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Guide e consigli
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appunti di microbiologia completi, Appunti di Microbiologia

Appunti ben scritti e completi utile per superare l'esame

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 28/02/2024

Evee23
Evee23 🇮🇹

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Scarica appunti di microbiologia completi e più Appunti in PDF di Microbiologia solo su Docsity! 1 MICROBIOLOGIA Attualmente gli esseri viventi sono divisi in: - Batteri - Archea Eucarioti Le relazioni filogenetiche attuali si basano sull'analisi della sequenza di DNA che codifica per l’RNA 16S per i procarioti e 18S per gli eucarioti. Per costruire l'albero filogenetico si estrae il DNA dei microrganismi, poi si vanno ad amplificare con la tecnica della PCR alcune sequenze note per essere variabili utilizzando dei primer detti "universali", cioè oligonucleotidi corti complementari alle regioni costanti che fiancheggiano le regioni variabili della sequenza del DNA che codifica per l'RNA 16S; quindi si amplificano le regioni variabili che vengono prima sequenziate e poi vengono identificate in modo tale da distinguere sequenze differenti che corrisponderanno a specie diverse che saranno tanto più vicine fra loro quanto la sequenza è smile, se si trova una nuove sequenza avremo allora una nuova specie che viene inserita nell'albero filogenetico. Lo scambio genetico non è solo verticale infatti può avvenire orizzontalmente cioè tra specie, domini e regni differenti e questo deve essere riportato anche negli alberi filogenetici. Fonte di C Font. energia Fotosintesi Mobilità Riproduzione Procarioti Sia composti organici che inorganici Sia luce che fonti chimiche (composti organici e inorganici) Ossigenica Anossigenica Flagelli, scivolamento, movimento twitching e alcuni sono immobili Scissione binaria Eucarioti Sia composti organici che inorganici Energia luminosa o ossidazione di composti organici Solo ossigenica Flagelli, ciglia o pseudopodi Possono compiere una riproduzione sessuata tramite coniugazione o sporulazione Ci sono anche i microrganismi acellulati (virus, virusoidi e prioni) che non sono veri e propri organismi viventi e presentano un solo tipo di acido nucleico al contrario di eucarioti e procarioti che li presentano entrambi. Microrganismi eucarioti Sono funghi alghe e protozoi ovviamente nelle loro forme unicellulari, a volte la distinzione è difficile e i criteri distintivi sono fotosintesi, movimento o cellularità (unicellulari, pluricellulari o cenocitici); Contengono RNA e DNA proveniente da due origini: endosimbionte e ospite. I miceti sono immobili, hanno una parete rigida, si nutrono per osomosi e quelli pluricellulari hanno natura cenocitica (cioè le cellule che formano le ife hanno citoplasma in comunicazione), l’ifa è caratterizzata da una crescita indefinita all’estremità e si possono riprodurre in maniera asessuata o sessuata. Muffe mucillaginose assomigliano ai protozoi perché mobili e privi di parete ma differiscono filogeneticamente e per il ciclo cellulare dove le cellule mobili si aggregano a formare il corpo fruttifero da cui vengono prodotte le spore che daranno origine a nuove cellule mobili che daranno vita a nuovi corpi fruttiferi. 2 PARETE BATTERICA I procarioti sono forme di vita molto semplici e unicellulari, essendo più piccoli hanno un rapporto superficie/volume maggiore rispetto a delle forme più grandi e questo porta dei vantaggi in quanto più la superficie è ampia più aumenta la possibilità di scambio con l’ambiente perciò queste piccole dimensioni giustificano il loro elevatissimo metabolismo. Generalmente tutti i procarioti hanno una parete rigida fatta da un polimero detto peptidoglicano, questa nei batteri prende il nome di mureina mentre negli archea prende il nome di pseudopeptidoglicano. La parete è la struttura più esterna conferisce forma (insieme alle proteine del citoscheletro), dimensione e dona protezione dalla lisi osmotica nei confronti del proprio citoplasma. Possiamo fare una distinzione tra batteri ed archea. Nell’ambito dei batteri distinguiamo la parete dei gram+, gram-, micobatteri (sono considerati gram+ sull’indagine filogenetica ma hanno una parete peculiare) e batteri privi di parete (generi mycoplasma e Planctonmyces). La cellula gram positiva ha una parete data da uno spesso strato di peptidoglicano chiamato mureina (in quanto la componente glucidica è data dall’acido muramico) addossato alla membrana mentre i gram negativi hanno un sottile strato di peptidoglicano compreso tra due membrane: la membrana citoplasmatica (interna) e la membrana esterna. Il peptidoglicano è un polimero il cui monomero è formato dagli zuccheri N- acetilglucosammina (NAG) e N-acetilacidomuramico (NAM) uniti da legami glicosidici β-1,4. Al NAM, sul carbonio in posizione 3, è legata la componente peptidica data da 5 amminoacidi: L-Alanina, acido D-glutammico, acido meso-diaminopimelico e un dimero di D-Alanina. Spesso in molti batteri, in particolare gram+, l'acido meso-diaminopimelico è sostituito da un altro diaminoacido cioè un amminoacido con due gruppi amminici come l'L- Lisina. Nella maggior parte delle figure che troviamo nei testi notiamo che la catena peptidica termina con una solo molecola di D-Alanina, questo perchè la subunità nativa quando si forma presenta due alanine ma, nel peptidoglicano maturo che circonda la cellula, l'ultima d-alanina viene staccata nella reazione di transpeptidazione che serve per formare la rete di peptidoglicano maturo. Quando il peptidoglicano maturo polimerizza forma delle catene, in quanto le subunità si legano tra di loro grazie a dei legami glicosidici, determinando così lo scheletro della parete e queste catene si affiancano le une alle altre sulla superficie della cellula. Per dare compattezza si formano dei legami tra le componenti peptidiche di due catene diverse, quindi le catene peptidiche di due monomeri presenti in filamenti adiacenti prendono contatto tra di loro e si forma un legame peptidico fra l'amminoacido in posizione 3 di una subunità e l'amminoacido in posizione 4 della subunità vicina; contestualmente alla formazione di questo legame ad opera di una carbossipeptidasi avviene il distacco dell'ultima D-Alanina e siccome questa è una reazione esoergonica viene liberata energia utilizzata per la formazione del legame peptidico. 5 meno selettiva della membrana citoplasmatica, ha caratteristiche idrofile date dai polisaccaridi quindi esclude i composti idrofobi di grandi dimensioni e infine ostacola la fagocitosi perchè ha carica negativa. PERIPLASMA Il periplasma è lo strato interposto tra le due membrane dove si trova immerso il peptidoglicano, contiene degli enzimi che hanno varie funzioni: - Proteasi, fosfatasi, nucleasi e lipasi: servono per degradare i polimeri nei singoli monomeri da utilizzare come nutrienti. - Binding protein: legano i substrati nutritivi (amminoacidi, zuccheri, lipidi, vitamine e ioni) e li accompagnano alle permeasi della membrana citoplasmatica. - Componenti enzimatiche dette detossificanti: enzimi responsabili dell'inattivazione di molti antibiotici (es. betalattamasi) inoltre . Sembra che siano presenti oligosaccaridi atti a regolare l'osmolarità di questa zona. COLORAZIONE DI GRAM È una colorazione utilizzata per classificare i batteri. Prima di effettuare la colorazione bisogna preparare il vetrino mettendo sopra di esso il materiale da esaminare e distribuendolo in uno strato molto sottile, successivamente si fa asciugare il vetrino all’aria e lo si fissa al calore. Il vetrino viene trattato con un primo colorante che è viola scuro (cristalvioletto) ed entra nella parete di tutte le cellule, poi si toglie il colorante, si tratta il vetrino con una soluzione di iodio che fa precipitare il colorante viola, si lava il vetrino con acqua e si effettua la fase di decolorazione con l’alcool etilico al 95%; successivamente si lava l’alcool, si passa alla colorazione con il secondo colorante che è di colore rosa (safranina) e infine bisogna lavare nuovamente i vetrino. Nella fase di decolorazione il colorante viola viene eliminato dalla parete dei gram negativi (che risulteranno rosa) ma rimane nei gram positivi che hanno parete più spessa (che risulteranno viola). PARETE DEI MICOBATTERI La parete dei micobatteri presenta il peptidoglicano ma non vi è membrana esterna, esternamente al peptidoglicano c’è uno spesso strato di sostanze di natura lipidica (cere come glicolipidi fenolici e acidi micolici) che rendono la parete fortemente impermeabile. Per colorare questi batteri si usa la colorazione di Ziehl-Neelsen alla fine della quale i micobatteri appaiono colorati di rosso e tutti gli altri batteri saranno colorati di blu. ARCHEA Negli archea possiamo trovare un polimero simile alla mureina chiamato pseudopeptidoglicano che è formato da una componente glucidica e una peptidica. Le differenze con la mureina sono che la componente glucidica è tenuta insieme da un legame β-1,3 (invece che β-1,4) e al posto dell’NAM è presente N- acetiltalosaminuronico. STRATI S Esternamente alla parete possiamo trovare degli strati chiamati strati S che sono proteici e le singole unità proteiche si dispongono in maniera ordinata, hanno funzione protettiva quando la cellula è sprovvista di pseudomureina ma possono anche servire per aderire alle superfici o cellule dell’ospite. 6 BATTERI GRAM+ NATURALMENTE PRIVI DI PARETE I batteri naturalmente privi di parete appartengono alla classe mollicutes e all’ordine mycoplasmatales, i generi più importanti sono mycoplasma (agenti patogeni come il mycoplasma pneumonie), ureaplasma e spriroplasma. Dato che non è presente la parete gli organismi risultano pleiomorfi cioè non hanno una morfologia ben definita, possiamo avere delle forme coccobacillari, bacillari o ramificate a seconda delle condizioni esterne. I micoplasmi possono essere fatti crescere sui terreni di coltura, necessitano di terreni abbastanza ricchi e danno luogo a tipiche colonie dette "a uovo fritto"; inoltre anche se non hanno parete e non rispondono quindi alla colorazione di gram dal punto di vista filogenetico sono gram+. Non avendo il peptidoglicano, per poter essere resistenti alla lisi osmotica i micoplasmi possiedono una membrana lipoproteica contenente steroli che conferiscono una certa rigidità. Anche l'ordine calmydiales contiene batteri privi di parete, questi possono comportarsi da patogeni per l'uomo e visto che mancano di altre funzioni possono moltiplicarsi solo all'interno dell'ospite. Per quanto riguarda il ciclo vitale si parte dal corpo elementare cioè una cellula rotondeggiante, di piccole dimensioni, che può sopravvivere a lungo nell'ambiente esterno, il corpo elementare rappresenta anche la forma infettiva che può entrare all'interno di una cellula ospite tramite endocitosi. Nella cellula ospite il corpo elementare viene inglobato in un vacuolo di fagocitosi all'interno del quale si può differenziare in un'altra forma detta corpo reticolare, questa è la forma vegetativa metabolicamente attiva che si accresce e si divide dando vita a nuovi corpi elementari. Quando il vacuolo è ripieno di cellule figlie, attraverso un fenomeno di esocitosi, vengono rilasciati nell'ambiente esterno così che possano infettare altre cellule. STRUTTURE ESTERNE ALLA PARETE Esternamente alla parete possiamo avere strutture di tipo fibrillare come flagelli, pili e fimbrie o strutture che circondano completamente la cellula come la capsula e gli strati mucosi. FLAGELLI I flagelli sono strutture elicoidali, semirigide atte al movimento. Le cellule possono avere un unico flagello (cellule monotriche), un ciuffo di flagelli ad un polo (cellule lofotriche), due ciuffi di flagelli ai due poli della cellula (cellule anfitriche) oppure possiamo avere flagelli intorno al corpo cellulare (cellule peritriche); la disposizione dei flagelli ha valore tassonomico ed è specie e genere specifica. Il flagello presenta una struttura filamentosa che sporge diversi micron all'esterno della cellula ed è tripartita in quanto distinguiamo un corpo basale che si approfonda negli involucri cellulari (nei gram- è formato da 4 anelli mentre nei gram+ solo da 2), l’uncino e il flagello vero e proprio. Nei gram- abbiamo quindi il corpo basale formato da quattro anelli, poi c'è un uncino e infine il filamento cioè la parte che noi vediamo in microscopia. Il filamento ha una struttura di tipo elicoidale e flessibile, è cavo al centro ed è costituito dal ripetersi un unico tipo di proteina chiamata flagellina; questa ha proprietà antigeniche in quanto determina l’antigene H dei gram- (o antigene flagellare) e un certo antigene H corrisponde al tipo di flagellina che è presente in quel particolare ceppo batterico. 7 La flagellina è quindi la proteina dal cui ripetersi avviene la formazione del flagello, essa può andare in contro a della variazioni dato che non è identica in tutti i gram- ma ciascun ceppo ha la sua particolare flagellina che stimola la formazione di anticorpi differenti. Il flagello è chiuso all’apice da una proteina CAP. Il corpo basale è formato quattro anelli: - Anello L :prende contatto con la membrana esterna. - Anello P: prende contatto con il peptidoglicano. - Anello MS: è approfondato nel doppio strato lipoproteico della membrana plasmatico. - Anello C: prende contatto con la faccia interna della membrana e sporge nel citoplasma. L’anello M è associato a delle proteine di membrana FLI che sono contrattili e quindi impartiscono il movimento all'anello (e anche al flagello), ci sono poi le proteine MotA e MotB che stabilizzano la struttura. Il movimento flagellare sfrutta la forza protomotrice dovuta ad un accumulo di ioni H+ all’esterno della membrana.Nei gram+, che presentano solo uno spesso strato di peptidoglicano, troviamo unicamente i due anelli più interni (MS e C). Per quanto riguarda la formazione per prima cosa si forma il corpo basale che viene localizzato nella sua sede definitiva, poi si forma l'uncino e infine si forma il filamento per apposizione di nuove subunità di flagellina all'apice e, quando la crescita è completa, viene posta all’apice del flagello la proteina CAP. FIMBRIE E PILI Fimbrie e pili si distinguono difficilmente in quanto sono strutture proteiche, rettilinee, presentano più o meno le stesse dimensioni e sono costituiti dal ripetersi di un'unica subunità detta pilina. Le fimbrie sono più sottili e corte dei flagelli, sono rettilinee e non elicoidali e non sono strutture atte al movimento. Le fimbrie: - Sono importanti per le interazioni tra le cellule. - Mediano l’adesione specifica grazie alla pilina. - Sono molto diffuse nell’ambito dei gram- dove ricoprono l’intero corpo. I pili: - Intervengono nel processo di coniugazione. - Sono coinvolti nella secrezione di molecole dal citoplasma verso l’esterno o verso il citoplasma di una cellula ospite. Sia fimbrie che pili sono utilizzati per l’adesione alle superfici, per la motilità contrattile (di tipo twitching) e partecipano alla formazione di biofilm. 10 SISTEMI SEC-DIPENDENTI I sistemi sec-dipendenti prevedono che il peptide neosintetizzato (completo o incompleto) si leghi alla membrana citoplasmatica attraverso la sequenza leader, questa è una sequenza di 15-40 amminoacidi presente all’estremità amino-terminale delle proteine a localizzazione extracellulare ed è costituita da una sequenza carica all’estremità amminoterminale seguita da una sequenza idrofoba necessaria per attraversare la membrana ed infine abbiamo circa sei amminoacidi polari all’estremità carbossi-terminale. Nella secrezione co-traduzionale la proteina viene secreta e contemporaneamente viene tradotta. Se consideriamo la traduzione di una proteina idrofila che sarà localizzata o nella membrana citoplasmatica oppure nello spazio extracellulare per prima cosa si ha l’inizio della sintesi a livello dei ribosomi e all'estremità amminoterminale il messaggero presenta una sequenza leader che viene tradotta appunto in una sequenza amminoacidica. Successivamente la sequenza leader viene riconosciuta dalla proteina citoplasmatica SRP che si lega alla sequenza stessa, blocca il processo di traduzione e accompagna tutto il complesso della sintesi proteica (ribosoma con la proteina nascente e messaggero) a livello delle zone della membrana citoplasmatica dove si trova una proteina complementare detta docking protein a cui si lega la proteina nascente e a livello della quale si inserisce tutto il complesso di sintesi. Quando le due proteine si legano, grazie ad un segnale, riprende il processo di traduzione e mano a mano che la catena amminoacidica si allunga viene spinta nello spazio periplasmatico con la sequenza leader sempre approfondata nella membrana. Quando la sintesi proteica termina abbiamo il taglio della sequenza leader che rimane nella membrana citoplasmatica mentre il polipeptide neosintetizzato subirà diversi destini a seconda della sua localizzazione definitiva ad esempio una proteina a localizzazione citoplasmatica appena viene secreta si riapprofonda nella membrana citoplasmatica mentre se la proteina ha localizzazione finale nel periplasma allora a mano a mano che sporge nello spazio periplasmatico e si stacca dal ribosoma assume la sua configurazione definitiva. Nella secrezione post-traduzionale la proteina viene sintetizzata sempre con la sequenza leader all'estremità amminoterminale, non si ripiega completamente a livello citoplasmatico, si associa ad un complesso proteico trasportatore che la accompagna a livello della membrana citoplasmatica in corrispondenza del complesso proteico secA a cui la proteina neosintetizzata si associa. A sua volta il complesso secA si va a localizzare a livello del complesso proteico SecY che forma un canale proteico attraverso la membrana citoplasmatica, la sequenza leader rimane localizzata all'interno della membrana, successivamente viene tagliata e la proteina raggiunge la sua localizzazione definitiva a livello extracitoplasmatico dove assume la sua conformazione terziaria. Per questo sistema di secrezione è necessario il consumo di energia fornito dall'idrolisi di ATP. 11 SISTEMI DI SECREZIONE NEI GRAM NEGATIVI Nei gram negativi deve avvenire il passaggio attraverso la membrana esterna oltre che attraverso la membrana citoplasmatica, riconosciamo quini i sistemi sec-dipendenti che sono quelli di tipo V e II e quelli sec-indipendenti che sono quelli di tipo I,III e IV. Nei sistemi sec-dipendenti abbiamo la presenza del sistema sec di trasporto che può essere co-traduzionale o post-traduzionale delle proteine all'esterno della membrana. Sistema di tipo V: in questo caso abbiamo il sistema degli autotrasportatori o il sistema chaperon/usher. Nel primo caso la proteina, grazie ad una conformazione particolare della sua estremita carbossiterminale, raggiunge la membrana citoplasmatica dove forma il canale di trasporto attraverso il quale può fuoriuscire all'esterno della cellula; questo sistema si chiama sistema degli autotrasportatori perchè la proteina stessa contiene le informazioni per poter passare attraverso la membrana in quanto presenta una lunga sequenza idrofila che permette il passaggio. Il sistema chaperon/usher prevede un trasportatore e un usciere: la proteina arriva nello spazio periplasmatico e si lega alla molecola chaperon che la protegge dalle proteasi, gli permette di attraversare tutto lo spazio periplasmatico e la accompagna al canale proteico costituito dall'usciere presente a livello della membrana esterna. Trasportatore e usciere sono complementari quindi uno specifico trasportatore porta ad uno specifico usciere. Le proteine poi possono essere liberate nello spazio extracellulare oppure possono essere localizzate sulla parete come nel caso di pili, flagelli o fimbrie. Sistema di tipo II: prevede la secrezione attraverso la membrana citoplasmatica e la presenza di subunità proteiche (proteine contrattili) che e spingono la proteina neosintetizzata fino a raggiungere il canale a livello della membrana esterna attraverso cui passa per poi raggiungere l'ambiente extracellulare. Gli altri sistemi di secrezione sono sec-indipendenti quindi la proteina o il DNA passano direttamente dal citoplasma della cellula batterica all'ambiente extracellulare grazie alla presenza di pili (III o IV) che possono avere funzione secretoria. Sistema di tipo IV: è un sistema di secrezione di proteine e DNA, è il sistema attraverso il quale avviene il trasferimento genetico orizzontale ma grazie a questo meccanismo un pezzo di DNA batterico può essere trasferito all'interno della cellula dell'ospite eucariote (caso di agrobacterium tumefacens). Sistema di tipo I: richiede trasportatori ABC e quindi anche un consumo di energia fornita da ATP. In E. Coli la secrezione dell' alfa emolisina avviene grazie a questo sistema, la proteina HLYB forma una serie di loop nella membrana citoplasmatica e la proteina HLYD prende contatto con il canale di membrana dato da TolC grazie al quale la proteina può fuoriuscire. Questo sistema di secrezione è stato utilizzato per la secrezione di proteine eterologhe (proteine clonate). Sistema di tipo VI: abbiamo un complesso proteico (pilo) che attraversa la membrana ed è circondato da una guaina contrattile che spinge la proteina all'esterno della cellula ma è anche in grado di spingerla attraverso la membrana citoplasmatica di un'eventuale cellula ospite. Vengono rilasciate così delle molecole effettrici che si intrufolano nella comunicazione intracellulare alterando la trasmissione del segnale nella cellula bersaglio. Il meccanismo è simile alla coda contrattile dei batteriofagi. sistema di tipo III: è stato identificato in gram-, patogeni animali e vegetali, serve per traslocare le proteine (o fattori di virulenza) dal citoplasma batterico direttamente all'interno della cellula ospite e questo sistema di secrezione è stato particolarmente ben studiato in pseudomonas syringae (un patogeno delle piante). Il sistema di tipo III prevede un pilo (di tipo III appunto) con un corpo basale approfondato nella membrana citoplasmatica, un apparato che attraversa lo spazio periplasmatico e infine un sistema che raggiunge 12 l'ambiente extracellulare. L’assemblaggio del pilo avviene a livello del lato periplasmatico dell'apparato di secrezione (aggiunta di nuove subunità alla base) ma in questo caso abbiamo la formazione contestuale di subunità del pilo e proteina che deve essere esportata; vi è inoltre una stretta associazione tra proteina strutturale del pilo e proteina da secernere. Successivamente la proteina verrà rilasciata all'interno della cellula ospite in seguito a contatto con un recettore o dal verificarsi di condizioni particolari quali pH acido. Formazione delle vescicole extracellulari: sono vescicole rilasciate dalle cellule batteriche e sono circondate dalla membrana citoplasmatica o