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Geografia: Rivoluzione Teoretica e Modelli in Geografia Fisica e Umana, Appunti di Geografia

Una panoramica della storia della geografia, dalla metodologia tradizionale a quella rivoluzionaria, con un focus sui modelli in geografia fisica e umana. Vengono trattati concetti come idrografismo, spostamento, riallocazione, espansione, input, ecosistemi, biomi, popolazione e occupazione. Il testo illustra come la geografia ha evoluto dalle analisi regionali a sottosettori specializzati, e come i metodi tradizionali si sono rivelati insufficienti di fronte allo sviluppo urbano-industriale.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 15/04/2022

Jessica_296
Jessica_296 🇮🇹

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Scarica Geografia: Rivoluzione Teoretica e Modelli in Geografia Fisica e Umana e più Appunti in PDF di Geografia solo su Docsity! GEO – GRAFIA = SCRITTURA E DESCRIZIONE DELLA TERRA Per molti secoli nella cultura occidentale la funzione primaria della geografia è stata la descrizione dell’ecumène (mondo abitato) sulla base delle esplorazioni e delle scoperte geografiche; attualmente questa funzione ha perso importanza a causa della fine delle scoperte, la maggiore conoscenza del mondo grazie a una maggiore mobilità e alle tecnologie. La geografia può essere definita come scienza dei rapporti tra uomo e natura: studia le relazioni tra fenomeni naturali e antropici che si svolgono nello spazio della superficie terrestre. Come disciplina si struttura in diversi rami (biogeografia; della popolazione; agraria; attività industriali; urbana; politica) e si pone obiettivi di generalizzazione e spiegazione per la dimensione spaziale dei fenomeni naturali e antropici; in particolare indaga due tipi di relazioni: 1. VERTICALI (o ecologiche): che si instaurano tra un gruppo umano e l’ambiente da esso occupato (es. agricoltura) 2. ORIZZONTALI: che si instaurano tra diversi soggetti, gruppi, elementi territoriali situati in luoghi diversi della superficie terrestre (es. pendolarismo) L’intreccio di queste relazioni può essere di tipo materiale (flussi di persone, merci) o immateriale (flussi di energia, informazioni). TERRITORIO: è l'oggetto della geografia e può essere definito come il prodotto materiale del rapporto società-ambiente. Nasce dal bisogno di soddisfare 3 esigenze fondamentali: mangiare, coprirsi, abitare/insediarsi; la risposta a queste esigenze costringe la società ad interagire con l'ambiente, modificandolo e plasmandolo per raggiungere i suoi fini. Per sopravvivere, infatti, una società deve organizzare il territorio, lo spazio geografico, e tale organizzazione è un processo continuo, poiché un territorio non resta mai uguale a sé stesso (crescita demografica, etc). Il territorio è la risorsa più importante della società. PAESAGGIO: forma dell’organizzazione territoriale che comprende elementi naturali (clima, vegetazione, natura del suolo…) ed antropici, che a loro volta possono essere materiali (modi di utilizzazione del suolo, forme e strutture dell’insediamento...) o immateriali (credenze religiose e atteggiamenti psicologici, rapporti di produzione…).  Definizione 1936 → Vidal de la Blache: “paesaggio come la sintesi degli elementi visibili dello spazio geografico” – La definizione è un po' generale e riconduce in sostanza il paesaggio a semplice insieme di forme e nulla aggiunge sul metodo con cui si studia il paesaggio stesso.  Definizione 1961 → Renzo Gambi, geografo italiano: “paesaggio è soprattutto ciò che non si vede; in questo agiscono delle forze che sono il motore delle forme e che non sono immediatamente visibili” – le credenze religiose di un gruppo, gli atteggiamenti psicologici, le consuetudini nella trasmissione della proprietà fondiaria. STORIA DELLA GEOGRAFIA 1. Fase pre-istituzionale: fase lunga di gestazione che va dall’antichità greco-latina al XIX secolo, caratterizzata da pensatori isolati; la geografia contiene in sé discipline estranee → astronomia, cartografia, etnografia. Ci sono due approcci in particolare:  matematico-astronomico : Eratostene (sistema delle coordinate longitudinali e latitudinali) e Tolomeo  storico-narrativo : Erodoto e Strabone 2. Fase di istituzionalizzazione o accademizzazione: dal XIX secolo; viene definendosi come scienza in senso moderno. È il momento in cui nei vari Paesi europei nascono cattedre accademiche e società geografiche (istituzioni); ingresso della geografia tra le materie di insegnamento fin dal grado elementare; creazione di riviste scientifiche specializzate in cui gli studiosi hanno la possibilità di aprire dibattiti e scambiarsi idee e informazioni. Non ci sono più singoli pensatori ma scuole e sul piano dei contenuti avvengono alcune trasformazioni:  Obiettivi: di generalizzazione ed esplicazione  Definizione dell’ambito di interesse come la dimensione spaziale dei fenomeni naturali e antropici che hanno luogo sulla superficie terrestre studiandone localizzazione, distribuzione, variazione nello spazio terrestre, interrelazione e organizzazione). Il substrato culturale che domina la seconda metà del XIX secolo e che determina il focalizzarsi sul problema delle relazioni uomo-ambiente è caratterizzato da:  declino dell’idealismo  filosofia della scienza positivista: l’unità dei fenomeni della realtà nelle sue manifestazioni fisiche e sociali richiede il medesimo metodo di indagine → empirico-induttivo delle scienze naturali: osservazione – comparazione – classificazione – generalizzazione, cioè identificazione di leggi deterministiche di valore generale).  teoria evoluzionista di Darwin (1859) SCUOLA TEDESCA DI GEOGRAFIA Ratzel (1844 – 1904) definisce lo statuto disciplinare della geografia come studio della diffusione storica e distribuzione attuale dei gruppi umani sulla superficie terrestre in relazione alle diverse caratteristiche ambientali. Si parla di DETERMINISMO AMBIENTALE: le condizioni dell’ambiente naturale nelle loro diverse manifestazioni (clima, idrografia, suoli, ecc.) determinerebbero in modo vincolante sia l’evoluzione biologica degli organismi che anche lo sviluppo storico, economico e sociale dei gruppi umani. Il rapporto uomo-natura è un rapporto di causa – effetto univoco (natura > uomo). → L’ambiente pone delle condizioni all’uomo, che può rispondere in un solo modo. → Più l’ambiente pone condizioni difficili, più sarà alto è il grado di adattamento che l’uomo o la società umana deve sviluppare per vivere in questo ambiente (teoria della selezione naturale di Darwin) → ad ambienti naturali analoghi corrisponderebbero identiche caratteristiche delle comunità umane (forme di economia, tecniche, organizzazione sociale ecc.). Negli ultimi decenni dell’800 si ha una reazione al positivismo: questa crisi si manifesta con la critica al modello naturalista di scientificità come unico modello per studiare i fenomeni e con l’affermazione della specificità delle scienze umane. Si individuano due ordini di scienze con oggetti specifici e metodi diversi: 1. Scienze della natura: caratterizzate dall’obiettivo di generalizzazione di leggi generali di tipo deterministico. 