Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti di FIlosofia della prassi umana (A. Papa), Appunti di Filosofia

Appunti di FIlosofia della prassi umana Docente: Alessandra Papa Testi di riferimento: "Nati per incominciare" e "Il pensiero plurale"

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 03/07/2023

ChicoAka
ChicoAka 🇮🇹

3.7

(3)

17 documenti

1 / 19

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti di FIlosofia della prassi umana (A. Papa) e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! FILOSOFIA 1 La filosofia della prassi umana studia l’agire umano, studia quali azioni sono “bene” e quali azioni sono “male”. Hannah Arendt riteneva che nascere fosse il primo atto di cui l’uomo è capace. Praxis = agire. In realtà il termine “praxis” nel mondo greco significa anche viaggiare, camminare, attraversare. Theorein si oppone a Praxis. Theorein significa “pensare”. La filosofia è agire (praxis) o pensare (theorein)? Il termine “theorein” è composto da “TEA” (“SPETTACOLO”) e da “ORAN” (“GUARDARE”). La filosofia è un sapere che si può applicare oppure è un sapere solo contemplativo? La filosofia non può cambiare il mondo, ma si può limitare ad interpretare e comprendere la realtà. Hannah Arendt ha ripensato completamente i compiti della filosofia, introducendo una nuova sensibilità. Hannah Arendt ha cominciato a riflettere sulla nascita, cosa che nessuno aveva mai fatto prima. “Non si può agire senza pensare e non si può pensare senza agire”. I greci trattavano la nascita in una maniera cupa in quanto ritenevano che subito dopo la nascita, giorno dopo giorno, incominciamo a morire. Da sempre l’essere umano viene considerato come un essere “mortale” e non come un essere “natale”. Per i greci il giorno della nascita era un giorno cupo. Per questo la filosofia non ha mai riflettuto sulla nascita. Arendt ha posto al centro della riflessione una domanda antica, ovvero la domanda ontologica, quale: “Chi è l’uomo?”. Fino ad allora la risposta era: “l’uomo è mortale”. Arendt diede una risposta luminosa, quale: “l’uomo è luce”. Per Arendt, la filosofia è tenere in equilibrio “praxis” e “theorein”. La filosofia deve insegnare a trovare dentro di noi un punto di equilibrio, ma soprattutto dovrebbe insegnare all’uomo a ripensarsi. Arendt non si definì mai una filosofa, ma una “pensatrice libera”, una “teorica politica” e “fenomenologa”. “Fenomeno” = “ciò che appare”. Arendt, infatti, parla del bambino che viene al mondo, che APPARE e SI MOSTRA. La fenomenologia è quella scienza che studia l’andare delle cose (ciò che appare e quindi la realtà). La fenomenologia viene contrapposta al noumeno (kantiano), ovvero l’essenza delle cose. Secondo lei, dopo l’olocausto, la filosofia aveva fallito. FILOSOFIA 2 La filosofia di Hannah Arendt è strettamente legata alla sua biografia. Arendt fu una DONNA EBREA. Arendt fu un’apolide (senza cittadidanza). La sua biografia è intrecciata con il suo “fare” filosofia. Hannah Arendt è un’ebrea tedesca, nata in un piccolo sobborgo di Hannover nel 1906. È nata da una famiglia di ricchi commercianti. La sua famiglia era una famiglia cosmopolita e anche la sua filosofia lo era. La sua filosofia, dunque, è anti-nazionalista. I suoi genitori furono forti e freddi riguardo il movimento politico-religioso denominato “sionismo”. Il sionismo si sviluppò alla fine del 900’, in seguito all’inasprirsi dell’antisemitismo in Europa. Il sionismo aveva l’intento di ricostruire in Palestina uno Stato che offrisse agli ebrei dispersi nel mondo una patria comune e, dopo la proclamazione dello Stato di Israele (avvenuta il 15 Maggio 1948), al suo consolidamento. Hannah Arendt era appassionata di classici greci e latini. Dalla madre prese la vena artistica, che era una scultrice. Hannah Arendt intraprese anche studi teologici e dunque si avvicinò alla religione cristiana. Romano Guardini è stato un teologo italiano che intrecciava le sue riflessioni teologiche ad esempio con la storia dell’arte e con la letteratura. Romano Guardini ricopriva una cattedra di “visione del mondo”. Hannah Arendt osservò molto il modo di fare filosofia di Romano Guardini. Da Romano Guardini prese un’attenzione alla corporeità. Inoltre, grazie a Romano Guardini, Hannah Arendt si avvicinò a Kierkegaard e a Sant’Agostino. Il tema agostiniano che maggiormente interessò Arendt fu quello dell’amore. Un’altra figura a cui Hannah Arendt si