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Appunti di produzione animale, Appunti di Istologia Animale

Appunti completi di produzione animale che comprendono sia appunti presi a lezione che appunti presi dalle slide del professore.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 02/07/2024

matilde.menegon
matilde.menegon 🇮🇹

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Scarica Appunti di produzione animale e più Appunti in PDF di Istologia Animale solo su Docsity! Origine dell’allevamento La domesticazione è quel processo per cui una specie, vegetale o animale, viene trasferita da una situazione naturale ad una situazione che prevede il controllo e l'intervento dell'uomo su alcune funzioni fisiologiche, in particolare alimentazione e riproduzione. La domesticazione degli animali risale alla preistoria e la prima specie domesticata fu il cane circa 12-14 mila anni fa. Inizialmente, l’obiettivo di questa specie era l’assistenza alla caccia e alla guardia. Successivamente, quando sono nate le greggi, il cane è diventato anche pastore. Poi c’è stata anche l’addomesticazione del cinghiale che è diventato maiale. Una specie per essere domesticata deve avere determinati requisiti: - Struttura sociale: gli animali devono avere una gerarchia insita nella loro indole (branchi) - Scarsa territorialità: l’animale non stabilisce un territorio definito e non è aggressivo nei confronti di altri membri della sua specie che si avvicinano alla sua zona - Suscettibilità all’imprinting: inclinazione a legarsi all’uomo - Capacità di riproduzioni e nutrirsi in cattività, ovvero in un luogo diverso dal suo - Capacità di adattamento ad un ambiente chiuso - Carattere docile e prevedibile - Buon tasso di accrescimento - Ridotto intervallo tra generazione In questo pianeta esistono 5 mila specie di mammiferi e 10 mila specie di uccelli. Il 26% delle specie animali è stato domesticato. Su 14 mammiferi di taglia media grande, 13 sono erbivori. Di questi 13, ben 8 sono ruminanti, ovvero sono in grado di utilizzare alimenti fibrosi, in particolare foraggi, che noi non siamo in grado di digerire. Il suino selvatico ha una dieta onnivora mentre quello domesticato tende ad avere un’alimentazione erbivora. I ruminanti hanno un apparato digerente poligastrico, infatti presentano quattro comparti principali (stomaci): Rumine, reticulo, omaso e abomaso (principale). La loro digestione avviene a partire dalla masticazione mercifica ovvero una rimasticazione del bolo alimentare. Successivamente avviene la fermentazione microbica pregastrica nel rumine, attraverso cui vengono raggiunti diversi obiettivi: - Degradazione dei composti fibro-cellulosici - Detossificazione di sostanze secondarie elaborate dalle piante per la difesa - Produzione di vitamine B e amminoacidi - Riciclo dell’urea (prodotto del metabolismo delle proteine) e quindi risparmio di sostanze azotate I ruminanti, rispetto alle specie monogastriche e agli erbivori, hanno minori e meno specifiche esigenze nutrizionali, che gli consentono di utilizzare un’ampia gamma di fonti alimentari anche povere e, entro certi limiti, velenose. Zootecnia La zootecnia è la scienza che si occupa dell’origine, della produzione, del miglioramento e dello sfruttamento razionali degli animali domestici utili all’uomo. Negli ultimi anni si sta occupando principalmente di: - Benessere animale - Impatto ambientale - Alimentazione degli animali - Quantità e qualità delle produzioni Prodotti di origine animale A partire dall’alimentazione, l’uomo ha principalmente bisogno di energia e proteine. La fonte proteica viene ricavata prevalentemente dagli alimenti di origine animale mentre la fronte energetica viene fornita dai carboidrati. Le proteine sono presenti anche in alcuni vegetali, come per esempio nella soia e nel riso, ma si trovano in maggioranza nei prodotti di origine animale. 1 Le principali fonti di ferro sono la carne rossa che contiene ferro in forma EME e le verdure come per esempio spinaci e legumi. Tuttavia il ferro di origine vegetale è scarsamente assimilabile dall’organismo. Gli animali che producono in grandi quantità alimenti sono i bovini, avicoli (pollo) e cunicoli (conigli). A partire da uno stesso animale è possibile ottenere diversi prodotti e attività. Per esempio il bovino può essere utilizzato per la produzione di latte, carne, cuoio e fertilizzato ma può essere impiegato anche nel lavoro e nel trasporto. Fino alla prima metà del secolo scorso l’allevamento degli animali, oltre alle proteine animali, assicurava anche forza motrice e fibre tessili, mentre ora fornisce una serie di servizi come quelli turistici, ricreativi e sociali.Quindi le finalità dell’allevamento riguardando diversi servizi, sia individuali che pubblici. La maggior parte dei prodotti però viene esportata e venduta a terzi. L’interesse pubblico del paese è quello di garantire la sicurezza della disponibilità di alimenti. I prodotti di origine alimentare costituiscono il 30% della produzione lorda vendibile agricola. Essi sono costituiti all’incirca da un 60% di carne e un 30% di latte, entrambi principalmente provenienti dai bovini. Della produzione è importante la qualità ma anche la quantità. Quando si parla di sicurezza alimentare si intende sia la food security che la food safety. La FAO si occupa della sicurezza alimentare intesa come disponibilità di cibo e accesso al cibo. Infatti l’obiettivo è la produzione di quantità sufficienti di cibo di qualità adeguata. Efficienza L’efficienza delle produzioni è determinata dal rapporto tra input e output: gli input sono sostanzialmente gli alimenti forniti agli animali e gli output sono i prodotti finiti. Essa risente di perdite digestive, inefficienza metabolica, perdite in urine, dissipazione in calore e di perdite materiali dovute dalle lavorazioni (macellazione, caseificazione). Nella produzione di latte l’efficienza si aggira sul 30%. Prestazioni produttive medie ed efficienza alimentare delle principali specie animali allevate: - Bovino da latte: produce all’incirca 8-9 mila litri durante la lattazione (9-12 mesi). La sua efficienza dipende particolarmente dall’alimentazione. - Bovino da carne (vitellone): cresce di 1,2-1,5 kg al giorno e mangia 10 kg di alimenti secco al giorno - Suino in crescita: prende 700-800 g al giorno e mangia 3,5 kg di alimento al giorno. Ha bisogno di alimenti ricchi di proteine e scarsi di fibre essendo un animale monogastrico - Gallina: produce circa 280 uova all’anno e per per prendere 1 kg deve mangiare 2 kg di alimento secco La produzione animale ha un’efficienza inferiore rispetto alla produzione vegetale ma è importante per la qualità degli alimenti. Infatti la produzione è di alto valore dal punto di vista nutrizionale, sociale e sensoriale. Inoltre, gli alimenti forniti agli animali sono di scarso valore o non edibili dagli uomini, ovvero foraggi e sottoprodotti dell’agroindustria (scarti). Le funzioni ecosistemiche della zootecnia sono: - Produzione di concimi organici che sono fondamentali nella produzione biologica, tradizione e sostenibile - Mantenimento delle attività antropiche in ambienti difficili (montagna) - Contrasto alle monocolture e mantenimento di prati pascolati La zootecnia mira a migliorare l’efficienza sia per l’ambiente che per l’economia. Aspetti che devono essere migliorati nell’allevamento: - Adeguamento dell’ambiente di allevamento che deve essere un ambiente controllato e deve soddisfare i bisogni degli animali - Gestione dell’alimentazione con delle diete mirate - Gestione riproduttiva con miglioramento genetico - Monitoraggio dello stato sanitario - Impiego di tecnologie e professionalità - Ottenere alti livelli di produzione Dunque, l’obiettivo principale per migliorare l’efficienza è l’intesivizzazione sostenibile. 2 Leggi di Mendel: 1. Legge della omogeneità del fenotipo: tutti i figli derivanti dall’unione fra individui omozigoti, ma differenti per un carattere ereditario, sono fra loro identici o omogenei 2. Legge della disgiunzione o segregazione: i figli F2 derivanti dall’incrocio degli individui della prima generazione F1 non sono tutti geneticamente e fenotipicamente omogenei 3. Legge dell’indipendenza dei caratteri: i caratteri vengono trasmessi indipendentemente gli uni dagli altri Genetica quantitativa Elementi differenziali dei caratteri quantitativi: - Poligenicità: nella genetica qualitativa un gene determina una caratteristica mentre nella genetica quantitativa un carattere è definito da più geni - Effetto ambientale: il valore (misurabile) di un fenotipo deriva dall’interazione tra il genotipo complesso e l’effetto ambientale (fasi metereologiche o condizioni di allevamento) - Variabilità continua: considerando un’ampia popolazione, un carattere ha quasi sempre una distribuzione gaussiana —> vengono selezionati gli animali che presentano un fenotipo di valore maggiore - Correlazione tra caratteri: se si hanno più caratteri (es. produzione di latte e fertilità) in base alla correlazione positiva (crescono insieme) o negativa si selezionano gli individui in modo diverso L’ereditabilità dei caratteri è definita come la proporzione tra la variabilità genetica additiva sul totale della variabilità fenotipica: In base all’ereditabilità è possibili distinguere i caratteri: - A bassa ereditabilità (h2 < 10%) - A media ereditabilità (h2 = 10-40%) - A alta ereditabilità (h2 > 40%): soprattutto caratteri qualitativi come contenuto proteico e di grasso del latte