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Nascita Fascismo in Italia: Crisi Economica, Società di Massa e Nuovo Modello Politico, Appunti di Storia

Storia Moderna ItalianaStoria economica italianaStoria Politica Italiana

La nascita del fascismo in Italia, un nuovo modello politico che raccoglie fili della modernizzazione, della società di massa, dello Stato autoritario e diventa un modello per molti paesi. La crisi economica post-guerra, dell'introduzione del fascismo e dei partiti di massa, come il fascista, il socialista, il popolare e il comunista, e della successiva dittatura di Mussolini.

Cosa imparerai

  • Che partiti di massa sono menzionati nel documento e quali ideologie rappresentano?
  • Come Mussolini ha preso il potere in Italia?
  • Come la crisi economica post-guerra ha influenzato la nascita del fascismo in Italia?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 02/11/2022

ginevra-tossani
ginevra-tossani 🇮🇹

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Scarica Nascita Fascismo in Italia: Crisi Economica, Società di Massa e Nuovo Modello Politico e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! FASCISMO IN ITALIA Situazione dopo la guerra Il Fascismo è una dottrina politica nuova, che deriva dagli effetti della Prima Guerra Mondiale. Esso nasce in Italia come movimento nel 1919, ma come partito nel 1921 e sale al potere nell'ottobre del 1922 con la marcia su Roma. Si tratta di qualcosa mai visto prima che raccoglie i fili della modernizzazione, della società di massa, dello Stato autoritario, della nuova politica e diventa un modello politico per tanti paesi, tant'è che si trova quasi ovunque. Ad esempio, in Croazia ci sono gli Ustascia, che sono dei gruppi fascisti, anche se i 2 modelli principali sono quello italiano e quello tedesco. Gli eventi che avvengono in Italia tra il 1919, ossia l'anno delle paci, e il 1922, cioè l'anno della marcia su Roma, sono molti. Sul piano economico, avviene una crisi economica, in quanto finita la guerra vi è: ● una riconversione industriale, nel senso che le industrie che erano state convertite alla produzione bellica ora devono essere riconvertite alla produzione di pace, ma quest'ultima dipende dal mercato, quindi se il paese non è in buone condizioni viene venduto e comprato meno; ● un’inflazione, vale a dire che il valore della moneta cala, a causa dei debiti (in particolare con gli Stati Uniti), e come conseguenza viene moltiplicata la circolazione della moneta, facendo così aumentare i prezzi e calare la capacità di acquisto; ● una disoccupazione, causata dalla minore produzione. Sul piano sociale, quando tra il 1919 e il 1920 le promesse fatte da Giolitti durante la guerra non vengono mantenute, scatta il cosiddetto Biennio rosso, durante il quale si svolgono una serie di rivolte e occupazioni delle fabbriche e della campagne da parte di operai e contadini, che chiedono di instaurare una ridistribuzione democratica delle risorse. In particolare, essi richiedono di avere le terre o l'aumento dei salari che erano stati loro promessi. Inoltre, dopo la guerra, gli uomini devono tornare ai loro lavori precedenti e le donne devono tornare a casa, anche se ora hanno delle aspettative differenti. Tuttavia i veterani fanno fatica a ricollocarsi, non solo perché mancano i posti di lavoro, ma anche perché, dopo aver vissuto anni al fronte con un ribaltamento dei valori (come la licenza di uccidere e lo spirito di comunità tra i soldati), devono riadattarsi psicologicamente alla vita che facevano prima. Ad esempio, infatti, non possono più essere violenti, picchiare o uccidere, mentre prima erano considerati degli eroi se lo facevano. A causa di tutte le lotte sociali, c'è una continua sensazione di instabilità e disordine, che fa paura, soprattutto alla piccola e media borghesia, che vuole stabilità. Ricominciano quindi ad alzare la testa quei conservatori e sostenitori di uno stato forte, cioè i nazionalisti (che si sono offerti volontari per andare al fronte e ora si sentono traditi, anche a causa del mito della vittoria mutilata, quindi dell'idea che non siano stati riconosciuti i loro sacrifici). Oltre a ciò, la piccola e media borghesia, che sostiene i valori della patria, ha una forte paura della rivoluzione, a seguito dello scoppio