grado di determinare la proliferazione e ispessimento dell’utero (ciclo uterino). Successivamente all’espulsione dell’ovocita, che avviene a metà del ciclo, grazie ad un picco di LH che determian la successiva espulsione del follicolo; LH fa trasformare le cellule ovariche in corpo luteo, il quale produce progesterone che ha la funzione di permettere l’eventuale annidamento di un embrione. (fase uterina: follicolare+luteinizzante). Il corpo luteo ha una vita di 14 gg e nel caso in cui non ci sia alcun incontro tra ovocita e spermatozoo, il corpo luteo si riduce e muore , ciò determina un calo del progesterone che produce le mestruazioni, che è un venir meno del progesterone del corpo luteo. Follicolo costituito da 2 tipi di cellule: cellule della granulosa (interne) che producono estrogeni e le cellule della teca (esterne). Quindi se a livello dell’ovaio c’è alterazione di queste può avvenire un’anomalia a livello di sintesi di estrogeni e progesterone. Nell’ovaio, perciò, ci sono cellule deputate a sintesi di estrogeni, androgeni e progesterone. Gli estrogeni, nella prima fase, hanno un effetto di feedback positivo sull’LH, dopodiché, nella seconda fase,l’estrogeno si riduce e aumenta il progesterone che ha un effetto di feedback negativo su LH, che si riduce. Azioni fisiologiche degli estrogeni: - Proliferazione endometriale, sensibilizzazione uterina all’ossitocina - Stimolazione mitosi a livello delle cellule ovariche della granulosa - Crescita e proliferazione del tessuto mammario - Neuroprotezione e modulazione umore - Cardioprotezione, vasodilatazione arteriosa, modulazione coagulabilità ematica e lipemia (azioni mediate a livelli epatico) - Maturazione ossea, soppressione riassorbimento osseo Azioni fisiologiche del progesterone: - Preparazione utero-ovarica all’inizio e al mantenimento della gravidanza (stimolazione rilascio ovocita maturo, facilitazione annidamento, mantenimento gravidanza, soppressione contrattilità miometriale) - Modulazione comportamento sessuale - Aumento temperatura corporea - Stimolazione mammaria alla preparazione della secrezione del latte ma soppressione della sintesi delle proteine del latte prima del parto (anche mediante inibizione della secrezione di PRL) Ipogonadismo femminile Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) E’ un problema molto frequente, in cui le ovaie presentano numerose cisti. In questo caso in trattamento con pillola anticoncezione è consigliato, in quanto formata da estrogeni sintetici; ma prima dell’invenzione della pillola le donne venivano trattate con molti interventi mirati a rimuovere queste cisti che rendevano le ovaie enormi e dolorose, e riducevano la fertilità. Caratteristiche: iperandrogenismo clinico (acne, irsutismo) e biochimico (aumentata produzione di ormoni maschili), alterazioni dell’ovulazione ed ecografie che evidenziano cisti. Sulla base di questi criteri, sono stati individuati 4 fenotipi che possono presentare una intersezione di almeno 2 tra questi sintomi. Oltre all’amenorrea ci possono essere altre alterazioni del ciclo mestruale: in senso qualitativo - Oligomenorrea  sanguinamento uterino dai 35 ai 90 giorni - Polimenorrea  sanguinamento uterino minore di 25 gg dal precedente (per sfaldamento dell’endometrio proliferante per stimolazione estrogenica e mancata trasformazione secretiva per assenza o netta riduzione di progesterone in condizioni di anovulazioen) In senso quantitativo - Ipomenorrea  sanguinamento molto scarso in un ciclo di durata normale - Ipermenorrea o menorragia  eccessivo sanguinamento per quantità e/o durata in un ciclo di durata normale - Metrorragia  sanguinamento molto abbondante al di fuori del normale momento mestruale Diagnosi: - Anamnesi - Esami FSH, LH ed estradiolo, inibina e AMH (ormone antimulleriano) Terapia: SI’ terapia sostitutiva con estrogeni e progesterone NO gonadotropine per costi elevati NO pillola anticoncezionale  perché no? Pillola nasce negli anni ’60 come sistema anticoncezionale (contraccettivi) reversibile, detto anche contraccettivo orale combinato (COC). È buono che ha un indice di Pearl (numero di gravidanze che si potrebbero instaurare in un anno in 100 donne che usano un determinato contraccettivo) basso. In Italia l’impiego della pillola è circa 9% . Inizialmente la pillola provocava forti eventi trombotici come effetto collaterale, e per molti anni sono state usate pillole ad alto dosaggio, finché hanno introdotto quelle a basso dosaggio e hanno iniziato ad usare il dosaggio giornaliero per non far dimenticare l’assunzione; la pillola, infatti, ha funzione solo se presa tutti i giorni, possibilmente alla stessa ora. Attorno agli anni 2000 sono introdotti nuovi progestinici, riducendo i derivati estrogenici che producevano trombosi. Nel 2010 non si usa più un derivato costruito dalle case farmaceutiche dell’estrogeno, l’etinilestradiolo, ma l’estradiolo naturale, che aveva minori effetti collaterali, come minor effetto sulla sintesi epatica o sui fattori di coagulazione, ma questo purtroppo ha breve emivita. Altra componente che viene usta nelle pillole sono i progestinici, che sono a base chimica, in quanto il progesterone naturale non è ancora stato usato nelle pillole perché ha una brevissima emivita e non è in grado di inibire l’FSH, quindi l’industria farmaceutica si è inventata delle molecole che hanno capacità di legarsi al recettore del progesterone, appunto i progestinici, ma che derivano dagli androgeni. In particolar modo esiste un gruppo di progestinici che sono legati al testosterone e altri che derivano direttamente dal progesterone naturale; tra questi è molto usato un composto che si chiama spironolattone, che viene usato perché oltre a legarsi ai recettori per il progesterone, si lega anche a quello per i mineralcorticoidi, quindi è un progestinico che estercita un effetto antimineralorticoideo, che va contrastare la ritenzione idrica, gli edemi e l’aumento di peso dovuto alla componente estrogenica della pillola. Queste pillole, a base di drospirenone (derivato dello sprionolattone) sono spesso usate per la cura per l’eccesso di androgeni, perché hanno la funzione di inibire l’azione dei recettori per i mineral corticoridi e di ridurre l’androgenismo. Le pillole si differenziano in monofasiche (stessa dose di estrogenico e progestinico) che hanno durata di 21 giorni o 24 giorni o 28 giorni a cui viene aggiuno in blister di 4 pillole di placebo, in cui si verifica il flusso di deprivazione; la pillola produce un ciclo farmaceutico, quindi non lo regolarizza ma determina un sanguinamento nel momento in cui viene smessa l’assunzione della pillola. Poi ci sono delle pillole chiamate trifasiche, o altre chiamate quadrifasiche che hanno dosaggi diversi e sono assunte in modo continuativo, con lo scopo curativo di evitare il ciclo (es. donne con anemie carenziali gravi, endometriosi o con SPM grave). Regimi ciclici (21/24 gg + 4 gg ciclo) Regimi estesi (63-84 gg + 7 gg) Regimi continui (365gg) Le pillole più usate da noi sono quello con etinilestradiolo + (levonorgestrel, desogestrel, gestodene). Ci sono anche quelli con etinilestradiolo + (cirpterone acetato, clormadinone, drospirenone). Ci sono quelle con estradiolo micronizzato o valerato + (dienogest, nomac). Minipillola = solo a base di progestinici  inibizione dell’ovulazione, effetti su muco cervicale, sull’endometrio e sulla motilità tubarica. Usabile in chi ha un alto rischio di trombosi, tumori maligni sensibili agli steroidi sessuali, epatopatia grave … Impo pensare agli effetti collaterali: NO pillola con eccessiva attività estrogenica o troppo bassa, attenzione al tipo di progestinico (troppo alto o troppo basso), attenzione al tipo di pillola con elementi androginici. Tra i sintomi collaterali può esserci una diminuzione della libido e del desiderio sessuale, a lungo termine. Altro rischio è quello di trombo- embolia. In persone con predisposizione, possono peggiorare sintomatologia depressiva. Ipogonadismo maschile FSH  riguarda spermatogenesi LH  cellule di Leydig che producono testosterone che agisce insieme al suo metabolita attivo, cioè il deidrotestosterone (soprattutto agisce in epoca fetale per la virilizzazione). Il testosterone, a sua volta, può essere convertito in estradiolo per opera dell’aromatasi, enzima che si trova in molti tessuti periferici come quello adiposo. Inibina, prodotta dalle cellule di sertoli (producono spermatozoi) che ha funzione di inbire FSH, perché androgeni non sono sufficienti per agire da feedback. Activina che stimola FSH  suo ruolo è andato col tempo scemando. Gonadi maschili: testicoli  funzione: produzione di spermatozoi e testosterone. Dopo la nascita risiedono all’esterno del corpo perché al di fuori c’è temperatura inferiore, necessaria per mantenere la normale produzione di spermatozoi. La sintesi di ormoni maschili, più semplice di quella femminile, perché le cellule di Leydig, par tendono dal colesterolo, con meccanismi diversi, arrivano alla sintesi del testosterone, in cui partecipano donatori di ossido nitrico (NO) che è un importante antiossidante per la sintesi del testosterone. Il testosterone è legato ad una proteina legante che si chiama sex hormon binding globulin, quello libero perciò è pochissimo; a differenza delle femmine, nei maschi non ha senso studiare il dosaggio del testosterone, in quanto non insorgono mai problematiche dovuti ai libelli troppo elevati di questo ormone in circolo, anzi più testosterone è presente, meglio è. Assenza di uno o ambedue i testicoli dal sacco scrotale per mancata discesa dalla cavi tà addominale durante la vita fetale. Non è molto rara. Cause: - meccaniche (ernie, briglie)                              - ormonali (deficit asse gonadico fetale) Il rischio maggiore è quello di degenerazione neoplastica, perché testicolo è struttura molto sensibili che deve rimanere al di fuori del corpo; oltre a questo è un rischio anche l’infertilità, spesso vissuta nella condizione di azoospermia (= totale assenza di spermatozoi). Può capitare anche solo ad uno dei due testicoli. Terapia deve essere molto precoce (entro 2 anni) e si usa quella chirurgica o medica. Ipogonadotropo Se compare in epoca pre-puberale : Aspetto “eunucoide”  volto infantile, scroto e pene infantili, apparato pilifero scarsamente rappresentato nelle zone androgeno-dipendneti e con disposizione femminile nella regione pubica, voce bianca, alta statura con prevalenza di arti sul tronco, muscolatura flaccida, pubertà ritardata. Se compare in epoca post-puberale: involuzione caratteri sessuali secondari Se in età adulta: diminuzione della libido, disfunzione erettile, ridotte erezioni spontanee notturne e mattutine, ridotto volume dell’eiaculato, infertitlià, ridotta peluria pubica, ascellare, ridotta barba, ginecomastia, ridotta concentrazione, tono dell’umore depresso, disturbi del sonno e irritabilità, ridotta attività, stanchezza, apatia, pelle secca e arida, atrofia muscolare e debolezza, obesità con adiposità viscerale, alterazioni metaboliche, ridotta densità minerale ossea, osteopenia, osteoporosi, fratture, anemia, pallore. Terapia androginica sostitutiva personalizzata (considerare età, epoca di insorgenza, causa della patologia, presenza di altre patologie, condizioni psico-sessuali) con l’obiettivo di indurre/ripristinare la virilizzazione, desiderio e attività sessuale, tono dell’umore e benessere psico-fisico e massa minerale ossea. Lezione 30/3/2022 Elementi di Andrologia e correlati di Psicosessuologia Di che cosa parleremo? Cos’è l’andrologia? Breve storia dell’evoluzione della sessuologia. Parleremo di quali ormoni modulano la sessualità e delle due patologie più frequenti di cui l’andrologo si occupa, ossia la disfunzione erettile e l’eiaculazione precoce> queste due presentano cause organiche ma anche cause psicologiche. L’andrologia è quella branca della medicina che si occupa della salute maschile, specificatamente dell’attività sessuale, fertilità, salute generale. Gli ormoni, gli steroidi sessuali maschili, se carenti/non funzionanti, hanno ripercussioni sulla sfera sessuale e metabolici/cardiovascolare che compromettono la salute> ciò può sfociare in malattie cardiovascolari ed elevata mortalità. L’andrologo agisce in tutti questi campi. Gli andrologi sono medici specializzati  in endocrinologia: medico clinico non interventista, si occupa più di disordini ormonali e metabolici. Il suo lavoro è strettamente connesso a quello degli psicologi e sessuologi. (es. disfunzione erettile: il motivo può essere fortemente organico-vascolare, ma può essere causata da aspetti più psicologici come depressione, ansia da prestazione ecc.)  in urologia: sono più chirurghi, si occupano di patologie che richiedono più un intervento correttivo (es. varicocele) Abbiamo altri ambiti: o genetici: correlati alla fertilità e riproduzione o aspetti microbiologici, sociologici e psicologici Le patologie andrologiche sono patologie sociali, in quanto hanno una frequenza molto elevata. È raro che i maschi si rivolgano all’andrologo, sono sottoposti più ad una pressione sociale (pudore, vergogna, orgoglio ecc.)