avvicinò fu Martin Heidegger. Heidegger è stato un filosofo tedesco con cui Hannah Arendt ebbe anche un rapporto amoroso. Heidegger si avvicinò convintamente al nazismo. Era il periodo dell’”ALLINEAMENTO”: Arendt non si allineò mai. Arendt criticò Heidegger in quanto, allineandosi al nazismo, Heidegger non poteva più definirsi “pensatore libero”, caratteristica tipica dei filosofi (dotati di pensiero critico e autonomo). Tutt’ora, però, la relazione tra Heidegger e il nazismo viene definita “controversa”. Fatto sta che Heidegger non si scusò mai per essersi avvicinato alle idee naziste. Karl Jaspers fu docente e amico di Hannah Arendt. Karl Jaspers è stato un filosofo tedesco anti-nazista. Hannah Arendt non volle mai essere definita come “allieva di Heidegger”. L’unica figura che Arendt riesce a definire come suo docente è Karl Jaspers. Hannah Arendt non fece mai l’esperienza dei campi di concentramento, ma fece l’esperienza dei campi di detenzione. Hannah Arendt trovò salvezza negli Stati Uniti. Arendt fu molto grata agli Stati Uniti e la definì la sua “seconda patria”. FILOSOFIA 3 Hannah Arendt è un talento filosofico che ha trovato nutrimento negli anni 30’ del 900’ in Germania e successivamente negli Stati Uniti. Hannah Arendt ebbe il dono della scrittura: sapeva unire il pensiero alto allo scrivere bene. Hannah Arendt era attratta dal pensiero scritto. Hannah Arendt inventò uno stile filosofico: passava da uno scritto aulico a uno scritto “giornalistico”. Il suo era uno stile diretto in quanto si rivolgeva continuamente al lettore. L’eredità che ci ha lasciato Hannah Arendt sono le sue opere. Sono 6 le opere che ci permettono di comprendere la fenomenologia della nascita. Nel 1929 viene editata la sua prima opera (e tesi di dottorato discussa nel 1928), quale: “Il concetto di amore in Agostino”, il cui concetto fondamentale è “Amor Mundi”. Arendt era attratta da Agostino in quanto secondo lei Agostino teneva in equilibrio le 2 dimensioni della filosofia: la contemplazione e la pratica. Distinzione tra “inizium” e “principium”. Secondo Agostino solo Dio “principia” in quanto solo Dio può generare/creare. L’uomo, invece, secondo Agostino, può solo “iniziare”. Secondo Arendt Agostino è uno scrittore sensibile, attento al dialogo coscienziale/interiore. Un altro elemento di attrazione è la concezione del male. Agostino riteneva che solo laddove ci fosse una mancanza di bene, si presentava il male. Inoltre, secondo Arendt, Agostino aveva la capacità di tenere insieme il mondo pagano con quello cristiano. Agostino era un filosofo cristiano, ma non demonizzò mai il mando pagano. Il pensiero di Arendt NON è un pensiero teologico. La scelta di trattare l’amore come tema filosofico non è casuale: Arendt era stata rifiutata da Heidegger. L’amore, per Hannah Arendt, è sentimento privato e dunque inadatto a costruire la polis. L’amicizia, invece, è molto adatta, secondo Arendt a costruire la polis e dunque è un elemento politico. Per Arendt, l’amore è una forza anti-politica perché comporta il rischio della perdita del mondo (nella diade non è presente la polis). La soluzione, secondo Arendt è quella di sottrarsi alla diade dando vita a un figlio. Il bambino costringe chi lo ha messo al mondo a prendersi cura del mondo. Nel 1951 Arendt, a 45 anni, scrive “Le origini del totalitarismo”. Tale opera è considerata “definitiva” dei totalitarismi e ciò significa che per comprendere i totalitarismi si deve passare da quest’opera. Questo libro ebbe un’accoglienza di critica formidabile. “Le origini del totalitarismo” venne definito un capolavoro. Arendt venne definita la nuova “Marx”, nonostante lei fosse anti-comunista. “Le origini del totalitarismo” è un testo complesso diviso in 3 parti, quali: 1) nella prima parte cerca di comprendere l’antisemitismo; Inoltre giunge a una tesi, quale: l’antisemitismo è stato necessario per l’affermarsi del totalitarismo; Infine differenzia l’antigiudaismo dall’antisemitismo: A)antigiudaismo = pregiudizio culturale nei confronti degli ebrei; B) antisemitismo = vera e propria forma di razzismo. 