nel caso di gram- da membrana esterna, contengono vari tipi di sostanze quali DNA, metaboliti vari, proteine enzimatiche, proteine strutturali, fattori Vir, tossine e RNA. Queste vescicole sono rilasciate a livello di punti degli involucri cellulari dei gram- dove mancano sistemi di ancoraggio della membrana esterna al peptidoglicano; sembra che possano essere un sistema di comunicazione delle cellule, un sistema di traslocazione del materiale e per certi versi un sistema di difesa in quanto le vescicole è come se staccassero l'antibiotico che si lega sulla superficie cellulare. MOVIMENTO BATTERICO Il movimento batterico può essere di diverso tipo dato che i procarioti si possono spostare con diverse strategie. Riconosciamo un movimento flagellare dovuto alla rotazione dei flagelli, un movimento endoflagellare che riguarda tutto il corpo batterico e uno spostamento per scivolamento o a piccoli scatti. Movimento flagellare: è adatto nel mezzo liquido e il flagello può ruotare in senso orario e in senso antiorario. Nella maggior parte dei batteri monotrichi se il flagello ruota in senso antiorario il batterio va in avanti mentre se ruota in senso orario il batterio compie una capriola su sé stesso, in alcuni invece a seconda della rotazione del flagello la cellula va verso una direzione o va verso la direzione opposta. Per quanto riguarda i flagellati peritrichi quando i flagelli ruotano in senso antiorario si riuniscono tutti insieme in un fascio impartendo alla cellula un moto rettilineo di avanzamento, dopo un certo periodo di tempo il fascio di flagelli si disgrega, ogni flagello va per conto proprio e ruota in senso orario così che la cellula compia delle capriole su se stessa; successivamente i flagelli si riuniscono nuovamente in un fascio e ruotano in senso antiorario determinando il moto rettilineo con direzione casuale. L'alternarsi della rotazione in senso orario e antiorario è molto frequente quindi la cellula compie dei piccoli spostamenti rettilinei e poi si riorienta. Lo spostamento verso una determinata direzione avviene per poco tempo a meno che non subentri uno stimolo attraente o repellente, infatti in presenza di uno stimolo attraente la cellula procariotica è in grado di riorganizzare il suo movimento in modo da dirigersi verso di esso; la cellula alterna sempre tratti di moto rettilineo a capriole per riorientarsi però i tratti di moto rettilineo che portano verso lo stimolo favorevole vengono allungati e al contrario i tratti di moto rettilineo che allontanano dallo stimolo vengono accorciati in modo da raggiunger lo stimolo e in caso di stimolo repellente assistiamo all'esatto contrario. Questa capacità di andare verso le sostanze attraenti e di allontanarsi da quelle repellenti è data da proteine accettrici di metili a livello della membrana plasmatica che sono responsabili della chemiotassi cioè la capacità di rispondere a stimoli chimici e fisici o luce; possiamo avere anche aereotassi in quanto i batteri aerobi sono in grado di rispondere alla presenza di ossigeno. La chemiotassi avviene mediante la registrazione di un gradiente di concentrazione di tipo temporale nel senso che la cellula registra una certa concentrazione di sostanza favorevole e dopo un breve periodo di tempo nel quale essa va in una certa direzione registra nuovamente la concentrazione e percepisce se si è 15 ENDOSPORA Alcune cellule batteriche possono differenziarsi in una forma di resistenza estrema agli agenti chimico fisici formando l'endospora. La formazione dell'endospora è un processo di vero e proprio differenziamento ed è quindi accompagnato da un turnover di componenti che riguarda principalmente le proteine in quanto le proteine della prima cellula vengono degradate e se ne formano delle nuove; contemporaneamente si assiste alla sintesi di una serie di sostanze antimicrobiche (es. polimixina) il cui ruolo è probabilmente quello di regolatori dell'espressione genica. Quando parliamo di spore parliamo di cellule batteriche peculiari per attributi sia morfologici che funzionali capaci di sopravvivere nell'ambiente esterno per un lasso di tempo prolungato in una forma di quiescenza totale (non metabolizzano), si parla di criptobiosi in quanto la spora può germinare in determinate circostanze subendo un processo inverso a quello di differenziamento diventando nuovamente una cellula vegetativa. Solo alcuni batteri gram+ che vivono nel suolo possono formare l'endospora perchè il suolo è un ambiente estremamente sfavorevole dove ci sono ampie variazioni di pH, temperatura e concentrazioni di nutrienti. Il nome endospora deriva dal fatto che la spora inizialmente si forma all'interno della cellula batterica detta cellula vegetativa o sporangio, il sito di formazione della spora ha valore tassonomico e può essere terminale, subterminale, centrale o così terminale da provocare un rigonfiamento della cellula madre. L’endospora viene liberata in seguito per lisi dello sporangio. Le principali caratteristiche, oltre al sito di formazione intracellulare, sono: - Elevata rifrangenza, - Resistenza ai coloranti basici come la colorazione di Gram - Completa assenza di attività metabolica - Capacità di ritrasformarsi in una cellula vegetativa - Elevata resistenza a condizioni estreme di parametri fisico-chimici quali calore, radiazioni e composti tossici. SPORULAZIONE Partendo dalla forma vegetativa abbiamo il processo di sporulazione e poi dalla spora, attraverso la germinazione, si torna alla forma vegetativa. Inizialmente nella cellula vegetativa abbiamo la formazione di un filamento assiale del cromosoma, successivamente il cromosoma si replica e uno dei due cromosomi figli viene spinto in una zona periferica della cellula, si ha poi un'invaginazione della membrana citoplasmatica che divide in due il citoplasma e si forma un setto inizialmente costituito solo da membrana che divide la cellula in modo asimmetrico; a questo punto la cellula di dimensioni maggiori (cellula madre) si accresce in modo tale da circondare con la sua membrana la cellula più piccola chiamata prespora. La prespora si trova quindi ad avere due membrane (la sua e quella della cellula madre da cui viene circondata) tra le quali vengono depositate delle sostanze che costituiscono gli involucri sporali: si forma prima la corteccia e in una seconda fase, più esternamente, si depone un altro strato che costituisce la tunica di natura proteica. Contestualmente all'interno della prespora si accumulano delle sostanze come proteine spora-specifiche termoresistenti e l'acido dipicolinico che formerà con gli ioni calcio il dipicolinato di calcio con funzione protettiva. Quando la spora è matura ed ha raggiunto struttura e composizione intracitoplasmatica definitiva lo sporangio lisa e la spora si libera nell'ambiente. 16 Questo processo richiede in totale 24-25 ore, nelle prime 17 ore si ha la formazione della prespora inglobata dallo sporangio, quando la spora è matura si acquisisce la rifrangenza, successivamente aumenta il contenuto cellulare in dipicolinato di calcio e solo quando la spora è completamente formata e liberata nell'ambiente, dopo quasi 19 ore, abbiamo l'aumento della resistenza al calore che è massima dopo 20 ore. INVOLUCRI DELLA SPORA Per quanto riguarda la struttura della spora all'interno abbiamo il citoplasma, tra le due membrane si accumula la corteccia costituita da peptidoglicano, esternamente c'è la tunica proteica costituita da proteine solforate e in alcuni casi può essere presente uno strato più esterno detto esosporio costituito da glicolipidi e proteine. La corteccia contiene due tipi di peptidoglicano, un 20% più interno che ha la stessa struttura del peptidoglicano della cellula originaria e un 80% più esterno che è un peptidoglicano spora-specifico in quanto subisce una modificazione nel processo di sporulazione ed è caratterizzato da una scarsità di legami crociati in quanto alcune subunità mancano della catena laterale peptidica e altre le hanno ma è molto corta; tutto ciò contribuisce alla lassità e all'elasticità del peptidoglicano spora-specifico. Esternamente alla membrana esterna abbiamo la tunica proteica che rappresenta l'80% di tutte le proteine della spora e il 30-60% del peso secco, essa è una struttura rigida, stratificata e resistente agli agenti chimici (quali idrolisi enzimatica e solubilizzazione). L'esosporio è lo strato più esterno ed è costituito da glicolipidi, polisaccaridi, proteine e ha funzioni da chiarire. Il protoplasto è dato dal citoplasma delimitato dalla membrana interna, si contrae mentre le strutture esterne si espandono, ha la struttura simile a un solido, vi è assenza di mRNA in quanto l’esospora non metabolizza e contiene ribosomi e proteine di riserva che verranno utilizzati nella fase di germinazione. Nel protoplasto è presente il dipicolinato di calcio che come abbiamo visto serve per proteggere le strutture della spora dagli agenti sfavorevoli e il il cromosoma associato a proteine basiche che, insieme al dipicolinato di calcio, lo proteggono dall'azione mutagena dei raggi UV. Nella spora la resistenza al calore è data dalla disidratazione, dalla presenza di enzimi termostabili e dipicolinato di calcio e dalla presenza di molti ioni bivalenti. La resistenza agli agenti chimici è invece determinata dalla tunica proteica e infine la resistenza ai raggi UV è data dalla presenza di proteine che interagiscono col DNA proteggendolo dall'azione mutagena. PASSAGGIO DA SPORA A CELLULA VEGETATIVA il ritorno alla cellula vegetativa avviene in tre step: attivazione, germinazione e esocrescita L'attivazione è un processo reversibile che consiste nell'esposizione della cellula ad un agente fisico, chimico 17 o meccanico oppure può verificarsi in seguito all'invecchiamento della spora. Questa fase consiste in un processo che determina la lesione degli involucri in modo che diventino permeabili agli induttori della germinazione (amminoacidi o composti di piccolo peso molecolare) e se all'attivazione non segue la germinazione la spora torna allo stato originario. La germinazione è un processo irreversibile che consiste nella reidratazione della spora con conseguente ingrossamento, depolimerizzazione della corteccia e di tutti i componenti spora-specifici con escrezione di circa il 30% del peso secco della spora e danneggiamento della tunica. Abbiamo inoltre idrolisi delle proteine di riserva per fornire l'energia necessaria alla sintesi delle componenti della cellula vegetativa e formazione dell'ATP dall'acido trifosfoglicerico. La cellula torna ad essere termosensibile e rilascia il dipicolinato di calcio, ritorna anche la permeabilità ai coloranti e infine viene persa la rifrangenza. L'esocrescita non è altro che l'accrescimento di questa cellula che deriva dalla germinazione, si può verificare solo se nell'ambiente sono presenti nutrienti altrimenti la cellula è destinata a morire. VIRUS I virus sono costituiti da materiale genetico ricoperto da un involucro proteico (capside) e presentano una grandezza dell'ordine nei nanometri; dato che sono privi di ribosomi, di sistemi di produzione di energia e non hanno capacità di sintetizzare autonomamente sono parassiti endocellulari obbligati che possono parassitare qualunque tipo di cellula. I virus sono caratterizzati da una specificità d'ospite: un certo virus si replica solo all'interno di un certo ospite. Il virione è la particella virale che viene liberata nell’ambiente dopo che si è moltiplicata all’interno della cellula ospite ed è formato dal materiale genetico circondato dall’involucro proteico che prende il nome di nucleocapside. Nei virus animali all'esterno dell'involucro proteico può essere presente un ulteriore involucro che prende il nome di pericapside (o peplos), questo è un involucro di tipo membranario formato quindi da fosfolipidi derivanti dalla cellula ospite e proteine è virus-specifiche. Il capside è formato da poche proteine differenti, ha la funzione di proteggere l'acido nucleico ed è importante perchè determina la specificità d'ospite e media la penetrazione nella cellula ospite; può avere varie forme come quella elicoidale, icosaedrica e cilindrica. Anche il pericapside ha funzione protettiva, può avere diverse simmetrie (elicoidale o icosaedrica) e i peplomeri sono strutture proteiche filamentose virus-specifiche che si proiettano all’esterno del peplos. Il genoma dei virus può essere costituito sia da DNA (deossiribovirus) che da RNA (ribovirus) entrambi a singolo o doppio filamento; i virus a DNA hanno il genoma solitamente costituito da una molecola lineare bicatenaria di acido nucleico ma possiamo avere anche delle molecole circolari bicatenarie, lineari monocatenarie e circolari volcatenarie. Per quanto riguarda i ribovirus possiamo avere genomi a RNA a doppia elica, RNA a singola elica positiva o negativa, filamento singolo negativo segmentato o filamento singolo diploide. L’attività del virus nella cellula ospite può avere effetto citocida, citopatico o un effetto di trasformazione. I virus possono codificare per un numero elevato di proteine enzimatiche o strutturali, questo perchè le sequenze codificanti embricate: sulla stessa sequenza del messaggero possono esserci punti diversi di inizio della traduzione, in base a dove la traduzione inizia viene codificata una proteina diversa. Si possono purificare i virus mediante centrifugazione differenziale basandoci sul loro coefficiente di 20 Attacco: consiste nel legame tra recettore cellulare e antirecettore virale, non richiede apporto di energia, è un legame indipendente dalla temperatura e richiede una certa concentrazione ionica. Penetrazione: è un processo che richiede l'intervento attivo della cellula ospite in quanto deve fagocitare il virus a seguito dell'attacco e avviene solo a temperature ottimali. I virus senza pericapside entrano per endocitosi creando un vacuolo chiamato viropessi mentre nel caso di virus dotati di peplos si può avere la fusione del peplos con la cellula ospite quindi nel citoplasma dell'ospite entra il nucleocapside oppure si può avere un endocitosi e successivamente, per fusione del peplos con il vacuolo di endocitosi, avviene la liberazione del nucleocapside nel citoplasma. Scapsidamento: si ha la degradazione dell'involucro proteico e la liberazione del genoma ad opera di enzimi della cellula ospite. Sintesi delle macromolecole virus-specifiche: a partire dal genoma del virus si forma il messaggero necessario per produrre le proteine virus specifiche e per quanto riguarda il processo di trascrizione del genoma virale è importante distinguere i geni precoci che codificano le proteine precoci e i geni tardivi che codificano le proteine tardive. Le proteine precoci sono trascritte sul genoma iniziale che entra nella cellula e sono proteine enzimatiche importanti per la replica del genoma, l'inibizione delle sintesi della cellula ospite; ad esempio obbligano la cellula a trascrivere il genoma virale o i ribosomi a tradurre gli enzimi del virus, sono proteine che servono a modificare le funzioni della cellula ospite in senso virus specifico. Le proteine tardive sono quelle che vengono tradotte a partire dai messaggeri trascritti sugli acidi nucleici virali neoformati, sono essenzialmente proteine strutturali come quelle capsidiche o proteine enzimatiche che andranno ad associarsi al capside o al pericapside (come emoagglutinina del virus dell'influenza). Assemblaggio/maturazione: i singoli componenti del virione sono sintetizzati separatamente vengono trasportati nella sede di assemblaggio che per i virus a DNA è generalmente il nucleo mentre quelli a RNA è citoplasma. Il processo di assemblaggio è "auto catalitico" perchè le proteine capsidiche si assemblano spontaneamente e inglobano il genoma, questo si verifica solo quando i singoli componenti hanno raggiunto una certa concentrazione. Siccome non esiste un riconoscimento specifico tra capside e acido nucleico possiamo avere: - Mescolamento fenotipico: si ha quando due virus infettano la stessa cellula e il genoma di uno viene inglobato nel capside dell'altro, questo può condizionare lo spettro d'ospite. - Trasduzione generalizzata: è il fenomeno per cui un virus batterico infetta una cellula ospite determinando la frammentazione del genoma di questa e, durante il processo di maturazione, all'interno del capside virale viene inglobato un frammento di DNA dell'ospite. Liberazione: generalmente i virus senza pericapside fuoriescono lisando la cellula ospite quindi quando la cellula è piena di virus neoformati la membrana cede sotto la pressione. I virus provvisti di peplos fuoriescono dalla cellula ospite per gemmazione ed è proprio in questa fase che il virus acquisisce l'involucro pericapsidico, infatti il virus dotato di capside quando deve fuoriuscire si addossa alla membrana citoplasmatica in punti specifici in cui sono state precedentemente inserite delle proteine codificate dal virus, quindi il virus spinge contro la membrana formando un vacuolo di esocitosi che si chiude con conseguente liberazione della particella virale matura il cui peplos sarà costituito da un frammento di cellula dell'ospite con inserite proteine virus-specifiche. Il virus può obbligare i ribosomi della cellula ospite a tradurre i messaggeri virali anziché quelli cellulari, questo perchè il messaggero della cellula possiede un cappuccio al 5' e il virus stacca questo cappuccio e lo attacca al messaggero virale in modo tale che esso venga riconosciuto dall'apparato di traduzione della cellula ospite permettendo la sintesi delle proteine virali. 21 CICLO DI REPLICA DI UN VIRUS A SINGOLA ELICA NEGATIVA DI RNA La singola elica viene usata per formare l'elica positiva complementare che funge da messaggero e da stampo per la formazione di nuovi genomi ad opera di una RNA polimerasi portata dal virus mentre l'elica negativa viene utilizzata per la formazione di proteine virus specifiche che andranno a costituire il capside, proteine enzimatiche quali RNA polimerasi RNA dipendenti. Quando si sono formate le proteine capsidiche e tante eliche negative si ha l'assemblaggio. CICLO DI REPLICA SINGOLA ELICA DI RNA POSITIVA (POLIOVIRUS) Dal genoma viene sintetizzata l'elica negativa usata come stampo per la sintesi di nuovi genomi mentre l'elica positiva del virus, che corrisponde al messaggero, può essere direttamente tradotta in una poliproteina che successivamente viene tagliata da delle proteasi nelle singole proteine strutturali. CICLO DI REPLICA DOPPIA ELICA DI DNA PROVVISTO DI PERICAPISDE Una volta avvenuto lo scapsidamento, visto che i virus a DNA si replicano e si assemblano nel nucleo, il genoma entra nel nucleo dove viene trascritto il messaggero virale che successivamente passa nel citoplasma per essere tradotto dai ribosomi nelle proteine, in questo caso si formeranno prima le proteine precoci (proteine enzimatiche per la replicazione virale) che entrano nel nucleo dove avremo la replica del genoma ad opera di DNA polimerasi cellulare. A partire dai genomi neosintetizzati verranno trascritti i messaggeri tardivi che verranno tradotti nelle proteine tardive, queste possono essere capsidiche o proteine che si localizzano a livello della membrana nucleare dove avviene l'acquisizione del peplos. Dopo che è avvenuta la formazione di molti genomi e capsidi si ha l'assemblaggio, la fuoriuscita dal nucleo con l'acquisizione del peplos ed infine si ha un accumulo di virus maturi nel citoplasma con successiva liberazione per lisi. CICLO DI REPLICA HIV-1 (SINGOLA ELICA POSITIVA DI RNA) Nel caso del virus HIV, una volta che questo entra nella cellula ospite, l’RNA virale prima utilizza la trascrittasi inversa per produrre una copia di DNA complementare e successivamente viene degradato, dopo di che nuovamente la trascrittasi inversa produce il secondo filamento di DNA e quindi si viene a formare un doppio filamento che entra nel nucleo e si integra nel DNA dell’ospite. Il sistema trascrizionale dell’ospite quindi produce RNA virale che è trasferito nel citoplasma dove viene tradotto, si formano le proteine virali ed infine si ha assemblaggio e liberazione. INTERAZIONI TRA VIRIONI DIVERSI NELLA STESSA CELLULA Se due virus differenti si trovano nella stessa cellula possono andare incontro a interazioni di tipo genetico e non genetico, le prime riguardano la ricombinazione, scambio di materiale genetico tra i virus e il riassortimento (scambio di segmenti di genoma che sono alla base della variabilità dei virus influenzali). Le interazioni non genetiche sono il mescolamento fenotipico che riguarda l'incorporazione del genoma di un virus nel capside di un altro, interferenza per cui la presenza di un virus blocca la replicazione dell'altro e complementazione in cui un virus che ha perso l'informazione genetica per codificare per la formazione di 22 particelle mature e complete può essere complementato dalla presenza nella stessa cellula di un altro virus che invece possiede tutta l'informazione colmando così il deficit del primo virus. FARMACI ANTIVIRALI È impossibile colpire una via metabolica del virus in quanto gli enzimi coinvolti sono quelli della cellula perciò la terapia antivirale risulta sempre molto difficile. Gli antivirali agiscono su stadi specifici della replica del virus o sulla replica degli acidi nucleici, ad esempio l’amantidina blocca la penetrazione e lo scapsidamento dei virus dell’influenza A e B, la vidarabina blocca l’attività della DNA polimerasi e di enzimi implicati nella sintesi di DNA e RNA, come farmaci anti-HIV si usano AZT che è un inibitore della trascrittasi inversa o inibitori della proteasi ed infine gli interferoni sono utilizzati per il trattamento delle epatiti croniche. VIRUS DELLE PIANTE I virus delle piante sono molto conosciuti in quanto provocano delle patologie note, la maggior parte dei virus vegetali presenta un genoma a RNA a singola o doppia elica. Infettare una cellula vegetale comporta l'attraversamento della parete perciò i virus non possono entrare per viropessi come i virus animali ma vengono generalmente inoculati da insetti fitofagi oppure entrano in seguito a traumi. Il virus del mosaico del tabacco (più conosciuto) è un virus a RNA il cui genoma è avvolto a spirale e intorno ad esso si avvolge il capside elicoidale, provoca una malattia associata a delle zone di depigmentazione dovuta a degenerazione dei cloroplasti. La diffusione di questa malattia è molto lenta nella pianta perchè il virus ha difficoltà a penetrare nelle cellule adiacenti, esso all'interno delle cellule infettate forma delle caratteristiche inclusioni date da aggregati di virus. Il genoma è simile a quello dell'RNA transfer e codifica per una proteina con attività metiltrasferasica e di RNA elicasi, una proteina RNP che è una RNApolimerasi RNA dipendente e una proteina che codifica per il rivestimento capsidico responsabile dello spostamento e dell'invasione delle cellule