> si presentano meno maschi dall’andrologo del previsto. I disturbi più frequenti dell’infanzia/adolescenza (30% sotto i 18 anni) che l’andrologo deve affrontare sono:  criptorchidismo: uno dei due o entrambi i testicoli non scendono correttamente a livello dello scroto  varicocele: dilatazione delle vene intorno ai testicoli (solitamente quello di sx) Entrambe hanno implicazioni sulla fertilità in età adulta  ipospadia: l’anomalo sbocco del meato uretrale non sulla punta del glande ma o sotto (ipo) o sopra al pene  ipotrofia testicolare: testicoli che non si sviluppano correttamente; possibile infertilità e/o poca produzione di testosterone In età adulta, tra i 18 e 60 anni, un terzo dei soggetti soffre di una di queste alterazioni: infertilità, ipogonadismo, tumori del testicolo, condilomi e malattie HPV- correlate, disfunzione erettile, malattie sessualmente trasmesse etc. In età più avanzata, un 30% della popolazione sopra i 60 anni soffre di disfunzione erettile, ipogonadismo, malattie sessualmente trasmesse ecc. È evidente che una falla nella cultura sanitaria è quella legata all’informazione sessuale: ci sono ancora troppi tabù. La maggior parte delle informazioni sessuali deriva da amici (64 %), dai media (45%), libri, genitori, insegnanti e solo un 20% dai medici. La prevenzione in ambito medico e andrologico è molto importante; la prevenzione può essere: - primaria : facciamo in modo che un certo disturbo non si verifichi, si previene. È fondamentale: l’informazione + prevenzione primaria, insieme, riducono le patologie di oltre il 50% - secondaria : intervento tempestivo per impedire al disturbo di diffondersi ulteriormente - terziaria : si ha una situazione avanzata, si agisce tardi. Come si è evoluta la sessuologia nel corso dei millenni? Sempre negli anni 80, come contro reazione alla promiscuità e licenziosità della “beat generation”, viene rivalutata: -la castità, -i valori, -la qualità dei rapporti nei confronti della quantità: le emozioni che accompagnano l’atto (importanza alle emozioni). Si arriva, negli anni ’80 a studiare l’elemento affettivo, gli affetti sessuali, ossia le emozioni che accompagnano l’atto sessuale, le quali vanno a modularlo e valorizzarlo in quanto espressione della persona; dando una valenza, positiva o negativa, alla vita della persona. Ancora negli anni ’80, il problema sessuale rimaneva sostanzialmente visto come un problema dell’individuo; in realtà è un problema di coppia. Negli anni Novanta la Relazione di Coppia è balzata al primo posto tra i valori legati alla sessualità studiati dagli psicosessuologi. Quali sono gli elementi costitutivi della sessualità? Negli anni ’90 abbiamo un salto nella concezione della sessualità: da DEOP (i primi 4 elementi costitutivi della sessualità) si è passati ad includere molti altri fattori, generando l’acronimo DEOPIARCA. È l’acronimo che tutti i sessuologi conoscono per ricordarti gli elementi. La sessuologia clinica moderna è il punto d’arrivo di un’evoluzione di parecchi decenni molto controversa, incerta, indefinita. Anche se il suo campo specifico resta la Funzione Erotica (Desiderio, Eccitazione, Orgasmo, Piacere), essa non può prescindere dalla conoscenza degli altri cinque elementi (Identità, Affetti, Relazione, Creazione, Amore). Il comportamento sessuale è il risultato di una componente mentale e di una componente organica. Solo l’appropriato e adeguato funzionamento di questi due mondi consente il raggiungimento di una vita sessuale soddisfacente. Se questa realtà non viene raggiunta, si verificano comportamenti sessuali disfunzionali per il soggetto. Cos’è la salute sessuale? Definita nel ’75 dall’OMS come “l’integrazione degli aspetti somatici, affettivi, intellettivi e sociali dell’essere sessuato che consentono la valorizzazione della persona, della comunicazione e dell’amore”. Era già abbastanza illuminata come descrizione per gli anni ’70. In realtà, all’inizio del nuovo millennio, l’associazione mondiale della salute sessuale (World Association for Sexual Health) ha definito e pubblicato una dichiarazione sulla Salute sessuale per il Millennio (2017), sostenendo che “la promozione alla salute sessuale è elemento centrale per raggiungere il benessere ed uno sviluppo sostenibile, nonché per conseguire gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (…). La WAS sollecita tutti a: - Riconoscere, promuovere, assicurare e proteggere i diritti sessuali per tutti - Sostenere l’avanzamento verso una parità ed equità di genere; - Condannare, combattere e ridurre ogni forma di violenza sessuale; - Assicurare l’accesso universale ad una informazione ed educazione sessuale estensiva; - Garantire che i programmi di salute riproduttiva riconoscano la centralità della salute sessuale; - Arrestare ed invertire la diffusione dell’HIV/AIDS ed altre malattie sessualmente trasmissibili; - Identificare, affrontare e trattare i problemi, le disfunzioni e i disordini sessuali; - Riconoscere il piacere sessuale come componente del benessere. E’ essenziale che i programmi internazionali, regionale, nazionali e locali di sviluppo sostenibile diano priorità ad interventi sulla salute sessuale, assegnando loro risorse sufficienti, combattendo barriere ed ostacoli e monitorando i progressi ottenuti. Ormoni sessuali maschili Sono gli androgeni, di cui il capostipite è il testosterone l 95% della produzione giornaliera di testosterone proviene dal testicolo, il restante 5% dal surrene. Il testosterone, una volta prodotto, passa nel sangue e va incontro a due possibili destini: 1. incontrare nei tessuti periferici in cui arriva il 5α reduttasi, il quale lo trasforma nell’ormone biologicamente più attivo, ossia il Diidrotestosterone – DHT (forma più attiva di testosterone); Questo enzima si trova nella cute, fegato, SNC, testicolo e tratto uro-genitale. 2. incontrare un enzima chiamato aromatasi che lo trasforma in estradiolo, ossia nell’ormone femminile. Si trova nel fegato, nei follicoli piliferi, nei muscoli scheletrici, nel SNC, nel testicolo e nel tessuto adiposo. I soggetti sovrappeso/obesi, ossia maschi con tanto tessuto adiposo, tendono ad avere una quota di testosterone più bassa perché esso viene trasformato in estrogeni; dimagrendo, si riduce la quantità di aromatasi (contenuta nel tessuto adiposo) e quindi aumentano i livelli di testosterone (diminuendo quelli di estradiolo). È indispensabile il testosterone per le varie fasi dell’attività sessuale maschile? Sessualità e ormoni La presenza degli steroidi sessuali maschili e la loro corretta attività ormonale rappresentano condizioni necessarie (permettono l’attivazione del DEOP), ma non sufficienti alla genesi e al mantenimento dell’attività sessuale del maschio. Aspetti contraddittori:  riduzione del desiderio e delle erezioni con normali livelli ormonali  mantenimento di attività sessuale pur con livelli ormonali ridotti di androgeni se presente un’adeguata psicosessualità Nell’uomo l’importanza degli ormoni nel controllo della sessualità è meno determinante in quanto si inseriscono numerosi fattori di ordine psicologico, religioso, etico, sociale. Nel maschio, il testosterone riveste un ruolo primario nella regolazione del comportamento sessuale agendo a vari livelli (SNC, periferia)> ci sono recettori per il testosterone a livello del SNC e l’organo sessuale principe nel machi è il cervello, non il pene; da qui partono tutte le direzioni sull’atto sessuale. I recettori per il testosterone si trovano anche in sedi più periferiche, come l’apparato sessuale. Ruolo degli androgeni nella vita sessuale o Periodo prenatale-perinatale. Cominciano ad agire nella fase della formazione dell’organismo, determinando: 1- Differenziazione dei genitali esterni in senso maschile 2- Mascolinizzazione delle strutture nervose centrali, in particolare dell’ipotalamo Se no c’è testosterone per una qualche anomalia della maturazione primitiva dell’embrione che poi diventerà feto geneticamente maschio ( cause varie: congenite, variazioni enzimatiche, non adeguata differenziazione delle gonadi primitive in testicoli) nonostante abbia il cariotipo tipico maschile, svilupperà dal punto di vista fisico e anatomico dei genitali in senso femminile. o Pubertà Gli androgeni sono essenziali per la maturazione somato-psichica maschile, determinano: 1- La maturazione dei caratteri sessuali. Primari e secondari: fa comparire i peli corporei; abbassa il tono della voce; permette la distribuzione del tessuto adiposo e quello muscolare secondo la struttura maschile; regolano il comportamento. 2- Favoriscono la comparsa di vuole fantasie erotiche 3- Attivazione dei circuiti cerebrali relativi alla genesi e al mantenimento del desiderio sessuale ( compare uno specifico desiderio sessuale) 4- Concorrono all’acquisizione della fertilità, stimolando la spermatogenesi e l’attività eiaculatoria o Nella vita adulta 1- Mantenimento delle erezioni spontanee notturne che non sono abbinate al desiderio e all’eccitazione, ma piuttosto sono un comportamento fisiologico per mantenere il trofismo dei corpi cavernosi. 2- Azione trofica ed anabolica a livello genitale Quali sono le cause di disfunzione erettile ? - 40 % Problemi vascolari - 30 % Diabete mellito – soprattutto quello di tipo 2 che si manifesta in età adulta , ma non è raro anche in età giovanile in quello di tipo 1 che ingloba nelle sue patogenesi le cause vascolari e quindi da ad esempio problemi di arteriosclerosi - 15% di cause farmacologiche ( ad esempio per aritmie cardiache, ipertensione, ingrossamento della prostata) - Tra le cause meno frequenti : cause neurologiche, endocrine, malattie respiratorie, psichiatriche Strategie diagnostiche La diagnosi di disfunzione erettile prevede di cercare di individuare la causa. Quando il paziente arriva dal medico dichiarando disfunzione erettile, si procede valutando 1. anamnesi medica e psicosessuale. Per valutare in termini sessuologici quale tipo di disfunzione erettile soffra il soggetto se più organiche o psicologiche. Viene valutata inoltre tramite una 2. scala di intensità di impatto (IIEF 5) (ED Impact scale) Indicano la rilevanza clinica. È un questionario autosomministrato. Quando viene compilato, si genera un punteggio che indica la presenza o mena e la gravità della disfunzione erettile. 3. Esame obiettivo Per capire se il paziente ha forme di obesità ( sulla base del peso x altezza) - Habitus, cardiovascolare, neurologico e genitourinario. 