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Appunti di Endocrinologia, Appunti di Endocrinologia

Appunti del Corso di "Endocrinologia" - Corso di laurea in Biotecnologie - UNIFI - Firenze Docente: Prof. Elisabetta Baldi e Alessandro Peri Appunti al computer. Ottimi per lo studio della materia

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 04/06/2020

gabriele-matteoli
gabriele-matteoli 🇮🇹

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Scarica Appunti di Endocrinologia e più Appunti in PDF di Endocrinologia solo su Docsity! ENDOCRINOLOGIA Un ormone può avere molte funzioni all’interno dell’organismo e ciascuna funzione è regolata da molti ormoni; essi vengono classificati sulla base della struttura chimica o sulla base della loro solubilità. Qui vediamo i principali ormoni che si conoscono ad oggi. In base alla struttura chimica vengono classificati in polipeptidici (peptidi, proteine a peso molecolare variabile di cui alcune molto piccole con pochi amminoacidi e altre con una struttura molto più complessi e anche le glicoproteine con un gruppo glucidico), in ormoni steroidei (sessuali, regolatori del metabolismo, ecc.), ormoni derivati da amminoacidi con struttura molto semplice in cui gli amminoacidi vengono modificati con delle reazioni enzimatiche e gli ormoni derivati da acidi grassi polinsaturi (come le prostaglandine, i leucotrieni ed i trombossani). Dal punto di vista della solubilità vengono classificati in liposolubili e idrosolubili. In particolare, i liposolubili hanno la caratteristica di riuscire ad attraversare le membrane cellulari (tra questi sono molto importanti gli ormoni steroidei e tiroidei), mentre gli ormoni idrosolubili non riescono ad attraversare le membrane (come i peptidici e le catecolamine). Inoltre, gli ormoni liposolubili viaggiano nel sangue legati a delle proteine di trasporto come l’albumina e le globuline e solo una piccola frazione di esse viaggia libera nella forma cosiddetta “attiva” perché solo l’ormone che non è legato alle proteine andrà ad agire sugli organi bersaglio interagendo con recettori presenti all’interno della cellula principalmente di tipo nucleare (anche se sono possibili dei meccanismi di membrana), mentre quelli idrosolubili viaggiano liberi all’interno del sangue non coniugandosi con delle proteine di trasporto ed interagiscono con dei recettori di membrana che innescano un signalling. N.B. I recettori nucleari regolano direttamente la trascrizione genica e sono dei veri e propri fattori trascrizionali, mentre i recettori di membrana innescano dei secondi messaggeri cellulari che innescano una risposta biologica. A causa della diversa struttura chimica, gli ormoni presentano caratteristiche diverse:  Per quanto riguarda la biosintesi, gli ormoni peptidici vengono prodotti attraverso la formazione di un proormone che poi verrà clivato in ormone attivo attraverso il processo enzimatico (cioè viene riversato nel torrente circolatorio come proormone e a quel punto interviene l’enzima che forma l’ormone attivo), gli ormoni steroidei hanno una biosintesi enzimatica che è caratterizzata da moltissimi enzimi che partono tutti dalla stessa molecola per formano i vari ormoni steroidei con una specificità cellulare dipendente dagli enzimi presenti in quel tipo cellulare, gli ormoni tiroidei e le catecolamine presentano una biosintesi enzimatica in quanto entrambi sono di derivazione amminoacidica.  Per quanto riguarda il deposito, i peptidi si depositano all’interno della cellula che li produce e vengono rilasciati al momento del bisogno, per gli ormoni steroidei non esiste un deposito all’interno della cellula, ma vengono sintetizzati ed escreti, per gli ormoni tiroidei il deposito è considerevole in quanto si trovano nei follicoli tiroidei e rilasciati al momento del bisogno e per le catecolamine c’è un piccolo deposito all’interno delle cellule che le producono.  Per quanto riguarda le proteine di trasporto, gli ormoni peptidici e le catecolamine viaggiano per la maggior parte liberi, mentre gli ormoni steroidei e tiroidei viaggiano principalmente legati a proteine ematiche.  Per quanto riguarda l’emivita, nel caso dei peptidi e delle catecolamine è breve (nell’ordine dei minuti, infatti la natura ha fatto sì che non ci sia bisogno che questi viaggino legati ad altre proteine in quanto si degradano molto velocemente), nel caso degli ormoni steroidei la loro emivita è piuttosto lunga (nell’ordine delle ore) e nel caso dei tiroidei è molto lunga (nell’ordine dei giorni).  Per quanto riguarda l’effetto, nel caso degli ormoni peptidici e delle catecolamine è rapido (possono portare ad esempio all’incremento di Ca2+ o di cAMP), mentre nel caso degli ormoni steroidei e tiroidei l’effetto a livello cellulare è lento perché qui la risposta avviene soltanto attraverso la sintesi (ad esempio, il cAMP può andare ad attivare dei fattori di trascrizione).  Per quanto riguarda il rate di secrezione, esso esiste per tutti gli ormoni peptidici e le catecolamine che vengono secreti con una determinata frequenza secondo un tempo ben preciso in seguito ad una stimolazione (perché hanno un deposito e sono già presenti nella cellula), esiste solo per alcuni ormoni steroidei e tiroidei (ad esempio il T4).  Per quanto riguarda il rate di produzione, esso è legato al rate di secrezione, infatti non esiste per gli ormoni peptidici e le catecolamine perché sono già presenti nelle cellule, mentre esiste per quasi tutti gli steroidei e per gli ormoni tiroidei vale solo per il T3 che prodotto a livello locale dell’organo bersaglio dal clivaggio del T4.  Per quanto riguarda il metabolismo, gli ormoni peptidici e le catecolamine vengono distrutti all’interno del plasma o dell’organo bersaglio, gli ormoni steroidei e tiroidei vengono eliminati a livello del fegato.  Per quanto riguarda l’eliminazione, quasi tutti vengono escreti tramite le urine (mentre gli ormoni tiroidei possono finire anche nella bile ed eliminati attraverso il tubo gastrointestinale). N.B. La produzione degli ormoni è ritmica con cadenza diurna, notturna, circadiana o infradiana. Gli organi bersaglio sono quegli organi su cui viene esercitata l’azione biologica dei diversi ormoni e che contengono delle cellule che esprimono dei recettori ormonali specifici. N.B. Un ormone ha molte funzioni e ciascuna funzione è regolata da molti ormoni (in maniera dipendente dal tipo di recettore presente sulla cellula, infatti quasi tutti gli ormoni hanno più di un recettore e quindi a seconda del tipo di recettore che è presente sull’organo bersaglio si avrà una risposta diversa). Il recettore deve avere un’elevata affinità in quanto deve essere sensibile a concentrazioni molto basse (fino alla picomolarità e a volte inferiore) e deve possedere anche un’elevata specificità per evitare una risposta affine da ormoni diversi. [L’affinità è determinata dalla costante di dissociazione del complesso recettore-ormone Kd, che indica la concentrazione ormonale necessaria perché venga legato il 50% dei siti recettoriali, mentre la specificità è la capacità del recettore di discriminare tra ormoni a struttura simile] EFFETTI ORMONALI A livello del sistema nervoso gli ormoni regolano la neurotrasmissione quindi l’ormone arrivato alla sinapsi attiva la cellula (che è il bersaglio dell’ormone stesso). A livello del sistema endocrino una cellula di una ghiandola produce un ormone che viene secreto nel sangue per raggiungere l’organo bersaglio. Si parla di funzione endocrina quando l’organo bersaglio è lontano dalla ghiandola che produce l’ormone stesso, di funzione paracrina quando l’organo bersaglio di trova nelle vicinanze della ghiandola stessa (per esempio una cellula epiteliale agisce su una cellula mesenchimale che sta all’interno dello stesso organo) e di funzione autocrina quando l’ormone agisce direttamente sulla cellula che lo produce in modo da regolare il rate di produzione e di secrezione dell’ormone stesso. MECCANISMI DI REGOLAZIONE DEL SISTEMA ENDOCRINO Il primo livello di controllo è il controllo neuronale in cui il sistema nervoso centrale controlla la secrezione ormonale mediante dei neurotrasmettitori classici sui neuroni ipotalamici neuro- secretori, in particolare l’ipofisi, che è la ghiandola “principe” della regolazione di tutto il sistema endocrino, è regolata da neurotrasmettitori che si formano a livello dell’ipotalamo (che rappresenta un’area specializzata alla produzione di peptidi molto piccoli che vanno a regolare le cellule ipofisarie). Quindi, nell’organismo, il sistema nervoso centrale regola la funzione dell’ipotalamo, il quale va ad agire a livello dell’ipofisi e di altre ghiandole distanti (come il pancreas ed il surrene) RECETTORI NUCLEARI Gli ormoni steroidei e tiroidei sono liposolubili in quanto sono in grado di oltrepassare le membrane generando una risposta cellulare lenta che coinvolge sempre l’attivazione di un sistema che porta alla sintesi di nuove proteine. Sostanzialmente si svolge con il legame dell’ormone al recettore impropriamente detto “nucleare” perché svolge la sua funzione a livello del nucleo, ma non si trova necessariamente all’interno del nucleo. [I ligandi nei recettori nucleari sono anche derivati delle vitamine A e D, dell’acido retinoico e della vitamina D3] La superfamiglia dei recettori nucleari è suddivisa in tre classi e sono codificati da oltre 50 geni (portando alla formazione di oltre 75 proteine), quindi possono essere identificati come veri e propri fattori di trascrizione: ➢ Classe I → comprende i recettori per gli ormoni steroidei classici come gli ormoni sessuali (estrogeni e androgeni), i glucocorticoidi, i mineralcorticoidi, il progesterone. Questa classe si differenzia dalle altre classi perché i recettori, una volta che si legano con l’ormone, formano omodimeri (cioè si uniscono tra di loro) e possono essere presenti nel citoplasma. ➢ Classe 2 → comprende recettori per gli altri ormoni, per gli xenobiotici, per ormoni steroidei non classici, per i D3 ed i tiroidei. Questa classe di recettori, invece di formare omodimeri, formano eterodimeri con i recettori RXR di classe terza e sono collocati nel nucleo e non nel citoplasma. ➢ Classe 3 → comprende quasi esclusivamente il recettore RXR (ce ne sono altri ma sono sostanzialmente recettori dei quali ancora non si conosce il ligando); RXR per funzionare formerà omodimeri con se stesso, ma formano anche omodimeri con i recettori di classe seconda e sono collocati nel citoplasma. Nonostante la divisione in tre classi, presentano tutti la stessa struttura e le stesse porzioni ma con differenze dal punto di vista amminoacidico. I recettori nucleari si differenziano per la conformazione e la sequenza amminoacidica, anche se i domini che formano i recettori nucleari sono: I. Dominio 1 transattivante; è deputato all’attivazione del promotore dei geni bersaglio, ma non si lega al DNA. II. Dominio 2 che lega il DNA è formato da una sequenza di 66-68 amminoacidi e forma una struttura detta “a dita di zinco”, che riconosce sequenze specifiche che sono sempre esamere a livello dei geni target dei recettori nucleari ed è coinvolta nella dimerizzazione. III. Dominio 3 è detto regione cerniera (presenta la più elevata omologia tra tutti i recettori nucleari e conferisce flessibilità) e permette la localizzazione del recettore nel nucleo e le modificazioni conformazionali che avvengono a livello del recettore dopo che si è legato con l’ormone. IV. Dominio 