vicine, tutte queste sono tradotte in una poliproteina che viene poi tagliata da proteasi Il virus del mosaico della rapa ha un capside a simmetria icosaedrica. VIRUS DEGLI INSETTI Sono i più conosciuti in quanto vengono utilizzati per la lotta ai parassiti delle piante, attualmente sono note sette famiglie. I baculovirus danno vita ad aggregati virali all'interno delle cellule ospiti che quando vengono a contatto con il contenuto intestinale degli insetti si disgregano liberando i virus che vanno ad infettare l'insetto stesso provocandone la morte. PARTICELLE SUB VIRALI Le particelle sub virali sono viroidi, virusoidi e prioni. I viroidi sono piccole molecole di RNA circolare e arrotolate su se stesse a formare un segmento a doppio filamento, sono patogeni dei vegetali e si replicano ad opera di una RNApolimerasi della cellula ospite; l'ipotesi è che siano derivati da RNA regolatori evoluti in modo da diventare dannosi per la cellula, infatti sono responsabili di patologie quali la desquamazione della corteccia degli agrumi. I virusoidi sono molecole di RNA, dette RNAsatelliti, che necessitano di un virus “helper” sia perché la replica avviene nel citoplasma ad opera di una RNApolimerasi codificata dal virus sia perché i virusoidi sono incapsidati nel capside del virus helper. Nell’uomo possono provocare l’epatite D. I prioni sono isoforme di proteine fisiologiche presenti principalmente a livello del tessuto nervoso (varia la 25 ad essere incapsidato fino a che nella testa entra la massima quantità che può contenere e quindi il taglio risulterà sfalsato invece che in presenza di specifiche sequenze. Liberazione: per i fagi virulenti comporta sempre la lisi della cellula ospite questo perchè il lisozima codificato dai geni tardivi batterici attacca il legame beta-1,4 tra NAM e NAG del peptidoglicano con conseguente lisi. In alcuni fagi filamentosi di E.Coli la fuoriuscita del virus non comporta lisi ma un processo di secrezione simile ai virus animali provvisti di peplos. Nei fagi filamentosi a singola elica di DNA con un capside filamentoso lungo e stretto il genoma si replica con un meccanismo a cerchio rotante e poi si formano genomi circolari che vengono incorporati all'interno del capside; quest’ultimo è inizialmente circondato da alcune subunità della proteina pV e successivamente il capside completo viene acquisito quando il virus passa attraverso gli involucri cellulari perchè viene circondato dalle proteine capsidiche precedentemente poste nella membrana citoplasmatica (in questo modo non si ha lisi). Il batteriofago fi6 ha un genoma a RNA a doppia elica ed è provvisto di una specie di peplos (caratteristica tipica dei virus animali) quindi è in grado di penetrare all'interno della cellula ospite batterica mediante fusione del peplos con la membrana batterica. FAGI TEMPERATI I fagi temperati sono quelli che possono scegliere se andare incontro ad un ciclo litico o lisogeno. Il prototipo di questa classe è il fago lambda che si lega ad uno specifico recettore e inocula il genoma all'interno dell'ospite, a questo punto può andare incontro al ciclo litico che è uguale a quello di T4 oppure al ciclo lisogenico che prevede l'inserzione del genoma in quello dell'ospite. Quando lambda va incontro al ciclo litico vi è la replica del genoma con il meccanismo a cerchio rotante di conseguenza si formano lunghi concatenameri che vengono poi inglobati nella testa. La lisogenia è la relazione che si instaura tra il fago e il suo ospite ed è caratterizzata dalla presenza del genoma virale (profago) integrato nel genoma ospite (batterio lisogeno), si ritiene che sia favorita dalla carenza di nutrienti e dall'elevata molteplicità di infezione (rapporto tra il numero di cellule batteriche e il numero di fagi). Lambda inocula nel citoplasma cellulare il proprio genoma in una forma lineare che presenta delle estremità adesive e quindi circolarizza grazie all'appaiamento delle sequenze complementari e all'intervento della DNA ligasi cellulare, segue l'integrazione nel genoma dell’ospite mediante un meccanismo sito specifico cioè grazie al riconoscimento tra una sequenza ATTp sul genoma di lambda e una sequenza ATTb sul genoma batterico sempre grazie alla DNAligasi cellulare. 26 Il genoma di lambda contiene 50 geni organizzati in 5 gruppi funzionali cioè 5 gruppi sotto il controllo di altrettanti promotori che codificano per gruppi diversi, troviamo geni trascritti verso sinistra che codificano per il ciclo lisogeno e geni trascritti verso destra che codificano per il taglio e per le proteine necessarie per il ciclo litico. I geni precoci immediati vengono trascritti a partire dai promotori PL e PR ma la trascrizione si ferma molto presto perchè a partire da PL la trascrizione avviene verso sinistra e si ferma a livello di N mentre a partire da Pr la trascrizione procede verso destra e si ferma a livello di Cro, vengono quindi trascritti solo Cro e N. N è l'antiterminatore e una volta prodotto fa sì che la trascrizione vada avanti a sinistra fino a INT e a destra fino a Q e a questo punto ci troviamo nella fase precoce ritardata. Nel mentre la proteina Cro continua ad essere prodotta e andando avanti la trascrizione verso sinistra viene prodotto C3 e verso destra C2. C1, C2 e C3 sono i repressori che intervengono in momenti diversi. La proteina Cro blocca la regione operatrice OL impedendo la trascrizione verso sinistra e reprimendo anche la trascrizione di C1, inoltre il repressore di lambda è in grado di bloccare la trascrizione di Cro e a questo punto si instaura una competizione tra C1 e Cro che hanno diverse affinità per le porzioni 1,2 e 3 della regione operatore. Cro ha affinità massima per il sito 3, si lega ad esso e blocca la trascrizione verso sinistra che porterebbe al ciclo lisogeno mentre C1 si lega alla regione 1 e blocca la trascrizione verso destra che porterebbe al ciclo litico. Quindi la prevalenza di Cro o C1 determina l'insorgenza del ciclo litico o lisogeno. Possiamo trovare altri promotori come PrE che se viene attivato da C2 determina lo stabilirsi del ciclo lisogeno e quindi l'avanzamento della trascrizione verso sinistra mentre un altro promotore PrM determina il mantenimento del ciclo lisogeno. C2 è fortemente instabile e viene facilmente degradato da proteasi cellulari. Le proteasi sono contrastate da C3 per cui se esso viene prodotto C2 è stabile, determina l'attivazione di PrE ed abbiamo la formazione di C1 con conseguente ciclo lisogeno. Se C2 viene degradata dalle proteasi non abbiamo la formazione di C1 quindi prevale CrO e procede la trascrizione verso destra con l'attivazione di un altro promotore Pr2 a cui si lega l'RNApolimerasi che trascrive tutti i geni strutturali (formazione del capside, formazione degli enzimi litici e per il taglio del DNA di lambda in presenza di specifici siti) e avviene il ciclo litico. 27 Alcuni fagi lisogeni conferiscono al loro ospite nuove caratteristiche che lo rendono virulento come la capacità di produrre tossine e i patogeni che esercitano il loro potere patogeno mediante la produzione di tossine contengono degli elementi fagici nel loro genoma. Possiamo avere l'induzione, cioè l'innesco del ciclo litico, in seguito all'esposizione della cellula lisogenizzata ad agenti che danneggiano il DNA (radiazioni o agenti chimici) i quali, provocando un danno al DNA, attivano i sistemi di riparo che vanno a staccare il DNA fagico dal cromosoma batterico e a questo punto il genoma di lambda si trova libero ed inizia il ciclo litico. TITOLAZIONE FAGICA In una coltura le zone più chiare chiamate placche di lisi rappresentano aree dove si è verificata la moltiplicazione del virus e la distruzione delle cellule batteriche quindi se noi vogliamo contare le particelle virali che sono contenute in un determinato campione possiamo effettuare la così detta titolazione fagica. Generalmente la titolazione fagica viene effettuata con la tecnica del soft agar che permette di effettuare la conta delle unità formanti placca (analogamente alla conta delle unità formanti colonia) grazie alla quale possiamo contare i virus batterici partendo dal presupposto che ogni placca di lisi derivi dalla moltiplicazione di una singola particella fagica iniziale. Prima di tutto, come nelle conte batteriche, dobbiamo diluire il nostro campione altrimenti rischiamo di avere placche confluenti successivamente mettiamo nella provetta una certa quantità di soft agar, quindi mettiamo nel soft agar la coltura dell'ospite e contemporaneamente un'aliquota della diluizione fagica, mescoliamo facendo in modo che si crei uno strato uniforme e poniamo la piastra ad incubare. Nel periodo di incubazione noteremo che ogni particella virale andrà ad infettare la cellula ospite, la lisa e i fagi che fuoriescono dalla cellula vanno ad infettare altri ospiti quindi a mano a mano sempre più cellule vengono distrutte e il giorno dopo riusciremo a vedere le placche di lisi ad occhio nudo. La dimensione e la morfologia delle placche sono virus-specifiche. SISTEMA CRISPR/CAS Il sistema CRISPR/Cas è un sistema di difesa da parte della cellula batterica nei confronti dell'infezione fagica in quanto consiste in una sorta di primordiale sistema immunitario che protegge dall'ingresso di un DNA estraneo. Si tratta di sequenze palindromiche ripetute (sequenze uguali con orientamento opposto) associate ad un'altra regione in cui si trovano i geni Cas che codificano per una serie di enzimi che intervengono in processi di riarrangiamento del DNA (es. elicasi). In seguito all'ingresso di un genoma (es. genoma fagico) esso viene riconosciuto come estraneo e viene degradato ma una parte si va a localizzare nel genoma batterico corrispondenza della regione CRISPR, in cui sono presenti altri frammenti di DNA esogeno, dove rimane fiancheggiato dalle sequenze ripetute. La regione CRISPR con i genomi esogeni viene poi trascritta come un unico preRNA che successivamente viene tagliato grazie alla presenza delle regioni palindromiche e ciascun RNA che si forma dal taglio si va ad associare con le proteine del sistema Cas. Quindi quando arriva un virus dello stesso tipo del primo esso inocula il proprio genoma e si ha la formazione dei vari preRNA e quell'RNA che avrà la sequenza complementare ad un tratto del genoma del virus sarà in grado di andare a tagliare il DNA fagico; questa modificazione è ereditabile in quanto viene trasmessa alla progenie. 30 Nella respirazione aerobia si produce ATP mediante fosforilazione ossidativa: un processo nel quale il flusso protonico, quindi la forza protomotrice, viene trasformato in molecole di ATP. Il processo di fosforilazione oltre che la respirazione aerobia riguarda anche quella anaerobia cambia solo l'accettore finale di elettroni che nella prima è l'ossigeno mentre nella seconda è un composto inorganico diverso, notiamo anche che la resa energetica nella respirazione anaerobia è minore. Nella respirazione aerobia il glucosio viene ossidato a 6 molecole di CO2 con contemporanea riduzione di NAD a NADH. Successivamente il NADH si deve riossidare per poter essere recuperato e quindi si cede elettroni ad altri accettori (nitrato che si trasforma in nitrito) e gli elettroni vengono ceduti all'ossigeno e si ha così la formazione di acqua; gli H+ vengono spinti fuori dalla membrana generando la forza protomotrice e quando rientrano passano attraverso i canali dell'ATPasi determinando la formazione di ATP. Gli accettori finali di elettroni nella respirazione anaerobia sono nitrito, solfato, anidride carbonica, zolfo elementare e fumarato. Quando l'accettore finale è un nitrato esso viene ridotto a nitrito che poi può essere ulteriormente ridotto diossido di azoto N2O e poi ancora a azoto molecolare e questo tipo di metabolismo è attuato dai batteri denitrificanti; al contrario i batteri nitrificanti sono in grado di ridurre l'azoto molecolare a composti solubili quali l'ammoniaca perciò i batteri che compiono la respirazione anaerobia sono molto importanti per i cicli biogeochimici. Quando l'accettore finale di elettroni è l'anidride carbonica i batteri metanogeni sono in grado di produrre metano. Molti batteri sono in grado di effettuare sia la respirazione aerobia che anaerobia per sopportare e riuscire a sopravvivere ai cambiamenti ambientali UTILIZZO DI MACROMOLECOLE Le sostanze utilizzabili dai microrganismi come fonti di energia possono essere organiche (carboidrati, lipidi, proteine e amminoacidi, acidi nucleici) o altri composti come gli idrocarburi. Le macromolecole organiche vengono prima degradate nei singoli monomeri (zuccheri, glicerolo a acidi grassi, amminoacidi e basi puriniche e primidiniche) che poi vengono introdotti nella cellula; possono essere utilizzate anche molecole inorganiche come idrogeno molecolare, ammoniaca, ossido di carbonio e zolfo. Microrganismi come le clamidie e i virus non sono in grado di produrre energia. Le principali macromolecole vengono degradate e il metabolismo porta alla produzione di metaboliti intermedi che sono simili tra loro ed entrano nelle stesse vie metaboliche come il TCA (ciclo degli acidi tricarbossilici) da cui poi fuoriescono dei composti che vengono ulteriormente degradati ad H2O e CO2. Quando si utilizzano le proteine e gli acidi nucleici come fonte di energia oltre ad entrare nel TCA, dato che sono presenti dei gruppi azotati, sono presenti delle vie metaboliche parallele che liberano i gruppi amminici con formazione di ammoniaca. 31 Quando si utilizzano carboidrati complessi come cellulosa e glicogeno i microrganismi devono possedere degli enzimi glicolitici che attaccano il polimero in modo da ottenere i singoli monomeri che poi entreranno nella via glicolitica. La cellulosa viene scissa in glucosio e cellobiosio, il poliidrossibutirrato in acido aceto acetico e acetil CoA mentre il glicogeno viene scisso in molte unità di glucosio 1-fosfato. Il lattosio invece viene prima scisso dalle β-galattossidasi in glucosio e galattosio, successivamente il glucosio entra nella via glicolitica che porta alla formazione dell'acido piruvico mentre il galattosio viene prima trasformato in galattosio 1-fosfato e poi a glucosio 1-fosfato che subisce il processo di glicolisi. Il maltosio viene scisso dalla maltosio permeasi in due molecole di glucosio che poi sotto forma di glucosio 6- fosfato entrano nella glicolisi. I trigliceridi vengono scissi in glicerolo che entra nella via glicolitica ed acidi grassi che, attraverso il processo della β-ossidazione, vengono trasformati in acetil CoA che entra nel ciclo degli acidi carbossilici con riduzione di NAD e FAD in NADH e FADH2. Per quanto riguarda l’utilizzo di proteine e amminoacidi (raramente sfruttati dai microrganismi) per prima cosa esse vengono scisse ad opera delle proteasi in singoli amminoacidi, questi poi vengono deaminati mediante reazione di deaminazione (ossidativa o riduttiva) e transaminazione in modo tale da formare dei composti carboniosi e l'azoto che si stacca viene eliminato sotto forma di ammoniaca o ioni ammonio. Ci sono microrganismi in grado di ricavare energia dall'ossidazione di molecole organiche a 1 atomo di carbonio come il metano, questi batteri aerobi utilizzando l'ossigeno sia per ossidare il metano che come accettore finale di elettroni e dall'ossidazione del metano si forma la CO2 che viene poi organicata nel ciclo del ribulosio. CHEMIOLITOTROFI I chemiolititrofi sono microrganismi che ricavano elettroni e quindi energia dall'ossidazione di molecole inorganiche, possono ossidare composti inorganici ridotti e generalmente questi batteri sono anche autotrofi anche se alcuni possono usare carbonio organico come quello del metano. I donatori di elettroni possono essere idrogeno, composti ridotti inorganici di azoto, zolfo e ferro mentre gli accettori di elettroni possono essere composti ossidati di ossigeno, azoto e zolfo. Ogni specie è selettiva per quanto riguarda il donatore e l'accettore di elettroni. Questi organismi hanno resa ridotta in quanto parte dell'energia è utilizzata per la riossidazione del NADH a NAD al fine di generare la forza protomotrice per la formazione di ATP. Nei batteri metanogeni l'anidride carbonica funge da accettore di elettroni e viene quindi ridotta con conseguente formazione di metano CH4. Esempi di chemiolitotrofi sono i batteri nitrificanti che sono in grado di catturare l'idrogeno gassoso nell'aria e grazie all'enzima nitrogenasi lo trasformano in ammoniaca che è solubile, l'ammoniaca poi a sua volta viene ossidata a nitriti e nitrati; di questa classe fanno parte anche i solfobatteri che sono in grado di ossidare i composti ridotti dello zolfo ottenendo così zolfo elementare. Possiamo avere batteri che ossidano l'idrogeno molecolare con formazione di acqua e liberazione di ATP utilizzata per la fissazione di CO2. CHEMIOAUTOTROFI I chemioautotrofi sono organismi che utilizzano il carbonio inorganico, sono quindi in grado di organicare il carbonio e generalmente ricavano energia dall'ossidazione di composti inorganici. 32 FOTOTROFI Tra i microrganismi fototrofi possiamo distinguere i - Fotoeterotrofi come cianobatteri o alghe che compiono una fotosintesi ossigenica. - Fotoetautotrofi: che utilizzano energia luminosa ma non sono in grado di organicare la CO2 ed hanno quindi bisogno di una fonte organica di carbonio. Tra i fototrofi ci sono dei gruppi sia eucarioti che procarioti, questi ultimi sono ad esempio cianobatteri, batteri verdi sulfurei e i batteri porporini. I pigmenti di questi microrganismi possono essere clorofille come quelle delle piante superiori che assorbono nello spettro del rosso e del blu e si trovano nei cianobatteri o batterioclorofille che assorbono radiazioni ad una lunghezza d'onda maggiore (regione dell'infrarosso) e sono possedute dai batteri verdi e batteri porporini. Associati alle clorofille o alle batterioclorofille possiamo trovare pigmenti accessori che assorbono radiazioni nello spettro del giallo, trasferiscono l'energia catturata ai pigmenti “principali” e proteggono i microrganismi dall'intensa luce solare, i più importanti sono i carotenoidi come β-carotene e fucoxantina e ficobiliproteine come ficoeritrina e ficocianina. Esiste inoltre una fototrofia basata sull'attività del pigmento batteriorodopsina posseduta dagli archea e dai batteri marini che ha la funzione di proteggere dall'intensità dei raggi luminosi. La fotosintesi ossigenica è compiuta da microrganismi che posseggono la clorofilla (come i cianobatteri) che sono caratterizzati dalla presenza di due fotosistemi. L'energia luminosa viene catturata dai pigmenti del fotosistema I che si trovano nel centro di reazione, vengono quindi emessi elettroni che sono catturati da una serie di accettori fino a che raggiungono il NAD fosfato che si riduce, a livello del centro di reazione si crea un buco elettronico che viene colmato dagli elettroni eccitati del fotosistema II, di conseguenza si crea un buco elettronico nel fotosistema II che viene colmata dalla fotolisi dell'acqua. In questo tipo di fotosintesi distinguiamo reazioni alla luce che portano alla formazione del NAD fosfato ridotto e reazioni al buio che avvengono di notte e portano alla formazione di glucosio a partire da acqua, anidride carbonica e ATP. I microrganismi che vivono in condizioni di anaerobiosi (batteri porporini e verdi) non presentano il fotosistema II e compiono una fotosintesi anossigenica che non comporta la liberazione di ossigeno. Nei batteri che non posseggono il fotosistema II il buco elettronico può essere colmato mediante trasferimento ciclico di elettroni. Possiamo distinguere due tipi principali di fotosintesi anossigenica: - Batteri porporini: abbiamo nel centro di reazione dei pigmenti (batterioclorofilla A) che assorbono la luce ad una determinata lunghezza d'onda, si ha un'espulsione di elettroni che passano a vari accettori, successivamente l'elettrone torna a colmare il buco elettronico del centro di reazione (andamento ciclico); in questo caso il donatore di elettroni è una molecola organica, il succinato, che si ossida a fumarato in modo che un elettrone possa essere espulso ed andare a ridurre il NAD a NADH con consumo di energia fornita dall'ATP. Durante il flusso elettronico si forma ATP e il NADH viene usato come fornitore di elettroni e H+ per la sintesi del glucosio a partire dalla CO2. - Batteri verdi sulfurei: la batterioclorofilla nel centro di reazione assorbe luce a 840nm, vi è l'espulsione dell'elettrone che compie un percorso termodinamicamente favorevole liberando energia utilizzata per la sintesi dell'ATP, questi batteri utilizzano donatori solforati ossidati (es. acido solfidrico) per colmare il buco elettronico e si ha formazione di zolfo elementare. 