2) imperialismo; 3) totalitarismo. Arendt parla di “macchine totalitarie” (forme più pure di totalitarismo) e ne identifica 2, quali: 1) la Germania nazista di Hitler; 2) la Russia comunista di Stalin. Arendt escluse dunque l’Italia fascista di Mussolini dalla sua definizione di “macchine totalitarie”. Secondo lei, il fascismo ha cercato di convivere con lo Stato, mentre il nazismo e il comunismo volevano assorbire lo Stato. Arendt definì il fascismo una “dittatura a partito unico”. Arendt come filosofa e teorica politica fece uno sforzo: quello di fornirci gli strumenti per riconoscere le macchine totalitarie. Arendt identifica alcune caratteristiche proprie delle macchine totalitarie, quali: 1) consenso di massa (distrugge le classi sociali e massifica gli individui); 2) l’uso del terrore e della violenza (fisica e psicologica); 3) l’isolamento (con la massificazione le distanze si azzerano); 4) distruzione della sfera privata e della sfera pubblica; 5) la presenza di un capo carismatico; 6) la totale assenza di libertà. Secondo Arendt, i totalitarismi sono espressioni del 900’ che non si erano mai affermate prima (“tempi bui”). Arendt, con la frase: “Affinché ci fosse l’inizio fu creato l’uomo prima del quale non esisteva nessuno” vuole infondere speranza alle persone. Secondo Arendt, la filosofia aveva fallito perché non era riuscita a salvaguardare l’uomo dai campi di concentramento. Arendt in “Le origini del totalitarismo” si pone la domanda: “Che cosa resta dell’essere umano?” Nel 1958 Arendt scrisse anche: “Vita Activa”. Il titolo originale di tale opera è: “The Human Condition”. In questo testo centrale è la domanda: “Chi è l’uomo?” In quest’opera nel capitolo 5 compare il bambino che nasce. “Vita Activa” è un capolavoro antropologico arendtiano. Negli anni 60’ Arendt pubblica una serie di opere. Nel 1963 pubblicò: “La banalità del male”, il suo libro più noto e anche più frainteso. “La banalità del male” è il suo testo più storico e dunque più criticato. Secondo Arendt una legge giusta è una legge che salvaguarda la vita di ogni essere umano. FILOSOFIA 6 “La banalità del male”: “L’uomo è fatto per fare il bene, il male deriva dalla mancanza di pensiero”. Arendt ritiene che la colpa di Adolf Eichmann (organizzatore del traffico ferroviario per il trasporto degli ebrei ai vari campi di concentramento) fu quella di aver obbedito agli ordini di Adolf Hitler (il fuhrer). Eichmann sfuggì al processo di Norimberga e si rifugiò in Argentina. In Argentina venne catturato dal Mossad, i servizi segreti israeliani. Dopodiché fu processato in Israele e condannato a morte per genocidio e crimini contro l’umanità. FILOSOFIA 7 Nel 1963, Hannah Arendt, pubblica inoltre “On Revolution” (“Sulla Rivoluzione”). In quest’opera compare il bambino arendtiano. “On Revolution” è un trattato politologico in cui Hannah Arendt tratta del bambino come simbolo dell’inizio. Politologico = di natura politica. Hannah Arendt in quest’opera è molto critica con la Rivoluzione francese e con la Rivoluzione russa. Hannah Arendt criticò soprattutto la presa della Bastiglia (14 Luglio 1789). Hannah Arendt rifiutava la violenza. Arendt considera infatti un fallimento sia la Rivoluzione francese che la Rivoluzione russa. Arendt ritiene invece la Rivoluzione americana “la prima rivoluzione moderna” perché gli americano sono riusciti a costruire una Costituzione pacifica. In quest’opera si coglie il nesso tra la libertà e il venire al mondo in quanto secondo Arendt, il venire al mondo è un atto libero. Arendt in quest’opera parte da una distinzione concettuale tra “libertà” e “politica”. Secondo Arendt la politica è prendersi cura del mondo. Secondo Arendt la libertà è venire al mondo. Inoltre, la libertà, secondo Arendt, è inconcepibile senza gli altri (Arendt aristotelica). Questa libertà va però alimentata attraverso il “plurality”, ovvero il “vivere con gli altri”. Secondo Arendt il fine delle Rivoluzioni deve essere la libertà. I neoì ( i neonati) vengono al mondo per innovare il mondo. In “On Revolution”, inoltre, Arendt dialoga a distanza con Macchiavelli e Virgilio. Arendt fa riferimento alla quarta egloga di Virgilio. In questa egloga Virgilio tratta della fondazione delle città. In questa egloga compare un bambino. Questo bambino salverà l’umanità da se stessa. Arendt scrisse poi “Vita della mente”. La scrittura di “Vita della mente” venne interrotta in quanto Arendt morì mentre la scriveva. “Vita della mente” è un’opera squisitamente filosofica. Quest’opera venne pubblicata postuma, nel 1978. La sua migliore amica (Mary McCarty) riuscì a portare a termine la stesura dell’opera, mettendo insieme gli appunti arendtiani. “Vita della mente” è divisa in 3 parti: 1) la prima parte