2. Scienze dello spirito: che tendono a spiegare i fenomeni umani mettendone in luce la variabilità, unicità e irripetibilità. Al metodo positivista si sostituisce la comprensione storicista che accetta valori rifiutati dal positivismo (es. intuizione, sensibilità). SCUOLA FRANCESE DI GEOGRAFIA Paul Vidal de la Blanche (1843-1918), storico di formazione; condivide con Ratzel la definizione di geografia come scienza dei rapporti uomo-ambiente, escludendo però vincoli rigidi e univoci, offrendo piuttosto un range di possibilità, sfruttate in modo diverso dai gruppi umani: POSSIBILISMO GEOGRAFICO → un gruppo umano può decidere verso dove dirigere il suo rapporto con l'ambiente, elaborando così il genere di vita, ossia l’insieme di attività, valori, comportamenti collettivi, messi in atto da un gruppo umano per far Il compito della geografia è quello di descrivere e spiegare gli specifici intrecci di condizioni umane e naturali che consentono di inquadrare la superficie terrestre in un mosaico di REGIONI. REGIONE NATURALE: per Vidal de la Blanche, è quella entro cui si osserva una perfetta omogeneità di tratti naturali e antropici in ragione dell’influenza esercitata dai primi sui secondi. PAYS: piccola area segnata da una combinazione specifica e irripetibile di tratti umani e naturali, risultato di un lungo processo di sedimentazione storica e scelte operato dal gruppo umano che si è insediato in quell’ambiente, in risposta alle potenzialità insite nel locale ambiente naturale (genere di vita) → Crisi della geografia come descrizione, spiegazione di regioni, generi di vita, paesaggi REGIONE OMOGENEA (uniforme o formale): insieme di luoghi contigui distinti da omogenei attributi sul piano fisico e/o antropico. Possono essere  A caratterizzazione semplice: aree di distribuzione spaziale di un singolo elemento o fenomeno  A caratterizzazione multipla: identificate simultaneamente da più elementi la cui varietà spaziale è sintomo di interazioni → pays, biomi, etc. REGIONE NODALE (o funzionale): insieme di luoghi caratterizzati da attributi non omogenei, ma comuni da reti di relazioni spaziali (flussi materiali o immateriali) più intense di quelle che ci sono con l’esterno, e strutturate secondo un’organizzazione riconoscibile LUOGO, SPAZIO, POSIZIONE L’approccio geografico si fonda su alcuni interrogativi fondamentali:  DOVE? Ovvero la localizzazione dei fenomeni nello spazio, in termini di: 1. LUOGO: designa un particolare punto sulla superficie terrestre, cioè fa riferimento a località contraddistinte da specifiche caratteristiche fisiche, culturali e sociali. Ciascun luogo può essere identificato tramite le coordinate. 2. SPAZIO ASSOLUTO: è un’estensione della superficie terrestre di dimensioni non definite; può estendersi da superfici locali all’intera superficie terrestre. Esempio: Bordeaux-Bilbao; Bordeaux-Parigi 3. SPAZIO RELATIVO: ha proprietà che variano a seconda dei contenuti e fenomeni che si svolgono al suo interno. Esempio: commercio = spazio definito dagli accordi tra due persone; rete di nodi di diversa importanza 4. POSIZIONE: designa un particolare punto all’interno dello spazio assoluto; può essere: - ASSOLUTA , data dalle coordinate geografiche - RELATIVA , cioè la posizione di un elemento all’interno di un più ampio contesto di relazioni spaziali  A QUALE SCALA? →>>> DIFFUSIONE SPAZIALE: movimento di persone, idee, mode, malattie, da un luogo all’altro con tempi e modalità differenti a seconda del fenomeno considerato, ognuno dei quali ha diversi pattern di diffusione. Esempi: sviluppo socioeconomico, innovazioni, tecnologie, epidemie, cultura, moda. Nello SPAZIO la diffusione può avvenire per:  SPOSTAMENTO, RIALLOCAZIONE: è un processo in cui le entità che si diffondono abbandonano l’area in cui si sono originate mentre si muovono verso altre aree.  ESPANSIONE: ciò che si diffonde persiste anche nel luogo di origine; avviene in due modi: 1. Diffusione per contagio: dipende dal contatto diretto; è il modo in cui le malattie contagiose si trasmettono attraverso una popolazione → il processo è influenzato dalla distanza poiché le persone o le regioni vicine hanno una probabilità di contatto molto più alta rispetto a quelle delle persone o delle regioni più lontane; → tende a procedere in modo centrifugo, dalla regione sorgente verso l’esterno; 2. Diffusione gerarchica: designa la trasmissione attraverso una sequenza regolare di innovazioni (quali nuovi stili di moda o nuovi beni di consumo come la televisione) da grandi centri metropolitani a villaggi rurali lontani.  CONTATTO: il processo tende ad assumere un andamento spaziale regolare in cui la distanza è inversamente proporzionale alle probabilità di contatto definendo il campo di contatto. - Dall’alto verso il basso. Esempio: la scoperta scientifica, che avviene in università o laboratorio di ricerca; il processo di diffusione della scoperta avviene attraverso la gerarchia della comunità scientifica per poi essere divulgata all’umanità. - Dal basso verso l’alto: genere musicale, o moda → elaborata e nata tra un gruppo, condivisa all’interno di un gruppo più ampio, fino ad arrivare alla grande casa di moda che fa diventare un clothing item un oggetto di moda. Nel TEMPO i processi diffusivi si strutturano come successive ondate di diffusione che hanno diverse fasi → si tratta del modello di simulazione di Hagerstrand, geografo svedese; propose un modello a quattro stadi per la propagazione di quelle che chiamò onde di innovazione, più generalmente onde di diffusione. I profili delle onde di diffusione possono essere di 4 tipi, ciascuno dei quali descrive una curva di adozione: - Stadio primario: l’inizio del processo di diffusione; vengono stabiliti centri di adozione e c’è un forte contrasto tra questi centri di innovazione e le aree lontane. - Diffusione: segnala l’inizio del processo di diffusione effettivo; creazione di nuovi centri di innovazione in rapida crescita in aree lontane e riduzione di forti contrasti regionali tipici dello stadio primario. - Consolidamento: l’aumento relativo del numero di individui che accettano un’innovazione è uguale in tutte le località, indipendentemente dalla loro distanza dal centro di innovazione. - Saturazione: caratterizzato dal rallentamento e dalla cessazione finale del processo di diffusione (l’innovazione che si è diffusa è stata accettata nell’intero Paese cosicché la variazione regionale è ormai molto scarsa). Studi successivi sulla forma assunta dalla diffusione nello spazio e nel tempo ne hanno confermato la forma ondulatoria: inizialmente presenta un’altezza limitata in luce del basso tasso di innovazione, poi l’ondata aumenta sia in ampiezza che in altezza in ragione della diffusione, per poi diminuire in altezza pur rimanendo stabile in ampiezza; infine, l’ondata mostra un graduale indebolimento a causa del tasso di accettazione. SISTEMA La teoria generale dei sistemi (TGS) è una teoria elaborata a metà degli anni ’50 da Ludwig Von Bertalanffy a partire dall’ambito della biologia. SISTEMA: l’insieme di elementi interagenti entro determinati confini mediante relazioni che connettono gli elementi stessi secondo una struttura organizzata e stabile . Esempi: territorio, paesaggio, qualsiasi configurazione territoriale. Le interazioni tra gli elementi che compongono il sistema possono essere di 3 tipi: 1. Relazioni in serie o lineari: in un sistema molto semplice di soli 3 elementi le relazioni seriali sono caratterizzate da un rapporto di causa-effetto 2. Relazioni in parallelo: si tratta di una forma più elaborata rispetto alla prima; → A trasmette flussi di informazioni o mutamenti in 2 livelli paralleli, B e C, poi B e C li trasmettono rispettivamente a D ad E. Tuttavia, queste due forme non caratterizzano un sistema. 