35 se calcoliamo indirettamente il numero di cellule monitorando la densità ottica (la densità ottica è proporzionale al numero di cellule). Dopo aver monitorato il numero di cellule a diversi intervalli di tempo otteniamo un grafico dove possiamo individuare una prima fase (fase di latenza) in cui il numero di cellule non cambia perchè esse devono adattarsi al nuovo terreno, successivamente abbiamo la fase di accelerazione in cui il numero di cellule inizia ad aumentare, segue la fase logaritmica in cui in poco tempo il numero di cellule aumenta velocemente perchè ad intervalli regolari di tempo ogni cellula si divide in due e quindi abbiamo una crescita esponenziale. Dopo un certo periodo di tempo abbiamo una decelerazione in cui la pendenza della curva cambia e la crescita rallenta, successivamente abbiamo la fase stazionaria in cui la curva è piatta sia se si misura la torbidità sia se si misura il numero di cellule vitali ciò vuol dire che il numero di cellule presenti nella coltura non cambia in quanto alcune cellule si dividono e altre muoiono. Se consideriamo il numero di cellule vitali alla fase stazionaria segue una fase di morte in cui il numero di cellule diminuisce in modo costante progressivamente perchè i nutrienti presenti nella coltura finiscono, se invece consideriamo la densità ottica allora la curva rimane costante a seguito del periodo stazionario perchè il numero di cellule che muoiono aumentano ma se le cellule muoiono e non lisano la torbidità rimane costante. In tutte le colture è presente un sistema tampone che mantiene il pH costante. Durante la fase di crescita esponenziale possiamo calcolare il tempo di generazione di un determinato ceppo in specifiche condizioni che è dato dal tempo necessario affinché il numero di cellule presenti all'interno della coltura raddoppi. Possiamo inoltre calcolare il numero di cellule presenti in ogni momento nella coltura in crescita esponenziale secondo la formula: N=𝑁0 ∙ 2𝑛 Dove 𝑁0è il numero di cellule iniziali e n è il numero di generazioni CONTARE IL NUMERO DI CELLULE Possiamo contare il numero di cellule vitali o il numero di cellule totali utilizzando sia metodi diretti che contano le cellule sia metodi indiretti che considerano altri parametri collegati al numero di cellule. I metodi diretti più usati sono il conteggio mediante determinazione delle unità formanti colonia e il conteggio in microscopia. I metodi indiretti sono il metodo spettrofotometrico e i metodi che si basano sul rilevamento della massa calcolando il peso secco totale o il DNA totale. DETERMINAZIONE DELLE UNITÀ FORMANTI COLONIA Il principio alla base di questo metodo è che se poniamo le cellule batteriche su un terreno di coltura agarizzato esse si moltiplicano così tanto e così rapidamente che dopo 8-10-12 ore possiamo notare sulla piastra delle colonie macroscopiche. Una colonia è una popolazione di cellule batteriche visibile ad occhio nudo che deriva dalla moltiplicazione di una singola cellula iniziale e la conta delle colonie corrisponde alla conta dei batteri nella sospensione da 36 analizzare. Per effettuare la conta delle colonie per prima cosa bisogna diluire il campione iniziale in quanto dobbiamo essere sicuri che ogni cellula sia sufficientemente distanziata dalle altre perché se le cellule sono molto vicine a seguito della moltiplicazione le colonie si fonderanno; le diluizioni vengono fatte generalmente in base dieci progressive: la prima diluizione 1:10, la seconda 1:100, la terza 1:1000 e così via. Successivamente da ciascuna provetta si prende una certa aliquota (1ml) che viene posta all'interno di una capsula Petri in cui mettiamo anche il terreno di coltura nutritivo dopo di che mescoliamo in modo tale che la coltura si amalgami e la mettiamo ad incubare fino al giorno dopo alla temperatura ottimale per il ceppo. Il giorno seguente contiamo le colonie nelle piastre dove sono contabili e moltiplichiamo il valore ottenuto per la diluizione che abbiamo usato in modo da ottenere il numero di cellule presenti nel campione iniziale; se le piastre contabili sono molte utilizzeremo quelle che contengono un numero di colonie compreso tra 30 e 300. Possiamo utilizzare il metodo per spatolamento in cui la piastra capsula Petri contiene un terreno agarizzato già pronto sulla cui superficie poniamo un certo volume del campione iniziale (0,2 – 50 microlitri) e con una spatola distribuiamo omogeneamente su tutta la superficie l'inoculo batterico, mettiamo ad incubare ed effettuiamo la conta. Nella tecnica per inclusione invece mettiamo nella piastra vuota 1ml della diluizione poi aggiungiamo il terreno agarizzato mantenuto sciolto ad opportuna temperatura, mescoliamo accuratamente in modo che si distribuisca bene l'inoculo batterico e mettiamo ad incubare la piastra; questa tecnica è più veloce ma le colonie rimangono inglobate in tutto lo spessore del terreno e quindi potranno non essere perfettamente visibili. METODO DELLE MEMBRANE FILTRANTI Le membrane filtranti si utilizzano quando si fa la conta microbica delle acque e in questo caso, al contrario dei precedenti, bisogna concentrare il campione per riuscire ad effettuare una conta adeguata e in genere bisogna analizzare almeno 100ml di acqua. Per concentrare il contenuto di microrganismi in una piastra si utilizzano proprio le membrane filtranti che sono fogli con pori di grandezze predeterminate (0,45 o 0,22 micron di diametro). Facciamo passare i 100ml di acqua attraverso questo filtro che trattiene il materiale particolato di dimensioni maggiori dei pori come i microrganismi, poniamo il filtro all'interno di una capsula Petri contenente terreno nutriente agarizzato, mettiamo la capsula ad incubare e il giorno dopo contiamo le colonie cresciute sul filtro. Questa è una tecnica utilizzata anche per valutare la salubrità microbiologica delle acqua balneabili. 37 CAMERA DI PETROFF-HAUSSER La camera di conta di Petroff-Hausser è costituita da un particolare vetrino da microscopio su cui è inciso un reticolo formato da 25 quadrati di area definita ed inoltre la distanza tra reticolo e vetrino coprioggeto che si pone al disopra del reticolo è nota perciò conosciamo il volume della camera (1mm di lato x 0,02 mm di profondità). Con una pipetta Pasteur si fa entrare una goccia del campione che va a riempire i 25 quadrati e successivamente con il microscopio (obiettivo 40x) contiamo le cellule che sono presenti in un certo numero di quadratini (4 o 5), effettuiamo la media e troviamo così il numero medio di cellule per quadratino, moltiplichiamo il valore ottenuto per 25 (il numero totale di quadratini) e poi per 50 (a causa dell'altezza della camera che è 0,02mm) in modo tale da trovare il numero medio di batteri per mm3, moltiplicando questo valore per 1000 otteniamo il numero medio di batteri per millilitro (unità di riferimento per le conte) del campione. Questa conta si utilizza per avere una stima approssimativa ma veloce del numero di microrganismi in un certo campione e non permette la distinzione tra cellule vive e morte. TECNICA DI CONTA IN EPIFLUORESCENZA Per questa tecnica si utilizza un microscopio ad epifluorescenza e dei coloranti particolari chiamati fluorocromi che si legano al DNA ed emettono luce a diverse lunghezze d'onda. Per effettuare una conta totale si utilizza un colorante chiamato DAPI che si lega al DNA di tutte le cellule sia vive che morte mentre per contare le cellule vive e le cellule morte si utilizzano il syto13 (verde) che permette di contare i batteri vivi e lo ioduro di propidio (rosso) che permette di contare i batteri morti. Per effettuare la conta facciamo passare attraverso il filtro una certa quantità di campione (es. 1ml), prendiamo il filtro e lo lasciamo ad incubare con i due fluorocromi, dopo di che lo osserviamo al microscopio con un oculare ad immersione e vedremo i batteri vivi colorati di verde mentre quelli morti saranno colorati di rosso. CALCOLO DEL NUMERO DI BATTERI TOTALI TRAMITE DETERMINAZIONE DELL’ASSORBANZA Questa tecnica è il principale metodo di conta indiretto (di cellule sia vive che morte) e prevede che all'interno della cuvetta, posta poi nello spettrofotometro, venga messa una sospensione di microrganismi. La quantità di luce che arriva dalla parte opposta della cuvetta è inversamente proporzionale al numero di cellule all'interno della cuvetta stessa. La luce incidente viene misurata dallo spettrofotometro che a sua volta calcola prima la trasmittanza e poi la densità ottica permettendo di determinare la concentrazione dei batteri. Questa è una tecnica molto rapida ma è necessario che la coltura non sia molto concentrata e bisogna preparare per ogni microrganismo una retta standard che metta in relazione il numero di cellule con la torbidità in quanto quest'ultima può variare in base alla morfologia del microrganismo. 40 trovare anche lontano da esso, questo codifica per delle proteine regolatrici che determineranno se la trascrizione può avvenire o meno. Gli operoni possono essere monocistronici se contengono un solo gene strutturale o policistronici se contengono più geni strutturali adiacenti l'uno all'altro così che intervengano enzimi in modo coordinato nello stesso processo metabolico. MECCANISMI DI CONTROLLO DELL’ESPRESSIONE GENICA Per quanto riguarda i meccanismi di controllo dell’espressione genica possiamo avere un controllo di tipo positivo o negativo. CONTROLLO NEGATIVO Nel controllo negativo la sintesi del mRNA è controllata da dei repressori, quindi la sintesi di base è repressa e i repressori possono essere eliminati da molecole che si chiamano induttori. Distinguiamo i sistemi inducibili dai sistemi reprimibili in quanto nei sistemi inducibili abbiamo l'induttore che inattiva il repressore rendendo possibile la trascrizione e li troviamo generalmente nelle vie metaboliche come nell'operon del lattosio in cui l’induttore è proprio il lattosio. Nei sistemi reprimibili invece abbiamo un repressore codificato dal gene regolatore in una forma inattiva chiamata aporepressore; essa viene attivata da un corepressore che, quando è presente, provoca il blocco dell'espressione di quel determinato operone. In genere il corepressore è il prodotto finale della via biosintetica e i sistemi reprimibili riguardano gli operoni che codificano per la sintesi di aminoacidi come l'operon del triptofano che vengono inattivati dalla presenza del triptofano stesso. CONTROLLO POSITIVO Il controllo positivo è attuato da una proteina detta attivatrice da catabolita (CAP) codificata dal gene regolatore in seguito al legame con un induttore che è il cAMP. Nell'operon del maltosio e del lattosio quando la proteina CAP è attivata dall'induttore è in grado di legarsi all'RNA polimerasi e in questa condizione la trascrizione avanza con una velocità notevole. Quindi l'operon del lattosio è soggetto non solo ad un meccanismo di controllo negativo ma anche ad un meccanismo di controllo positivo quando c'è cAMP la cui formazione è inversamente proporzionale alla presenza di glucosio. 41 Quindi in presenza di lattosio senza glucosio abbiamo grande quantità di cAMP che va ad attivare la proteina CAP e il repressore viene inattivato dal lattosio stesso quindi abbiamo alti livelli di trascrizione. Se abbiamo la presenza di lattosio e glucosio contemporaneamente siccome c'è il glucosio non c'è cAMP quindi il sistema di regolazione positivo non funziona tuttavia siccome c'è il lattosio il repressore viene inattivato e quindi la trascrizione procede a livelli più bassi. Se non ci sono né glucosio né lattosio il controllo positivo funziona in quanto la proteina CAP è attivata dal cAMP me non essendoci il lattosio il repressore è attivo quindi abbiamo trascrizione a livelli basali. Quando abbiamo il glucosio e non il lattosio non vi è trascrizione in quanto a causa della presenza di glucosio non c'è cAMP e il repressore non viene inattivato dal lattosio. Questo meccanismo di regolazione spiega la crescita di colture di E.Coli in presenza dei due zuccheri, in particolare il glucosio attiva la proteina CAP e il lattosio distrugge l'inibitore; inizialmente viene utilizzato il glucosio, l'operon del lattosio viene trascritto a livelli basali e quindi abbiamo la fase di crescita logaritmica, quando il glucosio finisce si ha un arresto della crescita che corrisponde al tempo necessario perchè vengano attivati i meccanismi di controllo positivo sull'operon del lattosio e successivamente la crescita esponenziale riprende finché non termina il lattosio. MECCANISMO DELL’ATTENUAZIONE Il meccanismo dell’attenuazione è un sistema di regolazione che riguarda l'operon del triptofano e si basa sul fatto che il triptofano, quando è presente, blocca la sua stessa sintesi attraverso la formazione di loop del messaggero cioè di strutture a forcina che sono in grado di modulare l'avanzamento della RNA polimerasi. Nell'operon del triptofano prima dei geni strutturali vi è la regione leader a livello della quale avviene questo processo di attenuazione della trascrizione, quindi se si sintetizza tutto il peptide leader si ha l'arresto della trascrizione mentre se il peptide leader non viene sintetizzato la trascrizione continua. La presenza del triptofano determina la sintesi del peptide leader con conseguente terminazione della trascrizione. Il peptide leader ha solo ruolo di regolazione, è una regione non codificante e la sua formazione funge da sensore della concentrazione della presenza dell'aminoacil-tRNA legato al triptofano; all'interno della sequenza che codifica il peptide leader abbiamo due triplette che codificano il triptofano a cui si legano i tRNA del triptofano. A seguito del peptide leader troviamo delle regioni cha hanno la capacità di appaiarsi tra di loro formando delle strutture a forcina, in particolare la regione 1 può appaiarsi con la regione 2 e la regione 3 può legare la regione 4 formando una struttura a forcina di terminazione della trascrizione, alternativamente la regione 2 può appaiarsi con la regione 3 e in questo caso non si forma la forcina di terminazione della trascrizione. 42 In presenza di triptofano la traduzione procede oltre i codoni per il triptofano e permette l’appaiamento delle regioni 3 e 4 e la conseguente formazione della forcina di terminazione della trascrizione consentendo la terminazione di quest’ultima. Se nella cellula il triptofano non è presente o è presente in basse concentrazioni, la traduzione della sequenza leader si arresta in corrispondenza di uno dei due codoni per il triptofano. Tale arresto della traduzione permette l’appaiamento delle regioni 2 e 3 prevenendo la formazione della forcina di terminazione derivante dal legame delle regioni 3 e 4. In queste condizioni può procedere la trascrizione dell’intero operone trp per sintetizzare triptofano. ALTRI SISTEMI DI CONTROLLO La subunità sigma dell'RNApolimerasi di qualsiasi organismo riconosce il promotore, quindi cambiando la subunità sigma alcuni geni non verranno trascritti ma ne verranno trascritti degli altri ad esempio nel caso delle infezioni virali si può sintetizzare una nuova RNApolimerasi. Un altro sistema di controllo è il quorum sensing (QS), questo fa sì che alcuni geni vengano espressi solo in presenza di una determinata concentrazione della popolazione batterica. Il QS è in grado di percepire il raggiungimento di un valore soglia della popolazione (il quorum appunto) che porta all'espressione di geni precedentemente repressi (es. produzione biofilm). ELEMENTI GENETICI EXTRACROMOSOMICI/MOBILI Gli elementi genetici extracromosomici sono i plasmidi che sono in grado di autoreplicarsi, gli integroni e gli elementi trasponibili che sono mobili e si spostano indipendentemente dall'elemento di DNA su cui sono portati ma non sono in grado di replicarsi autonomamente e quindi possono essere trasmessi alla progenie solo se rimangono all'interno di un replicon. PLASMIDI I plasmidi sono delle piccole molecole circolari di DNA che possono sussistere indipendentemente dal cromosoma, si replicano autonomamente perciò possono essere presenti in più copie (fino a 100) e come tutti gli elementi di DNA essi si trovano in forma superavvolta all'interno della cellula. Per definizione i plasmidi codificano per funzioni non essenziali (si parla di materiale genetico accessorio) che a volte però possono risultare importanti per la sopravvivenza in quanto possono essere presenti geni per la resistenza. Questi elementi genetici hanno una specificità d’ospite perciò possiamo avere plasmidi ad ampio o stretto spettro d’ospite. I plasmidi si possono integrare nel cromosoma (prendono il nome di episomi), non si trovano liberi in natura, possono essere trasferiti da una cellula all'altra contribuendo così all'acquisizione di nuova informazione genetica e pertanto all'evoluzione e all'adattamento all'ambiente. La loro presenza non determina lisi ma possono provocare modificazioni sia genotipiche che fenotipiche della cellula ospite (capacità di colonizzare nuovi substrati) e possono permettere il trasferimento di geni cromosomici. La replicazione dei plasmidi è soggetta a controllo stringente quando sono presenti numerose copie nella cellula mentre è soggetta a controllo rilassato quando sono presenti più copie. Mediante un processo chiamato cura è possibile liberare una cellula batterica dal contenuto plasmidico in modo da studiare la funzione del plasmide stesso. Nella stessa cellula possono coesistere plasmidi diversi purché non appartengano allo stesso gruppo di incompatibilità; i plasmidi che appartengono allo stesso gruppo di incompatibilità condividono il meccanismo di regolazione della replica e hanno un'origine della replica del loro DNA uguale. 45 Nei trasposoni semplici abbiamo sempre delle sequenze ripetute invertite ai lati che a loro volta sono fiancheggiate da sequenze ripetute dirette, tra queste vi è una regione che codifica per il movimento (distacco da un punto e integrazione in un altro) e una sequenza che codifica per proprietà varie come resistenza agli antibiotici. In questi trasposoni si ha la duplicazione della sequenza bersaglio cioè si formano le sequenze ripetute dirette che fiancheggiano le sequenze ripetute invertite, anche in questo caso si verifica il taglio della doppia elica del DNA in modo sfalsato quindi un enzima taglia in modo sfalsato le due eliche con conseguente formazione dell'elica complementare. I trasposoni compositi presentano dei marcatori fenotipici ma anziché essere fiancheggiati da sequenze palindromiche ai lati presentano delle sequenze di inserzione che codificano per le funzioni del movimento. Questi si formano quando due elementi con la stessa sequenza di inserzione si vanno a localizzare abbastanza vicini e una delle due IS perde le sue capacità di spostamento così questa regione diventa un blocco unico capace di spostarsi tutto insieme. I trasposoni coniugativi codificano loro per il loro movimento, per il conferimento di nuove proprietà fenotipiche e sono in grado anche di autotrasferirsi da una cellula donatrice ad una cellula ricevente e quindi di far acquisire ad un'altra cellula l'informazione genetica che portano. Possiamo riconoscere la trasposizione intracellulare (più comune) quando ci riferiamo al movimento dell'elemento trasponibile all'interno della stessa cellula e la trasposizione intercellulare che fa riferimento al movimento dell'elemento trasponibile da una cellula donatrice ad una cellula ricevente. I trasposoni coniugativi per quanto riguarda il trasferimento intercellulare si comportano come dei plasmidi coniugativi tuttavia quando arrivano nella cellula ricevente non li troviamo come elementi circolari covalentemente chiusi capaci di replica autonoma (i plasmidi) dato che per potersi trasmettere alla progenie si integra nel genoma del ricevente e in seguito ad un particolare stimolo e al contatto casuale con una cellula ricevente si ha il distacco dell'elemento e la sua circolarizzazione in modo da consentire il trasferimento. Questo meccanismo presenta un ampissimo spettro d'ospite e quindi è responsabile della diffusione di un particolare carattere in un'ampia popolazione batterica che comprende specie, generi e famiglie differenti. Mu è un fago temperato che generalmente va incontro al ciclo litico e solo nello 0,1% dei casi segue il ciclo lisogeno, esso quando replica il proprio genoma si comporta come un trasposone semplice visto che determina la duplicazione del sito di inserzione con formazione di estremità ripetute dirette e si replica più volte sul genoma della cellula ospite. Mu integra il suo genoma mediante un meccanismo sito-specifico e quando si va a replicare produce dei tagli nei siti dove si inserisce. La presenza di elementi trasponibili può avere diverse conseguenze: - Effetto mutageno: sia nel momento in cui si staccano che nel momento in cui si vanno ad inserire in 46 una certa sequenza determinano una mutazione per inserzione. - I trasposoni inoltre possono costituire la base per riarrangiamenti molecolari come inversioni e traslocazioni e possono provocare dei processi di ricombinazione omologa perchè se l' elemento si trasferisce da un cromosoma ad un plasmide duplicandosi contemporaneamente crea due regioni di omologia tramite le quali può avvenire la ricombinazione e la fusione dei due elementi di DNA in seguito all'appaiamento delle due regioni. - I trasposoni nel loro processo di trasferimento possono interrompere la sequenza di un gene facendo sì che esso non venga più codificato. Quindi la presenza dei trasposoni ha un ruolo importante nell'evoluzione batterica proprio perchè media riarrangiamenti del DNA e acquisizione di nuove informazioni infatti molti plasmidi R si sono originati da plasmidi S, che non portavano queste caratteristiche di resistenza, per acquisizione progressiva di elementi trasponibili sui quali erano localizzati i geni di resistenza. ELEMENTI INVERTIBILI Gli elementi invertibili sono elementi di DNA ben delimitati dal resto del genoma che sono in grado di staccarsi dall'elemento genetico che li contiene e riattaccarsi nello stesso punto ma con orientamento diverso, questo è una sorta di fenomeno di regolazione dell'espressione genica perchè a seconda dell'orientamento con cui questo elemento invertibile si inserisce avremo la possibilità della trascrizione o meno dei geni che si trovano a valle del suo punto di inserzione. Questi elementi invertibili funzionano da interruttori ed infatti determinano uno switch (on/off) per quanto riguarda l'espressione di determinati geni. Gli elementi invertibili sono i responsabili della variazione di fase, cioè della capacità di un batterio fimbriato di diventare un ceppo non fimbriato come avviene negli uropatogeni ( alcuni ceppi di E. Coli) che possono passare da ceppo fimbriato a non fimbriato in risposta agli stimoli ambientali proprio grazie ad un elemento invertibile che è situato a valle della regione del promotore. L’RNApolimerasi si attacca al promotore e se l'elemento è in posizione ON abbiamo la trascrizione dei geni a valle con conseguente espressione delle fimbrie, se invece l'elemento è in posizione OFF allora l'RNApolimerasi non è più in grado di trascrivere tali geni. La formazione di fimbrie differenti permette ad alcuni patogeni di colonizzare distretti diversi dell'ospite in momenti diversi. Gli elementi invertibili sono alla base di altri fenomeni di variazione come la variazione degli antigeni flagellari di Salmonella Thyphimirium. I flagelli sono formati dal ripetersi di più subunità di flagellina che siccome hanno proprietà antigeniche costituiscono l’antigene H e flagelline diverse avranno caratteristiche antigeniche diverse. Uno stesso ceppo può produrre nel corso del suo ciclo vitale diversi tipi di flagelli costituiti da flagelline differenti in modo tale da sfuggire alla risposta immunitaria dell'ospite e questo avviene perchè in base all’orientamento dell’elemento invertibile viene trascritto il gene che codifica un tipo di flagellina (es H1) e viene represso il gene che codifica un altro tipo di flagellina (es. H2). 