A noi interessa migliorare il fenotipo e quindi si evitano gli accoppiamenti casuali degli animali, che invece devono essere guidati. Due strumenti per farlo: - Selezione: animali riproduttori scelti sulla base del valore genetico - Incrocio: accoppiamento di animali appartenenti a popolazioni diverse - Consanguineità: accoppiamento basati sul grado di parentela Quando la campana della distribuzione di un carattere si stringe molto significa che c’è mancanza di variabilità e quindi un aumento della consanguineità. Miglioramento genetico Il miglioramento genetico consente l’aumento delle prestazioni degli animali allevati attraverso la valutazione e la selezione dei riproduttori. Il miglioramento del genotipo comporta dei miglioramenti permanenti. I caratteri fenotipici che vogliamo migliorare devono avere determinati requisiti: - Interesse economico - Valore fenotipico rilevabile facilmente e in maniera univoca (rilevabile sempre allo stesso modo) - Variabilità genetica e fenotipica del carattere - Ereditabilità - Correlazione tra i caratteri I caratteri su cui concentrare il miglioramento genetico devono essere pochi e precisi. Per avviare la selezione bisogna avere: - Abbastanza individui su cui misurare il fenotipo con: - Controlli funzionali - Valutazione della capacità di accrescimento: fatto in ambienti controllati in quanto non è possibile effettuarlo su tutta la popolazione - Valutazione morfologica: conformazione corretta della mammella e dei muscoli - Rapporti di parentela: ottimizzare la selezione unendo tra loro individui di una stessa famiglia - Valutazione genetica: stima dell’indice genetico del riproduttore considerando le parentele - Valutazione dell’animale stesso: performance test h2 = VA VP 5 - Valutazione della discendenza: progeny test analizza i genitori per stimare le caratteristiche della progenie - Valutazione dei collaterali: sib test analizza i fratelli - Valutazione dell’ascendenza: indice pedigree - Uniformare condizioni dell’allevamento: azzerare il valore ambientali ovvero avvicinare genotipo e fenotipo - Scelta e impiego dei riproduttori Il progresso genetico vuole portare il valore fenotipico ad un valore sempre più maggiore, può avvenire grazie alla selezione ed è dato da diversi aspetti: - Accuratezza di stima - Intensità di selezione - Variabilità genetica - Intervallo di generazione (aspetto negativo) La genomica ha permesso di mettere a punto tecniche per individuare zone di DNA, ovvero i marcatori genetici, che sono associate ad effetti positivi su produzione e qualità del latte, conformazione e funzionalità dei soggetti. Questa tecnica viene già applicata da qualche anno potrà aiutare in futuro a scegliere con più precisione i figli migliori di un dato accoppiamento per avviarli, ad esempio, alle prove di progenie. Accoppiamento in incrocio L’accoppiamento in incrocio consiste nell’accoppiamento individui di due linee o razze diverse per ottenere discendenti con caratteristiche desiderate. Quindi si fanno convergere linee di sangue genetiche diverse tra loro. Gli accoppiamenti in incrocio possono essere suddivisi in: - Accoppiamento tra soggetti con parentela inferiore a quella media di popolazione - Incrocio intrarazziale: tra soggetti di linee o famiglie diverse - Incrocio interrazziale: tra soggetti di razze diverse - Accoppiamento tra soggetti di specie diverse: ibridazione interspecifica La specie è gruppo di animali che se incrociati fra di loro danno origine ad una progenie fertile. Accoppiando animali che appartengono a specie diverse ma sono molte affini, si ottiene una prole vitale ma sterile e non dà origine ad una seconda progenie. Quindi, vengono utilizzati principalmente gli incroci interrazziali. L’incrocio è interessante per diversi aspetti: - aumenta l’eterozigosi ossia la variabilità genetica - si verifica l’eterosi positiva: fenomeno che si ottiene dall’incrocio di animali con caratteristiche geniche diverse (razze o linee diverse) e che porta ad una generazione superiore e avvantaggiata Ci sono diversi schemi d’incrocio: - a due vie: si verifica poco l’eterosi —> razza A x razza B = meticcio AB (50% A e 50% B) - a due vie di ritorno —> razza A x razza B = meticcio AB x razza B = meticcio AB (75% A e 25% B) - a tre vie: si verifica molto l’eterosi —> razza A x razza B = meticcio AB x razza C = meticcio ABC (25% A, 25% B e 50% C) - alternato: incrocio di ritorno prolungato - a quattro vie: combinazione di due incroci a due vie —> meticcio AB x meticcio CD = meticcio ABCD ((25% A, 25% B, 25% C e 25% D)
 6 Nutrizione e alimentazione del bestiame 1. La composizione degli alimenti Il valore potenziale di un alimento è indicato dall’analisi chimica, ma il suo reale valore per l’animale può essere stimato solo dopo aver tenuto conto delle inevitabili perdite che si verificano nel corso della sua digestione, dell’assorbimento e della sua utilizzazione metabolica. Nello studio della composizione degli alimenti si considera un campione che deve essere rappresentativo. Il sistema ufficiale di analisi dei campioni zootecnici segue lo schema Weende in cui si valuta: - Umidità - Sostanza secca SS - Ceneri: minerali - Proteina grezza PG - Estratto etereo EE: grassi - Fibra grezza FG: carboidrati - Estrattivi inazotati EI: carboidrati non strutturali (zuccheri semplici e amidi) Attraverso lo schema Van Soest si analizza specificamente la fibra grezza: - Fibra neutro detersa - Fibra acido detersa - Lignina acido detersa - Carboidrati non strutturali Il sistema “Cornell Net Carbohydrate and Protein” si concentra sulla valutazione delle frazioni di carboidrati e proteine, tenendo conto delle loro diverse digeribilità e utilizzabilità da parte dell’animale. Analisi Weende L’analisi tipo, detta anche “Weende”, prevede un gruppo di cinque determinazioni che oltre al contenuto di umidità suddividono la sostanza secca in 5 frazioni: proteina grezza, estratto etereo, fibra grezza, ceneri, estrattivi inazotati. Le determinazioni sono prevalentemente di tipo gravimetrico in quanto si quantifica la frazione che rimane residua al termine di trattamenti chimici (estrazioni con solventi) e fisici (essiccazione). La quantità di acqua presente in un alimento, ovvero l’umidità, indica quanto sono diluiti i principi nutritivi. Fornisce indicazioni sulla sua conservabilità e sulla qualità degli eventuali trattamenti subiti. Quindi, possiamo attribuire una determinata qualità agli alimenti: - Fieni, cereali e leguminose: U% = 10-20% - Insilati d’erba o di mais: U% = 50-80% - Foraggi verdi: U% = 70-90% Attraverso il calore è possibile rimuovere l’umidità e ottenere la sostanza secca SS. Una determinazione corretta della sostanza secca consente di determinare le altre frazioni in modo preciso. Attraverso l’incenerimento della sostanza secca, che avviene a 550º per tre ore, otteniamo le ceneri che sono costituite da sostanze minerali. Negli alimenti di origine vegetale i minerali variano dal 1% al 12% sulla SS, mentre i sottoprodotti di origine animale possono contenere oltre il 30%. Le ceneri grezze sono composte in gran parte da macroelementi (sali di calcio, cloruri, fosforo e magnesio) ma anche da microelementi. In seguito, la parte restante di sostanza secca costituisce la sostanza organica, che può essere suddivisa in composti ternari (lipidi e carboidrati) e quaternari (lipidi). 7 3. Alimenti per il bestiame Gli alimenti per il bestiame possiamo suddividerli in: - Foraggi - Freschi - Conservati - Concentrati - Semplici - Composti - Sottoprodotti di industrie alimentari - Paglie - Industriali: di origine vegetale o animale Foraggi I foraggi sono la categoria di alimenti più importanti per i ruminanti (giovani), in quanto sono alla base della loro alimentazione. La loro caratteristica principale è di essere ricchi di carboidrati fibrosi (strutturali). Inoltre, hanno un basso contenuto di carboidrati amilacei, ma se sono freschi possono presentare zuccheri semplici insolubili. Un'alimentazione basata su foraggi freschi permette di ottenere latte e formaggi con un profilo acidico più favorevole alla salute caratterizzato da maggior quantità di: - acidi grassi polinsaturi che sono in grado di diminuire i rischi di natura cardio-vascolare - acidi coniugati dell’acido linoleico (CLA), ai quali viene attribuita un’attività antitumorale, immunomodulatrice e antidiabetica Sia nei foraggi freschi che nei foraggi essiccati è possibile trovare una certa quantità di carotenoidi, anche se le concentrazioni possono variare a seconda delle condizioni di crescita della pianta, delle pratiche agricole e del metodo di conservazione. In generale, le piante verdi e gialle contengono quantità più elevate di carotenoidi che hanno proprietà antiossidanti (come vitamine e polifenoli) e influenzano il colore del formaggio. Relazione tra carotenoidi e colore del formaggio: Il foraggio fresco viene assunto dagli animali prevalentemente nei pascoli. Può essere costituito da prati, ovvero superfici d’erba che vengono sfalciate, pascoli polifiti, ossia superfici (più tipi di piante) d’erba utilizzate direttamente sull’animale, ed erbai, poche piante coltivate che possono essere leguminose o graminacee. Un pascolo totalmente naturale non prevede l’intervento nell’uomo nella gestione. Valore nutritivo del foraggio fresco: - Umidità: 75-85 % - NDF: 40-60 %ss - Proteina: 8-25 %ss - Ceneri: 3-12 %ss Il valore nutritivo viene influenzato da: - Stadio vegetativo: freschezza o maturità della pianta nel momento del