4 che lega l’ormone e che presenta un secondo dominio transattivante formato da 12 α-eliche. [Gli amminoacidi più conservati sono il 2 e il 3, mentre i domini transattivanti hanno lunghezza variabile a seconda del recettore] Gli hormone-responsive elements (HRE) sono le sequenze bersaglio nel DNA in grado di riconoscere un dimero proteico (quindi due regioni del DNA legano un recettore); essi differiscono per la sequenza nucleotidica, per lo spazio tra le sequenze di legame al recettore (che è caratteristico di ciascun recettore e consente il legame dei diversi dimeri) e per l’orientamento dei siti di legame. I recettori di classe prima e terza sono presenti nel citoplasma e non sono liberi, ma sono legati ad un complesso con almeno altre due proteine dette Heat Shock Protein (HSP, la cui funzione è quella di essere proteine che reagiscono in seguito a shock termico, di mantenere la struttura tridimensionale, di stabilizzare il recettore prevenendone il trasferimento e la degradazione e presentano un’azione facilitante nella dissociazione del recettore dal DNA; esse possono legare anche altre proteine dette ciprofilline o immunofilline). Quando arriva l’ormone steroideo, che tranquillamente oltrepassa la membrana, si lega al recettore di classe prima o di classe terza in modo che il complesso formato dal recettore con le proteine permetta il distacco delle Heat Shock Protein ed il recettore vada incontro ad una modificazione traslazionale che ne permette la dimerizzazione con un altro uguale a se stesso. A questo punto, il recettore passa all’interno del nucleo grazie a delle sequenze, si lega al DNA sulla porzione del promotore dei geni target di tale ormone e attiverà un meccanismo che porterà alla trascrizione. A livello nucleare, sono presenti particolari molecole co-attivatrici cellula-specifiche che interagiscono fisicamente con il dominio che lega il recettore per attivare il recettore e la via di segnalazione e che vengono codificate da molti geni (i principali sono SRC1, SRC2, SRC3), la cui espressione è regolata dagli stessi ormoni steroidei stessi. I co-repressori sono molecole con un’azione opposta ai co-attivatori, in particolare hanno la funzione di deacetilare le proteine istoniche in modo da rendere la struttura del DNA più compatta e meno accessibile per la trascrizione (interagiscono principalmente con i recettori steroidei soprattutto di classe seconda, anche se ci sono alcuni casi in cui è possibile che interagiscano anche con quelli di classe prima); il legame del recettore al co-repressore è stimolato dagli antagonisti degli ormoni quindi essi sono importanti sia per lo sviluppo di nuovi farmaci sia per cercare di modulare la funzione degli ormoni steroidei (vengono studiati soprattutto per quanto riguarda i tumori ormone-dipendenti come possibili target farmacologici). N.B. Esiste un meccanismo d’azione genomico, cioè di attivazione dei geni target, che non coinvolge gli ormonei e che è presente anche in assenza di essi, infatti è noto che i recettori steroidei siano in grado di modulare la trascrizione quando vanno ad interagire con altri fattori trascrizionali: ad esempio il fattore androgenico è in grado di legarsi ai fattori trascrizionali ETS favorendo la proliferazione cellulare (sono importanti nei cancri poiché iperespressi). N.B. Spesso i co-attivatori sono trovati iperespressi all’interno delle cellule cancerogene di tumori alla mammella o alla prostata (sono tumori ormoni-dipendenti). Nel caso di recettori di classe seconda, che sono già presenti nel nucleo, il ligando può legarsi al suo recettore che si trova già collocato a livello del responsing element sul DNA inibendo la trascrizione oppure legarsi prima al recettore che si lega al DNA favorendo la trascrizione. N.B. Se nelle cellule le HSP sono iper-espresse diminuisce la transattivazione dei recettori per gli ormoni steroidei. Le immunofilline appartengono alla famiglia delle HSP ma hanno principalmente una funzione regolatoria tutt’oggi sconosciuta (piuttosto che di mantenimento della stabilità). In alcuni casi, sono in grado di legare farmaci immunosoppressori e di inibire, in qualche modo, la funzione dei recettori in modo modulare la responsività al recettore. Queste proteine non si legano direttamente al recettore ma lo fanno tramite le HSP, ad esempio, in condizioni normali c’è una immunofillina detta FKB52 che è legata al recettore del glucocorticoide permettendogli di rispondere all’attivazione e di attivare i processi di regolazione proteica; in seguito all’attivazione del recettore vengono prodotte alcune proteine come la FKBP51 che va anch’essa a legarsi al complesso, ma a differenza della precedente, ha azione inibitoria sull’effetto dell’ormone. N.B. Un altro meccanismo che può essere coinvolto nell’attivazione o nella disattivazione di questi recettori è la fosforilazione. Di recente, è stato scoperto che i recettori nucleari possono essere fosforilati con un meccanismo mediato dagli steroidi stessi per promuoverne l’attività (è ancora in discussione se questo processo abbia un ruolo fisiologico o meno). Dal 1990 si è scoperto che gli ormoni steroidei possono attivare delle vie di segnalazione classiche; inizialmente questa teoria degli effetti rapidi o non genomici degli ormoni steroidei non ha riscontrato da parte dei ricercatori che si occupavano dei recettori classici un grande clamore poiché non si è subito creduto che questo fosse possibile fin quando non sono stati effettuati i primi esperimenti knock-out (fine anni ’90) per i recettori degli ormoni steroidei e si rese evidente che quando si trattavano questi animali con gli ormoni steroidei era possibile rilevare degli effetti rapidi. Oggi sappiamo che gli effetti rapidi degli ormoni steroidei sono coinvolti in processi importanti come ad esempio il fatto che le femmine siano più protette rispetto ai maschi dalle malattie cardiovascolari in quanto gli estrogeni hanno un’attività vasodilatante protettiva nei confronti del sistema cardiocircolatorio tramite la formazione di ossido nitrico. Gli ormoni steroidei possono quindi interagire con recettori nucleari e con recettori di membrana (oppure con un recettore nucleare che si posiziona a livello membranario), in particolare il recettore estrogenico GPR30, localizzato a livello delle caveole sia sulla membrana interna che plasmatica legandosi alle proteine caveoline, interagisce con i progestinici ed il progesterone determinando una segnalazione rapida non genomica. Il recettore estrogenico presenta una grande rilevanza per quanto riguarda il cancro alla mammella in quanto è stato dimostrato che le vie di segnalazione rapide innescate dagli ormoni steroidei portano ad un aumento della proliferazione e della sopravvivenza cellulare e all’inibizione dell’apoptosi. [I progestinici ed il progesterone sono detti neuro-steroidi in quanto sono in grado di indurre in sonno ed un effetto anestetico con un effetto farmacologico simile ai barbiturici in quanto sono in grado di interagire con il recettore GABAergico inducendo una modificazione del comportamento dello stress, del sonno e della memoria] [Solitamente gli effetti rapidi di risposta agli ormoni steroidei avvengono nell’ordine dei minuti in cellule prive di funzione nucleare e vengono attivati da analoghi degli ormoni steroidei impermeabili alla membrana] • Recettori canale che, in seguito all’arrivo dell’ormone, si aprono e determinano l’ingresso dello ione; essi vengono classificati in base allo ione permeante in: o Canali del calcio. Il calcio viene rilasciato dai depositi intracellulari in seguito alòl’interazione con l’IP3 e va ad agire su altri canali del Ca2+ in modo da aumentare l’ingresso dello ione all’interno della cellula in modo da permettere l’attivazione di numerosi enzimi (quali la fosfolipasi, l’adenilato ciclasi, la guanilato ciclasi e la Ca2+-ATPasi) o lo svolgimento di numerose attività fisiologiche (quali la contrazione muscolare e cardiaca, la divisione cellulare, il flusso neuronale e l’apoptosi). o Canali del sodio attivati da ligando (principalmente aceticolina, ACh). o Canali al sodio voltaggio-dipendenti (presenti a livello della giunzione neuromuscolare); essi presentano una struttura complessa con un poro centrale che si apre in seguito al superamento di una soglia di voltaggio specifica (i recettori HVA presentano un voltaggio di attivazione elevato, mentre gli LVA un voltaggio di attivazione basso) per permettere l’entrata nella cellula del Na+. N.B. Esistono dei recettori canale al calcio dipendenti dall’attività di altri recettori (ROC, Receptor Operated Channel), dall’interazione con secondi messaggeri (SMOC, Second Messanger Operated Channel) e dai depositi di calcio (SOC, Store Operated Channel). N.B. La regolazione della concentrazione di Ca2+ è mediata dal paratormone (PTH) secreto dalle ghiandole paratiroidi e presenta un range di normalità molto ristretto. A livello cellulare sono presenti altre tipologie di recettori che non determinano una risposta fisiologica a livello cellulare ma permettono l’esecuzione di alcune funzioni, ad esempio sono presenti dei recettori che mediano l’internalizzazione delle sostanze (ad esempio il recettore delle LDL che permette l’endocitosi di apolipoproteine ematiche ricche di colesterolo) oppure le integrine che sono dei recettori membranari che mediano l’adesione delle cellule ai substrati, ai tessuti extracellulari e alla matrice extracellulare. [Alcune tipologie di recettori per l’internalizzazione vengono sfruttati dai virus per l’infezione delle cellule] In particolare, le integrine sono costituite da un dominio extracellulare esteso, da un dominio transmembrana breve e da un dominio intracellulare ancora più ristretto che prende contatto con numerose proteine del citoscheletro (solitamente presentano una subunità α e una subunità β, ma ne sono state scoperte molte diverse); fisiologicamente mediano un signalling di adesione con la matrice extracellulare e con le altre cellule, ma sono coinvolte anche nella migrazione delle cellule e nei processi metastatici delle cellule cancerose e nel legame con i recettori ed i fattori di crescita. Il legame delle integrine alla matrice extracellulare avviene attraverso un piccolo dominio amminoacidico formato da glicina, arginina e asparagina detto “dominio RGD” [il “dominio RGD” viene utilizzato in ricerca per valutare la valutare la funzionalità delle integrine in quanto, se somministrato nel terreno di coltura, determina l’inibizione dell’adesione cellulare] I recettori possono essere studiati attraverso la metodica del binding recettoriale che dà informazioni riguardo l’affinità e la concentrazione dei recettori in un determinato tipo cellulare: all’interno della coltura cellulare viene introdotto l’ormone di interesse coniugato ad una molecola fluorescente o ad un isotopo radioattivo in modo da permettere il legame dell’ormone ai recettori e, in seguito, avviene la somministrazione di una sostanza che induca il distacco del ligando in modo da permettere di disegnare una curva di dissociazione (solitamente ha una forma sigmoidale); in seguito con altre metodiche è possibile valutare la produzione di secondi messaggeri, l’attivazione degli enzimi della via segnalatoria e l’interazione del recettori con altre molecole. Un’ altra metodica per lo studio della funzione recettoriale è l’utilizzo di reporter animals o animali ingegnerizzati in cui viene