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Giovanni Pascoli: Biografia e Poesia, Appunti di Italiano

Biografia di Giovanni Pascoli, nato a San Mauro di Romagna nel 1855, dalla famiglia di un fattore di terra. La vita di Pascoli fu segnata da una tragedia che lo influenzò profondamente e lo allontanò dalla politica militante. La sua poesia è caratterizzata dalla precisione ornitologica e botanica, dal simbolismo e dall'amore per le piccole cose. La visione del mondo di Pascoli è positivistica, con una concezione socialista umanitaria.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 25/11/2022

saraolivieri10
saraolivieri10 🇮🇹

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Scarica Giovanni Pascoli: Biografia e Poesia e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna nel 1855, da una famiglia della piccola borghesia rurale: faceva parte di una tipica famiglia patriarcale, molto numerosa, il padre, Ruggero, era fattore della tenuta La Torre. La vita di questo nucleo venne sconvolta da una tragedia che segnò profondamente il poeta, Ruggero Pascoli fu ucciso a fucilate, probabilmente da un rivale che aspirava a prendere il suo posto di amministratore. La morte del padre creò difficoltà economiche alla famiglia, che dovette lasciare la tenuta e al primo lutto in breve tempo ne seguirono altri. Giovanni era entrato nel collegio degli Scolopi ad Urbino, dove ricevette una rigorosa formazione classica e nel 1873 grazie al brillante esito di un esame ottenne una borsa si studio pressò l'Università di Bologna, dove frequentò la Facoltà di Lettere. Negli anni universitari Pascoli subì il fascino dell'ideologia socialista, partecipò a manifestazioni contro il governo, fu arrestato e l'esperienza fu traumatica e determinò il suo distacco dalla politica militante. Restò fedele a un socialismo vagamente umanitario, che propugnava la fraternità. Si laureo nel 1882, iniziò subito la carriera di insegnante liceale e chiamò a vivere con sé le due sorelle, Ida e Mariù, ricostituendo così idealmente il “nido” familiare. La chiusura gelosa nel “nido” familiare e l'attaccamento morboso alle sorelle rivelano la fragilità della struttura psicologica del poeta, che cerca nelle pareti del “nido” la protezione da un mondo esterno. A questo si unisce il ricordo ossessivo dei suoi morti che inibisce il poeta ad ogni rapporto colla realtà esterna. Questa serie di legami con il nido familiare inibisce anche il rapporto con l'”altro” Per eccellenza, non vi sono relazioni amorose nell'esperienza del poeta, che conduce una vita, forzatamente casta. C'è in lui lo struggente desiderio di un vero “nido”, in cui esercitare un'autentica funzione di padre, ma il legame ossessivo con il “nido” infantile spezzato gli rende impossibile la realizzazione del sogno. La vita amorosa è qualcosa di misterioso, da contemplare da lontano. Le esigenze affettive del poeta sono, soddisfatte dal rapporto con le sorelle, che rivestono un evidente funzione materna. Si può capire allora perché il matrimonio d' Ida fu sentito da Pascoli come un tradimento e determino in lui una reazione spropositata con manifestazioni depressive. Dopo il matrimonio di Ida, Pascoli prese in affitto una casa a Castel vecchio. Qui, con la fedele sorella Mariù, trascorreva la vita a contatto con il mondo della campagna. La sua vita era quella appartata del professore, tutto chiuso nella cerchia dei suoi studi, ma in realtà turbata nell'intimo da oscure angosce come la presenza ossessiva della morte. Dopo aver ottenuto diverse cattedre nel 1905 subentrò al suo maestro Carducci nella cattedra di Letteratura Italiana a Bologna. L'inizio degli anni Novanta aveva pubblicato una raccolta di liriche, Myricae, poi negli anni seguenti diverse poesie in varie e importanti riviste. La sua fama di poeta si allargava e consolidava consacrandosi cosi poeta latino, capace di dare forza espressiva e moderna della lingua antica. Negli ultimi anni volle esercitare la funzione di poeta “vate” de destini della patria e celebratore delle sue glorie. Al poeta schivo inteso a celebrare il valore delle realtà, si affiancò cosi il letterato ufficiale, che si assunse il compito di diffondere ideologie e miti. Pascoli espletò questo suo compito con una serie di discorsi pubblici, tra i quali è rimasto famoso La Grande Proletaria si è mossa. Il poeta pero era ormai minato dal male si trasferì a Bologna per le cure, ma si spense poco dopo, il 6 aprile 1912. La visione del mondo: La formazione di Pascoli fu essenzialmente positivistica, tale matrice è ravvisabile nell'ossessiva