1. Anamnesi sessuale Si deve capire nello specifico se si tratti realmente di disfunzione erettile, quando magari il problema potrebbe essere altro ( eiaculazione precoce)  Tipi di disfunzioni - Frequenza - tipo di insorgenza (improvvisa o progressiva) - partner-specifica o meno - presenza o meno con autoerotismo ( può significare che ci sia o meno un problema psicogeno se avviene in condizioni situazioni differenti dall’autoerotismo) - relazione di coppia - atteggiamento della partner verso il sesso - età (menopausa) e stato di salute della partner - dettagli sulla situazione e vita familiare (figli, problemi economici o altro) - presenza di erezioni notturne/mattutine - Concomitanza di disturbi del desiderio, dell’eiaculazione o dell’orgasmo - volume dell’eiaculato, crescita della barba – potrebbe essere ridotto come normalmente avverrebbe con l’aumentare dell’età, che però a livello psicologico può creare problemi nei pazienti.  Visita medica Si analizza la presenza di anomalie di sviluppo, difformità peniene, patologia prostatica,testicoli piccoli, ipotrofia prostatica. Oppure, se ci siano cali di testosterone e segni di patologie cardiache e/o neurologiche che possono essere la causa della disfunzione erettile. Anamnesi : dati orientativi verso forme psicogene -Inizio per lo più acuto, spesso reattiva, relazionale o situazionale -Desiderio sessuale normale o ridotto -Presenza di buone erezioni notturne -Presenza di buona risposta durante la masturbazione -Normale eiaculazione -Andamento: capriccioso, ricorrente, episodico -Associazione con altri fattori psicologici Anamnesi:dati orientativi verso forme organiche -Inizio subdolo; progressione nel tempo -Di solito non reattiva, non relazionale e non situazionale -Desiderio sessuale ridotto, normale o accentuato -Assenza di buone erezioni notturne -Assenza di buona risposta durante la masturbazione -Eiaculazione a pene semieretto o flaccido -Andamento: ingravescente -Associazione con altri fattori organici iatrogeni. 3. Esame obiettivo Esame obiettivo generale EOC, EOP.... -Misure antropometriche (peso, statura, BMI, circonferenza vita) -EO genitale: volume e consistenza testicolare nella sede, conformazione peniena, fimosi/parafimosi, segni di infezioni, frenulo breve. - Segni di ipogonadismo: Ginecomastia( ingrossamento delle ghiandole mammarie nell’uomo deficit di testosterone), androgenizzazione cutanea - ER: valutazione prostatica (volume (aumentato / ridotto c’è possibilità che ci sia un ipogonadismo, consistenza, dolorabilità….) Test di laboratorio Esistono alcuni test di laboratorio che servono per orientare il medico durante la diagnosi. È importante controllare in soggetti con probabile disfunzione erettile la glicemia e il profilo lipidico, quindi vedere che: non siano diabetici e che non siano dis-lipidemici ( ipercolesterolemia e ipertrigliceremia per la questione di Nel 1987 si è scoperta la proprietà vasodilatante a livello dei corpi cavernosi di una categoria di farmaci che erano le prostaglandine. Già prima del ‘87con la papaverina e con altri tipi di principi attivi, poi dopo prostaglandina E1 ( principio attivo alprostadil) se iniettata nei corpi cavernosi è in grado di indurre l’erezione valida. Le prostaglandine sono acidi grassi ad azione vasoattiva, caratterizzati da breve emivita. Le PG determinano: - rilasciamento muscolatura liscia - vasodilatazione: afflusso arterioso deflusso venoso. È una terapia non molto gradita dai pazienti, perché si deve imparare a fare la puntura nei corpi cavernosi. - Vacuum device Nel 1874, il medico americano John King osservò che un “glassexhauster” applicato al penepoteva aumentarne le dimensioni. Nel 1982 negli Stati Unitiveniva commercializzato il primo Vacuum Devicper il trattamento delladisfunzione erettile. È costituito da un sistema manuale oppure elettrico che permette il risucchiamento dell’aria all’interno del cilindro e creando il vuoto d’aria riesce a richiamare il sangue nei corpi cavernosi e quindi si genera un’erezione. C’è un anello elastico all’inizio del cilindro quando è ottenuta la turgidità, si fa scorrere l’anello alla radice del pene, in modo che crei il meccanismo di ostruzione venosa, fa in modo che non ci sia il deflusso venoso. Il tempo di utilizzo del vacuum non può essere più di 30 min. Questa terapia riabilitativa dei corpi cavernosi è la tecnica più semplice oltre che la più economia per i pz che hanno fatto prostatectomia radicale per causa di un tumore prostatico, che quindi, avendo interrotto le vie nervoso che arrivano al pene, determina insorgenza dei disturbi sull’erezione. Inoltre, questa ginnastica vascolare esercitata dal vacuum devic permette di prevenire la progressiva ipotrofia muscolare del pene, importante per questi pazienti che hanno subito interventi chirurgici le cui implicazioni ricadono nella possibilità di avere un’adeguata erezione peniena. - Protesi peniena Un intervento irreversibile che richiede un’accurata selezione dei pz anche dal punto di vista psicologico degli stessi. Vengono sostituiti i corpi cavernosi con queste strutture semirigide, rigide o gonfiabili che vengono applicate al pene, uno per ogni corpo cavernoso. Altre possibilità di protesi sono quelle di cilindri che possono essere riempiti di liquido con soluzione fisiologica che proviene da un serbatoio posto nel grasso retropubico, dietro al pene. C’è una pompetta manuale che viene messo nello scroto vicino a un testicolo schiacciando questa pompetta, il liquido passa dal serbatoio ai cilindri quando si vuole avere un’erezione simulando la funzione del sangue nei corpi cavernosi. - Terapia farmacologica orale ( viagra e derivati) Il 1998 è stato l’anno della viagra revolution: entra in commercio per la prima volta un farmaco orale efficace ( rispetto al placebo hanno un’efficacia del 30-40%) per la disfunzione erettile. Oltre ad essere efficace questo farmaco ha sdoganato la problematica disfunzione sessuale nel maschio cosa che fino a quell’anno raramente accadeva. Dal 1998 ad oggi ci sono stati diversi tipi di farmaci in commercio ( con emivita da 5 a 36 ore). I principi attivi sono quelle descritte nella slide. Queste molecole hanno tutte azioni simili, ossia sono dei vasodilatatori selettivi per i corpi cavernosi, tutti richiedono per funzionare che ci sia l’eccitazione sessuale. Ecco che il cervello come organo sessuale ritorna. Lo stimolo sessuale fa si che dal cervello e attraverso il midollo spinale ai nervi periferici del plesso pudendo arrivino stimoli che sono rappresentati dall’ossido nitrico. Quest’ultimo funge da messaggero vasodilatatore per le cellule della muscolatura liscia dei vasi dei corpi cavernosi. Ma se c’è la disfunzione erettile il meccanismo di vasodilatazione che avviene dentro le pareti dei vasi sanguigni dei corpi cavernosi, comporta l’intervento di una serie di molecole. Di fatto la vasodilatazione è modulata da un’enzima che sta dentro le cellule muscolari lisce e che si chiama fosfodiesterasi di tipo 5 ( PDE5) che degrada continuamente e rapidamente le molecole, i mediatori, all’interno delle cellule muscolari lisce della vasodilatazione. Se viene bloccata la PDE5 si farà in modo che questi mediatori della vasodilatazione nella parete dei vasi durino più a lungo e che quindi la vasodilatazione duri più a lungo. Per i dettagli biochimici guardare la slide sopra I farmaci della famiglia del viagra si chiamano inibitori delle fosfodiesterasi di tipo 5 ( PDE5 I), questi farmaci all’inizio erano stati studiati dalla casa farmaceutica Pfizer come farmaco coronarodilatatore, si stava cercando una terapia per l’angina e per il recupero post infarto. In realtà come coronarodilatatore era poco efficace, altri i nitrati erano più efficaci, si è però notato che i pz maschi che lo assumevano avevano delle erezioni più prolungate nel tempo e da qui è stata dirottata la ricerca verso la disfunzione erettile. Conclusioni Si può quindi curare la disfunzione erettile ? Sì,ovviamente però la terapia è individualizzata per le esigenze del paziente, della coppia, in funzione della causa che lo ha portatoal deficit erettile, ecc. Di solito si adopera come prima linea di intervento la PDEC5 I, i PDE5 inibitori hanno un buon profilo di sicurezza ma c’è un tasso di abbandono molto alto “discontinuation rate”probabilmente per le eccessive aspettative del pz.  Eiaculazione precoce La seconda condizione più frequente di riscontro per pazienti con disturbi andrologici. Vengono dati suggerimenti come e quando avere rapporti sessuali con la finalità di : - Aumentare frequenza dei rapporti per ridurre la tensione - Tenere rilassato lo sfintere anale durante penetrazione per ridurre pressione endopelvica - Posizioni nei rapporti per ridurre tensione muscolare Terapia comportamentale o mansionale - tecnica squeeze+ focalizzazione sensoriale: si deve stringere il glande quando si percepisce che sta arrivando la eiaculazione, questo fa si che generando una reazione dolorosa si blocchi la trasmissione di serotonina e l’avvio delle contrazioni eiaculatorie. - Tecnica stop and start : cercare di fermarsi e riprendere per rimanere nella fase di plateau e non arrivare alla risoluzione dell’orgasmo.  Per la EP, soprattutto per quella costituzionale ( quella che c’è sempre stata) la terapia psicosessualogica, tra le tante la mansionale, è efficacissima. Inoltre, i risultati si mantengono nel lungo periodo, perciò nel life longè sicuramente migliore della terapia farmacologica, che si usa nel breve periodo, ma se non viene più assunto il farmaco, si torna punto d’accapo con la problematica. 2.Trattamento farmacologico Farmaci - PDE5 inibitori se DE associato (vardenafil ) si possono usare nel caso dell’eiaculazione precoce gli stessi farmaci adoperato per la disfunzione erettile solo se ci sia compresenza dei due disturbi. Infatti, molto spesso se ci sono problemi di DE risolvendo questa situazione molto probabilmente potrà migliorare anche la tempistica eiaculatoria. - Dapoxetina on demand  farmaco specifico per EP, da usare prima del rapporto sessuale. È un farmaco derivato da psico-farmaco, agisce inibendo il reuptake della serotonina ma non crea problemi antidepressivi, perché è a breve emivita e durata d’azione che regola soltanto l’attività serotoninergica dalla quale dipende la eiaculazione. - SSRI Sertralina off label ( fuori prescrizione)  Prima della Dapoxetina ( introdotto una dozzina di anni fa ) si usavano questi altri farmaci che però erano degli antidepressivi inibitori del reuptake della serotonina. Anestetici locali da usare sul glande prima del rapporto sessuale - Spray a base di anestetici - Crema a base di anestetici (a base di lidocaina -Xylocaina) il principio è analogo a quello dei condom lubrificanti che hanno al loro interno una sostanza ritardante perché contiene una piccola quantità di anestetico locale. Serotonina e controllodell’eiaculazione La serotonina èconsiderata ilneurotrasmettitore chiavecoinvolto nel controllo delprocesso di eiaculazione La serotonina in termini fisiologici inibisce in modo tonico la eiaculazioneControllo sovraspinale delriflesso eiaculatorio(Area preottica, nucleoparaventricolare, ilgrigio periacqueduttale,amigdala …) • Il nucleo paragigantocellulare(nPGi) esercitaun controllo inibitorio tonicosull’eiaculazione  Se c’è poca serotonina oppure c’è minore effetto la eiaculazione può essere precoce LEZIONE 06/04 DISFORIA DI GENERE Anzitutto bisogna iniziare a considerare la disforia di genere non come una malattia o patologia ma come una condizione. Le persone transgender richiedono spesso una presa in carico di tipo multidisciplinare. Nella nostra società siamo abituati a ragionare in termini binari (es. Bagni dei maschi e delle femmine, giochi o vestiti dei maschi e femmine). È bene definire alcune terminologie specifiche quando si parla di disforia di genere per evitare confusione: - L’identità di genere è la percezione che noi abbiamo come uomo, donna o altro; - Il ruolo di genere è l’espressione esteriore dell’identità di genere, quindi tutto ciò che una persona esprime per indicare il proprio grado di femminilità, mascolinità o