47 CASSETTE GENICHE E INTEGRONI Una cassetta genica è un gene strutturale senza regioni operatore, promotore e regolatore pertanto non può essere trascritto, esso però possiede un sito di ricombinazione che permette la sua inserzione in determinate sequenze di DNA. La cassetta, che è un elemento mobile, si inserisce in determinate sequenze presenti sui genomi batterici chiamate integroni. L'integrone è caratterizzato dalla presenza di una regione "INT" che codifica per l'integrazione in altri elementi di DNA, a valle di INT troviamo un promotore e successivamente un sito di ricombinazione simile a quello della cassetta genica e questo comporta che la cassetta si può andare ad integrare a livello dei siti di ricombinazione simili degli integroni. Le cassette generalmente si trovano integrate a livello degli integroni ma, essendo elementi mobili, possono staccarsi ed andarsi ad inserire in un’altra sequenza che porta lo stesso sito di ricombinazione. Gli integroni possono portare sotto il controllo dello stesso promotore una serie di geni diversi (oltre 100 nel caso dei superintegroni) come nel caso degli integroni multi R che portano sotto il controllo dello stesso promotore una serie di geni che codificano per la resistenza ad antibiotici e disinfettanti e quando l'integrone, che è un elemento mobile, quando si trasferisce ad una cellula ricevente conferiscono ad essa la resistenza. ISOLE GENOMICHE Le isole genomiche sono regioni che differiscono dal resto del genoma e sono state acquisite per acquisizione di DNA esogeno. Nei microrganismi possiamo notare che il genoma presente una regione "core" che è quella porzione caratteristica della specie e codifica per le funzioni essenziali per l'accrescimento e la divisione cellulare come le principali vie metaboliche e strutture, è inoltre presente una regione flessibile che è costituita da DNA acquisito mediante trasferimento orizzontale (plasmidi, integroni, trasposoni e fagi) ed ha delle caratteristiche non sono proprie della specie e che quindi non tutti i membri della stessa specie e può codificare per fattori di resistenza o virulenza. Questo DNA acquisito per trasferimento orizzontale se porta dei fattori di virulenza è chiamato isola di patogenicità, se codifica per resistenza di antibiotici sarà chiamato isola di resistenza o se codifica per le vie metaboliche sarà chiamato isola metabolica. Le isole di patogenicità sono alla base dell'evoluzione dei patogeni cioè sono alla base della capacità di adattarsi ad una vita come patogeno che può risultare vantaggiosa, esse sono inserite nel genoma batterico a valle di geni che codificano per tRNA, possiamo distinguere che sono elementi mobili perchè sono fiancheggiate da sequenze ripetute dirette e internamente sequenze ripetute invertite. All’interno queste isole contengono sequenze di inserzione, una serie di geni che codificano per fattori di virulenza e delle sequenze caratteristiche di geni come integrasi, resolvasi e geni che catalizzano il movimento del DNA. In alcuni casi l'isola di patogenicità viene acquisita stabilmente dai patogeni senza la possibilità di staccarsi. 50 CONIUGAZIONE NEI GRAM-POSITIVI Nei gram+ il modello di coniugazione più studiato è la coniugazione mediata da feromoni in Enterococcus faecalis anche se altre specie possono attuare questo processo. Abbiamo un donatore che possiede un plasmide coniugativo pA che in questo caso specifico, si chiama plasmide di risposta ai feromoni, sul plasmide sono presenti tre regioni di cui una codifica per una proteina di superficie As (sostanza di aggregazione) e si va a posizionare sulla superficie cellulare a livello della parete. Il ricevente, privo di plasmide, non produce As (perchè è a codificazione plasmidica) ma sulla sua superficie sono presenti delle proteine chiamate Bs (sostanza di legame), Bs è complementare ad As quindi quando il donatore esprime sulla sua superficie As essa medierà un legame specifico con una cellula qualsiasi di enterococcus che presenta Bs sulla superficie. As in realtà non viene prodotta sempre ma è sotto un controllo di tipo inducibile e viene perciò espressa solo in seguito ad un processo di induzione, l'induttore in questo caso è dato proprio dai feromoni che sono degli oligopeptidi prodotti dalla cellula ricevente. Ogni plasmide risponde ad un determinato tipo di feromone In particolare il gene cA della cellula ricevente codifica per il feromone cA, questo entra dentro la cellula ricevente e va ad inattivare il repressore in modo tale che venga prodotta As. Sul plasmide della cellula donatrice è presente il gene IcA il cui prodotto va ad inibire l'espressione del gene cA del donatore in quanto al donatore non serve produrre i feromoni. In fine si ha il legame tra As e Bs di donatore e ricevente ed inizia il processo di trasferimento. TRASFERIMENTO CONIUGATIVO DEL T-DNA DA AGROBACTERIUM TUMEFACIENS È possibile un trasferimento coniugativo di DNA tra batteri e cellule vegetali come nel trasferimento di DNA da agrobacterium tumefacines (bastoncino gram-) alle cellule vegetali che causa tumori. Agrobacterium ha un plasmide coniugativo di dimensioni notevoli chiamato Ti che possiede la regione Vir che codifica per i geni di virulenza e una regione T che sarà trasferita nella cellula vegetale. Da una ferita nei tessuti del vegetale vengono liberate delle molecole segnale (lectine) richiamano il batterio e vanno anche ad attivare un sistema di regolazione dell'espressione genica a due componenti Vir A e vir G. Vir A si lega alle lectine e va ad attivare Vir G che di conseguenza dereprime l'espressione dei geni Vir (VirB, VirD e VirE). VirD taglia una singola elica del T-DNA che si associa alla proteina VirE, questa protegge e veicola il tratto di DNA a singola elica ed inoltre lo accompagna nel suo processo di migrazione a livello del canale intercitoplasmatico codificato da VirB in quanto quest'ultima forma un canale che è un sistema di secrezione di tipo IV in grado di mettere in comunicazione i citoplasmi di donatore e ricevente. La singola elica del T-DNA legato a VirE passa nella cellula vegetale e nello stesso tempo passa anche VirF che serve per proteggere il DNA dalle nucleasi della cellula ospite, successivamente grazie a delle proteine della cellula vegetale il DNA passa attraverso un poro del nucleo e si va ad inserire in diversi punti del cromosoma dove si forma l’elica complementare. Il T-DNA presenta geni onc che codificano per la produzione di enzimi coinvolti nella sintesi di ormoni vegetali che portano ad una iperproliferazione dei tessuti vegetali, sono presenti anche geni ops che codificano per la produzione di opine cioè amminoacidi modificati che solo il batterio utilizzerà per il proprio metabolismo. 51 TRASFORMAZIONE La trasformazione, scoperta da Griffith, consiste nell'assorbimento di una molecola o di un frammento di DNA nudo dall'ambiente e nella sua incorporazione stabile nel genoma della cellula che lo acquisisce in forma ereditabile. Un ceppo batterico può essere trasformato solo quando si trova in una particolare stato fisiologico detto stato di competenza ma poche specie batteriche diventano naturalmente competenti, alcune specie lo diventano in determinate fasi della loro vita mentre altre non sono mai competenti ma possono diventarlo mediante tecniche di laboratorio. Il modello per la trasformazione dei gram- è quello di Haemophiulus influenzae in cui la trasformazione è conseguente alla formazione di vescicole di membrana a livello delle quali viene assorbito solo DNA che contiene una determinata sequenza di 11 basi. Questa sequenza è ripetuta 600 volte nel DNA di Haemophilus mentre in altre specie o non è presente per niente o è ripetuta poche volte, di conseguenza verrà assorbito preferenzialmente DNA omospecifico ed è quindi una strategia per selezionare il genoma in entrata. Le vescicole inglobano il DNA esogeno nudo che, attraverso un processo di invaginazione della membrana, viene importato all'interno e successivamente integrato. (bisogna avere una zona di omologia) Il modello per la trasformazione dei gram+ è quello di Streptococcus pneumonia, esso diventa competente quando si trova in fase di fine crescita logaritmica perchè in questa fase produce la proteina 'fattore di competenza' che va a dereprimere i geni che codificano per la produzione di una autolisina, una nucleasi e una proteina che lega il DNA. L'autolisina provoca un taglio a livello del peptidoglicano permettendo l'ingresso del frammento di DNA esogeno, la nucleasi taglia una delle due eliche e quindi dentro la cellula entra solo un DNA a singola elica che si lega alla proteina che lega il DNA la quale lo protegge dall'azione delle nucleasi. La singola elica deve infine trovare una zona di omologia per potersi integrare. TRASDUZIONE La traduzione consiste nel trasferimento di geni batterici ad opera di batteriofagi, può accadere infatti che durante il ciclo vitale del virus dei geni batterici vengano incorporati per errore in un capside fagico e quindi quei geni vengono "trasferiti" in un altro batterio ospite quando il fago li infetta. La trasduzione generalizzata è mediata da fagi virulenti, per prima cosa il fago va incontro al suo ciclo di replica e durante il processo di assemblaggio per errore un capside invece che il proprio genoma, ingloba un frammento di DNA cromosomico formando così la particella trasducente. Quando il fago che contiene il frammento cromosomico va ad infettare un'altra cellula viene inoculato anche il frammento che, se trova una zona di omologia, si va ad integrare al genoma formando una cellula trasdotta (altrimenti viene perso). La trasduzione specializzata è mediata da fagi temperati che devono prima necessariamente andare incontro 52 al ciclo lisogeno in modo tale che il loro genoma si integri in un sito ben specifico del cromosoma della cellula perciò vengono trasferiti solo i geni che si trovano a fianco del sito di integrazione del genoma virale. In seguito all'induzione del ciclo litico può accadere che non venga staccato solo il genoma del fago ma anche alcuni geni cromosomici che verranno incapsidati insieme e ciò avviene perchè si ha un meccanismo di incapsidamento a testa piena, si libereranno delle particelle fagiche defettive in quanto oltre a tutte le loro funzioni hanno anche un gene batterico. In questo modo si forma un lisato LFT (bassa frequenza di trasduzione) in quanto una sola particella su un milione trasduce geni batterici. È possibile formare lisati HFT in cui una particella su due è defettiva (alta frequenza di trasduzione) e questi derivano dall'infezione di un nuovo ospite da parte un fago defettivo. COLTIVAZIONE DEI MICRORGANISMI La crescita di una qualsiasi specie batterica, in laboratorio così come in natura, dipende dalla disponibilità di nutrienti adeguate e dalle condizioni fisiche/ambientali perciò quando si deve coltivare un determinato microrganismo dobbiamo scegliere il terreno più adeguato che contiene i nutrienti di cui esso ha bisogno ma dobbiamo anche tener conto delle condizioni ambientali in cui verrà incubata la coltura. Tra le sostanze di cui un microrganismo ha bisogno ci sono i macronutrienti come carbonio, ossigeno, azoto, idrogeno, fosforo e zolfo che sono necessari in quantità elevate rispetto ai micronutrienti cioè tutti quegli elementi necessari per la crescita ma richiesti in quantità minore (metalli come il ferro). I terreni di coltura devono contenere una fonte di carbonio, una fonte energetica e tutti quegli elementi che sono essenziali per la crescita dei microrganismi ma i micronutrienti solitamente non vengono aggiunti perchè sono già presenti come impurità. I vari tipi di terreni di coltura presentano proporzioni diverse di nutrienti in modo da andare incontro alle diverse esigenze di crescita del microrganismo. In base allo stato fisico riconosciamo i terreni liquidi (brodi di coltura) che sono soluzioni acquose, terreni solidi detti agarizzati ottenuti per aggiunta ad un brodo di coltura di 1-2% di agar e infine abbiamo i terreni semisolidi detti agar-molli che sono ottenuti aggiungendo al brodo di coltura meno dell'1% di agar e sono utilizzati nei test di motilità. Qualunque terreno liquido può diventare solido aggiungendo agar. In base alla composizione chimica riconosciamo terreni naturali che contengono sostanze reperibili in natura, terreni definiti o sintetici che sono soluzioni acquose di sostanze a composizione chimica definita e infine abbiamo i terreni complessi. I terreni definiti, come il terreno minimo, hanno una composizione chimica precisa e conosciuta e vengono solitamente utilizzati nell'ambito della ricerca o per distinguere i batteri auxotrofi da quelli prototrofi dato che i prototrofi sono in grado di crescere in terreni che hanno una composizione semplice (fonte di carbonio, fonte di azoto e sali minerali) perchè possono sintetizzare tutti gli elementi di cui hanno bisogno (vitamine e amminoacidi), invece gli auxotrofi hanno delle deficienze metaboliche, non sono in grado di sintetizzare tutti gli amminoacidi essenziali e necessitano quindi di assimilare dall'esterno alcuni fattori di crescita (amminoacidi e vitamine) pertanto non possono crescere su terreni definiti. I terreni complessi sono quelli di cui non sappiamo esattamente la composizione chimica perchè contengono molte sostanze organiche (es. estratti di carne) che non ci permettono di sapere l'esatta composizione e permettono la crescita di una grande varietà di microrganismi. Generalmente sono costituiti da una soluzione acquosa che contiene carboidrati fonti di carbonio, estratti di carne e peptoni che sono fonti di carbonio, energia, vitamine, amminoacidi, azoto, zolfo e fosforo. Possiamo trovare: - Indicatori di pH - indicatori di ossidoriduzioni che mettono in evidenza la presenza di ossigeno - Idrogeno solforato per evidenziare modificazioni del terreno 55 La semina per inclusione prevede che il campione venga pipettato in una piastra sterile, successivamente si aggiunge il terreno di coltura agarizzato ancora fuso, si mescola l'inoculo direttamente con il terreno e si lascia solidificare il tutto. Dopo incubazione le cellule batteriche non solo crescono sulla superficie ma anche nello spessore dell'agar. Nei terreni liquidi la semina si effettua prelevando con l'ansa o con un tampone una colonia da una piastra e successivamente si pone la colonia in un brodo. Dopo la semina dei terreni, siano essi solidi o liquidi, si effettua l'incubazione e successivamente si va ad osservare la crescita. - Nel caso dello spatolamento avremo delle singole colonie - Con la tecnica dello strisciamento nella parte iniziale dove le cellule sono molto concentrate si osserverà una patina di crescita batterica mentre solo nella parte finale vediamo la presenza di colonie - Nella crescita in brodo non vediamo le singole colonie ma possiamo notare la crescita attraverso l'intorpidimento del brodo che sarà direttamente proporzionale alla quantità di cellule batteriche. CRESCITA MICROBICA E CONDIZIONI AMBIENTALI Dato che la crescita dei microrganismi dipende anche dalle adeguate condizioni ambientali dobbiamo porli nelle condizioni adatte anche in laboratorio. TEMPERATURA Per ogni microrganismo si possono individuare una temperatura minima, massima e ottimale di crescita perciò per ciascun organismo vi è un range di temperatura piuttosto ampio (20-30 °C) all'interno del quale esso può crescere. La temperatura ottimale corrisponde a quella dell'habitat tipico in cui quell'organismo vive ed è il valore al quale esso cresce alla velocità massima e trova le condizioni più ottimali, superata la temperatura ottimale la velocità diminuisce perchè si ha una denaturazione delle componenti cellulari. La temperatura minima è quella che permette alla membrana di compiere le sue funzioni come il trasporto dei nutrienti e la generazione della forza protomotrice. In base alla temperatura ottimale di crescita possiamo riconoscere varie categorie di microrganismi: - Psicrofili sono quelli che hanno un optimum tra i 10 e i 15 gradi e quindi vivono in ambienti freddi, - Psicrotrofi sono simili ai mesofili ed hanno un optimum tra i 15 e i 30 gradi (con un range 0-40°C) sono quindi capaci di crescere a temperatura basse nonostante preferiscano quelle moderate. - Mesofili comprendono la maggior parte dei microrganismi e alcuni patogeni, hanno un range che va dai 15 ai 45 gradi con un optimum compreso tra i 30 e i 40°C, - Termofili hanno invece un optimum tra i 60 e i 70°C - Ipertermofili sono caratterizzati da un range da 65 a oltre 100°C con un optimum di circa 90°C. 56 I batteri riescono a sopravvivere ad alte temperature grazie alla stabilità delle macromolecole di DNA, RNA e proteine. Le proteine degli ipertermofili sono caratterizzate da un nucleo idrofobico che diminuisce la loro tendenza ad aprirsi così da resistere alla denaturazione, si formano quindi delle proteine più compatte. In alcuni ipertermofili troviamo delle chaperonine che costituiscono dei complessi proteici chiamati termosomi che aiutano le proteine a rimanere funzionali e a non perdere la loro attività. Gli acidi nucleici sono stabilizzati ad alte temperature grazie alla produzione di soluto per proteggere la molecola da danni chimici, enzimi protettivi come la DNAgirasi inversa che rendono la molecola più compatta e resistente, proteine che si associano al DNA oppure si può avere un aumento della percentuale in GC nell'rRNA della subunità minore del ribosoma in modo tale che essi abbiano maggiore stabilità durante la sintesi proteica. Negli ipertermofili (archea) vi è la possibilità di formare membrane a monostrato lipidico in modo tale che siano più resistenti alle alte temperature. Per quanto riguarda la sopravvivenza alle basse temperature, come nel caso degli psicrotrofi che sono generalmente archea, la vita nel ghiaccio è assicurata dalla presenza di inclusioni cioè sacche e vene in cui l'acqua si mantiene allo stato liquido. Per contrastare gli effetti negativi del freddo può aumentare l'insaturazione dei lipidi di membrana in modo tale da contrastare la minore fluidità, può aumentare la concentrazione dell'enzima per evitare la ridotta affinità degli enzimi e si può avere la produzione di crioprotettori/osmoprotettori o l'accumulo di soluti per combattere l'aumento della viscosità dell'acqua nell'ambiente. OSSIGENO L'ossigeno è un parametro molto importante per la crescita microbica, possiamo distinguere: - Aerobi obbligati: che crescono solo in ambiente aerobico in presenza di ossigeno (accettore finale di e-). - Aerobi o anaerobi facoltativi: che possono crescere sia in presenza che in assenza di 𝑂2. - Microaerofili: crescono in ambienti aerobici con concentrazioni di ossigeno inferiori a quelle atmosferiche. - Anaerobi obbligati: crescono solo in ambiente anaerobico in quanto l'ossigeno è per loro tossico. - Anaerobi aerotolleranti: crescono sia in ambiente aerobico che anaerobico (non utilizzano O2 e compiono fermentazione). I microrganismi aerobi posseggono degli enzimi come la catalasi o la perossidasi in grado di degradare i composti tossici dell'ossigeno (es. anione superossido o perossido di idrogeno). In un brodo di coltura se si nota una crescita (e quindi intorpidimento) nella parte superficiale allora quei microrganismi saranno aerobi obbligati, gli anaerobi obbligati tenderanno a crescere accumulandosi nella parte finale della provetta il più lontano possibile dall'ossigeno; invece gli anaerobi facoltativi crescono lungo tutta la provetta ma maggiormente in superficie in quanto prediligono l'ossigeno, i microaerofili crescono solo subito sotto la superficie in modo tale di avere una minore concentrazione di ossigeno e gli anaerobi aerotolleranti cresceranno lungo tutto la provetta ma meno vicino la superficie. Possiamo utilizzare degli indicatori di ossidoriduzione per verificare la presenza di ossigeno. Per la coltivazione dei batteri anaerobi bisogna eliminare l'ossigeno dai terreni di coltura aggiungendo sostanze che reagiscono con esso e lo eliminano come il tioglicolato di sodio, si può effettuare la semina per infissione in profondità (caso degli anaerobi facoltativi) oppure si può effettuare la semina subito dopo la bollitura perchè così facendo l'ossigeno viene eliminato dal terreno. È necessario anche incubare la coltura in assenza di ossigeno mediante cabine o giare per l'anaerobiosi in cui vengono introdotte sostanze che reagiscono con l'ossigeno e lo eliminano. 57 Nel caso di anaerobi facoltativi le diverse operazioni possono essere condotte per breve tempo anche in presenza di ossigeno ma per farli crescere è necessaria l'incubazione in ambiente privo di ossigeno come le giare per l'anaerobiosi. pH In base alla loro tolleranza al pH i microrganismi possono essere distinti in: - Neutrofili: se il loro pH ottimale di crescita è 7. - Acidofili: se crescono a pH inferiori a 5,5. - Basofili: se crescono a valori di pH maggiori o uguali a 8. Alterando il pH del terreno di coltura di conseguenza possiamo favorire la crescita di alcuni microrganismi rispetto agli altri. Sia acidofili che basofili, nonostante riescano a sopportare pH estremi, devono mantenere il loro pH intracellulare intorno alla neutralità per mantenere le funzioni cellulari; questo avviene attivando dei sistemi di trasporto di ioni che nel caso di basofili scambiano Na+ interni con protoni esterni. I microrganismi basofili sono in genere anche alofili perchè gli ambienti dove abbiamo basso pH sono anche quelli che presentano alte concentrazioni di carbonati o sali. I basofili presentano elevate concentrazioni di Na+ e K+ nel citoplasma per bilanciare l'eccesso di sali presenti nell'ambiente e le membrane subiscono delle modificazioni in quanto sono ricche di composti acidi per far sì che il microrganismo possa sopportare questa concentrazione così elevata di sali. Per quanto riguarda la coltivazione nei sistemi di coltura si aggiungono dei sistemi tampone in modo da mantenere il pH costante durante la crescita dei microrganismi perchè essi producono dei cataboliti che tendono ad abbassare il pH. Le soluzioni tampone più utilizzate sono fosfato di potassio KH2PO4 o carbonato di calcio CaCO3 anche se si utilizzano tamponi diversi a seconda del range in cui bisogna lavorare. OSMOLARITÀ Il grado di umidità è dato dalla quantità di acqua libera mentre l'osmolarità corrisponde alla concentrazione di soluti, all'aumentare dell'osmolarità si abbassa l'acqua libera con conseguente inibizione della crescita batterica. Ne deriva che i terreni di crescita non devono avere osmolarità elevata. In base alla capacità di crescere ad elevate concentrazioni saline distinguiamo i microrganismi alotolleranti, alofili, alofili estremi e i non alofili. Di norma il citoplasma ha una concentrazione di soluti superiore a quella dell’ambiente così che l’acqua entra per osmosi nella cellula, negli alofili la possibilità di assumere acqua viene ottenuta con l’aumento di soluti intracellulari (zuccheri, alcoli) che però non devono interferire con le macromolecole presenti all’interno della cellula. I terreni di coltura liquidi sono generalmente isotonici mentre quelli solidi hanno una percentuale di agar bassa in modo tale da avere una quantità di acqua libera sufficiente allo sviluppo batterico, infatti se la concentrazione di sali nel terreno è elevata la cellula tende a perdere acqua mentre se la concentrazione di sali è troppo bassa la cellula tende ad assimilare troppa acqua e va incontro a lisi. La quantità di acqua libera in una soluzione è espressa dal valore di attività dell'acqua (𝑎𝑤) calcolata come il rapporto della pressione di vapore della soluzione e la pressione di vapore dell'acqua pura. 60 I filtri HEPA (high-efficiency particulate air filter) sono utilizzati per la filtrazione dell'aria, vengono posizionati nella parte superiore della cappa e sono generalmente attivati quando si opera con agenti pericolosi o per mantenere sterile la superficie