3. Retroazioni o azioni di feedback: → A trasmette il suo flusso su B, che lo trasmette in C che lo ritrasmette su A. Sono le retroazioni che caratterizzano i sistemi. Ogni mutamento e intervento che si attua su uno qualunque degli elementi che compongono il sistema si riverbera su tutti gli altri elementi pur non essendo stati interessati direttamente da quel mutamento, atto o intervento. Le retroazioni possono essere:  Negative: quando limitano la crescita del sistema  Positive: quando aumentano la crescita del sistema, fino anche all'implosione dello stesso sistema. Esempio: la crescita smisurata di una città può portare al suo collasso → Tutti i sistemi sono caratterizzati da DINAMISMO, a causa dei continui processi di mutamento endogeno e/o esogeno. → La reazione del sistema al mutamento dipende dalla flessibilità della sua struttura; oltre una soglia critica si può verificare una DESTRUTTURAZIONE del sistema. Le dinamiche del sistema sono complesse in ragione di: - diverso ritmo di mutamento dei singoli elementi; - fenomeni di inerzia; - flessibilità; - fenomeni di isteresi (reazione differita).  Decompositori: rimettono in circolo le sostanze inorganiche → gli organismi dei diversi livelli trofici disperdono energia per le proprie funzioni vitali → man mano che si procede entro la rete alimentare aumenta il RAPPORTO DI CONVERSIONE ALIMENTARE, cioè la quantità di cibo necessaria per produrre una caloria. Popolazioni numerose possono sussistere solo ai livelli trofici più bassi. Esempio: 12 quintali di frumento nutrono un bovino di 1 quintale; 1 quintale di bovino rappresenta 10kg di peso umano. Esempio: il fitoplancton viene consumato da larve e gamberetti, a loro volta consumati da calamari e piccoli pesci, che sono consumati dai tonni; in ciascun caso occorrono 5 / 10 unità di energia alimentare (kcal) della preda per produrre 1 unità di energia alimentare del predatore: è il rapporto di conversione alimentare. RAPPORTO DI CONVERSIONE ALIMENTARE: è fondamentale nella valutazione dei sistemi di produzione agricola e di allevamento in rapporto ai regimi alimentari. → a parità di superficie agraria sfruttata sarà possibile produrre una maggior quantità di calorie di origine vegetale rispetto a quella ottenibile da prodotti animali. DINAMISMI DEGLI ECOSISTEMI: Il processo di SUCCESSIONE BIOLOGICA: ogni comunità biotica tende a svilupparsi attraverso stadi di organizzazione, nei quali mutano tanto il numero e le specie di organismi coinvolti, quanto la struttura dei flussi che li connettono. → questo processo culmina con uno stadio di CLIMAX caratterizzato da uno stato di equilibrio tra i componenti dell’ecosistema ed il bilancio dei flussi input/output che lo connettono all’esterno. → Questo processo può essere alterato o interrotto da PROCESSI DI REGRESSIONE → ciò avviene a causa di mutamenti nelle condizioni dell’ecosistema o del suo ambiente esterno che interrompono o deviano il processo di successione biologica in corso verso differenti traiettorie di sviluppo. I FATTORI DI DIFFERENZIAZIONE DEGLI ECOSISTEMI Lo schema di funzionamento degli ecosistemi ha valore generale a qualsiasi scala, ma assumono configurazioni diverse a seconda dei diversi areali della superficie terrestre. LA DIFFERENZIAZIONE SPAZIALE: è riconducibile all’azione di differenti fattori di varietà ambientale , rilevabili a diverse scale spaziali. Su SCALA GLOBALE appaiono rilevanti le influenze relative ai caratteri zonali del CLIMA: l’abituale successione dei tipi di tempo propria di una località o di una regione , non esclusi gli eventi eccezionali. TEMPO ATMOSFERICO: una momentanea combinazione locale di vari elementi meteorologici (temperatura, precipitazioni, umidità…) → il concetto di clima è astratto perché non esistono strumenti per misurarlo → deve essere inteso come una convenzione che deriva dall’osservazione di fenomeni elementari che compongono il clima per un lungo periodo di tempo → è il risultato di un procedimento di astrazione che parte dall’analisi delle condizioni meteorologiche. FATTORI CHE AGISCONO SUL CLIMA: temperatura, pressione, umidità, latitudine, distanza dal mare, catene montuose, correnti marine, vegetazione, l’uomo. L’analisi di temperatura e precipitazioni: evidenzia la presenza di regolarità e ricorrenze sia nella distribuzione temporale che spaziale. LATITUDINE: incide sulla temperatura dell’aria in base alle variazioni che imprime all’assorbimento di energia solare da parte della superficie terrestre, e quindi alla capacità di questa di riemettere calore, determinando:  Raggi solari perpendicolari all’Equatore e sempre più obliqui man mano che ci si avvicina ai Poli  L’angolo di incidenza dei raggi solari, e la conseguente maggiore o minore dispersione per unità di superficie.  Differenze stagionali nel periodo di insolazione, più marcate con l’aumentare della latitudine a causa dell’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto al piano dell’eclittica  La diminuzione del gradiente termico dall’equatore verso i poli, con un parallelo incremento dell’escursione termica annua I contrasti termici risultano tuttavia attenuati dall’azione di alcuni meccanismi nel funzionamento dell’atmosfera, che svolge un ruolo di:  Filtro delle radiazioni in entrata  Riequilibrio termico attraverso l’effetto serra  Circolazione delle masse d’aria nella bassa toposfera L’atmosfera:  Subisce l’azione della gravità terrestre ed ha un proprio peso; questo, esercitato su un’unità di superficie terrestre da una colonna d’aria, viene definito pressione atmosferica. 1. La pressione atmosferica diminuisce con l’aumento dell’altitudine 2. La temperatura influisce sulla pressione atmosferica → quando l’aria si riscalda, si dilata e diventa meno densa, e più leggera; quando l’aria si raffredda, diventa più densa e pesante. → l’aria calda tende a salire, quella fredda a scendere. L’UMIDITÀ: altro fattore che influisce sulla pressione, poiché l'aria umida pesa più di quella secca. → i valori della pressione atmosferica nelle diverse località della superficie terrestre si distribuiscono in maniera non uniforma AREE A BASSA PRESSIONE o cicloniche: al loro interno si possono creare condizioni di tempo perturbato con possibilità di precipitazioni, poiché l'aria calda e umida si sposta verso l'alto dando origine a formazioni nuvolose. AREE AD ALTA PRESSIONE o anticicloniche: solitamente associate condizioni di tempo bello e stabile, poiché l’aria fredda e secca tende a scendere verso il basso Modello di Hadley-Ferrel In ogni emisfero la circolazione dell’aria, per effetto del moto di rotazione terrestre, circola non in un'unica grande cella che dal polo porta all’equatore l’aria pesante e dall’equatore fa salire l’aria leggera verso il polo, ma funziona invece attraverso tre circuiti convettivi per ciascun emisfero . → Il modello divide lo schema di circolazione dell’aria in tre celle per ciascun emisfero; → queste celle, definite equatoriali, temperate e polari, si determinano in ragione della rotazione terrestre e determinano fasce anticicloniche, o aree di divergenza atmosferica, e fasce cicloniche: 1. Fasce anticicloniche o di divergenze atmosferica – aree ad alta pressione polare (nord e sud) 2. Fasce cicloniche – aree ad alta pressione sub-tropicale (fino ai 30° di latitudine nord e sud) → le zone di convergenza sono quelle in cui lo scontro dei venti determina piovosità → le precipitazioni saranno più elevate (fino ai 60° nord e sud) → le zone di divergenza sono quelle in cui i venti, non scontrandosi, determinano zone asciutte → zone con scarse precipitazioni. Questo modello è importante per capire il regime delle precipitazioni a livello planetario tramite l’individuazione di aree di alta e bassa pressione corrispondenti ad aree con basse ed alte precipitazioni. Il regime delle precipitazioni influisce sul tipo di vegetazione presente nelle varie parti del pianeta. Lo schema delle fasce climatiche latitudinali, se osservato da scale differenti da quella globale, subisce modificazioni dipendenti da fattori attivi. → La SCALA CONTINENTALE: le sfumature sono diverse rispetto alla scala globale; la regionalizzazione ha contorni differenti, che modificano il clima e determinano diversi tipi di vegetazione: in questo caso agiscono fenomeni come la marittimità e la continentalità → a seconda che quell’area sia più vicina o lontana dalle coste, il clima assumerà caratteristiche differenti.  