è dedicata al pensiero; 2) la seconda parte è dedicata alla volontà; 3) la terza parte è dedicata al giudizio (parte edita dalla sua migliore amica). Nella prima parte Arendt si pone la domanda: “Dov’è l’io quando penso?” L’io che pensa, secondo Arendt, è incastrato tra il passato e il futuro. Quando si nasce si appare agli altri e quindi ci mostriamo pubblicamente. Arendt presenta una distinzione tra auto-esibizione e auto-presentazione, quale: Auto-esibizione: impulso biologico che risponde a una sorta di istinto di mostrarci agli altri; Auto-presentazione: è possibile solo se si è consapevoli di se stessi (di ciò che si è e di ciò che si vuole diventare). Hannah Arendt morì nel 1975. FILOSOFIA 8 Il detto anassimandreo è il più antico testo filosofico. Anassimandro è un autore del 6° secolo a.C. Il detto anassimandreo tratta della nascita. Esso ci aiuta a comprendere il motivo per cui la filosofia ha indagato sempre così poco sul tema della nascita. Questo detto ci è giunto grazie a Simplicio, un autore del 500 d.C. Simplicio era un commentatore dei testi di Aristotele. Aristotele riprese questo testo e lo trattò con i suoi studenti. Teofrasto, studente di Aristotele, riprese questo detto e Simplicio lo riprese a sua volta proprio grazie a lui. Anassimandro aveva forti interessi naturalistici. Con Anassimandro siamo nella fase aurorale della filosofia. Anassimandro utilizzò il termine “archè” identificandolo con una sorta di miscela, che chiama “APEIRON”, “particella primitiva senza fine” (illimitata/senza fine). Archè = iniziare (il principio delle cose). Il principio delle cose, solitamente, viene identificato nei 4 elementi naturali: acqua, aria, terra e fuoco. Secondo Anassimandro, tutte le cose sono nate dall’APEIRON e si dissolvono nell’APEIRON. Il detto anassimandreo parla di “nascita”, ma non di “accoglienza”. Per Anassimandro, la nascita è un giorno di lutto, in quanto da quando si nasce si va inesorabilmente in contro alla morte. Per Anassimandro la nascita è una colpa perché gli esseri naturali chiedono di poter vivere per se stessi. Proprio perché è una colpa, questa colpa deve essere espiata. COME? VIVENDO (e morendo per ritornare nell’APEIRON)! L’APEIRON è il principio costituente di tutto l’Universo. Dissoluzione = morte. Questo testo di può dividere in 2 parti: 1) la prima parte fissa il tema fondamentale; 2) la seconda parte è la spiegazione del tema. È un testo scritto in prosa, ma è una prosa poetica in quanto la scrittura è molto poetica. Nella prima parte vi è una struttura a chiasmo, figura retorica che prevede un incrocio di parole, quali: “DONDE LA’ VIENE, DONDE IVI” e “SECONDO NECESSITA’, SECONDO L’ORDINE DEL TEMPO”. Vengono ripresi inoltre termini quotidiani, ma anche termini giuridici, quali ad esempio: pena e ingiustizia. PARAFRASI DETTO ANASSIMANDREO: “Ciò da cui proviene la generazione delle cose che sono, peraltro, è ciò verso cui si sviluppa anche la rovina, secondo necessità: le cose che sono, infatti, pagano l’una all’altra la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’ordine del tempo.” Colui che nasce è condannato a vivere, ma deve sottomettersi alla legge del tempo. Arendt fa riferimento ad Anassimandro. In “Vita della mente” Arendt afferma che la filosofia non si è mai occupata della nascita, se non in termini di lutto. Secondo Arendt la nascita viene estromessa dalla filosofia con Parmenide. Parmenide fu un filosofo e il padre fondatore della metafisica. Secondo Parmenide, ciò che vediamo non coincide con la realtà. 4) speranza (di un nuovo mondo). Questi termini non appartengono né alla filosofia né al lessico politico, bensì al lessico religioso-teologico. Questi termini CHIARISCONO la categoria del “natality”. Per Arendt la nascita è la fonte della libertà (“On Revolution”). Per Arendt la filosofia non è semplice attività contemplativa, ma deve anche poter cambiare il mondo. Per Arendt si nasce unici: si è sempre originali. La nascita, per Arendt, è il fondamento ontologico dell’esistenza umana. Arendt parla di 2 nascite, quali: 1) la “nascita biologica” che avviene quando il bambino APPARE agli altri (la nascita è la prima azione di cui è capace l’uomo); 2) la “nascita politica” che avviene tutte le volte in cui io mi posiziono consapevolmente tra gli altri, attraverso il dialogo. Il perno della filosofia politica arendtiana è: “Affinché ci fosse l’inizio fu creato l’uomo prima