ambiguità; - L’orientamento sessuale è l’attrazione romantica e/o sessuale di una persona - Sesso è termine usato in biologia e medicina per definire le persone come maschio/femmina usando criteri fondati su dati biologici Perché è inserito nel DSM-5? Perché persone, se fossero tolte da questa categoria, non potrebbero accedere alla gratuità del servizio sanitario e dovrebbero pagare tutta l’assistenza medica e psicologica di cui necessitano. Inizialmente, nell’edizione del DSM del 1975, si chiamava disturbi del comportamento psicosessuale, quindi intendendo un disturbo che implica comportamenti psicosessuali devianti, ma in realtà chi soffre di DG non ha questi atteggiamenti anche perché per loro è complicato usare il proprio corpo in una relazione sessuale perché non si sentono a proprio agio con sé stessi; più avanti, il DG è stato inerito tra le parafilie, associandola quindi a forme di sessualità deviante, cosa che non è reale; finché arriviamo alla forma attuale in cui si apre un capitolo a parte in cui non si parla più di disturbi dell’identità di genere, ma si parla di disforia di genere, in un’ottica meno stigmatizzante e patologizzante. Questo cambiamento ha portato con sé anche selle modifiche terminologiche: si passa da identificazione col sesso opposto all’incongruenza di genere, che quindi non presuppone una identificazione totale nel sesso opposto a quello biologico, ma che quindi può includere un’ampia gamma di percezioni e variabilità. I termini disforia di genere e incongruenza di genere non sono sovrapponibili, in quanto le persone che vivono un’incongruenza di genere sono quelle che sperimentano un disagio legato all’identità di genere, il quale può assumere diverse sfumature e diventa disforia di genere quando questo disagio è clinicamente significativo, quindi compromette il mio funzionamento in varie aree. Per la presa in carico di soggetti transgender si devono avere in chiaro 2 concetti: - Flessibilità --> ogni persona presenta una domanda diversa, quindi bisogna adattare il percorso terapeutico al singolo soggetto e quindi devo comprendere quanto io sia sensibile/mi disturbano situazioni del genere --> approccio individualizzato; - Affermazione --> dare supporto alla persona per identificare il modo migliore per esprimere la propria identità di genere --> professionisti devono stare accanto ai soggetti nel percorso. Importante: creare un’alleanza di lavoro con i pazienti --> sintonizzarsi con la persona e mettersi sul suo stesso piano per capire e decodificare insieme a loro che cosa vogliono. Le persone con disforia di genere vengono anche definite transgender e in svariati casi si premurano di iniziare un percorso di transizione per poter stare meglio con sé stessi e per riuscire a vedersi per come si percepiscono, in un corpo adatto alla loro identità. Il trattamento per la disforia o incongruenza di genere include, quindi, interventi di tipo psicologico, ormonale e, a volte, chirurgico: si tratta di un approccio multidisciplinare mirato a dare un sostegno personale all’individuo che vuole iniziare questo percorso, proprio per questo, è sempre bene sottolineare al paziente che Infatti, tutti i professionisti, sempre più devono cercare di andare in contro alle richieste delle persone, evitando percorsi standardizzati e uguali fra loro, ma adattando il percorso terapeutico al paziente, modulando la terapia. I DISTURBI METABOLICI E I DISTURBI ALIMENTARI Oggi iniziamo ad affrontare non più problemi prettamente endocrini, ma problemi metabolici. Oggi volevo fare una disamina innanzitutto di quali sono le più importanti problematiche metaboliche viste sia dal metabolista ma anche con i suoi correlati psicologici. Infatti sia i disturbi del comportamento alimentare che son definiti disturbi psichiatrici da DSM-5 ma anche i disturbi metabolici non riconosciuti come malattia psichiatrica hanno molto spesso problematiche psicologiche correlate. Quando si parla di problemi relativi all’alimentazione e al metabolismo intendiamo: APPETITO: desiderio di un cibo in particolare ed è di solito una sensazione piacevole FAME: bisogno di cibarsi indipendentemente dalla qualità del cibo, in genere è un bisogno non sempre piacevole PIENEZZA: quello che avvertiamo nel momento in cui mangiamo, bisogno di smettere di mangiare SAZIETA’: sensazione prolungata che comporta la mancanza di fame anche nei pasti successivi (Cibo-> pienezza-> sazietà) Ci sono dei centri che regolano la nostra consumazione di cibo che ricevano una serie di input. La sensazione di appetito ha certamente delle afferenze di tipo visivo, olfattivo che mettono in atto una serie di sinapsi che vanno ad influenzare i centri che regolano l’assunzione di cibo. L’alimentazione dipende da un complesso network di tipo cerebrale, con centralina l’IPOTALAMO che riceve input sia dalle vie nervose più alte ma anche impulsi dalla periferia sia sotto forma di impulsi ormonali (che viaggiano in via vascolare) sia degli impulsi nervosi attraverso le vie nervose di tipo afferente (soprattutto dai sistemi simpatico e para simpatico). Nell’ipotalamo ci sono tanti tipi di nuclei adibiti a tanti tipi di attività, infatti l’ipotalamo è una struttura molto ancestrale quindi non collegata alle strutture superiori più raffinate, ma ci stanno dei nuclei che regolano le funzioni adibite alla sopravvivenza. I nucleo arcuato è uno dei nuclei più importanti per quanto riguarda la funzione metabolica e l’assunzione di cibo perché coesistono dei neuroni che producono delle sostanze come Npy e AgRP che sono neuroni oressanti cioè regolano l’aumento dell’assorbimento del cibo anche attraverso i comportamenti di fame e appetito; ci sono anche neuroni anoressanti che regolano la pienezza all’interno del pasto o la sazietà tra una pasto e l’altro. La neuroregolazione di questi gruppi neuronali è fondamentale per regolare la nostra alternanza tra desiderio di cibo e sensazione di pienezza e quindi sazietà. Il nucleo arcuato ha proiezioni neuronali verso altri nuclei ipotalamici da cui poi partono le vie efferenti verso la periferia. Area ipotalamica laterale se stimolata induce fame, invece l’areaventromediale se stimolata induce sazietà. Un corretto comportamento alimentare dipende dal giusto funzionamento dell’ipotalamo. (Esistono forme di patologie di tipo ipotalamico o conseguenze iatrogene che danneggiano l’ipotalamo o masse tumorali ecc queste non frequentemente portano ad alterazioni anche importanti delle loro funzioni vitali tra cui alterazioni organiche del comportamento alimentare come un’iperfagia incontrollabile che porta ad un aumento del peso non gestibile attraverso terapie comportamentali o farmacologiche perché il danno è organico e porta a non avere più regolazione) Fattori bioumorali coinvolti nel controllo dell’alimentazione sono tra i neurotrasmettitori: noradrenalina, dopamina, seratonina, e gaba. Tra gli elementi periferici ci sono: glucosio, acidi grassi, aminoacidi, lattato e i corpi chetonici = sono elementi che immettiamo nel nostro corpo attraverso l’alimentazione quindi sono input di tipo anoressanti. Domanda: glucosio e sale che esaltano il gusto non sono oressanti? Il glucosio no perché stimolando l’insulina rimane anoressante, mentre il sale effettivamente è più oressante. (Lista di neuropeptidi e ormoni che influenzano il comportamento alimentare lei ha citato solo: grelina prodotto della mal nutrizione e del digiuno, i glucocorticoidi che sono ormoni dello stress hanno effetto oressante: ho bisogno di energia per mettere in atto la risposta allo stress, aumentano la fame. Endocannabinoidi promuovono l’assunzione di cibo collegata ad una forma di reward, è una forma di appetito più che di fame.) Altri segnali sono dati da altre sostanze e da importanti ormoni come l’insulina e la leptina che sono segnali di adiposità che hanno influenza centrale di tipo anoressante ma più a lungo termine. Molti studi hanno correlato il livello di leptina e i livelli di adipe e sazietà. Si pensava che il soggetto obeso avesse meno leptina invece si è visto che il soggetto obeso ha una condizione di leptina resistenza, ha tanta leptina in circolo ma c’è una sordità recettoriale e quindi la leptina funziona male. Più raro l’obesità dove c’è un problema nel gene della leptina che danno quadri di obesità genetica che sono molto rari. Problematiche di tipo clinico Obesità Obesità è uno dei mali che affligge le nostre generazioni a tutte l’età. L’obesità è una condizione caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo dovuto all’aumento di volume degli adipociti (componente ipertrofica), o all’aumento numerico degli adipociti (componente iperplastica). Nelle obesità più congenite prevale l’iperplasia, in quelle acquisite invece è più presente quella ipertrofica. Ci sono delle percentuali entro le quali il maschio e la femmina sono considerati normali come componente di massa grassa e massa magra oltre si parla o di sottopeso o di sovrappeso. L’indice più usato è BMI: body max index che si calcola facendo peso fratto altezza alla seconda. Sotto 18 si è sottopeso, dopo i 25 si parla di sovrappeso e dopo 30 si parla di obesità più o meno grave. L’epidemiologia ci dice che c’è una differenza di genere tra femmine e maschi e i maschi sembrano essere più colpiti, c’è una differenza di tipo territoriale forse legata alle abitudini di vita. In ogni caso l’obesità sta aumentando. Più ancora del peso si è visto che dal punto di vista della salute (ovvero che questa persona possa sviluppare delle patologie come ipertensione, diabete, ictus, insufficienza cardiaca ecc) sia importante il giro vita anche chiamato obesità viscerale…Questo tipo di obesità è più tipicamente maschile. Mentre nelle donne il grasso è più sottocutaneo, nell’uomo è più viscerale. Si è visto che sopra ad una certa circonferenza vita (che per le donne è 88cm e per i maschi 102 cm) si ha un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete. Cause: sono cause genetiche o iatrogene (es farmaci antidepressivi e antipsicotici influenzano i sistemi che regolano il comportamento alimentare) ma nella maggior parte dei casi le cause sono molteplici tra cui errati stili di vita e una componente psicogena. A parte sono i disturbi del comportamento alimentare o disturbi dell’umore che riversano sull’alimentazione. Cause genetiche i soggetti sono predisporti a livello centrale ad un’assunzione smodata di cibo. Obesità endocrine sono già state trattate (ipergonadismoecc) Obesità farmacologiche sono farmaci che influenzano il comportamento alimentare (corticoidi, insulina, antidepressivi ecc). L’obesità essenziale multifattoriale è la più frequente ed è spesso indirizzata anche ad un percorso psicologico di rieducazione comportamentale se non a percorsi particolarmente importanti dal punto di vista psicologico. Certamente la genetica ha un ruolo, se si andasse a scandagliare tutti i loci conosciuti collegati all’interazione del metabolismo, sicuramente si troverebbero tante componenti diverse, non legate ad una sola famiglia di mutazioni. Ci sono famiglie che si caratterizzano ad una mutazione di un solo gene, ma è una condizione molto più rara. C’è un polimorfismo di varianti genetiche diffuse nella popolazione ma ci sono varianti che portano più facilmente all’obesità e variante più genetiche che regolano il metabolismo. L’obesità spesso è familiare sicuramente anche perché c’è un imprinting culturale ci sono abitudini, per cui in un certo habitat il soggetto prende come le apnee notturne che possono portare a morte o comunque a malessere generale. Certamente l’infiammazione cronica predispone al tumore (vari articoli che spiegano come l’obesità e il diabete che si associano all’aumento di rischio di tumore;) Diagnosi: Sicuramente in presenza d un paziente obeso bisogna valutare la gravità dell’obesità e come è distribuita e quindi: il peso e in particolare il BMI