il mare si raffredda e si riscalda più lentamente della terra ferma. Esempio: spiaggia dopo insolazione in estate. Vento non freddo d’inverno. → La SCALA SUB-CONTINENTALE: è possibile analizzare fattori agenti in modo circoscritto e attinenti alla morfologia (rilievo) e composizione superficiale della LITOSFERA (suolo):  Il RILIEVO: agisce sul microclima locale e sulla vegetazione attraverso: 1. ALTITUDINE, che determina il gradiente termico verticale → ogni 100m di incremento del valore di altitudine, la temperatura diminuisce di ½° 2. VERSANTI: la temperatura misurata a 900m e 2700m di altitudine, sarà differente di ½° ogni 100m di altitudine 3. INSOLAZIONE: cambia in rapporto all’inclinazione e all’esposizione al sole dei versanti dei rilievi → differenziazione climatica e botanica dei versanti (solatio esposto a sud e illuminato avrà più latifoglie del livello del versante a nord, che ha una maggiore presenza di roccia nuda) → a seconda della latitudine considerata si avranno diverse tipologie di vegetazioni in ragione dell’altitudine.  Il SUOLO: formazione superficiale risultato del processo pedogenetico, è una struttura ripartita in diversi orizzonti, e la sua organizzazione e spessore dipende dall’interferenza con l’idrosfera e dall’attività morfogenetica. A seconda della tipologia di suolo si potranno avere diverse tipologie di vegetazione. L’azione combinata dei fattori di varietà ambientale a diverse scale spaziali, e la consecutiva influenza da essi esercitata sulle biocenosi (comunità) dà luogo ad un MOSAICO AMBIENTALE, in cui si trovano delle forme di ordinamento spaziale individuate tramite:  Classificazione tipologica: dipende dalla combinazione di clima-suolo-vegetazione  Regionalizzazione: unità spaziali distinte in base ad un tipo di ambiente. → su questo influiscono anche altri fattori: il tasso di fecondità globale (in costante riduzione, a causa dell’incremento delle condizioni di vita delle donne e dell’istruzione) e fattori politici come quelle del figlio unico (Cina)  Tasso di mortalità (Tm): rapporto tra numero dei morti nell’anno ed il totale della popolazione x 1000 → su questo influiscono anche fattori come la speranza di vita (che indica la lunghezza media delle persone in base ai tassi di mortalità correnti nel paese dove vivono) e la mortalità infantile  Tasso di incremento naturale (Tin): rapporto tra numero di nati – numero di morti e la popolazione totale x 1000 → si può anche esprimere come la differenza tra tasso di natalità e tasso di mortalità  Tasso di crescita totale: somma del tasso di incremento naturale e del tasso migratorio netto  Tasso migratorio netto: rapporto tra il saldo migratorio dell’anno ed il totale della popolazione x 1000  Saldo migratorio: differenza tra il numero degli iscritti ed il numero dei cancellati dai registri anagrafici dei residenti  Indice di invecchiamento: rapporto percentuale tra la popolazione da 65 anni in su e la popolazione compresa tra 0-14 anni IL TEMPO DI RADDOPPIO Nel corso dei secoli, questo valore è cambiato molto grazie a innovazioni tecnologiche e scoperte scientifiche che hanno portato ad una maggiore prosperità e al miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo. → è talvolta difficile stabilire l’andamento naturale della popolazione in quanto più ci si allontana dal presente, più lacunose saranno le fonti. → l’andamento naturale della popolazione ha conosciuto una progressiva riduzione dei tempi di raddoppiamento con accelerazione negli ultimi due secoli:  La popolazione ha impiegato un tempo molto lungo per raggiungere un raddoppio della popolazione tra l’anno 1 e 1650  Il secondo raddoppio è avvenuto dopo 170 anni, in un tempo molto più corto rispetto al primo raddoppio  Il raddoppio è andato via via diminuendo fino ad oggi, con una riduzione che dagli anni 70 è stata meno ampio  Nel corso del XX secolo la popolazione mondiale è quadruplicata → mutamento epocale nella storia, con diversità di aumento del numero degli abitanti differente da area ad area e continente a continente → epidemie, guerre, possibilità di cura più o meno efficienti sono fattori fondamentali che determinano questa diversità  Il ritmo di crescita è diventato più rapido a partire dall’800 → questo incremento nuovo vede interessare delle aree diverse a seconda del periodo: l’accelerazione del ritmo di crescita è avvenuto soprattutto in Europa, dove si nota un miglioramento delle condizioni di vita, che stimola una accelerazione della crescita demografica  L’incremento dovuto nei paesi del sud del mondo, che hanno visto crescere le popolazioni di quelle aree successivamente all’Europa, con ritardi nelle possibilità di cura → sono arrivate però quando in Europa stava già rallentando l’incremento, non per la mortalità, ma per la diminuzione delle nascite → frutto di combinazioni diverse in base alle varie parti del mondo: la rivoluzione industriale porta a maggiori possibilità di soddisfacimento di bisogni alimentari, per cui il problema della nutrizione si risolve nei paesi interessati; con la rivoluzione medica è ancora possibile un ulteriore aumento del dato. → il rapporto tra il tempo di raddoppiamento e l’incremento naturale è un rapporto di proporzionalità inversa→ più l’incremento naturale è elevato, minore sarà il tempo di raddoppio della popolazione, più è alto l’incremento naturale minore è il tempo di raddoppiamento della popolazione. IL MODELLO DELLA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA È un modello creato a partire dall’evoluzione della popolazione dell’Europa occidentale prima, durante e dopo la Rivoluzione Industriale; prevede uno sviluppo in 4 fasi caratterizzate da diverse combinazioni di natalità e mortalità, quindi è diverso rispetto al tasso di incremento naturale. 1. FASE ALTO STAZIONARIA: ++ natalità, ++ mortalità → il tasso di natalità è molto alto, la mortalità è altrettanto elevata; storicamente è la fase più lunga dal punto di vista cronologico, caratterizzata da una speranza di vita complessiva bassa; la popolazione cresce, ma in maniera molto lenta → attualmente non c’è nessun paese del mondo allo stato attuale che sia caratterizzato da questa situazione demografica. 