somministrato un transgene codificante per il recettore associato alla luciferasi in modo da poter individuare, una volta che l’animale è anestetizzato ed al buio, gli organi in cui il recettore è attivo e le modalità in cui viene attivata la via di segnalazione (grazie a questa metodica viene mantenuta l’espressione ubiquitaria del transgene con la possibilità di utilizzare lo stesso animale per più esperimenti per valutare numerosi eventi molecolari diversi e lo sviluppo di farmaci e di ricavare cellule da studiare in vitro già provviste del reporter). N.B. Ogni cellula è in grado di adattarsi alla stimolazione ormonale mediante la riduzione del numero dei recettori (modalità lenta) oppure mediante delle modifiche conformazionali delle molecole in seguito all’attivazione del recettore (modalità veloce). L’inattivazione dei recettori può avvenire mediante: ✓ Cooperatività negativa quando si determina una continua stimolazione di un ormone ed il recettore modifica la sua conformazione in modo da diminuire l’affinità per il ligando e non permettere l’attivazione del recettore stesso (questo meccanismo di inattivazione è studiato in vitro, ma non è ancora chiaro se abbia un ruolo anche in vivo). ✓ Fosforilazione promossa da una chinasi (ad esempio la chinasi può essere resa inattiva per defosforilazione da parte di una fosfatasi in modo che non sia capace di ativare il recettore). ✓ Internalizzazione del recettore di superficie (in particolare dei fattori di crescita) con un meccanismo dinamico e multifunzionale che prevede l’internalizzazione mediante vescicole di endocitosi del recettore che può essere inviato ai lisosomi per essere degradato oppure può essere riciclato in membrana. IPOFISI L’ipofisi è una ghiandola endocrina suddivisa in una porzione anteriore detta adenoipofisi deputata alla produzione ed al rilascio di numerosi ormoni ed una porzione posteriore detta neuroipofisi che ha funzione di serbatoio degli ormoni prodotti a livello dell’ipotalamo (si trova superiormente all’ipofisi); essa si sviluppa a partire da una cellula staminale precursore che durante lo sviluppo embrionale si differenzia sotto l’azione di specifici fattori per dare origine ai diversi tessuti ghiandolari per la produzione degli ormoni tipici. [Il sistema endocrino si basa sulla secrezione di molecole, gli ormoni appunto, che vengono rilasciati nel circolo ematico per giungere agli organi bersaglio provvisti dei recettori specifici che possono essere localizzati in membrana, nel citoplasma oppure nel nucleo, mentre il sistema nervoso si basa sulla secrezione di neurotrasmettitori che giungono sulle cellule post-sinaptiche per svolgere la loro funzione] ADENOIPOFISI L’ipofisi viene definita la “regina delle ghiandole” in quanto la sua azione influenza molte ghiandole periferiche (infatti, in caso di malfunzionamento ipofisario molte ghiandole non sono più in grado di secernere ormoni, ad esempio la secrezione della tiroide è stimolata dall’azione dell’ormone tireotropo TSH, quella dei testicoli e delle ovaie dagli ormoni luteinizzante LH e follicolo-stimolante FSH, quella della ghiandola mammaria dalla prolattina PRL e quella del surrene dall’ormone adrenocorticotropo ACTH); la funzione secretoria dell’ipofisi viene regolata da particolari peptidi prodotti dall’ipotalamo e denominati Realising Factors N.B. La secrezione della prolattina è prevalentemente soggetta a inibizione in quanto è necessaria solo durante la gravidanza e l’allattamento (i deficit di prolattina non hanno grande rilevanza clinica). Gli ormoni secreti dall’adenoipofisi sono: ✓ GH (ormone della crescita) → è un ormone diretto a numerosi organi ed apparati bersaglio, ma non presenta una ghiandola endocrina periferica; esso può legarsi direttamente a specifici recettori oppure la sua azione può essere mediata da altri fattori con l’IGF1 (=insuline-like growth factor 1, prodotto principalmente dal fegato). Il GH ha principalmente azioni metaboliche in quanto permette un aumento della glicemia e della lipolisi (la sua eccessiva produzione è un fattore di rischio per l’insorgenza del diabete), mentre l’IGF1 agisce, ad esempio, a livello delle cartilagini di accrescimento dell’osso (infatti, una carenza di quest’ormone può avere conseguenze gravi in età pre-puberale in quanto da bambini si cresce di circa 3-4 cm l’anno, mentre durante la pubertà si può crescere di circa 20 cm in due anni grazie ad un picco ormonale), oppure agisce aumentando la massa e la forza muscolare (è utilizzato anche come doping) ed è in grado di aumentare la proliferazione cellulare (infatti, uno spropositato aumento di GH può portare a patologie neoplastiche). ✓ TSH (ormone tireo-stimolante) → è un ormone che stimola la tiroide alla produzione degli ormoni tiroidei T3 e T4, i quali permettono la crescita e la maturazione tissutale, la regolazione del consumo di O2 e del ricambio dei substrati essenziali. [Circa la metà dei tumori ipofisari è rappresentata dai prolattomi, seguiti dai tumori che non producono ormoni e poi dai tumori GH-secernenti; le altre tipologie di tumore sono rarissime (es. tumori TSH-secernenti)] La iperprolattinemia provoca la manifestazione dell’ipogonadismo e di deficit della crescita e dello sviluppo in quanto la prolattina ha un effetti inibente sulle gonadotropine e sull’ormone della crescita (ad esempio, una donna con iperprolattinemia può essere ipogonadica con amenorrea o oligomenorrea), inoltre può causare galattorrea al di fuori della gravidanza (anche in individui di sesso maschile anche se è rarissima e associata ad una sintomatologia più sfumata caratterizzata da mancanza di desiderio sessuale e problemi di erezione). [Un caso tipico di iperprolattinemia è, ad esempio, una giovane donna di 26 anni con un tumore prolattino-secernente in terapia ma con cicli mestruali regolari (una condizione non possibile con un tumore del genere); gli esami preliminari mostrano un dosaggio di prolattina leggermente aumentato e tramite un risonanza magnetica è possibile visualizzare un’area millimetrica di ridotta impregnazione compatibile con un adenoma ipofisario. La terapia con farmaci dopamino-agonisti è servita a diminuire le dimensioni dell’adenoma, ma il dosaggio di prolattina rimane alta a causa d una macroprolattinemia, cioè per la presenza di macromolecole di prolattina agglomerate senza funzione biologica in quantità superiore alla norma] I tumori ipofisari GH-secernenti determinano la comparsa di acromegalia, una patologia in cui si determina un aumento del volume del tessuto attorno alle ossa e agli organi a discapito di una crescita in lunghezza, della tiroide, del fegato e dei visceri. La principale causa eziologica della comparsa di un tumore GH-secernente è l’ipersecrezione dell’ormone della crescita che comporta una serie di conseguenze metaboliche e sull’accrescimento degli organi, inoltre la presenza del tumore che cresce a livello ipofisario determina il danneggiamento per compressione delle cellule ipofisarie sane con conseguente deficit di ormoni. Gli aspetti clinici della malattia risultano essere la facies con un aspetto caratteristico per il naso di dimensioni aumentate, la mascella sporgente, la lingua ingrossata ed i lineamenti grossolani, le mani ingrossate, cardiopatie e sindrome dell’apnea nel sonno. Circa un terzo dei tumori GH-secernenti è dovuto ad una mutazione genica nel recettore del GHRH (=ormone di rilascio della somatostatina), il quale è un recettore associato a proteina Gαs trimerica che risulterà costitutivamente attivato anche in assenza di ligando. L’acromegalia è spesso una condizione che può risolversi da sola anche se non vi è mai un ritorno totale alle condizioni iniziali in quanto si verifica la necrosi spontanea dell’adenoma (viene rimosso attraverso delle tecniche trans-sfenoidali passando dalla cavità nasale oppure per via trans-cranica a seconda delle dimensioni del tumore; è possibile utilizzare anche la radioterapia) oppure è possibile effettuare una terapia farmacologica a base di dopamino-agonisti, di analoghi della somatostatina e di antagonisti del recettore del GH (l’ultimo trattamento è particolarmente indicato per i pazienti resistenti agli altri farmaci). N.B. Generalmente, i tumori ipofisari sono di natura monoclonale, cioè hanno origine da una singola cellula con alterazione neoplastica. NEUROIPOFISI La neuroipofisi ha funzione di serbatoio degli ormoni prodotti a livello ipotalamico, in particolare secerne: ✓ OSSITOCINA → Non sono presenti malattie caratterizzate da un aumento o da un deficit di ossitocina in quanto esso serve principalmente per indurre la contrazione della muscolatura liscia dell’utero al momento del parto. ✓ VASOPRESSINA O ADH (=ormone antidiuretico) → quest’ormone regola la ripartizione degli anioni e dei cationi nel comparto intracellulare in modo da permettere una regolazione dei livelli di acqua (all’interno della cellula lo ione più rappresentato è il K+, mentre all’esterno è il Na+); in particolare l’osmolarità, cioè la concentrazione delle particelle, viene mantenuta costante nei compartimenti intracellulare ed extracelllulare grazie al movimento dell’acqua. La vasopressina permette la costrizione della muscolatura liscia dei vasi interagendo con il recettore VR1 (risulta essere molto importante in caso di un trauma o di una grossa emorragia in quanto permette una riduzione della quantità di sangue uscente) e il trattenimento dei liquidi interagendo con il recettore VR2, localizzato principalmente a livello delle cellule della porzione terminale del tubulo renale nei dotti collettori. Fisiologicamente, i reni filtrano e depurano circa 180 litri di sangue al giorno ma il volume dell’urina escreta giornalmente è circa 1-2 litri, quindi è chiaro che a livello del sistema renale sono presenti dei meccanismi di riassorbimento dei liquidi: il sangue, mediante un’arteriola afferente, giunge al glomerulo circondato dalla capsula di Bowman (nel loro complesso formano il nefrone) che ne permette la filtrazione in modo che possa passare nel tubulo prossimale, nell’ansa di Henle, nel tubulo distale ed infine nel tubulo collettore dove avviene il riassorbimento dell’acqua e degli ioni, N.B. In particolare l’assorbimento dell’acqua avviene principalmente a livello dei dotti collettori grazie all’azione dell’ADH (si stima che permetta il meccanismo di circa 15-20 litri al giorno, quindi un deficit di ADH provoca una diuresi molto incrementata). Le cellule dei dotti collettori presentano dei recettori di membrana accoppiati a proteine G trimeriche detti VR2 che interagiscono con la vasopressina in modo tale da attivare la cascata del cAMP e la conseguente attivazione della PKA (=proteina chinasi-cAMP dipendente) che fosforila ed attiva una proteina canale specifica per l’H2O detta acquaporina 2 (AQP-2) che migra dall’interno della cellula al versante opposto, cioè sulla porzione luminale, per favorire il riassorbimento dell’acqua, la quale viene accumulata all’interno della cellula e mediante altre acquaporine presenti su versante dell’interstizio renale viene riversata in circolo. L’ormone antidiuretico viene prodotto in quantità ridotte e circola a concentrazioni molto basse quando l’organismo è idratato in maniera appropriata, mentre in condizioni di disidratazione per evitare una massiva perdita di liquidi è necessario aumentare l’osmolarità plasmatica ed aumentare l’attività di questo ormone. La produzione di vasopressina viene quindi stimolata da:  Diminuzione dell’osmolarità plasmatica che viene registrata con specifici recettori detti osmocettori in grado di attivare un sistema molto sensibile (in quanto anche l’aumento del 2% dell’osmolarità plasmatica è sufficiente per indurre un aumento della produzione di vasopressina) ma a potenza ridotta (in quanto inducono la produzione di una minima quantità di vasopressina).  