ma soprattutto la circonferenza vita che è correlata a disturbi metabolici e cardiovascolari. Poi bisogna capire la familiarità: è l’unico in famiglia o c’è una familiarità?? Bisogna quindi valutare lo stile di via del soggetto e della famiglia (se anche la famiglia è obesa quasi sicuramente ci sarà una componente genetica), bisogna vedere se prendono farmaci, o se hanno patologie favorenti; studiare il loro comportamento alimentare. Se si fa una buona anamnesi si riesce quasi sempre a capire quant’è la componente psicologica che andrà poi valutata da specialisti per capire se è associata a disturbi alimentari o disturbi dell’umore. E inoltre non dobbiamo dimenticare di valutare il rischio di patologia cardiovascolare e altre complicanze e se l’obesità ha già causato comorbidità. Tolta l’obesità psichiatrica, la strategia terapeutica prevede: dieta, attività fisica, terapia comportamentale a cui si possono associare dei farmaci e se necessaria la chirurgia. L’obbiettivo è perdere il peso ma soprattutto il mantenimento del peso. Si monitora nel tempo: BMI, Circonferenza vita, modificazione dei fattori di rischio. Farmaco terapia per l’obesità non fa perdere molti chili, non sono risolutivi, ma possono aiutare soprattutto se associati a dieta ed esercizio fisico e un sano stile di vita aiutano a mantenere la motivazione e fanno perdere un po’ più in fretta chili. Un farmaco ormai in disuso si basa o sull’inibizione dell’assorbimento di sostanze di tipo lipidico ma porta molto flatulenza. Altri 2 farmaci nuovi sono ormonali, e si usano per il diabete e sono analoghi di un ormone intestinale che viene liberato in seguito all’ingestione di cibo e h molte facce d’azione: è anoressnte, promuove l’insulina riducendo la glicemia, favorisce il metabolismo dei lipidi: favorisce l’uso delle fonti energetiche riducendo l’accumulo. In più ha un effetto centrale, si attivano le sostanze anoressanti e quindi il soggetto ha un senso di sazietà e a volte anche di nausea che determina una riduzione di appetto. Ovviamente da sole non bastano a vanno associate a dieta esercizio e stile di vita sano. (anni fa era stato fatto un farmaco con sostanze antagoniste dei cannabinoidi, i cannabinoidi aumentano l’appetito, questo farmaco bloccava questi recettori portando a dimagrire; il farmaco funzionava molto bene ma è stato tolto dal commercio perché ha portato casi di suicidio.) I principali disturbi dell’alimentazione visti dal punto di vista ormonale: Anoressia nervosa: è composta principalmente da due componenti, la componente restrittiva (che porta a non alimentarsi) e quella con atteggiamenti compulsivi (alimentarsi al eccesso). Bulimia nervosa: per molti tratti è molto simile all’anoressia, la principale differenza è che a differenza dell’anoressia la bulimia può non essere corrisposta a un sottopeso. Nas: disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato. Disturbo da alimentazione incontrollata (binge eatingdisorderer): si differenzia dal punto di vista comportamentale. Durante il lockdown i disturbi alimentari sono aumentati esponenzialmente, a tutte le età e in tutti i generi, mentre prima c’era una netta prevalenza femminile nel disturbo, durante la pandemia sono aumentati moltissimo anche i casi nei maschi. Binge eating disorder: episodi di abbuffate incontrollate, ma in questi episodi non c’è la sensazione di gratificazione del mangiare, tipicamente associata ai casi di obesità, anzi viene associata a un senso di colpa, perciò spesso si nutrono di nascosto, questo è patologico sia per quantità che qualità, può essere associato a fenomeni compensatori o meno, spesso è più una malattia psichiatrica che una metabolica. Principale differenza tra binge eating disorder e bulimia è il peso. Si può riconoscere un binge eating disorder rispetto a un normale obeso perché cerca di nascondere il suo comportamento alimentare. Per il trattamento si ricorre al centro per DCA dove ci sono più figure professionali, centro multidisciplinare. La terapia comprende percorsi psicoterapici, s’è c’è una componente depressiva o compulsiva si può consigliare una terapia farmacologica. Sull’epidemiologia: per la diagnosi si osservano gli episodi diabbuffata (cioè mangiare in modo compulsivo) in quanto le condotte compensatorie per poter eliminare e gestire il peso, non sono presenti in tutti i casi, quindi nei casi dove non c’è una compensazione le abbuffate sono meno violente. Spesso possono avere disturbi elettrolitici, carenza calcio e sodio. Possono avere condotte autolesionistiche, con lesioni al tratto naso-faringeo, e sulle nocche, dovuto agli episodi di provocazione volontaria del vomito. ipotesi patogenetiche: esistono tanti vari filoni, disturbi emotivi e affettivi sono stati osservate come rilevanti ma è molto confusa come ipotesi, perché tutti i soggetti sono in condizioni diverse e quindi è difficile fare inferenze, sono state osservate carenze dopaminergiche e serotoninergiche ma non sufficienti da poter ipotizzare un trattamento. L’asse dello stresso è compromesso, sempre attivato. Anoressia il nucleo del disturbo del comportamento è un po’ diverso, l’abbuffata non è una caratteristica del anoressia, la caratteristica fondamentale è la fobia del peso, ci sono anoressiche che controllano l’impulso, mentre altre non hanno il controllo e quindi hanno episodi di abbuffate e successivamente adottano varie strategie per ridurre il peso, ci sono varie caratteristiche della personalità, ad esempio sono persone ossessive, hanno un interesse patologico ossessivo nel cibo, tendono a mangiare di nascosto e a nascondere il cibo per non mangiare, fatto attività fisica al eccesso, nonostante la carenza di energie, la vita sociale può essere intaccata o meno. Ipotesi patogenetiche: sono state osservate tante ipotesi ma non c’è ancora nulla di molto chiaro, uno studio sul sistema endocannabinoide, ha mostrato che nella anoressia ci sarebbero dei livelli più alti rispetto a soggetti sani. L’impulso verso il cibo è presente ma viene frenato, questo causa un forte stress, con la conseguente attivazione del asse dello stress. l’anoressia porta anche a una serie di disturbi dovuti alla malnutrizione, come osteoporosi che è sempre presente soprattutto se avviene nel periodo dello sviluppo e problemi muscolari. Il disturbo endocrino principale è l’amenorrea, una volta era disturbo necessario per la diagnosi nel DSM, poiché senza energie il corpo smette di investire sulle funzioni riproduttive, sono iper-attivate dal punto di vista surrenalico. Come si gestisce? Ovviamente con supporto nutrizionale e psicoterapia combinate, dal lato nutrizionale importante calcio e vitamina b per aiutare l’osso, il ricovero e l’alimentazione forzata tramite sondino sono importanti per una fase iniziale. Per convincerle al ricovero e al trattamento si deve spesso concordare dei patti, deve essere chiaro che non sono lì per mettere su peso fino a essere sovrappeso, ma per arrivare a una condizione di vita sana, e quindi è negli interessi dell’equipe che la segue non farla ingrassare eccessivamente. PSICO-NEURO-ENDOCRINO-IMMUNOLOGIA (PNEI) Molte patologie endocrine si associano a sintomi psichici Sindrome di Cushing è nota per la depressione maggiore, detta atipica, perché non ha le caratteristiche tipiche, infatti, si evidenzia una inefficacia degli antidepressivi usati tradizionalmente per la depre maggiore, mentre quando si tratta il paziente con degli inibitori della steroidogenesi, riduciamo i segni e sintomi dell’eccesso di cortisolo, ma anche la depressione. Gli effetti dei disturbi psichici, però, possono persistere anche dopo la cura. Il morbo di Addison, molto spesso presenta depressione (caratterizzata da apatia, irritabilità, negativismo); il disturbo psichiatrico può anche precede l’esordio della malattia e solitamente regredisce dopo il trattamento sostitutivo ma può anche persistere per mesi dopo l’inizio del trattamento. In questa malattia potrebbe giovare ma ha sviluppato anche un’autonomia nella sua regolazione e nella sua circadianità nella secrezione. Clock gene = geni presenti in tutte le cellule che hanno come compito quello di regolare la circadianità delle cellule di quel tessuto  in assenza di impulsi extracellulari presentano comunque una certa circadianità. Jet-lag  sincronizzazione dei clock gene non è istantanea, quindi deve fare uno sforzo per riadattarsi al nuovo ritmo circadiano. Tra i sistemi che permettono ciò, c’è l’asse HPA  passando i giorni cambia il ritmo di secrezione del cortisolo e ci impiega circa 4/5 giorni prima di rimettersi in asse. Esistono varie evidenze nell’uomo su come il disallineamento della sincronizzazione circadiana sia causa di morbilità, quindi di malattia. Ciò è stato ben studiato nell’insorgenza di alcune malattie psichiatriche, per esempio alcune malattie hanno una circadianità, una ciclicità; anche nell’ambito del dismetabolismo, perché i glucocorticoidi se hanno un profilo circadiano alterato, possono indurre a disturbi metabolici, stessa cosa per le malattie immunologiche che hanno un andamento circadiano, quindi peggiorano in certi momenti della giornata. Le alterazioni, quindi i perturbatori circadiani, possono essere endogeni o esogeni: i polimorfismi nei geni clocks si associano a perturbazioni endogene del ritmo circadiano; altri perturbatori endogeni possono essere tipici di alcuni cronotipi (es. gli individui estremamente mattinieri o nottambuli tenderanno ad essere sempre disallineati con il ciclo luce-buio ambientale e ad avere maggiori fattori di rischio. Tra i perturbatori esogeni abbiamo la luce, infatti, l’esposizione notturna a luce intensa ha un potente effetto inibitorio sulla secrezione della melatonina, causa di de sincronizzazione circadiana; il lavoro notturno, il pattern del sonno e l’alimentazione in orari non appropriati possono contribuire alla de sincronizzazione circadiana, a conseguenze metaboliche negative, dal momento che i clocks periferici vanno fuori fase rispetto al master clock, che invece continua ad essere sincronizzato al ciclo luce-buio. Il sonno è uno dei massimi regolatori circadiani: durante le fasi di sonno profondo (prime ore della notte), la produzione di cortisolo è inibita, nella seconda fase del ciclo del sonno, quando si attiva il sonno REM, quindi meno profondo, l’asse HPA inizia ad attivarsi e infatti è il momento che precede il risveglio. Una giornata in condizioni di deprivazione di sonno determina l’innalzamento precoce dell’asse HPA, con un lieve innalzamento dei livelli di cortisolo, a dimostrazione del fatto che non sono in grado di sovvertire l’andamento dei ritmi circadiani, ma posso modificarne un po’ l’entità. Le alterazioni del sonno possono anche influenzare i livelli di stress, predisponendo i soggetti all’insorgenza di varie malattie psicologiche e croniche. Quindi alterazioni del sonno possono causare alterazioni dei ritmi di secrezione del cortisolo e, perciò, alterazioni dell’ormone dello stress sono tipiche dei disturbi metabolici (es. ritmi sonno alterati si correlano ad una diminuzione della circonferenza della vita). Sia eccesso che deprivazione di sonno sono patologie che si associano ad una aumentata morbilità, quindi per es. a sviluppo di iperglicemia e diabete. Cronobiologia e nutrizione Alterazioni circadiane della secrezione di tutta una serie di ormoni che regolano l’alimentazione e il metabolismo  alterazione di ormoni metabolici che possono portare a patologie della metabolizzazione degli alimenti. Sugli animali sono stati fatti molti studi che hanno alterato la circadianità dell’alimentazione di alcuni topi: animali sottoposti a orari alimentari non fisiologici predisponeva questi allo sviluppo di obesità e di disturbi di tipo metabolico. Es. secrezione di insulina e insulino-sensibilità (capacità tessuti di captare insulina) presentano oscillazioni giornaliere (picco prima parte giornata e