raccolto - Composizione botanica: tipo di pianta utilizzata - Condizioni pedo-climatiche: composizione del suolo e posizione rispetto a latitudine e altitudine - Trattamenti fertilizzanti 10 In particolare, per quanto riguarda lo stadio vegetativo, con la maturazione della pianta: - Aumenta la fibra NDF ma anche tutte le componenti poco digeribili in quanto la pianta necessita di una struttura - Diminuisce la proteina grezza soprattutto dalla fioritura in poi - Diminuisce la digeribilità e quindi il valore nutritivo (UFL) Invece, la composizione botanica incide sul valore nutritivo ma anche sulle caratteristiche del prodotto finale (latte e carne). Infatti, per esempio, un foraggio costituito prevalentemente da graminacee causa un aumento del contenuto di grassi saturi nel latte. I foraggi affienati sono sostanzialmente foraggi freschi conservati che subiscono la disidratazione attraverso la luce solare. Una quantità di umidità < 14% blocca le reazioni chimiche di respirazione e putrefazione e la crescita di microrganismi. La fienagione consiste in una serie di operazioni volte all’eliminazione di acqua. Metodi di essiccazione/fienagione: - Naturale (più diffuso): il foraggio sfalciato viene lasciato essiccare all’aria e al sole, poi viene raccolto e pressato - In due tempi: il foraggio sfalciato viene parzialmente affienato in campo, l’essiccamento è poi completato con ventilazione forzata in fienile - Artificiale: il foraggio viene fatto appassire in campo per ridurre i costi energetici e poi viene disidratato industrialmente in modo forzato per mantenere le proprietà chimico-nutrizionali Valore nutritivo del foraggio affienato: - Umidità: 8-15 % - NDF: 40-60 %ss - Proteina: 8-25 %ss - Ceneri: 3-12 %ss Il valore nutritivo viene influenzato da: - Specie botanica del foraggio - Epoca di sfalcio - Perdite durante l’affienamento e la conservazione Il taglio in epoca giovanile consente l’ottenimento di un fieno di alto valore nutritivo ma minori produzioni in termini di sostanza secca. I momenti ottimali per lo sfalcio sono la botticella e l’inizio della spigatura per le graminacee e la fioritura delle gemme al 10% per le leguminose. Le perdite di campo possono essere suddivise in: - Perdita di nutrimenti ed energia a causa della respirazione fogliare - Perdite di nutrimenti solubili e di foglie a causa della pioggia - Perdite meccaniche dovute da sfalcio, rivoltamento, pressatura, condizionamento - Perdita da conservazione: ammuffimento —> umidità ottimale per pressatura: 18-20% L’essiccazione in due tempi permette di: - Ridurre il tempo di essiccamento in campo e quindi di ridurre le perdite causate dalla pioggia - Ridurre le perdite meccaniche - Migliorare la qualità del foraggio grazie alla riduzione delle perdite di sostanze nutritive Il foraggio di medica è la foraggera più diffusa in Italia come prato poliennale (3-5 anni) avvicendato. L’erba medica è una pianta leguminosa che ha sviluppato una simbiosi con batteri del genere Rhizobium, ovvero microrganismi azotofissatori. Le foglie sono la parte più importante della pianta in quanto contengono il triplo di proteine e di otto volte di caroteni rispetto al contenuto degli steli. Punti di forza: - elevato contenuto proteico: 15-25% sul secco - Equilibrio tra contenuto di fibra e proteine - Sufficiente apporto energetico e quindi ben digeribile - Arricchisce di azoto e di sostanza organica i terreni essendo una pianta miglioratrice - Elevato apposto di calcio Punti di debolezza: - Scarsa attitudine all’insilamento - Elevate perdite causate dalla fienagione - Rapporto squilibrato tra calcio e fosforo - Eccessivo contenuto di potassio - Non adatto al consumo fresco in quanto provoca un effetto schiumogeno 11 La disidratazione è una tecnica di produzione di foraggi molto pregiati con elevati contenuti di proteine, vitamine, elementi minerali, etc. Si sottopone il prato (in genere erba medica) a sfalci molto frequenti per avere l’erba sempre ad uno stadio vegetativo giovanile. Il prodotto tagliato, viene subito trinciato e portato in impianti di disidratazione che operano ad alte temperature per brevi periodi. In questo modo si evita di denaturare la proteina e le sostanze vitaminiche. Il prodotto che si ottiene viene pellettato. I foraggi insilati si ottengono attraverso l’insilamento, che è una tecnica di conservazione del foraggio alternativa alla fienagione per foraggi non adatti alla fienagione o per far fronte a condizioni meteorologiche non favorevoli. In questi tipi di foraggio si utilizzano foraggi verdi, cereali, granelle e sottoprodotti umidi. Valore nutritivo del foraggio fresco: - Umidità: 30-35 % - Cellulosa: 19-20 %ss - Proteina: 8-8,5 %ss L’insilamento prevede la sfalcio-tranciatura delle piante, il compattamento e la copertura. Il compattamento si basa sulla rimozione di ossigeno e sullo sviluppo immediato di una flora batterica lattica (lactobacillus). Dopodiché, l’accumulo di acido lattico nella massa determina l’acidificazione, per cui alla fine si ha un pH di 3,5 negli insilati umidi e di 4,5 negli insilati poco umidi. Quando la produzione di acido lattico porta la massa insilata a un pH < 4 la maggior parte dei processi fermentativi anomali, causati da altri batteri, lieviti e muffe, vengono arrestati. Sotto pH 3,5 viene inibita la stessa fermentazione lattica. Successivamente, si trincia l’insilato a lunghezza ottimale e lo si isola con teli di plastica e pesi. In condizioni di anaerobiosi fermentano gli zuccheri producendo: - solo acido lattico nelle fermentazioni omolattiche - acido lattico + acido acetico + etanolo + CO2 nelle fermentazioni eterolattiche Con le fermentazioni omolattiche avviene una diminuzione più rapida del pH e minori perdite di SS. La produzione di CO2 determina sempre perdite di sostanza secca. Gli insilati possono contenere numerose spore di Clostridium che resistono a temperature elevate. Questi batteri sono anaerobi e producono gas, sono resistenti anche alla pastorizzazione e incidono negativamente sulla qualità del formaggio prodotto, provocando la comparsa di gonfiori tardivi nelle forme stagionate. Anche il migliore insilato può presentare batteri sporigeni, batteri propionici, lieviti e muffe, ma anche di alcuni loro cataboliti tossici come amine biogene, endotossine e micotossine. Tipi di sili: - Orizzontali: a trincea e a platea - Verticale: a torre - In plastica: per piccole quantità di foraggio Il mais (Zea mais) è molto adatto alla produzione di insilato. Il silomais si ottiene dalla trinciatura della pianta intera di mais, che successivamente viene raccolta, distribuita all’interno di un silo a trincea e compressa. Il silomais, è diventato negli anni, il protagonista della razione alimentare dei bovini. Punti di forza: - Rapidità delle operazioni di raccolta - Minore perdite causate da raccolta e respirazione cellulare - Maggiore qualità nutrizionale - Minore dipendenza dalle condizioni meteorologiche Punti di debolezza: - Difetti qualitativi non sempre evidenti come per esempio la presenza di micotossine e spore di clostridi - Difficoltà nella stima delle caratteristiche nutritive Punti di forza: - Elevata produzione per ettaro - Elevata concentrazione energetica - Attitudine all’insilamento Punti di debolezza: - Ridotte proteine, fibre e minerali - Non adatto per la produzione di latte destinato a trasformazioni in formaggi a pasta dura 12 Concentrati composti I mangimi completi sono alimenti completi e bilanciati per energia e valori nutrizionali, quindi sono una razione pronta all’uso. Sono utilizzabili in allevamenti monogastrici e solitamente si trovano sotto forma di farina, pellet o miscele varie. La pellettatura è un processo termico attraverso il quale le fibre vengono trasformate in pellet. I mangimi complementari sono mangimi da integrare in allevamento con altri alimenti. Negli allevamenti di ruminanti si aggiungono in genere alla base foraggera della razione. Negli allevamenti di suini si aggiungono alla base amilacea data dalle farine di cereali come integrazione proteica- aminoacidica e minerale. I concentrati composti contengono: - Macroingredienti: farine di cereali, di estrazione, sottoprodotti, residui lavorazione pesci, sali di macrominerali, etc. - Microingredienti: sotto forma di miscele vitamine e sali minerali - Additivi: antiossidanti, coloranti, probiotici e prebiotici Poi, se il mangime è completo allora è pronto per essere dato agli animali. Invece se è complementare, necessita di aggiunta di nutrimenti. Sottoprodotti I sottoprodotti derivano dalle industrie di trasformazione e vengono distinti in base all’origine: animale e vegetale. La paglia di cereali è un residuo colturale e non un sottoprodotto propriamente detto. La paglia di frumento è quella maggiormente prodotta. Circa il 50% della produzione nazionale rimane sul campo (interrata o bruciata). Il 35% viene utilizzato per fini zootecnici, per lettiera o alimentazione, il resto industria cartiera o altro. La paglia ha uno scarso valore nutritivo (elevato contenuto di fibra e scarso contenuto di proteine), quindi viene utilizzata nei bovini meno esigenti o per apportare fibra alla razione. Inoltre, viene utilizzata principalmente nei ruminanti che sono in grado di digerire la componente fibrosa. Per aumentare la digeribilità e il valore nutritivo può subire: - trattamenti meccanici: trinciatura e sfibratura - trattamenti chimici: a base di idrato sodico o ammoniaca, che determina un aumento del valore energetico di 