Diminuzione della pressione sanguigna registrata dai barocettori del seno carotideo o dell’arco aortico oppure da una diminuzione della volemia registrata dai volocettori, i quali sono in grado di attivare un sistema poco sensibile (in quanto i recettori vengono attivati in maniera determinante in gravi condizioni di disidratazione come una diminuzione del 10% della pressione arteriosa) ma ad elevata potenza (in quanto inducono la produzione di ingenti quantità di vasopressina); questo sistema “salva-vita” si attiva in caso di traumi, emorragie gravi ed ustioni estese per evitare la perdita di liquidi ed indurre la contrazione della muscolatura vasale. Quando ci troviamo di fronte ad un nodulo visualizzabile mediante l’ecografia, la scintigrafia può valutare se il nodulo è iperfunzionante (cioè produce ormoni tiroidei) oppure freddo (cioè non produce ormoni tiroidei). Gli ormoni tiroidei, sotto stimolo dell’ormone ipotalamico TRH, vengono sintetizzati da cellule specializzate follicolari dette tireociti che si dispongono a sfera con al centro una sostanza colloide, infatti gli ormoni tiroidei vengono secreti e riversati nelle lacune di sostanza colloide con la funzione di depositi (quanto più la tiroide è attiva, tanto meno pieni saranno le lacune), poi gli ormoni procedono in senso inverso, cioè attraversano i tireociti per essere immessi in circolo. All’interno della tiroide sono presenti delle cellule parafollicolari che producono la calcitonina, un ormone che viene valutato in clinica solo in caso di un raro tumore abbastanza aggressivo detto carcinoma midollare della tiroide in cui si ha la presenza di un nodulo che overproduce calcitonina, che viene immessa in circolo. La sintesi degli ormoni tiroidei parte dallo iodio (infatti, il fabbisogno di iodio nell’adulto è di 150g/die), ma l’organismo umano è tendenzialmente carente di iodio infatti, molto spesso il sale da cucina è addizionato a iodio per prevenire il rischio di gozzo tiroideo soprattutto in età giovanile, mentre nell’adulto e nell’anziano la presenza di elevate concentrazioni di iodio associata a noduli tiroidei può diventare pericolosa in quanto induce un ipertiroidismo ed aritmie con conseguente aumentato rischio di malattie cardiopatiche. Il tireocita accumula il 95% dello iodio tramite un meccanismo di trasporto attivo contro gradiente di concentrazione mediato dal cotrasportatore Na+/I- detto NIS (infatti è molto più concentrato nel citoplasma che nell’ambiente extracellulare); lo iodio viene trasportato verso la zona luminale vicino alla sostanza colloide grazie alla proteina trasportatrice pendrina, dove viene ossidato a iodio libero I2 mediante la perdita di due elettroni grazie all’azione dell’enzima tireoperossidasi (TPO) e poi viene riversato nell’interfaccia tra la cellula tiroidea e la sostanza colloide. In seguito, lo iodio viene coniugato su residui di tirosina alla tireoglobulina (che costituisce lo scheletro iniziale che darà origine agli ormoni tiroidei), la quale viene ricaptata all’interno dei tireociti mediante degli endosomi che si uniscono a dei lisosomi per indurre la liberazione in circolo degli ormoni tiroidei che presentano un meccanismo di inibizione a feedback sulla produzione ipotalamica di TRH e sulla produzione ipofisaria di TSH e che sono: • T4 o tetraiodotironina o tiroxina, formata da due residui tirosinici coniugati a quattro atomi di iodio; essa presenta una bassa attività biologica ma un’emivita di 7 giorni quindi viene utilizzato come depositi in quanto da essa deriva l’80% del T3 (viene utilizzata infatti nella terapia dell’ipotiroidismo). • T3 o triiodotironina, formata da due residui tirosinici coniugati a tre atomi di iodio; essa presenta un’elevata attività biologica e quindi è considerata l’ormone attivo e presenta un’emivita di al massimo un giorno. Entrambi gli ormoni presentano dei recettori nucleari e determinano un aumento del metabolismo basale, cioè un aumento della produzione di calore e del consumo di ossigeno mediante la stimolazione della sintesi proteica, della lipolisi, della gluconeogenesi e della glicogenolisi. N.B. Durante la sintesi degli ormoni tiroidei è possibile formare anche diiodotironina (T2 formata da due residui tirosinici coniugati a due atomi di iodio) e iodotironina (T1, formata da due residui tirosinici coniugati ad un atomo di iodio, ma esse non hanno attività biologica. [La pendrina deve il suo nome allo scopritore Pendred che ha studiato una sindrome di ipotiroidismo associato alla carenza di tale proteina] [Il ciclo dello iodio prevede che esso venga recuperato dal mare mediante il processo dell’evaporazione per entrare nell’atmosfera e da qui ricadere sottoforma di pioggia nel suolo e nell’acqua dove viene incorporato negli alimenti che noi ingeriamo] PATOLOGIE LEGATE ALLA TIROIDE L’ipotiroidismo è una malattia dovuta alla carenza degli ormoni tiroidei caratterizzata da una diminuzione del metabolismo basale e del dispendio energetico, ma solitamente si presenta in forma moderata quindi i pazienti ipotiroidei non sviluppano alcuna forma di obesità grave; i pazienti possono presentare sensazioni di freddo dovute alla diminuzione della produzione di calore e rallentamento della capacità cognitive di eloquio (cioè tendono a parlare a rallentatore), che possono sfociare in un coma profondo. L’ipotiroidismo grave più comune è di natura autoimmune e viene definito Tiroidismo di Hashimoto caratterizzato dalla presenza di anticorpi diretti contro la tireoglobulina o l’enzima tireoperossidasi, da bassi livelli di T3 e T4 liberi e da alti livelli di TSH. Solitamente, viene diagnosticato un ipotiroidismo subclinico asintomatico in cui i livelli di T3 e T4 liberi sono nella norma ed il TSH risulta aumentato (in particolare, se effettuassimo dei prelievi di sangue e dei dosaggi nell’arco di una giornata i valori di T3 e T4 liberi sarebbero leggermente ridotti rispetto ad una popolazione di riferimento, ma la loro media integrata risulta nei valori di normalità in quanto L’aumento del TSH tende a far tornare nei valori normali i livelli dei due ormoni). L’ipotiroidismo centrale o secondario è caratterizzato da livelli di TSH normali o tendenzialmente ridotto e T3 e T4 liberi ridotti in quanto è dovuta alla carenza dello stimolo di produzione dei due ormoni e quindi ad un problema ipofisario o ipotalamico. L’ipertiroidismo è una malattia dovuta all’aumento della concentrazione degli ormoni tiroidei caratterizzata dall’aumento del metabolismo basale e del dispendio energetico, quindi i pazienti tendono a perdere peso pur non sottostando ad una dieta ipocalorica, possono sviluppare una forma di tachicardia dovuta all’effetto cronotropo positivo degli ormoni tiroidei sul cuore, un aumento della motilità intestinale ed un’intolleranza al caldo a causa dell’accelerazione della produzione di calore. La tipologia più comune di ipertiroidismo è di natura autoimmune e viene detto Malattia di Basedow o Morbo di Graves in cui si assiste all’iperproduzione di anticorpi stimolanti il recettore del TSH inducendo una stimolazione eccessiva della produzione degli ormoni quindi il T3 e T4 liberi risulteranno aumentati ed il TSH diminuito; questa patologia viene definita anche “malattia dagli occhi di fuori” in quanto gli anticorpi prodotti stimolano anche la produzione dei tessuti molli a livello retro-orbitario che comprimono in avanti i bulbi oculari provocando esoftalmo e cecità. [La malattia di Basedow o Morbo di Graves è forse l’unica malattia autoimmune che determina un aumento della funzione dell’organo colpito, in quanto solitamente le patologie autoimmuni determinano una degenerazione dell’organo a causa della produzione di auto-anticorpi diretti contro l’organo stesso] L’ipertiroidismo centrale è invece una patologia molto rara in cui il TSH, il T3 e il T4 liberi risultano aumentati a causa di un tumore ipofisario TSH-secernente. Un’altra causa di ipertiroidismo può essere la malattia nodulare tiroidea o adenoma tossico, cioè la presenza di noduli alla tiroide che producono un’eccessiva quantità di ormoni tiroidei e che possono essere individuati mediante un’ecografia del collo o un esame doppler dei vasi del collo (con le tecniche odierne è possibile visualizzare noduli fino a 3-4 mm di diametro). Mediante una scintigrafia è possibile iniettare un mezzo di contrasto che viene captato dai noduli per classificarli in caldi (iperfunzionanti) oppure freddi (ipofunzionanti) [La maggioranza dei noduli caldi sono benigni, mentre i noduli freddi sono tipicamente associati a carcinomi anche se la maggioranza di essi sono poco maligni ed aggressivi e possono essere curati anche in presenza di metastasi] Ad esempio, il carcinoma anaplastico della tiroide è un tumore maligno indifferenziato in cui le cellule presentano una morfologia completamente diversa rispetto ai tireociti ed una velocità di proliferazione altissima (al punto che gli interventi chirurgici vengono effettuati non tanto a scopo curativo, quanto a scopo decompressivo per evitare la morte del paziente per soffocamento) e caratterizzato da noduli solidi in cui le lacune colloidali sono aumentate di volume e presentano delle cisti, le quali possono essere aspirate. Se i noduli sono piccoli e presentano un diametro di 0,5-1 cm vengono osservati nel tempo per valutarne la crescita, mentre se i noduli presentano un diametro di 1,5-2 cm è necessario effettuare un agoaspirato, una tecnica medica in cui si utilizza un ago molto sottile per recuperare il materiale sanguinolento nodulare per effettuare un esame anatomopatologico (spesso non è facile valutare efficacemente la natura benigna o maligna dl nodulo mediante l’esame citologico). Nel trattamento dei tumori tiroidei si utilizza la terapia chirurgica associata a terapia radio-metabolica in cui viene iniettato o fatto assumere per via orale iodio radioattivo che verrà captato e assimilato dalla tiroide assicurando un’azione necrotizzante nei confronti delle cellule cancerose e delle metastasi linfonodali N.B. Non è possibile vivere senza la tiroide, in quanto essa mantiene e regola il metabolismo basale. N.B. La tireotossicosi è una patologia legata all’eccesso di ormoni tiroidei che può non essere associata a ipertiroidismo, in quanto può essere dovuta ad un’aumentata liberazione di ormoni o dall’assunzione esterna di essi. N.B. La diagnosi di questa tipologia di diabete è totalmente occasionale in seguito ad un’analisi del sangue routinaria oppure quando nell’individuo si presentano infezioni urinarie frequenti (soprattutto nelle donne in cui l’uretra è molto corta) o poliuria (=minzione più frequente) dovuta ad un aumento dell’escrezione di glucosio nelle urine per cercare di tamponare la glicemia che può arrivare a livelli di 180 mg/dl. [Per diminuire l’incidenza di diabete di tipo 2 è necessario effettuare giornalmente, associato ad una corretta dieta, degli esercizi canesterici cioè degli esercizi di distensione muscolare utilizzando il proprio peso da poter essere eseguiti in qualsiasi luogo] ✓ Diabete gestazionale → tipico della gravidanza e termina con essa. ✓ LADA (=Latent Autoimmune Diabets of the Adult) → Diabete di tipo 1 autoimmune (in particolare si evidenzia la presenza di anti-GAD) che compare nell’età adulta intorno ai 50-55 anni. ✓ MODY → Diabete di tipo 2 con assenza di anticorpi che compare nell’età giovanile intorno ai 12-14 anni soprattutto nel sesso femminile, è spesso associato a sovrappeso o a obesità. N.B. La prevalenza (=numero di casi di malati totali) del diabete di tipo 2 è di circa il 6- 10% con età inferiore ai 60 anni (il rischio aumenta con l’età fino ad un 10-20% negli ultrasessantenni), mentre quella del diabete di tipo 1 è di 0,07%. [I Paesi dell’Est Europa o ex-poveri hanno subito una forte crescita economica con una riduzione della scarsità di cibo e quindi si sono adattati ad una nuova alimentazione ricca ma sbagliata, mentre nei Paesi ancora poveri vi è una forte malnutrizione e la tendenza alla consumazione di junk-food] EZIOPATOGENESI DEL DIABETE DI TIPO 2 La causa principale del diabete di tipo 2 è l’obesità androide associata ad un aumento del grasso viscerale (addome globoso) che si accumula vicino alla vena cava e rilascia acidi grassi, quindi un aumento delle cellule adipocitarie a livello ventrale determina una maggiore liberazione di acidi grassi che, mediante il sistema portale, arrivano direttamente al fegato, dove essi vengono impiegati come substrato energetico trasformandoli, attraverso la gluconeogenesi, in glucosio e liberandolo in maniera non controllata nel sangue. Inoltre, gli acidi grassi arrivano anche al tessuto muscolare in quantità superiori al normale e quindi non viene più utilizzato il substrato principe che è il glucosio a favore della β-ossidazione (“furto del substrato”) quindi il glucosio rimane ad elevate concentrazioni a livello ematico ed induce un aumento della secrezione dell’insulina a livello delle β-cellule pancreatiche per cercare di mantenere la glicemia ad un livello normale (per cui i soggetti sono insulino-resistenti, cioè producono fino a tre volte la quantità fisiologica di insulina per mantenere il livello normoglicemico). [Secondo degli studi di concordanza effettuati su gemelli omozigoti si registra una concordanza del 60% in pazienti con età superiore ai 65 anni che indica che vi è un’importante rilevanza di geni di suscettibilità che da soli non sono sufficienti per l’instaurazione del quadro clinico della malattia diabetica] N.B. Non sappiamo ancora oggi se l’obesità sia un fattore predisponente all’insulino- resistenza o viceversa, però i modelli di vita europei tendono a preferire l’ipotesi che l’obesità determini la comparsa dell’insulino-resistenza in quanto il rischio di sviluppo di diabete è superiore nei soggetti che presentano un più elevato indice di massa corporea (BMI) e una maggiore circonferenza addominale (WHR). I picchi glicemici e lipidici post-prandiali sono legati ad un’inappropriata produzione di insulina e di enzimi pancreatici per la digestione e presentano un’azione diretta sulle funzioni β-cellulari, in particolare il tasso di cellule β-pancreatiche in apoptosi è esponenzialmente correlato alla concentrazione di VLDL e di LDL (quindi in caso di diagnosi precoce è possibile revertire la malattia attraverso una diminuzione del peso corporeo). La sintomatologia tipica del diabete di tipo 2 prevede le infezioni genitali, stanchezza o astenia, disturbi visivi, la triade PPP che comprende poliuria (=aumento della frequenza della minzione), polidipsia (=aumento dello stimolo della sete) e polifagia (=tendenza a mangiare di più e con maggiore frequenza a causa della perdita di elevate quantità di zucchero nelle urine) e dimagrimento (in quanto l’insulina è un ormone anabolizzante). COMPLICANZE DEL DIABETE Il diabete può portare a complicazioni quali:  Oculopatia → in particolare a livello della retina in cui si verificano dei danni a livello dell’arteria retinica che possono portare alla perdita della vista e alla cecità.  Nefropatia → è associata ad una microangiopatia che causa un’infiammazione dei capillari glomerulari determinando una riduzione della filtrazione renale che può sfociare in insufficienza renale; inoltre rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.  Macroangiopatia → i pazienti diabetici presentano un rischio quattro volte superiore di sviluppare eventi cardiaci di natura ischemica, vasculopatie periferiche ed eventi cerebrovascolari acuti in quanto sono frequenti le stenosi dei vasi sanguigni a causa dell’accumulo di grassi a livello della tonaca vascolare che facilitano la formazione di placche ateromasiche.  Neuropatia → si manifesta principalmente nei soggetti di sesso maschile come impotenza, diarrea, stipsi, perdita del controllo sugli sfinteri, ipotensione ortostatica, parestesie, ridotta sensibilità e piede diabetico. Il piede diabetico è dovuta alla combinazione della neuropatia periferica e della macroangiopatia che provocano ulcerazioni a livello del piede per una ridotta o assente sensibilità che porta all’acquisizione di una postura scorretta o all’assenza di percezione del calore. RECETTORE INSULINICO Le principali caratteristiche dei recettori sono la selettività (cioè la capacità di effettuare legami specifici con i substrati), l’affinità (è indice della velocità con cui una molecola o un ormone si lega ad un determinato recettore) e la reversibilità (indica la tendenza del ligando a distaccarsi dal recettore una volta portata a termine la segnalazione per evitare una risposta anomala). Utilizzando un Western Ligand Blot è stato possibile verificare se tale proteina fosse espressa nell’endotelio retinico bovino, in particolare,la tecnica prevede che la coltura cellulare venga mantenuta per 24 ore in un terreno serum-free (per evitare di aggiungere proteine al medium non presenti all’interno delle cellule stesse), in seguito viene effettuata una corsa elettroforetica su gel di acrilammide con il medium di coltura in modo che le proteine migrino in base alla loro dimensione, poi in seguito viene effettuato un trasferimento su un foglio di nitrocellulosa ed infine viene aggiunto IGF-1 marcato con iodio 125 in modo che possa legarsi alle proteine IGFBPs e che possa essere visualizzato mediante esposizione ad una lastra fotografica. N.B. A conclusione dei vari esperimenti, è possibile dire che l’insulina e l’IGF-1 sono determinanti nella regolazione del metabolismo adipocitario e muscolo-scheletrico e nella crescita endoteliale anche se con potenza diversa (in quanto l’insulina è principalmente attiva sull’adipocita e sulla cellula muscolare scheletrica, mentre l’IGF-1 sull’endotelio). [A livello cellulare sono presenti anche delle proteine capaci di legare l’insulina che vengono dette Insuline-like Growth Factor Binding Proteine-related Proteins, IGFBP-rP] FISIOPATOLOGIA DELLA GONADE MASCHILE La regolazione ormonale della gonade maschile parte dall’ipotalamo in cui abbiamo le cellule GnRH-secernenti che producono GnRH (=Gonadotropin Realising Hormone) che arriva all’ipofisi anteriore dove sono presenti delle cellule che producono l’ormone LH e FSH. Il testicolo presenta una funzione endocrina ed una funzione riproduttiva. Per quanto riguarda la funzione endocrina, esso produce l’ormone testosterone grazie alle cellule di Leydig che sono poste nell’interstizio; su questa tipologia di cellule arriva la segnalazione dell’LH in quanto sono provviste dell’apposito recettore in modo da indurre la produzione di testosterone, il quale agisce sull’ipofisi e sull’ipotalamo regolando la produzione di LH, FSH e GnRH con un meccanismo di feedback (è il regolatore periferico del sistema centrale). La produzione di testosterone è alta nel feto in quanto serve per una prima spinta di differenziazione del sesso maschile in particolare per la formazione del pene, la discesa dei testicoli dall’addome nella sacca scrotale attraverso il canale inguinale, poi si ha un picco in età neonatale in un periodo detto “mini- pubertà” dalla funzione sconosciuta per adesso (è visibile una aumento delle dimensioni del pene in quanto in questo organo sono presenti i recettori del diidrotestosterone o DHT che si forma dal testosterone per azione dell’enzima 5-α-reduttasi). In seguito la produzione di testosterone è nulla fino alla pubertà quando si ha lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e rimane alta sostanzialmente per tutta la vita (si possono registrare delle diminuzioni dei livelli ma non si arriva mai al completo annullamento in condizioni fisiologiche, ma esiste un ipogonadismo late-onset che colpisce una minoranza dei maschi con sovrabbondanza di tessuto adiposo in quanto esso è ricco di aromatasi che permettono la conversione del testosterone in estradiolo). Il testosterone permette la differenziazione sessuale, la libido, la crescita del pene e della prostata, la spermatogenesi, la crescita muscolare in quanto ne aumenta la massa (è un forte ormone steroide anabolizzante), la proliferazione dei globuli rossi attraverso la stimolazione renale dell’eritropoietina, la formazione del tessuto osseo in quanto stimola la mineralizzazione ossea (infatti la carenza di testosterone che aromatizza in estradiolo provoca l’osteoporosi) ed il cambio della voce. N.B. Il testicolo è formato al 90% da tubuli seminiferi in cui sono presenti alle pareti gli spermatogoni e nel lume gli spermatozoi e dal 10 % di spazio fra i tubuli che viene detto interstiziale e contiene le cellule di Leydig. N.B. La leggendaria andropausa non esiste e la carenza di testosterone può essere revertita con l’attività fisica. [un altro organo sensibile al diidrotestosterone è la prostata infatti l’iperplasia prostatica benigna può essere curata mediante un inibitore della 5-α-reduttasi] [se in un paziente misuriamo il testosterone che risulta essere basso, mentre l’LH è alto si diagnostica un problema primitivo testicolare, mentre se il testosterone e l’LH sono entrambi bassi si diagnostica un problema ipofisario] N.B. La scoperta del ruolo attivo diidrotestosterone associato al testosterone è avvenuta in un modello di deficit di 5-α-reduttasi in cui si determina la mancata formazione del pene a livello fetale quindi si ha la nascita di un bambino con un corredo cromosomico maschile ma corpo femminile e durante la pubertà l’ondata ormonale di testosterone determina la formazione di un micropene e lo sviluppo degli organi testosterone- dipendenti (è una malattia genetica recessiva). Il testicolo presenta anche una funzione riproduttiva in quanto il GnRH determina la formazione ipofisaria di FSH che agisce sulle cellule del Sertoli che sono poste nei tubuli seminiferi per sostenere la spermatogenesi sia dal punto di vista fisico che dell’alimentazione cellulare. Le cellule del Sertoli sono in grado di secernere l’ormone inibina b in presenza di cellule germinali in modo da permettere un’inibizione a livello centrale e presentano delle estroflessioni su cui possono appoggiarsi gli spermatogoni, gli spermatociti primari, gli spermatociti secondari, gli spermatidi e gli spermatozoi che sono rivolti verso il lume tubulare (ogni cellula di Sertoli nell’organismo umano riesce a nutrire 4000 spermatozoi). Gli spermatozoi vengono riversati nel lume tubulare e, attraverso la rete testis (formata da circa 600 tubuli per testicolo per una lunghezza totale di 360 m), sfociano nell’epididimo in cui avviene l’acquisizione della motilità. Nel momento precedente