nadir nell’ultima parte) questo contribuisce a spiegare la maggiore tolleranza al glucosio che si evidenzia nella prima parte della giornata rispetto alla sera. L’alterazione del ritmo del clock pancreatico può causare un’alterata secrezione insulinica, in quanto CLOCK e BMAL1 attivano la secrezione di geni che regolano la produzione e il signaling dell’insulina, la sensibilità al glucosio e la crescita delle β-cellule. La distruzione del clock pancreatico provoca della secrezione insulinica, che possono arrivare a determinare l’insorgenza del diabete. Importante la quantità, qualità e il tempo che impieghiamo per mangiare, per la promozione della salute o la patologia dell’organismo  soprattutto patologia dismetabolica (es. infiammazione cronica dell’org molto spesso associata all’obesità). Il microbiota intestinale Il microbiota intestinale umano è un insieme di microrganismi che colonizzano l’intero tratto-gastro intestinale, dallo stomaco al colon. Esso è composto da più di 1.100 generi all’interno di diversi phyla, circa 39 milioni di microbi in un rapporto 1:1 con le cellule eucariotiche dell’organismo umano. Le specie che compongono il microbiota intestinale variano da 500 a 1000, e i due principali phyla che prevalgono nella popolazione adulta sana sono i batteri Gram-positivi Firmicutes e i Gram- negativi Bacteroidetes Il microbiota intestinale non è costituito solo da batteri, ma ospita anche altri organismi procarioti (Archaea), insieme a funghi e virus. Il ruolo determinate del microbiota nel mantenimento dello stato di salute e dell’omeosasi dipende dalle molteplici funzioni protettive, metaboliche e strutturali che esercita nell’organismo. Esso infatti partecipa alle funzioni digestive, al mantenimento dell’integrità della barriera intestinale, contribuisce alla biosintesi e all’assorbimento di nutrienti, interagisce intimamente con il sistema immunitario, regola ed impedisce la colonizzazione delle mucose intestinali da parte di microrganismi patogeni, riveste un importante ruolo di metabolizzazione di farmaci e sostanze xeno biotiche. Tutte queste azioni sono mediate dalla produzione e dal rilascio da parte di batteri intestinali di un’eterogeneità di molecole, come ad es. amminoacidi, acidi grassi a catena corta ed enzimi regolatori. Fattori endogeni ed esogeni influenzano l’equilibrio del microbiota intestinale. La composizione del microbiota intestinale, sia in termini quantitativi che di diversità microbica, varia da persona a persona, ed è influenzata sia da fattori endogeni che esogeni tra cui l’età, il sesso, l’origine geografica, e fattori comportamentali legati allo stile di vita. Ulteriori determinanti della diversità microbica sono la genetica dell’individuo, la gravidanza, lo stress e l’assunzione di antibiotici. Si è visto che anche in questo caso situazioni che desincronizzino le nostre funzioni bio rispetto all’ambiente sono capacità di modificare in senso negativo i microbiota. Anche l’immunità è influenzata da una corretta espressione del sistema clock, perché tutte le cellule del sis immunitario hanno una circadianità, quindi eventuali alterazioni possono produrre anche patologie di tipo immunitario. Cronoterapia  esposizione a certi fattori per riallineare il ritmo circadiano Crono farmacologia  terapie farmacologiche sostitutive che cercano di riprodurre una cerca circadianità Take home massages: i ritmi circadiani sono essenziali per la sopravvivenza e per il corretto funzionamento degli organismi viventi. Il clock systems centrali e periferici garantisco la circadianità delle attività biologiche, interagiscono tra loro e sono controllati da sincronizzatori esterni ed interni. I glucocorticoidi svolgono una importante azione di sincronizzatori interni per numerosi organi e tessuti. La de sincronizzazione dei ritmi circadiani è responsabile dell’insorgenza di numerose patologie. Le nuove acquisizioni circa la crono-nutrizione, la corno-farmacologia e la corno-farmacoterapia sono essenziali per lo studio, per il ripristino dei ritmi circadiani e per la prevenzione delle patologie associate alla loro distruzione. Endocrinologia: lezione del 04/05 Che cosa ostacola la cura del diabete? Una delle tematiche principali è l’aspetto della cronicità: sviluppare una malattia cronica con la quale la persona si confronterà per tutta la vita. C’è poi un problema di resistenza all’accettazione della cura, ovvero la difficoltà del paziente di farsi carico della propria salute e di cambiare di conseguenza il proprio stile di vita (scarsa percezione di autoefficacia) Stigma sociale L’OBESITA’ E IL DIABETE “Io sono ciò che ho scelto di diventare”: questa citazione di Jung, estrapolata dal suo contesto, rappresenta il paradigma della responsabilità personale della propria condizione. Spesso in ambulatorio, i pazienti con obesità e conseguente diabete tendono ad associare la propria malattia con la volontà di essere in quella condizione (ad esempio, molto spesso, si tende a pensare frasi come “quella persona continua a mangiare, perché vuole continuare a mangiare”, oppure, “come ha fatto a ridursi così? In quella condizione?”). Quando ci si trova in altri ambiti medici, come ad esempio quello oncologico invece, non si pensa mai “quella persona ha scelto di diventare così, di sviluppare quella malattia”. È stato promosso un manifesto, sottoscritto da numerose associazioni scientifiche italiane e da associazioni di pazienti, che ha individuato delle azioni urgenti da mettere in atto per contrastare lo stigma: 1. Evitare l’uso di immagini negative e linguaggi inappropriati. Utilizzare il termine persone con obesità e non persone obese, evitare gli stereotipi e tenere il focus sulla gravità della malattia soprattutto nelle immagini a scopo informativo e divulgativo. 2. Combattere le discriminazioni in ambito lavorativo e il bullismo nelle scuole (prevenzione dello stigma, non si cerca solo di destrutturare lo stigma già presente, si cerca anche di prevenire lo sviluppo dello stigma nelle persone in fase di crescita). È importante implementare politiche e campagne di informazione che proteggano i dipendenti e gli studenti, con rispetto per la persona indipendentemente dal peso. 3. Attuare politiche governative che favoriscono una migliore disponibilità e accesso a cibo nutriente riducendo la commercializzazione di opzioni meno sane (siamo spesso esposti al cosiddetto “cibo spazzatura”, molto calorico ed economico, ma scarso di nutrienti). Introdurre protocolli di pianificazione che migliorino gli ambienti urbani, assicurino la pedonabilità e l’uso di spazi verdi e favoriscano più attività motoria. garantire il pieno accesso alle cure e ai trattamenti medici. 4. Creare una relazione positiva, realistica e solidale tra medico e paziente. Migliorare l’efficacia delle cure anche attraverso l’uso di un linguaggio appropriato come “alto BMI” e “peso” preferibili a parole come “obeso” e “sovrappeso”. Anteporre la malattia al paziente, usando espressioni come “hai l’obesità” al posto di “sei obeso”. Il personale sanitario e in particolare la classe medica, non riceve una formazione specifica per saper gestire la relazione, è un qualcosa che si impara sul campo, molti sanitari avviano la loro professione senza una conoscenza specifica dell’aspetto relazionale (aspetto formativo importante). Le parole possono accogliere e anche ferire, ed infatti il linguaggio ha un ruolo determinante nella diffusione dello stigma sociale, ad esempio, L’oBesity Action Coalition ha evidenziato come l’usodel termine “obeso” per fare riferimento a persone con eccesso ponderale vada evitato perché crea sentimenti negativi e perpetua lo stigma. È preferibile, per evitare l’uso di un linguaggio inappropriato, usare il cosiddetto “people first language”, ovvero un linguaggio che riconosce prima la persona rispetto alla condizione di cui è affetta. Si raccomanda quindi di riferirsi al paziente non come “obeso” ma in primis come persona assistita con obesità. Tale linguaggio permette di eliminare lo stigma dell’obesità, non etichettando una persona con la condizione patologica di cui è affetta (altri esempi “persone con diabete”, “persone con autismo”, “persone con ipertensione”). Una svolta culturale molto importante è stata fatta grazie a due società italiane di diabetologia (AMD e SID) che hanno prodotto un documento che serve a sensibilizzare gli operatori riguardo all’aspetto del linguaggio all’interno della relazione medico-paziente. Anche le immagini hanno un ruolo di veicolare e sostenere lo stigma, ma se usate bene possono combatterlo. Sono state messe a disposizione su un sito statunitense, World Obesity,un insieme di immagini in cui i soggetti sono rappresentati in situazioni di vita comune, inseriti in dinamiche sociali e rappresentati per intero (non immagini della loro pancia, delle loro braccia obese, di loro di fronte a un piatto di pasta o di pizza). In questo modo si cerca di veicolare immagini sane, con la finalità di ridurre l’uso e la diffusione di immagini negative. Le linee guida canadesi offrono delle importanti idee sulla gestione critica dell’obesità, presentando un percorso a 5 step nella presa in carico della persona: queste linee guida insistono sul riconoscimento dell’obesità come malattia cronica da parte anche in primis degli stessi professionisti sanitari. Allo scopo di enfatizzare questo storico passaggio culturale sull’obesità, da stigma a malattia, uno degli autori delle linee guida canadesi ha rilasciato un comunicato stampa con notevole impatto emotivo, che dice “trattate l’obesità come un tumore della mammella, con empatia” e nell’intervista a un sito comunicativo medico, l’autore consiglia di utilizzare un approccio non colpevolizzante, di non trattare la persona come se fosse responsabile della sua condizione, ma di pensare piuttosto all’obesità come un tumore. L’intervistato dice che di fronte ad una persona con un tumore alla mammella i clinici dimostrerebbero compassione, parlerebbero della chirurgia come opzione terapeutica,parlerebbero delle opportunità mediche e offrirebbero supporto psicologico e counseling: per l’obesità bisognerebbe offrire un simile approccio, che tenga conto di chirurgia, farmaci ed intervento psicologico (e la stessa cosa andrebbe fatta con soggetti con il diabete, anche in questo caso è importante curare anche l’aspetto psicologico ed educativo della persona). Un recente studio internazionale, che ha coinvolto anche l’Italia, ha indagato quali sono le barriere che ostacolano la cura dell’obesità. Questa ricerca ha coinvolto sia i professionisti della salute che si occupano di obesità (istogramma blu chiaro), sia le persone stesse con obesità (istogramma blu scuro). È emerso che una elevata percentuale di pazienti (circa l’80%) si attribuisce la completa responsabilità del peso (4 pazienti su 5 pensano che la colpa sia propria) e una percentuale non trascurabile di professionisti (il 30%, circa 1 su 3) accusa il proprio paziente addossandogli la responsabilità. All’interno della relazione medico-paziente c’è sicuramente un margine di miglioramento da parte dei professionisti per quanto riguarda la comunicazione: 1 persona su 2 infatti dopo aver parlato con un professionista che si occupa di obesità percepisce emozioni negative che vanno dall’imbarazzo, al senso di colpa e addirittura un 3% si sente offeso. incertezze perturbano i fenomeni, dove il soggetto osservatore si rispecchia nell’oggetto della sua osservazione”. Questa chiave di lettura permette di superare il paradosso di Jung: noi non siamo solo quello che abbiamo scelto di diventare, non siamo solo la nostra malattia, siamo la nostra complessità, siamo tutte le nostre parti che ci rendono unici. Esistono due società italiane di diabetologia: la SID (Società Italiana Diabetologia) e l’AMD (Associazione Medici Diabetologi), che hanno stipulato un documento storico, Position