15-20% e del contenuto di proteina grezza fino a 8-10% Origine vegetale I sottoprodotti di origine vegetale derivano da diverse filiere in cui avvengono: - Lavorazioni dei cereali - Estrazioni dell’olio - Estrazioni dello zucchero - Produzione di bevande alcoliche - Produzione di conserve e succhi di frutta I sottoprodotti delle lavorazioni dei cereali possono essere suddivisi in base al cereale d’origine. Dalla lavorazione del mais si possono ottenere: - Semola glutinata: contiene 23-25% di proteine e 30-40% di amido, si ottiene attraverso la rimozione di metà quantità di amido - Glutine 60: contiene 69% di proteine grezza e si ottiene attraverso la rimozione di tutto l’amido - Utilizzato negli allevamenti di ovaiole Dalla lavorazione del frumento si ottiene: - Farina 70% - Semola 15%: ricca di amido quindi usata anche nell’alimentazione umana - Cruscami 15% Poi attraverso altre lavorazione si possono ottenere alimentanti con alto contenuto di fibra: - Farinaccio e farinetta: poca fibra e più amido - Crusca, cruschello e tritello: più fibrose 15 Dalla lavorazione del riso grezzo di ottiene: - Dalla sbramatura: lolla ovvero la parte esterna che è poco digeribile essendo ricca di fibra - Dalla sbiancatura: pula e farinaccio che sostanzialmente sono il pericarpo e lo strato aleuronico e quindi sono, rispettivamente, ricchi di grasso e amido - Dalla brillatura: granaverde, ovvero piccoli semi di riso che sfuggono all’azione decorticante, e risina, ossia cariossidi rotte Le farine di estrazione sono i sottoprodotti dell’industria olearia. Presentano molto meno amido rispetto ai sottoprodotti dei cereali ma hanno un alto contenuto proteico. Inoltre, hanno un buon contenuto di vitamine del complesso B e abbondante fosforo. L’estrazione dell’olio può essere: - Meccanica con pressa idraulica: si ottiene una farina grossolana chiamata panello che contiene ancora - Meccanica con vite senza fine: si ottiene l’expeller - Chimica con solventi: si ottengono le farine di estrazione che contengono 1% di olio La quantità di proteina varia in funzione delle condizioni fisiche a cui il seme è sottoposto per l’estrazione. Infatti, la temperatura e la pressione possono provocare l’inattivazione di fattori antinutritivi, la riduzione della digeribilità e la denaturazione delle proteine. I panelli e le farine di estrazione sono importanti per bilanciare le razioni a base di alimenti poveri di proteina. La farina di estrazione di soia è il mangime proteico vegetale più diffuso, in quanto ha elevati valori proteici e poca cellulosa. La rimozione, attraverso calore, dei fattori antinutritivi (antitripsinici) può provocare anche una diminuzione della quantità di proteina. La farina di estrazione di colza ha un valore proteico più equilibrato della soia poiché presenta meno lisina e più metionina. La farina di estrazione del girasole presenta una grande variabilità a seconda che il seme sia decorticato o meno. Infatti, la farina ottenuta da semi non decorticati ha una maggiore quantità di fibre, proteine e altri nutrimenti rispetto alla farina ottenuta da semi decorticati. Dalle estrazioni dello zucchero dalla barbabietola si ottiene: - Polpe secche: si ottengono dalla pressatura e dall’essiccazione delle polpe fresche, contengono 20-22% di sostanza secca e sono spesso commercializzate sotto forma di pellet - Polpe fresche - Melasso: liquido sciropposo ricco di zuccheri utilizzato come appertizzante (aumentare l’appetibilità), come fonte di zuccheri o anche e come coadiuvante della pellettatura Dalla produzione di birra si ottengono le trebbie di birra, ovvero prodotti residui dell’estrazione a caldo dell’orzo germinato. Sono formate dagli involucri esterni della granella e hanno un buon contenuto di proteine (26%) e di fibre (68%). Origine animale I sottoprodotti di origine animale comprendono tutti i sottoprodotti derivanti dalla lavorazione di carne, pesce e latte. Vengono impiegati per il loro elevato contenuto proteico, minerale e vitaminico, in particolare di vitamine del gruppo B. Nel 1994 è stato proibito l’utilizzo di farine contenenti proteine di mammifero per l’alimentazione dei ruminanti. Nel 2000 viene vietata la somministrazione agli erbivori (bovini, bufalini, ovicaprini, equini, conigli) di mangimi con proteine derivanti da tessuti animali, ma il divieto non si applica all’uso di farina di pesce, latte e derivati per animali diversi dai ruminanti. Poi, il regolamento UE 56 2013 ri-autorizza l’uso di proteine animali trasformate provenienti da non ruminanti (suini e pollame) nei mangimi per i pesci. La farina di pesce contiene molte proteine di alto valore biologico. Questo alimento viene utilizzato nell’alimentazione di suini, pollo da carne e nell'acquacoltura (allevamenti di orate, branzini, trote e altri pesci). La sua composizione è molto variabile in quanto dipende dall’origine e dai trattamenti. Infatti possiamo avere: - Farine di pesci interi: prevalentemente aringhe, ma anche merluzzo, sardine - Farine di parti di pesce: meno pregiate - Farine di pesce magro: il merluzzo ha accumulo di grassi solo nel fegato - Farine di pesce grasso: aringhe, acciughe e sardine 16 Il siero di latte è un sottoprodotto che si ottiene dalla lavorazione del formaggio. Le sue caratteristiche principali sono: - Ricco di sostanze nutritive di alto valore e molto diluite (7% di SS) - Generalmente appetibile - Buon apporto di amminoacidi liberi - Ricco di vitamine del complesso B ma quasi assenti quelle dei gruppi A,D,E,K - Contiene e stimola batteri lattici, quindi migliora lo stato sanitario intestinale e la digeribilità della fibra 4. La digestione La digestione è un insieme di processi meccanici, enzimatici e microbiologici che trasformano i principi alimentari in principi nutritivi assorbibili. L’apparato digerente comprende: - Tratto ingestivo: bocca, faringe, esofago - Tratto digestivo: pre-stomaci, stomaco, intestino, fegato e pancreas La degradazione fisica ed enzimatica degli alimenti parte dalla bocca. Nello stomaco, tramite i succhi gastrici acidi (HCl + pepsina), inizia la digestione. La maggior parte dell’attività digestiva avviene nel duodeno (primo tratto dell’intestino) dove vengono svuotati i sacchi secretori del fegato (bile) e del pancreas (succhi pancreatici). Nell’intestino tenue vengono conclusi la digestione e l’assorbimento mentre nell’intestino crasso avvengono fermentazioni batteriche che portano alla sintesi di proteine e di vitamine del gruppo B. Gli animali allevati, in base alle loro caratteristiche del digerente, possono essere distinti in: - Monogastrici carnivori: digestione quasi esclusivamente enzimatica - Monogastrici onnivori (suini e avicoli): digestione prevalentemente enzimatica - Monogastrici erbivori (cavalli e conigli): la fermentazione per digerire la fibra non avviene nel pre- stomaco (non lo hanno) ma in una parte dell’intestino crasso (colon e cieco) - Poligastrici o ruminanti: il processo di fermentazione microbico è molto intenso e avviene nei pre- stomaci I carnivori hanno un apparato digerente poco sviluppato e la dieta è prevalentemente proteica e lipidica. Il loro apparato digerente è solo 3-4 volte la lunghezza del suo corpo. Gli avicoli si nutrono principalmente di semi. Hanno delle strutture più o meno complesse per degradare i semi e attuano meccanismi fisici e chimici per portarli alla degradazione nello stomaco. Nella cloaca si uniscono le feci e le urine Gli erbivori monogastrici hanno sviluppato particolarmente l’intestino crasso e il loro apparato digerente è lungo 8-10 volte la lunghezza del loro corpo. L’intestino crasso del cavallo è molto lungo e voluminoso. Mentre, il coniglio sviluppa particolarmente il cieco e mangia le proprie feci, ricche di fibre e proteine batteriche, per ottenere ulteriori nutrimenti. Quindi, il cavallo necessita di proteina di buono valore attraverso l’alimentazione mentre il coniglio riesce a recuperare una parte di proteina di buon valore attraverso la coprofagia. Gli erbivori ruminanti sono il gruppo di animali in cui l’apparato digerente è di maggior capacità infatti può essere lungo 10-12 volte la lunghezza del corpo. Ciò è dovuto dello sviluppo preminente del tratto iniziale, ovvero dei pre-stomaci. Ruminanti I ruminanti hanno una parte boccale molto importante ma le componenti più complesse vengono degradate nei pre-stomaci e nello stomaco. L’apparato digerente dei bovini è caratterizzata da 4 stomaci: - 3 pre-stomaci: omaso, reticolo e rumine - 1 stomaco vero e proprio: abomaso (vero e proprio stomaco) Nel bovino adulto, l’apparato digerente è costituito dai pre-stomaci al 93% e dall’abomaso al 7%. Mentre nel vitello neonato, i pre-stomaci occupano il 30% e l’abomaso il 70%. Infatti, nei ruminanti in fase di allattamento la digestione è prevalentemente abomasale. Il rumine non è sviluppato e il passaggio dal sistema monogastrico al sistema poligastrico interamente sviluppato si completa 17 - controllare la qualità degli alimenti di origine animale - contenere i costi e ridurre l’escrezione nell’ambiente (perdite di materie ed energia) L’allenatore conosce le esigenze nutritive e i valori medi degli alimenti dalle tabelle di alimentazione. In base a valori di riferimento, stima il valore nutritivo degli alimenti, i fabbisogni nutritivi e la capacità di ingestione degli animali. In genere, la formulazione dei razionamenti viene effettuata da software. Successivamente, si correggono le concentrazioni proteiche, energetiche e vitaminica.