precisione con cui egli usa la nomenclatura ornitologica e botanica, e d'impianto positivistico sono le fonti da cui trae la osservazioni sulla vita degli uccelli; cosi da letture di testi di astronomia scaturiscono i temi astrali. Ma anche il lui sorge una sfiducia nella scienza, al di là dei confini limitati raggiunti dall'indagine scientifica, si apre l'ignoto verso cui l'anima si protende ansiosa. Il mondo, nella visione pascoliana, Il segreto dell'armonia sociale consiste per Pascoli nel fatto che ciascuno si contenti di ciò che ha; il suo ideale di vita si incarna nell'immagine del proprietario rurale. La proprietà è per il poeta un valore sacro, la base indispensabile della libertà dell'individuo. Pascoli mitizza così il mondo dei piccoli proprietari agricoli come mondo sereno che difende i valori fondamentali Questo senso geloso della proprietà, del “nido” si allarga ad inglobare l'intera nazione. Per questo egli sente con tanta partecipazione il dramma dell'emigrazione ed induce Pascoli a far proprio il concetto che esistono nazioni ricche, capitaliste e nazioni proletarie, povere: tra questi vi è l'Italia, ebbene le nazioni proletarie hanno il diritto di cercare la soddisfazione dei loro bisogni, anche con la forza. Pascoli arriva dunque ad ammettere la legittimità delle guerre condotte dalle nazioni proletarie per le conquiste coloniali, in modo da dar terra e lavoro ai loro ai figli più poveri. Sulla base di questi principi, nel 1911 Pascoli arriva a celebrare la guerra in Libia come un momento di riscatto della nazione italiana con il discorso La grande proletaria si è mossa. Soluzioni Formali: Il linguaggio pascoliano è ricco di metafore, di sinestesie, di onomatopee e di allitterazioni, che contribuiscono a creare una fitta trama di corrispondenze foniche e simboliche (fonosimbolismo). Il lessico è nuovo, con mescolanze di parole dotte e comuni, ma sempre precisamente scientifico. La parola spesso si carica di significati allusivi: in essa il poeta proietta i suoi sentimenti. Dal punto di vista sintattico il poeta preferisce i periodi semplici composti di una sola frase o strutture paratattiche. Dal punto di vista stilistico emergono il simbolismo, ossia la tendenza a ricercare nelle cose il loro significato nascosto, per rendere le immagini più vive, Pascoli ama talvolta fare accostamenti nuovi trasformando aggettivi e verbi in sostantivi, ne risulta uno stile impressionistico nuovo (tecnica che ricerca gli effetti più immediati). Partendo dalla metrica classica e tradizionale, Pascoli introduce anche forme e metri nuovi assecondando il suo desiderio di effetti musicali, sottolineato da pause improvvise.  Mettendo in atto lo sperimentalismo, cioè la capacità di tentare nuove forme di linguaggio, forma un atteggiamento da innovatore, come anche il plurilinguismo, cioè la mescolanza di termini di linguaggio quotidiano, latinismi o parole straniere. Per quanto riguarda i nuclei tematici della sua poesia sono i seguenti: -Il dolore per l'assassinio del padre e i lutti provati. Pene e dolcezze dell'infanzia alimentano una poesia in cui il senso delle cose diventa sempre più allusivo. Il tema dei “cari” morti si allaccia a quello del “nido” familiare a cui si congiunge anche quello della malvagità degli uomini. -Nella sua immaginazione poetica non manca l'abbandono alla contemplazione della natura di cui egli sa cogliere ogni moto. Il paesaggio è protagonista di molte liriche e le immagini si prestano spesso a diventare simbolo di una realtà misteriosa -Pascoli è anche il poeta del cosmo, avvertito come mistero in cui emergono le precarietà della vita. -Il senso del mistero che avvolge la realtà, dell'ignoto che il poeta sa cogliere ed esplorare. -Il destino del dolore e della morte: gli uomini potranno trovare consolazione solo se impareranno a vivere con fraternità. -Nei Poemi Conviviali il poeta rievoca il mondo classico e i suoi miti e leggende. Myricae: La prima vera raccolta fu Myricae, uscita nel 1891 contenente 22 poesie e che raggiunse il totale di 156 componimenti Il titolo è una citazione virgiliana, tratta dall'inizio della IV Bucolica, in cui il poeta latino proclama l'intenzione di innalzare il tono del suo canto, poiché “non omnes arbusta iuvant, humilesque myricae” (non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici). Pascoli assume le umili piante come simbolo delle piccole cose che egli vuole porre al centro della poesia. Si trattano di componimenti che si presentano come quadretti di vita campestre. I particolari su cui il poeta fissa la sua attenzione si caricano di sensi misteriosi e suggestivi, sembrano allude ad una realtà ignota. Spesso le atmosfere che avvolgono queste realtà evocano un’idea di morte, in particolare il ritorno dei morti familiari. TESTI X Agosto: Una delle molte poesie in cui Pascoli rievoca la propria tragedia personale, l'uccisione del padre, avvenuta il 10 agosto del 1867, il giorno di san Lorenzo. E formata da quartine di endecasillabi e novenari alternati, con schema di rime Ab Ab. La poesia prende le mosse dalla propria tragedia familiare, affronta i grandi temi del male e del dolore e del rapporto tra la dimensione terrena e trascendentale. La prima strofa corrisponde all'ultima, proponendo il motivo del pianto del cielo che guarda da un'infinita lontananza il male della terra, nelle altre si possono ravvisare la rispondenza degli “spini” tra cui cade la rondine ricordano la corona di spine della passione di Cristo: la rondine uccisa diviene il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati dalla malvagità degli uomini e allude a Cristo, ma anche al padre che morendo perdona i suoi uccisori. In obbedienza al spiritualismo dell'anima decadente, Pascoli imposta il problema del male in chiave metafisica e religiosa: ogni vittima innocente che soffre è immagine di Cristo, e il cielo piange sull'”atomo opaco del Male”. Il poeta non approda a una religione positiva, cosi il pianto del cielo non sembra implicare una prospettiva di purificazione: il cielo appare impotente a riscattare tanto male. Nel testo vi compare uno dei miti centrali della poesia pascoliana, quello del “nido”. L'analogia tra rondine e uomo sta nel fatto che essi vengono violentemente esclusi dal nido. L'Assiuolo: La lirica fu pubblicata sul Marzocco nel 1897. L'assiuolo è un piccolo uccello che emette u verso malinconico. Formata da doppie quartine di novenari con rime alternate. La poesia è la descrizione di un notturno lunare, reso attraverso una serie di sensazioni visive e uditive immerso in un'atmosfera arcana. All'inizio della prima strofa viene colto il momento in cui sta per sorgere la luna, la natura è protesa nell'aspettazione della sua comparsa, apparizione che sembra possedere una funzione purificatrice. A contrasto si delinea un'immagine inquietante “il nero delle nubi” che si profilano in lontananza con silenziosi lampi di calore che da “Lavandare” è un esempio di impressionismo pascoliano in quanto il poeta come in un quadro rappresenta, accostandoli, gli elementi che compongono la descrizione: Il campo arato a metà con un aratro abbandonato nel mezzo, il canto triste delle lavandaie ed il malinconico e spoglio paesaggio della campagna autunnale.  Si distinguono diverse aree sensoriali: o La prima strofa è tutta giocata sui colori e prevalgono le sensazioni visive: l’aratro abbandonato, il campo mezzo nero e mezzo grigio, la nebbiolina creano un’immagine pittorica à impressionismo visivo; o nella seconda strofa prevalgono invece le sensazioni uditive, parte onomatopeica: rumore sordo dei panni battuti nell’acqua e il canto triste delle donne à impressionismo uditivo o nella quartina conclusiva, contenente le parole della canzone cantata dalle lavandaie, entrambi i sensi partecipano: le sensazioni uditive del soffiare del vento (il vento soffia) e visive del cadere delle foglie (nevica la frasca) e dell’aratro abbandonato (l'aratro in mezzo al maggese) fanno da contorno all’emergere, nei due versi centrali, della verità esistenziale della dolorosa solitudine dell’uomo à componente simbolistica. I temi principali sviluppati da questo breve componimento poetico sono quelli dell’abbandono e della solitudine. Pascoli si serve degli aspetti della natura e delle cose in maniera emblematica, simbolista, per creare corrispondenze che conducono ad un’immagine desolata che trova il suo corrispettivo nello stato d’animo del poeta colmo di malinconia e di smarrimento.  L’immagine dell’aratro in mezzo al campo apre e chiude il componimento, dandogli una struttura circolare. Il campo arato solo a metà suggerisce un senso di incompletezza e l’aratro anticipa la sensazione di abbandono. Temporale: La poesia inizia con un verso in cui è presente l’unica nota uditiva della poesia (il resto, infatti, è basato sulle sensazioni visive) “bubbolio”, che è anche una parola onomatopeica avente la funzione di rappresentare il rumore e il mormorio sordo del tuono, che avviene grazie alla presenza della consonante “b” che ne rende molto l’idea. Questo verso ha come la funzione di apertura della poesia, perché infatti, solo dal secondo il poeta comincia a descrivere il temporale ormai arrivato, mentre nel primo ancora si sta avvicinando. Nella seconda strofa il poeta ci descrive l’arrivo del temporale e, per analizzare meglio la poesia, ritengo opportuno dividere questa strofa in due parti. Nella prima il poeta, con delle frasi corte e prive di verbo (tranne nel secondo rigo in cui è presente l’unico verbo del componimento: “rosseggia”) ci descrive il temporale che si abbatte sulla terra, e ci riporta ad un quadro impressionista in cui ci sono contrasti di luci e ombre e in cui il colore stesso è usato in modo rivoluzionario. Questa tempesta è descritta non nei dettagli, ma con poche ed efficaci parole, descrivendo il paesaggio con tre colori: il rosso, il nero e il bianco. Questi colori sono espressi con una similitudine nel secondo rigo (“rosseggia l’orizzonte, come affocato a mare”) e due ipallagi nel quarto (“nero di pece”) e quinto rigo (stracci di nubi chiare). Nella seconda parte, invece, è presente un’analogia, una nota di chiarore “tra il nero un casolare” (quindi il nido, la casa, il rifugio a lui mancato) e “un’ala di gabbiano”. Spesso Pascoli, nelle sue opere, richiama il tema del nido familiare, attraverso metafore che hanno un significato simbolico. Osservando il componimento è possibile comprendere lo stato d’animo di disagio e di rifiuto rappresentato dall’imminente presenza di un temporale, ma nel verso conclusivo con l’espressione “l’ala di gabbiano” rappresenta uno stato di serenità e di protezione favorito dalla presenza del casolare che richiama il concetto del nido familiare. I canti di Castelvecchio: Al pari di Myricae, i Canti di Castelvecchio conoscono numerose edizioni. Il legame tra queste due raccolte non si esaurisce nel carattere di opere in fieri, ma risulta ancora più profondo: lo stesso Pascoli lo pone idealmente sulla stessa linea, nel momento in cui, nella Prefazione alla prima edizione, definisce i Canti “myricae”. I canti si chiamano cos’ perché prendono il nome dal luogo dove vengono generati. Da questa ritrovata serenità, nascono i canti di Castelvecchio che sono ispirati all’ambiente romagnolo. La natura è la stessa, dal punto di vista paesaggistico è un po’ diversa ma come habitat le caratteristiche sono le stesse. Il poeta fanciullo è capace di ascoltare, ciò che ritorna nella sua mente è ciò che ha vissuto a San Mauro durante l’infanzia. Questi componimenti propongono nuovamente al lettore un’immersione tutta lirica ed emozionale nella campagna. In una misura di versi più ampia e distesa rispetto alle poesie di Myricae, l’autore si abbandona alla descrizione dei paesaggi di Castelvecchio, che si intreccia e si mescola continuamente con la rievocazione della realtà romagnola vissuta nell’infanzia.  È la dimensione della memoria, del doloroso passato, dei cari perduti che permea interamente i Canti; la raffigurazione della natura si carica così delle ansie, delle inquietudini e delle angosce del poeta. Egli ha tentato di ricostruire un “nido” che potesse sostituirsi a quello della sua infanzia, distrutto tanto precocemente e atrocemente. Questo bisogno intimamente sentito dall’autore nei versi dei Canti si traduce in immagini simboliche quali il “nido” o la “siepe”, confine che separa quel mondo chiuso e accogliente, in cui il poeta si è rifugiato, dalla realtà esterna inquietante e minacciosa; ciò che il poeta ha cercato di creare intorno a se è un universo fatto di piccole cose, di affetti sinceri e di emozioni semplici. TESTO Il gelsomino notturno: “Il gelsomino notturno” è una poesia scritta da Giovanni Pascoli nel 1901 in occasione delle nozze di un amico, Gabriele Brignati. Inserito nella raccolta Canti di Castelvecchio, il componimento contiene delle immagini allusive alla sessualità, ambito della vita che dal poeta veniva vissuto in maniera ambivalente, con drammatica esclusione. La poesia è composta da sei quartine di novenari, tutti a rima alternata. Già a partire dal titolo, questa poesia fa degli evidenti ma delicati riferimenti all’erotismo. Il poeta contempla la casa in cui l’amico si appresta a consumare la prima notte di nozze. Il tema sessuale viene sviluppato grazie a una serie di immagini liberamente riprese dalla natura che in quel momento circonda il poeta. Così Pascoli fa riferimento ai “fiori notturni”, i gelsomini che hanno la precisa peculiarità di aprirsi al calare della notte per poi richiudersi con l’arrivo del sole, e alle “farfalle crepuscolari”, che anticipano il momento della giornata - la sera - in cui è ambientata
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