di lavoro. AGENTI CHIMICI Per quanto riguarda il controllo dei microrganismi mediante agenti chimici possiamo distinguere i disinfettanti e gli antisettici che vengono usati su superfici o tessuti biologici dagli antibiotici e i chemioterapici che vengono usati per eliminare i microrganismi all'interno dell'organismo. I disinfettanti vengono usati per disinfettare oggetti inanimanti mentre gli antisettici sono usati per i tessuti biologici, questi in genere sono battericidi e microbicidi perchè disgregano le cellule dissolvendo i lipidi di membrana e danneggiando e denaturando le proteine. Sono attivi in tempi brevi e basse concentrazioni, la loro attività è influenzata da fattori come dimensione e composizione della popolazione microbica, dalla concentrazione della popolazione stessa, dalla durata di esposizione, dalle condizioni ambientali e dall'interferenza con materiale organico. I principali disinfettanti sono fenoli, alcoli, alogeni, surfattanti come saponi, aldeidi come la formaldeide, metalli pesanti e sterilizzanti gassosi come l'ossido di etilene. ANTIBIOTICI A seconda del tipo di microrganismo che vanno a colpire possiamo distinguere diversi tipi di antimicrobici come antibatterici, antifungini, antiprotozoari e antivirali. Questi farmaci devono avere tossicità selettiva ed inoltre sono attivi nei confronti di microrganismi attivamente metabolizzanti dato che agiscono bloccando un enzima che partecipa ad una via metabolica che è generalmente assente nell'ospite e presente nel microrganismo. Un antibiotico è batteriostatico se inibisce la replica mentre è battericida se uccide i batteri, questi ultimi si usano solo in casi in cui non ci sono sistemi di difesa da parte dell'ospite quindi se il sistema immunitario è efficiente si possono utilizzare batteriostatici. Attualmente sono presenti moltissimi antibiotici e possiamo distinguerli in base alla loro origine in quelli prodotti da microrganismi come la penicillina G (primo antibiotico), di sintesi come i sulfamidici, semisintetici ottenuti per modificazioni chimiche di molecole originariamente naturali come le cefalosporine ed alcune penicilline infine altri antibiotici come il cloramfenicolo sono naturali ma attualmente vengono prodotti per sintesi. Un altro parametro che può essere utilizzato per caratterizzare gli antibiotici è il loro spettro d'azione determinato dalle specie su cui l’antibiotico è attivo. Gli antibiotici ad ampio spettro come le tetracicline sono quelli attivi sia su gram+ che gram- e si usano quando non si conosce l'agente eziologico, al contrario quelli a spettro ristretto che agiscono solo su gram-, gram+ o funghi si usano quando conosciamo esattamente l'agente eziologico dato che agiscono meno sulla flora microbica normale in vivo. Le tetracicline riescono ad entrare all'interno delle cellule in modo da combattere i batteri intracellulari. La capacità di penetrare all'interno delle cellule eucariotiche è una caratteristica importante per questi farmaci e bisogna sempre valutare le proprietà farmacodinamiche dell'antibiotico stesso (assorbimento, distribuzione e meccanismo d'azione). La classificazione più importante degli antibiotici è quella in base al bersaglio che vanno a colpire nella cellula batterica, riconosciamo: inibitori della sintesi della parete, inibitori della intesi proteica, inibitori della sintesi 61 degli acidi nucleici e farmaci che hanno altri bersagli come quelli che agiscono da antimetaboliti inibendo ad esempio la sintesi dell'acido folico. ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI DELLA PARETE Gli antibiotici che inibiscono la sintesi della parete hanno tossicità selettiva ed inibiscono la biosintesi del peptidoglicano, i farmaci possono agire sulle faci precoci (fosfomicina) ma quelli maggiormente utilizzati agiscono sulla fase esterna ed i più importanti sono i betalattamici. I beta lattamici classici includono penicillina e cefalosporina, le penicilline naturali (prodotte sia da muffe che da batteri) sono la penicillina G (acido-labile) e la V (acido-stabile) che vengono poco utilizzate in quanto presentano uno spettro d'azione limitato a gram+, cocchi gram- e spirochete. Le penicilline semisintetiche sono state ottenute mediante delle modificazioni di quelle naturali con lo scopo di ovviare alla resistenza batterica e al ridotto spettro d'azione di quelle naturali e quelle più importanti sono amoxicillina e ampicillina. Il nucleo attivo delle penicilline è formato da un anello betalattamico a 4 atomi di carbonio contenente un atomo di azoto e un anello a 5 atomi di carbonio chiamato anello tiazolidinico che sono fra loro condensati, i due anelli nel loro insieme prendono il nome di acido 6-aminopenicillanico. Ad un carbonio possono essere attaccati diversi gruppi acilici che determinano il tipo e le proprietà del farmaco stesso (in questo modo si ottengono le penicilline semisintetiche). Il nucleo caratterizzante delle cefalosporine è l'acido 7-aminocefalosporanico mentre il nucleo attivo è dato dall'anello betalattamico condensato con l'anello diidrotiazinico (6 atomi di C), anche in questo caso ad un carbonio possono essere attaccati diversi gruppi acilici per formare le varie cefalosporine semisintetiche. Per quanto riguarda il meccanismo d'azione i betalattamici si legano mediante l’anello betalattamico a delle molecole bersaglio presenti a livello delle membrane batteriche chiamate PBP (Penicillin Binding Protein) proprio perchè legano la penicillina. In realtà le PBP sono enzimi che hanno una funzione fisiologica nel batterio in quanto sono transpeptidasi e transglicosilasi che servono per la formazione del peptidoglicano maturo, presentano una serina il cui gruppo ossidrilico va ad interagire con l'anello betalattamico dell'antibiotico formando un legame stabile impedendo la formazione del peptidoglicano maturo e questa inibizione attiva delle idrolasi chiamate autolisine che vanno ad idrolizzare attivamente il peptidoglicano già formato. Tutto questo processo avviene perchè la molecola del betalattamico è strutturalmente simile al dimero di D-alanina che viene riconosciuto dalle transpeptidasi come le PBP, il farmaco quindi si lega alle PBP (che lo "scambiano" per il dimero di D-alanina) bloccando la loro attività. Le PBP possono avere anche attività transglicosilasica e ogni specie batterica ha un suo profilo di PBP così come ogni betalattamico ha un proprio spettro di PBP. 62 Anche gli antibiotici glicopeptidici bloccano la fase esterna della biosintesi del peptidoglicano, presentano elevato peso molecolare ed uno scheletro peptidico composto da 7 amminoacidi di cui 5 sono aromatici, vi è inoltre una componente glucidica. Le interazioni che si instaurano tra i diversi aminoacidi fanno assumere alla molecola una conformazione a tasca che risulta accogliere al suo interno il dimero di D-alanina con cui termina il precursore del peptidoglicano, il farmaco quindi si lega al precursore appena sintetizzando quando è ancora legato al trasportatore di membrana e, per ingombro sterico, inibisce la reazione di transglicosilazione ed eventualmente anche quella di transpeptidazione quando la catena è già formata. Il capostipite dei glicopeptidi è la vancomicina mentre l'antibiotico più utilizzato di questa classe è la teicoplanina che possiede dei residui di acidi grassi che migliorano la farmacocinetica. ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI PROTEICA Gli antibiotici che inibiscono la sintesi proteica possono legarsi alla subunità 30S o alla subunità 50S del ribosoma oppure possono inibire la peptidil-trasferasi. Tra gli antibiotici che si legano alla subunità 50S abbiamo i macrolidi (=grosso lattone), prodotti naturalmente da alcuni streptomiceti, che sono chimicamente caratterizzati da un anello macrolattonico (aglicone) a cui sono legati vari sostituenti con legame glicosidico; questo anello può avere diversi atomi di carbonio ma i macrolidi più usati ne hanno 14 (eritromicina, è il capostipite), 15 (azitromicina) o 16 (josamicina). I macrolidi si legano all'rRNA 23S della subunità ribosomiale 50S (a livello di un’adenina del dominio V e del dominio II) impedendo l'azione della peptidil-trasferasi, viene quindi impedita la transpeptidazione e perciò hanno attività batteriostatica. A seconda del tipo di macrolide si può avere una risposta migliore da parte di alcuni ceppi pur rimanendo lo spettro invariato. I lincosamidi sono antibiotici naturali prodotti da streptomiceti, gli antibiotici principali sono lincomicina che è naturale e un derivato semisintetico alogenato che possiede un Cl al posto del gruppo OH ed è chiamato clindamicina (più utilizzata ed è attiva anche su gli anaerobi). L’attività è batteriostatica ed hanno meccanismo simile a quella dei macrolidi in quanto inibiscono la transpeptidazione e la traslocazione. Le streptogramine agiscono a livello della subunità ribosomiale 50S e sono naturali prodotti di streptomiceti anche se ci sono dei derivati semisintetici, questi antibiotici sono miscele di due composti distinti che agiscono in modo sinergico: un macrolattone ciclico poli-insaturo (streptogramina A) ed un esadepsipeptide (streptogamina B). Questi due composti si legano separatamente alla subunità ribosomiale 50S e agiscono sinergicamente bloccando la reazione di transpeptidazione, hanno azione batteriostatica e il loro spettro comprende gram positivi, atipici come micoplasmi ed infine hanno attività limitata sui gram-negativi. Le streptogramine naturali come la virginiamicina sono state utilizzate molto sugli animali in modo tale da aumentare la crescita (sono poco usate sull’uomo), al contrario una particolare derivato semisintetico, il quinupristin, si è dimostrata efficace su gram positivi multiresistenti perciò ha avuto notevole successo. 65 PRODUZIONE DI ANTIBIOTICI DA PARTE DEI MICRORGANISMI Gli antibiotici prodotti da microrganismi sono inibitori fisiologici del metabolismo vegetativo. Alcuni sono prodotti prima del processo di sporulazione e quindi hanno un ruolo di controllo dell’espressione genica, altri svolgono un ruolo regolatorio nella sporulazione, altri ancora derivano dalla degradazione degli involucri cellulari in quanto presentano D-aminoacidi presenti unicamente nella parete della ed infine un ipotesi poco probabile è che queste molecole abbiano un ruolo di antibiosi cioè vengono prodotte con lo scopo di eliminare la competizione per i nutrienti. I microrganismi produttori di antibiotici sono protetti dall’attività dei loro prodotti tossici, infatti o mancano del bersaglio (il peptidoglicano nel caso delle penicilline) oppure posseggono nel loro genoma dei geni responsabili della resistenza; si pensa che i geni responsabili della resistenza agli antibiotici siano derivati proprio dai ceppi produttori degli antibiotici. RESISTENZA BATTERICA I batteri hanno evoluto diverse strategie per sopravvivere agli antibiotici. Si parla di resistenza quando l’intera popolazione ignora la presenza dell’antibiotico, si ha tolleranza quando l’intera popolazione batterica sopravvive nonostante l’arresto della crescita e abbiamo persistenza quando una piccola parte della popolazione batterica sopravvive indipendentemente dal meccanismo d’azione dell’antibiotico utilizzato. La resistenza si ha principalmente per tre motivi: - L’antibiotico viene inattivato ad opera di enzimi. - L’antibiotico non raggiunge il bersaglio. - L’antibiotico arriva al suo bersaglio ma lo trova modificato. La resistenza intrinseca è sinonimo di insensibilità e riguarda tutti i membri di una specie, può essere dovuta al fatto che la data specie manca del bersaglio per l’antibiotico (es. micoplasmi intrinsecamente resistenti a betalattamici). La resistenza acquisita riguarda solo alcuni ceppi in una specie normalmente sensibile all’antibiotico, essa è endogena se è dovuta a mutazioni che portano il ceppo ad essere insensibile all’antibiotico, i ceppi resistenti hanno un vantaggio rispetto a quelli non resistenti e prendono il sopravvento (selezione clonale). La resistenza acquisita esogena è dovuta invece all’acquisizione di geni dall’esterno (trasformazione, coniugazione e trasduzione) che portano informazioni per enzimi che degradano o modificano l’antibiotico. Spesso le resistenze acquisite sono codificate a livello di elementi genetici extracromosomici quali plasmidi o elementi trasponibili che sono in grado di trasportare i geni della resistenza dal cromosoma ai plasmidi e, se questi sono coniugativi, la resistenza può essere trasmessa ad altri microrganismi riceventi. Le resistenze vengono classificate in base al meccanismo con cui esplicano la loro azione e possiamo avere: - Inattivazione o modificazione enzimatica del farmaco (es. produzione di β-lattamasi). - Inaccessibilità del bersaglio che quindi non viene raggiunto dal farmaco (minore permeabilità della membrana o espulsione del farmaco dalla cellula). - Modificazione del bersaglio attraverso modificazioni delle PBP. - Modificazione del precursore del peptidoglicano. - Metilazione dell’RNA ribosomiale 23S. - Produzione di enzimi metabolici resistenti come nel caso della modificazione della diidropteroato sintetasi. - Diminuzione dell’attivazione del profarmaco aumentando la resistenza a isoniazide e metronidazolo. 66 MECCANISMI DI RESISTENZA AI BETA-LATTAMICI La resistenza ai beta lattamici può essere dovuta alla modificazione del bersaglio o alla produzione di enzimi inattivanti (β -lattamasi). Le β-lattamasi sono enzimi, generalmente a codificazione plasmidica, in grado di legarsi all’anello betalattamico determinando la rottura del legame tra C e N in modo che l’antibiotico venga inattivato permanentemente e la β -lattamasi, una volta rotto l’anello, si stacca ed è in grado di andare a legare altre molecole. Nei gram positivi vengono escrete nel mezzo extracellulare mentre nei gram negativi rimangono confinate nello spazio periplasmatico. La modificazione del bersaglio è dovuta alla produzione di PBP modificate che mantengono le loro funzioni di transpeptidasi e transglicosilasi ma non sono in grado di legare il farmaco impedendone l’azione. La modificazione di queste proteine avviene a seguito di processi di ricombinazione di PBP diverse portate da organismi differenti che vivono nello stesso ambiente, si parla di formazione di geni che codificano le PBP a mosaico in quanto sono formate da “pezzi” che derivano da ceppi differenti. RESISTENZA AI GLICOPEPTIDI La resistenza ai glicopeptidi è dovuta all’alterazione del dimero di D-alanina con cui finisce la catena peptidica del precursore del peptidoglicano, infatti al posto dell’ultima molecola di D-alanina è posto un D-lattato; così facendo la vancomicina può ancora alloggiare il dimero nella sua tasca ma non si creano i legami ad idrogeno quindi il legame è molto debole e l’antibiotico viene allontanato. Al posto del D-lattato possono essere posti anche altri amminoacidi come D-serina. Questa resistenza si ha grazie all’acquisizione da parte di una cellula sensibili del trasposone Tn1546 che porta nove geni, in particolare il gene vanS codifica una proteina che percepisce la presenza dell’induttore (l’antibiotico) e va a fosforilare la proteina vanR (codificata dall’omonimo gene) che dereprime e determina l’espressione dei geni vanH, vanA e vanX che sono i veri responsabili del meccanismo di resistenza: - VanH: codifica per una deidrogenasi che va a ridurre il piruvato a D-lattato. - VanA: è una ligasi che è in grado di catalizzare la formazione del dimero di D-alanina e D-lattato, questo si attacca al precursore che poi si sposta sulla faccia esterna della membrana. - VanX: visto che la cellula è in grado di sintetizzare il peptidoglicano normale, l’enzima D-D-dipeptidasi espresso da questo gene va a idrolizzare i dimeri di D-alanina che si hanno nei precursori “normali”. Questa resistenza è inducibile in quanto è “attivata” dalla presenza dell’antibiotico. 67 RESISTENZA MLSb A MACROLIDI La resistenza ai macrolidi è dovuta ad una modificazione del bersaglio ad opera di metilasi codificati da geni erm che vano a metilare l’adenina2058 dell’rRNA 23S e così il farmaco non può legarsi. Questa modificazione determina la resistenza anche a lincosamidi e streptogramine perciò si parla di resistenza MLSb. RESISTENZA ALLE TETRACICLINE Il meccanismo di resistenza alle tetracicline più diffuso è la protezione ribosomiale, questo dipende dalla produzione di proteine di protezione ribosomiale RPP che si legano alla subunità 30S impedendo il legame del farmaco. Si può avere anche l’efflusso attivo in quanto dei geni codificano da canali di membrana che determinano l’uscita dell’antibiotico. I geni responsabili sono tetK e tetL negli streptococchi e dal gene tetA in E.Coli. RESISTENZA AGLI AMMINOGLICOSIDI Il meccanismo più importante di resistenza agli amminoglicosidi è la modificazione enzimatica del farmaco ad opera di enzimi a codificazione plasmidica che modificano la struttura dell’antibiotico impedendo il legame con il ribosoma. Altri meccanismi meno diffusi sono dati dalla ridotta permeabilità in quanto di per sé gli amminoglicosidi entrano difficilmente attraverso la membrana, aumento dell’efflusso e modificazione del ribosoma in modo da impedire il legame con l’antibiotico. Anche la resistenza al cloramfenicolo è dovuta alla modificazione del farmaco RESISTENZA AI CHINOLONI Le resistenze ai chinoloni sono dovute a modificazioni delle topoisomerasi II e IV in quanto è sufficiente la sostituzione di un aminoacido con un altro per rendere l’enzima molto resistente all’antibiotico, la resistenza si può avere anche grazie ad un meccanismo di efflusso attivo mediante le pompe NorA negli stafilococchi. DIFFUSIONE DELLE ANTIBIOTICO-RESISTENZE L’utilizzo di antibiotici seleziona i ceppi resistenti e così, anche grazie al trasferimento orizzontale dei geni tra specie, viene favorita la diffusione delle resistenze agli antibiotici. Per quanto riguarda il ciclo delle antibiotico-resistenze assumiamo che nell’ambiente sia presente un pool di geni di antibiotico-resistenza dato da ceppi che producono antibiotici, ceppi antibiotico-resistenti e DNA libero che contiene geni di resistenza. I geni di resistenza liberati vanno ad organizzarsi in una cassetta che si localizza su integroni, questi poi si posizionano su un plasmide in modo tale che si formi un plasmide R e se quest’ultimo è coniugativo le resistenze saranno trasferite a tanti ceppi sensibili che appunto riformeranno il pool di riserva. In alternativa il gene di resistenza può essere direttamente acquisito da un microrganismo che diventa così resistente. 70 Un altro esempio di differenziamento per affrontare i problemi nutrizionali è il differenziamento in azotofissatori (in grado di fissare l'azoto atmosferico) che possono essere distinti in simbionti se fissano l'azoto solo in simbiosi con le piante e free-living se possono fissarlo non in simbiosi. Per quanto riguarda il differenziamento di azotofissatori simbionti, i peli radicali delle radici emettono delle glicoproteine che funzionano da segnali chemiotattici per i batteri appartenenti al genere rizhobium situati nel terreno. Quando i batteri percepiscono i segnali chemiotattici si avvicinano e aderiscono alla superficie dei peli radicali (adesione specifica), a seguito di ciò partono dei meccanismi di risposta, sia da parte del batterio che delle cellule vegetali, che portano alla formazione del filamento infettivo il quale permette al microrganismo di raggiungere i tessuti più profondi della pianta. Una volta raggiunte le cellule dei tessuti profondi il batterio si differenzia in batteroide che è caratterizzato da una doppia membrana (la sua e una fornita dalla pianta), da un minore contenuto in RNA e dalla presenza di una grande quantità di nitrogenasi cioè l'enzima che catalizza la fissazione dell'azoto (da N2 a NH3). Quindi il batteroide fissa l'azoto con consumo di ATP e elettroni, successivamente l'ammoniaca passa attraverso gli involucri del batteroide e arriva nelle cellule vegetali dove trova degli enzimi che la utilizzano per la sintesi degli amminoacidi. I geni necessari per la stimolazione alla formazione del nodulo e l'azotofissazione sono a codificazione plasmidica. Il simbiosoma è dato da gruppi di cellule batteriche circondate dalla membrana della cellula vegetale e quindi rappresenta una specie di organello che fissa l'azoto, qui troviamo la proteina legaemoglobina responsabile del mantenimento di una bassa tensione di ossigeno necessaria per la nitrogenasi in quanto opera in ambiente anaerobico. Nel simbiosoma il batteroide dipende dalle piante per il rifornimento di fonti di energia e gli elettroni necessari per l'azotofissazione. Quando la pianta muore i batteroidi vengono liberati e si differenziano in cellule in grado di muoversi sul terreno così che potranno trasferirsi nelle radici di altre piante. Gli azotofissatori free-living del genere Anabena sono cianobatteri (organismi unicellulari) ma quando si riproducono le cellule figlie formano una sorta di catene in cui una cellula può differenziarsi irreversibilmente in eterocisti in grado di fissare l'azoto. Le eterocisti si differenziano dato che esprimono geni per la produzione di nitrogenasi e possiedono un involucro impermeabile all'ossigeno ma permeabile all'ammoniaca che deve fuoriuscire per permettere la fissazione e non hanno il fotosistema II. Questo differenziamento è soppresso se sono presenti composti azotati nel terreno mediante meccanismi di regolazione dell'espressione genica. DIFFERENZIAMENTO PER COLONIZZARE LE SUPERFICI Un esempio di differenziamento per colonizzare le superfici è dato dal caulobacter, un gram- acquatico bastoncellare, che presenta ad un'estremità il peduncolo necessario per l'adesione fra cellule o per colonizzare le superfici e ad un'altra delle espansioni del corpo cellulare (prosteche) utilizzate per ampliare la superficie cellulare così che esso possa galleggiare ed effettuare maggiori scambi con l'esterno. Il caulobacter forma delle rosette cioè gruppi di cellule che si associano tramite il peduncolo. Le cellule figlie di Caulobacter presentano due forme molto diverse in quanto una di esse è una cellula mobile con un singolo flagello situato su un polo cellulare che fornisce motilità per chemiotassi mentre l'altra cellula, chiamata cellula "peduncolata", possiede una struttura a gambo di forma tubolare sporgente da un polo che presenta una sostanza adesiva resistente con cui la cellula può aderire alle superfici. 