 20 Produzione di latte La maggior parte della produzione di latte deriva dai ruminanti (bovini, ovini, caprini, bufali). I sistemi di allevamento hanno diverse differenze: - Mole e conformazione - Produttività e caratteristiche del latte - Destinazione (filiere) e rilevanza nel contesto nazionale Bovini, ovini, caprini e bufali producono circa 160 milioni di tonnellate di latte all’anno, di cui circa il 90% è prodotto da tre razze specifiche di bovini (Frisona, bruna e pezzata rossa) e il rimanente 10% da ottanta razze bovine e tutte le razze ovine, caprine e bufale. Gli stati più importanti nella produzione di latte sono: Germania, Francia, Regno Unito e Olanda. Il commercio di latte europeo è praticamente chiuso, infatti le quantità che non vengono esportate vengono caseificate o consumate fresche. In italia, il latte prodotto soddisfa circa l’80% della richiesta e per questo viene anche importato. Solo il 2% del latte prodotto è biologico. Le importazioni riguardano latte di scarsa qualità mentre le esportazioni sono prodotti caseificati ed elaborati. Dal 2017 è obbligatorio riportare nelle confezioni di latte i paesi di provenienza, ovvero il paese di mungitura e il paese di condizionamento. Latte bovino In Italia si contano meno di 1,6 milioni di vacche da latte, in lieve ma costante flessione. Il numero di allevamenti invece è da decenni in calo mentre stanno aumentando i numeri di animali nelle aziende ancora presenti. Gli allevamenti sottoposti a controlli funzionali sono 15 mila con 1,35 milioni di bovine con una media produttiva di circa 90 quintali di latte per lattazione. La regione in cui c’è maggiore produzione è la Lombardia, in cui si concentra oltre il 40% del latte prodotto in Italia. Insieme alle regioni della pianura padana (Emilia Romagna, Piemonte e Veneto) produce l’80% del latte totale italiano. Per la produzione di latte vengono utilizzati unicamente allevamenti di razze pure sottoposte a selezioni, legate in particolare alla produzione. Infatti le caratteristiche più importanti sono: finezza costituzionale, scarsa muscolosità, sviluppo addominale, mammelle di grandi dimensioni. La selezione è organizzata a livello nazionale. L’AIA (associazioni nazionali di razza) raccoglie i dati che successivamente manda all’ente selezionatore. Le razze da latte sono nettamente diverse di quelle da carne: - Da latte: grande capacità digestiva, intensa attività metabolica, mammelle ben sviluppate - Da carne: elevato sviluppo muscolare. Le varie razze con diverse caratteristiche si sono avvicinate nei decenni a causa di selezioni e incroci. in particolare si sono uniformati il colore del manto e la morfologia. La selezione può anche essere a duplice attitudine, ovvero si scelgono animali che non hanno solo una attitudine prevalente ma c’è equilibrio tra due attitudini. Frisona italiana La Frisona italiana appartiene al ceppo italiano della razza pezzata nera olandese. I primi tori vengono importati nel 1870 a Cremona e la razza si affermò in tempi relativamente brevi in Italia. Infatti, i tori sono stati utilizzati nelle generazioni femmine presenti e nel giro di qualche generazione hanno sostituito la razza precedente. Negli anni 20-30 vengono gettate le basi per l’inizio della selezione. Nel 1945 nasce l’associazione di razza e negli anni 60 il numero di frisone supera quelle delle brune. Nel 1972, a seguito della conferenza mondiale di Cremona, inizia la selezione solo per le vacche da latte e si punta sulla monoattitudine e non più sulle attitudini dinamiche. Negli anni 80, raddoppia il numero di frisone e aumenta del 20% la produzione. Tuttavia, con l’eccessiva selezione, è diminuita la qualità del latte (minori percentuali di proteine e grasso). Infatti, dopo gli anni 80, la selezione comincia a riguardare anche funzionalità, salute, produttività dell’animale e qualità del latte. 21 È la razza più numerosa e produttiva in Italia però la qualità del suo latte è inferiore, in quanto presenta percentuali di grassi e proteine più basse. Gli allevamenti più produttivi sono situati a Cremona e Mantova. Bruna italiana La Bruna italiana è originaria delle alpi svizzere ed giunge in Italia all’inizio del XVI secolo. Verso la fine dell’800 si diffonde anche nella pianura padana e nel centro sud affiancando e sostituendo le razze già presenti. Nel 1950 è la razza bovina più numerosa ed è a triplice attitudine (latte, carne, lavoro) ma negli anni 60 viene sostituita dalla Frisona. Il numero di brune in Italia è in continuo declino e gli allevamenti sono presenti particolarmente in Trentino e nella montagna lombarda. La qualità del latte è maggiore ma la produzione è minore. Il latte ha un alto contenuto proteico, in particolare di caseina, ed è particolarmente adatto alla caseificazione. Pezzata Rossa italiana La Pezzata Rossa italiana appartiene al gruppo di razze che fanno riferimento alla popolazione Simmental, una fra le più numerose nel mondo (oltre 40 milioni di animali). È originaria delle alpi svizzere e attualmente è presente nei difficili ambienti di montagna e in ogni continente. Viene importata in Italia tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 e viene fatta incrociare con razze bovine friulane, infatti fino a 40 anni fa si trovava prevalentemente in Friuli. Oggi è diffusa in Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Veneto, Sicilia (latte) e Centro- Sud (carne). Le finalità per cui viene allevata nei vari paesi sono diverse: - America e paesi anglofoni: produzione di carne - Francia: produzione di latte - Italia, Germania e Austria: selezionata per la duplice attitudine latte e carne Jersey La Jersey prende il nome dall'isola inglese che si trova nel canale della Manica, a poca distanza dalle coste Francesi della Normandia. Il suo latte ha contenuti di grasso, proteine e calcio superiori ad ogni altra razza bovina da latte allevata. Inoltre, ha un’elevata percentuale di caseina. Produzione Negli allevamenti da latte sono presenti unicamente bovine femmine: - Bovine in lattazione - Bovine in asciutta: negli ultimi due mesi di gestazione la produzione di latte non è continua (le bovine iniziano la gestazione durante la lattazione) - Manze in crescita: dallo svezzamento ai 2 anni - Vitelle in svezzamento: primi 60-90 giorni di vita Difficilmente troviamo bovini maschi negli allevamenti da latte in quanto sono generalmente destinati all’allevamento da carne. Inoltre, gran parte degli allevamenti utilizzano la fecondazione artificiale. Gli allevamenti sono strutturati a stabulazione: - Libera: gli animali possono muoversi liberamente nella stalla —> allevamenti medio-grandi - Fissa: gli animali occupano sempre lo stesso spazio —> allevamenti piccoli Nella struttura a stabulazione libera ci sono diverse zone: - Box (stalle) per bovine in lattazione - Sala mungitura - Sala del latte - Box per bovine in asciutta - Box per manze in crescita 22 La gestazione è dominata dalla produzione di progesterone, invece prima e dopo il parto la produzione di progesterone diminuisce e aumenta la produzione continua di prolattina, ovvero l’ormone che dà l’avvio alla produzione di latte nelle mammelle. Inoltre, l’ipofisi produce anche ossitocina ma in maniera discontinua e a seguito di specifici stimoli. L’ossitocina giunge attraverso il sangue nelle mammelle e permette la contrazione delle cellule mioepiteliali. La crescita del tessuto mammario inizia nella fase prepuberale durante il quale si sviluppano il tessuto adiposo e connettivo ma non quello secernente (sviluppo isometrico). Successivamente durante la fase postpuberale, ovvero quando inizia l’alternanza di estrogeni e progesterone, la mammella cresce in modo allometrico, ossia in modo superiore rispetto al corpo, e cominciano a differenziarsi i tessuti. Durante l’inizio della gestazione, la mammella continua l’accrescimento e la differenziazione di tessuti. Dopodiché durante la lattazione e dopo il parto il numero di cellule continua a crescere e il latte inizia ad accumularsi negli alveoli già nell’ultimo terzo della gravidanza. La lattogenesi è il processo di differenziazione funzionale a cui va incontro la ghiandola mammaria quando passa dalla condizione di asciutta a quella di lattazione. Quindi è il processo attraverso il quale le ghiandole producono latte durante la gravidanza e post-parto. Inizia solitamente 4-6 giorni prima del parto. Questo processo è regolato da un insieme di ormoni chiamato complesso lattogenico: - Progesterone: inibisce la lattogenesi - Insulina: favorisce la divisione cellulare in prossimità del parto e l’apporto di glucosio alle cellule mammarie - Glucocorticoidi: coinvolti nella sintesi delle proteine, soprattutto agendo a livello di trascrizione