all’eiaculazione, gli spermatozoi vengono convogliati in un tubo detto vaso deferente che passa internamente all’addome raccogliendo le secrezioni delle vescichette seminali e della prostata per sfociare nell’uretra ed essere espulsi attraverso il pene. N.B. Quanto maggiore è il volume testicolare, tanto maggiore è il numero dei tubuli seminiferi e quindi maggiore sarà il numero di spermatozoi prodotti (in un eiaculato normale sono presenti circa 15 milioni di spermatozoi per ml per totale di circa 39 milioni di spermatozoi per eiaculato). Il processo della spermatogenesi dura circa 2 mesi e mezzo e presenta un’oscillazione fisiologica della produzione degli spermatozoi (l’assunzione di antibiotici o la febbre alta determinano una diminuzione del tasso di spermatogenesi. L’infertilità è un problema presente circa nel 15% delle coppie e questo valore è in aumento in quanto si cerca di avere dei figli intorno ai 35 anni, in particolare l’infertilità maschile è dovuta nel 95% dei casi ad anomalie nei parametri seminali per numero, motilità e morfologia e nel 5% dei casi a problemi di deposito del seme quali disfunzione erettile, tetraplegia ed eiaculazione precoce. Le principali cause di infertilità possono essere dovuti a fattori centrali a carico dell’ipofisi e dell’ipotalamo, a fattori testicolari e a fattori post-testicolari quali problemi ostruttivi all’epididimo e al deferente. Azoospermia = mancanza completa di spermatozoi nel liquido seminale. Oligozoospermia = diminuzione del numero di spermatozoi nel liquido seminale. Astenozoospermia = presenza nel liquido seminale di spermatozoi con ridotta motilità. Teratozoospermia = presenza nel liquido seminale di spermatozoi dismorfici. [Nella regolazione della spermatogenesi, oltre a fattori ormonali, intervengono circa 1500 geni di cui alcuni sono house-keeping espressi in tutti i tessuti e altri specifici espressi solo nelle cellule germinali, ma vi è il coinvolgimento anche degli xeno-estrogeni derivanti dall’ambiente che sono in grado di indurre un calo progressivo del numero di spermatozoi nella popolazione maschile] Andrew Sinclair, sequenziando il cromosoma Y, notò l’esistenza di zone, dette ampliconi, contenenti sequenze ripetute di geni con omologia superiore al90% in cui sono interposti dei geni multicopia in ugual numero delle sequenze ripetute; la presenza di queste zone di omologia permette un’autoricombinazione omologa conosciuta come “conversione genica” che evita il continuo accorciamento del cromosoma La presenza di ampliconi da una parte favorisce la sopravvivenza del cromosoma, ma dall’altra favorisce le ricombinazioni alleliche non omologhe che possono provocare delle delezioni causa di infertilità (il DNA si appaia in maniera errata provocando duplicazioni e delezioni). Nel maschio, infatti, una delle principali cause di infertilità è la delezione del gene AZF che causa azoospermia (=mancanza di spermatozoi nell’eiaculato) ed oligospermia. La diagnosi viene effettuata mediante delle tecniche di biologia molecolare per valutare l’effettiva delezione del gene ed, eventualmente, è possibile effettuare una biopsia testicolare (nel caso in cui la delezione non venga confermata). Il test genetico viene effettuato prelevando il DNA dalle cellule del sangue ed effettuando una Multiplex-PCR con due marcatori (uno per ciascuna regione) seguita da un’elettroforesi su gel di agarosio. FISIOPATOLOGIA DELLA GONADE FEMMINILE L’apparato genitale femminile è formato dalla vagina e dalla vulva per la funzione sessuale e la deposizione del seme, dall’utero per l’annidamento dell’embrione e la gravidanza, dalle ovaie per la follicogenesi e la steroidogenesi e dalle tube in cui avviene la fecondazione e che permettono la continuità fra l’utero e le ovaie mediante le fimbrie. Intorno alla 7° settimana di sviluppo embrionale, la gonade inizia la sua differenziazione per formare intorno al 5° mese un pool di follicoli primordiali grazie alla stimolazione ipotalamica del GnRH che attiva l’ipofisi alla produzione di LH e FSH. Durante il periodo fertile, a partire dalla pubertà fino alla menopausa, ogni mese una serie di ovociti inizia a maturare, ma solo uno di essi, cioè il dominante, si svilupperà per dare origine all’ovulo (infatti solamente 400-500 ovuli arriveranno all’ovulazione nel corso della vita). N.B. Durante la menopausa è possibile registrare alti livelli di LH e FSH perché diminuisce l’attività delle gonadi e la secrezione di estradiolo producendo un quadro di ipogonadismo ipergonadotropo, mentre in caso di amenorrea si instaura un quadro di ipogonadismo ipogonadotropo a causa di problemi centrali o periferici (come malfunzionamento del GnRH o del suo recettore o mancata migrazione dei neuroni). Durante l’arco di circa un mese si evidenziano dei cambiamenti a livello dell’endometrio in cui si assiste alla proliferazione delle cellule mucosali per accogliere l’embrione e alla vascolarizzazione con conseguente produzione di citochine ed interleuchine, a livello dell’ovaio in cui si avrà la maturazione di più follicoli in modo che il dominante darà origine all’ovocita (che verrà espulso dalle cellule della granulosa e catturato dalle fimbrie delle tube per attendere la fecondazione nell’ampolla tubarica) ed a livello dell’ipofisi in cui si ha la produzione di LH e FSH. All’inizio del ciclo mestruale si ha un picco di FSH in modo da stimolare la maturazione del follicolo tramite l’aumento dei recettori per l’FSH e dell’attività aromatasica, poi, intorno al 14° giorno si ha un picco di LH e di estradiolo prodotto dalle cellule della granulosa per permettere l’ovulazione, in seguito durante la seconda metà del ciclo si ha un picco di progesterone prodotto dal corpo luteo per il mantenimento del trofismo endometriale ed infine si ha un calo di LH, di FSH e di estradiolo che porta alla mestruazione e allo sfaldamento dell’endometrio. N.B. L’estradiolo presenta un meccanismo di feedback negativo sull’ipofisi in modo che essa possa iniziare la produzione d FSH per indurre la continuazione del ciclo mestruale ed un feedback positivo sull’LH al momento dell’ovulazione. N.B. Il progesterone prodotto dal corpo luteo (a partire da lipidi) dà un segnale di produzione di citochine ed interleuchine per permettere la preparazione dell’endometrio all’accoglimento dell’embrione e, nel caso in cui si verifichi l’annidamento, la produzione di gonadotropina corionica umana o β-HCG da parte della camera gestazionale permette l’inibizione dell’ipofisi alla produzione degli ormoni sessuali e la stimolazione della produzione di progesterone. [Il picco di LH durante l’ovulazione permette un aumento della temperatura interna dell’utero che può essere misurata attraverso un termometro vaginale] N.B. Anche nelle donne sono presenti ormoni androgeni in minime quantità, in particolare ritroviamo il testosterone che viene prodotto dalle cellule della teca (circondano le cellule della granulosa e del follicolo) e che viene convertito in estrogeni dall’enzima aromatasi prodotto a livello della granulosa e l’androstenedione che veiene prodotto dall’ovaio sotto stimolo dell’FSH. Il menarca (cioè la prima mestruazione) deve avvenire nelle donne massimo entro i 16 anni e non tutti i cicli sono ovulatori, soprattutto nei primi due anni il 55% di essi è anovulatorio (diminuisce al 20% nei primi 5 anni). Le principali cause di amenorrea (=mancanza di mestruazioni sono: • Corredo cromosomico 46,XY. • Ipogonadismo ipogonadotropo dovuto ad una mutazione del gene per il GnRH, alla sindrome di Kallmann o al recettore per GnRH mutato. • Malformazioni ovariche. • Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS); è una patologia molto frequente spesso associata a iperandrogenismo (cioè ad una maggiore quantità di androgeni del normale) causata da deficit dell’enzima 21-idrossilasi che determina l’aumento degli androgeni, la mancata ciclizzazione delle mestruazioni, una resistenza insulinica e ad una predisposizione al diabete di tipo 2 (nei casi più gravi, soprattutto in pazienti sovrappeso è possibile avere amenorrea). • Corpo luteo insufficiente. • Menopausa precoce. • Anticorpi antiovaio (come ad esempio nelle ovariti autoimmuni). • Tumori ovarici. • Cisti endometriotica. • Mutazioni inattivanti del recettore per FSH in cui si hanno elevati livelli di FSH con amenorrea e mancato sviluppo dei caratteri sessuali secondari a causa della perdita della capacità di trasmettere il segnale (questa mutazione risulta essere particolarmente frequente in una zona della Finlandia perché si sospetta la presenza di una forma familiare); per dimostrare il ➢ Secretoria con arresto della spermatogenesi → L’arresto del processo maturativo può avvenire a tutti i livelli differenziativi delle cellule germinali, in particolare se avviene a livello degli spermatidi o degli spermatociti l’FSH è normale e l’inibina B viene rilasciata dalle cellule del Sertoli in maniera fisiologica, mentre se avviene a livello degli spermatogoni le cellule del Sertoli bloccano la produzione di inibina B con conseguente aumento dell’FSH anche se il volume testicolare è nella norma (questi pazienti non possono avere figli nemmeno attraverso tecniche di fecondazione assistita per la mancata maturazione germinale). ➢ Secretoria con ipospermatogenesi → Solitamente, in questa patologia solo il 10% dei tubuli presenta una funzione fisiologica quindi il soggetto risulta essere oligozoospermico con volume testicolare ridotto e livelli di FSH elevati. N.B. Mediante le tecniche di fecondazione assistita è possibile aiutare solamente i pazienti ostruttivi e secretori per ipospermatogenesi, in quanto la produzione di spermatozoi è presente anche se in forma ridotta. Molte cause di azoospermia sono dovute ad anomalie cromosomiche, infatti il 16,7% degli azoospermici non ostruttivi sono per lo più individui affetti dalla sindrome di Klinefelter (con corredo cromosomico 47, XXY), chè è un’aneuploidia a carico del cromosoma X dovuta nel 90% metafasi XXY del sangue, mentre il restante 10% sono mosaici. Essa è una patologia diagnosticabile in poca prenatale, in età scolastica o nell’età adulta a seconda della gravità della malattia in quanto è associata a ritardo mentale, ginecomastia, testicoli piccoli e duri o criptorchidismo, un aspetto euconoide, con lunghezza degli arti e statura superiori alla media, infertilità e disfunzione sessuale, inoltre è associata ad elevate concentrazione di ialina che determina il soffocamento dei tubuli spermatici e delle cellule di Leydig causando azoospermia, calo dei livelli di testosterone e della libido. In questi soggetti, lo sviluppo puberale avviene in maniera fisiologica, contrariamente alla Sindrome di Kallmann in cui si ha una disfunzione centrale che blocca la produzione di testosterone, perché si hanno alti livelli di LH che permettono un’iniziale produzione di testosterone da parte delle cellule di Leydig, che però risultano sofferenti e soffocate dalla ialina. [Il numero di cromosomi X è direttamente proporzionale al ritardo mentale associato al soggetto e l’alterazione genetica favorisce un attori di rischio per l’insorgenza di osteoporosi e sindrome metabolica] Un’altra causa di azoospermia sono le microdelezioni del cromosoma Y che coinvolgano i geni AZF, in particolare: • Se si ha delezione completa di zona AZFa si ha azoospermia secretoria con sindrome a sole cellule del Sertoli (quindi FSH alto, volume testicolare inferiore a10 ml); non è