di quella russa, in quanto sembrano esserci tutti gli incentivi perché essa avvenga. Tradotto in termini pratici, si va profilando una lotta politica tra una destra che va sempre più a destra e una sinistra che va sempre più a sinistra. Sul piano politico, vi è un paesaggio molto articolato e complicato dal 1919 agli anni a seguire. Fino a quel momento, infatti, la politica italiana era composta dai liberali, dai socialisti (massimalisti e riformisti) e dai nazionalisti, senza ovviamente dimenticare il re. Nel 1919, invece, si aggiunge il partito popolare italiano, cioè il partito cattolico guidato dal prete don Sturzo, con l’approvazione del papa, che fonda la sua politica sull'interclassismo, ossia sulla collaborazione tra le classi per perseguire il bene comune senza contrapposizioni o lotte, sul solidarismo e sulla difesa dei privilegi della Chiesa. La caratteristica fondamentale del partito popolare è la fede cattolica, per cui esso può comprendere sia il grande industriale che il povero contadino. Di conseguenza, questo partito riflette al suo interno quello che nega all'esterno, ossia la lotta di classe. Tant'è che quando il fascimo prenderà forza, nascerà il clerico fascismo, ossia quella parte cattolica disponibile ad appoggiare il fascismo. Successivamente, nel 1921, vengono introdotti anche il partito fascista, nato nel 1919 come movimento, che si base sia su obiettivi di estrema sinistra che di estrema destra (richiamando così il partito nazionalsocialista di Hitler), e il partito comunista d'Italia (in quanto dal partito socialista si staccano le parti più rivoluzionarie), di cui fanno parte Gramsci, Togliatti e Bordiga e che ha alle spalle Marx, il Comunismo e la Rivoluzione russa, I partiti socialisti, fascisti, popolari e comunisti sono dei partiti di massa, quindi rappresentano grandi masse, sono imperniati attorno a un’ideologia precisa, ossia una chiara idea a cui si ispirano e che diventa l'elemento decisivo del loro comportamento sulla scena politica, e presuppongono una radicalizzazione della lotta politica (sono meno disponibili al compromesso). Alle elezioni del 1919, i socialisti e i cattolici sono quelli che ottengono più voti, in particolare i primi ottengono 150 deputati, mentre i secondi 100. Nonostante ciò, però, non sono abbastanza per poter governare da soli e non riescono ad allearsi tra di loro, perché hanno obiettivi completamente diversi, ad esempio l'interclassismo cattolico è in conflitto con la lotta di classe socialista. Inoltre, nel 1919, viene instaurato il maggioritario, ossia un sistema in cui non c'è più un candidato da votare ma una lista, per cui i seggi vengono dati in proporzione ai voti della lista. In questo modo, però, il sistema notabilare, su cui si basa ancora il partito liberale, viene indebolito, perché quest'ultimo si fonda sul votare una singola persona, cioè un notabile, il quale non si muove in base a un'ideologia, ma stabilisce delle alleanze temporanee per raggiungere degli obiettivi. In questo quadro generale, in cui il paese ha fatto dei passi avanti verso la modernizzazione, ma si è fermato a metà strada, non venendo quindi completamente democratizzato, a causa della paura della rivoluzione e dei molti scontri, si inseriscono le squadre di azione fascista, che sono la chiave di svolta. Secondo Togliatti, le squadre di azione fascista realizzano un regime reazionario di massa, ossia un sistema che non cambia la sostanza delle cose ma vi include le masse. Questo è quindi il fascismo, il quale attua una modernizzazione passiva, cioè vincolata dall'alto. Inadeguatezza del sistema politico liberale Il fascismo riesce a prendere potere grazie all'inadeguatezza del sistema politico liberale, che nel 19, 20, 21 vige ancora, ma che si rivela inadatto ad assorbire un fenomeno dirompente come il fascismo. Il sistema abbozzato da Giolitti funziona fino al 1914, ma smette di essere funzionale al termine della Prima Guerra Mondiale nel 1919, perché quest’ultima ha accelerato tutte quelle domande, a cui si stava cominciando a rispondere e che il sistema liberale non può reggere. In altre parole, Giolitti aveva attivato un percorso di democratizzazione, nazionalizzazione delle masse, industrializzazione con le modalità tipiche del sistema liberale, che vengono riproposte