del quale non esisteva nessuno”. (Sant’Agostino) “Iniziare” è un termine che appartiene solo all’uomo. “Creare” è un termine che appartiene solo a Dio. Gli uomini non si possono appropriare dei termini che appartengono a Dio e viceversa. Dio quando crea è solo. L’uomo quando inizia non è mai solo. FILOSOFIA 11 Il “natality” è anche una categoria politica, in quanto funge da antidoto alla vita politica. La filosofia del “natality” non è sistematica: non è messa a sistema, ma è presente solo in poche pagine dell’intera bibliografia arendtiana. Arendt fa riferimento al “natality” in modo discontinuo. Il termine “natality” compare per la prima volta nel 1952, nel suo diario intellettuale. Le riflessioni sul “venire al mondo” le vengono suggerite da una musica, l’Hallelujah di Handel. Handel è un compositore tedesco, naturalizzato inglese, del 1700. Questa musica è un oratorio (genere musicale di ispirazione religiosa). Arendt ebbe l’opportunità di assistere a un concerto, tenutosi a Monaco, nell’Aprile del 1952. Proprio in questa occasione ascoltò per la prima volta l’Hallelujah di Handel. Tornata a casa dal concerto scrisse per la prima volta il termine “natality” nel suo diario intellettuale. In questo suo diario intellettuale Arendt associa il venire al mondo alla sotto-categoria del “miracolo”. Arendt in una lettera afferma di aver compreso la potenza del “venire al mondo”. In “Ideologia e terrore” Arendt associa il “natality” a un’immagine salvifica. 1) La nascita per Arendt non è un fatto privato: non riguarda il singolo. La nascita per Arendt è un evento politico: riguarda tutti. Con la nascita si entra nella storia e si diventa protagonisti di essa. 2) Il bambino che nasce non è mai un prodotto, non è FABBRICATO. Il bambino è GENERATO. 3) Nascere è una forma di azione. 4) Inoltre si nasce liberi. La filosofia del “natality” vuole essere soprattutto una risposta alla filosofia della morte di Heidegger. La nascita porta con sé 3 obblighi morali, quali: 1) La nascita ci porta ad “AGIRE CON“; 2) Si nasce unici ed originali, dunque abbiamo l’obbligo di non massificarci; 3) Rinnovare la nascita entrando in relazione con gli altri. FILOSOFIA 12 In “Vita Activa” è presente il “tripode arendtiano” costituito da: lavoro, opera e azione. La modernità viene definita “cupa”, ma vi è anche la speranza, rappresentata dal bambino che viene al mondo. “Vita Activa” è un’opera anti-marxista. “Vita Activa” è un titolo che racconta i contenuti filosofici presenti nel testo. Questo titolo rinvia al problema filosofico antico, ovvero la distinzione tra vita attiva e vita contemplativa. Per i greci la vita vera è quella contemplativa. Arendt invece teneva insieme il pensiero e l’azione. “Vita Activa” ha appunto l’obiettivo di riabilitare la vita attiva, la vita pratica. Il pensiero e l’azione, secondo Arendt, erano in equilibrio, fino a quando vi erano le città-Stato. Con la caduta delle città-Stato vi è stata anche, secondo Arendt, la caduta dell’equilibrio tra pensiero e azione. La vita attiva comprende quelle attività che l’uomo fa per soddisfare il proprio corpo. “Vita Activa” è un saggio di antropologia filosofica e un saggio di teoria politica. Al centro di questa opera vi è la domanda ontologica. Ciò che ci rende umani, secondo Arendt, è il vivere insieme. In “Vita Activa” Arendt critica la scienza in quanto quest’ultima cerca di definire chi è l’uomo. L’agire è una peculiarità umana secondo Arendt. Secondo Arendt, l’agire umano ha senso solo quando si manifesta con gli altri. Per Arendt non esiste una “natura umana”, ma preferisce parlare di “condizione umana” (“The Human Condition”). Secondo Arendt, la condizione umana è quella della PLURALITA’. Arendt inizia dunque a riflettere su: “Che cos’è l’azione?” L’agire umano significa “lavorare”, “fabbricare/operare” e “agire/vivere con gli altri”. Pensando a una piramide: 1) alla base vi è il “lavorare”; 2) nel livello intermedio vi è il “fabbricare/operare”; 3) in cima vi è l’”agire/vivere con gli altri”. 1) Arendt è anti-marxista quando parla del lavoro. Secondo Marx il lavoro qualifica l’uomo. Il lavoro permette di sopravvivere, ma secondo Arendt, il lavoro non dice tutto dell’uomo. Il lavoratore e il fabbricante hanno dei limiti in quanto in queste dimensioni sono presenti l’uomo, ma anche la materia. Quando invece l’uomo agisce e vive con gli altri, la materia non è presente. 