Statement “Un nuovo linguaggio in diabetologia”, che ha cambiato l’approccio culturale dei professionisti sanitari in ambito diabetologico. In questo documento viene sottolineato che il diabete è una condizione cronica in grado di causare forme di distress psicologico. È stato evidenziato che una delle possibili cause di distress potrebbe essere il linguaggio usato dal team diabetologico. Bisogna evidenziare infatti che oggettivamente la facoltà di medicina forma dei validi professionisti che posseggono moltissime conoscenze, ma nella relazione medica in realtà, la conoscenza tecnica è solo una piccola componente. A fare la differenza tra un bravo medico/professionista e un medico che conosce è proprio il modo in cui egli si approccia con la persona che ha di fronte, e la sua capacità di utilizzare un linguaggio corretto nella relazione. È proprioil linguaggio, usato sia da parte dei diabetologi che dalla società,infatti, che veicola lo stigma ed è causa di distress. In alcuni casi i medici durante le visite potrebbero esprimere un atteggiamento negativo e denigratorio che contribuisce a rafforzare il disagio del dover convivere con una condizione cronica. Nella vita quotidiana le parole che sentiamo influenzano e incidono sulla percezione che abbiamo del mondo e di ciò che ci circonda. Il linguaggio contribuisce a formare l’attitudine e gli atteggiamenti nei confronti delle persone, creando etichette e categorie. Alcune espressioni possono essere demotivanti (come ad esempio “non è vero che lei non mangia niente!”) o inaccurate e in alcuni casi nocive. Il linguaggio contribuisce a creare un ambiente in cui le persone possono sentirsi comprese e supportate e quello utilizzato in diabetologia è spesso inappropriato, stigmatizzante, e frustrante e può influire sulla motivazione del paziente a curarsi adeguatamente. Alla luce di tutto questo, le società scientifiche hanno creato questo documento, che propone di fornire una serie di espressioni positive e incrementate sulla persona in grado di incrementare la motivazione alla cura: a. Bisogna usare un linguaggio non giudicante e incentrato sul comportamento, non sulla persona. Il linguaggio medico influenza l’idea che un paziente ha della sua condizione e della sua terapia fin dalla diagnosi, dunque è molto importante quali parole si usano, perché le parole usate andranno ad influenzare come il paziente vive la sua condizione e quale sarà la sua aderenza alla cura e alla terapia. Parole ed espressioni giudicanti che si riferiscono alla persona e non al comportamento specificopossono suscitare vissuti di vergogna e di colpa rafforzando il bisogno di evitare la malattia: i professionisti sono responsabili del fatto che i pazienti evitano di prendersi in carico la malattia e la sua gestione. Un recente studio qualitativo di Dickinson (2018) ha individuato una serie di espressioni verbali comunemente presenti in diabetologia e percepite dai pazienti come giudicanti. Espressioni quali compliante/non compliante,controllato/non controllato, cattivo/buono (riferito al controllo glicemico), fallimento, pigro, stressato, deve/non deve sono tutti termini che potrebbero suscitare intense reazioni ed emozioni negative. Tali termini generano nel paziente un senso di colpa e di fallimento, rinforzando il senso di vergogna e inadeguatezza. Inoltre, focalizzare la visita su questi termini implicitamente esclude la possibilità di un confronto circa gli sforzi che sono stati fatti dal paziente per gestire la sua condizione. Tali termini focalizzano l’attenzione sul risultato finale e non sul processo che ha preceduto tale risultato.Di conseguenza è preferibile scegliere termini neutrali e non giudicanti, incentrati su azioni, fatti o che rimandano a processi fisiologici e biologici. Inoltre, espressioni quali complicanze, cecità, amputazione e morte hanno il potere di attivare risposte emotive negative, come ansia, paura e colpa. Tali vissuti potrebbero favorire l’emergere di sintomi depressivi che, come è noto, si associano ad un peggiore controllo glicemico. È molto difficile spiegare ad una persona che la mancata aderenza alla terapia porterà a lungo termine a sviluppare dei problemi di salute molto seri. Da una parte come professionisti si percepisce che la persona non è consapevole del rischio cardiovascolare e del rischio di complicanze a cui si espone, dall’altra, introdurre questi concetti può portare a emozioni negative. Dunque, la coperta è molto corta: da una parte la persona deve essere consapevole che la mancanza di cura comporta dei problemi che possono sostenere sintomi depressivi e mancanza di curarsi. b. Bisogna usare un linguaggio in grado di favorire una buona alleanza terapeutica tra diabetologo e paziente. Nel contesto diabetologico è nota l’importanza di una comunicazione efficace. L’approccio scelto dal team diabetologico per relazionarsi con il paziente incoraggia o, al contrario, ostacola la possibilità di creare collaborazione e engagment. L’uso di linguaggio che rimanda all’autorità contribuisce a creare una relazione medico-paziente asimmetrica, mentre sarebbe importante gestire la parità della relazione. Espressioni come “è permesso/non è permesso” o “giusto/sbagliato” potrebbero favorire nel paziente una regressione e rafforzare il senso di aver perso la sua autonomia come persona. A questo proposito, il lavoro di Ritholz et al. (2014), rileva che le persone con diabete sono meno propense a fornire informazioni sui loro comportamenti di cura quando si sentono giudicate o criticate. Alcuni autori sottolineano l’importanza di comunicare ai propri pazienti quanto sia difficile gestire il diabete e raggiungere gli obiettivi prefissati allo scopo di cercare insieme strategie alternative. L’approccio classico dei medici invece è un approccio del tipo “io sono depositario della verità, so che cosa è giusto per te, dunque, se non lo fai è sbagliato (giudizio morale)”, e questo contribuisce allo sviluppo di una relazione asimmetrica, poiché il medico si pone al di sopra del paziente. Questo tipo di relazione non può funzionare a lungo termine: tipicamente, in questi casi, i pazienti solo poco prima della visita di controllo, “si comportano bene”, si mettono a dieta cercando di perdere un etto, per non sentirsi poi giudicati dal dottore. Il modello che più andrebbe cercato è invece quello di una relazione simmetrica, ovvero una relazione in cui si condividono gli obiettivi, le strategie terapeutiche, si cerca di tirare fuori degli strumenti dal paziente, di capire come lui si può prendere cura di sé stesso. Le persone con diabete sono meno propense a fornire informazioni riguardo ai loro comportamenti di cura. Questo aspetto si osserva ad esempio nei diari alimentari, in cui vengono omesse alcune informazioni a causa della paura di essere giudicati (questo perché spesso i pazienti trovano dall’altra parte un professionista che giudica le loro scelte). Esempio. paziente che dopo aver inserito nel proprio diario alimentare che ha mangiato un cappuccino con una brioche viene rimproverato dal medico, e la seconda volta che succede semplicemente evita di scriverlo nel diario. c. Bisogna usare un linguaggio rispettoso e inclusivo che tenga conto delle risorse del paziente. Riuscire ad utilizzare questo tipo di linguaggio è davvero complesso, perché ogni persona è diversa dalle altre e ci si trova dunque di fronte ad alla sua unicità e complessità (ognuno possiede risorse diverse, che sono personali, familiari, economiche, intellettive). È estremamente complessa, di conseguenza, anche la sartorizzazione delle parole, della relazione e del linguaggio. La personalità intesa come l’interazione dei processi psicologici attivati da condizioni specifiche è un insieme di valori, desideri e paure ma anche di risorse necessarie per adattarsi alle richieste del mondo interno ed esterno. Costruire una relazione terapeutica che faccia sentire il paziente non solo accettato e compreso ma anche riconosciuto nelle sue risorse e nei suoi punti di forza apre a uno spazio di discussione, durante la visita diabetologica, su cosa sta funzionando oltre e non solo su cosa non va. In questo modo il medico rimanda al paziente un’immagine positiva di sé, riconoscendone capacità, valore e possibilità di cambiare le cose. Inoltre, espressioni giudicanti e critiche, come già affermato sopra, rafforzano il distress psicologico. A questo proposito il diabetes distress è definito come un insieme di preoccupazioni e ansia eccessive nei confronti del diabete e della sua gestione. Il diabetes distress non è un disturbo di rilevanza psichiatrica quanto una forma di disagio emotivo causato da costanti preoccupazioni legate al diabete e alla sua gestione quotidiana con conseguente incremento di vissuti di rabbia, frustrazione e burnout. Tale forma di disagio psicologico è molto diffusa e, come è noto, si associa ad elevati livelli di HbAIc (scarso compenso della malattia, valore di glicemia nel tempo). la persona con diabete è stata buona o cattiva e nessuno ha bisogno di critiche quando le cose vanno male. Inoltre, gli sforzi dell’individuo devono essere riconosciuti a prescindere dai risultati. - Fare attenzione all’uso di termini come “controllare la glicemia” e preferire ad essi termini come “monitorare la glicemia”. I livelli di glucosio nel sangue sono influenzati da molti fattori esterni rispetto a quelli su cui la persona ha diretto controllo (es. ormoni, malattia, stress prolungato, effetti ritardati dell’attività fisica, altri farmaci). Focalizzare l’attenzione su concetti quali ottenere il controllo o mantenere il controllo può favorire l’emergere di vissuti emotivi come il senso di colpa, disperazione e frustrazione. - Non usare espressioni come “non riuscire” o “fallire”, ma usare piuttosto espressioni come “adeguato/non adeguato” o “obiettivo raggiunto/obiettivo non raggiunto”. Questo poiché parlare di fallimento implica che il soggetto abbia o non abbia centrato il bersaglio, implica la mancanza di risultati, sforzi inefficaci, mancanza di sforzo e conseguente vissuto di delusione. Non è necessario incolpare o giudicare la persona, sentirsi un fallimento può portare la persona a non voler compiere ulteriori sforzi.Durante la visita è meglio focalizzarsi su aspetti oggettivi, senza esprimere un giudizio. - Evitare espressioni imperative come “non può” o “non deve” e scegliere termini che esprimono possibilità quali “hai mai provato” o “che ne pensa di”. Bisogna partire dal concetto che l’individuo è un esperto del proprio diabete, dunque dargli istruzioni su ciò che dovrebbe o non dovrebbe fare, implica che stiamo dando per scontato che noi conosciamo il suo diabete meglio di lui/lei. Suggerire modalità di trattamento sottolinea l’importanza delle scelte personali, riconoscendone l’autonomia, oltre al fatto che lui o lei ha la responsabilità della propria salute. - Evitare espressioni quale “per tutta la vita” o “per sempre” (riferita alla terapia insulinca) ed utilizzare invece espressioni come “in questa fase della malattia” o “in questa fase” (verificare comunque la condizione psicologica del momento per non creare false speranze sulla cronicità). Il diabete è una condizione cronica che può generare stanchezza o distress psicologico. Presentare qualcosa, soprattutto all’esordio, con l’idea che deve essere eseguita per il resto della propria vita può rafforzare tali vissuti emotivi. Meglio utilizzare termini in grado di dare speranza, come “questa cura può offrirle un miglioramento della qualità di vita/questa cura può offrirle un’aspettativa di vita prolungata/ questa cura può offrirle una vita come quella di tutte le altre persone che non hanno il diabete” e che implicitamente rimandano all’idea che le difficoltà e i limiti della terapia attuale non saranno necessariamente le stesse nel futuro. - Evitare espressioni come “dieta/regime alimentare” e