finita la guerra nel 1919 ma che non funzionano più. Questo perché la guerra ha accelerato una serie di fenomeni, come le aspettative di notevoli porzioni della società, tra cui le donne che avevano appena cominciato ad essere più integrate e vengono rispedite a casa, i soldati, a cui erano state promesse delle terre e che ora si aspettano di averle, oppure gli operai, a cui erano state promesse delle ricompense per i loro lavoro. Perciò, i processi di nazionalizzazione delle masse non corrispondono più alle aspettative che la guerra ha generato nelle masse, tanto che persino il suffragio elettorale maschile è considerato troppo poco, anche perché nel 1917 c'è stata la Rivoluzione russa che ha mostrato la possibilità di creare un mondo diverso, ossia uno Stato socialista. Le masse infatti non si sono accontentate del diritto di voto in Russia e questo ha generato speranze nelle masse e paura nella borghesia. Da una parte la grande borghesia ha paura delle masse proletarie, mentre dall'altra la piccola borghesia è quella che ha più creduto nella guerra ed è andata a combattere pensando davvero che gli ideali nazionalisti potessero creare un'Italia nuova, per poi scontrarsi nel 1919 con la disoccupazione, la riconversione industriale e l'inflazione. Inoltre la piccola borghesia si ritrova indifesa, nel senso che non ha un sindacato che lotta per lei, perciò è colpita ferocemente e vede disattesi i suoi ideali nazionalisti. Di conseguenza, teme anche di scivolare nel proletariato e di perdere così la distinzione di classe. In poche parole, mentre la grande borghesia ha fatto i soldi con la guerra e ha paura del comunismo, la piccola borghesia è un gruppo sempre più numeroso, che si è identificato nel nazionalismo ma è rimasto deluso e si è visto tracollare dal punto di vista economico e sociale a causa dell'inflazione e della disoccupazione, tanto che addirittura teme di scivolare insieme ai proletari. Davanti alle prepotenze operaie, Giolitti non interviene, aumentando così l'idea dell'inadeguatezza di chi governa. Fondamentalmente, perciò, in questa situazione il vecchio sistema liberale non funziona più. Nascita del fascismo Il fascismo è il movimento dei fasci, organizzato da Mussolini, con la prima riunione di piazza San Sepolcro nel 23 marzo del 1919. Inizialmente il movimento prende pochi voti e ha un programma confuso: è anticlericale, nazionalista, repubblicano (quindi anti-monarchico) e contro i "pescecani di guerra", ossia chi si era arricchito con la guerra. Racchiude perciò un po' le idee della gente comune. Il fascismo comincia però a diventare effettivamente qualcosa dal 1920, ossia quando Mussolini capisce la strada che il fascismo deve prendere. Innanzitutto Mussolini stesso si presenta come un campione che lotta contro il disordine e la confusione, contro la caduta di valori e l'inettitudine, e se la prende contro chi agli occhi della piccola borghesia è il responsabile del disordine, ossia ad esempio i rossi, i socialisti, i sindacati, ecc. Perciò, tra il 20 e il 22, prima nelle campagne padane e poi anche nelle città gli esponenti del partito fascista, chiamati “ras”, cominciano a organizzare delle squadre, dette “camicie nere”, che vanno in giro a fermare gli scioperi, ad accolti, quindi vengono repressi gli scioperi e vengono sciolti i sindacati. Per cui, dal punto di vista delle conquiste sociali, non ci sono miglioramenti. Infatti si tratta anche di una società basata sul razzismo, di un esempio evidente è il KKK, e sull’isolazionismo, nel senso che viene poi chiuso l'accesso agli immigrati. Il benessere che circola quindi tocca solo meno della metà della popolazione, in quanto vengono esclusi i lavoratori e coloro che sono discriminati su vari livelli. Comunque nel 1929 questo benessere raggiunge il suo culmine e diventa evidente che esso ha alimentato un'economia che si ha finito per dividersi su 2 percorsi: quella della finanza (ossia quella dei titoli in borsa, dei valori che si autoalimentano perché in seguito all'ottimismo c'è grande domanda) e quella dell'economia reale. la strada finanziare è cresciuta a dismisura ma ha perso il collegamento con l'economia reale, che invece si sta avviando verso la sovrapproduzione. A questo punto, il 24 ottobre del 29 (“giovedì nero”), si cominciano a vendere