dei geni delle caseine e della a-lattoalbumina; - Prolattina: sblocca sintesi delle caseine - Estrogeni: aumentano il numero dei recettori per la prolattina nelle cellule mammarie La galattopoiesi è il mantenimento e la produzione continua di latte. Quando non viene fatta una regolare rimozione del latte viene inibita la galattopoiesi, che va da dopo il parto all’inizio dell’asciutta e che serve per non accumulare troppo latte. Fasi produzione di latte: 1. Sintesi: nelle cellule secretrici dell’alveolo mammario —> stimolata da PROLATTINA 2. Secrezione del latte: riversamento dalle cellule secretrici al lume dell'alveolo dei composti di neosintesi mammaria (lipidi, caseine, lattoglobuline, glucidi) e delle altre sostanze provenienti dal sangue (sieroproteine ematiche, minerali, vitamine, NPN) 3. Eiezione del latte: trasferimento del latte dall’alveolo nei dotti alveolari, nei dotti galattofori e nella cisterna della mammella —> stimolata da OSSITOCINA 4. Rimozione del latte attraverso la mungitura Principali attività di biosintesi delle cellule secernenti: - Biosintesi di grasso a partire da acido acetico e butirrico da fermentazioni ruminanti - La maggior parte dei grassi presenti nel latte sono trigliceridi, di questi una parte deriva dalla dieta e una parte derivano dalla biosintesi - Biosintesi di lattosio che è sintetizzato solo nelle ghiandole mammarie utilizzando 65-75% del glucosio di origine ematica (sangue) - Biosintesi delle proteine a partire da aminoacidi di origine ematica altre proteine come le Latto- albumine, alcune latto-globuline e le gamma-globuline colostrali sono di derivazione diretta mammaria Durante la sintesi, il latte viene immagazzinato nello spazio morto mammario aumentando la pressione endomammaria. Si trova immagazzinato per il 20% nelle cisterne e per l’80% nel tessuto ghiandolare. Il latte delle cisterne può essere facilmente rimosso passivamente mediante la contrazione dello sfintere capezzolare, mentre per permettere l’eiezione del latte dagli alveoli è necessario che si scateni il riflesso dell’eiezione lattea, ovvero un riflesso neuroendocrino che coinvolge sia il sistema nervoso che il sistema endocrino (ormoni). Il riflesso viene innescato da stimoli sensoriali e tattili che attivano neuroni specifici nel cervello, che a loro volta stimolano l’ipofisi a rilasciare l’ossitocina. che agisce sulle ghiandole per causare l’eiezione. 25 Mastite La mastite è un’infiammazione della ghiandola mammaria generalmente causata da agenti batterici: Staphylococcus aureus (gram+) e Streptococcus agalactie (gram -). Raramente può essere causata da agenti fisici o chimici. I batteri entrano nella ghiandola attraverso lo sfintere del capezzolo e raggiungono gli acini mammari. Successivamente c’è una risposta infiammatoria che coinvolge una vasodilatazione e un aumento della permeabilità vascolare. Quindi, le cellule del sistema immunitario possono raggiungere l’area infiammata. Il latte proveniente da una bovina che ha la mastite presenta un aumento di: - Cellule dovuto dal richiamo delle cellule del sistema immunitario - Concentrazione di proteine di derivazione ematica - Enzimi cellulari Tipi di mastite: - Infezione latente: fase iniziale del processo patologico, diagnosticabile con un esame batteriologico, assenza di alterazioni del latte, delle mammelle e assenza di movimento cellulare —> può guarire spontaneamente o evolvere in mastite subclinica o clinica - Mastite subclinica: forma più comune di mastite, diagnosticabile solo attraverso conta cellulare e un esame batteriologico, assenza di alterazioni del latte e della mammella ma c’è lieve movimento cellulare e lieve calo nella produzione - Mastite clinica: può coinvolgere uno o più quarti, ci sono alterazioni della mammella e del latte che ha un aspetto sieroso e presenta frustoli di fibrina, c’è un calo della produzione - Mastite clinica acuta: coinvolge generalmente solo un quarto, ci sono alterazioni del contenuto cellulare, del latte e della mammella e calo della produzione anche nei quarti non coinvolti —> può derivare dal riacutizzarsi della forma cronica - Mastite clinica cronica: ci sono alterazioni del contenuto cellulare, del parenchima (indurimento e presenza di noduli) e del latte ma in modo non costante —> può derivare da forme subcliniche o acute non trattate adeguatamente e può anche riacutizzare ed evolvere nella forma acuta Molte mastiti hanno origine in sala di mungitura, per questo sono fondamentali il controllo degli impianti e la mungitura corretta. Inoltre, le mastiti croniche sono spesso il risultato di terapie non corrette e mantenere in azienda bovine con forme croniche è un costo aggiuntivo inutile (meno latte, più farmaci, pericolo di contagio, qualità del latte scadente). Il California Mastitis Test (o CMT) è uno strumento rapido, economico ed efficace per la rilevazione delle mastiti subcliniche. Si mescola su un piattino i primi spruzzi di latte con il reagente che reagendo con i leucociti diventa un gel dallo spessore variabile in funzione della severità dell’infezione. Mungitura La mungitura è l’operazione con cui si preleva il latte dalle mammelle ed è una pratica quotidiana che viene in generalmente fatta ⅔ volte al giorno in quanto il latte viene prodotto in modo continuo all’interno della ghiandola. Le mungiture efficienti dovrebbero essere fatte ogni 12 ore ma in alcune strutture si ha anche una terza mungitura che aumenta del 10-12% la capacità di sintesi e garantisce uno stato sanitario migliore della mammella. Però aumenta i rischi di mastite, i fabbisogni nutritivi e la produzione a scapito della qualità. La mungitura deve essere: - Completa: la mungitura incompleta provoca una inibizione della produzione - Igienica: per evitare contaminazioni delle mammelle, del latte e degli impianti - Veloce: per un discorso produttivo, per la produzione di ossitocina e anche perché un’operazione lunga provoca spiacere Indicazioni per una mungitura corretta: - Costanza nell’orario e nella sequenza delle operazioni - Condizioni ambientali calme perché l’ossitocina dipende da stimoli nervosi che possono essere esterni e anche per evitare antagonismi tra gli animali - Mungere prima gli animali sani e poi i mastitici - Periodici controlli e completa pulizia dell’impianto di mungitura e dei gruppi per evitare contaminazioni 26 La velocità di mungitura è importante che sia elevata per ridurre i tempi di gestione ma anche per garantire condizioni ottimali di igiene e stress agli animali. Inoltre, diminuisce con il procedere della lattazione a causa di una minore quantità di latte e di una minore sensibilità all’ossitocina. Impianti di mungitura Da molti anni la mungitura viene fatta attraverso impianti che sono composti di diverse parti: - Pompa del vuoto: determina una pressione che “simula” la mungitura a mano - Pulsatore - Collettore del latte - Gruppo di mungitura - Sistema di refrigerazione del latte —> permettono di ridurre i tempi di mungitura e di non stressare eccessivamente gli animali. Sale di mungitura: - Spina di pesce: le bovine vengono munte da entrambi i lati - A tandem: le bovine vengono munte in fila —> adatte a piccole aziende perché ha entrate individuali e occupa molto spazio - A giostra: ruotano lentamente consentendo alle bovine di entrare e uscire dalla sala mentre vengono munte —> adatta a grandi aziende - Parallelo posteriore: bovine munte da entrambi i lati —> adatta a medio-grandi aziende perché ottimizza gli spazi Negli impianti di mungitura robotizzata le operazioni sono automatizzate e la bovina entra volontariamente in una posta di mungitura (collocata nell’area di riposo) dove viene riconosciuta e munta. Fasi pre-mungitura: - Eliminazione primi spruzzi: ovvero quelli già contenuti nel capezzolo per stimolare il rilascio di ossitocina, per eliminare il primo latte che può essere facilmente contaminato essendo vicino all’esterno e per osservare le caratteristiche del latte (mastitico) - Lavaggio, disinfezione (pre-dipping) e asciugatura: fondamentali in quanto l’animale proviene dalla stalla in cui ci può essere contaminazione fecale - Attacco del gruppo: tempestivo per evitare microlesioni ai capezzoli che possono portare dolori e infiammazioni Obbiettivi: - Individuare gli animali malati - Garantire l’igiene - Stimolare il riflesso di eiezione lattea La pulizia che garantisce il minor numero di batteri viene fatta con detergente (predipping) e carta monouso. Dalla pulizia della mammella alla mungitura vera e propria deve passare almeno 1 minuto per un adeguato rilascio di ossitocina. Fasi post-mungitura: - Sgocciolatura manuale - Stacco automatico per evitare problemi si sovramungitura - Disinfezione (post-dipping): il capezzolo