2. FASE DI PRIMA ESPANSIONE: ++ natalità + mortalità → il tasso di natalità è molto elevato, ma quello di mortalità inizia a diminuire, con un declino della mortalità ed un aumento della speranza di vita. → se la natalità è molto alta, ma diminuisce un po’ la mortalità, ed aumenta la speranza di vita di quei tanti nati, la popolazione cresce di più di quanto cresceva nella prima fase. La popolazione, in ragione di una diminuzione della mortalità complessiva, cresce. → in Europa alla metà del 700 si ha la comparsa delle pandemie del 600 - la peste debellava moltissime persone, il controllo di queste vede progressivamente diminuire il tasso della mortalità. → avviene come fenomeno di lungo corso, non in maniera repentina o nell’arco cronologico breve - la mortalità comincia a declinare già precedentemente all’epoca della diffusione dei primi vaccini ed antibiotici, innovazioni mediche che porteranno all’ulteriore è più rapido decremento della mortalità. → La popolazione in Europa inizia a crescere, in parte per il progresso delle cure mediche e sanitarie, in parte anche per la miglior conservazione delle derrate alimentari → Questa fase, in altre parti del mondo, è avvenuta in tempi molto più rapidi in altri paesi: in Cina si concentra in una sola generazione; l’incremento delle cure mediche in qualche caso ha risolto dei problemi di elevata mortalità in tempi molto rapidi. → Nel caso del Bhutan possiamo dire che nel 2000 il tasso di mortalità va dal 14 al 6 in soli 14 anni, molto significativo perché concentrato. Quando la diminuzione del tasso di mortalità è più recente, la fase dura per un numero di anni inferiore perché si passa alla terza fase → Paesi come Arabia saudita, Pakistan, Kenya, Guatemala → sono però paesi che vedono un trend per cui si spostano verso la terza fase molto rapidamente, sta avvenendo molto più rapidamente il passaggio da II a III. 3. FASE DI TARDA ESPANSIONE: + natalità – mortalità → ulteriore abbassamento del tasso di mortalità, inizio della diminuzione del tasso di natalità. → Progressivo aumento in termini assoluti della popolazione, continua ad aumentare ma con ritmi più lenti ma il valore del tasso della mortalità diminuisce ancora. → Il caso del Bhutan: nel 2014 la natalità era la metà di quella precedente, ancora molto elevato ma passa alla terza fase molto velocemente perché i tassi di mortalità e natalità stanno diminuendo entrambi: introduzione di vaccini e antibiotici. Questo trend cambia quando gli individui iniziano a controllare quanti individui nascono nelle famiglie. Nelle famiglie contadine il numero di figli e maggiore per dare più braccia al lavoro agricolo, nella società industriale inizia a non essere più così: i “vantaggi” dell’avere più figli non esistono più, in quanto sono un costo che possono permettersi le famiglie più abbienti. → Paesi come l’India, Messico, Algeria, Indonesia. 4. FASE BASSO STAZIONARIA: - natalità - - mortalità → l’esito della popolazione stazionaria è dato da una combinazione delle due variabili opposta a quella delle prime due fasi: il tasso è basso sia per natalità che mortalità, tanti sono i nati, tanto sono i morti, la popolazione è la stessa; la combinazione è molto diversa rispetto a quella della prima fase. → Paesi come Canada, Cina, Paesi europei, Stati Uniti. LA MIGRAZIONE MIGRAZIONE: spostamento permanente o di lungo termine di un individuo o gruppo di persone dal luogo di origine; a volte si intendono le migrazioni in più stati: migrazione interna → da sud a nord o da stato a stato. SALDO MIGRATORIO NETTO → numero di immigrati – numero di emigrati CIRCOLAZIONE: spostamento temporaneo, spesso ciclico, può durare diversi anni → Esempio: studente che va a studiare in un altro paese anche per diversi anni; donna che lascia il paese di origine per lavoro con la prospettiva di tornare nel paese di origine. Esempio: In Italia nel 2017 la popolazione totale era di 60.589.445. Se si raffronta questo dato con il numero di nati rispetto all’anno precedente, 485.151, il numero di morti di quell’anno, 649.061, ed il saldo migratorio (→ numero di immigrati meno il numero di emigrati), 184000, possiamo fare delle considerazioni: → Nel 2017 il numero di immigrati nel paese è stato positivo → ci sono stati più migranti di fughe di cervelli → questo numero non compensa il numero di morti, che è più elevato del numero dei nati.  Concetto di migrazione volontaria o forzata  Fattori di push e pull STRUTTURE DELLA POPOLAZIONE  Strutture biologiche  Struttura occupazionale LE STRUTTURE BIOLOGICHE: studio della struttura per sesso e per età della popolazione tramite degli istogrammi speculari; questi rappresentano la sopravvivenza della popolazione per ciascuna classe, con un dato espresso in valore assoluto o talvolta in percentuale. Rende possibile visualizzare la situazione relativa ad un dato anno di una struttura per sesso ed età.  Popolazione a forte crescita  Popolazione a lenta crescita  Popolazione stabile  Base economica adeguata, costituita da attività di caccia e di raccolta così che la sperimentazione agricola sia un elemento in più → il sostentamento deve essere consistente e basarsi sulle altre attività così da non intaccare l’ambito della sperimentazione. Secondo i postulati teorici di Sauer ci sarebbero dei nuclei nel mondo tali per cui queste condizioni avrebbero reso possibile lo sviluppo dell’agricoltura. Questa tesi è stata la prima delle tesi policentriche, che poi si sono ampliate: catena andina, sud-est Asiatico altri focolai di sperimentazione con caratteristiche differenti, ma tutte tesi che fanno parte delle tesi policentriche basate su quella di Sauer. LA CLASSIFICAZIONE TIPOLOGICA DEI SISTEMI AGRARI Si suddivide in 4 tipologie:  AGRICOLTURE PRIMITIVE caratterizzate da: - proprietà comune della terra - uso discontinuo del suolo (agricoltura itinerante o shifting cultivation) → la semina di un terreno viene interrotta per permettere al terreno di ristabilire la sua fertilità - autoconsumo dei raccolti, non vengono destinati al mercato → questa tecnica è utilizzata nell’America del Sud ed in Africa centrale – l’agricoltore sceglie il terreno, lo seleziona e pulisce tramite la tecnica del taglia e brucia e con disboscamento per eliminare tracce vegetali residue; la cenere aiuta a rendere fertile il terreno, sul quale semina nuove piante; dopo la raccolta c’è un periodo di riposo. → lo sfruttamento discontinuo del suolo prevede un insediamento stabile o semi-stabile di un gruppo umano che lo pratica.  AGRICOLTURE TRADIZIONALI caratterizzate da: - proprietà individuale affiancata talvolta alla proprietà comune - tendenza all’autoconsumo, ma non esclude la produzione di prodotti destinati alla commercializzazione ricavati dal surplus di prodotti - tipo di agricoltura che porta alla saturazione dello spazio agrario → è necessario coltivare tutto lo spazio agrario in quanto le rese sono basse per far fronte al sostentamento dei proprietari; la saturazione viene fronteggiata con strategie di conservazione del suolo che vedono l’intensificazione e diversificazione della produzione (vite e albero sullo stesso suolo, due tipi di colture per massimizzare la produzione, coltura promiscua, sistemi di complementarietà tra campo stabile e agricoltura itinerante), ma anche di strategie di controllo tramite la polverizzazione fondiaria – frazionamento della proprietà fondiaria in appezzamenti tanto minuscoli da non consentire di formare anche una minima entità produttiva ed economica - fra le strategie di conservazione del suolo in particolare ci sono: 1. i sistemi di rotazione agraria a maggese (1 frumento, 2 ortaggi a radice, 3 orzo, 4 legumi) 2. integrazione con l’allevamento (infield-outfield system) mirata