2) Quando noi “operiamo”, fabbrichiamo oggetti e in questa dimensione sono decisive le mani. Questi oggetti che l’uomo fabbrica danno sicurezza e permettono di attrezzare il mondo. Anche in questa dimensione è presente la materia e dunque neanche in questa dimensione l’essere umano è autentico. 3) L’essere umano diventa autentico quando agisce/vive con gli altri. Dunque, secondo Arendt, l’essere umano è libero solo quando svincolato dalla materia. Arendt critica il Marx delle rivoluzioni violente. FILOSOFIA 13 La tripartizione le viene suggerita da Aristotele. Aristotele diceva: “L’agire è politico” e Arendt arrivò alla medesima conclusione. Secondo Arendt, il lavoro è quella dimensione dell’agire NECESSARIA, ma non è un’attività NOBILE. Attraverso l’operare, invece, l’essere umano CREA. Il creare rimanda all’ingegno e all’immaginazione. L’essere umano con il lavoro sopravvive e attraverso l’operare si ingegna e diventa più creativo. Dunque, l’operare è un’attività più nobile rispetto all’attività del lavoro. L’essere umano con l’opera delle sue mani costruisce un mondo artificiale, che si allinea al mondo della natura. L’uomo diventa autentico e libero attraverso l’AZIONE. Con l’azione l’uomo si tira fuori dall’animalità. Secondo Arendt agire significa “assumersi la responsabilità di cura del mondo” e “imparare a convivere con gli altri”. L’uomo NON si può identificare come “LAVORATORE” o come “FABBRICANTE DI OGGETTI”. Sono la parola e il dialogo a renderci esseri umani. “Lavorare” e “operare” sono pur sempre attività necessarie per l’essere umano, in quanto attraverso esse l’uomo controlla la natura. Arendt sceglie il termine “labour” per dire “lavoro” perché esso suggerisce la FATICA FISICA del lavoro. Arendt sceglie, invece, il termine “work” per dire “operare” = è un lavoro che richiede intelligenza (gli oggetti fabbricati durano nel tempo). Il “FABBRICANTE DI OGGETTI”, a differenza del “LAVORATORE”, costruisce un mondo comune in cui l’uomo può vivere insieme agli altri. Nel momento in cui l’uomo si relaziona con gli altri, l’uomo si “UMANIZZA”. FILOSOFIA 14 Arendt è anti-marxista (filosoficamente e lessicalmente). Il suo rapporto con lui è un rapporto di odio e amore. Per Arendt, Marx è un filosofo politico. Per Arendt, Marx è soprattutto un nobile rappresentate della teoria politica, così come Socrate e Aristotele. Per Marx il lavoro DEFINISCE l’uomo. Per Arendt, invece, il lavoro è solo un’attività dell’uomo. Marxiano: indicare le teorie di Marx. Marxista: indicare i seguaci di Marx. Prima critica: Per Arendt, Marx non vede la distinzione tra lavoro e opera. Seconda critica: Per Arendt, la teoria di Marx si contraddice in quanto prima Marx celebra il lavoro e poi progetta una società libera dal lavoro. In realtà però Marx parlava di liberarsi dal “brutto” lavoro, ovvero quello alienante. Per Arendt, l’essere umano che nasce non è mai un prodotto, ma una novità. Il venire al mondo è un EVENTO che rompe la produttività. “Proletariato”: coloro che possiedono solo se stessi e i propri figli (sesta classe). Marx dà un nuovo significato a questo termine, quale: “coloro che lavorano nelle fabbriche”. Arendt, invece, parla di “natalità”. FILOSOFIA 15 Il natality NON è una categoria politica di matrice classica (utilizzata dai greci). In “Vita Activa” Arendt scrive (nel 5° capitolo): “Gli uomini, sebbene debbano morire, non sono nati per morire, ma per incominciare”. Per Arendt, morire è un dovere e vivere è un diritto. FILOSOFIA 16 “Le origini del totalitarismo” è un’opera arendtiana del 1951. Nel 1958 esce la seconda edizione di “Le origini del totalitarismo”. E’ un opera che ricevette molte polemiche. Il contesto storico era molto complesso: vi era la Guerra Fredda. La Guerra Fredda vede contrapposti due blocchi quali: gli Stati Uniti da una parte e l’Unione Sovietica dall’altra. La locuzione “Guerra Fredda” appare per la prima volta nel 1945 per via di George Orwell. In questa Conferenza si riunirono quindici personaggi di primo piano del regime nazionalsocialista per definire la cosiddetta “soluzione finale della questione ebraica”. Eichmann era uno dei quindici presenti. Eichmann era colui che provvedeva materialmente a organizzare i treni verso i campi di concentramento. Nel 1948 Eichmann si trasferì in Argentina, dove nel 1960 venne catturato dal Mossad. Una volta catturato Eichmann venne trasferito a Gerusalemme per essere processato. Questo processo