71 Per risolvere il problema della colonizzazione delle superfici alcuni microrganismi possono differenziarsi in cellule sciamanti in grado di muoversi su superfici solide. DIFFERENZIAMENTO PER RESISTENZA A CONDIZIONI SFAVOREVOLI Un esempio di differenziamento per resistere a condizioni sfavorevoli è sicuramente quello dell'endospora, l'induzione della sporulazione è indotta dall'espressione di un set di geni Spo grazie alla produzione di fattori sigma spora-specifici(subunità dell'RNA polimerasi batterica) che riconoscono in modo specifico i promotori dei geni Spo anziché i promotori della cellula vegetativa normale. I batteri del genere streptomyces sono gram+ filamentosi che formano una complessa rete di filamenti chiamata micelio e a livello dei filamenti aerei (ife aeree), in condizioni sfavorevoli, si originano delle esospore che sono degli organi di dispersione della specie e non forme di resistenza. Le esospore vengono trasportate in un ambiente favorevole dagli agenti atmosferici, geminano e si moltiplicano producendo dei filamenti che si inseriscono prima nel terreno (ife vegetative) e quando il micelio sotterrato si è formato inizia la produzione delle ife aeree che daranno origine a nuove spore. VARIAZIONI MORFO-FISIOLOGICHE Le variazioni che non sono considerate veri e propri processi di differenziamento includono variazioni morfologiche e strutturali, la capacità di rimanere in fase stazionaria e il passaggio a forma vitale non coltivabile (VBNC). Per quanto riguarda le variazioni morfo-strutturali ad esempio nel caso di Arthobacter le colture vecchie hanno forma coccoide mentre le colture giovani hanno forma bastoncellare, tuttavia quando il materiale nutritivo si esaurisce vi è il ritorno alla forma coccoide in modo di diminuire il metabolismo e gli scambi con l'esterno. Il vibrio alginolyticus quando si trova in ambiente liquido presenta un unico flagello polare mentre quando si trova su una superficie solida produce più flagelli trasformandosi in un flagellato peritrico in grado di muoversi anche su questo substrato. Alcuni batteri ambientali hanno la capacità di rimanere in fase stazionaria in modo da mantenere a lungo uno stato di quiescenza per sopravvivere a condizioni sfavorevoli, in questa situazione le cellule hanno un metabolismo così lento che il tempo di raddoppiamento diventa da 20 a 210 giorni, presentano dimensioni minori, sono più resistenti a tutti gli agenti chimico fisici, vengono sintetizzate proteine specifiche, aumento di pili e flagelli, hanno nucleoide condensato e involucri più compatti e uniti fra loro. 72 Il mantenimento della fase stazionaria è una risposta finale agli stress che si attua mediante la modificazione iniziale del fattore sigma normale (𝜎𝐴) in fattore 𝜎𝑆 che è regolata secondo meccanismi post-traduzionali da sRNA e le proteine che vengono prodotte dipendono dal tipo di stress che ha indotto il fenomeno. Un'altra modificazione in condizioni di stress è il passaggio a forma vitale non coltivabile (VBNC). Queste forme hanno dimensioni ridotte, parete più spessa, ridotte quantità di DNA e RNA e presentano una certa attività metabolica (al contrario delle endospore) ma non c'è divisione cellulare perciò non è possibile coltivarle. Per passare da VBNC allo stato coltivabile è necessaria una fase di attivazione non ancora chiara e, quando le condizioni ambientali tornano favorevoli, si ha il recupero della capacità divisionale. Alcuni patogeni in forma VBNC mantengono il potere infettante, questi non rispondono alla terapia antibiotica e non sono evidenziabili con le comuni tecniche colturali in quanto non si dividono. BIOFILM MICROBICI I biofilm microbici sono comunità di cellule microbiche generalmente adese ad una superficie (abiotica o biotica) ed inglobate in una matrice polisaccaridica secreta dalle cellule stesse anche se la composizione può essere varia. I biofilm: - Possono colonizzare qualunque superficie umida. - Costituiscono la modalità di crescita più diffusa. - Sono resistenti agli UV, essiccamento e al trattamento con antimicrobici. - Contengono canali acquosi per il trasporto dei nutrienti e l’eliminazione dei prodotti di rifiuto. - Sono presenti cellule specializzate con ruoli ben definiti. Un biofilm è anche un mosaico di differenti fenotipi in quanto all’interno non solo possono essere presenti diverse specie microbiche ma la stessa specie può originare diversi fenotipi funzionalmente integrati in una comunità multicellulare; per questi motivi i biofilm rappresentano esempi di vita in comune tra i microrganismi. I biofilm sono ubiquitari, formano degli strati molto spessi e contengono grandi quantità di cellule microbiche (10^10/ml), sono costituiti da una componente biotica data prevalentemente da batteri (oltre che virus, protozoi e alghe unicellulari) e una componente abiotica data da acqua, sostanze organiche e inorganiche di varia natura come la matrice e sostanze rilasciate dai microrganismi quali il DNA; di conseguenza più il biofilm cresce più si arricchisce di sostanze che provengono dai microrganismi o che vengono trasportate dalle correnti di fluido. Per quanto riguarda la componente biotica microbica i biofilm ambientali sono tipicamente polimicrobici mentre i biofilm infettivi e quelli che si formano su oggetti sterili sono mono microbici. I biofilm possono creare notevoli problemi ad esempio nelle reti idriche, negli impianti medici o nei denti nonostante ciò possono anche avere applicazioni pratiche ad esempio per aumentare la produttività dei 75 QUORUM SENSING Il quorum sensing è la capacità dei batteri di percepire la densità di popolazione e, superata una concentrazione cellulare minima (quorum), attuare una risposta cellulare comune e coordinata esprimendo gli stessi set di geni. In questo caso i microrganismi si comportano tutti uguali in quanto comunicano tra loro grazie a delle molecole segnale e notiamo che alcune specie differenti che vivono nello stesso ambiente possono condividere le stesse molecole segnale attuando anche in questo caso una risposta comune. I gram negativi usano come molecole segnale i lattoni dell'N-acil omoserina che possono passare attraverso gli involucri cellulari andando ad attivare uno specifico attivatore della trascrizione, queste molecole possono essere anche riconosciute dalle cellule eucariotiche influenzando così il comportamento di organismi eucariotici (effetti immuno-modulatorio e cardiovascolare ad esempio). I gram positivi usano come molecole segnale degli oligopeptidi che vengono escreti e non diffondono attraverso gli involucri cellulari ma interagiscono con dei sensori presenti sulla superficie cellulare, questi interagiscono con dei regolatori della risposta i quali vanno ad attivare l'espressione genica agendo a livello del promotore. Le molecole segnale possono essere anche degradate da altri organismi. Il quorum sensing può indurre: - Motilità come nel fenomeno nello sciame - Sporulazione - Sintesi di fattori di virulenza - Formazione dei corpi fruttiferi - Produzione di metaboliti secondari (antibiotici) - Emissione di luce come in Vibrio Fischeri. I sistemi di quorum sensing vedono coinvolti due diversi fattori molecolari codificati da due geni, il gene I codifica per gli enzimi che determinano la formazione della molecola segnale (lattone nei gram- e oligopeptide nei gram+) che può uscire e rientrare nella cellula, questa quando è presente in notevole quantità agisce determinando la dimerizzazione del prodotto del gene R che in questo modo viene attivato e va ad attivare l'RNApolimerasi per la trascrizione dei geni che sono sotto il suo controllo. Il QS controlla l'espressione di geni implicati nella produzione di polisaccaridi extracellulari (biofilm), trasporto e assimilazione del ferro, meccanismi di virulenza, processi di acquisizione di DNA esogeno e metabolismo secondario (produzione di antibiotici). 76 SISTEMA AGR DI STAPHYLOCOCCUS AUREUS In S.aureus (gram+) il sistema di QS Agr regola la produzione di peptidi coinvolti nella virulenza e in questo caso l'induttore è un oligopeptide. L'autoinduttore AgrD codificato da Agr viene modificato e secreto mediante un canale proteico codificato da AgrB; successivamente AgrD, che non può oltrepassare liberamente la membrana, quando è presente in elevata concentrazione interagisce con un sensore di membrana AgrC che una volta attivato va a fosforilare la proteina AgrA determinando la trascrizione dei geni QS dipendenti responsabili dei fattori di virulenza. SISTEMA LasRI E RhlRI DI PSEUDOMONAS AERUGINOSA La capacità patogena di P.Aeruginosa è dovuta alla produzione di vari fattori di virulenza che il batterio esprime soltanto in condizioni di alta densità cellulare (sotto il controllo del QS), la regolazione quorum- sensing ha lo scopo di evitare che l'ospite si accorga della presenza del patogeno quando questo è in numero non ancora sufficiente per contrastare le difese immunitarie. I sistemi LasRI e RhlRI sono coinvolti nella produzione dei fattori di virulenza. Il sistema Rhl è dipendente dall'attivazione del sistema Las in quanto LasI è il gene che codifica per il lattone (molecola segnale) che va ad attivare LasR, questo in forma dimerica legato a LasI diventa attivo e va ad agire su una serie di operoni in modo che avvenga la loro trascrizione. LasR attivato oltre ad attivare una serie di cluster genici va a determinare la trascrizione di RhlR, attivato sempre nella forma dimerica, che a sua volta va ad attivare la trascrizione di RhlI e viene così prodotto un altro lattone diverso dal primo. Quindi RhlR può essere attivato da entrambi i lattoni che vengono prodotti, RhlR va a cooperare con LasR per l'attivazione dei cluster genici ed è inoltre responsabile dell'attivazione di altri cluster genici che determinano la produzione di lectine (adesine) e polisaccaridi degli strati mucosi. Se manca il sistema Las o Rhl in caso di infezione si verificano meno polmoniti, setticemie e viene ridotto il rischio di morte mentre se il mutante che manca di entrambi i sistemi si ha una virulenza ulteriormente ridotta. 77 QS E PRODUZIONE DI AGENTI ANTIMICROBICI Le batteriocine sono delle molecole proteiche prodotte da batteri che sono in grado di portare alla morte altri batteri determinando la disgregazione della membrana e rappresentano quindi dei sistemi di difesa. Nei batteri lattici il QS è responsabile della produzione di agenti antimicrobici come la batteriocina nisina, essa viene prodotta prima come un precursore e poi viene processata ed escreta nella sua forma matura attraverso dei canali di membrana. Nell'ambiente extracellulare la nisina matura si comporta come un feromone e va ad attivare un regolatore R che determina l'espressione dei geni tra cui quelli responsabili della produzione del precursore della nisina. Nella specie che producono batteriocine ci sono anche geni che codificano per dei meccanismi di difesa. Secondo questo meccanismo le molecole segnale e gli antibiotici sono strettamente connessi sia da un punto di vista funzionale che evolutivo. ASSOCIAZIONI SIMBIOTICHE La simbiosi indica la vita in comune di due (o più) organismi - Mutualismo: se tutti e due traggono vantaggio. - Commensalismo: se solo uno trae vantaggio e l’altro rimane indifferente - Parassitismo: se un organismo viene danneggiato e l’altro trae vantaggio Esempi di mutualismo sono dati dai licheni (alghe verdi + funghi), protozoi e termiti, rhizobium e radici delle leguminose. Un altro esempio è dato dai ruminanti che nel rumine (organo) presentano diversi batteri come quelli cellulolitici che attaccano la cellulosa e altre specie che fermentano i prodotti di degradazione della cellulosa, successivamente questi prodotti di fermentazione sono ulteriormente degradati da altre specie in acidi grassi volatili che sono poi usati come fonte di energia. FLORA MICROBICA NORMALE (MICROBIOTA RESIDENTE) Il microbiota è l’insieme dei microrganismi normalmente associati a un particolare tessuto o struttura di un individuo, nell’uomo esso è costituito da un numero di cellule 10 volte maggiore di quelle dell’organismo umano e comprende circa mille specie differenti. Il microbiota del corpo umano è un’associazione mutualistica dato che non causa malattia e previene le infezioni, produce sostanze utili all’ospite, partecipa alla digestione e ogni individuo è un ecosistema a parte con un microbiota peculiare e stabile. La composizione del microbiota è dinamica e complessa in quanto ci sono continue perdite ed aggiunte dovute a interazioni con l’ospite e con gli altri microrganismi. 80 - Aumento della “forza” del sistema immunitario Alcuni microrganismi possono favorire l’obesità. Chiaramente l’utilizzo di antibiotici eliminate le componenti sensibili della flora microbica normale perciò è sempre meglio utilizzare antibiotici a spettro ristretto. PROBIOTICI E PREBIOTICI I probiotici sono alimenti che contengono un numero sufficientemente elevato di microrganismi vivi ed attivi in grado di influenzare in modo benefico la salute dell’ospite migliorando l’equilibrio della flora intestinale. Questi microrganismi devono: - Avere origine umana - Essere resistenti ai succhi gastrici e ai sali biliari - Produrre sostanze antimicrobiche (batteriocine) contro potenziali patogeni batterici e virali - Colonizzare solo transitoriamente l’intestino - Scomparire dopo massimo 15 giorni dall’ultima assunzione - Avere una specificità d’azione dei singoli ceppi in quanto specifici probiotici vengono utilizzati in specifiche situazioni ad esempio per contrastare la diarrea da rotavirus. I prebiotici sono sostanze alimentari che non vengono idrolizzate dagli enzimi del tratto GI e una volta arrivate nella porzione distale dell’intestino favoriscono in modo selettivo la crescita e il metabolismo di determinate specie microbiche, ad esempio i frutto-oligosaccaridi come l’inulina permettono di incrementare il numero di bifidobatteri. La comunità ospitata da un singolo individuo è relativamente stabile nel tempo ma alcuni studi hanno determinato l’esistenza di un numero limitato di differenti tipi di comunità intestinali ben equilibrate chiamate enterotipi che dipendono dall’area geografica, dalla dieta e dall’etnia; l’enterotipo di una persona può influenzare la sua risposta alla dieta, alla terapia farmacologica e la condizione di salute generale. Microbiota: insieme di tutti i microrganismi che stabiliscono una relazione simbiotica con i tessuti dell’organismo umano Microbioma: genoma collettivo del microbiota ed è circa 100 volte il numero di geni del genoma umano. Metaboloma: sequenze del microbioma codificanti per funzioni metaboliche e fornisce all’organismo funzioni fisiologiche assenti nel metabolismo umano come digestione di zuccheri complessi e sintesi di acidi grassi a catena corta. PATOGENICITÀ E VIRULENZA Solo un numero limitato di specie batteriche può comportarsi da simbionte di tipo parassitico provocando un danno all’ospite. La patogenicità è la potenzialità propria di una specie microbica di causare malattia mentre la virulenza esprime il grado della capacità patogena tipica della specie cioè il livello di virulenza e la virulenza si misura con la determinazione della: - DI50: è la quantità di cellule microbiche in grado di provocare malattia nel 50% degli animali da esperimento inoculati mentre. - DL50: è la quantità di cellule in grado di uccidere il 50% degli animali inoculati. 81 Sia patogenicità che virulenza sono multifattoriali ad eccezione dell’intervento di alcune tossine. Molto spesso specie o ceppi non patogeni lo diventano mediante meccanismi di trasferimento orizzontale come Vibrio Cholerae. I fattori di virulenza (sistemi di secrezione, tossine ed effettori) sono codificati da geni che si trovano nelle isole di patogenicità che sono acquisite dall’esterno dato che sono fiancheggiate da sequenze ripetute e spesso sono associate a geni che codificano per tRNA, esse contengono anche geni che codificano per la mobilità genica come geni fagici, transposasi, integrasi e origine di replicazione. È importante distinguere i patogeni classici dai condizionali e opportunisti, i primi sono quelli che quando arrivano in un organismo causano sempre malattia mentre gli opportunisti sono quei microrganismi che normalmente non sono patogeni ma possono esserlo se vengono in contatto con organismi debilitati e i condizionali sono componenti del microbiota che si comportano come patogeni quando penetrano in distretti non abituali dell’organismo (elemento del microbiota intestinale che arriva a livello delle prime vie urinarie). Il batterio patogeno deve avere diverse capacità fra cui acquisire DNA alieno, raggiungere il sito di infezione, aderire al tessuto bersaglio, trovare i nutrienti e moltiplicarsi, colonizzare o invadere il tessuto, sopravvivere allo stress e alle difese immunitarie, deve sovvertire la fisiologia del tessuto bersaglio e/o danneggiare l’ospite, diffondersi nell’organismo ospite e infine tornare nel reservoir o nella nicchia ecologica. FATTORI DI VIRULENZA Possiamo distinguere i fattori di virulenza propriamente detti come adesine che fanno parte del genoma flessibile dai fattori fisiologici codificati dal genoma core come flagelli che permettono il movimento e la colonizzazione di determinati distretti e lipopolisaccaride che ha potere tossico se presente in elevata quantità nell’ospite. I geni di virulenza possono essere distinti in: - Geni di virulenza: codificano per funzioni ed enzimi che sono assenti nei batteri non patogeni, sono direttamente implicati nell’interazione con l’ospite e sono responsabili dei danni determinati da un’infezione. - Geni associati alla virulenza: regolano l'espressione dei geni di virulenza a livello trascrizionale o post- trascrizionale oppure sono altri geni richiesti per l'attività dei fattori di virulenza. - Geni di virulenza che contribuiscono allo stile di vita di un batterio patogeno: di per sé non sono responsabili del danno all'ospite ma contribuiscono alla colonizzazione dell'ospite (adesine), codificano per i meccanismi di evasione alla difesa immunitaria oppure per la sopravvivenza intracellulare. 82 INTERAZIONI DANNOSE CON L’OSPITE Parliamo di contaminazione quando i microrganismi arrivano sulla superficie cutanea o mucosa, essa può essere esogena se un microrganismo patogeno passa un ospite infetto/ambiente/alimenti ad un ospite sano mentre è endogena se riguarda la flora microbica normale e si ha quando elementi di questa passa in un distretto sterile. La localizzazione dell’infezione può essere casuale o elettiva mentre l’infezione riguarda la moltiplicazione microbica e, se vengono superati i meccanismi di difesa dell’ospite un danno all’ospite, si ha malattia. La malattia infettiva è il risultato del prodotto tra il numero di organismi presenti in quel momento e la capacità di dare malattia (virulenza) fratto la resistenza dell’ospite. Le tre componenti del potere patogeno dei microrganismi sono: - Adesività: capacità di aderire in modo stabile ai tessuti dell’ospite. - Invasività: capacità di penetrare in distretti più profondi rispetto a quelli di arrivo. - Tossinogenesi: capacità di produrre sostanze tossiche. ADESIVITÀ L'adesività è la capacità di aderire alle cellule epiteliali (epidermide e mucose) e può sia specifica che non specifica. L'adesività non specifica è dovuta alla produzione di sostanze mucose (capsule, glicocalice, strati S) che consentono alla cellula microbica di rimanere attaccata ai tessuti. L'adesività specifica invece necessità di una struttura sulla superficie del microrganismo con una particolare configurazione stereochimica la quale interagirà in modo specifico con una struttura complementare presente sulle cellule dell'ospite formando dei legami, in questo caso per separare la cellula microbica dal substrato è necessario fornire energia per rompere questi legami. Le strutture che intervengono in questo tipo di adesività sono le fimbrie (nei gram-) perchè queste nella loro struttura presentano adesina e strutture fibrillari di superficie nei gram+. L'adesina è una qualsiasi molecola di superficie di un batterio che è in grado di legarsi in modo specifico ad un recettore o ad un substrato (come nel biofilm) mentre il sito attivo di un adesina è la regione della molecola coinvolta nell'interazione stereospecifica con il proprio recettore che è chiamato ligando; possiamo trovare le adesine nelle fimbrie, nelle proteine della membrana esterna o associate alle fibrille dei gram+. La maggior parte delle specie batteriche produce più tipi di adesine in modo da avere più ospiti e poter aderire in diversi distretti. I patogeni possono aderire, oltre che direttamente alle strutture di una cellula, alla matrice extracellulare legandosi a proteine presenti in essa come la fibronectina. L’adesività è caratterizzata da una specificità di specie, di tessuto e genetica e questo dipende ovviamente dai ligandi presenti. 85 Le esotossine A-B (STx di E.Coli) sono formate da due tipi di subunità proteiche, A e B, in cui la componente B (monomero o multimero) è quella che riconosce il recettore sulla superficie delle cellule dell’ospite (specificità d’azione) ma all’interno della cellula entra solitamente solo la subunità A che va a bloccare qualche funzione cellulare, in alcuni casi possono entrare entrambe le subunità ma nel vacuolo di endocitosi si rompe il ponte che le unisce e la subunità A viene rilasciata nella cellula mentre la B viene esocitata all’esterno. Spesso le tossine, oltre ad essere A-B, sono anche ADP-ribosilanti come quella colerica ed esercitano la loro azione tossica tramite l’ADP ribosilazione di un componente della cellula cioè staccano il gruppo ADP-ribosio dal NAD e lo attaccano su un'altra molecola. In base al bersaglio suddividiamo le esotossine in: - Tossine citolitiche come le emolisine - Tossine neurotrope come la tossina tetanica - Enterotossine come la tossina colerica - Tossine pantròpe che agiscono a livello di differenti tipi cellulari come la tossina Le tossine citolitiche possono agire depolimerizzando i fosfolipidi di membrana oppure mediante la formazione di pori con conseguente perdita del potenziale di membrana o ingresso di molecole che alterano i sistemi di trasduzione del segnale della cellula ospite, se il poro è piccolo (1nm) la cellula può recuperare mentre se si formano pori più grandi a seguito dell’oligomerizzazione delle tossine si ha la morte. La più importante esotossina neurotropa è la tossina botulinica (A-B) che agisce inibendo il rilascio di acetilcolina a livello della giunzione neuromuscolare, in questo modo l’impulso nervoso non raggiunge il muscolo quindi non si verifica la contrazione e si ha la paralisi flaccida. Anche l’esotossina tetanica è neurotropa e provoca il blocco del rilascio della glicina al livello del midollo spinale, si ha quindi uno stimolo continuo alla contrazione con conseguente paralisi spastica in quanto la glicina inibisce il rilascio di acetilcolina. La tossina colerica è una tossina AB ADP ribosilante, la subunità A determina l’ADP- ribosilazione di una proteina G che interviene sulla formazione del cAMP, quindi la proteina G viene bloccata in forma attiva con conseguente continua produzione di cAMP e perciò la cellula perde liquidi che vengono richiamati dal sangue. La tossina difterica è pantotropa e ADPribosilante, agisce bloccando il fattore F2 di allungamento della catena polipeptidica. Le esotossine che agiscono da superantigeni determinano un'attivazione contemporanea di un gran numero di linfociti T e questo determina un'eccessiva risposta infiammatoria che provoca danno. Queste esotossine agiscono attivando in modo aspecifico i linfociti T (prime cellule che rispondono alla presenza di un antigene estraneo), si ha quindi un'attivazione policlonale dei linfociti con rilascio di una grande quantità di citochine che mediano una massiccia reazione di difesa con danni endoteliali, shock circolatorio e disfunzione multiorgano. 