alla fertilizzazione naturale del suolo 3. agricoltura irrigua ad alta intensità di lavoro e debole integrazione con l’allevamento (risicoltura del sud-est asiatico, aree desertiche o policoltura delle oasi) → prevedono molto lavoro; sono caratterizzate da terrazzamenti per rendere le coltivazioni possibili anche in aree in pendenza così da sfruttare la maggior superficie possibile 4. sistemi ad avvicendamento continuo ad altissima intensità di lavoro e forte integrazione con l’allevamento (Esch, Africa Orientale) → sono caratterizzate da un’alta intensità di lavoro, per cui la rotazione delle colture permette la rifertilizzazione del terreno. → in Europa a partire dal 1700 si passa all’open field system (soprattutto in Polonia): si tratta di sistemi con caratteristica suddivisione dei cicli di rotazione per grandi appezzamenti di terreno; le proprietà vengono suddivise sulla base di tre unità di rotazione, in cui i proprietari dividono le parcelle in ogni unità di rotazione, uniformemente coltivata con la stessa coltura; il sistema prevede una gestione comunitaria. Il singolo ha una striscia di terreno localizzata nelle unità di rotazione, così che ogni famiglia possa beneficiare delle colture. L’outfield è invece l’area boschiva che serve da polmone di espansione in caso di crescita demografica. → il bocage (soprattutto in Inghilterra e Francia) invece è un sistema caratterizzato dalla suddivisione delle proprietà in diverse recinzioni, in cui il singolo proprietario organizza il lavoro secondo le proprie necessità.  AGRICOLTURE DI MERCATO caratterizzate da: - proprietà privata della terra e dei mezzi di produzione (capitalismo) - orientamento della produzione verso il mercato: si attua una separazione spaziale tra produzione e consumo, con conseguenze sulle destinazioni d’uso del suolo → si orienta la produzione non all’autoconsumo, ma alla commercializzazione – si coltivano ampie aree con una sola coltura, così da intensificare la produzione - innovazione tecnologica → indirizzata all’aumentare le rese e poi migliorare la commerciabilità del prodotto → questi sistemi si affermano a partire dal XVIII secolo nell’Europa nord-occidentale grazie allo sviluppo delle conoscenze sulle capacità miglioranti delle piante leguminose, così come l’utilizzo dei fertilizzanti → a seconda dell’area assume diverse forme: agricoltura commerciale contadina in Europa, di piantagione nei Paesi del terzo mondo, capitalistiche in USA e Canada.  AGRICOLTURE COLLETTIVE (nei paesi socialisti) sono caratterizzate da: - proprietà collettiva della terra e dei mezzi di lavoro, messi in comune per le teorie socialiste - orientamento della produzione in base alla pianificazione statale dell’economia → è lo stato a stabilire cosa produrre, in quanto tempo e quantità - organizzazione collettiva del lavoro LA LOCALIZZAZIONE AGRARIA E IL MODELLO DI JOHANN HEINRICH VON THÜNEN (1783-1850) Si tratta di un modello di analisi spaziale degli usi agricoli del suolo intorno ad un centro di mercato , collegato al modello della localizzazione industriale di Weber. Si tratta di una teoria importante perché per la prima volta si ragiona non solo sul fatto che la rendita di un terreno dipende da quanto quel terreno è fertile, ma anche dalla posizione che quel terreno ha rispetto al centro di mercato, dove il prodotto verrà venduto. → il terreno non vale solamente in ragione della sua rendita (economia di sussistenza, tipica della società preindustriale): il valore d’uso del suolo è legato soprattutto alla produttività e ha quindi un valore economico (società capitalistica). → per questo motivo, l’organizzazione territoriale assume un’importanza maggiore in quanto si tende a ottenere dal territorio la maggiore resa economica possibile. I presupposti:  territorio uniforme (concetto di territorio declinato come spazio isotropico privo di attributi)  agricoltura di mercato (capitalismo)  attività agricola come unica attività svolta sul territorio  costi di produzione fissi ed uniformi  unico mezzo di trasporto e costo di trasporto uniforme (cambia invece la distanza)  costi di trasporto verso il mercato → dipendono dalla distanza (d) ed il tipo di prodotto per peso, ingombro, deperibilità (k) Su questa base è possibile valutare la rendita (valore del territorio) offerta dagli usi agricoli in rapporto alla posizione rispetto al mercato: R = Prodotto x Prezzo – C produzione – C trasporto Avremo così: → prodotti a k alto vicino al mercato → prodotti a k basso lontano al mercato Tipi di rendita:  Rendita mineraria: valore determinato dalle caratteristiche  Rendita agraria: valore determinato dalle caratteristiche del suolo (fertilità) e dalla sua posizione  Rendita urbana: valore determinato dalla posizione e dalle esternalità garantite da una determinata posizione Il modello di von Thünen non è previsionale e non rappresenta le condizioni esistenti effettivamente all’inizio del XIX secolo (né quelle odierne), ma mira a semplificare il mondo reale per comprenderne le caratteristiche. Il modello è stato infatti superato dal progresso agricolo, e dal cambiamento riguardante mezzi di trasporto, i sistemi di continuazione, la trasformazione dei prodotti e la loro refrigerazione. GEOGRAFIA URBANA La città può essere definita con criterio quantitativo della dimensione fisica (riguardo alla superficie edificata) o demografica. Per quanto riguarda il criterio funzionale invece è la complessità delle attività e delle funzioni che si svolgono in una città per rispondere alle esigenze della popolazione interna ed alla domanda proveniente da territori esterni. La città è quindi composta da:  Una prevalenza di funzioni economiche non agricole  Presenza di funzioni diversificate e rivolte alla popolazione interna ED esterna. Le attività si dividono in attività di base (o city forming) per quanto riguarda i servizi dedicati alla popolazione esterna, non di base (o city serving) quando sono rivolti verso l’interno. URBANIZZAZIONE: processo di progressiva concentrazione delle città caratterizzato da:  Dimensioni quantitative del processo di concentrazione demografica  Mutamento qualitativo dei modelli di vita (urbanesimo)  Modificazioni nella più complessiva organizzazione territoriale con l’emergere di reti di relazioni in rapporto al processo di concentrazione funzionale, con conseguente formazione di reti o sistemi urbani Il grado di urbanizzazione nel mondo → Il 2008 ha segnato un importante punto di svolta del mondo verso la transizione urbana: per la prima volta la percentuale della popolazione mondiale che vive in città ha → La struttura assunta dalle relazioni del sistema urbano dipende dalle caratteristiche funzionali dei centri che esse connettono, ed è quasi sempre di tipo gerarchico. Le gerarchie urbane possono essere analizzate secondo due metodi: quello demografico e quello funzionale. METODOLOGIE DEMOGRAFICHE: legge rango-dimensione → dn=D1/n Alcune città hanno struttura più piramidale – ordine delle città sulla base del numero di abitanti, per individuare il tipo di gerarchia che si struttura sulla base di questo indicatore. METODOLOGIE FUNZIONALI: l’indicatore dell’importanza gerarchica (rango o ordine) di un centro urbano è individuato dalla quantità e qualità di funzioni che in questo vengono esercitate. Esempio: Parigi è una città dominante, in quanto domina in maniera molto forte rispetto alla seconda città per ordine di importanza demografica all’interno della Francia; ha una struttura fortemente polarizzata in un centro, e la situazione è simile sul piano demografico. MODELLO DELLE LOCALITÀ CENTRALI O MODELLO DI CHRISTALLER Walter Christaller (1893-1969) fu il principale fondatore della teoria delle località centrali: si tratta di un modello che descrive la gerarchizzazione dei centri urbani e la relativa organizzazione delle reti economiche e di servizi che connettono le varie località. Il suo modello, elaborato negli anni ’30 (e quindi rispecchiante quella realtà e non quella odierna), si fonda esclusivamente sulle funzioni terziarie e considera il RUOLO svolto nell’organizzazione dei flussi di consumo dalle città in quanto centri erogatori di beni e servizi diretti alla popolazione interna e a quella del territorio circostante. Il ruolo della città è definito attraverso alcuni concetti di base:  LA LOCALITÀ CENTRALE: la città come centro fornitore del b/s per → REGIONE COMPLEMENTARE: area servita dalla località centrale.  