avvenne nel 1961. Israele voleva accreditarsi nel panorama politico mondiale. Il processo venne trasmesso in mondovisione. Arendt a quel tempo viveva negli Stati Uniti e quando seppe della notizia del processo, sentì il bisogno di essere lì. Nel 1963 vennero pubblicati, dal settimanale “New Yorker”, i 5 articoli (saggi) che Arendt scrisse relativamente al processo. Questi 5 articoli vennero poi unificati in un unico testo, quale: “La banalità del male”. Arendt ebbe la sensazione che alla sbarra non ci fosse un singolo uomo (Eichmann), ma l’intera Germania nazista. Secondo Arendt, dunque, il processo fu inappropriato. FILOSOFIA 21 Da quando “La banalità del male” venne pubblicato, Arendt iniziò ad essere considerata antisionista, ovvero nemica di Israele. Arendt era convinta della colpevolezza di Eichmann, ma secondo lei il processo non fu appropriato. Secondo Arendt, Eichmann doveva rispondere solo delle sue azioni e non di quelle di tutti i capi nazisti. Arendt descrive Eichmann con ironia. Quest’ironia, però, non venne colta né compresa. Secondo Arendt, Eichmann non fu un mostro, ma un semplice funzionario e uomo che conduceva una vita monotona. Eichmann affermò di aver soltanto eseguito gli ordini dello Stato. Eichmann, però, si macchiò del crimine contro l’umanità. Il processo di Eichmann, secondo Arendt, venne spettacolarizzato (dal primo ministro israeliano Ben Gurion, che condizionò il pubblico ministero Gideon Hausner). Secondo Arendt, Gurion sfruttò il processo per ottenere benefici economici dalla Germania. Gli unici personaggi non criticati da Arendt furono i giudici del processo. Un altro fattore che disturbò Arendt è rappresentato dalla lingua: il processo, infatti, non si tenne in tedesco, ma in una lingua dialettale, denominata “yiddish”. Al processo di Norimberga, avvenuto tra il 1945 e il 1946, a testimoniare vi erano i persecutori, ovvero i nazisti. Al processo ad Adolf Eichmann, avvenuto nel 1961, invece, a testimoniare vi erano i perseguitati, ovvero gli ebrei. FILOSOFIA 22 In seguito all’uscita dei 5 articoli scritti da Arendt ci fu una disputa tra lei e le comunità ebraiche. La disputa tra Arendt e le comunità ebraiche viene definita “la controversia” (“the controversy”). Con essa si comincia a parlare pubblicamente della shoah. La controversia ha avuto un forte impatto. Le comunità ebraiche criticano Arendt, accusandola di aver sminuito la shoah. Arendt scelse la rivista “New Yorker” perché non era una rivista sionista. Sion: nome della collina di Gerusalemme (molto cara agli ebrei). Il sionismo è stato un movimento politico-religioso con un programma di azione e organi di propagazione (riviste). “New Yorker” era un settimanale cosmopolita (dell’America bianca). La scelta di Arendt di scrivere su tale rivista non venne né accettata né compresa. Arendt venne accusata di essere disonesta, di aver stravolto i fatti storici. Inoltre, Arendt venne accusata di non amare il suo popolo, quello ebreo. Arendt rispose: “Io non amo nessun popolo, io amo i miei amici e l’umanità”. Secondo Arendt i capi delle comunità ebraiche (i capi dei rabbini) collaborarono con i nazisti alla “soluzione finale”. Arendt utilizzò solo una volta il termine “collaborare”. Collaborare, secondo Arendt significava “stilare delle liste di nominativi di persone ebree da portare nei campi di sterminio”. FILOSOFIA 23 Arendt venne inoltre accusata di essere amica dei nazisti in quanto cercò di comprendere il nazismo. Arendt non si limitò ad attaccare i membri dei consigli ebraici, ma attaccò anche una particolare categoria di ebrei, ovvero le “unità speciali”. Le unità speciali erano “prigionieri/lavoratori speciali”. Esse venivano selezionate dalle SS. Essi non erano solo ebrei. Essi venivano chiamati anche “portatori di segreto” perché dovevano tacere di fronte a ciò che vedevano nelle camere a gas. Essi dovevano rimuovere i corpi dei morti e successivamente incenerirli. Arendt considera le unità speciali come una tra le peggiori specie di criminali. Arendt parla anche di “terribile obbedienza” in quanto ritiene che tutti avessero obbedito: sia i nazisti che i prigionieri. Arendt venne molto criticata per questa sua idea. Arendt ebbe anche molti sostenitori: una su tutti la sua amica Mary McCarthy. Mary McCarthy le fece da scudo. FILOSOFIA 24 Arendt definisce Eichmann un “buffone”. Eichmann nacque nel 1906. Andò in contro a molti fallimenti nel