deve essere accuratamente disinfettato perché lo sfintere del capezzolo rimane aperto per mezz’ora dopo la mungitura Il latte residuale è quello presente negli alveoli e influenza la produzione della successiva mungitura e la durata della lattazione 27 Parametri igienico sanitari Carica batterica Dopo la mungitura, il latte è suscettibile alla crescita batterica. Infatti, i batteri presenti nell’ambiente circostante possono contaminare il latte deteriorando dei componenti e riducendo la qualità. Per prevenire la crescita batterica bisogna refrigerare ad una temperatura inferiore a 4ºC subito dopo la mungitura (entro qualche ora). È importante anche mantenere il latte refrigerato a una temperatura costante durante il trasporto e lo stoccaggio. La carica batterica totale è una misura della quantità di batteri presenti in un campione di latte. Quindi, è un indicatore generico delle condizioni igieniche in allevamento ed in particolare della mungitura e della conservazione del latte. Dalle analisi si ottiene il numero di colonie per millilitro di latte (CFU/ml). L’optium è di circa 30-40.000 mentre il limite legale è di 100.000 UFC/ml (come media geometrica di almeno quattro campioni eseguiti in due mesi successivi). L’eccessiva contaminazione porta problemi nella caseificazione perché si crea una competizione con i microrganismi filocaseari e poiché si alternano dei componenti del latte essenziali per la caseificazione. Inoltre, il latte contaminato ha anche maggiori esigenze di pastorizzazione. Cellule somatiche Il numero di cellule somatiche nel latte è un indicatore di sanità e benessere mammario. Le cellule somatiche nel latte sono principalmente costituite da globuli bianchi prodotti dal sistema immunitario. Un elevato numero provoca: - Riduzione della produzione - Riduzione delle concentrazione di grassi, proteine e lattosio - Resa casearia qualitativamente e quantitativamente inferiore - Riduzione dei tempi di conservazione del latte U.H.T. - Aumento utilizzo di medicinale e relativo scarto di latte contenente residui di trattamenti medicinali Il limite legale è di 400.000 cellule/ml (come media geometrica di almeno tre campioni eseguiti in tre mesi successivi). Per il latte di Alta Qualità il limite è 300.000 così come per quello destinato alla vendita diretta come latte crudo Nel corso dell’ anno il parametro incrementa nel periodo caldo e cala nel periodo autunnale ed invernale. Ciò è dovuto, principalmente, alla combinazione tra l'aumento di infezioni mammarie e di stress della bovina che sono tipici dei periodi più caldi nella nostra area geografica. Sporigeni anaerobi Gli sporigeni anaerobi sono batteri che raggiungono gli animali attraverso i foraggi insilati, in cui trovano ambienti ottimali. Si trasformano in spore resistenti ai meccanismi di preparazione delle razioni e anche ai processi di pastorizzazione del latte. Successivamente producono gas durante la stagionatura del formaggio, in particolare in quelli a pasta dura. Il numero di Clostridi, che sono appunto sporigeni anaerobi, è un paramento tipicamente riservato al latte destinato alla produzione di formaggi a lunga stagionatura. Il valore soglia per avere danni significativi nei formaggi a fine stagionatura è di 600-1.000 spore/Litro. Sostanze inibenti La mammella, oltre alla funzione di organo secretorio, ha anche la funzione di organo emuntorio, serve cioè come via di eliminazione di prodotti di rifiuto dell’organismo animale. Nel latte possono essere presenti composti chimici nocivi che possono impedire lo sviluppo di batteri fondamentali per la formazione della cagliata durante la caseificazione. Possono essere classificati in: - Antibiotici e medicine: l’utilizzo è in forte calo e la somministrazione viene fatta solo negli animali che effettivamente sono malati - Detergenti e disinfettanti: si possono trovare se il risciacquo delle attrezzature è insufficiente - Sostanze indesiderate assorbite a livello intestinale o arrivate nel latte per inquinamenti successivi alla mungitura 30 Tra le diverse sostanze la maggiore frequenza è data da antibiotici (70% di casi sul totale) che derivano prevalentemente da trattamenti contro la mastite (circa 50% dei casi). In particolare la residua presenza di antibiotici va attribuita a trattamenti inadatti (circa il 30%), al non rispetto dei tempi di sospensione della consegna di latte da animali trattati (circa il 25%) oppure ad una identificazione imprecisa degli animali trattati e il cui latte non deve essere consegnato (circa il 20%). Micotossine Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte da funghi che si sviluppano durante la conservazione degli alimenti. Sono molecole molto stabili, attive nel tempo e non essendo di natura proteica non inducono risposte anticorporale. Le tossine che finiscono nell’alimentazione dell’animale in piccola parte vengono degradate dal rumine ma per la maggior parte rimangono nella carne e nel latte. Nel latte la famiglia di micotossine con maggior pericolosità sono le Aflatossine per la loro tossicità e l’elevato trasferimento nel latte. Le aflatossine note sono 16, ma quelle che si riscontrano più frequentemente sono quelle B1, B2, G1, G2 (presenti in prodotti vegetali), M1 e M2 (presenti solo in prodotti animali). Queste ultime derivano dal metabolismo animale (trasformate in idrossiderivato a livello epatico) ed escrete per via urinaria, biliare e nel latte. La legge sulla commercializzazione del latte stabilisce che il valore massimo di aflatossina M1 nel latte deve essere di 0,050g/kg di latte. Condizioni corporee L’allevatore deve monitorare diversi parametri produttivi e di benessere animali come per esempio la produzione, la qualità del latte, la fertilità, la salute, i tempi di ruminazione e di alimentazione e la condizione corporea ovvero quanto tessuto adiposo di deposita. Il BCS, o Body Condition Score, è un sistema utilizzato per valutare la condizione corporea degli animali. Si basa su una scala i cui punteggi che vanno da 1 a 5 valutano la quantità di grasso e muscoli presenti sull’animale. La condizione di obesità provoca problemi al parto e ridotta ingestione, mentre l’eccessiva magrezza porta a una riduzione della produzione e a una scarsa efficienza riproduttiva. I punteggi variano durante i diversi stadi fisiologici e l’andamento della curva è inverso rispetto a quello della curva di lattazione. Infatti, durante il parto, la lattazione avanzata e l’asciutta il BCS ideale ha un valore più elevato per cui l’animale ha bisogno di più grasso corporeo. Mentre, durante la lattazione iniziale il BCS ha un valore più basso. I punti più critici da valutare sono la lattazione iniziale e la lattazione avanzata in quanto, rispettivamente, in questi punti la vacca non deve nè perdere nè acquisire troppo grasso. Stadi fisiologici La capacità di ingestione, ovvero il consumo di sostanza secca dell’animale, ha una curva analoga alla curva di lattazione ma presenta successivamente il picco. La curva del peso corporeo diminuisce subito dopo il primo parto e aumenta fino al raggiungimento del peso ideale prima dell’asciutta. 31 La transizione si verifica da 3 settimane prima a 3 settimane dopo il parto e si sovrappone in parte alla lattazione e alla fase di asciutta. In particolare, durante la seconda transizione il feto utilizza molto glucosio e amminoacidi. Invece, durante la prima transizione, il bilancio energetico è negativo. Subito dopo il parto inizia la prima fase di lattazione che dura all’incirca 4-5 mesi, ovvero quelli più produttivi. Nella prima parte di questa fase, ovvero nei primi 2-3 mesi, si verifica una perdita di peso causata da un deficit nutritivo. Questo accade perché la massima capacità di ingestione si manifesta dopo il picco di produzione. Quindi, l’alimentazione deve contrastare la perdita di peso. La seconda fase di lattazione va dai 4-5 mesi dopo il parto fino alla fine della lattazione. Durante questo periodo l’animale recupera il peso, infatti il bilancio energetico è positivo, e i fabbisogni nutritivi diminuiscono. La fase di asciutta inizia generalmente 40-60 giorni prima del parto successivo ed è necessaria per rigenerare il tessuto mammario (le cellule secernenti muoiono per apoptosi e si rigenerano). In questo periodo, la crescita fetale è molto elevata e per questo la capacità d’ingestione è limitata. Alimentazione La resa nella trasformazione ruminale degli alimenti è massima quando le condizioni in cui si svolge il biochimismo ruminale si mantengono costanti il più a lungo possibile. Per questo è necessario un passaggio graduale da un tipo di razionamento a un altro e una revisione periodica del razionamento. Se la razione cambia frequentemente diventa