RANGO DI CIASCUN B/S: valutabile attraverso la SOGLIA DEL B/S: quantità minima di domanda perché sia conveniente erogare un b/s; la domanda è quella fatta dal mercato di chi compra e chi ha bisogno di certi beni e servizi.  PORTATA DEL B/S: raggio dell’area di mercato. La DISTANZA è un fattore che influenza la domanda di beni e servizi, in quanto con l’aumentare della prima aumentano i costi di trasporto che gli utenti devono sostenere per soddisfare i propri bisogni: si individua così un cono di domanda. Questi concetti permettono di individuare i meccanismi secondo i quali si organizzano le RELAZIONI DI DIPENDENZA GERARCHICA tra i centri. → centri minori avranno beni e servizi banali ed in quantità minore, per cui anche la soglia e la portata saranno basse, e le relative regioni complementari saranno piccole → centri maggiori avranno beni e servizi maggiori e rari, che porteranno a soglia e portata alta e regioni complementari estese. Su queste basi generali, Christaller delinea il modello di OTTIMIZZAZIONE SPAZIALE della distribuzione delle località centrali sul territorio, ottenendo:  Un territorio uniforme  Una massima riduzione dei costi di trasporto  La totale soddisfazione della domanda  Un equilibrio di mercato. → le aree di mercato ottimali secondo la teoria di Christaller sarebbero quelle in cui i consumatori fanno i propri acquisti nella località a loro più prossima; le aree di mercato sarebbero quindi circolari, ma potrebbero diventare esagonali in caso altre località centrali si trovino nella stessa area. La configurazione spaziale che assume la rete urbana per soddisfare questo insieme di condizioni prevede una distribuzione perfettamente regolare delle località centrali entro una maglia di regioni complementari di forma esagonale, che risulta quindi dall’intersezione delle basi di più coni di domanda – si creerebbe così una sorta di struttura a nido d’ape, che vede città principali, secondarie e paesi connessi da un reticolo geometrico. CITTÀ E REGIONE Il SISTEMA URBANO è l’insieme di città connesse da reti di relazioni territoriali relativamente stabili e strutture che conferiscono ad esse la natura di sistema integrato su scale spaziali variabili a livello sovralocale (globale). → queste reti urbane configurano spazi regionali diversi a seconda della modalità attraverso cui sono organizzati i rapporti tra i singoli nodi e le strutture, riconducibili a vari modelli. Esistono tre tipi di reti urbane:  Reti a gerarchia determinata (o christalleriane): hanno un limite esterno che corrisponde a quello della regione complementare della località centrale di rango più elevato (il centro del sistema); la soglia e la portata legano i vari nodi delle rispettive regioni complementari – si tratta di reti a base areale  Reti multipolari a specializzazione locale stabile: le funzioni urbane si suddividono tra i nodi in combinazioni locali di vario tipo e dimensione, dipendenti da scambi ed interazioni fra nodi, basati sulla complementarietà delle funzioni; non ha centro né confini regionali, e tende a divenire globale. Esempio: Anversa, Parigi e Milano sono pari sotto il punto di vista della moda, ma non hanno altre funzioni in comune, come ad esempio quella finanziaria.  Reti equipotenziali o a indifferenza localizzativa: le funzioni si suddividono tra i nodi non per fattori di prossimità della domanda, ma per effetti di contingenze locali. MORFOLOGIA URBANA: studia la forma fisica della città secondo due orientamenti di ricerca: - Analisi della pianta della città nel quadro di sistemi di classificazione tipologica della forma urbana - Analisi morfogenetica → ricostruisce i processi di formazione e trasformazione del paesaggio urbano, riconnettendo forme e funzioni attraverso processi. ANALISI DELL’ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO URBANO in relazione alle strutture e funzioni socioeconomiche sottese alla forma materiale. In particolare, prende in considerazione le relazioni tra valore e usi del suolo urbano. Nelle economie di mercato anche il suolo è una merce, il cui valore è determinato dall’incontro tra domanda e offerta. Questo determina:  Il valore superiore dei suoli urbani, per i quali vi è maggior richiesta data la forte concentrazione insediativa e funzionale, rispetto ai suoli agrari il cui valore è più vicino al valore d’uso.  Le differenze di valore tra diverse zone della città, secondo una precisa geometria che vede al centro i valori massimi, e via via valori decrescenti verso la periferia. → le curve di offerta e rendita descrivono il variare del valore e dell’utilizzo dei terreni all’interno di una città → coloro che gestiscono attività come commercio al dettaglio, che trae vantaggio dai flussi pedonali, o i servizi di consegna, per cui è vantaggioso essere vicino ai propri clienti, è disposto a pagare di più per insediarsi in una posizione centrale e accessibile. Al tema dell’accessibilità riconducibile ai maggiori vantaggi si riconduce anche la forte domanda delle posizioni centrali, a fronte della rigidità dell’offerta, e di conseguenza un aumento del valore del suolo. MODELLI DELLO ZONING Le diverse funzioni del suolo urbano si distribuiscono all’interno della città tenendo conto di:  Entità dei vantaggi offerti dall’accessibilità ai diversi tipi di funzioni  Entità di spazio occupato  Capacità di spesa dei diversi settori economici. → in base a questi meccanismi il centro urbano è occupato da attività terziarie elevate e quaternarie (banche, pubblica amministrazione, attività culturali), mentre le funzioni industriali e residenziali occupano spazi più periferici. La distribuzione degli usi del suolo riconduce a MODELLI DI ZONING, o di articolazione funzionale dello spazio urbano. Le politiche pubbliche hanno un ruolo fondamentale per attuare interventi di riequilibrio territoriale attraverso incentivi alla formazione artificiale di processi agglomerativi per rilocalizzazione in aree deboli. Questi interventi si distinguono in diretti ed indiretti. I PROCESSI DI CONCENTRAZIONE TECNICA E FINANZIARIA possono essere di due tipi:  a concentrazione verticale: l’impresa concentra in una sola area le diverse fasi produttive che concorrono alla fabbricazione di un articolo finito.  a concentrazione orizzontale: l’impresa acquisisce sotto la stessa direzione vari stabilimenti che fabbricano lo stesso prodotto. → l’eccesso di concentrazione trasforma le economie di agglomerazione in diseconomie, inducendo a processi di deglomerazione attraverso il decentramento industriale. I processi di DEGLOMERAZIONE consistono nel:  decentramento territoriale o rilocalizzazione  decentramento produttivo  formazione di sistemi industriali periferici → territorializzazione periferica. La DIMISSIONE INDUSTRIALE è causata:  dall’esigenza di una ristrutturazione del processo produttivo  dalla delocalizzazione  dall’abbandono. LA DEINDUSTRIALIZZAZIONE: processo inverso all’industrializzazione, che porta una città o un’azienda a spostarsi in un altro luogo o ridurre la sua attività economica per ragioni socioeconomiche. LA GEOGRAFIA DELLO SVILUPPO Si basa sugli indicatori del livello di sviluppo e sui modelli delle manifestazioni territoriali del sottosviluppo. Lo SVILUPPO è dato da quei processi che determinano cambiamenti positivi nel benessere economico, nella sua distribuzione tra le classi sociali e nella qualità della vita degli abitanti e dei lavoratori. Esempio: la differenza globale tra Nord e Sud del mondo. INDICATORI DEL LIVELLO DI SVILUPPO: tradizionalmente il livello di sviluppo di un paese viene valutato in relazione alla sua capacità di produrre ricchezza attraverso l’applicazione di parametri economici come:  il PIL  il reddito pro-capite  il PPP, purchasing power parity, la parità dei poteri di acquisto. Esempio: il Qatar e la Norvegia nel 2017 avevano un PIL pro capite di circa 80.000$, fra i più alti al mondo. → si è però consapevoli dei limiti dell’approccio tradizionale a causa del valore delle soglie e del significato dei valori globali o medi che non danno ragione degli squilibri interni nella produzione di ricchezza. → inoltre, si è messa in discussione una visione esclusivamente economico/quantitativa che identifica sviluppo e crescita produttiva, e si è così affermato nel dibattito scientifico come in quello politico il concetto più ampio di SVILUPPO UMANO. SVILUPPO UMANO: il processo di ampliamento della gamma di scelte della popolazione, le più importanti delle quali sono una vita lunga e sana, la possibilità di studiare e di accedere alle risorse necessarie per uno standard di vista dignitoso, a cui vanno aggiunte la libertà politica, la garanzia dei diritti umani e il rispetto di sé stessi. A questo proposito di impone l’adozione di indicatori compositi:  Indicatori economici: - PIL - Reddito pro-capite - Struttura occupazionale della forza lavoro - Produttività per addetto - Consumo energia pro-capite - Sviluppo di infrastrutture  Indicatori sociali e della qualità di vita: - Tassi di scolarità e alfabetizzazione - Tassi di disoccupazione - Calorie pro-capite  Indicatori demografici: - Tassi di natalità - Tassi di mortalità - Incremento naturale - Mortalità infantile - Speranza di vita → è così stato messo a punto l’INDICE DI SVILUPPO UMANO (o anche ISU, IHD) che considera la speranza di vita alla nascita + il tasso di alfabetizzazione degli adulti + il PIL pro-capite. Alla fine degli anni 50 venne individuata una serie di criteri di sottosviluppo, che prevedeva:  Alimentazione insufficiente  Gravi carenze nei settori dell’istruzione e della sanità, come ad esempio analfabetismo, malattie endemiche di massa, mortalità infantile  Risorse poco sfruttate o sperperate  Elevata percentuale di popolazione agricola con bassa produttività  Ridotto tasso di urbanizzazione e modesta consistenza dei ceti medi  Industrializzazione debole o assente  Ipertrofia e parassitismo del settore terziario  Basso reddito pro-capite  Diffusione di disoccupazione, sottoccupazione e lavoro infantile  Dipendenza economica dai paesi sviluppati  Diseguaglianze sociali molto forti  Crescita demografica sostenuta I tratti in comune: - Forte crescita demografica - Debolezza delle strutture produttive agricole, che spesso è il settore prevalente, ma segnato da crisi dei sistemi tradizionali di sussistenza ed espansione del sistema di piantagione - Crescita urbana e terziaria ipertrofica - Forti squilibri sociali → Fattore di differenziazione: lo sviluppo industriale che negli anni 70 ha investito il terzo mondo ha determinato l’emergere dei NIC, new industrial countries → Singapore, Taiwan, Corea del Sud, Egitto, Brasile, India. In questi paesi si è registrata una forte crescita del settore secondario a causa di:  Politiche di sviluppo dei governi locali  Strategie di delocalizzazione delle multinazionali con produzione destinata al mercato interno e a quello estero sia del terzo mondo sia dei paesi ad economia avanzata. → Le conseguenze di questo fenomeno di industrializzazione appaiono positive in termini di crescita produttiva, ma più problematiche per quanto riguarda la concezione di sviluppo umano in termini di squilibrio sociale e territoriale all’interno del NIC, e infine per i legami di dipendenza con l’emergere di un Nord del Sud. MODELLI DELLE MANIFESTAZIONI TERRITORIALI DELLO SVILUPPO – ROSTOW-TAAFFE Il modello Rostow-Taaffe è fondato sulle analisi condotte negli anni 70 da Taaffee e Gould attraverso l’applicazione del modello degli stadi di sviluppo di Rostow (1962). Questo si suddivide in: 1. Stadio tradizionale, caratterizzato da livello tecnologico e produttivo basso, una struttura sociale gerarchizzata, rete urbana e dei trasporti a debole interconnessione 2. Stadio di transizione, caratterizzato da crescita di infrastrutture ed investimenti produttivi, emergere di élite sociale su base economica, formazione di stati nazionali, crescita dell’interconnessione tra rete urbana e dei trasporti 3. Stadio di take-off, caratterizzato dalla crescita degli investimenti nel settore secondario, incrementi produttivi e ruolo trainante dell’industria 4. Stadio di maturità, caratterizzato dalla crescita cumulativa che interessa tutti i settori 5. Stadio della società dei consumi di massa, con crescente importanza dei beni di consumo e dei servizi, politiche di welfare, rete urbana e dei trasporti a massima interconnessione. → si tratta di un modello che vede il processo di modernizzazione nella diffusione spaziale di forme di organizzazione territoriale sempre più complesse. → il limite del modello sta nella sua rigidità evolutiva e nell’etnocentrismo, in quanto non tiene conto di costi sociali e ambientali dell’esportazione del modello occidentale di sviluppo. Esempio: il sistema di commercio internazionale rivela l’esistenza di due tipi di stati, dominanti e dipendenti. Lo sviluppo è comprensibile se si analizzano le relazioni tra stati. TEORIA DEL SISTEMA MONDO DI WALLERSTEIN Il sistema mondo di Wallerstein è costituito da un centro, una semi-periferia, una periferia e arene esterne. Le arene sono i luoghi più isolati e distaccati dai meccanismi capitalistici, ma con buone probabilità di diventare parte della periferia. Il modello centro-periferia: si tratta di un nucleo teorico di interpretazione del sottosviluppo basato su teorie che si fondano su una critica della teoria neoclassica dell’equilibrio di mercato → secondo questa, la crescita economica è un processo continuo e lineare, che produce spontaneamente una equilibrata allocazione delle risorse entro il sistema economico. → secondo la teoria di Wallerstein invece, la crescita economica comporta necessariamente squilibri sociali e territoriali tra centro e periferia. Il centro: è caratterizzato dalla presenza di fattori iniziali favorevoli, che innescano una crescita precoce, che porta ad economie di agglomerazione e processi cumulativi.
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