titoli in borsa in maniera inusuale, perché si teme che il crollo sia vicino. Questa massiccia vendita genera in borsa l'abbassamento dei valori, perché se c'è più offerta della domanda calano i prezzi. Successivamente sull'onda di questa prima vendita in tracollo, ne parte una seconda molto più massiccia la settimana dopo, il 29 ottobre (“martedì nero”), per cui alla fine nessuno guadagna più e tutti perdono, dato che le azioni non valgono più nulla. Le banche, che avevano giocato in borsa come tanti altri imprenditori, col crollo della borsa si trovano in sofferenza. Di conseguenza non concedono crediti alle imprese dell'economia reale, ma al contrario richiedono indietro i prestiti che hanno dato loro, aggravando la crisi delle aziende, perché le imprese si ritrovano a dover restituire soldi che non hanno. Ciò ha ricadute gravi sull'economia reale, a tal punto che porta a 12 milioni di disoccupati, tanto nelle città quanto nelle campagne. Quindi tocca non solo la produzione industriale ma anche quella agricola. I presidenti che gestiscono la situazione dal 29 fino al 32, anno in cui viene eletto Roosevelt, rispondono alla crisi, accentuando il liberismo, ossia lo Stato taglia le spese per evitare il rischio di inflazione, blocca l'aumento di salari e le esportazioni (pag.206). Tuttavia queste azioni non solo non risolvono la crisi ma l’aggravano. Proprio per questo, nel 1932, Roosevelt (democratico) viene eletto perché propone una cosa completamente diversa, che è il contrario del "laissez faire", utilizzando le tesi dell'economista inglese John Keynes. La sua tesi sostanziale si chiama "deficit spending", che indica il rovesciamento del concetto liberista, secondo cui lo Stato non deve mai andare in deficit, ma deve presentare sempre un pareggio di bilancio. Al contrario, lo Stato secondo Keynes deve spendere senza preoccuparsi del deficit o di andare in debito perché solo così potrà rimettere in moto l'economia. Ad esempio lo Stato deve promuovere dei lavori pubblici e delle bonifiche, rimettere in piedi edifici fatiscenti, ristrutturare a sue spese con lo scopo di dar da lavorare ai disoccupati e alle imprese, in modo da iniettare denaro pubblico all'economia. In questo modo, si ottiene la ripresa dei circoli dei consumi. L’attivazione di questo meccanismo prevede una serie di misure innovative, perché si tratta di un'effettiva iniezione di democrazia nell'economia capitalista americana. Ciò vuol dire per esempio che i salari devono essere adeguati al tipo di lavoro e gli industriali sono spinti a trattare con i sindacati. Viene inoltre favorita l'esportazione, che comporta prezzi bassi sul mercato internazionale e la differenza viene pagata dallo Stato. Tutto questo prende il nome di "New Deal" e fa sì che Roosevelt venga rieletto 4 volte dal 32 fino al 45. Tutti questi interventi comunque danno un'idea di uno Stato interventista, in quanto in senso democratico viene effettuata una sorta di ridistribuzione delle risorse. (pag.213, mappa) La crisi genera una svolta autoritaria in alcuni paesi europei, in particolare in Italia, in Germania, in Spagna, in Portogallo e nell'Europa dell'est tranne in Cecoslovacchia. Questi paesi si ispirano tutti a un modello fascista, in particolare l'Italia ha questo tipo di regime dal 25. Gli altri paesi considerano il regime italiano come un modello a cui ispirarsi, infatti esiste in ognuno di essi un partito dichiaratamente fascista e nazionalista e chi va al potere è una dittatore, come Franco in Spagna. N.B. I punti chiave della Crisi del 29 sono: ● gli Stati Uniti precrisi degli anni 20, che costituiscono il modello più importante dell'Occidente dopo la Prima Guerra Mondial;. ● il tipo di crisi che si scatena; ● l'accantonamento del liberismo per sostituirlo con un sistema di Stato interventista in economia, ossia il “New Deal” di Roosevelt. Risposte alla Crisi del 29 La Crisi del 29, quindi la crisi del capitalismo, innestra 3 tipi di reazioni: ● quella keynesiana, ossia quella del New Deal di Roosevelt, che può essere classificata come un interventismo democratico dello Stato nell'economia, che contraddice i principi del liberismo. Il liberalismo e il liberismo infatti vengono interrotti dalla Crisi del 29 fino agli anni 80, in cui Margaret Thatcher e il presidente Ronald