necessario effettuare una biopsia testicolare in quanto è già palese che non vi siano cellule germinali a livello dei tubuli seminiferi. • Se si ha delezione completa di AZFb si ha azoospermia secretoria con arresto della spermatogenesi (quindi FSH normale o alto a seconda della fase in cui avviene ed un volume testicolare superiore a15 ml); non è necessario effettuare una biopsia testicolare in quanto è palese che non vi siano spermatozoi maturi. • Se si ha delezione completa di AZFc o parziale di AZFa e AZFb si ha azoospermia secretoria con ipospermatogenesi (quindi individui oligozoospermici); in questo caso può essere utile effettuare una biopsia testicolare per valutare l’entità della patologia. LO SPERMIOGRAMMA Lo spermiogramma è l’unico esame diagnostico che è possibile effettuare in caso di sospetta infertilità maschile in quanto è utile per valutare la conta degli spermatozoi nel liquido seminale, la motilità, la morfologia e l’aspetto, la presenza di anticorpi anti- spermatozoi e la vitalità (cioè la percentuale di spermatozoi vivi), ma non dà informazioni sullo stato di fertilità, perché essa dipende da molte altre cose. Le diagnosi che possono essere fatte sono le seguenti: • Azoospermia: assenza di spermatozoi nel liquido seminale. • Oligo/criptozoospermia: presenza minima di spermatozoi nel liquido seminale. • Astenozoospermia: spermatozoi poco mobili. • Teratozoospermia: spermatozoi malformati. • Normozoospermia: assenza di patologie precedenti. N.B. Essere normozoospermico non è garanzia di essere fertili. Mediante un’analisi seminale è possibile osservare che la funzionalità del testicolo è variabile, infatti ci sono giorni in cui si ha una notevole produzione di spermatozoi e giorni in cui si ha una bassa produzione in quanto la funzionalità testicolare è soggetta ad alterazioni anche in seguito ad una banale febbre, perciò risulta impossibile caratterizzare un paziente da un singolo esame, ma ne sono necessari almeno 3-4. Una necessità comune a tutti i test diagnostici è la possibilità di effettuare un controllo di qualità il più rigoroso possibile e le metodiche devono essere il più possibile standardizzate e controllarte perché lo spermiogramma è una analisi assolutamente soggettiva che viene fatta dallo specialista al microscopio. Ogni campione è sottoposto a controlli di qualità interni, ovvero ogni laboratorio deve realizzare un programma interno di qualità che preveda un controllo intra-operatore e/o un controllo inter-operatori (per quanto riguarda il controllo intra-operatore è necessario che, almeno una volta a settimana, debba essere eseguita la valutazione in cieco di uno stesso campione da parte di uno stesso seminologo, mentre per quanto riguarda il controllo inter-operatori è necessario che diversi seminologi effettuino una lettura in cieco dello stesso campione in tempi diversi). Ogni laboratorio di seminologia, inoltre, deve partecipare ad un controllo esterno di qualità che permette di verificare la presenza di errori sistematici (come ad esempio una pipetta mal calibrata) che prevede l’invio di campioni ad un analista esterno per confrontare i valori ottenuti con quelli propri. Per quanto riguarda le procedure per la raccolta del campione esistono delle linee guida dettate dalla WHO (=World Health Organization che prevedono che: 1) La raccolta debba avvenire esclusivamente per masturbazione dopo almeno 2 giorni di astinenza sessuale fino ad un massimo di 5. 2) Il campione appena raccolto deve essere mantenuto a 37°C in modo che non si perdano le caratteristiche simili a quelle che dovrebbero esserci normalmente. 3) Il paziente deve segnalare se ci sono state perdite. 4) La raccolta deve essere effettuata in un barattolo precedentemente pesato (solo in casi particolari è permesso effettuarla a casa su richiesta del paziente ma il campione deve raggiungere il laboratorio entro 30 minuti e deve essere correttamente conservato a temperatura corporea, mentre in caso di motivi medico-legali o di crioconservazione la raccolta deve essere fatta categoricamente in laboratorio). Lo spermiogramma prevede una fase macroscopica per valutare il volume dell’eiaculato, il pH, l’aspetto, la fluidificazione e la viscosità (solitamente vengono valutate in seguito alla fluidificazione fra circa mezz’ora e un’ora dopo l’eiaculazione) ed una fase microscopica per valutare la componente cellulare nemaspermatica (cioè la concentrazione), la motilità e la morfologia. Per valutare la presenza di anticorpi diretti contro gli spermatozoi è possibile effettuare il Mar-test in cui vengono utilizzate delle palline di latex su cui sono adesi gli anticorpi anti-umano; il test risulta positivo quando oltre il 40% degli spermatozoi risulta positivo ed è indice di autoimmunità nei confronti degli spermatozoi stessi producendo una condizione di infertilità (i valori di riferimento sono basati su una casistica di 1900 uomini di sicura fertilità ottenuta in un TTP inferiore ai 12 mesi da tre continenti e da un totale di 8 Paesi, dopo un’astinenza sessuale di 2-7 giorni; sono indicati come lower- reference limits i valori basati sul quinto percentile della distribuzione dei dati). Il test di capacitazione viene utilizzato per valutare il numero di spermatozoi mobili selezionabili da un liquido seminale prima della preparazione di una tecnica di fecondazione assistita, in particolare si analizza l’evento maturativo post-eiaculatorio dello spermatozoo che acquisisce la capacità di fertilizzare l’oocita (in vivo questo processo avviene durante il transito nelle vie genitali femminili, mentre in vitro viene indotto mediante l’utilizzo di mezzi capacitanti appropriati (durante questo processo maturativo si ha una serie di modificazioni a livello cellulare quali l’aumento del Ca2+ intracellulare, della fosforilazione su residui di tirosina, il rilascio del colesterolo dalle membrane, l’attivazione delle chinasi della via di Ras e della via dell’cAMP). Pe l’analisi dei campioni di soggetti normospermici è necessario eseguire uno swim up in cui 1 ml di liquido seminale viene aggiunto ad 1 ml di HTF/HSA (=Human Tubal Fluid/Human Serum Albumin) e poi centrifugato per risospendere ed incubare il pellet ottenuto, mentre nei campioni dei soggetti oligozoospermici o astenozoospermici è necessario eseguire una stratificazione a tre gradienti con Pure Sperm, centrifugare e risospendere il pellet in 1 ml di HTF/HSA. N.B. La capacitazione in vitro può essere influenzata dall’incubazione in mezzi di coltura con una composizione simile al fluido tubarico, da un tempo variabile fra 1 e 24 ore e dalla temperatura che deve essere di circa 37-38°C. FECONDAZIONE ASSISTITA Normalmente, la fecondazione avviene nell’ampolla dove l’ovocita viene portato dalle fimbrie delle tube e viene fecondato dallo spermatozoo vincente, che, una volta attraversate le cellule della granulosa, fa la reazione acrosomiale che permette il rilascio dell’enzima acrosina, che lo fa penetrare nell’oocita per permette la fecondazione. L’infertilità di coppia (definita come l’incapacità di ottenere un concepimento dopo un anno di rapporti non protetti), però, è molto frequente nei Paesi occidentali, in particolare nel 20% dei casi è dovuta a problemi di fertilità puramente maschili e nel 38% dei casi a problemi di fertilità puramente femminili. [La fertilità va intesa come un problema di coppia in quanto un uomo oligozoospermico avrà più probabilità di avere figli con una donna giovane e molto fertile che con una poco fertile] Le principali cause di infertilità maschile sono le alterazioni spermatiche e genetiche precedentemente citate, mentre per quanto riguarda la sfera femminile sono l’occlusione tubarica (ad esempio, la clamidia nelle donne può causare un attaccamento tra le fimbrie e quindi difficoltà a catturare l’ovocita), l’anovulazione, i fattori immunologici (come la presenza di anticorpi anti-spermatozooi) e le disfunzioni uterine e cervicali che compromettono l’impianto. Il concetto di infertilità e di sterilità sono diversi, in quanto l’infertilità è la ridotta capacità di avere figli dovuta ad esempio ad un’ostruzione monolaterale delle tube o all’oligozoospermia in cui è possibile avere figli mediante un concepimento casuale, in seguito a trattamenti medici chirurgici o con tecniche di fecondazione di primo livello, mentre la sterilità è l’impossibilità di avere figli causata ad esempio da un’ostruzione bilaterale delle tube o dall’azoospermia in cui è possibile concepire solo mediante tecniche di fecondazione assistita di secondo livello. Per determinare quale tecniche è opportuno utilizzare per il concepimento è necessario effettuare una serie di test, fra cui, in misura preliminare, uno spermiogramma ad uomo (che è un esame non invasivo). ➢ Nel caso in cui l’uomo risulti azoospermico, oligozoospermico severo o con un est di capacitazione negativo non è utile effettuare una isterosalpinografia (=ecografia dell’utero e delle tube di Falloppio) alla donna in quanto sono richieste tecniche di secondo livello per permettere il concepimento se la biopsia testicolare risulta positiva alla presenza di spermatozoi. ➢ Nel caso in cui l’uomo sia lievemente oligozoospermico, astenozoospermico, teratospermico con test di capacitazione positivo è necessario eseguire sulla donna degli esami ormonali, la misurazione della temperatura basale e un’ecografia transvaginale e ad una isterosalpinografia. In particolare, se le tube risultano pervie si consigliano rapporti sessuali mirati o tecniche di fecondazione assistita di primo livello, mentre in presenza di un’occlusione tubarica è necessario procedere con le tecniche di secondo livello. [I soggetti affetti da sindrome di Klinefelter possono essere fertili in quanto qualche spermatozoo può sopravvivere e quindi è possibile effettuare la fecondazione assistita, inoltre è stato sperimentato che durante la meiosi solitamente viene perso il cromosoma X sovrannumerario ed i figli nati solitamente risultano essere sani] Le tecniche di fecondazione assistita di primo livello sono: 1) Inseminazione intrauterina → La donna viene sottoposta a iniezioni sottocutanee di FSH in modo tale da stimolare la maturazione di più follicoli e di β-HCG per indurre l’ovulazione con conseguente aumento della percentuale di riuscita e della possibilità di un parto gemellare o trigemino; i requisiti per accedervi sono la pervietà delle tube di Faloppio, avere una cavità uterina sana e degli spermatozoi positivi al test di capacitazione ed in quantità superiore a 1,5 milioni/ml (viene utilizzata in caso di disturbi dell’ovulazione, per fattori cervicali e immunitari). [Una volta si era soliti eseguire una inseminazione intraperitoneale] Le tecniche di fecondazione assistita di secondo livello avvengono in vitro, presentano come requisiti l’avere una cavità uterina sana e la presenza di spermatozoi nell’eiaculato o nella biopsia testicolare (vengono utilizzate in caso di disfunzioni tubariche, di infertilità maschile severa e di insuccesso con precedenti cicli di primo livello) e sono: 1) FIVET (fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione) → la donna viene sottoposta ad inizioni sottocutanee di FSH per stimolare la maturazione di più follicoli, poi in seguito ad anestesia, per via vaginale e mediante l’utilizzo di un ago ecoguidato, vengono prelevati circa 2-3 follicoli che vengono coltivati in piastre Petri separate, dove vengono aggiunti almeno 500.000 spermatozoi mobili e si attende che avvenga la fecondazione (che dovrebbe sopraggiungere entro 24 ore) per poi trasferire, dopo un periodo variabile fra i 2 ed i 5 giorni, gli embrioni all’interno dell’utero dove si impianteranno. N.B. Negli ultimi anni, si tende a impiantare gli embrioni allo stadio di blastocisti in quanto si ritiene che sia più forti e con una maggiore capacità di adesione alla mucosa uterina. 