scegliere termini come “stile alimentare”, “gusti alimentari”, “abitudini alimentari”, “alimentazione consapevole”. Il termine dieta o regime alimentare rimandano ad un concetto eccessivamente rigido e ferreo, pertanto, attivano nella mente della persona vissuti di restrizioni e limitazioni che possono generare la necessità di ripristinare una condizione di autonomia. Meglio usare termini quali stile alimentare che invece richiama all’idea di scelte personali, consapevoli e flessibili. - Evitare espressioni come “pigrizia” o “forza di volontà” e usare al loro posto “motivazione/desiderio di cambiare” (sottolineare i vantaggi del cambiamento e verificare lo stato e la fase di motivazione al cambiamento). Pigrizia o forza di volontà sono etichette che esprimono il senso dell’immobilismo e dell’impossibilità di cambiare. Meglio usare termini come motivazione e processo del cambiamento. - Evitare “crisi ipoglicemica” e preferire termini come “ipoglicemia o episodio ipoglicemico” che ne sottolineano l’occasionalità. Per molte persone con diabete in terapia insulinica, l’ipoglicemia è un evento in grado di attivare paure molto intense. Usare termini come crisi può sollecitare ulteriormente tali vissuti. Meglio usare parole neutre come ipoglicemia. - Evitare “controllo del peso” e preferire “monitoraggio del peso”. Molte persone, soprattutto con diabete di tipo 2, in sovrappeso o francamente obesi si caratterizzano per la presenza di varie forme subcliniche di alterato comportamento alimentare con iperalimentazione e sporadiche abbuffate accompagnate dalla sensazione di perdere il controllo. In queste persone il peso e la possibilità di essere pesati in occasione della visita di controllo può generare disagio. Meglio usare termini neutrali in cui non è esplicitata l’idea di controllo. La parola monitoraggio evoca infatti un percorso e non un’unica sentenza. - Evitare espressioni come “peso ideale” e preferire invece “peso giusto per lei”. È importante parlare con le persone in termini di peso ragionevole e non ideale poiché spesso quest’ultimo non è realistico quindi non raggiungibile. Avere obiettivi irraggiungibili espone le persone al fallimento. Il peso ragionevole è, invece, il peso che può essere ragionevolmente raggiunto e mantenuto portando a buone condizioni psico-fisiche. - Evitare espressioni come “perdere peso” e usare invece “modificare lo stile di vita”. Perdere peso non deve essere l’obiettivo, ma la conseguenza dell’obiettivo di modificare il proprio stile di vita. Quest’ultimo comprende anche l’alimentazione e l’attività fisica, ma non solo. - Evitare espressioni come “grasso, grassezza, grasso in eccesso, obesità” e preferire invece “BMI, peso corporeo non salutare, preoccupazioni riguardo al peso, peso in eccesso”. Diversi studi hanno messo in lice quali termini sono più accettati perché meno giudicanti rispetto ad altri dalle persone che vivono preoccupazioni legate al proprio peso corporeo. - Evitare espressioni come “esercizio fisico” e preferire “attività fisica. il termine esercizio rimanda più facilmente a una performance, mentre nel termine attività fisica si può includere qualsiasi tipo di attività piacevole che includa il movimento (es. ballare, passeggiare). Nel contesto italiano la nostra indagine ha rilevato che il termine movimento è più indicato per adulti con diabete di tipo 2. - Evitare termini come “comportamento giusto o sbagliato” e usare invece “comportamento utile o non utile per lei”. Gli aggettivi giusto o sbagliato implicano giudizi e rimproveri, che possono provocare emozioni spiacevoli come vergogna o senso di colpa. Meglio ragionare in termini di utilità personale, per aumentare la consapevolezza e il senso di autoefficacia. - Evitare espressioni come “stima di sé/autostima/amor proprio” e utilizzare invece “prendersi cura di sé”. Le persone esterne tendono ad ammonire dicendo frasi come “tira fuori un po’ di amor proprio”, “devi lavorare sulla tua autostima”, quando i pazienti in realtà avrebbero bisogno di accettazione da parte di loro stessi così come dagli altri non condizionata da nessun fattore specifico. Dunque, la relazione terapeutica dovrebbe basarsi sull’adozione da parte dell’operatore sanitario di un linguaggio in grado di essere: 1. Efficace nel favorire una riduzione del distress causato da una terapia impegnativa e complessa; 2. Sensibile e sintonizzato sulle caratteristiche di personalità di ogni paziente. In realtà non esiste una verità assoluta, poiché molto dipende anche dalla persona che ci si trova davanti, che è importante imparare a leggere, ma il messaggio è che bisogna fare molta attenzione alle parole usate. Osservando la pratica clinica di tutti i giorni, emerge un bisogno formativo a cui il mondo dell’industria sta parzialmente rispondendo poiché alcuni corsi di formazione dei professionisti prevedono anche dei moduli sulla relazione medico-paziente. - Non usare termine “dieta” o “regime” ma “stile alimentare” poiché richiama un’idea di scelta personale -Evitare “forza di volontà” o “pigrizia” e utilizzare “motivazione” e “desiderio di cambiare” . Sottolineare i vantaggi del cambiamento e verificare la fase di motivazione al cambiamento quanto è motivato a sentirsi meglio? Quando si parla educazione terapeutica ed empowerment si devono avere come fondamento l’autonomia la libertà e la responsabilità. L’educazione ha come scopo quello di migliorare l’efficacia della cura del diabete attraverso la partecipazione attiva e responsabile della persona al programma. Un obiettivo importante è percepire gli obbiettivi come obiettivi desiderati. Il diabete è una sindrome caratterizzata dalla presenza di iperglicemia. L’importanza sociale della malattia è legata alle complicanze croniche prevedibile con raggiungimento di adeguato target di glicemia. È una condizione che favorisce lo sviluppo di placche e di colesterolo all’interno dei vasi sanguigni del corpo e questo potrebbe portare ad ictus del cervello oppure infarti del miocardio o problemi di vascolarizzazione del piede o gamba (amputazioni traumatiche). Ha una prevalenza del 5 % della popolazione in occidente (in aumento), ha una prevalenza maggiore negli indiani d’America e alcuni popoli della (non si sente). Come si diagnostica il diabete? Può essere diagnosticato o in assenza di sintomi o in presenza di sintomi. Dei sintomi tipici possono essere bere tanto, fare tanta pipì (non si sente) e glicemia superiore a 200 mg/dl. In assenza di sintomi, che è la cosa più comune ,la diagnosi si pone quando abbiamo almeno 2 occasioni di iperglicemia uguale o superiore a 126 oppure uguale o maggiore a 200 dopo aver ingerito qualcosa di zuccherato oppure emoglobina glicata superiore a …. Emoglobina glicata è un parametro che ci consente di capire come è stato l’andamento della glicemia negli ultimi due o tre mesi ma è di difficile interpretazione in caso di anemie o altre patologie ma comunque è un parametro riconosciuto a livello internazionale. Ci sono anche altre condizioni che non rientrano nel diabete ma sono stati di iperglicemia come per esempio lo stato di iperglicemia a digiuno tra 100 e 125 oppure tra 140 e 199 dopo bibita zuccherata. Sopra 200 è diabete sicuro. A digiuno deve essere sotto 100. Tra 100 e 125 a digiuno è alterata glicemia, superiore o uguale a 126 a digiuno è diabete. Ci sono tanti tipi di diabete con meccanismi diversi che non vedremo ma la cosa he unisce tutti i tipi di diabete è l’iperglicemia. Le 2 forme più frequenti di diabete: Il diabete di tipo 1 è quello conosciuto come giovanile ,è dato dalla distruzione delle betacellule ovvero delle cellule del pancreas che producono insulina (l’ormone secreto dal pancreas in risposta al valore di glicemia del corpo). Se queste cellule vengono distrutte e non funzionano non c’è sufficiente insulina per dire basta alla glicemia che si alza. Età d’esordio più comunemente sotto i 30 anni e prevalenza dello 0,3 % della popolazione e 2-3% dei casi di diabte totali. Esordio spesso brusco ed eclatante ma anche traumatico. La comparsa delle complicanze non avviene non prima di alcuni anni dopo la diagnosi. La terapia si differenzia dal tipo 2 perché l’insulina è necessaria fin dall’esordio. Hanno l’autoimmunità. Ci sono dei marcatori genetici che predispongono a sviluppare questa malattia e poi ci sono dei marcatori immunologi cioè anticorpi che confermano che il sistema immunitario è coinvolto nella distruzione delle betacellule. L’obesità viscerale è molto comune nel diabete di tipo 1 Il diabete di tipo 2 è causato da un deficit parziale di secrezione insulinica, quindi a differenza del tipo 1 dove l’insula non c’è proprio perché le cellule sono distrutte, nel tipo 2 c’è una secrezione ancora residua che però non è sufficiente a tenere sotto controllo la glicemia. Generalmente progredisce nel tempo e in linea di massima non porta mai ad una carenza assoluta, si instaura spesso su una condizione di insulino- resistenza su base multifattoriale. Quali sono le condizioni di insulino-resistenza? L’obesità la sedentarietà, farmaci, alimentazione con determinati tipi di alimenti. Prevalenza dal 5 al 10 per cento in base all’età. Di solito il peso è in eccesso, più comunemente dai 40 anni in su anche se a causa della elevata obesità giovanile stanno cominciando ad esistere delle forme di diabete di tipo 2 anche in bambini e adolescenti cosa che anni fa non accadeva. Questi bambini non necessitano di insulina e non hanno l’autoimmunità. Per l’adulto invece abbiamo modificazioni dello stile di vita, servono farmaci orali, farmaci settimanili e in condizioni specifiche l’insulina che tende ad essere spostata sempre più avanti nelle fasi più avanzate di malattia a differenza del tipo 1 che si usa subito. La maggior parte delle volte viene diagnosticato in via del tutto occasionale e riconosce 2 meccanismi di azione: -l’insulino-resistenza cioè la difficoltà dell’insulina a lavorare su tessuti periferici come il tessuto adiposo i muscolo ecc.. -difficoltà di queste cellule a secernere insulina perché possono andare in contro a processi di alterata secrezione Nel diabete di tipo 2 non necessitano di insulina può essere controllato con dieta o farmaci mentre in fasi tardive deve essere trattato con insulina per la maggior parte perché la secrezione residua si esaurisce. Le persone che hanno il diabete sono a rischio di sviluppare complicanze d’organo sia micro che macro vascolare. Per prevenire complicanze bisogna raggiungere obiettivi che non riguardano solo la glicemia o l’emoglobina glicata ma riguardano anche fattori cardiovascolari come l’avere una buona a pressione, mantenere un buon quadro lipidico, non fumare, attività fisica dieta, stile alimentare. Il vecchio algoritmo di terapia prevedeva di iniziare solo con intervento di stile di vita se non crea scompenso metabolico poi aggiungere gradualmente la metformina e poi se l’obiettivo non è raggiunto bisogna aggiungere una serie di farmaci. Adesso il nuovo algoritmo terapeutico ha ribaltato questo paradigma che prevede prima di cambiare lo stile di vita e poi il farmaco , infatti ora la first line therapyovvero la terapia di prima linea prevede la metformina in combinazione al cambio di stile di vita perché attendere l’introduzione del farmaco non è nell’interesse della persona che soffre di diabete. Soltanto che questo comporta un problema perché al momento della diagnosi c’è un rifiuto della condizione e quindi un rifiuto della terapia. Breve carrellata sui farmaci che lavorano principalmente sul pancreas, questi farmaci fanno secernerne insulina dalle beta cellule ma questo avviene in maniera incontrollata e potrebbe esserci un iperproduzione di insulina e la glicemia potrebbe scendere e portare invece all’ipoglicemia. Oggi ci sono farmaci a basso rischio di sviluppare ipoglicemia. Si dividono in 2 classi .
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