Reagan riportano il neoliberalismo e il neoliberismo. Questo periodo in cui lo Stato interviene non solo nell'economia, ma anche nell'assistenza sociale (Welfare) è definito come l'Età dell'oro. ● quella comunista, che in realtà non è una risposta alla crisi perché di fatto l'Urss era stata cacciata fuori dalla comunità economica occidentale. ● quella fascista, che viene praticata tanto dall'Italia quanto dalla Germania e consiste in un forte interventismo statale, che però non va a sostituirsi al capitale privato, non è una democratizzazione e non vuole distruggere il capitalismo (come il modello comunista). Ad esempio vengono creati 2 istituti, cioè l'IMI e l'IRI: uno si occupa degli aspetti finanziari per rimettere in piedi le banche, mentre l'altro si occupa di rimettere in piedi il sistema industriale. Lo scopo è il risanamento di tutte le componenti bancarie e industriali in crisi grazie all'intervento dello Stato, che poi le restituisce ai privati. Ciò fa sì che lo Stato si trovi a gestire direttamente molte banche e imprese, diventando così onnipresente nell'attività finanziaria, economica e industriale. Differenze tra poteri totalitari (dittature moderne) e dittature tradizionali Nelle dittature tradizionali, il dittatore si impone di solito con un colpo di Stato, come nel caso di Francisco Franco in Spagna durante la guerra civile del 1936-1939. Una dittatura moderna invece aggiunge il discorso del consenso rispetto a una tradizionale. Mussolini ad esempio capisce che il potere assoluto di un uomo non può più fondarsi sulle forze nazionalistiche che hanno tenuto insieme le masse fino ai secoli precedenti, ma ora deve fondarsi anche sul consenso delle masse (senza ovviamente dare alternative). Quindi non basta il terrore, ma sono necessarie delle strategie che facciano pensare che l'uomo al potere sia l'uomo giusto da seguire. Germania (nel gennaio del 1933, Hitler sale al potere), Italia e Russia stalinista sono dei regimi totalitari. La parola totalitarismo deriva da "totale", nel senso che questi regimi aspirano a realizzare una totale sintesi tra lo Stato (forma di governo con le sue strutture) e il popolo (coloro che si riconoscono in una certa nazione che fa riferimento allo Stato). Il rapporto stato-popolo è realizzato dal fascismo, dal nazismo e dal comunismo, attraverso delle strutture che tendono ad essere abbastanza simili, cioè: ● il partito unico (pnf in Italia, nsdap in Germania, pcus nell'Urss), che ha il compito di creare e gestire il rapporto tra stato e popolo e lavora nell'ambito dei giovani, del lavoro, della stampa e dei media. ● il capo carismatico, tant’è vero che all'interno di questi regimi quando si parla di Stato, si fa riferimento al capo, che ad esempio si fa chiamare “Duce” o “Führer”; ● l'ideologia totalitaria, che ha una visione forte del mondo e della storia, perché la storia dà senso generale alla vicenda umana. ● la propaganda, in quanto i regimi totalitari cercano il consenso. Il popolo viene convinto tramite gli ambiti in cui lavora il partito, i mezzi di propaganda (come la radio, i giornali e i cinema), le feste, i riti collettivi (come i discorsi pubblici dei leader), i simboli e i miti (ad esempio il mito della Roma Imperiale per quanto riguarda il Fascimo), gli apparati repressivi. Mussolini aveva in mente un progetto totalitario, ma ha convissuto con 2 poteri, cioè la monarchia e la Chiesa, che inizialmente hanno appoggiato il fascismo, ma che poi lo hanno abbandonato nel 43 quando la guerra ha cominciato ad andare male. Per quanto riguarda il fascismo: ● nell'ambito dei giovani, oltre alla scuola che influisce sulla formazione fascista degli studenti, esistono anche delle strutture che si occupano di educare i giovani a seconda della fascia di età (figli della lupa, balilla, giovani fascisti, avanguardista, guf, ossia i gruppi universitari fascisti). In particolare nell’educazione dei maschi viene inserita una notevole dose di militarismo e di ideologia. Comunque tutte le organizzazioni giovanili confluiscono nella GIL, ossia la Gioventù italiana del Littorio; ● nell'ambito del lavoro, il fascismo capisce che l'indottrinamento deve riguardare non solo il tempo in cui si è impegnati, ma anche il tempo libro, per cui deve estendere il suo controllo anche lì. Vengono