2) ICSI (inserzione intraplasmatica del singolo spermatozoo) → Vengono raccolti dei follicoli con la stessa proceduta della tecnica FIVET, ma in questo caso uno spermatozoo viene inserito all’interno del citoplasma della cellula uovo privata della zona granulosa mediante un manipolatore, poi si esegue l’impianto di uno o due embrioni per evitare dei parti gemellari (inoltre, oggi in Italia è possibile congelare gli oociti con conseguente possibilità di effettuare cicli successivi in caso di insuccesso senza le iniezioni di FSH. N.B. La tecnica ICSI è stata l’ancora di salvezza per gli individui azoospermici o con spermatozoi immobili (in cui è possibile reperire spermatozoi dalla biopsia testicolare o dall’epididimo) che non potevano effettuare la FIVET. [La tecnica ICSI è nata per caso, quando uno studioso italiano dell’Università di Bruxelles stava cercando di imparare una tecnica subzonale per migliorare la fecondazione nelle donne di 40 anni, in particolare cercava di avvicinare lo spermatozoo alla zona pellucida mediante l’utilizzo di un micromanipolatore (in quanto la membrana plasmatica degli ovociti delle ultraquarantenni risulta essere più dura), ma per sbaglio penetrò con lo spermatozoo nel citoplasma dell’oocita e, dopo aver ottenuto il consenso informato della coppia, impiantò l’embrione nell’utero e nacque un bambino sano] Numero di spermatozoi capacitati superiore a 2 milioni → fecondazione di 1° livello Numero di spermatozoi capacitati compresi fra 1,5 e 2 milioni → FIVET Numero di spermatozoi capacitati inferiore a 1,5 milioni → ICSI Soggetto azoospermico → se biopsia testicolare è positiva viene effettuata la ICSI FISIOPATOLOGIA DELLA GHIANDOLA SURRENALICA Le ghiandole surrenaliche sono due e sono localizzate una destra e l’altra a sinistra sopra i reni, esse sono divise in due porzioni sia da un punto di vista anatomico che funzionale, in quanto producono ormoni diversi, quindi riconosciamo una porzione corticale ed una porzione midollare. La porzione corticale produce gli ormoni steroidei ed è divisa in tre zone sia anatomicamente che funzionalmente: • Zona glomerulosa → è la porzione più esterna formata da un tessuto ghiandolare disposto in cordoni avvolti su sé stessi che produce i mineralcorticoidi, in particolare l’aldosterone, i quali sono ormoni importanti per la regolazione del contenuto minerale del sangue (soprattutto per quanto riguarda la concentrazione di sodio e di potassio), per la regolazione della volemia e dell’equilibrio elettrolitico dei fluidi corporei. • Zona fascicolata → è la porzione intermedia formata da cellule disposte a cordoni paralleli radiali che produce i glucocorticoidi, in particolare cortisone e cortisolo, i quali favoriscono il normale metabolismo cellulare, aumentano la resistenza nei lavori di lunga durata in quanto sono ormoni iperglicemizzanti e presentano funzioni anti- infiammatorie (riducono l’edema ed inibiscono le prostaglandine). • Zona reticolare → è la porzione più interna della corticale che produce quantità relativamente piccole di ormoni sessuali sia maschili che femminili in entrambi i sessi (produce principalmente androgeni deboli come l’androstenedione ed una piccola quantità di estrogeni). [Gli androgeni deboli vengono prodotti a partire dal colesterolo e presentano una funzione androgenica non paragonabile all’androgeno per eccellenza, ovvero il testosterone, infatti nell’uomo non danno nessun effetto, mentre un eccesso di questi nella donna determina un fenotipo clinico in cui si parla di azione androgenizzante] La produzione degli ormoni sessuali e glucocorticoidi da parte della zona reticolare e fascicolata della corticale è stimolata dall’ACTH (=ormone adrenocorticotropo) prodotto dall’ipofisi, il quale presenta un meccanismo di inibizione a feedback sia sull’ipotalamo che sull’ipofisi. Il cortisolo viene principalmente prodotto dalla porzione fascicolata sotto stimolo dell’ACTH ed ha varie azioni biologiche quali ad esempio la stimolazione del sistema emopoietico e del metabolismo osseo, oltre alla stimolazione della gluconeogenesi, della glicogenolisi, della proteolisi e della lipolisi associata ad effetti anti-infiammatori ed immuno-soppressivi (infatti i suoi derivati detti corticosteroidi di sintesi vengono utilizzati in clinica per la terapia delle patologie autoimmuni). L’eccesso di cortisolo è una patologia clinica detta ipercortisolismo (Sindrome di Cushing) causata dall’assunzione di farmaci (causa iatrogena), dall’eccessivo funzionamento dell’ipofisi, dalla presenza di un adenoma ipofisario o surrenale oppure dalla produzione ectopica di CRH o ACTH da parte di tumori neuroendocrini che può determinare l’insorgenza del diabete di tipo 2 in quanto esso è un ormone iperglicemizzante oppure l’insorgenza di osteoporosi in quanto presenta un effetto negativo sul metabolismo osseo favorendo il riassorbimento di calcio dall’osso. [L’ipercortisolismo è riconoscibile da una caratteristica facies rigonfia causata dall’accumulo di tessuto adiposo] L’aldosterone viene prodotto sotto stimolo del sistema renina-angiotensina, in quanto la renina viene prodotta a livello renale dalle cellule iuxtaglomerulari per stimolare la conversione dell’angiotensinogeno prodotto dal fegato in angiotensina I, che, a sua volta, per azione dell’enzima angiotensin converting enzime (ACE), prodotto a livello polmonare, viene convertita in angiotensina II stimolando il rilascio del mineralcorticoide. L’aldosterone presenta dei recettori a livello dei tubuli renali dove favorisce il riassorbimento del sodio e dell’acqua con la conseguente eliminazione del potassio, (provocando una situazione di alte concentrazioni di sodio e acqua favorevole all’ipertensione arteriosa basse concentrazioni di potassio). [L’angiotensinogeno è un ormone che determina l’aumento della tensione arteriosa, infatti rappresenta una delle cause secondarie di ipertensione arteriosa su cui vanno ad agire alcuni farmaci antiipertensivi che bloccano l’enzima ACE (fungono da antagonisti recettoriali)] N.B. L’iperaldosteronismo di solito è causato da un tumore. N.B. Se i deficit di ormoni cortico-surrenali sono dovuti ad un problema a livello ipofisario (cioè per la carenza di ACTH) determinano un deficit di cortisolo ma non di aldosterone, mentre se sono dovuti a un problema a livello surrenale provocano deficit di tutti gli ormoni (è importante diagnosticare quale sia la causa per poter differenziare la terapia). I carcinomi cortisolo-surrenalici sono tra i carcinomi più maligni in assoluto e vengono diagnosticati di solito per caso in età adulta perché, potendo essere sia secretori che non, se presentano produzione di ormoni non danno fenotipo clinico; questa tipologia di tumori può essere sia di natura sporadica (anche se rari) che ereditaria anche se la causa di insorgenza non è conosciuta di preciso (l’unica certezza è che sono implicati meccanismi di attivazione dei protooncogeni, di inattivazione degli oncosoppressori, di overespressione di alcuni fattori di crescita come IGF2 e di inibizione dell’apoptosi o senescenza). La porzione midollare del surrene è la parte più interna e produce catecolamine (adrenalina e noradrenalina) a partire dall’amminoacido tirosina. In questo caso, esistono numerosi recettori che possono interagire con le catecolammine: ✓ 1→ attivano la cascata della fosfolipasi C (associati a proteine Gq). ✓ 2 → riducono la concentrazione di cAMP (associati a proteine Gi). ✓ 1 e 2→ aumentano la concentrazione di cAMP (associati a proteine Gs). A livello dei vari organi sono presenti diversi recettori, come mostrato nell’immagine. [Le catecolamine sono metabolizzate e poi eliminate in urine come acido metossiidrossimandelico] In caso di eccesso di paratormone, dovuto alla presenza di tumori o iperplasie paratiroidee, si manifesta una condizione clinica nota come iperparatiroidismo primitivo caratterizzato dall’aumento del riassorbimento di calcio dall’osso. [Per diagnosi è necessario dosare il calcio ed il paratormone nel sangue e, nel caso siano entrambi alti, si ha un sospetto di iperparatiroidismo primitivo, anche se esistono dei casi in cui il calcio è nella norma ed il paratormone aumentato, soprattutto nei pazienti con livelli fisiologici bassi di calcio ematico] N.B. Alcune persone possono averne anche meno di quattro ghiandole paratiroidi per natura o per interventi chirurgici. • Vitamina D che viene prodotta a livello cutaneo grazie all’azione dei raggi UV mediante la trasformazione del 7-deidrocolesterolom in colecalciferolo (cioè la vitamina D3 biologicamente inattiva) mediante due reazioni di idrossilazione, di cui la prima a livello epatico ad opera dell’enzima 25-idrossilasi (per ottenere la 25-idrossi D3) e la seconda a livello renale ad opera dell’enzima 1-idrossilasi (per ottenere la 1,25-diidroidrossivitamina D3 o calcitriolo, ovvero la vitamina D attiva). La vitamina D favorisce l’assorbimento di calcio e fosforo a livello intestinale, aumenta il riassorbimento osseo, aumenta la capacità di PTH di riassorbire calcio a livello renale e fornisce calcio e fosforo per la formazione di osso mineralizzato. N.B. Il paratormone è implicato nell’attivazione della vitamina D perchè è un cofattore dell’enzima 1-idrossilasi. • PTHrp (=PTH related peptides) sono dei peptidi con struttura simile al paratormone in quanto presentano i primi 32 amminoacidi in comune con esso. Solitamente non sono rilevanti da un punto di vista clinico perché in condizioni normali non sono prodotti in quantità significativa, mentre in condizioni tumorali (non solo paratiroidee) possono essere prodotti in alte quantità. [Il tumore associato alla produzione dei peptidi correlati al paratormone viene sospettato in caso di livelli ematici di paratormone basso e di calcio alto; per dosarli servono metodiche specifiche in quanto il dosaggio del paratormone si basa sul riconoscimento degli amminoacidi successivi alla posizione 32] N.B. La calcitonina è un ormone prodotto dalle cellule parafollicolari della tiroide (o cellule C) che non interviene in alcun modo nella regolazione della calcemia, ma permette l’inibizione del riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Esse aumentano in circolo in presenza di un carcinoma midollare della tiroide, mentre sono assenti in caso di tiroidectomia. Le principali cause di ipercalcemia sono l’iperparatiroidismo primario, le metastasi di alcuni tumori solidi ed ematologici, l’intossicazione da vitamina D, l’ipertiroidismo e l’assunzione di alcuni farmaci come i tiazidi (diuretici utilizzati nella cura dell’ipertensione), mentre le principali cause di ipocalcemia sono l’ipoparatiroidismo dovuto a interventi chirurgici, di natura autoimmune o ad anomalie dello sviluppo paratiroideo, la resistenza al paratormone, le alterazioni del metabolismo della vitamina D, malassorbimento intestinale dovuto all’atrofia dei villi tipica della celiachia, l’aumento dell’attività osteoclastica ed alterazioni del legame del calcio.
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