suo percorso scolastico. Si diplomò e cercò lavoro. Anche in ambito professionale andò in contro a molti fallimenti. Conobbe un fanatico del partito nazionalsocialista e proprio grazie a lui, Eichmann entrò a far parte di tale partito. Eichmann ebbe poi la possibilità, grazie a un ufficiale, di entrare a far parte delle SS. Eichmann non sapeva nemmeno che cosa fossero le SS. Eichmann andò dunque a finire dietro la scrivania a raccogliere informazioni. Successivamente gli venne offerta un’altra possibilità: trasferirsi nell’ufficio ebraico (B4). Qui Eichmann si incuriosì e si documentò sulla questione ebraica. Nel 1937 organizzò un viaggio in Palestina con l’idea di studiare da vicino gli ebrei. Nel giro di pochi anni iniziò a occupare posizioni di rilievo all’interno del partito nazista. Eichmann ebbe l’opportunità di aprire un ufficio a Vienna, denominato “Ufficio centrale per l’emigrazione ebraica”. Eichmann suggerì ai suoi capi di organizzare una emigrazione forzata. Eichmann, dopo il viaggio in Palestina, comprese che gli ebrei erano desiderosi di una terra da avere sotto i piedi. Quest’operazione di emigrazione forzata portò al trasferimento di oltre 100 mila persone. Eichmann possedeva indubbiamente capacità logistiche. Eichmann venne trasferito alla Gestapo (polizia segreta della Germania nazista) e divenne una figura chiave all’interno del partito nazista. Le oltre 100 mila persone divennero oltre 1 milione e mezzo. Infine, nel 1942, Eichmann partecipò alla Conferenza di Wannsee. Eichmann si definì “lealista” e “realista”. FILOSOFIA 25 Per Arendt Auschwitz fu la manifestazione del male, che è insito nell’uomo. Arendt, inizialmente, sposò le tesi kantiane: secondo Kant l’uomo non si può liberare dal male. Arendt, successivamente, si accorse di essersi sbagliata affermando che il male non è radicale. “Il male non è radicale” significa che il male non ha profondità. Secondo Arendt solo il bene mette radici e dunque solo il bene è profondo. Arendt iniziò a parlare di “banality” e iniziò ad associare questo termine a “evil” (“male”). Per questo, Arendt ricevette molte e forti critiche. Il filosofo, sin dai tempi dei greci, ha sempre cercato di comprendere le cause (le origini) del male. I primi filosofi ritenevano che il male non potesse essere né vinto né superato. Più avanti, Socrate, invece, associò il male all’ignoranza (il male si commette in assenza di principi e valori). Per Agostino il male è assenza di bene. Per l’uomo moderno, il male, semplicemente, capita. Per Marx il male coincide con l’ingiustizia sociale. Per la scienza il male può essere sconfitto. Il filosofo, non solo cerca di spiegare il male, ma cerca anche di superarlo. Kant, illuminista, ha una sua visione del male. Kant parlò di “male radicale”. Kant lascia una definizione del male e dell’uomo, quale: “L’uomo è un legno storto.” Con questa espressione, Kant dice che l’uomo ha una tendenza verso il male. Secondo Kant l’uomo sa riconoscere il bene (ha una predisposizione verso il bene), ma poi si inclina al male. Secondo Kant il male è insuperabile in quanto mette radici nell’uomo. Il male, secondo Kant, può essere estirpato solo da Dio. Secondo Kant l’uomo non deve agire per il bene personale (particolare), ma deve agire per il bene universale (generale). Arendt non ha mai detto che il male fosse banale. Arendt ha invece detto che il male ha a che fare con la banalità dell’uomo. Secondo Arendt il male è assenza di pensiero. FILOSOFIA 26 Milgram, psicologo sociale, condusse nel 1961 un famoso esperimento il cui obiettivo era lo studio del comportamento di soggetti ai quali un’autorità (uno scienziato) ordinava di eseguire delle azioni in conflitto con i valori etici e morali dei soggetti stessi. Milgram era un ebreo e anche lui rimase colpito da Eichmann e dal suo processo. Secondo Milgram bisognava indagare la questione dell’obbedienza. ESPERIMENTO DI MILGRAM FILOSOFIA 27 Margarethe Von Trotta è una regista che ha dedicato un’intera pellicola cinematografica ad Arendt. In questa pellicola tratta della “controversia” e della vita in generale di Arendt. Von Trotta, nei suoi film, mette al centro la figura femminile. Ad esempio Von Trotta si dedicò anche a Rosa Luxemburg, filosofa e rivoluzionaria polacca. La lingua tedesca ha un ruolo centrale nel film della Von Trotta. Inoltre si tratta di un film lento.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved