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Appunti di Letteratura spagnola I - Professoressa Isabella Tomassetti A.A. 2022/2023, Appunti di Letteratura Spagnola

Appunti estremamente dettagliati (perché trascritti parola per parola) delle lezioni di Letteratura spagnola I con la Professoressa Isabella Tomassetti. Nel file sono presenti tutti gli argomenti trattati a lezione. Inoltre il documento contiene trascrizione, traduzione e analisi di ogni testo letto a lezione, dai saggi, alle conferenze, alle poesie (Antologia di poeti del Novecento) ai testi in programma (Niebla, Luces de Bohemia, Yerma).

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 11/02/2023

DanielaAruta
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Scarica Appunti di Letteratura spagnola I - Professoressa Isabella Tomassetti A.A. 2022/2023 e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! Daniela Aruta Letteratura spagnola I - Isabella Tomassetti A.A. 2022/2023 Letteratura spagnola: 2 lezione Mercoledì, 28/09/2022 Quadro socio-politica e culturale della Spagna da metà del XIX secolo Introduzione alle guerre carliste ● Le guerre carliste costituiscono il primo esempio di guerra civile in Spagna e furono combattute in Spagna nel secolo XIX. !"#$%&%'("')&'*+%,-./"'(0'#)$$.##0%&.'"-'1+%&%2'3'4-'/%105%'(.--"'(0#*)1"6'0-'7"11%' $8.'0-'7+"1.--%'(.--9"--%+"':.';.+&"&(%'<44='>"+-%#'?"+@"'4#0(+%='"#*0+"5"'"-'1+%&%'(0' A*"B&"='0&'C)"&1%'*0D'B0%5"&.'(.-'7+"1.--%'.'5%-.5"'#%11+"++.'0-'1+%&%'"'#)"'&0*%1.' Isabel (figlia legittima di Fernando). Quindi le Guerre Carliste nascono da un problema di successione al trono ma, come sempre, si alimentano di altri interessi, di altre questioni, che stanno intorno all'esercizio del potere e coinvolgono gruppi e classi sociali che erano in favore di uno o dell’altro; fino a trasformarsi in vere e proprie guerre civili. ● Le guerre carliste sono scontri bellici, ma rappresentano anche lo scontro tra due ideologie politiche: ➢ E"')&'-"1%'$0'#%&%'0'$"+-0#10F"*%#1%-0$0'3'#%#1.&01%+0'(0'>"+-%#2 - Incarnano la parte più conservatrice e reazionaria della Spagna dell’epoca. - Lottavano appellandosi a “Dio, Patria e Re” = Tre lemmi molto importanti: la religione, lo spirito nazionale e la monarchia (tre principi conservatrici che distinguevano i carlisti). - I carlisti, per loro natura, si opponevano al liberalismo, che nel resto d’Europa si era già ampiamente affermato, ma in Spagna ancora stentava a impiantarsi. - Difendevano la monarchia tradizionale assolutista e il cattolicesimo conservatore. - Dal punto di vista geografico, i sostenitori dei carlisti predominavano nella parte settentrionale della Spagna; soprattutto nei Paesi Baschi, in Navarra, al nord della Catalogna, nel Maestrazgo (che è la regione che sta fra la Catalogna e la provincia di Valencia), nell’interno della Spagna quindi confinante con Aragona, e fra Teruel e Castellón (Teruel è in Aragona, Castellón è comunità valenciana e provincia andalusa). - Costituivano un'élite nella società di quel tempo: erano formati da piccoli proprietari impoveriti e artigiani in rovina, soprattutto provenienti dal mondo rurale, che temevano il progresso e diffidavano delle riforme. C'erano anche membri della piccola nobiltà e parte del clero. ➢ E"--9"-1+"'*"+1.='0'-0,.+"-0'3'#0'*%#.+%'("--"'*"+1.'(0'4#",.-='70B-0"'.'-.B0110/"' .+.(.'(0';.+&"&(%'<442 - Chiamati isabelinos o cristinos (dal nome della madre di Isabel, Cristina, che fu reggente per un po’ di anni, prima che la figlia potesse occuparsi personalmente degli affari di stato). - I seguaci di Isabel trovarono appoggio tra la popolazione urbana, la borghesia e ampi settori della nobiltà. ⬇ Gli scontri tra carlisti e liberali si presenteranno in tre episodi bellici staccati nel corso del XIX secolo: denominati le tre guerre carliste. Re Fernando VII: il problema della discendenza ● Fernando VII (1784-1833) divenne Re di Spagna all’inizio del 1800. ● Si sposò nel 1802 con María Victoria de Napoles. Questa prima moglie morì senza lasciare alcuna discendenza dopo due aborti. ⬇ Quindi il re si sposò una seconda volta, con Isabel Braganza, una sua nipote che diede alla luce una bambina che, però, morì a quattro mesi. Poco dopo tempo anche la regina morì. ⬇ Nel 1819 il re si sposò per la terza volta, con María Josefa Amalia de Sajonia, ma anche in questo caso il matrimonio non generò figli eredi al trono spagnolo. ⬇ Nel 1829 il re si sposò con un’altra delle sue nipoti, María Cristina de Borbón - dos Sicilias. Da questo matrimonio il re ottenne finalmente una discendenza, ebbe due figlie: Isabel (1830-1904) e Luisa Fernanda (1832-1897). Dal 1802 fino al 1830, quasi trent’anni, questo re non era riuscito ad avere una discendenza, soprattutto ad avere un erede maschio. Allora la legge disponeva che l’erede al trono dovesse essere il primo figlio maschio. Quindi, sapendo Fernando VII che non avrebbe potuto lasciare il trono, stando così le cose, a sua figlia e da lì le pretese di suo fratello Carlos, decise di promulgare quella che fu chiamata Pragmática Sanción (Prammatica Sanzione) del 1830 = una legge attraverso la quale si derogò'"-'+.B%-"/.&1%'(.--"'#)$$.##0%&.'$8.'.+"'0&'50B%+.'("-'GHGI='"**+%5"1"'("' ;0-0**%'<'.'$%/)&./.&1.'(.&%/0&"1"'J.BB.'A"-0$"2'K).#1"'-.BB.'$%&#0#1.5"'&.-'7"11%'$8.' -9"#$.#"'"-'1+%&%'.+"'*+.$-)#"'"--.'(%&&.L'C)0&(0'0-'+.'$8.'&%&'"5.##.'(0#$.&(.&M"'/"#$80-.=' #0'#"+.,,.'1+%5"1%'&.--"'#01)"M0%&.'#B+"(.5%-.'(0'&%&'*%1.+'-"#$0"+.'0-'*+%*+0%'1+%&%'"--"'70B-0"2' 3'N.+'$)0'-"'N+"//"10$"'A"&M0%&.'(.-'GOIP'"5.5"'*+%*+0%'-"'7)&M0%&.'(0'#$%&B0)+"+.'C).#1%' +0#$80%2 ● Don Carlos, il fratello di Fernando VII, entrò in Spagna e si mise al comando dell'esercito, dirigendosi verso Madrid, ma non riuscì nel suo obiettivo. ● Carlos ricevette l’appoggio di armi della Russia, dell’Austria e della Prussia; dall’altro canto Isabel II contò sull'appoggio di Inghilterra, Francia e Portogallo, favorevoli alla nascita di un liberalismo moderato in Spagna. ● Il generale Zumalacarregui morì durante l’assedio di Bilbao nel 1835 e questo provocò una reazione liberale. ● Il generale Espartero (uno dei consiglieri della regina Isabel) vinse sulle truppe carliste in Luchana nel 1836. Z L’ultimo periodo del conflitto fu segnato dall’iniziativa dell’esercito liberale comandato dal generale Espartero. Per altro, anche i carlisti si divisero al loro interno perché una fazione si mostrò favorevole a un accordo con i liberisti per cessare il fuoco. ⬇ Convenio de Vergara del 1839: i generali Maroto ed Espartero firmarono la pace e si dissero d’accordo nel mantenere los fueros (privilegi, statuti) nelle province basche e in Navarra, che avevano avuto sin dai tempi di Fernando e Isabel fino ad allora, e nell’integrare gli ufficiali carlisti nell’esercito liberale. Però, i carlisti più intransigenti, condotti dal generale Cabrera continuarono la guerra nella zona del Maestrazgo aragonese, fino a che furono sconfitti nel 1840. La seconda guerra carlista 1846-1849 ● La seconda guerra carlista, più che una guerra civile, fu un’insurrezione sollevata durante la decada moderata; perché, comunque, i carlisti continuavano ad essere la maggiore forza di opposizione al liberalismo. ● La guerra si concentrò nella zona di Granada, in Catalogna; anche se questa insurrezione venne facilmente soffocata. ● Fu soprannominata “guerra del matiners”. ● L’origine, quantomeno teorica, di questa guerra fu il fallimento del tentativo di contrarre un matrimonio tra Isabel II e Carlos Luis de Borbón. I carlisti, prima che scoppiasse la seconda guerra carlista, stavano tentando una sorta di conciliazione, un tentativo di assorbire il liberalismo, facendo sposare un loro rappresentante (Carlos Luis de Borbón) con la ragina. Questo proposito fallì e Isabel II si sposò con un suo nipote, Francisco de Asís de Borbón. Questo fu il fattore scatenante di questa insurrezione. Il sessennio democratico ● Il Sessennio Democratico o Sessennio Rivoluzionario (1868-1874) è un periodo di sei anni che si divide in tre (o quattro) fasi: 1. tappa del Gobierno provisional español - Governo provvisorio spagnolo (1868-1871); 2. tappa del regno di Amedeo I di Savoia (1871-1873); 3. tappa della Prima Repubblica Spagnola, proclamata dopo l'abdicazione del re Amedeo di Savoia, nel febbraio 1873. Questa ultima tappa si divide, a sua volta, tra il periodo della Repubblica Federale, terminato con il colpo di Stato del generale Pavía (nel gennaio 1874), e quello della Repubblica Unitaria, anche conosciuta Dittatura di Serrano (altro generale), che si chiude con il pronunciamento a Sagunto (dicembre 1874) del generale Arsenio Martínez Campos a favore della restaurazione della Monarchia borbonica nella persona del figlio di Isabella II, Alfonso XII. ⬇ Dunque il Sessennio Democratico si conclude dopo un breve periodo repubblicano, con la restaurazione della monarchia borbonica, appunto nella figura del figlio di Isabel, Alfonso XII. Terza guerra carlista (1872-1876) ● Durante il Sessennio Rivoluzionario, il carlismo si era rigenerato come forza politica. ● L'arrivo di Amedeo di Savoia provocò l'insurrezione armata di una parte dei carlisti; mentre l'altra fazione costituiva una piccola forza politica opposta alla nuova monarchia e con posizioni enormemente conservatrici. Quindi anche i carlisti al loro interno si dividono. ● Quindi l’ascesa al trono spagnolo della Casa di Savoia avrebbe finito per imporre l’opzione armata. Questa volta, il pretendente era Carlos María de Borbón, colui che era stato proposto come marito di Isabel II. ● Quindi avviene la restaurazione borbonica nella figura di Alfonso XII, figlio di Isabel. Da questo momento in poi si assiste al declino carlista della guerra. A questo punto, con la restaurazione della monarchia borbonica, i carlisti perdono completamente potere. Il conflitto, infatti, si concluderà nel 1876 con la definitiva sconfitta militare del carlismo, nei primi anni del regno di Alfonso XII. ● I generali Martínez Campos e Fernando Primo de Rivera sconfissero i carlisti in Catalogna, Navarra, Paesi Baschi e nel resto della Spagna. Quindi il 1876 è l’anno che possiamo considerare come anno conclusivo della terza guerra carlista e di tutto il conflitto carlista. ● 31 dicembre 1874: restaurazione della monarchia e chiusura del Sessennio Rivoluzionario, quindi anche la cancellazione di un ciclo di lotte liberali per avviare un periodo di gestione oligarchica. Quindi, la fine delle guerre carliste e l’instaurazione della monarchia borbonica, invece di incoraggiare il processo di rinnovamento sociale e politico, avviato nei decenni precedenti, lo arresta e lo fa retrocedere. ● Quindi quella Spagna rurale, dominata dai latifondisti e manipolata dal cacicado (modo di imporsi dei signorotti del sistema feudale), che aveva un'industria debolissima e un clero prepotente, è quella che si afferma nel paese. ● E c’è una borghesia illuminata che cominciava a farsi sentire, a manifestare le proprie istanze e che chiedeva un mercato nazionale, una riforma fiscale e una riforma universitaria; quindi un rinnovamento del paese, ma che non ebbe, almeno in questa prima fase, molta forza per affermare le proprie istanze. [ Obiettivi della rivoluzione borghese: rinnovamento del paese, laicizzazione della vita, maggiore spirito imprenditoriale, commerciale e di profitto, industrializzazione dell'altopiano della meseta (parte centrale-continentale della Spagna, una zona che era adibita per lo più all'agricoltura e all’allevamento. Una zona potenzialmente molto ricca se destinata all’industria), e una riforma universitaria. Il krausismo ● Uno dei primi movimenti che si afferma in Spagna e che ha a che vedere con lo spirito intellettuale, la formazione e l’educazione. ● Il krausismo è il più importante dei movimenti ideologici che venne diffuso attraverso le riviste culturali, i dibattiti dell'Ateneo, anche la ricerca delle cattedre e del lavoro dei professori universitari, sebbene l’università di allora era una istruzione assolutamente unitaria. ● 4-'\+")#0#/%']')&"'(%11+0&"'$8.'(07.&(.'-"'1%--.+"&M"'"$$"(./0$"'.'-"'-0,.+1V'(0' $"11.(+"'$%&1+%'0-'(%B/"10#/%2'3'J0,.+1V'(0'$"11.(+"'5)%-'(0+.'$8.'%B&0'(%$.&1.' )&05.+#01"+0%'*)U'(.$0(.+.'-0,.+"/.&1.'$%#"'0&#.B&"+.'.'$%/.'0&#.B&"+.'"--90&1.+&%' (.--"'*+%*+0"'(0#$0*-0&"2'' Questo era un messaggio chiaro al potere politico che, invece, tendeva a condizionare e a convogliare i contenuti della formazione verso quegli aspetti che più erano convenienti per la conservazione del potere. Al contrario, i krausisti sostenevano che ogni docente universitario dovesse essere libero di proporre i temi che voleva insegnare come voleva. ● Questa etichetta di ‘krausismo’ non è casuale, deve il suo nome al pensatore tedesco post-kantiano (Kant grande filosofo tedesco) Karl Christian Friedrich Krause (1781-1832). Institución Libre de Enseñanza ● In Spagna questo movimento raggiunse il suo massimo sviluppo grazie all'opera del suo grande divulgatore in Spagna, che fu Julián Sanz del Río, e anche grazie alla Institución Libre de Enseñanza. La Institución Libre de Enseñanza (ILE) fu fondata nel 1876 e diretta da un altro krausista, Francisco Giner de los Ríos, ed ebbe anche il contributo di un giurista chiamato Federico de Castro. Ecco, questi tre intellettuali, Julián Sanz del Río, Francisco Giner de los Ríos e Federico de Castro, furono gli iniziatori e i più grandi divulgatori del krausismo in Spagna. Azcárate Joaquín Costa, Juan Valera furono altre figure di spicco lungimirante si pone), come apparirà agli occhi del critico e dello storico la generazione del 98? > Con una distanza temporale, quali sono gli strumenti che lo storico, il critico ha per definire le caratteristiche di un’epoca? E risponde a questa domanda, dice: Sospetto che, da quella lontananza remota, i piani del corpo si vedranno fusi, uniti, resi una stessa cosa (cioè fatti di una stessa cosa). > Se ci poniamo nella prospettiva di un critico che vivrà fra due o tre secoli, che cosa vedrà quel critico di questa generazione? Che cosa potrà dire di noi, della nostra materia, di quello che abbiamo fatto? Probabilmente vedrà tutto fuso, tutto unito, tutto fatto di una stessa cosa, cioè perderà la percezione delle differenze. ⬇ Azorin vuole manifestare la propria diffidenza nei confronti delle etichette e soprattutto nei confronti di questa tendenza, tipica della storiografia letteraria, di dare definizioni univoche e monocordi di un periodo, di una generazione, di un movimento letterario. E questo la dice lunga anche sull’intelligenza di Azorín nel capire e nel prevedere che qualsiasi caratterizzazione univoca di un movimento, di un gruppo generazionale e di un genere è sempre molto rischiosa. ● Il Modernismo, proprio per le ragioni che diceva Azorín, è stato oggetto di interesse da parte di molti critici e studiosi, anche in prossimità del suo sviluppo, cioè dagli stessi protagonisti di quello che è stato definito Modernismo. I critici che si sono occupati di Modernismo possono essere suddivisi in diverse categorie: ❖ Ci sono alcuni per i quali il Modernismo è esclusivamente un fenomeno letterario ispanoamericano. Il modernismo con la sua riforma estetica, che si afferma non solo nella poesia bensì in tutte le forme artistiche, nasce proprio dall'America Latina e, per quanto riguarda la poesia, nasce da Ruben Darío. Ruben Darío era nicaraguense, quindi è un poeta hispanoamericano. Poeta di grande impatto che ebbe contatti stretti con i maggiori intellettuali spagnoli di fine secolo XIX e primi anni del secolo XX (Ramón del Valle Inclán, Pio Baroja, Antonio Machado). Quindi esercitò un influsso importantissimo sulla letteratura spagnola di fine ‘800 e inizio ‘900. Henríquez Ureña definisce il modernismo come un fenomeno esclusivamente ispanoamericano o, quantomeno, un fenomeno che nasce in Ispanoamerica, e in questo, effettivamente, ha ragione. Tuttavia, Henríquez Ureña include nel Modernismo spagnolo molti autori: Jacinto Benavente, Ramón del Valle-Inclán, Gregorio Martínez Sierra, Ramón Pérez de Ayala, Gabriel Miró, Juan Ramón Jiménez, i due fratelli Machado, Miguel de Unamuno, Azorín; il che sembra contraddittorio, perché alcuni di loro operano più nel secolo successivo, come Pérez de Ayala ❖ Juan Ramón Jiménez (grande poeta spagnolo del Novecento): affermò che il modernismo fu una tendenza generale, non meramente letteraria. Quindi era favorevole a considerare il modernismo come un fenomeno molto più esteso rispetto a un mero movimento letterario. ❖ Federico de Onís, che aveva pubblicato un'antologia di poeti modernisti, scrisse: El modernismo es la forma hispánica de la crisis universal de las letras y del espíritu que inicia hacia 1883 la disolución del siglo XIX y que se había manifestado en el arte, la ciencia, la religión, la política y gradualmente en los demás aspectos de la vida entera, con todos los caracteres, por lo tanto, de un hondo cambio histórico, cuyo proceso continúa hoy. In effetti, quella definizione di Juan Ramón Jiménez, trova la sua perfetta spiegazione in queste parole di Onís. Il modernismo è la forma ispanica della crisi universale delle lettere e dello spirito che dà inizio verso il 1883 alla dissoluzione del secolo XIX e che si era manifestata nell’arte, nella scienza, nella religione, nella politica e gradualmente negli altri aspetti della vita intera, con tutti i caratteri, pertanto, di un profondo cambio storico, il cui processo continua ancora oggi. > Quindi vediamo come il modernismo (lo si capisce anche dall’etimologia di questa parola) abbraccia tutta la vita culturale e sociale di un’epoca e segna il passaggio dal secolo XIX al secolo XX, è proprio una crisi di fine secolo, per favorire il passaggio all’età moderna, a un’epoca in cui si superano una serie di vecchie tradizioni e aspetti esteticamente superati, verso un nuovo modello di arte, di vita e letteratura. ● Per il modernismo non si può parlare di un'origine repentina, di un momento definito di inizio, ma di una nascita diffusa ed eclettica. Non c’è una data, ma ebbe una gestazione con tratti abbastanza eclettici. ● Nel modernismo c'è una vena classicista presa dai Parnassi francesi, però c’è anche una componente individualista e romantica presa in parte dai simbolisti. Certamente la letteratura francese influì moltissimo sulla nascita del modernismo ispanoamericano; Ruben Darío era un grandissimo cultore della letteratura francese e quindi è inevitabile che le suggestioni, tanto del parnassianesimo come del simbolismo francese, influenzarono la svolta estetica e la proposta estetica di Darío, che poi lui trasmise anche all’Europa e soprattutto ai poeti spagnoli. Quindi il modernismo rifiutava completamente la volgarità, il prosaismo e il conformismo estetico, così come la facilità e, allo stesso tempo, la rigidità eccessiva e uniforme. Il modernismo fu un movimento che fomentò sempre la ricerca di uno stile nuovo, di uno stile anche complesso che rifugisse la banalità e la facilità, per l'appunto, e anche l’eccessiva rigidità. Il parnassianesimo francese è uno dei fondamenti estetici del modernismo. Il parnassianesimo francese nacque nel 1866, quando un gruppo di poeti francesi si riunì per imporre all'arte un senso di disciplina, di coscienza, di equilibrio e oggettività. Questi ideali coincisero con l'affermazione della borghesia in Francia e con l'influenza del positivismo filosofico. Da qui partiva anche l'idea di un'esistenza che doveva essere indipendente dalle costrizioni, dalle leggi e dalle tradizioni etiche. Quindi dal parnassianesimo nasce la cosiddetta estetica decadente; e dai parnassiani nasce il concetto di arte per l'arte, dell’arte fine a sé stessa, l’arte che ha come proposito alimentare sè stessa, senza nessun altro scopo. ★ Ruben Darío era un grandissimo cultore del simbolismo francese, quindi questo, insieme al parnassianesimo, influenzarono molto la proposta estetica di Darío. Dall’altra parte abbiamo il simbolismo. Parnassianesimo e simbolismo sono due tendenze che convivono nel modernismo; convivono, per esempio, in Ruben Darío e in altri autori anche che poi ereditano la lezione di Darío. Il simbolismo in Francia si impose come reazione contro il naturalismo e il realismo. Fu imposta la soggettività, ma i simbolisti non abbandonano un certo gusto per la perfezione formale; i simbolisti non erano dei propugnatori di un’arte assolutamente ignara e inconsapevole della bellezza estetica. Quindi il simbolismo mette al centro, non c'è dubbio, la soggettività, la rarefazione semantica nella poesia, ma senza abbandonare il gusto per la perfezione formale e l’amore per la bellezza formale al di sopra di tutto. Questa è la lezione di grandi simbolisti francesi, come Baudelaire, Rimbaud, Verlaine. ● Dal punto di vista sociale, i modernisti impongono un nuovo modello che si contrappone alla morale borghese che è quello della vita di bohème, della vita un po’ decadente, che si afferma in tutta l’Europa. Del resto, l’opera Luces de Bohemia rappresenta proprio questo tipo di società decadente. ● Anche in Spagna, seppur occasionalmente, è possibile parlare di germi modernisti, ancora precedenti alla lezione di Darío. Questi germi modernisti li possiamo individuare in alcuni poeti romantici e post-romantici come José Zorrilla (anche drammaturgo), Rosalía de Castro (poetessa galega) e Gustavo Adolfo Bécquer. Quindi è vero che il modernismo in sé come movimento arriva con Darío, ma ci sono aspetti del modernismo che possiamo intravedere già in poeti romantici spagnoli, che non avevano niente a che vedere con il modernismo ispanoamericano. ❖ Il modernismo in America seguì una direzione fondamentalmente esteticista. La poesia per i modernisti ispanoamericani, cominciando da Ruben Darío, doveva essere brillante, cromatica, sensuale, in armonia con il temperamento esuberante di quelle terre; l’espressione letteraria riflette sempre, non solo la società, ma anche proprio la natura, la realtà, nella quale nasce e si muove. Infatti, la letteratura ispanoamericana è una letteratura estremamente sensuale e cromatica proprio perché riflette la geografia che rappresenta. ❖ In Spagna il modernismo ebbe un doppio sviluppo: - Da un lato, quella esteticista, quindi un percorso che va verso l’estetismo e che si radica in un colorismo, soprattutto andaluso. L’Andalusia è una terra che ha elementi di natura vivace. Questa parte più estetizzante e colorista si manifestò soprattutto nella poesia di alcuni poeti, appunto andalusi, come Reina, Rueda e poi Villaespesa e In effetti, in Azul notiamo questo atteggiamento sincretico ed eterogeneo della scrittura rubendariana: - Da un lato questo tono di esaltazione vitale che è proprio dell’espressione ispanoamericana, che rappresenta anche l’esuberanza della natura americana, di quei contesti in cui l’elemento vitale è molto accentuato. - Dall'altro, però, anche la presenza di complicazioni concettuali e intellettuali proprie di certo simbolismo francese (Mallarmé, Rimbaud) o del decadentismo di Baudelaire. ⬇ Quindi l’arte di Ruben Darío riunisce in sé questi elementi apparentemente contrastanti: da un lato l’esaltazione vitale della natura e dell’esistenza, che sembrerebbe rimandare ad un tono leggero, quasi superficiale e comunque frivolo; mentre dall’altro una profondità di sentimento che ricorda l’intellettualismo di certi simbolisti francesi (come Mallarmé o Baudelaire). ● In Azul (1888) il tono dell'esaltazione vitale contrasta con la giocoleria intellettuale di Mallarmé o con la morbosa decadenza di Baudelaire. ➢ Lo stesso titolo di Azul ci parla chiaramente di una simbolizzazione luminosa e pura della poesia. Azul è quasi un tecnicismo poetico che indica l’arte, la bellezza cristallina, un aggettivo riferito alla poesia proprio per quel che rappresenta di tensione verso la luminosità, verso la nitidezza, verso la bellezza in assoluto. Quindi è qualcosa abbastanza distante dai toni impuri della poesia simbolista. Per ‘impuro’ si intende che è intriso di soggettività. Una poesia impura è una poesia in cui la soggettività lirica, quindi l’interiorità dell’io che scrive, entra prepotentemente nel testo; a differenza della poesia pura, che è una poesia depurata da ogni sentimentalismo, da ogni spinta emozionale, da tutto quello che è il mondo soggettivo di colui che scrive. La poesia pura poteva essere quella dei parnassiani, ad esempio, una poesia dove l’io lirico con tutti i suoi tormenti e con il suo vissuto non entra; invece, la poesia simbolista è la poesia impura per eccellenza, dove la soggettività entra in modo molto evidente. Lo stesso Darío ha riconosciuto che Azul era un libro che doveva più al parnassianesimo che al simbolismo, quindi che questa sua prima poesia conteneva maggiormente i toni della poesia pura piuttosto che quelli della poesia impura; anche se poi, nella sua traiettoria poetica, lui arriva a fondere queste due tendenze, che è cosa non facile e che rivela la grande statura di questo poeta. Le opere di Darío ● Nel 1896 pubblica Prosas profanas, dove matura e raggiunge la sua pienezza artistica. ❖ La ricchezza della sua poesia sta nel fatto che lui riuscì a coniugare arti differenti, la dimensione musicale con quella pittorica, antico e moderno; quindi favorì, all’interno del linguaggio poetico, un dialogo anche fra arti differenti, riempiendo il suo linguaggio di lemmi ed espressioni che rimandano alternativamente al mondo musicale e artistico (soprattutto pittorico). ❖ La parte simbolica è quella intima. ❖ Fu un grande versificatore: riuscì a costruire dei versi dotati di un ritmo impeccabile, organizzato e che si ripete senza mai un’infrazione (come è nelle linee dei testi musicali). Creò così sonorità piacevoli e immagini inedite. ❖ Temi: l’antico e il moderno, il pittorico e il musicale, il simbolico e l’intimo, il metafisico (interrogarsi sul senso dell’esistenza, indagare sui misteri dell’aldilà), il sentimento religioso, la vita e la morte = una serie di preoccupazioni e inquietudini che fanno del mondo poetico di Ruben Darío un territorio complesso e affascinante. ★ Tra l’altro, la grande cultura letteraria di Ruben Darío, che conosceva le origini della letteratura spagnola (Berceo, Cervantes, Garcilaso, Góngora, Quevedo, grandi letterati medievali e del Siglo de Oro), conosceva, insomma, le radici, le origini dell’espressione letteraria della lingua spagnola. E questo, unito alle influenze che riceveva dalle altre letterature, soprattutto da quella francese, fece sì che la sua poesia si configurasse come un ambito estremamente eterogeneo e ricco di spunti, di temi e anche di stilemi. ➢ È chiaro che, oltre a un omaggio a Verlaine, il suo poeta prediletto, nell'opera c'è un autentico autoritratto e dal punto di vista tecnico è una composizione esemplare: la sua poesia estremamente eterogenea nei temi, estremamente curata e raffinata nella costruzione prosodica, nel ritmo, nell’eufonia (cioè nella creazione del bel suono), quindi creazione di sonorità piacevoli e di immagini inedite. ● Nel 1898 Darío tornò in Spagna. Durante il suo soggiorno a Madrid, presiede un raduno letterario a cui partecipano Jacinto Benavente (drammaturgo, esponente del teatro borghese e commerciale) e Ramón del Valle-Inclán, Pío Baroja (uno dei più importanti romanzieri della generazione del 98) e altri artisti. ● Dopo questo soggiorno a Madrid, intraprende la scrittura delle poesie che confluiranno nella raccolta intitolata Cantos de vida y esperanza, che pubblicò nel 1905. ➢ In quest'opera, che segna la maturità di Darío, notiamo quel lavoro di sintesi, così tipico dell’opera rubendariana, tra esteticismo, intimismo, scritto religioso, scritto politico, di respiro personale ma anche universale. Tutta quella molteplicità di spunti che sono propri dell’opera di Ruben Darío. ● Come testo suelto (testo isolato) troviamo la Oda a Roosevelt (presidente degli Stati Uniti), dove Darío si pone come difensore dell'America spagnola di fronte all'espansionismo nordamericano. Il 1898, la fine del’ secolo, segnò il dissolvimento dell’impero coloniale spagnolo, che, in quell’anno, perse le sue ultime colonie. Da quel fatto storico in avanti, comincia un dibattito proprio sul futuro dell’America; non solo sul problema de España, così come era stato definito dalla generazione del 98, ma anche sul ruolo dell’America e sulla posizione del continente americano rispetto all’Europa e, soprattutto, rispetto alle origini culturali europee. Quindi gli intellettuali di lingua spagnola, e Darío era tra questi, parteciparono a questo dibattito. Naturalmente, Ruben Darío e molti altri erano a favore della difesa dei valori culturali e delle tradizioni dell’America ispanica, che si vedeva, in quel momento, completamente dominata dall'America anglosassone, perchè gli Stati Uniti cominciavano ad essere una potenza considerevole e a portare avanti i loro progetti di espansionismo politico e territoriale. ★ Importanza di questo testo come precursore dell'esistenzialismo moderno. ● Canto a la Argentina (1910): è un lungo poema. ❖ Qui riprende la sua riflessione e rivendicazione americanista che rappresenta proprio l’apice della sua proposta americanista di difesa della cultura ispanica contro il colonialismo culturale e politico nordamericano, che già si era affermato come dominante, appunto. ● La peculiarità di Darío si esplica tanto nei temi affrontati come nello stile. Lui stesso aveva cercato di spiegare, con toni e argomenti personali, qual era il suo concetto di poesia e quale doveva essere lo stile o quale stile aveva scelto per sè, in Prólogo a Canto errante (1907): Jamás he manifestado el culto exclusivo de la palabra por la palabra... La palabra nace juntamente con la idea, o coexiste con la idea, pues no podemos darnos cuenta de la una sin la otra... La palabra no es en sí más que un signo, o una combinación de signos; mas (senza accento è un’avversativa, è un arcaismo) lo contiene todo por la virtud demiúrgica. Los que la usan mal serán los culpables si no saben manejar estos peligrosos y delicados medios. Y el arte de la ordenación de las palabras no deberá estar sujeto a imposición de yugos (il giogo che si mette ai buoi, è una metafora), puesto que acaba de nacer la verdad que dice: el arte no es un conjunto de reglas, sino una armonía de caprichos. Non ho mai manifestato il culto esclusivo della parola per la parola… > Qui già prende le distanze dal parnassianesimo: la parola per la parola, l’arte per l’arte. Lui qui dichiara che non è un cultore della parola fine a se stessa, della parola proprio come modo di espressione che deve essere bello e piacevole, ma che non deve avere alcun altra finalità intrinseca. La parola nasce insieme all’idea, o coesiste con l’idea, perché non possiamo renderci conto dell’una senza l’altra. > Sta dicendo che non esiste la parola fine a se stessa, la parola è sempre portatrice di un significato, coesiste con l’idea e, quindi, non possiamo comprendere un significato se non siamo in grado di riconoscere la parola, quindi il significante che lo veicola, e viceversa. Questo concetto, della relazione tra significante e significato, applicato alla poesia è molto importante perché significa che Darío prende le distanze da una concezione veramente esteticista dell’espressione poetica. La parola non è in sé altro che un segno, o una combinazione di segni; ma contiene tutto per la virtù demiurgica. > Il demiurgo è l’essere umano stesso che ha avuto, nella storia, la capacità di associare a dei suoni dei significati; quindi la parola è, in sé stessa, più di un - El jardín de los poetas (1899) = canta Góngora in modo completamente modernista. - Fu pubblicato postumo, nel 1906, Robles de la sagrada selva. Salvador Rueda (1857-1933): Andaluso di Malaga e di umili origini. ❖ Dotato di una grande facilità espressiva ma di scarso rigore formale. ❖ Scrisse varie raccolte: - Cantos de la vendimia (1891); - En tropel (1892); - La bacanal (1893); - Camafeos (1897); - Piedras preciosas (1900); - Trompetas de órgano (1907) - La cópula: un romanzo costumbrista. ★ Anche dai titoli si nota un grande gusto per il preziosismo, per la rappresentazione di oggetti o di scene concrete di vita andalusa. ❖ Si dedicò anche al teatro e al saggio. Miguel de Unamuno (1864-1936): Era basco, nacque a Bilbao e si trasferì a Madrid nel 1880 per studi universitari. ❖ Divenne cattedratico di greco all’Università di Salamanca e poi fu Rettore della stessa per molti anni. ❖ Unamuno ebbe una personalità molto polemica e conflittuale, fu, però, sempre un uomo libero, diceva quello che pensava; e proprio a causa di questo carattere così schietto e franco ebbe numerosi problemi, in particolare con Primo de Rivera. ➔ Nel 1924 fu esiliato dal dittatore Primo de Rivera a Fuerteventura (isola delle Canarie). Da qui si trasferì in Francia dove rimase fino al 1930. ❖ Fu un poligrafo, nel senso che si dedicò a tutti i generi letterari esistenti: poesia, prosa narrativa, racconto, teatro e saggio filosofico. Per cui la sua produzione è estesissima e molto eterogenea. Tuttavia, all’interno dei suoi scritti, attraversando tutti i generi che ha trattato, incontriamo sempre una coerenza di temi e compattezza di pensieri, che lo rendono una personalità unica ed inconfondibile nella storia della letteratura spagnola. ❖ Le sue opere: ➢ Paz en la guerra (1897): Il suo primo romanzo. - Un romanzo che si inquadra ancora nella tradizione del romanzo realista ottocentesco, che narra la guerra carlista. - È ambientato durante l’ultima guerra carlista, in particolare tratta l’assedio di Bilbao, quindi in qualche modo contiene elementi autobiografici. ★ Unamuno aveva vissuto nella sua infanzia l’ultima guerra carlista e quindi aveva molti ricordi nitidi. - È il primo esperimento narrativo di Unamuno in cui non riesce ad allontanarsi del tutto dal canone e dall'architettura realista. ➢ Amor y pedagogía (1902): finalmente trova una nuova strada per esprimersi come narratore. - Possiamo definirlo il primo romanzo modernista di Unamuno e la sua pubblicazione nel 1902 coincide con altri tre romanzi, che presentano le stesse caratteristiche di Amor y pedagogía, cioè la rottura rispetto ai canoni del romanzo realista: 1. Il romanzo di Azorín, La voluntad; 2. Il romanzo di Valle Inclán Sonata de otoño, la prima di quattro romanzi e tutti sono sonatas (per questo definita tetralogia, include la quattro stagioni); 3. Il romanzo di Pio Baroja Camino de perfección. Il 1902 è un anno importante perché diede alla luce vari romanzi, che sono cruciali per la storia del romanzo modernista in Spagna. Se c’è un momento di snodo e di rinnovamento importante nella storia del romanzo spagnolo, quello è proprio segnato da questo anno, il 1902, proprio agli inizi del Novecento. ➢ Niebla (1914): Il capolavoro del romanzo modernista spagnolo. - Già segna la maturità completa di Unamuno come narratore e la sperimentazione, ormai matura, di questo tipo di narrazione. ➢ Abel Sánchez (1917): romanzo. ❖ Tra i saggi, a metà tra il letterario e il filosofico: ➢ La vida de Don Quijote y Sancho (1905) - Dal titolo intuiamo che si tratta di un testo che usa come pretesto il romanzo cervantino, Don Quijote, tra l'altro in un anno particolare: il 1905 è il quarto centenario della pubblicazione della prima parte del Quijote di Cervantes. Nel 1605 venne pubblicata la prima parte e nel 1616 venne pubblicata la seconda. Quindi nel 1905 in Spagna, in questa importante ricorrenza, fu dato spazio allo scritto di Cervantes, alla ricezione del Quijote, all’importanza del personaggio Quijote nella storia della cultura spagnola. E Unamuno prende spunto da questo anniversario per scrivere un saggio che usa come pretesto il capolavoro cervantino per una proporre una riflessione sulla questione spagnola, sulla crisi identitaria, sulla crisi culturale e su quella che, secondo lui, era la missione dell’uomo spagnolo in Europa. soprattutto. Unamuno era molto preoccupato dei rapporti della Spagna con il resto d'Europa. ➢ Del sentimiento trágico de la vida (1912): è più di carattere metafisico morale, quindi incentrato sul destino dell’uomo. ➢ La agonía del cristianismo (1925) ➢ Entorno al casticismo (1895): Unamuno aveva riflettuto molto sull’atteggiamento di chiusura della cultura spagnola rispetto alle influenze che provenivano dall’esterno. [ ‘Castizo’ in spagnolo vuol dire ‘genuino, puro’; quindi il casticismo era una tendenza conservatrice e reazionaria della cultura ispanica, che Unamuno, in quella fase del suo pensiero, rifiutava completamente. Rifiutava il casticismo, rifiutava la chiusura della cultura spagnola agli influssi che provenivano dall’esterno e dalla vicina Francia, soprattutto, che secondo lui dovevano essere assimilati dagli spagnoli. Questa apertura poi, in realtà, avanti nel tempo, cambiò di rotta; l’ultimo Unamuno è molto più chiuso, disincantato e meno favorevole all’apertura verso l'esterno, proprio a conferma di questo carattere e personalità così particolare e conflittuale. Lui viveva un conflitto costante proprio al suo interno, un conflitto tra fede e ragione, che è alla base di tutto il suo pensiero e che determina quella che è la crisi spirituale di fine secolo profonda. Era giovane ancora, nel 1897 soffrì una crisi spirituale profonda che lo accompagnò poi per tutta la vita; questo conflitto profondo tra la conspaevolezza della precarietà della vita, della finitezza della vita, e la sua ansia indescrivibile di immortalità, che sta poi alla base di tutte le inquietudini umane. In fondo, tutte le sofferenze che affliggono l’umanità, sono dettate dal l'inconciliabilità tra la vita terrena che è effimera, e l'eternità, che è sempre ambita ma che è impossibile da raggiungere, almeno utilizzando gli strumenti della ragione. È necessario un atto di fede per poter credere nell'esistenza eterna. Z Questo è il dilemma che attanaglia Unamuno fin dalla giovinezza e che leggiamo sempre in filigrana all’interno delle sue opere. ❖ Fu anche poeta, ma non fu così rivoluzionario come poeta così come lo è stato come romanziere e saggista, ciononostante anche la sua produzione poetica merita attenzione. ➢ Scrive un’ Arte poética: contro Verlaine e riesce ad esprimere nella sua poesia le sue preoccupazioni e le sue aspirazioni. ➢ Poesías (1907); ➢ Rosario de sonetos líricos (1911); ➢ El Cristo de Velázquez (1920); ➢ Teresa (1923); ➢ Romancero del destierro (1928); ➢ Cancionero (pubblicato postumo, 1953). Ángel Ganivet (1865-1898): originario di Granada, studiò a Madrid e fu amico di Unamuno. La sua esistenza fu più breve, morì suicida a poco più di 30 anni, gettandosi nel fiume Duina (a Riga, in Lettonia). Aveva una personalità complessa. ❖ Scrisse soprattutto saggi e romanzi. ➢ Idearium español - 1897: saggio; ➢ La conquista del reino de Maya por el último conquistador español, Pío Cid - 1897: romanzo; ➢ Los trabajos del infatigable creador Pío Cid - 1898: romanzo; ➢ El escultor de su alma - 1906: dramma in versi. ❖ Il tema della Spagna e il problema della Spagna furono la sua maggiore preoccupazione. José Martínez Ruiz, conosciuto come Azorín (1873-1967): nacque a Monóvar (Alicante). Studiò a Yecla (paese in provincia di Alicante) e per gli studi universitari si trasferì a Madrid e Valencia, per studiare giurisprudenza. ❖ I suoi romanzi più importanti furono: ➢ La voluntad - 1902; ➢ Antonio Azorín - 1903 > lui prende come pseudonimo il nome di uno dei suoi personaggi. Quindi fa un’operazione di contaminazione tra la realtà e la finzione; ➢ La confesiones de un pequeño filósofo -1904; ancora firmati con il nome di José Martínez Ruiz. Il suo personaggio è sostanzialmente autobiografico. ❖ Come Baroja si dedicò ai romanzi. Importanti anche i suoi romanzi evocativi come ➢ Don Juan - 1922; ➢ Doña Inés - 1925; ➢ Valencia - 1941, Madrid - 1941 e Memorias inmemoriales - (1946): a metà tra libri di memorie, schizzi biografici e libri di viaggio. ❖ Ci sono in lui esitazioni e contraddizioni come in Unamuno e Baroja. ❖ Non solo scrittore di romanzi, ma anche un teorico. Rifletté molto, anche per la sua longevità, sul problema di Spagna e si distinse sempre per uno stile piuttosto sobrio e semplice, per la parola esatta, e per l’impronta nuova che volle dare allo stile (una via già intrapresa da Baroja che aveva teorizzata la Retorica del tono menor, una retorica sobria, uno stile semplice che doveva superare tutte le complicazioni retoriche tipiche dell'estetica ottocentesca e del romanticismo). Ramiro de Maeztu (1874-1936): basco, nacque a Vitoria da padre spagnolo e madre inglese. Visse alcuni anni a Cuba lavorando nell'azienda del padre e al suo ritorno lavorò come giornalista a Bilbao. Nel 1936 fu fucilato a Madrid, fu una delle vittime della guerra civile. ❖ La sua opera è più di pensiero che di inclinazione letteraria. Fu per lo più un saggista. I suoi scritti vertono fondamentalmente sulla riflessione intorno all’identità spagnola, alla crisi culturale spagnola. ❖ Le sue iniziali tendenze di rigenerazionismo si riflettono in: ➢ Hacia otra España (1899) = saggio ❖ Ma in seguito appare in lui un senso autoritario con il libro: ➢ Defensa de la Hispanidad (1934): Rievoca quell’atteggiamento casticista contro cui Unamuno si era scagliato nel suo saggio. Rappresenta la svolta reazionaria e integralista di Maeztu, che rinuncia a qualsiasi tipo di apertura verso l’esterno, addirittura rifiuta le conquiste dell’illuminismo, il liberalismo, e propone l’idea quasi di un impero cattolico spagnolo . ❖ Tra i suoi saggi di carattere letterario spicca ➢ Don Quijote, Don Juan e La Celestina (1926): lui prende spunto da queste grandi opere letterarie, una medievale (La Celestina, di Fernando de Rojas), l’altra di pieno Siglo de Oro (Don Quijote) e una romantica (Don Juan Tenorio di Zorrilla), che lui analizza non tanto da un punto di vista specificatamente letterario, perché lui non era un critico letterario, ma proprio dal punto di vista del pensiero, dell'evoluzione del pensiero ispanico e dell’identità ispanica. Antonio Machado (1875-1939):Uno dei più grandi poeti spagnoli di tutti i tempi. Nacque a Siviglia, da una famiglia benestante. Suo nonno era un folklorista, dipendente de La casa de Alba (villa nobile sivigliana). Machado era nato nel Palacio de las duenas, palazzo che esiste tutt’ora e dove c’è una targa dedicata a Machado. Lì visse pochi anni della sua infanzia perché, quando suo padre morì precocemente, la famiglia si trasferì presto a Madrid. E qui iniziò a studiare alla ILE. ❖ Studiò all'ILE e successivamente lavorò a Parigi presso la casa Garnier (prestigiosa casa editrice che esiste tuttora) come traduttore. ❖ Nel 1907 ottenne la cattedra di francese a Soria, dove conobbe Leonor Izquierdo, che sposerà nel 1909. ❖ Quella di Antonio Machado fu una vita segnata da vari spostamenti: infanzia a Siviglia, adolescenza e giovinezza a Madrid, il trasferimento a Parigi, poi a Soria (quindi torna in Castiglia). Dopo essersi sposato con Leonor, tornò a Parigi con la moglie, dove seguì le lezioni di due grandi studiosi di Bédier (filologo romanzo) e Bergson (filosofo). Furono esperienze molto importanti nella sua vita, nella sua formazione e anche nella sua esperienza di scrittore e vedremo soprattutto perchè Bergson. ➔ Ma sua moglie si ammalò gravemente a Parigi ed entrambi tornarono a Soria, per permettere a Leonor di curarsi, ma la tubercolosi non le dette scampo e morì a Soria nel 1912. ❖ Dopo il lutto, Machado lasciò Soria e si trasferì a Baeza (in Andalusia), dove insegnò fino al 1919. ➔ Nello stesso anno si trasferì all'Istituto di Segovia (quindi dall’Andalusia tornò in Castiglia) dove risiederà fino al 1931, viaggiando regolarmente a Madrid (dove aveva molti contatti dato che ci era cresciuto). ➔ Nello stesso anno, nel 1931, dopo la proclamazione della Repubblica, si trasferisce all'Istituto Calderón de la Barca di Madrid, grazie alle sue conoscenze. ➔ Fu solidale con la Repubblica e si trasferì a Valencia nel 1936, all’inizio della guerra civile. ❖ Nel gennaio 1939, quando Franco si impadronì del paese ed era chiaro che avrebbe imposto una dittatura, Machado abbandonò il paese e si recò in Francia. Passò la frontiera verso la Francia e si fermò in un paesino, Colliure. ➔ Prima morì la madre, che lo accompagnava, e poche settimane dopo si ammalò e morì il 22 febbraio dello stesso anno. A Collioure si trova la sua tomba. ❖ Machado è un poeta ricco, non solo perché la sua produzione è vasta, ma anche perché dimostrò una grande abilità, sia nella versificazione e nell’esercizio tecnico, sia nell'espressione di idee e di pensieri che erano alla base della sua espressione artistica. In un suo testo leggiamo che per lui era fondamentale che il poeta lasciasse un segno e che fosse ricordato per ciò che aveva detto e non per come lo aveva detto; quindi per la sostanza e non per la forma, anche se, bisogna dire, che in quanto poeta di grandissimo talento, anche dal punto di vista formale i suoi versi sono straordinari, però sono versi intrisi di significato e contenuto. ❖ Scrisse teatro insieme al fratello e prosa intellettuale e filosofica, ma è nella poesia che si manifesta come un vero maestro con un'estetica personale e indipendente: ➢ Soledades (1903) = di impronta modernista e simbolista; ➢ Soledades, galerías y otros poemas (1907) = aggiunge e toglie alcuni poemi rispetto alla prima pubblicazione; ➢ Campos de Castilla (1912), anno in cui morì sua moglie: raduna altri testi che contengono già un’estetica differente e, soprattutto, una preoccupazione differente; non più solo di tono intimista, simbolista ed esistenzialista come in Soledades, ma comincia ad imporsi in modo consistente un impegno politico e culturale che lo porterà alla stesura di componimenti in cui si avverte un proposito di denuncia sociale e critica nei confronti di quella società un po’ retrograda. ➢ Juan de Mairena (1936): un testo fondamentale in prosa, ricco di condanne e ironie. Manuel Machado (1874-1947): era fratello di Antonio, meno geniale di Antonio, sia rispetto alla capacità di maneggiare il verso, sia rispetto ai contenuti . Quindi rimase un pochino in ombra nella storia della letteratura spagnola. Tuttavia, è un poeta di certo livello. ❖ Era un sostenitore del regime di Rivera ma ha continuato a sostenere la Repubblica. ❖ La sua vocazione letteraria fu precoce e l'influenza della sua terra natale era più evidente in lui che in Antonio. ❖ Alma (1898-1900): sua raccolta più importante, che si inserisce nell’estetica rubendariana e della poesia francese di fine Ottocento, quindi il simbolismo, sostanzialmente. Naturalmente, rivela un certo gusto esteticista, non poteva essere altrimenti, essendo lui un poeta modernista. ❖ È molto legato al folclore andaluso. Questo gli deriva dall’appartenenza familiare perché, tanto suo nonno come suo padre erano stati due importanti studiosi del folklore andaluso, della tradizione popolare. Lo notiamo nei suoi componimenti, è una tendenza che dominerà a lungo la sua opera: ➢ La fiesta nacional (1906); ➢ Cante hondo (1912); ➢ Sevilla (1920); ➢ Estampas sevillanas (1949). Scrisse opere teatrali in versi con suo fratello. Altra grande differenza con suo fratello fu che appoggiò la dittatura di Primo de Rivera (contro il quale si era scagliato, invece, Antonio Machado). Quindi in un primo momento fu contrario alla Repubblica, per poi sostenerla e appoggiarla. Francisco Villaespesa (1877-1936): nacque ad Almería e studiò a Granada. Un altro modernista della scuola andalusa di Machado. ❖ Conobbe Darío e Jiménez. intensificano la sua tristezza, perché approfondiscono in lei la sensazione di essere prigioniera: in uno spazio lussuoso e sfarzoso, ma uno spazio privo di libertà e privo di amore. A partire da questa descrizione di tristezza della principessa, il poeta, che non entra mai nella narrazione, descrive e presenta sempre con voce esterna, senza interagire mai con la principessa. È una voce lirica esterna, una diegesi, che ci dà una serie di indicazioni, fino a suggerire e a preannunciare, con l’entrata in scena della fata madrina (unico personaggio con il quale la principessa interagisce, perché c’è uno scambio di battute, c’è una sorta di dialogo, seppur breve), un futuro di amore per lei, con l’arrivo di un principe valoroso e bellissimo che finalmente la riscatterà da questo stato di prigionia, di tristezza e alienazione nel quale si trovava. La principessa, infatti, invece di essere felice in mezzo a tanto lusso, si sente come in gabbia. La struttura di questo testo è una struttura lirico-narrativa perché c’è un esile filo narrativo, si presenta una storia, ma è anche intrisa di sentimento, di riflessioni e considerazioni che vanno oltre la mera diegesi. Può essere interpretato come metafora dell’uomo moderno che, nonostante il benessere raggiunto e i lussi di cui può godere grazie allo sviluppo della civiltà, non può avere garantita la felicità, che può essere data sola dall’amore, dai sentimenti, da cose che non sono materiali, che non si possono comprare con il denaro. Vediamo dunque la capacità di Darío di andare oltre la mera descrizione e ricerca formale ma di riuscire a trasmettere anche un messaggio più profondo. Temi: esotismo cromatismi, tematica fantastica, preziosismi. La princesa está triste... ¿qué tendrá la princesa? los suspiros se escapan de su boca de fresa, que ha perdido la risa, que ha perdido el color. La princesa está pálida en su silla de oro, está mudo el teclado de su clave sonoro 5 y en un vaso olvidada se desmaya una flor. El jardín puebla el triunfo de los pavo -reales. Parlanchina, la dueña dice cosas banales, y, vestido de rojo, piruetea el bufón. la princesa no ríe, la princesa no siente; 10 la princesa persigue por el cielo de Oriente la libélula vaga de una vaga ilusión. ¿Piensa acaso en el príncipe de Golconda o de China, o en el que ha detenido su carroza argentina para ver de sus ojos la dulzura de luz? 15 O en el rey de las Islas de las Rosas fragantes, o en el que es soberano de los claros diamantes, o en el dueño orgulloso de las perlas de Ormuz? ¡Ay! la pobre princesa de la boca de rosa, quiere ser golondrina, quiere ser mariposa, 20 tener alas ligeras, bajo el cielo volar, ir al sol por la escala luminosa de un rayo, saludar a los lirios con los versos de Mayo, o perderse en el viento sobre el trueno del mar. Ya no quiere el palacio, ni la rueca de plata, 25 ni el halcón encantado, ni el bufón escarlata, ni los cisnes unánimes en el lago de azur. Y están tristes las flores por la flor de la corte; los jazmines de Oriente, los nelumbos del Norte, de Occidente las dalias y las rosas del Sur. 30 ¡Pobrecita princesa de los ojos azules! está presa en sus oros, está presa en sus tules, en la jaula de mármol del palacio real; el palacio soberbio que vigilan los guardas, que custodian cien negros con sus cien alabardas, 35 un lebrel que no duerme y un dragón colosal. … ¡Oh quién fuera hipsipila que dejó la crisálida! (la princesa está triste. La princesa está pálida) ¡oh visión adorada de oro, rosa y marfil! ¡Quién volara a la tierra donde un príncipe existe 40 (la princesa está pálida. La princesa está triste) más brillante que el alba, más hermoso que Abril! Calla, calla, princesa - dice el hada madrina - en caballo con alas hacia acá se encamina, en el cinto la espada y en la mano el azor, 45 el feliz caballero que te adora sin verte, y que llega de lejos, vencedor de la Muerte, a encenderte los labios con su beso de amor! La prima cosa da dire è che ha una struttura fissa, molto rigida. È formato da otto strofe di sei versi ciascuna, strofe dotate di una struttura ben precisa. Sono strofe monometriche, nel senso che sono formate da versi della stessa misura sillabica: alessandrini. Un verso alessandrino è un verso lungo, costituito da due emistichi di sette sillabe ciascuno quindi di quattordici sillabe in totale. È un verso dotato di una cesura (taglio, frattura) centrale che lo divide in due emistichi; ‘emistichio’ dal greco (‘hemi’ mezzo, ‘stíkion’ vers) vuol dire mezzo verso. Quindi l’alessandrino è un verso di quattordici sillabe, caratterizzato da una forte centrale che lo divide in due emistichi di sette sillabe ciascuno. Nella lettura naturalmente si evidenzia questa cesura centrale, sia per ragioni sintattiche perché a volte c’è un parallelismo che separa i due emistichi, ma è proprio la prosodia che porta a frammentare questo verso nella lettura in due parti. C’è una lievissima cesura ma c’è e si nota. In spagnolo questo tipo di strofa si chiama sexteto agudo: è una strofa di sei versi, e agudo per una particolare caratteristica del suo schema metrico. Lo schema rimico: - AAB nella prima terzina, - CCB nella seconda terzina. Quindi c’è una rima B che si ripete a metà e alla fine della strofa, in terza e sesta posizione e ha la caratteristica di essere una rima aguda (rima tronca/ossitona), cioè una rima che cade su una parola tronca > color - flor - bufón - ilusión - luz - Ormuz - volar - mar - azur - sur - real - colosal - marfil - abril - azor - amor . Lo schema metrico è lo stesso sempre, ovviamente le rime cambiano ma lo schema è sempre quello: AAB-CCB. È una struttura molto rigida, perfetta e inamovibile: tutti i versi sono alessandrini, tutti i versi si riuniscono in strofe di sei versi ciascuni, e c‘è sempre questa rima tronca. Quindi ci rendiamo conto che la ricerca formale per scrivere questo componimento è stata molto accurata, quasi maniacale, perché ha richiesto una combinazione molto particolare delle parole. C’è anche l'aspetto del ritmo. La poesia è metro, ma la poesia è soprattutto ritmo. Per esempio, pensiamo alla poesia contemporanea, una poesia in versi liberi fondamentalmente, dove non c’è un rispetto rigido della misura sillabica per cui tutte le strofe devono essere di endecasillabi, alessandrini; i poeti contemporanei mescolano i versi, usano misure diverse, non è quello ciò che configura il testo poetico. Ciò che configura il testo poetico è il ritmo, la capacità di creare un’andatura prosodica. La prosodia di un verso si costruisce a partire dalla disposizione degli accenti. In tutti i versi di questo componimento, Ruben Darío utilizza il medesimo schema prosodico: ogni emistichio ha un accento principale in terza sede e in sesta sede: La princesa está triste... ¿qué tendrá la princesa?. La terza sillaba di ogni emistichio è quella che reca l'accento principale perché cade su una parola piena, anche pregna di significato, che attira su di sé la voce e quindi condiziona il ritmo, quasi cantilenante, del componimento. Questo genera nel lettore questa sensazione di ritmo incalzante che dà quasi monotonia al componimento ma che lo configura da un punto di vista fonosimbolico, perché questa cadenza è quella che rende uniforme l’intero componimento; un componimento che è, d’altra parte, uniforme e monocorde in ciò che descrive, cioè la vicenda di questa principessa triste che vive in una prigione dorata e che soffre terribilmente, desiderosa di volare via e abbandonare questo spazio così insopportabile per lei. Prima strofa La princesa está triste... ¿qué tendrá la princesa? > Notiamo la cesura metrica che è intensificata e rafforzata da una cesura anche sintattica. Qui c’è proprio la divisione in due frasi, un emistichio è indipendente dall’altro dal punto di vista sintattico. La principessa è triste… che cosa avrà la principessa? > Notiamo un altro artificio retorico, che si chiama epanadiplosi: una figura retorica di ripetizione, che consiste nell’iterazione di un vocabolo o di un sintagma, all’inizio e alla fine di un’unità testuale, che può essere una frase ma più spesso avviene che sia un verso. La prima parola che noi incontriamo nel testo fa riferimento proprio alla protagonista, la principessa e al suo stato d’animo, che è di tristezza profonda. Intuiamo anche un altro elemento già dal primo verso, che è la voce esterna del narratore che descrive la situazione e che insinua delle domande, dei dubbi, delle interrogazioni, delle curiosità nel lettore e lo stimola a ragionare e a ipotizzare delle cause per cui avviene ciò che questa voce esterna sta descrivendo. Qui notiamo anche un chiasmo, la disposizione in parallelo di elementi sintattici: c’è libellula, che è un sostantivo, vaga, che è un aggettivo, e poi vaga, che torna come aggettivo, quindi in posizione incrociata, e illusione, che è un sostantivo. È un chiasmo perché c’è la disposizione incrociata degli elementi sintattici. Questo chiasmo è rafforzato dal fatto che c’è un aggettivo che si ripete, che è ‘vaga’ e quindi questo crea un’epanalessi all’interno del chiasmo. Quindi all’interno del verso noi riscontriamo anche un’epanalessi, la ripetizione dello stesso termine a breve distanza tra loro all’interno di un’unità testuale, in questo caso un verso. Epanalessi in retorica latina si chiamava geminatio, l’indicazione di una parola o un sintagma ripetuti a breve distanza tra loro all’interno di un’unità testuale, che può essere un verso, nel caso di una poesia, o una frase, nel caso della prosa. È vaga perché è un sogno, un ideale, così come è confusa e indefinita questa illusione che lei ha. Lei ha un desiderio di libertà, di amore, ma chiaramente non è ancora ben identificato. Z Qui c’è un crescendo da parte della voce narrante che ci illustra prima la condizione generale della principessa, poi insinua, progressivamente, attraverso delle allusioni e dei vaghi accenni, a quelli che sono i pensieri della principessa. È una tecnica suggestiva del poeta di coinvolgere il lettore in questa storia, che ha, sin da subito, degli aspetti di esotismo ma anche degli elementi fantastici. Quella che sta tratteggiando il poeta è una storia che ha degli elementi fantastici. Terza strofa Questa voce esterna continua a raccontarci i pensieri, però ce li racconta dal suo punto di vista. Insinua nel lettore una serie di deduzioni che lui stesso sta facendo. Pensa, forse, al principe di Golconda o della Cina, > Luoghi esotici dell’estremo oriente: esotismo. Emistichio sdrucciolo, non bisogna contare le sillabe ma dove cade l'ultimo accento tonico. o a colui che ha fermato la carrozza argentina > ‘argentina’ aggettivo che indica il materiale della carrozza e, anche in questo caso, è un preziosismo perché ci descrive il lusso e la ricchezza di un mondo al quale appartiene questa principessa, che sogna un principe che la raggiungerà in una carrozza d’argento. (qui di nuovo iperbato) per vedere la dolcezza di luce dei suoi occhi? > Allude agli occhi della principessa che sono occhi luminosi. Probabilmente, con questa metafora sta descrivendo al contempo la dolcezza dello sguardo di questa principessa, ma anche la luminosità degli occhi, quindi il fatto che si tratti di occhi chiari. La descrizione della donna angelicata e della bellezza femminile era incarnata dall’occhio chiaro. Questa metafora è che una sinestesia, perché dulzura de luz mette in contatto due campi sensoriali, da un lato quello del gusto (la dolcezza, anche se qui ha una funzione metaforica), e dall’altro quello della vista (la luce è qualcosa che si percepisce con la vista). Il poeta insinua quelli che potrebbero essere i pensieri della principessa che sta vagheggiando l'arrivo di un principe che vada a cercarla per amore e che la porti via da quella prigione nella quale si trova. E prosegue: O al re delle isole delle rose fragranti > o en - o en - o en: costituiscono un’ anafora insistita e sono retti da quel piensa acaso en. Sono tutte delle domande. C’è una sequenza anaforica ricca di elementi esotici: le isole delle rose fragranti richiamano un territorio lontano, sconosciuto, esotico; e così il sovrano dei chiari diamanti, un regno dove la ricchezza sia così vistosa che è pieno di diamanti luminosi. o a colui che è sovrano dei chiari diamanti, > E qui, con chiaro, torna il campo semantico della luce che era stato applicato allo sguardo della principessa. o al padrone orgoglioso delle perle di Ormuz? > Ormuz è un toponimo. Ormuz è un luogo, si trova nello stretto nella parte meridionale del Mar Rosso, ed è famoso per i giacimenti di diamanti. Z Tutta questa strofa con questa serie di domande, che non hanno risposta, poste dal poeta, il lettore viene immerso in una costruzione esotica di un mondo lontano che potrebbe essere vagheggiato dalla principessa. Quarta strofa Ay!, la povera principessa dalla bocca di rosa > Qui cambia la metafora; l’avevamo trovata al secondo verso della prima strofa. Qui la sua bocca diventa di rosa, ma è la stessa metafora, e soprattutto è lo stesso cromatismo. Boca de fresa o boca de rosa è la bocca rosea, perché sia la fragola sia la rosa hanno questo colore purpureo che è tipico delle labbra. È una metafora che, pur avendo referenti diversi, va a rappresentare la stessa immagine, che sono le labbra. vuole essere rondine, vuole essere farfalla, > Il poeta continua con la sua narrazione personale di quelle che sono le angosce e i desideri della principessa. Torna il campo semantico del volo, simbolo della libertà; qui compaiono un uccello, la rondine, e un insetto, la farfalla, entrambi dotati di ali, e come la libellula che abbiamo incontrato nella seconda strofa, questi volatili sono simbolo di questa aspirazione della principessa alla libertà. avere ali leggere, sotto il cielo volare; > Immagine molto plastica del cielo, rappresentato come una calotta, chiusa, sotto la quale gli animali che volavano potevano muoversi. andare verso il sole attraverso la scala luminosa di un raggio, > Altra immagine plastica di questa scalata della principessa, che, attraverso le sue ali leggere, sale verso il sole. Anche questa è una rappresentazione metaforica: un raggio di sole rappresentato come se fosse una scala, quindi l’ascesa della principessa verso il sole è plasticamente rappresentata attraverso questa scala che è costituita proprio dal raggio luminoso. salutare i gigli con i versi di maggio > I gigli sono dei fiori che rappresentano primavera, freschezza, bellezza e, infatti, questo saluto che la principessa darebbe ai gigli, è un saluto che rivolge cantando le canzoni di maggio. los versos de mayo sono canzo primaverili che inneggiano all’amore. Los versos de mayo nella tradizione folklorica popolare erano canzoni che avevano come tema centrale l’amore, la nascita e il sorgere dell'amore in primavera. La primavera è, per la natura, la stagione del risveglio: tutti diventa verdi, sbocciano i fiori, gli alberi cominciano ad avere le foglie, insomma tutto torna alla vita e naturalmente anche la stagione degli amori. Questa immagine di salutare i gigli con le canzoni d’amore significa cantare amore. Quindi una principessa che vuole essere libera, che vuole raggiungere il sole (che in questo caso rappresenta la gioia, la felicità), che vuole cantare canzoni d’amore, cioè che ha bisogno dell’amore. o perdersi nel vento sul tuono del mare. > A quella prigionia, a quella condizione, la principessa preferirebbe, addirittura, perdersi nel vento del mare in tempesta. Anche questa azione di smarrirsi, di perdersi nell’aria che sovrasta il mare, è preferibile alla condizione nella quale si trova. Quinta strofa Non vuole più il palazzo, né la ruota di argento > Notiamo di nuovo la negazione da parte della principessa: lei non vuole il palazzo, non vuole il lusso, non vuole nulla che sia in relazione con il palazzo. né il falco incantato, né il buffone scarlatto, > Non vuole il falco; il falco era un rapace di lusso, un uccello posseduto dai nobili e dai cavalieri, era uno status symbol perché è animale costoso e che richiede un certo trattamento, e, sin dall’antichità, il falco era posseduto dalle classi nobiliari. Quindi rappresenta questo contesto ricco, sfarzoso nel quale lei si trova. Non vuole nemmeno il buffone scarlatto: vediamo il cromatismo del rosso che ritorna. Prima abbiamo letto vestido de rojo piruetea el bufón, qui il vestido rojo va via però c’è escarlata che ripropone il cromatismo del rosso. né i cigni unanimi nel lago azzurro. > I cigni unanimi vuol dire che hanno lo stesso colore. Unanime è qualcosa di compatto, qualcosa di sempre uguale; quindi, in questo senso, ‘unanime’ applicato a cigno significa che si tratta di cigni tutti dello stesso colore, cioè bianchi. Questi cigni si trovano nel lago azzurro. Azur è un francesismo che Darío introduce nel testo. Gli fa gioco per la rima (perché azur rima con Sur) ma è, soprattutto, un’allusione, un richiamo esplicito a Victor Hugo e alla sua poetica, quello che lui aveva detto a proposito dell’ arte: “L’arte è l’azzurro”, perchè questo colore rappresenta ciò che è terso, cristallino, perfetto. Ed era proprio la cifra estetica del modernismo; in essa Darío si identificava e questo concetto di azzurro parnassiano, permea tutta la sua poetica. Sono tristi i fiori per il fiore della corte, > I fiori sono tristi. Prima era comparso un fiore che stava appassendo in un vaso. Questi sono fiori che si trovano in giardino sono vivi, ma sono tristi e sono tristi per il fiore della corte. Questa è una perifrasi metaforica: il fiore è la principessa, quindi una perifrasi metaforica per indicare la principessa, che è identificata come il fiore più prezioso della corte. Poliptoto Y están tristes las flores por la flor de la corte: flor è singolare, flores è plurale. Questi fiori li elenca di seguito: i gelsomini di Oriente, le ninfee del nord, > Elenca uno dietro l’altro i quattro punti cardinali. Parallelismo los jazmines de Oriente, los nelumbos del Norte: c’è la disposizione parallela degli elementi sintattici > articolo-sostantivo-preposizione- punto cardinale. di Occidente le dalie e le rose del sud. > C’è un iperbato: non dice ‘Las dalias de Occidente’. Nell’ultimo verbo crea questo iperbato e rompe la strategia compositiva del parallelismo per una questione prosodica e di accento. Se avesse detto ‘Las dalias de Occidente’ sarebbe stato un emistichio con accento in seconda posizione. Invece, la prosodia vuole che il primo accento forte cada in terza posizione. Anteponendo un elemento sintattico che naturalmente non dovrebbe stare lì tramite l’iperbato, crea un’enfasi su quell’elemento lessicale e cade maggiormente l’attenzione. Però, in questo caso, la motivazione di base è di tipo prosodico. Sesta strofa Quindi queste sono le parole della principessa, inframmezzate dagli interventi del poeta, che descrive a sua volta la principessa, richiamandosi all'inizio. Ottava strofa Il componimento finisce con l'entrata in scena di un altro personaggio, la fata madrina. La fata madrina è l’unica con cui la principessa ha uno scambio di battute. La fata madrina ha ascoltato le parole della principessa e interviene, dicendo: “Taci, taci, principessa - dice la fata madrina-; su un cavallo, con ali, verso di noi si incammina, > Altro elemento fantastico, un cavallo che vola; anche questo ci rimanda a quel campo semantico del volo che è simbolo di libertà. Quindi, anche il principe incarna in sé questa nozione di libertà che la principessa tanto vagheggia. con la spada alla vita e in mano l’astore > Altro uccello rapace, della famiglia del falco, che rappresenta lo status di questo cavaliere. È un principe quindi ha animali così pregiati. il felice cavaliere che ti adora senza vederti, > Un cavaliere medievale, di quelli che si innamorano del lonh; poesia provenzale, l’amor de lonh è un amore a distanza, è un amore che nasce senza conoscere nemmeno la figura femminile. Il cavaliere ama la donna solo perché la fama di lei e della sua bellezza lo raggiunge, quindi si innamora idealmente di lei e la elegge come creatura da servire. e che arriva da lontano, vittorioso sulla morte > Quindi un cavaliere che si presenta in termini molto fantastici, su un cavallo alato, che la adora senza vederla e che arriva da lontano. Di nuovo l’elemento esotico. È un cavaliere valoroso, che sa combattere e che ha affrontato una serie di pericoli e rischi anche mortali pur di raggiungere la sua amata. ad accenderti le labbra con il suo bacio d’amore”. > Metafora che rappresenta proprio l’offrire il suo amore alla donna. Z Epilogo di questo testo, che si era aperto rappresentando la grande tristezza della principessa, in fondo dipinge uno scenario ottimistico di speranza, la speranza che la principessa possa superare questo grande dolore e che presto arrivi per lei la libertà e l’amore. ★ Epanadiplosi: è una forma particolare di epanalessi. L’epanalessi è una ripetizione all’interno del verso in posizioni varia; mentre l’epanadiplosi riguarda la fine e l’inizio. Retrato Manuel Machado, (Alma, 1901) Fu il fratello maggiore di Antonio, risentì della superiorità di suo fratello dal punto di vista poetico e intellettuale. Evidentemente questo ha anche segnato un po' l’approccio della critica alla sua opera. Non aveva gli stessi strumenti compositivi e le stesse capacità creative del fratello; però questo componimento è importante perché è una sorta di autoritratto (ce ne accorgiamo dal titolo), cioè un testo in cui Manuel Machado presenta sé stesso, dà una descrizione di sé e degli aspetti che ritiene più significativi del suo modo di essere, della sua personalità e del suo modo di comportarsi. Suo fratello Antonio, qualche anno dopo, scrive anche lui un testo, dalla qualità poetica nettamente superiore, intitolato Retrato. Manuel Machado è uno di quei modernisti che risente molto dell'influsso rubedariano, soprattutto del culto per i preziosismi, per la parola poetica, ma che poi, alla lunga, risulta meno pregno di contenuto rispetto a Ruben Darío e a suo fratello Antonio. Il componimento è scritto in versi alessandrini, salvo in tre casi, nei quali questo schema dell’alessandrino (che deve essere diviso in due emistichi di sette sillabe ciascuno) viene interrotto; e quindi non si realizza perfettamente dal punto di vista metrico prosodico. Si tratta per lo più di distici alessandrini, raggruppati in distici a rima baciata. Si chiama pareado: un distico a rima baciata, cioè due versi che hanno la medesima rima. C’è una successione di versi che rimano tra di loro a due a due e tutto il componimento è costruito in questo modo: leed - sed, sabe - grave, poesía - melancolía… Tutte parole tra le quali si crea una rima consonante e che li riunisce a due a due. Ogni due versi, cambia la rima. Da certe ripetizioni e durezze prosodiche si nota che si tratta di un testo imperfetto, non estremamente curato e raffinato, ma rappresenta bene quello che in fondo è il profilo di Manuel Machado e ci introduce nella sua personalità. Esta es mi cara y ésta es mi alma: leed. Unos ojos de hastío y una boca de sed... Lo demás, nada... Vida... Cosas... Lo que se sabe... Calaveradas, amoríos... Nada grave, un poco de locura, un algo de poesía, 5 una gota del vino de la melancolía... ¿Vicios? Todos. Ninguno... Jugador, no lo he sido; ni gozo lo ganado, ni siento lo perdido. Bebo, por no negar mi tierra de Sevilla, media docena de cañas de manzanilla. 10 Las mujeres... -sin ser un tenorio, ¡eso no!-, tengo una que me quiere y otra a quien quiero yo. Me acuso de no amar sino muy vagamente una porción de cosas que encantan a la gente... La agilidad, el tino, la gracia, la destreza, 15 más que la voluntad, la fuerza, la grandeza... Mi elegancia es buscada, rebuscada. Prefiero, a olor helénico y puro, lo "chic" y lo torero. Un destello de sol y una risa oportuna amo más que las languideces de la luna 20 Medio gitano y medio parisién -dice el vulgo-, Con Montmartre y con la Macarena comulgo... Y antes que un tal poeta, mi deseo primero hubiera sido ser un buen banderillero. Es tarde... Voy de prisa por la vida. Y mi risa 25 es alegre, aunque no niego que llevo prisa. Letteratura spagnola: 6 lezione Mercoledì, 12/10/2022 Prima strofa leed. leggete. > Il primo verso è una chiara allocuzione al suo pubblico, perché questo verso si chiude con un imperativo del verbo leggere. Evidentemente quel voi incarna appunto il pubblico di Manuel Machado. Questa è la mia faccia e questa è la mia anima: leggete. > Questo è il mio viso e questa è la mia anima: si riferisce a due parti di sè; una è quella esteriore, più evidente, il viso che è anche tutto il suo aspetto, tutto il suo corpo; e questa è la mia anima. Con questa prima proposizione sta dicendo che vuole presentarsi, da un punto di vista più esteriore, parlando di sé stesso come persona, come uomo, dei suoi gusti, dei suoi difetti, dei suoi pregi etc; e poi vuole andare più in profondità, parlare della sua anima e dire qualcosa che concerne più direttamente il suo spirito e il suo modo di concepire la vita. Vedremo che, effettivamente, in questa descrizione che fa di sè stesso ci sono entrambi questi aspetti. E comincia: Degli occhi di disgusto/di fastidio e una bocca assetata… > Degli occhi che esprimono disgusto sono degli occhi vigili, sinceri, che manifestano sempre ciò che sentono, quindi degli occhi espressivi. E una bocca di sete, quindi una bocca assetata. Metaforicamente, con questo riferimento che fa a degli elementi che sono parte della sua fisionomia, vuol dire che è un uomo appassionato, che è una persona curiosa da un lato, ma anche capace di indignarsi, di reagire a ciò che non gli piace, quindi un carattere decisamente forte. Il resto niente… vita… cose… quello che si sa/ciò che è noto > Con questo verso, Machado sembrerebbe voler togliere importanza a tutto il resto della propria personalità. Dopo aver detto, in modo metaforico, che è una persona appassionata, che reagisce con forza a ciò che non gli piace, lui dice ho poco altro da dire, per il resto si tratta di cose normali della vita, ciò che tutti sappiamo. Tuttavia, è una specie di azione di umiltà che fa o comunque si attiene a un esercizio retorico di affermare di non dover raccontare nulla; quando poi, invece, seguono molti versi nei quali parla di sé stesso. Bravate, storie d’amore poco importanti (amoreggiamenti)... nulla di grave un po’ di follia, un po’ di poesia una goccia del vino della malinconia > In questi versi riassume che si è dedicato e si dedica anche a cose superficiali, che c’è un po’ di follia nella sua vita ma c’è anche un po’ di poesia; e qui allude il fatto che scrive e che si sta proponendo al pubblico nel momento in cui scrive queste parole. Già dal primo verso si era rivolto al suo pubblico con quell’imperativo. Metafora: una goccia del vino = è una piccola parte della malinconia. Tutti siamo attraversati, prima o poi, nella vita, dal dolore, dalla malinconia, quindi anche lui ha provato nella sua esistenza la malinconia e utilizza questa metafora per spiegarla come qualcosa che si ingurgita, che entra dentro di sé e domina chi la possiede. Vizi? Tutti. Nessuno… Giocatore, non lo sono stato; > Prima si risponde Tutti., poi dice Nessuno…, con dei puntini di sospensione. Sembra come fare un ragionamento, se per vizio si intende tutto ciò che è proibito o è inteso, dalla morale comune, come qualcosa di non corretto o peccaminoso, allora ce li ho tutti. Però, vivendo il tema del vizio dal suo punto di vista e dalla sua prospettiva, risponde che non ne ha nessuno. Perché per lui l’unico vizio Siccome sono una persona molto ansiosa e ho voglia di fare sempre cose nuove, mi fermo qui e ribadisco, sebbene il mio sorriso sia allegro e sereno, io vado sempre di fretta. È un testo, senza essere troppo ispirato dal punto di vista estetico, che ci restituisce un'immagine molto fedele di Manuel Machado. Antonio si ispira a questo componimento di Manuel scrivendone un altro che si intitola allo stesso modo e che ha degli elementi in comune nei temi e negli aspetti che sceglie di presentare di sé stesso, ma ha un’estetica completamente diversa. La misura sillabica: I primi tre versi sono regolari - Il 4 verso è un verso che non si può dividere in due emistichi; cosa che, invece, facciamo con l’alessandrino, dove, non necessariamente, la partizione in due emistichi deve corrispondere anche a una partizione sintattica, (come abbiamo notato invece nel testo di Darío), però, quanto meno, la sesta sillaba del primo emistichio deve cadere su una parola che poi finisce, o acuta, o tronca o piana o è sdrucciola, ma deve essere una parola. In questo caso no: calavareda amorios, la prima vocale della parola amorios è quella che reca l’accento tonico. Ma l’anomalia non finisce qui: se proseguiamo vediamo che questo verso è formato da 13 sillabe e non 14. Quindi questo è un verso anomalo nel contesto degli alessandrini di cui si compone il componimento. - Il verso 18 a olor helénico y puro, lo "chic" y lo torero.: qui possiamo presupporre una sinalefe tra a e o di olor. Anche qui il primo emistichio sarebbe un ottosillabo e non un settenario; considerando l’altra sinalefa tra la o di helénico e la y congiuzione. Anche in questo caso, non c’è una partizione netta in due settenari. Questo verso non è un alessandrino perfetto: è composto da un emistichio di 8 sillabe e uno di 7 = 8+7. - Verso 19 amo más que las languideces de la luna: la sesta vocale del verso è una vocale atona, quindi non possiamo considerarlo un emistichio. Quella a di languideces al massimo ha un accento secondario ma non è tonica. Verso di 13 sillabe quindi non è alessandrino. Tre anomalie all'interno di un sistema che sembrerebbe essere isometrico. C’è un modo di dividere gli emistichi nel verso, che è piuttosto anomalo anche rispetto a dove cade la sesta sillaba. Per esempio, in Antonio non troveremo mai una preposizione o una congiunzione sulla quale cada la sesta sillaba, cioè che segni la cesura del verso; invece, in Manuel questa circostanza si produce. È un modo diverso di costruire il verso che, certamente, denota una tecnica meno raffinata e precisa, nonostante lui si considerasse un esteta della parola, ma forse erano aspetti che gli interessavano di meno. El limonero lánguido suspende Antonio Machado, (Soledades, 1903) Il testo è contenuto nella sua prima raccolta di poesie. È una raccolta molto intrisa di simbolismo e pienamente modernista, perché incentrata sull'espressione di una dimensione soggettiva dell’io, che descrive le proprie sensazioni e le proprie percezioni sensoriali. È una poesia in cui il lettore sente proprio quell’insieme di percezioni che il poeta ha in certe situazioni. Questa poesia coincide con un ricordo d'infanzia del poeta: da bambino aveva vissuto circa 8 anni in un palazzo bellissimo di Siviglia, il Palazo de las dueñas (oggi è La Casa Museo Machado). Un palazzo appartenente a la Casa de Alba, un’importante famiglia nobiliare sivigliana, per la quale aveva lavorato il nonno e il padre di Machado e nella quale loro avevano vissuto in affitto e avevano potuto godere di questa cornice straordinaria. Nel giardino di questo palazzo c’era questo albero di limoni con una fontana e Antonio Machado era solito intrattenersi in questo patio e infilare le mani nell’acqua della fonte, dove si riflettevano i limoni che quest’albero portava sul suo ramo. L’innocenza e l’ingenuità del bambino lo portavano a pensare che quei limoni riflessi nell’acqua fossero reali e infilava le mani nell’acqua con l’idea di poterli raccogliere dall’acqua. Una scena, un ricordo d'infanzia tenero che rivela l’ingenuità di un bambino, e scena che lui ricorda in un’occasione precisa: quando torna a Siviglia (quando aveva 8 anni tutta la sua famiglia lasciò Siviglia e si trasferì a Madrid), quindi poi tornò da grande dopo una decina d’anni, con il fratello, aveva rivisto quella fontana e quell’albero; e appunto come in un flash che annullava la distanza temporale tra sé bambino e sé adulto, aveva vissuto e sentito di nuovo quelle impressioni e scrive questo testo da adulto, quando si ricorda cosa faceva da bambino. È un testo in cui questo aneddoto di infanzia, apparentemente insignificante, poi si carica di una serie di riflessioni e considerazioni anche filosofiche di grande spessore (Machado, oltre che essere poeta, era anche un pensatore, un filosofo). Machado riesce a carpire da questo vero aneddoto infantile una serie di considerazioni molto più profonde che si iscrivono in quella concezione del tempo che aveva inaugurato Bergson (pensatore di fine 800/ inizio 900), che aveva teorizzato un tempo interiore, un tempo che sfuggiva alle categorizzazioni concrete. Un tempo interiore che era quello che ogni individuo regolava dentro di sé. Questo tempo interiore è il protagonista del componimento che scrive Machado. El limonero lánguido suspende una pálida rama polvorienta sobre el encanto de la fuente limpia, y allá en el fondo sueñan los frutos de oro... Es una tarde clara, 5 casi de primavera; tibia tarde de marzo, que al hálito de abril cercano lleva; y estoy solo, en el patio silencioso, buscando una ilusión cándida y vieja: 10 alguna sombra sobre el blanco muro, algún recuerdo, en el pretil de piedra de la fuente dormido, o, en el aire, algún vagar de túnica ligera. En el ambiente de la tarde flota 15 ese aroma de ausencia que dice al alma luminosa: nunca, y al corazón: espera. Ese aroma que evoca los fantasmas de las fragancias vírgenes y muertas. 20 Sí, te recuerdo, tarde alegre y clara, casi de primavera, tarde sin flores, cuando me traías el buen perfume de la hierbabuena, y de la buena albahaca, 25 que tenía mi madre en sus macetas. Que tú me viste hundir mis manos puras en el agua serena, para alcanzar los frutos encantados que hoy en el fondo de la fuente sueñan... Sí, te conozco, tarde alegre y clara, 30 casi de primavera. Intanto bisogna dire che questo è un componimento dalla scrittura particolare, che si definisce silva-romance: silva (latino) perchè è una combinazione di endecasillabi (i versi lunghi) e settenari (i versi corti). E poi abbiamo un endecasillabo spezzato, che è tra il verso 4 e 5 (l’assetto tipografico ce lo esplicita); un endecasillabo in cui i due emistichi sono collocati su due righe diverse ma si tratta di un emistichio, un accorgimento di tipo sintattico più che altro, ma li dobbiamo considerare come tali, tant'è che nella numerazione il verso 5 è messo accanto ‘es una trade clara’, implicando che anche ‘los frutos de oros’ facciano parte dello stesso verso. Unica peculiarità del testo, per il resto troveremo versi lunghi (endecasillabi) e versi corti (settenari): - casi de primavera: settenario - tibia tarde de marzo: settenario - que al hálito de abril cercano lleva: endecasillabo Quindi silva perché è una combinazione di endecasillabi e settenari; romance per un’altra peculiarità propria del romance (genere lirico-narrativo di origine medievale), che aveva la peculiarità di contenere delle assonanze nei versi pari; rime assonanzate nei versi pari. L’assonanza che lega tutti i versi pari è e-a: polvorienta - sueñan - primavera - lleva - vieja. Sono tutte parole che hanno assonanza e-a, perchè l’assonanza è l'identità fonica dei fonemi vocalici di una parola a partire dall'ultima sillaba tonica. L'assonanza, quando un verso è parossitono (la parola su cui l'accento cade è piana), ovviamente è costituita da due fonemi vocalici perché dopo la sillaba tonica ce n’è un’altra. Nel caso in cui l’assonanza sia ossitona (cioè l’ultima vocale tonica cade su una parola tronca) l’assonanza è monovocalica. Non è questo il caso perché le parole sono tutte parole piane. Quindi silva per la combinazione di endecasillabi e settenari, romance perché il testo è assonanzato nelle sedi pari, tutti i versi pari recano la medesima assonanza. Questa è la caratteristica metrico formale più spiccata del componimento. El limonero: parola che in italiano dobbiamo tradurre con una perifrasi. Con ‘limone’ di solito noi indichiamo il frutto, quindi dovremmo tradurre come ‘albero di limone’ (si è lessicalizzata ormai normalmente anche in italiano e possiamo dire il limone, sapendo però che intendiamo il limone albero e non frutto). che oggi nel fondo della fonte sognano… > Torna quest’immagine dei frutti d’oro che sognano in profondità (y allá en el fondo sueñan) e che sono per quel bambino, che lui sta ricordano, come dei frutti incantati perché lui pensava di poterli prendere dall’acqua e che, invece, gli sfuggivano di mano perché, appunto, era solo il riflesso. Sí, te conozco, tarde alegre y clara, casi de primavera. > Ripete i versi 21-22, qui nei versi 30-31 ripete in maniera quasi integrale tutto il verso, meno un verbo: lì aveva scritto ‘te recuerdo’ e qui scrive ‘te conozco’. Questo cambio di verbo comporta che il ricordo di quel pomeriggio, a cui allude nei versi 21- 22, è un’azione sicuramente mentale, perché il ricordo significa semplicemente riportare alla mente una scena già vissuta; quindi, mentre in quel contesto si parlava di ricordo, qui nei versi 30-31 si parla di conoscenza. È come se dopo tutta questa meditazione, Machado ci volesse dire che, attraverso il ricordo, si può arrivare ad avere coscienza e, quindi, conoscenza di esperienze fatte in un passato. Come in questo caso, l’azione infantile di un bambino che non si rendeva conto di quello che stava facendo. Con l’azione della memoria, del ricordo si arriva alla conoscenza: questo è un principio tipicamente bergsoniano (Machado era stato allievo di Bergson all’università di Parigi). Letteratura spagnola: 7 lezione Martedì, 18/10/2022 Retrato Antonio Machado (Campos de Castilla, 1912) In Retrato, Manuel Machado si era presentato al suo pubblico focalizzandosi su alcuni aspetti del suo carattere, del suo modo di vivere e di vestire, e si era dichiarato, da un lato, elegante e costumbrista, dall’altro anche molto vicino al folklore andaluso. Le varie allusioni alla tauromachia (al torero, alla figura del banderillero) rivelavano questo suo spiccato senso di appartenenza al mondo andaluso. Manuel Machado fa parte di quella scuola sivigliana che era molto impregnata di cultura, di colori e di paesaggi andalusi. Anche Antonio Machado risentì di un certo fascino che esercitava su di lui il mondo andaluso, che era la sua terra di origine e, soprattutto, la sua terra d’infanzia. Antonio Machado si era trasferito con la sua famiglia a Madrid quando aveva otto anni. Quindi sentì sempre nostalgia della terra della sua infanzia e, infatti, in Limonero languido suspende, rievoca una scena della sua infanzia. In Retrato parla di sé stesso, si ispira, certamente, al componimento di suo fratello Manuel (che l'aveva composto diversi anni prima). Antonio era più giovane rispetto a Manuel. La finalità del componimento è la stessa: quella di presentarsi al suo pubblico. Vedremo che i contenuti, il registro linguistico e la maestria tecnica saranno superiori rispetto a quelli di Manuel. Mi infancia son recuerdos de un patio de Sevilla, y un huerto claro donde madura el limonero; mi juventud, veinte años en tierra de Castilla; mi historia, algunos casos que recordar no quiero. Ni un seductor Mañara, ni un Bradomín he sido 5 —ya conocéis mi torpe aliño indumentario—, mas recibí la flecha que me asignó Cupido, y amé cuanto ellas pueden tener de hospitalario. Hay en mis venas gotas de sangre jacobina, pero mi verso brota de manantial sereno; 10 y, más que un hombre al uso que sabe su doctrina, soy, en el buen sentido de la palabra, bueno. Adoro la hermosura, y en la moderna estética corté las viejas rosas del huerto de Ronsard: mas no amo los afeites de la actual cosmética, 15 ni soy un ave de esas del nuevo gay-trinar. Desdeño las romanzas de los tenores huecos y el coro de los grillos que cantan a la luna. A distinguir me paro las voces de los ecos, y escucho solamente, entre las voces, una. 20 ¿Soy clásico o romántico? No sé. Dejar quisiera mi verso, como deja el capitán su espada: famosa por la mano viril que la blandiera, no por el docto oficio del forjador preciada. Converso con el hombre que siempre va conmigo 25 —quien habla solo espera hablar a Dios un día—; mi soliloquio es plática con este buen amigo que me enseñó el secreto de la filantropía. Y al cabo, nada os debo; debéisme cuanto he escrito. A mi trabajo acudo, con mi dinero pago 30 el traje que me cubre y la mansión que habito, el pan que me alimenta y el lecho en donde yago. Y cuando llegue el día del último viaje, y esté al partir la nave que nunca ha de tornar, me encontraréis a bordo, ligero de equipaje, 35 casi desnudo, como los hijos de la mar. È un testo scritto in quartine di versi alessandrini (verso di 14 sillabe, caratterizzato da una cesura centrale che li divide in due emistichi settenari). N"+-0"/%'(0'C)"+10&.'*.+$8^'$9]')&%'#$8./"'+0/0$%6'%B&0'C)"+10&"']'$%/*%#1"'("'5.+#0'$8.' *+.#.&1"&%'+0/.'"-1.+&"1.'_`_`'3'Sevilla-Limonero-Castilla-Quiero. Cambiano di quartina in quartina ma lo schema è sempre lo stesso. Adoro la hermosura, y en la moderna estética - mas no amo los afeites de la actual cosmética: Due versi sdruccioli, proparossitoni, l’ultimo accento tonico cade su una parola sdrucciola; in questo caso sono le parole estética e cosmética. In questo caso, a differenza del testo di Manuel (dove abbiamo individuato delle anomalie), c’è sempre una cesura molto precisa tra i due emistichi:cioè l’emistichio termina sempre con una parola piena, quindi già dalla lettura possiamo individuare qual è il punto in cui il verso alessandrino si ripartisce. Un’altra peculiarità è che Machado ci presenta sé stesso iniziando dalla sua infanzia, quindi rappresentando la sua traiettoria vitale. Scrive questo componimento quando già è un uomo maturo, da poco sposatosi con Leonor Izquierdo (più giovane di lui ma che morirà prematuramente di tubercolosi). Poi parla del suo temperamento, del suo modo di essere e della sua concezione sulla poesia. Quindi questo è un testo dove la biografia dell'autore si mescola alla poetica, per costruire delle descrizioni e dei riferimenti che sono metapoetici, cioè che parlano della poesia. È un testo, oltre che biografico, anche metapoetico. Prima quartina La mia infanzia sono ricordi di un cortile di Siviglia, > Comincia a presentare sé stesso dalla prima età della sua vita: la sua infanzia sono ricordi di un cortile di un palazzo di Siviglia. Questo è un dettaglio importantissimo.Questo cortile è il cortile di una casa importante, appartenuta ai duchi di Alba, per i quali lavorava il nonno di Machado. Questo palazzo signorile, nel quale viveva la famiglia Machado, si chiama Palazzo de las Dueñas. Quindi, con ‘patio de Sevilla' si riferisce proprio al cortile del Palazzo de las Dueñas. e un orto (giardino, può anche indicare un luogo chiuso dove ci sono piante e fiori) chiaro dove matura il limone; > di nuovo l’albero di limoni. huerto è la zona verde del cortile, coltivata da piante, fiori e dove, infatti, matura il limonero (albero tipico del sud e dell’Andalusia). Claro perché è un giardino luminoso, Claro si riferisce alla luce: huerto claro perché è luminoso, quindi si riferisce alla luminosità del giardino e, in generale, alla luminosità della terra andalusa. la mia gioventù, venti anni in terra di Castiglia; > Dopo aver descritto in maniera così emblematica e sintetica la sua infanzia, passa alla gioventù. Aveva otto anni quando lasciò Siviglia con la sua famiglia, si trasferì a Madrid, poi a Soria (dove insegnò francese in una scuola superiore) e tra Madrid e Soria aveva vissuto una ventina d’anni in Castiglia, fino a che poi scrisse questo componimento. la mia storia, alcuni fatti che ricordare non voglio. > Iperbato: usa l’iperbato per mantenere il ritmo, per mantenere la rima. La rima -ero richiedeva che il verbo ‘quiero’ si trovasse alla fine del verso. Parla prima della sua infanzia, poi della sua gioventù e poi compare il termine ‘storia’. historia fa riferimento a un percorso che ingloba tutta la sua vita, quindi sia l’ infanzia sia la gioventù. La mia storia alcuni fatti che ricordare non voglio. > Verso che è stato interpretato in diversi modi, alcuni pensano che lui alluda alla morte della moglie, ma in realtà non è così, perché lui lo scrisse prima della morte di Leonor. Probabilmente ricorre a un topos letterario, è una retorica a breviatio: un'abbreviazione, una forma di sintetizzare l’esposizione lirico-narrativa. Lui non può raccontare molti fatti della sua vita in un componimento, allora non li vuole ricordare, non necessariamente perché siano sgradevoli (può essere che avesse in mente la morte del padre che perse quando era piccolino), però questo ‘recordar no quiero’ è una formula che può essere anche un topos letterario: non lo voglio dire, non lo voglio ricordare, perché in questo contesto mi interessa parlare di altre cose. Seconda quartina Qui parla del suo modo di comportarsi con le donne. Infatti, poi precisa: né sono un uccello di quelli del nuovo gaio trillare > Metafora: questo gaio trillare degli uccelli è un trillare vuoto, è un verso vuoto, privo di contenuti, che è si molto allegro e gradevole, ma che non lascia nulla di profondo quando lo si ascolta. Quindi, metaforicamente si riferisce a una poesia superficiale, a una poesia che ha come unica finalità produrre una bellezza estetica fine a sé stessa, senza contenuti. E continua con questa metafora anche nella quartina successiva: Quinta quartina Disdegno le romanze dei tenori vuoti > La romanza, nell’opera lirica, è l’aria, l’assolo, il momento lirico di canto individuale del tenore o della soprana. Lui non ama questi momenti di canto solitario dei tenori vuoti; metafora per dire non mi piacciono i poeti che si esibiscono in un modo vacuo, cioè senza contenuti. Sta ribadendo il concetto che aveva espresso precedentemente (mas no amo los afeites de la actual cosmética,). e il coro dei grilli che cantano alla luna > E così disegna anche il coro dei grilli che cantano alla luna. Il coro, un insieme di grilli, metafora per indicare un certo tipo di poeti che cantano alla luna. L’azione dei grilli di cantare alla luna è un’azione completamente inutile, ed è proprio questo che sta rappresentando attraverso questa metafora. Non vuole, non gli piace il coro di grilli che canta alla luna. È un canto fine a sé stesso, proprio dei grilli che d’estate cantano senza ragione solo per il fine di cantare. E così a lui non apprezza i poeti vuoti. Quindi quel tipo di poesia non gli piace e lui sta proprio descrivendo quello che lui non vuole essere e non è. A distinguere mi fermo le voci dagli echi, le voci dagli echi, > Iperbato: a distinguir me paro. Lo fa per un problema di ritmo: sarebbe un settenario ossitono, agudo e quindi avrebbe un ritmo diverso se mettessimo il verbo ‘distinguir’ alla fine. L’eco è un effetto sonoro, è una riproduzione speculare di un suono, ma non è il suono originale. Ci sta quindi dicendo che il suo interesse principale, la sua vocazione è quella di perseguire la verità, distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è. ed ascolto solamente, tra le voci, una. > Non si fa condizionare da ciò che ascolta intorno a sé, non si fa condizionare da quello che dicono gli altri, ma ascolta solo una voce, cioè la sua voce interiore. Sesta quartina Sono classico o romantico? Non lo so. Lasciare vorrei > Continua la sezione metapoetica: parla di sé stesso, rivolge una domanda a sé stesso e che condivide con il suo pubblico. Afferma di non sapere se è classico o romantico, non gli interessa essere etichettato in un modo o nell’altro. Poi però spiega qual è l’effetto che vorrebbe lasciare sul suo pubblico. Dejar quisiera: iperbato, per motivi di rima. C’è anche un encabalgamiento (figura metrica sintattica attraverso la quale si spezza un’unità sintattica che lega due termini fortemente legati tra loro, che possono essere un soggetto e un predicato, sostantivo e aggettivo; proprio a creare da un lato, una frattura, dall’altro anche un’unione perché i due versi rimangono sintatticamente molto legato tra di loro, proprio perché questi due elementi sintattici uno alla fine e uno all’inizio del verso successivo, che sono connessi sintatticamente tra loro): dejar quisiera mi - verso. il mio verso, come lascia il capitano la sua spada: > Spiega qual è l’effetto che lui vorrebbe avere sul suo pubblico. Lui, metaforicamente, come poeta si paragona a un guerriero che ha come sua arma, la spada; la spada è, metaforicamente, la poesia del poeta. famosa per la mano virile che l’ha brandita, > Questa spada è una spada, quindi una poesia, che diviene famosa per la mano di chi l’ha brandita la spada, e attraverso metafora, la poesia. Lui vuole essere ricordato come persona con tutto quel complesso di valori e di idee di cui era portatore, attraverso la sua poesia; e non vuole essere ricordato, invece, per gli aspetti meramente formali. non per l’abile lavoro del forgiatore apprezzata. > Il forgiatore è l’artigiano che costruisce, in questo caso la spada. Quindi la metafora, applicata al poeta, ci fa intendere che questo lavoro artigianale della costruzione della spada, e quindi di costruzione del verso, non gli interessa tanto come, invece, il portato umano che c’è nella sua poesia, la sua storia, il suo modo di vedere la vita. Qui si ricollega al tema della cosmetica, precedentemente visto (mas no amo los afeites de la actual cosmética,). Lui non persegue la perfezione formale, non gli interessa un’estetica puramente formale; gli interessa, invece, trasmettere dei contenuti, così come al capitano interessa che quella spada diventi famosa perchè è stato lui a brandirla e non perchè il forgiatore l’ha costruita così bella ed elegante. Settima quartina Converso con l’uomo che va sempre con me > Riferimento al suo dialogo interiore, a una forma di introspezione che lui è solito avere con sè stesso: riflettere tra sé e sé, sviscerare la propria interiorità e i propri sentimenti. - chi parla da solo spera di parlare a Dio un giorno -; > Questo è un principio di Sant'Agostino che diceva che Dio andava cercato dentro sé stessi, che la verità stava all’interno dell’essere umano e che ogni essere umano doveva cercare Dio al proprio interno, non fuori. Il mio soliloquio (il mio parlare a me stesso) è conversazione con questo buon amico (cioè quella parte di sé interiore, profonda) > Si presenta come uomo meditatore, riflessivo, come una persona che ricerca la verità sempre dentro sé stesso e quindi spera un giorno di poter dialogare con Dio, grazie a questa abilità che ha di parlare con sé stesso con sé stesso. che mi ha insegnato il segreto della filantropia > La filantropia è l’amore per il prossimo, per l'umanità. Con questa quartina si dichiara filantropo, si dichiara una persona che vuole il bene del prossimo e quindi è incapace di fare del male. Ottava quartina E alla fine, niente vi devo; mi dovete quanto ho scritto. > Si rivolge per la prima volta a un vosotros, ai suoi lettori. Finora abbiamo intuito che si stesse rivolgendo al pubblico e che stesse parlando di sé stesso per comunicare qualcosa, ma mai aveva chiamato in causa un voi e questa è la prima volta che compare un vosotros e lo notiamo proprio dal punto di vista grammaticale-sintattico. debéisme : Uso enclitico del pronome ‘me’, pronome personale indiretto di prima persona, che viene attaccato alla forma verbale. È una costruzione arcaica o arcaizzante, arcaismo morfologico che Machado utilizza per ragioni metrico prosodiche. Voi mi dovete quanto ho scritto: sta rivendicando il fatto che, in quanto poeta, lui ha donato la sua creazione al pubblico, quindi è il suo pubblico che gli è debitore della poesia che lui ha scritto. Notiamo un orgoglio di poeta creatore da parte di Machado, che dice che non deve nulla al suo pubblico, al contrario, sono loro che gli sono debitori.. Vado al mio lavoro, con il mio denaro pago > Tutta la vita è stato professore di scuola secondaria, insegnava lingua e letteratura francese. Quindi qui rivendica il fatto che è un lavoratore, si guadagna la vita lavorando. Paga con il suo denaro, con il denaro onestamente guadagnato. Pagar alla fine del verbo si collega direttamente all’oggetto del verso successivo, enjambement. l’abito che mi copre e la casa che abito > Con il denaro che guadagna lavorando paga i suoi viti e la sua casa Notiamo la struttura parallelistica di questo verso: el traje que me cubre y la mansión que habito hanno esattamente la stessa struttura sintattica, costituiscono un parallelismo. il pane che mi alimenta e il letto in cui giaccio > Qui il parallelismo sfuma un po’ ma possiamo comunque notare questa bimembrazione. Tutto ciò lo paga con tutto ciò che guadagna attraverso il proprio onesto lavoro. Si perde un po' quella simmetria che c’era nel verso precedente ma comunque questi due emistichi sono in parallelo anche dal punto di vista sintattico: sostantivo predicato-sostantivo predicato > el pan que me alimenta y el lecho en donde yago Tutto ciò lo paga attraverso il suo onesto lavoro. Nona quartina E quando arriverà il giorno dell’ultimo viaggio > Introduce la metafora della morte: l’ultimo viaggio è quello che conduce alla morte. E sarà sul punto di partire la nave che non tornerà più, > La nave è lo strumento di pericolo che conduce verso la morte. Mi troverete a bordo, leggero di bagagli (con pochi bagagli), > Vuol dire senza fronzoli, senza grandi ricchezze, come uomo semplice quale lui era, quasi nudo precisa. Quasi nudo come i figli del mare > Con questa metafora dell’ultimo viaggio come viaggio in nave che lo conduce alla morte, lui vuole rappresentare sé stesso come un uomo semplice, un uomo non attaccato ai beni materiali, infatti lui si troverà su questa nave leggero di bagaglio, quasi nudo, come i figli del mare. E con questa metafora dei figli del mare si ricollega a un topos letterario del mare (come origine della vita e del mondo); quindi i figli del mare sono tutti gli esseri viventi che. nel momento in cui muoiono, tornano a far parte a quell’insieme da cui tutto è nato, che è il mare. Questa chiusura del componimento ci fa capire come per Antonio Machado la poesia è stata una missione di vita. Ha coltivato una poesia piena di contenuti che rivelasse i suoi sentimenti e la sua interiorità. Si presenta come un uomo che ha vissuto onestamente, che pagato tutto con le risorse del proprio lavoro e che non è mai stato attaccato alla ricchezza e non l’ha mia perseguita, tanto che, il giorno in cui morirà, sarà quasi nudo, privo di ornamenti, per ricongiungersi a quella grande madre (il mare) da cui tutto si è generato. Letteratura spagnola: 8 lezione Mercoledì, 19/10/2022 A un olmo seco Antonio Machado, (Campos de Castilla, 1912) Al olmo viejo, hendido por el rayo y en su mitad podrido, con las lluvias de abril y el sol de mayo, algunas hojas verdes le han salido. ¡El olmo centenario en la colina 5 che lambisce il Duero! Un muschio giallognolo > Qui c’è un toponimo importante: il Duero è il nome di uno dei due fiumi più importanti che passano in Castiglia, l’altro è il Tajo. Effettivamente il Duero è un fiume molto presente nella poesia di Machado, perché passa a Soria, città nella quale ha vissuto vari anni, ha trovato l’amore e qui l’ha anche perso (sua moglie era morta proprio a Soria). E quindi il Duero è un fiume importantissimo proprio nella memoria di Machado. Quindi quest’olmo centenario che si trova sulla collina che languisce il Duero, è un'esclamazione che fa quasi commossa rispetto alla maestosità di quest’albero. macchia la corteccia biancastra al tronco mangiato dai tarli/consumato e polveroso > polvoriento, aggettivo che aveva usato anche per il Limonero e il ramo dell’albero. Quindi anche la polvere come elemento che fa parte della natura. Quindi sta descrivendo l’albero e notiamo anche i cromatismi di questa descrizione: il giallo del muschio, il colore biancastro della corteccia del tronco. Tutta questa presentazione dell’olmo in questa prima parte è di un albero veramente in pessime condizioni, un albero vicino alla fine. Prima terzina Non sarà, come i pioppi cantori che custodiscono il sentiero e la riva abitato da scuri usignoli > Quest’albero, siccome è stato distrutto da un fulmine, è un albero dotato solo di tronco. Siccome è morto, siccome non si rigenera più, non ha rami. Quest’albero non sarà come i pioppi cantori che stanno sulla riva del fiume, abitati dagli uccelli; con il riferimento a Carlos Ruíz Señores, ci rendiamo conto di quello che è il significato della metonimia ‘cantores’: cantori perché il pioppo dotato di rami, un pioppo sano quindi, in piena vita, dotato di molti rami, è il rifugio degli uccelli che cantano. Quindi un albero cantore lo è, non perché il pioppo canti naturalmente, ma perché le creature che si posano sui suoi rami cantano. E in questo senso si parla di metonimia, c’è una contiguità logica. È un’immagine che troveremo con un’altra configurazione anche in un testo di Lorca. Quindi cantores si riferisce alla caratteristica di questi pioppi che, avendo molti rami, ospitano molti uccelli che cantano. Quest’olmo, siccome non è più munito di rami, non ha la qualità di essere cantore perché appunto non c’è spazio per gli uccelli per posarsi su di lui. Seconda terzina Esercito di formiche in fila si arrampica su di lui, e nelle sue viscere ordiscono le loro tele grigie i ragni. Si tratta di un olmo che sembra essere morto, ma attorno a cui ruota molta vita: ci sono le formiche, ci sono i ragni che hanno scelto il suo tronco vuoto come la propria casa e così ordiscono le proprie tele. È la legge della vita che continua e si sviluppa in qualsiasi luogo. Ultima strofa Qui comincia un lungo periodo con varie subordinate relative temporali: Prima che ti abbatta, olmo del Duero, > Tutte queste proposizioni temporali presagiscono alla distruzione definitiva dell’olmo, che lui sa, osservando il suo tronco spoglio, che verrà sradicato ed eliminato da quel luogo. Quindi appunto dice prima che il boscaiolo ti abbatta e che il tuo legno si trasformi in una serie di oggetti (mozzo di campana, lancia del carro) che si costruiscono con il legno; prima che tu semplicemente arda nel focolare di qualche misera casetta… con la sua ascia il boscaiolo, e il falegname ti trasformi in mozzo di campana, lancia di carro o giogo di carretta; prima che rosso nel focolare, domani, tu arda di qualche misera casetta, > Iperbato molto importante, si collega all’hogar: prima che tu arda rosso nel focolare di qualche misera casetta, sul bordo di un sentiero; prima che ti distrugga un ciclone e ti spezzi il soffio delle montagne bianche; > Prima ha parlato della possibilità che la sua materia, cioè il legno, venga utilizzata per fare degli oggetti; poi ha parlato della possibilità che il fuoco lo bruci e lo elimini, ora parla della possibilità che finisca distrutto da un ciclone, che è un movimento d’aria, o anche dal vento invernale, che spira dalle montagne bianche. Anche in questo caso parliamo di una metonimia, las sierras blancas: sono bianche non perché il colore delle montagne sia bianco, ma perché sono coperte di neve. E, in questo caso, sierra blancas è una determinazione temporale, si riferisce al fatto che corre il rischio anche di essere abbattuto dal vento gelido che spira in inverno (e Soria è una città molto fredda). Quindi questa è l’altra evenienza che lui presagisce. prima che il fiume verso il mare ti spinga > Leggero iperbato per valli e precipizi, olmo, voglio annotare sul mio taccuino > Vocativo: si rivolge, come aveva già fatto nei versi precedenti, all’olmo quasi fosse personificato. Abbiamo una serie molto lunga di subordinate, che poi finalmente danno il via alla proposizione principale: quiero anotar en mi cartera la grazia del tuo ramo verdeggiante > rama verdecida perché erano spuntate delle foglioline sul tronco. anche il mio cuore aspetta verso la luce e verso la vita un altro miracolo della primavera > Qui termina la presentazione dell’olmo e tutta la sua riflessione su quello che sarà o potrebbe essere il destino di quell’albero; e sulla sua intenzione di fissare nella sua memoria, attraverso la poesia e la scrittura, perché dice ‘quiero anotar’: fa proprio riferimento all’atto di scrivere. Quindi, questo verso ha una funzione metapoetica, è un richiamo alla sua attività di scrittore. E qui finisce la sua descrizione dell’olmo. Gli ultimi versi ci conducono a come questa sua capacità di applicare all'esistenza, alla propria interiorità quelle che sono semplici osservazioni dei fatti naturali. Quindi, queste foglioline verdi che sono uscite sul tronco morto dell'albero gli suggeriscono anche una sua aspirazione. Il mio cuore aspetta anche, verso la luce e verso la vita, un altro miracolo della primavera. > La primavera, con le piogge d'aprile e il sole di maggio, aveva compiuto questo miracolo di far uscire delle foglioline verdi sull’albero morto, e anche lui pensa e spera di poter essere oggetto di questo miracolo, che lo riporta alla luce e alla vita; perchè anche lui, come l’olmo, si trova in uno stato moribondo. È un testo caratterizzato da una forte tendenza anaforica, soprattutto nell'ultima strofa: la ripetizione costante di ‘antes’ crea un forte ritmo iterativo tra i versi. Non è un testo particolarmente complesso da comprendere, ma è significativo di quella che è la sensibilità di Machado verso i fatti naturali e verso i dilemmi dell’esistenza. Non dimentichiamo che Antonio Machado era anche un pensatore e molti suoi scritti in prosa sono dei veri e propri saggi filosofici e come tali vanno letti ed interpretati. Hay un oro dulce y fresco Juan Ramón Jiménez, (Jardines lejanos, 1904) Poeta importantissimo della letteratura spagnola, uno dei maggiori poeti spagnoli, che esercitò un influsso importante anche sulle generazioni successive, in particolare sulla generazione del 27 e anche su autori più recenti. La sua prima produzione, quella cosiddetta della tappa sensibile o sensitiva, è molto marcata da un’estetica modernista, quindi piuttosto incline alla rappresentazione della sensualità, sensualità intesa come percezione sensoriale del mondo, della natura. Ha un uso molto sapiente anche dei cromatismi e anche attento ai preziosismi. Come vedremo in questo primo testo, c’è anche una presenza dell'io lirico; un io lirico che si espone al lettore nella sua dimensione interiore, nelle percezioni che ha rispetto a ciò che vede e ciò che sente. Questo primo componimento rispecchia questa sensibilità tipicamente modernista, che è del Jiménez più giovane, della sua prima fase. Poi, via via che matura, come uomo e come poeta, si assiste a una rarefazione anche del suo linguaggio poetico, a una condensazione intellettuale della sua poesia, sino ad arrivare a un certo intellettualismo che a taluni può apparire freddo e distaccato ma che rivela un grande esercizio di astrazione. Quindi passiamo da una prima fase molto legata ai sensi e alle percezioni sensoriali, sino alla fase della maturità intellettuale in cui tutto è molto rarefatto e condensato. Hay un oro dulce y fresco en el malva de la tarde, que da realeza a la bella suntuosidad de los parques. Y bajo el malva y el oro 5 se han recojido los árboles verdes, rosados y verdes de brotes primaverales. ...Está preso el corazón en este sueño inefable; 10 que le echa su red; ve sólo luces altas, alas de ánjeles. Sólo le queda esperar a los luceros; la carne se hace incienso y penumbra 15 por las sendas de rosales... Y, de repente, una voz melancólica y distante, ha temblado sobre el agua en el silencio del aire. 20 rappresentare visivamente e alludendo alla dissoluzione della carne. Peraltro, attraverso due sensi diversi: penombra alla vista, incenso allude non solo al tatto ma anche all’olfatto, per i sentieri dei roseti… > Quindi torna alla descrizione del parco, in cui ci sono anche i roseti. È all’interno di questo parco che tutte queste considerazioni si sprigionano in lui, proprio attraverso la contemplazione del parco. Quinta quartina E improvvisamente, una voce > Fin qui aveva fatto riferimento soprattutto a immagini o oggetti che si potevano percepire con la vista, in questa quartina, invece, introduce l’elemento acustico. Compare una voce, una voce che ha una caratteristica, quella di essere malinconica e distante. malinconica e distante, > La voce gli suggerisce malinconia ma che lui sente come distante. ha tremato sull’acqua > Ed è una voce che produce un effetto, quello di far tremare l’acqua. Questo tremore dell’acqua, in realtà, è un tremolio che riguarda l’acqua come elemento, non la voce. Anche in questo caso possiamo parlare di metonimia: a tremare è stata l’acqua a cui è giunta questa vibrazione della voce. nel silenzio dell’aria. > È una voce che spezza il silenzio Sesta quartina È una voce femminile - accompagnata dal piano-, è un dolce > In questa sontuosità del parco, dove c’è questo tripudio di colori che ispirano tanta serenità, anche da un punto di vista sonoro acustico, si produce una situazione che causa benessere. benessere per le rose > È un benessere che si ripercuote soprattutto sulle rose, quelle rose por las sendas de rosales...che aveva introdotto prima. assonnate del pomeriggio; > Sono rose assonnate perché partecipano di questa situazione di calma, di pace, di silenzio che quindi quasi sembrerebbe preludere al sonno. Notiamo anche la ripetizione insistente della parola ‘voce’, al verso 17-21-25. Settima quartina Quest’ultima quartina ci introduce finalmente l’io lirico. Alla fine del componimento, lo abbiamo intuito già da prima ma qui abbiamo la certezza, che c’è un io lirico che sta partecipando di questa bellezza, di questa regalità dei parchi, perché c’è un pronome personale ‘me hace’ che inequivocabilmente ci introduce un io lirico. voce che mi fa, di nuovo, piangere per nessuno e per qualcuno, > Ritorna il concetto dell'ineffabilità, introdotto all'inizio riferito al sogno (este sueño inefable). Quindi questo piangere per nessuno e per qualcuno significa piangere senza un motivo certo, piangere semplicemente d’emozione. Non saper spiegare il motivo del pianto, un pianto quindi anch’esso ineffabile, le cui motivazioni lui non riesce a spiegarsi. sotto questa triste e dorata > L’aggettivo triste l’aveva già utilizzato, e anche l’aggettivo dorato (nel primo verso Hay un oro dulce y fresco) e poi l’aveva utilizzato nel verso 5 (Y bajo el malva y el oro). Il cromatismo del giallo ritorna anche in chiusura del componimento, legato all’aggettivo triste; una coppia di aggettivi che connota i parchi. L'oro è il cromatismo del parco al tramonto. perché è il parco avvolto nel sole che apre e chiude il componimento. Vi si aggiunge l’aggettivo triste che proprio indica la malinconia che produce nell'io lirico la contemplazione di questo spazio. È una tristezza, una malinconia che non causa dolore, è una malinconia quasi positiva, una sorta di contemplazione compiaciuta di un ambiente così pacifico e sereno, quale quello di un parco al tramonto in primavera. sontuosità dei parchi. > È un pianto che arriva sotto quella sontuosità dei parchi, sontuosità a cui aveva fatto riferimento nello stesso modo al verso 4. La sua ortografia è particolare: Jiménez sosteneva che l’ortografia dovesse essere fonetica. Quindi se il fonema velare j, si rappresentava con la jota, doveva essere usata sempre la jota quando appunto si proponeva questo fonema. All’epoca di Jiménez, e anche ora, l’ortografia spagnola, invece, vuole che ‘angeles’ si scriva con la ge, e così anche recogido. È una grafia etimologica quella che poi si è affermata; e, infatti, la regola vuole che la g davanti ad a - o - u, si pronunci ga - go -gu; e invece davanti ad e ed i, si pronunci come velare fricativa ge - gi. Jiménez decise autonomamente di applicare questa sua norma ortografica, che non venne accettata, non si impiantò, ma rimane una peculiarità sua. Octubre Juan Ramón Jiménez, (Sonetos espirituales, 1914-15) Componimento che ha una struttura proprio chiusa perchè è un sonetto. Sin dal titolo capiamo che ci introduce nella stagione autunnale. Estaba echado yo en la tierra, enfrente del infinito campo de Castilla, que el otoño envolvía en la amarilla dulzura de su claro sol poniente. Lento el arado, paralelamente 5 abría el haza oscura, y la sencilla mano abierta dejaba la semilla en su entraña partida honradamente. Pensé arrancarme el corazón y echarlo, pleno de su sentir alto y profundo, 10 al ancho surco del terruño tierno; ver si con romperlo y con sembrarlo la primavera le mostraba al mundo el árbol puro del amor eterno. Come ogni sonetto, si compone di due quartine e due terzine in endecasillabi. Gli schemi rimici sono ABBA per le quartine, e CDE per le terzine. È un testo, lo notiamo sin dall’incipit, in cui l’io lirico compare in modo molto evidente. Estaba echado yo: questo yo si manifesta sin dal primo verso. Prima quartina Io ero disteso sulla terra, di fronte > Encabalgamiento: enfrente - del infinito all'infinito campo di Castiglia > l’io lirico descrive se stesso come disteso, sulla terra, in posizione orizzontale e in contatto diretto con la terra, di un luogo ben preciso che presenta come infinito campo di Castiglia. Inevitabilmente il sintagma Campos de Castilla ci riporta a Machado, alla sua raccolta, all’importanza della natura castigliana nella poesia di Machado. E quindi inevitabilmente questo sintagma è un riferimento intertestuale alla poesia di Machado. Infatti, notiamo in questo testo la stessa modalità che aveva avuto Machado di descrivere una situazione naturale, un fatto che l’io lirico osserva e di applicarlo alla propria esperienza, alla propria vita, esattamente come aveva fatto Machado in Campos de Castilla. che l’autunno avvolgeva nella gialla > Non solo ci troviamo in autunno, questo ce lo dice il titolo e lo avevamo già capito; ma ci troviamo anche al tramonto perchè questo campo castigliano era avvolto in una gialla dolcezza: sinestesia. gialla - dolcezza: enjambement dolcezza del suo chiaro sole ponente. > Un sole che tramonta quindi è un’atmosfera avvolta in questo colore tipico del tramonto. Seconda quartina Qui abbiamo la descrizione di una scena, quella della semina. L’autunno è la stagione della semina, si semina il grano e, in effetti, qui c’è la descrizione di questa scena. di un aratro che scava il solco e di una mano che semina. Lento l’aratro, parallelamente apriva il solco oscuro, e la semplice mano aperta lasciava il seme > Metonimia: la mano del contadino che semina; mano che è semplice perché è la mano di un uomo onesto, umile; lascia il seme nel solco creato dall’aratro. nelle sue viscere aperte onorevolmente/onestamente > entraña come metafora: parte interna del terreno. Avverbio honradamente si riferisce al lavoro del contadino: è un lavoro onesto, onorevole perchè è un lavoro genuino ed utile, quindi così lo descrive il poeta. Notiamo varie inarcature in questa seconda quartina, il più importante: sencilla-mano. Dopo aver descritto questa scena della semina al tramonto in autunno, passa nelle due terzine finali a parlare di sé stesso, di ciò che vorrebbe fare lui. Prima terzina Pensai di strapparmi il cuore e di gettarlo, > Vedendo la scena del contadino che semina, pensa di strapparsi il cuore che quindi, metaforicamente, diventa una semente; e così come il contadino fa con i semi che getta nel solco, può gettare lui il proprio cuore pieno del suo sentire alto e profondo, > Cuore pieno di sentimenti, il cuore è la sede dei sentimenti e sono dei sentimenti alti e profondi. nell’ampio solco della terra tenera; > Avendo scavato ha rimosso la terra profonda più umida e tenera. Immagina il proprio cuore, metaforicamente, come trasformato in seme. E perchè vuole fare questa azione? Lo spiega nell’ultima terzina. Seconda terzina vedere se rompendolo e seminandolo > I semi, gettati nel solco dal contadino in autunno, genereranno in primavera le colture. Il suo cuore, gettato in quel solco, sperava che avrebbe generato in primavera, l’albero puro dell’amore eterno. la primavera avrebbe mostrato al mondo Che iracondia di fiele e irragionevolezza > Quali sono i sentimenti che produce nel poeta questa trasformazione della figura femminile da creatura candida, innocente, a regina fastosa piena di fronzoli inutili?: uno stato di iracondia, di fiele (sostanza altamente acida prodotta dal fegato, la bile produce fiele) ed è chiaramente una metafora per rappresentare questo fastidio rabbioso e irragionevolezza, che questa trasformazione produce nel poeta. Z In questa prima strofa ci sono tutti settenari salvo il 6 verso y la fui odiando sin saberlo (novenario) e l’ultimo, verso 9 ¡Qué iracundia de yel y sin sentido! (endecasillabo). Gli altri sono tutti eptasillabi. Seconda strofa: Ma cominciò a denudarsi/spogliarsi. > Il movimento di questa creatura femminile è passato da una purezza, innocenza (che corrisponde, naturalmente, alla nudità), ad un appesantimento causato dal ropajes. Ora, invece, torna indietro e inizia a svestirsi, spogliarsi. E io le sorridevo. > Vediamo che da sentimenti negativi come l’odio e l’irragionevolezza, qui invece passa al sorriso. Rimase con la tunica della sua innocenza antica. > Ritorna la parola “inocencia”, che aveva usato nel secondo verso all’inizio del componimento. Il ritorno all’innocenza indica un ritorno a quella tappa, a quel modo di essere che era, appunto, delle origini. Quindi l’unico capo di abbigliamento che le rimase addosso fu una tunica, un indumento molto semplice, che può essere anche un indumento intimo, comunque essenziale. Questo “antica” rimanda all’innocenza di cui aveva parlato all’inizio del componimento. Torna su di sé, vediamo che cambia il tempo verbale, prima persona: Credetti di nuovo in lei. > Torna ad avere fiducia nei confronti di questa creatura femminile, che ancora non sappiamo chi è. E si tolse la tunica, e apparve tutta nuda. Continua con quella metafora. Oh passione della mia vita, poesia nuda, mia per sempre! > Encabalgamiento: Poesía - desnuda. Questo è il momento in cui il poeta rivela la metafora che ha costruito, la presenta al lettore. La figura femminile è la poesia, non sta parlando di un incontro amoroso con una donna, sta parlando del suo rapporto con la poesia, che è la passione della sua vita (come una donna può essere per un uomo). In questo breve componimento ha raccontato il suo percorso poetico. Lui cominciò a scrivere una poesia essenziale, pura, piena di sentimento e anche di percezioni sensoriali (come è tipico di Jiménez); poi però cominciò a subire l’influenza di un certo modernismo molto estetizzante, incline ai preziosismi a un culto eccessivo per la bellezza formale che a volte risulta però vuota. Quindi la metafora dell’abbigliamento: se la nudità rappresenta la semplicità, è chiaro che il sovraccarico stilistico e la ricercatezza formale, sono rappresentati da un abbigliamento molto carico, eccentrico, fastoso, cioè l’opposto appunto della nudità; cosa che ha prodotto in lui un senso di ripulsa, ciò da cui voleva fuggire. Infatti, nella seconda parte c’è un procedimento opposto, per cui dice, dopo essersi appesantita si spoglia di nuovo, appare con la sua tunica, ritorna come era alle origini, addirittura si spoglia completamente ed ecco che lì in quel momento io posso e ho potuto apprezzare la poesia così come la voglio: mia per sempre in quel modo, cioè con quella purezza, con quella innocenza di cui solo dev’essere vestita la poesia. In questo componimento afferma quindi che la poesia che lui vuole, che ama, quella che sarà sua per sempre, è solo e soltanto una poesia pura, libera da orpelli formali inutili, che non persegue la mera perfezione formale, ma che è fatta di parole semplici, dirette, che denotino esattamente la realtà. C’è un componimento di Jiménez il cui incipit recita: Inteligencia, dame el nombre esacto de las cosas! Quindi proprio è quasi una celebrazione del potere denotativo del linguaggio: il pensiero che riesce attraverso il linguaggio a definire il mondo e a dare nome esatto a tutte le cose. Ed è anche l'auspicio del poeta, di essere in grado, attraverso la sua poesia, di esprimere sempre la verità del mondo, la verità dell’essere. In questa seconda parte c’è un endecasillabo al penultimo verso 17 ¡Oh pasión de mi vida, poesía, e l’ultimo verso, il 18 desnuda, mía para siempre!, invece è un novenario. Tutti gli altri sono settenari. Jiménez era uno di quei poeti, come Machado, che non amava quella deriva estetizzante, a cui aveva dato luogo un certo stile di Ruben Darío, che era certamente molto incline all’esteticismo. Ma nel caso di Ruben Darío era una tendenza estetizzante comunque carica di contenuto, a differenza di altri poeti meno dotati, questa mera vocazione estetizzante non produceva alcuna emozione perché era appunto vuota. Quindi contro questa degenerazione dello stile modernista in qualche modo Jimenez si pronuncia in questo testo e dichiara di non essere stato totalmente indifferente a questa tendenza, tanto che in lui ha appunto prodotto una forma di ira, di risentimento, poi è riuscito a riscoprire questa poesia completamente libera. Quindi diciamo che c’è in questo componimento un modo di parlare di sé stesso, della propria traiettoria ma anche in qualche modo di enunciare un percorso che era stato quello del modernismo in Spagna che appunto aveva avuto alcuni picchi di eccessivo esteticismo che lui naturalmente ripudiava e che poi era stato di nuovo purificato attraverso la sua esperienza, l’esperienza di Machado e di tanti altri che non avevano seguito questa tendenza così vuota. FEDERICO GARCÍA LORCA La sua è una bibliografia sterminata. Leggeremo alcuni brani tratti dalle sue conferenze in cui si evince la sua poetica, la sua concezione della poesia, dello scrivere e dell’arte in generale. Lorca fu un artista a tutto tondo: poeta, drammaturgo, ma anche pittore e musicista. Fu una persona dotata di una creatività e di un estro fuori dal comune. BIOGRAFIA Nato il 5 giugno 1898, a Fuente Vaqueros (in provincia Granada) da una famiglia benestante. Sua madre era maestra elementare, suo padre era un commerciante e quindi ebbe la fortuna di ricevere una buona formazione. La madre gli insegnò a suonare il piano, per cui lo iniziò anche ad altre arti, soprattutto alla musica. Ebbe un’infanzia molto felice e privilegiata. Nel 1909, quindi all'età di 11 anni, si trasferì a Granada con la famiglia. A Granada studiò all’università, studiò diritto e anche lettere, senza terminare nessuna delle due carriere universitarie. Studia diritto perché suo padre voleva che si formasse in giurisprudenza e che quindi potesse portare avanti l’impresa di famiglia; e lettere perché era appassionato di letteratura e quindi voleva formarsi in delle materie umanistiche. Questo sdoppiamento era dovuto al conflitto di due volontà diverse, che erano quelle del padre soprattutto e quelle poi sue personali. A Granada instaura una profonda e duratura amicizia con Manuel de Falla, che fu un grande musicista, compositore esperto di musica e cultura flamenca, tanto che, proprio insieme e insieme a Lorca, nel 1922 organizzano un festival di musica flamenca (anche Lorca era appassionato di musica flamenco). La frequentazione con il musicista Manuel De Falla consentì a Lorca di conoscere ancora meglio, ancora più profondamente la cultura flamenca, fatta di tante cose, caratterizzata da tradizioni, poesia, musica e fa parte del folclore andaluso. Nel 1918, all’età di 20 anni, pubblica il suo primo libro, che curiosamente è un libro in prosa autofinanziato (chiese al padre un contributo per poterlo pubblicare). Si intitola Impresiones y paisajes. È un libro a metà fra il diario e il racconto di viaggio. Lo scrive raccogliendo le impressioni tratte da alcuni suoi viaggi per la Spagna, quindi attraverso luoghi e regioni differenti, non solo in Andalusia, fatti in quell’anno e negli anni precedenti, anche insieme a Manuel de Falla. È curioso che il suo primo libro sia in prosa, perché poi in realtà abbandonò completamente la prosa. Lorca non scrisse mai racconti o romanzi; tuttavia, esordisce come scrittore proprio con un libro in prosa e che è una sorta di biografia, di libro di memorie e di viaggi. In quest’opera si può già notare questa capacità, che seppur avesse solo vent’anni era già molto spiccata, di usare il linguaggio in un modo lirico, anche quando scriveva in prosa era capace di creare delle immagini estremamente suggestive. Questa è la cifra stilistica di Lorca, anche quando scrive le conferenze, che sono in prosa, è una prosa lirica, è una prosa che a tratti sembra quasi poesia per quanto è densa, per quanto è ben costruita proprio dal punto di vista della costruzione sintattica, della sequenza delle parole, della combinazione dei suoni creata dalla suggestione delle parole. Quindi una vocazione, un’eleganza formale che fa proprio parte del suo essere. Nel 1919 si trasferisce a Madrid e si insedia nella Residencia de estudiantes dove rimarrà fino al 1929. Si tratta di dieci anni in cui lui è uno studente ospite della Residencia de estudiantes, tornando naturalmente per certi brevi periodi a casa. E qui, naturalmente, può conoscere e frequentare scrittori e artisti di grande importanza, suoi coetanei, più giovani o di poco più grandi di lui, che costituiranno insieme a lui la cosiddetta generazione del 27. GENERAZIONE DEL 27 È formata da un gruppo di artisti, soprattutto poeti, ma anche ci sono anche altri artisti, come per esempio pittori (Dalì, catalano, che fu pittore surrealista), e un cineasta Luis Buñuel, aragonese che divenne regista cinematografico (poi si trasferì a Parigi e quindi molta della sua produzione cinematografica nasce in Francia). Altri poeti di questa generazione sono Rafael Alberti (andaluso di Cádiz, di Puerto de Santa Maria), Pedro Salinas, Jorge Guillén, Vicente Aleixandre e Gerardo Diego. Una generazione di poeti che si raccolgono intorno alla residencia di estudiantes e soprattutto attorno a un nuovo progetto di scuola poetica, una nuova idea della poesia, che doveva essere diversa, rispetto al romanticismo e anche rispetto al modernismo. Doveva guardare di più alle avanguardie e quindi rinnovarsi. Rinnovare il proprio stile, rinnovare di protagoniste femminili. Yerma è proprio la quintessenza del dramma femminile, anche La casa de Bernarda Alba. Bodas de sangre fu pubblicato nel 33, Yerma nel 34 e La Casa de Bernarda Alba nel 36, la scrive proprio pochi mesi prima di morire, tanto che non riesce nemmeno a vederla rappresentare. Nel 1934, stesso anno in cui scrive Yerma, termina anche il “Diván del tamarit”, che è ancora una volta e lo capiamo dal titolo, (‘divan’ in arabo significa ‘raccolta poetica, canzoniere’) è un’opera fortemente improntata alla poesia arabo-andaluse e quindi si richiama alle radici arabo-andaluse anche della cultura spagnola. Nel 35 pubblica Llanto por Ignacio Sánchez Mejías e Seis Poemas Gallegos. Llanto por Ignacio Sanchez Mejias è un’elegia, cioè un componimento in morte di un personaggio, che era stato un suo grande amico, un torero, morto nel 34, incornato a morte da un toro. Morì dissanguato in poco tempo perché il corno gli aveva reciso l’arteria femorale. Fu una morte molto sentita, altri artisti dedicarono elegie a questo torero, che aveva una grande virtù, ovvero quella di essere un uomo di grande cultura, amico di poeti e scrittori. Proprio per questa sua sensibilità letteraria si era creato un circolo di amicizie, tra cui anche quella di Lorca, che parteciparono in modo molto sentito alla sua morte e furono molto toccati da questa tragedia. È un componimento costituito da quattro sezioni, e nella prima, dove c’è la descrizione del momento in cui nell’arena il torero viene colpito dal toro, il ritornello che si ripete in modo quasi ossessivo “al cinco de la tarde”, dove appunto il poeta rappresenta in modo enfatico, con pathos molto spiccato il momento in cui il torero affronta il toro e purtroppo soccombe in questo scontro. il 18 agosto del 1936 viene catturato e fucilato a Viznar, provincia di Granada. Viene catturato a casa di alcuni amici, della famiglia Rosales, che era una famiglia di falangisti, quindi vicini a Franco, alla destra, che lo avevano accolto in casa per proteggerlo e non riuscirono a salvargli la vita. Nonostante tutto i falangisti lo catturarono, lo portarono in un posto isolato e lo fucilarono insieme a molti altri prigionieri oppositori o persone considerate scomode. Venne sepolto in una fossa comune e solo molti anni dopo furono riesumate le sue ossa e quelle di tanti altri prigionieri. Perché fu fucilato? Lorca non aveva mai fatto politica, non aveva mai partecipato alle attività politiche del partito comunista o del partito socialista, non era un politico professionista e nemmeno gli interessava più di tanto la politica in senso stretto. Certo è che era una persona molto impegnata socialmente, anche soltanto con l'istituzione de “La Barraca” e della sua gestione per tutta la penisola, non era ben vista dai conservatori. E poi c’era la sua vita personale. Era omosessuale e non faceva mistero del suo orientamento sessuale, anche se in quel periodo non era facile, non ci si poteva esporre in modo così aperto e quindi per un omosessuale era difficile condurre una vita normale. Tuttavia, la sua omosessualità era nota e questo era un altro elemento di eccentricità, di libertà e di innovazione, che non era gradito da una certa parte politica. Perché lui aveva una forte presa sui giovani, una grande capacità di coinvolgerli, di trasmettere dei messaggi e degli insegnamenti e certamente era una figura scomoda, quantomeno in quel contesto in cui stava per scoppiare la guerra civile e già c’erano delle tensioni e delle pressioni molto forti da parte della destra fascista. Fu una morte tragica, nefasta, proprio per la storia della cultura e della letteratura spagnola, perché un genio del carico di Lorca avrebbe prodotto tanti altri capolavori. CONFERENZE: Era un grande comunicatore ed era solito, quando venivano pubblicate le sue opere, concedere delle conferenze recital, durante le quali appunto lui recitava i suoi componimenti e li “spiegava”. Come tutti i poeti, non era molto amante delle spiegazioni filologiche dei testi e sosteneva che i poeti scrivono come scrivono ma affidano il testo al pubblico; quindi, è vero che scrivono avendo in mente un'immagine, avendo in mente delle idee ma che poi dare al pubblico una spiegazione univoca dei testi che scrivono non è mai un’operazione corretta o legittima, bisogna sempre fare sì che il pubblico ricrei il testo attraverso la propria lettura. Ci sono delle metafore e dei simboli ricorrenti, ci sono anche degli stilemi caratteristici del poeta ma la vocazione di Lorca è stata sempre quella di creare delle immagini che fossero imperiture, che fossero nuove, che fossero svincolate da un’interpretazione univoca. Quindi, la bellezza della poesia lorchiana consiste proprio nel fatto che tutti i suoi testi conservano la freschezza, l’attualità, nonostante il passaggio del tempo, perché lui è stato capace di utilizzare il linguaggio e di plasmare delle immagini nuove che andassero oltre il comune sentire. Conferencia-recital del “Romancero gitano” in Id., Obras completas III. Prosa, ed. M. García Posada, Barcelona, Círculo de lectores – Galaxia Gutenberg, 1996, p. 182. Conferenza che lui tenne nel 1928, dopo la pubblicazione del Romancero gitano nel 28 appunto e che ebbe molte riedizioni tra l’altro. Parla in particolare di un verso (che ritroveremo nel Romance Sonámbulo). Si me preguntan ustedes por qué digo yo “Mil panderos de cristal herían la madrugada”, les diré que los he visto en manos de ángeles y de árboles, pero no sabré decir más, ni mucho menos explicar su significado. Y está bien que sea así. El hombre se acerca por medio de la poesía con más rapidez al filo donde el filósofo y el matemático vuelven la espalda en silencio. > Qui non solo richiama due ottosillabi del Romance Sonámbulo: “Mil panderos de cristal herían la madrugada”, uno è ossitono l’altro è parossitono. Se mi domandate perché dico io mille aquiloni di cristallo ferivano l’alba, dirò loro che li ho visti in mano di angeli e di alberi, ma non saprò dire di più, né assolutamente spiegare il loro significato, ed è bene che sia così. L’uomo si avvicina per mezzo della poesia con più rapidità al punto in cui il filosofo e il matematico voltano le spalle in silenzio. > Se i lettori gli chiedono cos’ha voluto intendere con quei due versi del Romance Sonámbulo, che introducono una metafora molto particolare e che Lorca ama tanto, quella dell’alba: per descrivere il momento dell’alba in cui cominciano i bagliori nel cielo, lui utilizza questa metafora degli aquiloni di cristallo, aquiloni che si muovono rapidamente nel cielo creando appunto delle scie. I primi bagliori di luce del mattino sono rappresentati da questi aquiloni di cristallo; il cristallo richiama il colore chiaro, brillante appunto il bagliore; l’aquilone per il suo movimento fluttuante e veloce rappresenta anche il movimento della luce, del bagliore. E questo ferire l’alba contribuisce ad arricchire ancora di più quest’immagine perché questo movimento dell’aquilone è come se stesse tagliando, ferendo il cielo dell’alba, questa è l’immagine che Lorca ha creato in quei due versi. Appunto lui dice se mi chiedete la spiegazione di questi due versi io vi dirò che li ho visti tenuti da angeli e da alberi. Immaginiamo questa scena di aquiloni tenuti da angeli, che già sono delle creature antropomorfe, però gli alberi sono un’immagine più eccentrica e surreale, anche gli alberi sono antropomorfizzati in qualche modo. Ma non saprò dire molto di più, né spiegare il loro significato. > Sta dicendo che il senso della poesia in fondo è l’ineffabile, cioè il poeta concepisce un’immagine, la descrive e la presenta nei suoi testi, però non è bene essere ossessionati dalla volontà di sviscerare il significato di quelle immagini, perché lo stesso poeta dopo qualche tempo magari non ricorda nemmeno più qual è il senso profondo di quell’immagine che ha creato. È bene che sia così. L’uomo si avvicina attraverso la poesia con più rapidità al punto in cui il filosofo e il matematico voltano le spalle in silenzio. > A quel punto, a quello stadio del sapere, oltre il quale non possono andare né il filosofo né il matematico. Cioè la scienza contemplativa e le scienze esatte come la matematica, non possono spiegare dei fenomeni che invece la poesia, per quella sua capacità di scoprire in modo fulmineo i segreti e i misteri della vita, può fare. Quindi con queste righe Lorca sta dicendo che la poesia è una forma di conoscenza, uno strumento che consente all’essere umano di conoscere oltre ciò che è tangibile, di andare oltre ciò che è percepibile con i sensi, o classificabile da un punto di vista razionale, tutto ciò che sfugge alla razionalità, alla percezione sensibile e ciò che si può conoscere attraverso la poesia. Sta insomma dicendo che la poesia è la forma più alta di sapere. Non è un concetto nuovo, certamente Lorca lo rende in modo molto poetico, ma c’è una pensatrice spagnola che tra l’altro Lorca conobbe in questo periodo madrileno, che si chiama Maria Zambrano. Allieva di un grande filosofo e pensatore, come José Ortega y Gasset, creò la nozione di ragione poetica, ‘razón poetica’, che è quella ragione fatta di sentimento, di sentire profondo che consente all’essere umano di andare oltre ciò che viene percepito a livello sensibile e ciò che il razionalismo ha descritto, classificato e codificato, ma oltre cui la dimensione razionale non può andare. Qui ci interessa sottolineare che Lorca attribuisce alla poesia un potere conoscitivo, una forza gnoseologica che né la filosofia, né la matematica e, quindi in generale le scienze esatte, possiedono. Brano che è tratto da un’altra conferenza: F. García Lorca, La imagen poética de don Luis de Góngora, in Id., Obras completas III. Prosa, ed. M. García Posada, Barcelona, Círculo de lectores – Galaxia Gutenberg, 1996, pp. 57-77. Una conferenza che nasce da quella commemorazione di Gongora e quindi dalla riflessione che questi giovani scrittori, poeti e artisti fecero rispetto alla figura di Gongora. Naturalmente Lorca fu uno dei più raffinati nell’esame dell’originalità di Gongora e del suo grande talento poetico. Era de Córdoba y sabía el latín como pocos. No hay que buscarlo en la historia, sino en su alma. Inventa por primera vez en el castellano un nuevo método para cazar y plasmar las metáforas y piensa sin decirlo que la eternidad de un poema depende de la trabazón de sus imágenes. [...] Un poeta tiene que ser profesor en los cinco sentidos corporales. Los cinco sentidos corporales en este orden: vista, tacto, oído, olfato, y gusto. Para poder ser dueño de las más bellas metáforas tiene que abrir puertas de comunicación en todos ellos y, con mucha frecuencia, ha de superponer sus sensaciones y aun de disfrazar sus naturalezas. [...] La luna rotonda come un corno di morbido metallo suona nel silenzio dei rami ultimi. > Ecco un’altra metafora. C’è da una parte la luna, la luna che però viene rappresentata come un corno proprio per la sua forma (la mezza luna assomiglia a un corno). Il corno è anche uno strumento che si usa in guerra. un corno di morbido metallo che suona nel silenzio degli ultimi rami > Questo aggettivo ultimo indica che sono rami remoti, lontani, che rappresentano un po’ questo bosque lejanísmo, a cui aveva fatto riferimento prima che quindi contribuiscono a creare questa immagine della luna che fa parte di questo paesaggio notturno, paesaggio notturno che incarna la battuta di caccia, è il luogo in cui si svolge questa battuta di caccia che è la creazione del testo poetico. Dobbiamo ben tenere in mente i due piani della metafora: quello reale e quello figurato. Cervi bianchi appaiono nelle radure dei tronchi > Qui c’è anche un contrasto romantico. Abbiamo l’oscurità della notte, però abbiamo da un lato la luna rotonda che è rotonda e la luna già di per sé ha un suo cromatismo forte, perché la luna è di color bianco argenteo quindi immediatamente spicca sull’oscurità della notte; l’altro elemento bianco è costituito dai cervi, che appaiono nelle radure dei tronchi. Los claros sono quei punti in cui gli alberi sono meno fitti e dove non solo filtra la luce durante il giorno ma anche, in questa ambientazione notturna, dove si può immaginare la presenza di un animale che staziona. La notte intera si raccoglie sotto una barriera/uno schermo di brusio. > Anche questa naturalmente è una metafora. Acque profonde e quiete saltellano tra i giunchi > Qui c’è un’ metafora perché cabrillear è tipico di certi animali, per esempio dei cerbiatti e delle caprette, che saltellano tra i giunchi e qui però questa azione è applicata alle acque. Vediamo che continua questa descrizione naturalistica e quindi è un passo in cui notiamo una ricca costruzione metaforica proprio di tipo naturalistico. Bisogna uscire. E questo è il momento pericoloso per il poeta > Questo è il momento più pericoloso, cioè quando il poeta esce per la battuta di caccia. Il poeta deve portare con sé una mappa dei luoghi che percorrerà e deve rimanere sereno di fronte alle mille bellezze, creature di gesso, e rappresentazioni di follia che devono passare davanti ai suoi occhi > Lorca dice che è un momento pericoloso e che il poeta deve portare con sé una mappa ben precisa dei luoghi che percorrerà perché è un percorso insidioso quello che si appresta a fare. Infatti gli consiglia (debe estar implica una sentita raccomandazione nei confronti del poeta) deve rimanere sereno, di fronte alle mille bellezze, attenzione poi dice creature di gesso. Una creatura di gesso è per eccellenza una creatura di finzione, quindi poco reale e anche dichiaratamente artificiosa. Pensiamo ai modelli di gesso che si fanno delle statue vere, sono la quintessenza della riproduzione fittizia di un’opera d’arte. Rappresentazioni di follia che devono passare davanti ai suoi occhi > Quindi creature di gesso, mille bellezze, rappresentazioni di follia, sono tutti elementi potenzialmente insidiosi e pericolosi per il poeta. Più avanti cerca di spiegare questo concetto, dicendo: Deve tappare le sue orecchie come Ulisse di fronte alle Sirene e deve lanciare le sue frecce sulle metafore vive e non figurate o false che lo accompagnano (che lo seguono nel suo percorso) > Conosciamo le avventure di Ulisse, la vicenda delle serene seduttrici e ammaliatrici alle quali però riuscì a resistere cercando di non ascoltare il loro canto. Le sirene metaforicamente rappresentano tutti quei richiami falsi, ingannevoli, artificiosi che possono, in questo caso applicato alla poesia, distogliere il poeta dalla vera arte. Deve lanciare le frecce, c’è di nuovo la metafora della caccia che aveva aperto il brano. Il poeta deve disporsi a questa battuta di caccia e lanciare le sue frecce sulle metafore vive, cioè le sue prede devono essere le metafore vive e non quelle figurate o false: una metafora viva, un concetto molto caro a Lorca. La metafora viva è una metafora nuova, non abusata, che perdura nel tempo, che crea dei nessi logici fra le cose reali, che implica uno sforzo intellettivo da parte, non solo di chi le scrive, ma anche di chi poi le legge, di chi le deve sviscerare e comprendere. Quindi le metafore vive si contrappongono alle metafore figurate o false, che sono invece le metafore comuni, quelle cristallizzate che non obbligano il lettore a nessuno sforzo perché sono arci conosciute e arci utilizzate. Questo è un punto fondamentale e vedremo che ritornerà su questo concetto. Il poeta deve andare alla sua battuta di caccia pulito e sereno, persino mascherato. Si manterrà fermo, saldo, contro i miraggi (le immagini illusorie) e starà in agguato cautamente, prudentemente, delle carni palpitanti irreali che si armonizzeranno con il piano della poesia, del poema, che ha abbozzato, che ha intravisto nella sua mente. > Qui sta dicendo che il poeta, nel momento in cui si appresta a scrivere un testo poetico, nella sua mente ha già un abbozzo di poesia, che è però un solo un abbozzo (che può contenere un tema, un’immagine) poi deve cacciare le metafore vive, cioè deve vestire quell’idea iniziale, quell’immagine iniziale, di metafore intense, innovatrici, originali che rifuggano dal linguaggio banale, da una rappresentazione ordinaria della realtà. A volte bisogna emettere grandi grida nella solitudine poetica per scacciare i cattivi spiriti della facilità (c’è anche un iperbato): Ecco qua la facilità. Nella solitudine poetica, cioè nel momento in cui il poeta si dispone a scrivere un testo, deve imporsi, deve urlare per scacciare i cattivi spiriti, che sono poi delle tentazioni.Queste tentazioni rappresentano la facilità della scrittura. Il poeta deve rifuggire a tutti i costi dalla facilità, cioè da una scrittura semplice. Qui Lorca non si riferisce ad aspetti meramente stilistici, cioè di complessità del linguaggio. Vedremo che i testi di Lorca, da un punto di vista meramente linguistico, sono anche molto semplici, ma hanno una complessità di contenuto, una ricchezza di costruzione delle immagini e delle metafore che fa la differenza, che è ciò che appunto secondo Lorca il poeta deve perseguire. Nessuno come Gongora è preparato per questa battuta di caccia interiore > Lui ha creato questa bella immagine del bosco, delle fonti, della luna, degli alberi etc, che è il contesto metaforico nel quale inserisce questa riflessione, ma in realtà questa battuta di caccia è un'esperienza totalmente interiore del poeta. È il poeta in sè stessa, en su soledad poética, che ingaggia questa lotta contro una preda che deve essere la metafora viva e non la metafora falsa e figurata. Sempre in questa stessa conferenza continua parlando di metafora, dicendo: La metáfora está siempre regida por la vista (a veces por una vista sublimada), pero es la vista la que la hace limitada y le da su realidad. [...] La metáfora une dos mundos antagónicos por medio de un salto ecuestre que da la imaginación. La grandeza de una poesía no depende de la magnitud del tema, ni de sus proporciones ni sentimientos. Se puede hacer un poema épico de la emocionante lucha que sostienen los leucocitos en el ramaje aprisionado de las venas, y se puede dar una inacabable impresión de infinito con la forma y olor de una rosa tan sólo. [...] Qui spiega una cosa importante. Aveva parlato dei cinque sensi, del poeta che doveva essere professore dei cinque sensi e primo di tutti era il senso della vista. Ecco la metafora è sempre retta e governata dalla vista, a volte da una vista sublimata. Ma è la vista quella che la rende limitata, cioè che le dà limiti e le conferisce la sua realtà. Perché in una metafora bisogna necessariamente vedere quello che si sta rappresentando, magari anche idealmente, non concretamente, ma comunque è necessario fare uno sforzo di visione. Quindi è la vista il senso che domina la costruzione metaforica. Definizione molto tipica lorchiana: La metafora unisce due mondi antagonici per mezzo di un salto equestre che fa l’immaginazione > In fondo che cos'è la metafora se non la sintesi, l’unione tra due realtà, due elementi che nella realtà non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro (per esempio el sol dorado: è chiaro che il sole come astro non ha niente a che vedere con l’oro, che è un metallo che sta nel sottosuolo. Però sono uniti dal colore, dalla luminosità. Quindi il salto equestre che fa l’immaginazione a cui allude Lorca, è proprio quello di creare un punto di contatto tra due elementi che nella realtà non hanno niente a che vedere ma che grazie a questa grande capacità di sintesi e collegamento che hanno l’intelligenza umana e l'immaginazione, riesce a riunirli). E questa è una definizione di metafora assolutamente condivisibile. La grandezza di una poesia non dipende dalla grandezza del tema, né dalle sue proporzioni ne dai sentimenti. Si può fare un poema epico dall’emozionante lotta che sostengono i leucociti nel frondame (ramaje insieme dei rami, una metafora ovviamente che rappresenta l’apparato circolatorio dell’essere umano), stretto, imprigionato delle vene > Quindi si può fare un poema epico da qualcosa di assolutamente minimo, come può essere la circolazione dei leucociti all’interno dei vasi sanguigni. E si può dare un’interminabile impressione d’infinito con la forma e odore soltanto di una rosa > Vuol dire che non è importante il tema, non è importante il contenuto di una poesia. La grandezza di una poesia dipende da come il poeta riesce a manovrare e a gestire la sua immaginazione. Enemigo del misterio, sediento de agudas aristas donde se hiere las manos, Góngora ha vuelto de la cacería lleno de polvo estelar y ha burlado y aprovechado todos los encantos mágicos del bosque nocturno y la luna de música. Dice el poeta francés Paul Valéry que el estado de inspiración no es el estado conveniente para escribir un poema. Como creo en la inspiración que Dios nos envía, creo que Valery va bien encaminado. El estado de inspiración es un estado de recogimiento pero no de dinamismo creador. Hay que reposar la visión y el concepto para que se clasifiquen. No creo que ningún artista trabaje en estado de fiebre. [...] Se vuelve de la inspiración como se vuelve de un país extranjero. El poema es la narración del viaje. La inspiración da la imagen F. García Lorca, Imaginación, inspiración, evasión, in Id., Obras completas III. Prosa, ed. M. García Posada, Barcelona, Círculo de lectores – Galaxia Gutenberg, 1996, pp. 98-102. Altra conferenza dove torna sulla questione dell’ispirazione, della capacità immaginativa del poeta e torna anche sul concetto di metafora. Qui insiste molto su questo perché la poesia di Lorca è una poesia altamente metaforica e se non capiamo qual era la sua forma di intendere le immagini poetiche non riusciamo poi nemmeno a comprendere completamente la sua poesia. Para mí la imaginación es sinónima de aptitud para el descubrimiento. Imaginar, descubrir, llevar nuestro poco de luz a la penumbra viva donde existen todas las infinitas posibilidades, formas y números. La imaginación fija y da vida clara a fragmentos de la realidad invisible donde se mueve el hombre. La hija directa de la imaginación es la «metáfora», nacida a veces al golpe rápido de la intuición, alumbrada por la lenta angustia del presentimiento. Pero la imaginación está limitada por la realidad; no se puede imaginar lo que no existe. Necesita de objetos, paisajes, números, planetas, y se hacen precisas las relaciones entre ellos dentro de la lógica más pura. No se puede saltar al abismo ni prescindir de los términos reales. La imaginación tiene horizontes, quiere dibujar y concretar todo lo que abarca. Per me l’immaginazione è sinonima di attitudine, propensione verso la scoperta : quindi immaginazione è quasi ansia di scoperta, propensione verso la scoperta. Immaginare, scoprire, portare la nostra poca luce nella penombra viva dove esistono tutte le infinite possibilità, forme e numeri > Questa è l’immaginazione, gettare un po’ di luce in quella penombra che però è viva perché è vitale, perché è feconda, dove appunto esistono tutte le possibilità. L’immaginazione fissa e dà vita chiara ai frammenti della realtà invisibile dove si muove l’uomo > Con questo vuol dire che l’essere umano, grazie alla sua intelligenza che si muove anche nell’immaginazione, riesce a dar vita dei frammenti di realtà che sono misteriosi, che non sono immediatamenti all’essere umano e quindi l’immaginazione è una facoltà, una capacità che è anche conoscitiva, gnoseologica. Il poeta grazie alla sua immaginazione, grazie anche alla sua capacità di costruire metafore, riesce a carpire realtà misteriose del mondo e a intuire certi meccanismi di funzionamento della realtà che invece gli scienziati non riescono a capire. La figlia diretta dell’immaginazione è la metafora, nata a volte grazie al colpo rapido di intuizione, illuminata dalla lenta angoscia del presentimento. > Il presentimento è un qualcosa che si percepisce prima che accada e quindi è anche la capacità di conoscere prima e oltre ciò che si percepisce, sia a livello sensoriale sia a livello razionale. Ma l’immaginazione è limitata dalla realtà, non si può immaginare ciò che non esiste. Ha bisogno di oggetti, paesaggi, numeri, pianeti e si rendono necessari i rapporti tra di essi all’interno della logica più pura > Si ricollega a ciò che aveva detto a proposito del senso della vista come senso principale per costruire una metafora. La metafora è retta dalla vista, da ciò che si vede, dalla vista che può essere anche ideale e intellettuale, non dev’essere necessariamente concreta. Non si può saltare nell’abisso né prescindere dai termini (dagli oggetti) reali > Il poeta è innanzitutto un essere umano che sta nel mondo, che guarda il mondo e che è in grado di riprodurlo e di individuare nella realtà che osserva delle analogie, delle immagini che gli consentono di percepire anche fatti che vanno oltre il mondo sensoriale che percepisce. L’immaginazione ha orizzonti, vuole disegnare e concretizzare tutto ciò che abbraccia > Qui sta dicendo attenzione, l’immaginazione, e quindi anche l’immaginazione poetica, non è qualcosa di astruso e astratto, l’immaginazione poetica si basa sull’esperienza, vuole disegnare e rendere concreto rappresentare tutto ciò che abbraccia. La imaginación poética viaja y transforma las cosas, les da su sentido más puro y define relaciones que no se sospechaban; pero siempre, siempre opera sobre hechos de la realidad más neta y precisa. Está dentro de nuestra lógica humana, controlada por la razón, de la que no puede desprenderse. Su manera especial de crear necesita del orden y del límite. La imaginación es la que ha creado los cuatro puntos cardinales, la que ha descubierto las causas intermedias de las cosas; pero no ha podido nunca abandonar sus manos en las ascuas sin lógica ni sentido donde se mueve «la inspiración», libre y sin cadenas. [...] Es difícil que un poeta imaginativo puro (llamémoslo así) produzca emociones intensas con su poesía. [....] Una emoción poética, virgen, incontrolada, libre de paredes, poesía redonda con sus leyes recién creadas para ella, desde luego que no. La imaginación es pobre, y la imaginación poética mucho más. La realidad visible, los hechos del mundo y del cuerpo humano están mucho más llenos de matices, son más poéticos que lo que ella descubre. Qui distingue tra l’immaginazione e l’ispirazione. L’immaginazione, aveva detto prima, ha orizzonti, vuole disegnare e rendere concreto tutto ciò che abbraccia. L’immaginazione poetica viaggi e trasforma le cose, dà loro il senso più puro e definisce rapporti che non si sospettavano; ma sempre sempre opera sui fatti della realtà più netta e precisa > Cioè l'immaginazione poetica è qualcosa di fondato saldamente sulla realtà, su ciò che davvero regge le leggi naturali, sta all'interno della nostra logica umana, è controllata dalla ragione, dalla quale non può allontanarsi, della quale non può disfarsi. Quindi l’immaginazione poetica è razionale, è rigorosamente controllata dalla ragione. Il suo modo speciale di creare (cioè il modo che ha di creare l'immaginazione poetica) ha bisogno dell’ordine e del limite. >Ordine logico e limite fisico. L’immaginazione è quella che ha creato i quattro punti cardinali, quella che ha scoperto le cause intermedie delle cose, ma non ha potuto mai abbandonare le sue mani nelle braci senza logica né senso dove si muove l’ispirazione libera e senza catene > L'ispirazione è il contrario dell’immaginazione, l’ispirazione è libera, è senza limiti, senza regole, senza ordine. E l’immaginazione poetica non può, non riesce, non è capace ad abbandonarsi alla mera ispirazione poetica. È difficile che un poeta immaginativo (cioè un poeta retto dall’immaginazione, un poeta in cui la dimensione razionale di ordine e di controllo, un poeta totalmente dominato da questa parte, cioè che non lasci spazio all'ispirazione) produca emozioni intense con le sue poesie. Un’emozione poetica, vergine, incontrollata, libera da pareti, poesia rotonda con le sue leggi appena create per lei, certamente no > Qui sta dicendo che sebbene l’immaginazione poetica sia fondamentale per poter scrivere un buon testo, ci vuole però anche l’ispirazione. I poeti immaginativi puri, cioè coloro che appunto scrivono solo grazie a questa facoltà, che è l’immaginazione, e non possiedono l'ispirazione sono poeti che nella maggior parte dei casi non riescono ad emozionare, proprio perché manca loro quella parte irrazionale, incontrollata, libera, viva che è data dall’ispirazione. L’immaginazione è povera, e l’immaginazione poetica ancora di più. La realtà visibile, i fatti del mondo e del corpo umano sono molto più pieni di sfumature, sono più poetici di ciò che essa scopre > Quindi proprio perché l’immaginazione ha dei limiti, è netta e precisa ed è una facoltà umana, appunto retta dalla ragione e dall’intelletto, è molto più povera dell’immaginazione semplice, l’immaginazione poetica. Quindi dice che la realtà vera, quella che ci circonda, è molto più poetica, è molto più emozionante, della stessa immaginazione poetica, che è la facoltà dei poeti stessi. Así como la imaginación poética tiene una lógica humana, la inspiración poética tiene una lógica poética. Ya no sirve la técnica adquirida, no hay ningún postulado estético sobre el que operar; y así como la imaginación es un descubrimiento, la inspiración es un don, un inefable regalo. [...] Esta evasión poética puede hacerse de muchas maneras. El surrealismo emplea el sueño y su lógica para escapar. En el mundo de los sueños, el realísimo mundo de los sueños, se encuentran indudablemente normas poéticas de emoción verdadera. Pero esta evasión por medio del sueño o del subconsciente es, aunque muy pura, poco diáfana. Los latinos queremos perfiles y misterio visible. Forma y sensualidades. [...] Così come l’immaginazione poetica ha una logica umana, l’ispirazione poetica ha una logica poetica (ed è una logica che può sfuggire alla logica umana). Non serve più la tecnica acquisita, non c’è alcun postulato estetico su cui operare; e così come l’immaginazione è una scoperta, l’ispirazione è un dono, un ineffabile regalo > L’immaginazione è una scoperta, è una facoltà tipicamente umana, qualcosa che tutti gli esseri umani possiedono. L’ispirazione è un dono, qualcosa che non tutti possiedono. Prima parlava del poeta imaginativo puro, che è privo di ispirazione e quindi non riesce ad emozionare. Qui sta dicendo una cosa simile, tutti possiedono l'immaginazione ma l’ispirazione non è di tutti, è un dono. Infatti Lorca utilizzò spesso la metafora del duende: el duende, il folletto interiore, che è appunto questo dono interiore che non tutti gli artisti hanno ma è quella sorta di fuoco interiore che consente a chiunque crei arte di produrre. Questa evasione poetica può essere fatta in molti modi. Il surrealismo impiega i sogno e la sua logica per scappare, per evadere. Nel mondo dei sogni, il realissimo mondo dei sogni, si trovano indubbiamente norme poetiche di emozione vera (norma poetica > norma è un termine che Lorca utilizza molto per indicare concretamente la scrittura poetica, norma poetica come modo di scrivere un testo. Quindi qui norme poetiche di emozione pura, di emozione vera si riferisce appunto alle caratteristiche dei testi poetici surrealisti). Ma questa evasione per mezzo del sogno o del subconscio è, sebbene molto pura, poco diafana (chiaro,cristallino) > Questo è un altro punto importante per Lorca. Tutto ciò che rimane poco chiaro, che sfugge alla comprensione più totale, non è da lui molto apprezzato. Si tratta di un testo che ha una rigorosa struttura ciclica, vuol dire che comincia e finisce nello stesso modo perché è costituito da un ritornello ‘Córdoba. Lejana y sola’, che apre e chiude il componimento. Questo ritornello che apre e chiude è inframezzato da tre strofe che sono tre quartine. Un altro elemento strutturante caratterizzante di questo testo è la presenza di un’assonanza ricorrente che interessa i due versi dei ritornelli o-a e che ritorna solo nei tre versi pari delle strofe successiva > alforja - roja - Córdoba - valerosa. Un'assonanza, per altro, di cui è portatrice proprio questo toponimo, Cordoba, e che in qualche modo costituisce l'emblema del componimento. Cordoba, città andalusa, è il luogo verso cui questo io lirico (è un componimento in bocca di un personaggio che è il jinete, quindi il cavaliere), Cordoba è il luogo verso cui si sta dirigendo questo cavaliere e lo sta facendo in condizioni particolari. Quindi è un testo che, benché molto breve, ha però una architettura testuale perfetta. Letteratura spagnola: 10 lezione Martedì, 08/11/2022 A parte il ritornello che è formato da versi corti, nel caso di Cordoba è addirittura un bisillabo proparossitono,è sdrucciolo, formato da un’unica parola. Nel secondo verso lejana y sola è un pentasillabo. Per il resto, le tre strofe quartine che seguono sono costituite da ottosillabi. Ritornello: Córdoba. Lejana y sola. > Lontana perché lui ancora non l’ha raggiunta e quindi la vede lontana. Sola è un aggettivo complementare di lontano, sola perché è distante da lui e quindi non ha la sua compagnia. Questo è il ritornello con cui si apre e si chiude il testo. È un ritornello e un testo molto criptico perché questi due aggettivi irradiano una serie di significati che sono anche molteplici, che si prestano a interpretazioni differenti. Il ritornello è in bocca a questo personaggio che parla nel testo, ed è un testo che ha un esile filo narrativo, perché noi intuiamo che si sta svolgendo un’azione. Ma è un testo soprattutto lirico, c’è questa voce lirica, questo io lirico rappresentato dal jinete (e ce lo svela il titolo stesso, Canzone del cavaliere) e quindi attraverso la voce di questo protagonista noi capiamo ciò che sta avvenendo. Lo capiamo fino a un certo punto perchè poi è un testo molto enigmatico, che lascia tanto all’immaginazione e all'interpretazione del lettore, perché è questa la vera poesia. Lorca era assolutamente convinto del fatto che la poesia non dovesse denotare, non dovesse spiegare tutto, non dovesse essere banale e quindi facilmente comprensibile ed interpretabile. La poesia doveva lasciare aperta tutta una raggiera di interpretazioni, in modo da stimolare la fantasia e l'immaginazione dei suoi lettori. Lo stesso poeta quando scrive certe immagini che delinea e certe scene che rappresenta, le ha percepite in un modo molto vago e ogni volta che le rivede o le rilegge, gli viene un'altra interpretazione o comunque gli sollecita una diversa spiegazione di quell’immagine. Questa è una cosa importantissimo: il testo deve essere evocativo, deve suggerire, deve aprire un mistero che però non è mai completamente svelato. In effetti, leggendo questo testo, che è molto semplice, che ha uno stile elementare, una sintassi per lo più nominale, noi ci rendiamo conto di quanto la poesia possa lasciare spazio all'interpretazione. Prima quartina Cavalla nera > Questa prima quartina introduce immediatamente un elemento, in questo caso un animale di cui viene specificato il colore, cavalla nera. Non è un animale qualsiasi, è un animale che rappresenta il mondo gitano, perché i gitani si muovevano grazie ai cavalli, avevano nei cavalli la loro principale risorsa (li usavano per trasportare carri quando avevano bisogno di trasportare materiali, materie prime). Quindi la cavalla nera rappresenta l’essenza del mondo gitano. Luna grande > Abbiamo il cavallo e abbiamo la luna, anche la luna è qualcosa che fa parte del mondo umano, in questo caso del mondo astrale, è qualcosa che non è sulla terra ma guarda alla terra da lontano. La luna è sicuramente un elemento astrale fondamentale nella poetica di Garcia Lorca, è un simbolo ambivalente, simbolo di vita e di morte. Quasi sempre quando è presente la luna si allude a un presagio di morte. Parallelismo sintattico: jaca negra. luna grande > sostantivo aggettivo - sostantivo aggettivo La luna è grande nel cielo, si staglia nel cielo nel momento più profondo della notte e quando la luna ancora è alta (la luna si alza. Al tramonto è bassa nel cielo, poi si alza sempre di più fino di nuovo a nascondersi quando finisce la notte). La luna grande è una luna che si percepisce grande, tonda, bianca nel cielo nel momento più scuro e profondo della notte. Questo verso con delle parole così semplici ci introduce da una parte nel mondo gitano, dall’altra in un contesto temporale ben preciso, che è quello della notte fonda. y aceitunas en mi alforja. > In questo verso, il verso 4, notiamo per la prima volta un elemento grammaticale che ci parla di un io lirico ‘mi’ alforja, la ‘mia bisaccia’. e olive nella mia bisaccia: questa voce lirica per la prima volta si manifesta nel testo, quindi introduce la propria prospettiva di ‘io’. Anche questo verso, con la parola aceitunas e alforja, ci ricorda il mondo andaluso e ci ricorda i gitani. Il mondo andaluso per le olive, dato che l’Andalusia è la terra degli oliveti, delle olive, dell’olio, quindi ci introduce in un contesto anche geografico. E alforja perché la bisaccia è un mezzo attraverso il quale si possono contenere e quindi trasportare degli oggetti, che sono quasi sempre degli alimenti ma ci si possono mettere anche altre cose. Questo cavaliere si presenta dotato di questa cavalla, in un contesto notturno di luna grande e con questa riserva di cibo che aveva nella bisaccia. Aunque sepa los caminos > di nuovo l’io lirico, attraverso questa prima persona del verbo congiuntivo Anche se conoscessi il percorso io non arriverò mai a Cordoba > Ci sta formulando un presagio di morte o comunque di sfortuna. Ci sta prefigurando il fatto che lui non riuscirà mai a raggiungere la sua meta, che è Cordoba (quella Cordoba che fa parte del ritornello). Lui è di Cordoba, sa come arrivare, ma anche se conosce il percorso non arriverà mai. Questa prima quartina già introduce un presagio di morte che poi è quello che avvolge tutto il componimento. Seconda quartina Attraverso la pianura >Sta descrivendo un movimento, uno spostamento che lui compie attraverso, complemento di moto per luogo. Attraverso il vento > Indica per luoghi ventosi, per luoghi battuti dal vento cavalla nera: lui insieme alla sua cavalla, cavalcando si sta spostando attraverso questi campi, in territori che sono sferzati dal vento. Ci dà di nuovo un riferimento spaziale, descrive molto sommariamente e simbolicamente un paesaggio di pianura tipico dell’Andalusia. Poi richiama di nuovo la cavalla cavalla nera > Ripete il primo emistichio, del primo verso, della prima strofa. E anche la seconda parola, il secondo sostantivo che compare in quel verso, che è il verso 3: luna. Luna qui però non è più grande ma roja, cambia l’aggettivo. Si tratta ancora una volta di un verso parallelistico, perché c’è una sequenza di sostantivo aggettivo - sostantivo aggettivo. Qui il parallelismo è ancora più perfetto perchè i due aggettivi fanno riferimento a dei colori precisi, il nero e il rosso. Questo cambio di aggettivo: perché la luna era grande e adesso è diventata rossa? Una prima interpretazione plausibile è che la luna si è tinta di rosso perché è passato del tempo, lui ha cavalcato durante la notte, sta tentando disperatamente di tornare a Cordoba e la luna è diventata rossa perchè effettivamente nell’arco della notte, e soprattutto quando ci si avvicina all’alba e quando cominciano i primi bagliori di luce, la luna si tinge di rosso perché appunto si avvicina l'aurora. Quindi questo cambio cromatico della luna che nell’aggettivo grande avevamo immaginato necessariamente come bianca, perché una lluna grande nel cielo è una grande macchia bianca nel cielo (questo non è esplicitato ma è appunto implicito nella stessa immagine della luna). Qui invece la luna è diventata rossa probabilmente perchè c’è un cambio temporale, sono passate delle ore. Questo cavaliere ha fatto un percorso difficile nel quale lui dispera di arrivare alla meta, e quindi la luna è diventata rossa perché si avvicina l’alba. Un’altra possibile interpretazione, che non è incompatibile con quella che abbiamo appena dato, è che questo colore rosso sia un altro presagio di morte. Il colore rosso per Lorca ha tanti significati, è carico di contenuti simbolici forti (allude al sangue, alla passione, alla morte), quindi potrebbe questo aggettivo roja riferito a luna anche essere un ulteriore presagio di morte. Non solo, ma potrebbe alludere proprio al sangue, a una ferita mortale che questo cavaliere potrebbe avere e che potrebbe essere il motivo del suo mancato arrivo a Cordoba, cioè una morte precedente all’arrivo a Cordoba, un cavaliere gravemente ferito che sa di non poter raggiungere la sua meta perché gli resta poco da vivere.. Esplicita il suo presagio di morte. La parola morte non era mai comparsa finora. Certo l’avevamo intuita nel verso 6, però qui è esplicitata. La morte è personificata in questo verso La morte mi sta guardando > La morte diventa quasi antropomorfa, è in grado di osservarlo dalle torri di Cordoba > Cordoba che è irraggiungibile per lui, lo sta guardando dalle sue torri con uno sguardo di morte. Questa seconda strofa suggerisce al lettore, anche se ci sono pochissimi elementi ed è un testo molto breve e semplice nel suo lessico, questa atmosfera di morte. Terza quartina Nell’ultima strofa vediamo questa sequenza anaforica di ay, che ricorda il Cante Jondo (canto ancestrale dei gitani, fondato su questo gorgheggi che sono lamenti della voce che canta e che si esprime attraverso questo ay). amici Salvador Dalì, pittore, e Luis Bunuel, regista cinematografico, disprezzavano sin dal primo momento questo lavoro di Lorca e lo dissero anche in toni molto netti. Lui si dispiacque moltissimo di questa ricezione che aveva avuto da parte dei suoi amici, che non avevano capito, pur avendo condiviso quell'esperienza della generazione del 27, di questa spinta al rinnovamento, non avevano capito l’operazione che più aveva fatto. C’è da dire che questo Romancero gitano si inquadra in una grande fortuna, esplosione della cosiddetta arte neopopolarista. Il neopopolarismo è una nuova tendenza culturale che interessa la musica, la letteratura, la pittura, che vuole riscoprire le radici folkloriche della propria cultura, in questo caso della cultura andalusa. Quindi in musica, per esempio, il contributo di Manuel de Falla (che fu grande musicista amico di Lorca), Isaac Albéniz, Enrique Granados, tutti grandi musicisti che riscoprono il patrimonio musicale, tradizionale e folklorico andaluso e lo declinano in modo diverso con gli strumenti della modernità, ma rievocando quelle sonorità. Questo dal punto di vista musicale. Ma anche dal punto di vista pittorico e con Lorca soprattutto, ma anche con diversi poeti modernisti (pensiamo anche a Manuel Machado), si era riaffermato tra la fine dell’800 e soprattutto i primi due decenni del 900. Lorca si iscrive in questa tradizione ma fa un’operazione che dal punto di vista poetico è un’operazione di rarefazione, di distillazione, di trasfigurazione poetica di un mondo primitivo e folklorico conosciuto, ma dal quale lui intende partire per parlare di valori, principi e aspetti universali dell'esistenza quindi molto lontano dal costumbrismo di stampo romantico, ma già proiettato verso una poesia che potremmo definire in nuce, embrionalmente, di tipo esistenzialista, che parte da qualcosa di concreto per suggerire delle astrazioni molto grandi. Conferencia recital del romancero gitano Brani della conferenza recital sul Romancero Gitano dove Lorca presenta questa sua raccolta e lo fa in un modo che è al principio di captatio benevolentiae del suo pubblico. No es un poeta que se ha hecho notar más o menos, o un dramaturgo incipiente, ansioso de un gran teatro, el que está ante vosotros, sino un verdadero amigo, un camarada que recuerda todavía cercanos los años que vivía a golpes con la enorme cara bigotuda del Derecho Mercantil y llevando una vida de broma y jaleo para ocultar una verdadera y bienhechora melancolía. > Qui si presenta al pubblico che lo stava ascoltando e dice Non è un poeta che si è fatto notare più o meno, o un drammaturgo ai suoi inizi, ansioso di un grande teatro, colui che sta di fronte a voi ma un vero amico, un compagno che ricorda ancora vicini gli anni in cui viveva intensamente con l’enorme faccia baffuta del diritto mercantile > Questa è una metafora molto plastica. Il diritto mercantile che lui odiava, perché era stato costretto dal padre ad iscriversi alla facoltà di diritto, ma non aveva alcun interesse per il diritto, quindi rappresenta questa materia del diritto mercantile come una faccia baffuta e per niente attraente. e conducendo una vita leggera e confusionaria per occultare una vera e benefica malinconia. > La malinconia che era quello stato d’animo che lo portava a scrivere, ad essere creativo. Yo sé muy bien que eso que se llama conferencia sirve en las salas y teatros para llevar a los ojos de las personas esas puntas de alfiler donde se clavan las irresistibles anémonas de Morfeo y esos bostezos para los cuales se necesitaría tener boca de caimán > Questa è la captatio benevolentiae, dice Non vorrei annoiarvi ma so che è tipico delle conferenze far annoiare il pubblico, so molto bene che ciò che si chiama conferenza serve nelle sale e nei teatri per portare negli occhi delle persone quelle punte di spillo con cui si puntano le irresistibili anemoni (fiori) di Morfeo > Quindi metafora per dire che servono per dormire. e quegli sbadigli per i quali si avrebbe bisogno di avere una bocca di caimano > Uno sbadiglio tanto intenso che richiederebbe una bocca enorme per poter farlo uscire, altra metafora piuttosto ironica. Yo he observado que generalmente el conferenciante pone cátedra sin pretender acercarse a su auditorio, habla lo que sabe sin gastar nervio y con una ausencia absoluta de voluntad de amor, que origina ese odio profundo que se le toma momentáneamente y hace que deseemos con ansia que resbale al salir de la tribuna o que estornude de modo tan furioso que se le caigan las gafas sobre el vaso. Io ho osservato che generalmente il conferenziante parla ex cattedra, senza pretendere o aspirare di avvicinarsi al suo uditorio, parla di ciò che sa senza sforzarsi troppo e con un'assenza assoluta di volontà di amore che dà origine a quell’odio profondo che il pubblico prova nei suoi confronti momentaneamente e fa sì che desideriamo con ansia che scivoli uscendo sul palco o che starnuti in un modo così furioso da cadergli gli occhiali sul bicchiere. Por eso, no vengo a dar una conferencia sobre temas que he estudiado y preparado, sino que vengo a comunicarme con vosotros con lo que nadie me ha enseñado, con lo que es sustancia y magia pura, con la poesía. Per questa ragione (per evitare di annoiarvi e di generare in voi, mio pubblico, quella sensazione di rifiuto che normalmente nasce durante le conferenze) non vengo a dare una conferenza su temi che ho studiato e preparato ma vengo a comunicare con voi, con ciò che (qui sta la novità dal suo punto di vista) nessuno mi ha insegnato, con ciò che è sostanza e magia pura, con la poesia > Sono immagini che abbiamo visto nella conferenza su La imagen poética de Góngora, su Inspiración, evasión … qui definisce la poesia come sostanza e magia pura. He elegido para leer con pequeños comentarios el Romancero gitano, no sólo por ser mi obra más popular, sino porque indudablemente.es la que hasta ahora tiene más unidad, y es donde mi rostro poético aparece por vez primera con personalidad propia, virgen de contacto con otro poeta y definitivamente dibujado. > È molto importante questo passo. Ho scelto da leggere con piccoli commenti il Romancero gitano, non solo perché è la mia opera più popolare (popolare nel senso che allude a famosa, più conosciuta tra il pubblico) ma perché indubbiamente è quella che finora possiede maggiore unità. > Sul concetto di unità Lorca aveva molto insistito nelle sue lettere agli amici, per esempio in una lettera a Jorge Guillén, altro membro della generazione del 27, era professore e aveva uno stile completamente diverso da Lorca. In una lettera a Jorge Guillén Lorca aveva insistito molto su questa ricerca di unità, di coerenza che lui aveva condotto durante la stesura del Romancero gitano. ed è l’opera in cui il mio volto poetico (altra metafora) appare per la prima volta con una personalità propria > Il Romancero gitano era secondo Lorca un traguardo importante perché in quella raccolta lui aveva raggiunto una sua originalità, una sua identità poetica, libera da influssi di altri autori, per esempio Juan Ramon Jimenez. Un grandissimo poeta che esercitò un influsso notevole su tutti poeti che seguirono, anche su Lorca, lui si sentiva molto influenzato e condizionato dall’estetica juanramoniana, soprattutto nella prima parte della sua produzione. Anche perché lo stesso Jimenez era andaluso e quindi anche certi paesaggi, certi elementi, gli ulivi, la pianura, il vento, tanti elementi della natura andalusa erano presenti anche nella poesia di Jimenez. Quindi lui con le raccolte precedenti più giovanili si era sentito più influenzato da Jimenez. Qui, con Romancero gitano, invece, dice finalmente per la prima volta ho una personalità mia vergine dal contatto con un altro poeta e definitivamente disegnato. > Il volto poetico di Lorca con Romancero Gitano acquisisce una sua identità, una sua fisionomia ben concreta, precisa. Ecco perché era così contento e soddisfatto di come era venuto Romancero gitano. Ciò che lo deluse tantissimo successivamente fu il tipo di interpretazione, che era stata data a quei testi, che non era un’interpretazione corretta. No voy a hacer crítica del libro, ni voy a decir, ni estudiar, lo que significa como forma de romance, ni a mostrar la mecánica de sus imágenes, ni el gráfico de su desarrollo rítmico y fonético, sino que voy a mostrar sus fuentes y los primeros atisbos de su concepción total. Non farò una critica del libro > Lui non si pone mai, men che meno nelle conferenze perché teme di causare noia nel suo pubblico. Non dirò ne studierò ciò che significa come forma di romance, né mostrerò la meccanica delle sue immagini > Anche questo è un aspetto molto importante dell’atteggiamento di Lorca nei confronti della poesia e anche nei confronti del pubblico. Non vi spiegherò il perché dell’immagine, non vi svelerò il significato dell'immagine che ho creato. Nella conferenza introducendo quei due versi di Romance Sonnambulo di mil panderos de cristal, dice nemmeno io so in fondo che cosa ho voluto dire con questi versi. né il grafico del suo sviluppo ritmico > Non fornirò lo schema prosodico, non svelerò il perché ho utilizzato determinate parole piuttosto che altre per costruire dei giochi fonici. Tutto questo deve essere percepito dal pubblico, da chi ama la poesia (amanti della poesia, non gli adeptos). ma mostrerò le sue fonti e i primi abbozzi della sua concezione totale > Ciò che spiegherà Lorca al suo pubblico in questa conferenza sono le fonti, cioè quali sono gli spunti tematici dai quali parte per costruire i suoi testi, testi che sono però del tutto originali, nuovi. Anche se partono da uno spunto, da un mito, un'immagine, una situazione, poi la superano completamente per creare una costruzione poetica che è totalmente originale rispetto allo spunto e alla fonte da cui era partita. Letteratura spagnola: 11 lezione Mercoledì, 09/11/2022 Quando Lorca tiene questa conferenza la raccolta era già uscita, era già stata pubblicata, aveva avuto un grandissimo successo (cinque ristampe nel giro di pochissimo tempo). Era un lavoro molto noto e ben conosciuto da parte del pubblico. Però Lorca sentì il bisogno di spiegare intanto come era nato quel libro e da che cosa era nato quel libro, da quali impulsi suoi personali e da quale proposito era derivata la costruzione di questa raccolta di romances.
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