86 Endotossine Le endotossine: - Sono componenti della superficie cellulare e vengono liberate in piccola quantità in seguito al turnover della parete e in grande quantità in seguito alla lisi - Hanno natura lipopolisaccaridica - Sono stabili anche a temperature superiori a 60°C - Non possono essere convertite in tossoidi - Inducono risposta febbrile, - Sono tossiche ad alte dosi, - Non hanno meccanismo d’azione specifico - Sono a codificazione cromosomica. Le endotossine corrispondono al lipopolisaccaride dei gram- o all’acido lipoteicoico dei gram+, il lipopolisaccaride non stimola la formazione di antitossine in quanto gli anticorpi bloccano la porzione polisaccaridica che ha potere antigenico ma non quella lipidica che ha potere tossico Le endotossine sono dei PAMPs cioè molecole che l’organismo ospite riconosce immediatamente come estranee e sono riconosciute da recettori Toll-Like che si legano al batterio innescando la risposta infiammatoria con il rilascio di citochine (IL-2 e TNF) e da altri pirogeni endogeni che interagiscono con i centri nervosi responsabili del controllo della temperatura causando febbre; si ha quindi uno stato di infiammazione generalizzata con attivazione del complemento che stimola i linfociti B con aumento degli anticorpi. L’endotossina ha un effetto dose-dipendente in quanto piccole quantità di LPS sono immunostimolanti con aumento della resistenza alle infezioni e ai danni da radiazioni, dosi più elevate che si hanno nel caso di infezioni localizzate provocano risposta febbrile e infiammatoria localizzata mentre la liberazione massiccia, che si ha in seguito a sepsi da Gram- con lisi cellulare, provoca lo shock emotossico. La liberazione contemporanea di endotossine e esotossine che agiscono da superantigeni provoca un’eccessiva risposta infiammatoria. IMMUNITÀ L’immunità è la condizione innata o acquisita in base alla quale un organismo è in grado di neutralizzare tutto ciò che gli è estraneo, è quindi l’insieme dei meccanismi difensivi messi in atto nei confronti delle infezioni microbiche. Il sistema immunitario è un insieme di organi, tessuti e cellule distribuiti nell’organismo che sono in grado di riconoscere sostanze estranee. Distinguiamo una risposta immunitaria aspecifica o innata da una risposta immunitaria specifica o acquisita/adattativa che determina la produzione di anticorpi, i due tipi di risposta generalmente agiscono insieme grazie ad interazione tra le loro componenti. IMMUNITÀ ASPECIFICA L’ immunità aspecifica (o innata) è basata su costituenti strutturali e funzionali dell’organismo, è la prima risposta immediata messa in atto, reagisce alle sostanze estranee sempre con le stessa modalità e intensità, manca di memoria immunologica e la sua attivazione può favorire lo sviluppo di risposte specifiche. L’immunità aspecifica presuppone delle difese fisiche, chimiche e cellulari. 87 DIFESE FISICHE Le difese fisiche sono le prime che subentrano nel caso di arrivo di microrganismi estranei, ad esempio la cute è una potente barriera meccanica all’invasione microbica (cheratina) in quanto è presente lisozima, il pH è acido, ci sono ghiandole sebacee che secernono sostanze grasse con attività inibente per la moltiplicazione microbica, si ha desquamazione cellulare ed infine la disidratazione della superficie cutanea rende l’ambiente sfavorevole alla moltiplicazione microbica. Anche le mucose che sono a contatto con l’esterno sono difese fisiche, queste sono ricoperte da uno strato di muco che resiste alla penetrazione ed intrappola la maggior parte dei microrganismi, nella mucosa respiratoria troviamo delle ciglia che espellono i microrganismi. A livello delle mucose possiamo anche trovare sostanze antimicrobiche come lisozima, lattoferrina e urea e a livello del tratto GI sono presenti succhi gastrici. DIFESE CHIMICHE Le difese chimiche consistono in un’ampia varietà di molecole antimicrobiche presenti nel sangue, nella linfa e in altri fluidi corporei. Le citochine sono delle molecole (proteine o glicoproteine solubili) prodotte dai linfociti T in seguito al contatto tra i linfociti stessi e gli antigeni microbici, queste sono delle molecole segnale che entrano in circolo e vanno ad agire a vari livelli. Le citochine possono avere funzione: - Autocrina: quando influenzano le stesse cellule che le hanno prodotte - Paracrina: quando influenzano cellule vicine rispetto a quelle che le producono - Endocrina: quando influenzano cellule distanti raggiunte attraverso il sistema circolatorio. Le citochine quando raggiungono la cellula target possono avere effetto sulla chemiotassi, possono determinare l'apoptosi e stimolare o inibire la proliferazione/differenziamento. Gli interferoni (IFN) sono citochine regolatorie prodotte in risposta ad infezioni virali, questi non impediscono l'ingresso dei virus nelle cellule ma bloccano la replicazione e contribuiscono alla regolazione della risposta immune. La cellula infettata, a seguito dell'entrata del virus, è indotta a produrre l'interferone che agisce sulle cellule vicine (funzione paracrina) determinando la sintesi di proteine antivirali che bloccano la replicazione del virus e degradano i suoi componenti. I peptidi antimicrobici sono peptidi cationici (es. defensine) che si trovano in circolo ed hanno attività aspecifica sui microrganismi in quanto sono in grado di danneggiare la membrana citoplasmatica delle cellule. Altri peptidi con attività antimicrobica sono le batteriocine che vengono prodotte dal microbiota residente e hanno funzione battericida su batteri della stessa specie o di specie simili geneticamente. Il sistema del complemento è costituito da più di 30 proteine che si trovano nel siero ed è così chiamato perchè aumenta l'attività antibatterica degli anticorpi. 90 L'infiammazione è una risposta aspecifica ad un danno tissutale, può essere indotta sia da un patogeno che da un trauma, rappresenta un'efficace barriera contro le invasioni esterne ed è caratterizzata da rossore, calore, dolore, edema e alterazione funzionale. L'infiammazione ha funzione di inviare molecole e cellule effettrici nei siti d'infezione, fornire una barriera fisica per impedire la diffusione dell'infezione e promuovere la riparazione dei tessuti danneggiati; a ciò contribuiscono i mediatori chimici, il sistema del complemento, il sistema della coagulazione del sangue e tutte le cellule che fanno parte del sistema immunitario. La risposta infiammatoria acuta è caratterizzata dal rilascio di citochine (chemiocine) da parte delle cellule danneggiate. Successivamente le selectine secrete dalle cellule endoteliali e le integrine sulla superficie dei neutrofili mediano l'adesione dei leucociti alle pareti endoteliali con conseguente extravasazione di monociti e macrofagi che fuoriescono dai vasi e raggiungono così i tessuti infiammati. Gli eventi che contribuiscono all'eliminazione dei patogeni sono la dilatazione dei capillari e l'aumento del flusso ematico che facilitano l'afflusso di fattori antimicrobici e di leucociti, formazione di coaguli di fibrine che limitano il movimento dei patogeni e accumulo di fagociti nell'area infiammata. Nella risposta infiammatoria cronica si ha un processo simile alla risposta acuta ma molto più lento, viene indotta la formazione di nuovo tessuto connettivo, generalmente sono causati danni tissutali permanenti ed è caratterizzata da un denso infiltrato di linfociti e macrofagi nel sito dell'infiammazione. Vengono formati anche dei granulomi con funzione di isolare l’area quando i fagociti non riescono a distruggere i patogeni. FAGOCITOSI La fagocitosi è il processo, essenziale nelle fasi precoci di difesa dall'infezione, mediante il quale le cellule fagocitiche (monociti, macrofagi tissutali, cellule dendritiche e neutrofili) riconoscono, ingeriscono ed uccidono i microrganismi extracellulari. I fagociti presentano sulla loro superficie recettori TLR (Toll-Like) in grado di riconoscere strutture molecolari presenti solo nei microrganismi chiamate PAMPs (LPS). Dopo il legame con il recettore il patogeno è internalizzato nel fagocita in un vacuolo di endocitosi che si fonde con i lisosomi e si forma così il fagolisosoma, qui sono presenti molecole tossiche (enzimi degradativi) che distruggono il microrganismo. I frammenti che si ottengono dalla digestione dei microrganismi passano dal fagolisosoma al reticolo endoplasmatico e i componenti peptidici (apteni) si combinano con delle glicoproteine (sistema maggiore di istocompatibilita MHC), l'associazione tra molecola del sistema maggiore di istocompatibilità e proteina microbica viene esposta sulla superficie del fagocita con un processo chiamato "presentazione dell'antigene" determinando così la formazione di una cellula presentante l'antigene APC (collegamento tra risposta innata ed acquisita). Successivamente gli antigeni sulla superficie saranno riconosciuti dai linfociti. 91 IMMUNITÀ SPECIFICA L’immunità specifica fornisce protezione da uno specifico agente estraneo che deve essere prima identificato, richiede un certo lasso di tempo per poter essere attiva, è dotata di “memoria”, non reagisce con le molecole “self” e la sua efficacia aumenta con esposizioni ripetute all’agente (es. seconda dose di vaccino). L’immunità specifica naturale può essere: - Attiva: è la risposta del sistema immunitario ad uno stimolo estraneo con attivazione dei linfociti e produzione di anticorpi che neutralizzano o distruggono il patogeno, ha durata variabile da tutta la vita a pochi anni. - Passiva: è il trasferimento di anticorpi da un individuo all’altro come nel passaggio transplacentare. L’immunità artificiale è anch’essa: - Attiva: consiste nell’intenzionale esposizione a un materiale estraneo (come nel caso della vaccinazione) che porta allo sviluppo di anticorpi e linfociti attivati. Questo tipo di immunità può essere permanente. - Passiva: consiste nell’inoculo di anticorpi prodotti all’esterno dell’organismo ed è caratterizzata da una breve durata (settimane/mesi). Un esempio è la somministrazione dell’antitossina botulinica. La distinzione tra molecole “self” e “non-self” avviene nei mammiferi grazie al Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC) che nell’uomo è il complesso degli Human Leucocyte Antigens (HLA). MOLECOLE CHIAVE DELL’IMMUNITÀ SPECIFICA Le molecole chiave dell’immunità specifica sono antigeni ed anticorpi. L’antigene è una molecola estranea all’organismo ospite che è riconosciuta come “non-self” ed è capace di indurre una risposta immunitaria data dalla proliferazione di linfociti che conduce alla sintesi di molecole di riconoscimento (anticorpi e/o recettori cellulari). L’antigene è caratterizzato anche di specificità in quanto reagisce in modo specifico con un determinato anticorpo e non con altro. La capacità di indurre una risposta immunitaria e la specificità non sono sempre associate, perciò distinguiamo: - Immunogeno: sostanza, molecola o corpuscolo in grado di stimolare la produzione di anticorpi (o in generale una risposta immunitaria) e reagire con gli anticorpi di cui ha determinato la formazione. La parte della molecola (5-8 amminoacidi o 5-7 zuccheri) che induce la formazione di anticorpi specifici prende il nome di epitopo. - Aptene: molecola più piccola che da sola non è in grado di indurre una risposta immunitaria (produzione di anticorpi) ma è in grado di reagire in modo specifico con gli anticorpi una volta formatisi; può essere trasformato in un immunogeno se viene complessato con un supporto (carrier). L’aptene corrisponde a un epitopo di una molecola più grande. La capacità dell’antigene di indurre una risposta immunitaria dipende dalle dimensioni e dalla composizione chimica. Per quanto riguarda le dimensioni generalmente quanto più grande è la molecola tanto maggiore è la sua immunogenicità mentre per quanto riguarda la composizione chimica quanto è maggiore la complessità chimica tanto più elevata è la sua capacità di indurre la risposta immunitaria. I principali immunogeni sono proteine, polisaccaridi e molecole complesse. La reattività crociata è il fenomeno (raro) per cui due antigeni diversi ma strutturalmente simili possono reagire con lo stesso anticorpo. 92 CELLULE DEL SISTEMA IMMUNE SPECIFICO I linfociti sono cellule che posseggono specifici recettori che si legano solo con i rispettivi antigeni. Le cellule presentanti l’antigene (APC) sono le cellule dendritiche, i macrofagi e i linfociti B. Le cellule effettrici sono quelle deputate alla distruzione del microrganismo. I linfociti B e T vengono prodotti come precursori nel midollo osseo, successivamente i linfociti T maturano nel timo mentre i linfociti B maturano nel midollo osseo e poi entrambi entrano in circolo e arrivano agli organi linfatici (linfonodi, vasi linfatici e la milza) dove rimangono concentrati in attesa di essere richiamati nei siti dell’infezione (solo una piccola quantità rimane circolante).Il ruolo principale del sistema linfatico è quello di trasportare le particelle estranee ai linfonodi. I linfonodi filtrano le particelle pericolose dalla linfa che vengono fagocitate da macrofagi e cellule dendritiche, sono la sede di linfociti B e T (indifferenziati) che qui incontrano gli antigeni e si differenziano in cellule effettrici. Linfociti I linfociti T maturi presentano sulla loro membrana dei recettori T Cell Receptor (TCR) la cui porzione terminale variabile è complementare all’antigene e possono essere presenti due marcatori di superficie differenziali: CD4 o CD8. Riconosciamo: - Linfociti T helper (𝑻𝒉) caratterizzati dalla presenza di CD4 1. Linfociti 𝑻𝒉𝟏: riconoscono il macrofago infettato e rilasciano citochine che attivano i macrofagi nel sito di infezione oppure che inducono la fusione dei lisosomi con i vacuoli di endocitosi e potenziano l’attività battericida del macrofago. Sono coinvolti nella difesa di patogeni intracellulari in quanto riconoscono il complesso peptide batterico- MHC II e attivano i macrofagi. 2. Linfociti 𝑻𝒉𝟐: sono coinvolti nella difesa da parte di patogeni extracellulari in quanto riconoscono il complesso peptide antigenico-MHC II e attivano le cellule B (risposta anticorpale). - Linfociti caratterizzati dalla presenza di CD8 che possono esse 1. Linfociti citotossici (𝑻𝑪) : sono in grado di riconoscere ed uccidere le cellule infettate da virus, cellule trapiantate e cellule tumorali. 2. Linfociti T soppressori che intervengono nel terminare la risposta immunitaria. - Linfociti T che non presentano nessuno dei due CD con funzione sconosciuta. L’antigene presente su una APC verrà riconosciuto da un linfocita T che presenta TCR complementare e ci sono co-recettori che stabilizzano il legame. 95 Immunoglobuline E: hanno regione costante della catena pesante di tipo 휀, sono dei monomeri, sono responsabili delle reazioni allergiche e non legano il complemento. Gli anticorpi: - Ostacolano il legame del patogeno o tossina con la cellula ospite (neutralizzazione). - Legano il complemento e successivamente legandosi sulla superficie del microrganismo possono determinare la lisi di questo - Hanno un ruolo dell’opsonizzazione perché quando si legano sulla superficie del microrganismo facilitano l’inglobamento da parte dei fagociti - Attivano i granulociti basofili e eosinofili - Sono in grado di determinare la precipitazione dell’antigene - Possono stimolare le cellule Natural Killer a uccidere le cellule infettate MICETI I miceti sono organismi eucarioti, possono essere aerobi o anerobi facoltativi e possiedono una parete rigida costituita maggiormente da polisaccaridi e proteine. Questi organismi sono chemioeterotrofi, nonostante siano pluricellulari non sviluppano organi e tessuti ed inoltre non posseggono pigmenti fotosintetici e il glicogeno è la principale sostanza di riserva. Le dimensioni sono di 1 0-15 micron, non è presenta la capsula, la membrana cellulare formata da un doppio strato lipidico contiene steroli con funzione stabilizzante (al contrario delle cellule batteriche), in sede citoplasmatica sono presente gli organuli tipici dei microrganismi eucarioti con ribosomi 80S e un nucleo ben definito e il corredo genetico può essere sia aploide che diploide. I miceti sono ubiquitari ed immobili in quanto non ci sono strutture per la locomozione (fatta eccezione per alcune spore flagellate) e sono capaci di adattarsi a vari pH, temperatura e concentrazioni saline. La riproduzione avviene mediante spore che possono essere sessuate o asessuate. I miceti possono essere saprofiti, simbionti o parassiti e tutti si nutrono mediante assorbimento della sostanza organica attraverso la membrana cellulare. I saprofiti vivono in modo autonomo su materiale organico in decomposizione grazie alla loro capacità di secernere enzimi digestivi in grado di decomporre i substrati più vari e qualsiasi materia o struttura organica, hanno un ruolo importante per i cicli degli elementi e la decomposizione. 96 I simbionti sono funghi che stabiliscono forme di simbiosi sia con piante superiori (micorrize) o alghe (licheni) mentre i parassiti assorbono materiale organico da altri organismi danneggiandoli e sono importanti patogeni sia per le piante che per gli animali compreso l’uomo. I funghi sono importanti in quanto partecipano ai processi di decomposizione e fermentazione (pane, birra), sono importanti nella produzione di acidi organici, medicinali o antibiotici e risultano essere utili per condurre ricerche. PARETE FUNGINA La parete è costituita per il 75% da polisaccaridi come chitina e per il 25% da proteine e lipidi. I principali polisaccaridi sono i glucani che associati con la chitina formano la parte fibrillare della parete fungina conferendo rigidità e i mannani che sono generalmente associati alle proteine a formare mannoproteine, queste intervengono nei fenomeni di adesione e hanno proprietà antigeniche; in alcuni funghi al posto della chitina possiamo trovare il chitosano (polisaccaride). La composizione della parete ha valore tassonomico. MEMBRANA CITOPLASMATICA La membrana citoplasmatica contiene principalmente ergosterolo che viene spesso utilizzato come bersaglio dei farmaci antifungini (amfotericina) in quanto assente nelle membrane cellulari dell’uomo. PIGMENTI Nelle cellule delle ife possono essere presenti pigmenti che proteggono l’ifa o la spora ad esempio dalla risposta immunitaria dell’ospite, possono essere carotenoidi o pigmenti fluorescenti per attrarre animali. La melanina è il pigmento più comune che si può trovare nella parete cellulare delle ife vegetative e nelle strutture deputate alla riproduzione ed ha funzione protettiva STRUTTURA GENERALE DEI MICETI Il corpo cellulare (soma) viene chiamato tallo, questo può essere unicellulare come nei lieviti e miceti ma la maggior parte dei microrganismi come funghi e muffe presentano tallo pluricellulare che è costituito da filamenti tubolari chiamate ife. Le ife hanno diametro da 1 a 15 micron, distinguiamo ife cenocitiche in cui non c’è una divisione tra le singole cellule e ife settate se sono suddivide in cellule da setti di parete trasversali non completi che permettono la circolazione delle sostanze nutritive e dei nuclei, ogni ifa può contenere uno o più nuclei. I funghi parassiti presentano ife specializzate (austori) in grado di penetrare nelle cellule dell’ospite e assorbire le sostanze nutritive. 97 Se le ife sono lasse, molto ramificate e libere si ha la formazione di muffe mentre se esse sono ordinatamente stipate e cementate si ha la formazione dei funghi propriamente detti (miceti macroscopici). L’insieme delle ife è chiamato il micelio e possiamo distinguere il micelio vegetativo immerso nel terreno con funzione di assorbimento dei nutrienti e un micelio aereo che si sviluppa al di sopra del substrato con funzione riproduttiva. LIEVITI I lieviti hanno un tallo unicellulare con un unico nucleo, spessa parete e sono degli anaerobi facoltativi quindi possono crescere in assenza di ossigeno compiendo la fermentazione. Alcuni lieviti possono formare una capsula mucose. Per quanto riguarda la riproduzione asessuata la gemmazione è la principale modalità e in alcuni casi la cellula rimane associata alla cellula madre formando delle pseudoife, la gemmazione provoca cicatrici sulla cellula madre e quando non è più presente spazio privo di cicatrici essa muore. La riproduzione sessuata si verifica generalmente in condizione ambientali sfavorevoli mediante la produzione di ascospore aploidi con conseguente ricombinazione genetica. Alcuni lieviti come Saccharomyces cerevisiae sono anche in grado di riprodursi per via sessuata, possiamo trovare l'organismo in forma sia aploide che diploide in grado di riprodursi per gemmazione e nella fase aploide ci può essere il differenziamento di alcune cellule aploidi in forme che hanno orientamento sessuale diverso indicate con α e a. Queste, sotto la stimolazione da parte di feromoni, possono andare incontro ad accoppiamento e si forma così uno zigote diploide che può riprodursi per gemmazione oppure, in condizioni ambientali sfavorevoli, può andare incontro a riproduzione sessuata in quanto in seguito a meiosi la cellula diploide va a formare 4 spore aploidi (2 a e 2 α) che si sviluppano all'interno della cellula madre detta asco. Quando l'asco si rompe vengono liberate le ascospore e ciascuna di queste può dare origine ad un nuovo organismo. MUFFE E FUNGHI MACROSCOPICI Muffe e funghi macroscopici sono generalmente aerobi obbligati, le muffe sono coinvolte nell’alterazione del cibo e nella produzione di formaggi o antibiotici invece i funghi macroscopici crescono sul suolo in ambiente umidi e ricchi di materiale organico. La riproduzione può essere sia asessuata mediante spore asessuali diploidi che sessuata; questa in seguito a processi meiotici, porta alla formazione di spore sessuali aploidi o diploidi. In generale in questo tipo di funghi la riproduzione asessuata e sessuata si alternano nel ciclo vitale. Le spore asessuate che si formano dal micelio vegetativo sono le artrospore, le più semplici, che si formano per frammentazione dell’ifa e le clamidospore che si formano per rigonfiamento di una cellula posta all’apice o all’interno dell’ifa vegetativa e sono delimitate da una spessa parete.
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