create perciò molte organizzazioni che hanno lo scopo di gestire il tempo libero dei lavoratori e l'esempio più famoso è l'Organizzazione nazionale del dopolavoro, cioè un'area dove i lavoratori a seconda del loro settore di lavoro possono trascorre il tempo in cui non lavoravano, giocando a carte, bevendo, incontrando amici, ascoltando della musica. Inoltre, sono permessi solo i sindacati fascisti e nel 1934 vengono realizzate 22 corporazioni per ogni tipo di campo economico. La corporazione nel linguaggio fascista vuole essere la realizzazione dell'incontro tra lavoratori e datori di lavoro, eliminando il conflitto di classe. Questo serve a poter dire che il fascismo ha eliminato la lotta di classe, anche se nella realtà veniva quasi sempre data ragione ai datori di lavoro. ● nell'ambito dei media, la propaganda fa capo a un ministero creato apposta, chiamato Ministero della cultura popolare (MINCULPOP). Il fascismo inoltre fonde ed introduce ad esempio: ○ l'Albo dei giornalisti, in cui entrano solo coloro che sono favorevoli al fascismo e per accedervi è necessario passare un esame di Stato; ○ Cinecittà, in cui vengono elogiati tutti quei valori che il fascismo voleva venissero celebrati. ○ l’Istituto Luce per creare i Cinegiornali; ○ l'ente radiofonico EIAR; ○ l’Opera nazionale maternità e infanzia (ONMI), che è l'organizzazione che ha il compito di assistere le madri durante la fase della maternità; ○ i gruppi rionali, ossia delle sedi del partito all'interno di ciascun quartiere che hanno lo scopo di mediare le pratiche assistenziali (e fanno le raccomandazioni); ○ una serie di altri servizi per la previdenza sociale e gli infortuni sul lavoro; ○ il sabato fascista e grandi manifestazioni sportive, in quanto il fascismo punta molto sullo sport, che quindi diventa un modo per sfoggiare una qualche forma di nazionalismo. Il tutto ha come punto di arrivo il consenso attraverso un sistema di controllo capillare, nel senso che arriva ovunque. Il consenso non è inteso solo come un'entusiastica partecipazione al regime, ma anche come indifferenza, nel senso che per motivi diversi un individuo non si oppone. Politica estera del fascismo Il fascismo fondamentalmente è visto con benevolenza e condiscendenza dagli altri paesi esteri. Infatti Mussolini dagli anni 20 ai 30 cerca di presentarsi come un mediatore, che vuole difendere lo status quo internazionale (ossia quello che è uscito dalla pace della Prima Guerra Mondiale). Infatti quando Hitler nel 1934, con i suoi progetti di recupero dei territori persi dalla Germania, compie un colpo di stato in Austria, assassinando il cancelliere, Mussolini schiera 3 divisioni alla frontiera per scoraggiare l'espansione della Germania, che gli fa ombra. A questo punto, però, nel 1935 pensa di godere di abbastanza credibilità internazionale per fare il suo colpo di mano, andando a conquistare l'Etiopia per ricreare l'impero. L'Italia impiega quasi un anno per invadere il paese, ma alla fine ce la fa, così che nel maggio del 36 Mussolini può dichiarare la costruzione avvenuta dell'impero coloniale italiano, generando grandi manifestazioni di consenso. Il re diventa così re d'Italia e imperatore d'Etiopia, e successivamente nel 39 anche di Albania. Si tratta però di un gesto unilaterale, aggressivo e moralmente immotivato, per cui l'Onu del tempo, fondato nel 19, reagisce per dimostrare che una cosa del genere non si può fare, in quanto va contro i principi pacifici. Molte nazioni quindi decidono di fare un embargo economico all'Italia, a eccezione della Germania e degli Stati Uniti, che sono usciti anche loro dalla Società delle Nazioni. Di conseguenza quest'ultima fa una brutta figura, ma sul piano interno Mussolini può alimentare l'idea di una congiura delle grandi potenze contro l'Italia, nel senso che le accusa di voler impedire all'Italia di raggiungere il posto che le spetta nel piano internazionale, aumentando così il nazionalismo. Egli applica inoltre una politica di autarchia, in base alla quale si rinuncia alle importazioni. Il risultato è che Mussolini nell'ottobre del 36, si allea con la Germania, formando l’Asse, non a causa delle ostilità delle potenze internazionali, ma perché nella Germania trova la sua affinità elettiva.
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