difficile correggere in maniera tempestiva le carenze o gli eccessi del bilancio nutritivo. Per questo, molte aziende utilizzano un razionamento uniforme e costante per tutto l'anno. L’alimentazione stagionale, che prevede anche l’utilizzo di foraggi freschi, può avere delle ripercussioni negative soprattutto sulla capacità digestiva dell’animale. Bisogna fare attenzione alla composizione degli alimenti perché può cambiare l’apporto dei nutrimenti ma non il fabbisogno dell’animale. Un'alta temperatura ambientale deprime fortemente l'appetito e di conseguenza l'ingestione di sostanza secca, determinando cali produttivi anche elevati (10-25% in meno). Per razionalizzare l’alimentazione tenendo conto delle specifiche esigenze nutritive delle bovine nei diversi stadi fisiologici e produttivi, la mandria viene suddivisa in gruppi il più possibile omogenei: vitelli in svezzamento, manzette, manze, giovenche, bovine in asciutta e bovine in lattazione. Le bovine in mungitura vengono suddivise in base allo stadio di lattazione e/o al livello produttivo. L'analisi della curva di lattazione permette infatti di individuare almeno tre stadi durante i quali i fabbisogni sono soprattutto determinati dalla quantità di latte prodotto. Si possono così raggruppare le: - vacche "fresche" (0-90 giorni di lattazione) - vacche a curva produttiva "stabilizzata" o leggermente decrescente (90-180 giorni) - vacche a produzione decrescente fino alla messa in asciutta Nella suddivisione in gruppi, il passaggio da un gruppo all’altro può provocare problemi e stress a causa del cambio di alimentazione e delle gerarchie che si formano. Il sistema del gruppo unico per le vacche in lattazione è valido solo se si utilizzano autoalimentatori computerizzati che erogano gli alimenti individualmente. In caso contrario il gruppo unico comporterebbe forti squilibri alimentari. Nella stabulazione fissa gli alimenti sono costantemente accessibili e la bovina può decidere tra i vari alimenti forniti. Ma ciò non favorisce il mantenimento di una razione equilibrata e costante nel tempo. L'ingestione dei vari alimenti in tempi diversi favorisce il prevalere di una certa popolazione batterica e dei prodotti delle sue fermentazioni in dati momenti e altre popolazioni microbiche con relative fermentazioni in altri momenti. Quindi, sistemi più pratici stanno sostituendo il sistema tradizionale. Nella stabulazione libera possiamo suddividere due tipi di alimentazione: - Unifeed o TMR: somministrazione in mangiatoia di tutti gli alimenti mescolati assieme - Masterfeed o PMR: unifeed + autoalimentatore/robot per coprire i fabbisogni delle vacche più produttive 32 In condizioni normali la maggior parte dei vitelli è in piedi entro 30 minuti ed effettua la prima poppata entro 1 h (colostro). Poi, solitamente i vitelli vengono allontanati dalle madri entro poche ore. Questo perché a causa dell’allattamento si possono creare delle lesioni nelle mammelle e le primipare potrebbero avere difficoltà nell’adattamento alla mungitrice automatica. Inoltre, il vitello potrebbe assumere troppo colostro nei primi giorni di vita e ciò causa una indigestione e degli squilibri intestinali. Colostro Il colostro è un secreto povero di lattosio (eccessivi zuccheri potrebbero causare fermentazioni nei pre- stomaci) e particolarmente ricco di proteine, vitamine liposolubili, vitamina B12, ferro e immunoglobuline. Viene secreto dalla madre nei primi giorni e che nel giro di qualche giorno diventa latte. È fondamentale per il vitello dal punto di vista nutrizionale e immunologico poiché gli permette di acquisire gran parte degli anticorpi della madre. La capacità di anticorpi da parte del vitello diminuisce graduale e dipende da: - Tempistica di somministrazione del colostro - Concentrazione di anticorpi: scarsa nelle primipare - Stress da parte o da lattazione - Cambiamento di stalla da parte della madre La quantità di immunoglobuline dipende da: - Età: una bovina più “vecchia” ha un sistema immunitario più sviluppato - Razza e salute della bovina - Ordine di parto: maggiore nelle pluripare - Durata dell’asciutta: minore nelle bovine con asciutta inferiore a 40 giorni Il colostro deve essere somministrato non appena il vitello è in grado di assumerlo perché la composizione del colostro cambia molto rapidamente e si modifica l’apparato digerente del vitello. Nel primo giorno di vita, il vitello dovrebbe ricevere una quantità di colostro pari al 10% del suo peso vivo, quindi circa 4-5 L. Ma dovrebbe ingerire 2L entro 2 ore dalla nascita. È meglio somministrato in più pasti per: stimolare la doccia esofagea, favorire i processi di assorbimento intestinale e ridurre il rischio di indigestione. I vitelli dovrebbero assumere colostro almeno fino al terzo giorno di vita. Qualora la madre non fornisca una quantità sufficientemente valida si ricorre alla banca del colostro (negli allevamenti più grandi), a colostri artificiali o a colostri artigianali. Poi un latte di transizione il terzo giorno e successivamente il latte che può essere commercializzato. Svezzamento Lo svezzamento è il passaggio da un’alimentazione liquida ad una solida. Quando la produzione di latte della bovina è inferiore ai fabbisogni, il vitello inizia spontaneamente a consumare alimento solido. Il vitello alla nascita è monogastrico ma con lo svezzamento sviluppa anche i pre-stomaci. Si instaura quindi un’attività microbica, si sviluppano la parete del rumine e i tessuti di assorbimento, viene meno il meccanismo della doccia esofagea e si sviluppano le papille della mucosa per aumentare l’assorbimento. Lo svezzamento e in particolare lo sviluppo degli intestini si raggiunge attorno ai 2 mesi anche se poi continuano ad evolversi. In seguito all’ingestione di piccole quantità di alimenti solidi all’interno dei prestomaci si stabilisce una caratteristica microflora e microfauna e un pH neutro del rumine-reticolo. I microrganismi simbionti del rumine-reticolo sono alla base di: - Fermentazione dei carboidrati: produce acidi grassi volatili, sostanze gassose (CO2, CH4, H2) e calore che consente al ruminante di sopportare le basse temperature ambientali - Elaborazione di sostanze azotate - Sintesi vitaminiche Lo svezzamento naturale inizia dopo 6-8 mesi e quando la produzione di latte da parte della madre è inferiore rispetto ai fabbisogni del vitello, allora il figlio inizia spontaneamente a consumare alimento solido. 35 Lo svezzamento artificiale inizia a 8 settimane e si basa sulla somministrazione di una dieta mista. Dal terzo giorno all’ottava settimana il vitello viene nutrito con un latte sostitutivo di transizione. Successivamente, si alimenta con alimenti solidi, ovvero fieno e mangime, in modo graduale. Lo svezzamento può essere suddiviso in 3 fasi dopo la fase colostrale o la fase di reidratazione: 1. Fase lattea: dura 2-4 settimane e prevede la sola somministrazione di latte 2. Fase di svezzamento: dura 5-8 settimane, si riduce la quantità di latte e aumenta l’integrazione di alimenti solidi 3. Fase post-svezzamento: dura 2 mesi, la dieta è costituita unicamente da mangimi e foraggi ed è finalizzata allo sviluppo del microbioma intestinale Mangimi sostitutivi del latte: - Latte in polvere tradizionale: più diffuso e costituito quasi essenzialmente dalla farina del latte magro (caseina) - Latte “senza latte”: quota proteica fornita dalle proteine del siero del latte e da materie prime diverse dal latte - Latte acido: più conservabile ma è senza caseina necessaria per la coagulazione nell’abomaso Caratteristiche dei mangimi “starter” da svezzamento: - Molto appetibili e molto nutrienti perché devono stimolare l’ingestione - Devono coprire i fabbisogni di accrescimento importanti: si sviluppano particolarmente il tessuto scheletrico e muscolare - Molto digeribili - Energetici (90 UFL): base amilacea - Proteici (16-18%): fonti azotate di elevato valore biologico (farine di estrazione di soia o di girasole) - Fibrosi (8-11%): non eccessivamente - Elementi minerali e vitamine (idrosolubili e liposolubili) Il latte viene somministrato nelle quantità prestabilite attraverso: - Secchio (poppatoio o suzione diretta): consente di controllare i consumi individuali, osservare gli animali e ridurre il rischio di trasmissione di malattie - Distributori automatici: non c’è controllo e aumenta il rischio di patologie gastro-enteriche - Autoalimentatori computerizzati: distribuisce le quantità precise di alimenti e riconosce i vitelli grazie ai microchip I vitelli solitamente vengono posti in box individuali o collettivi dopo 15-20 giorni. In questo modo si ha un maggiore controllo e una riduzione della trasmissione di malattie. I box collettivi vengono utilizzati quando i vitelli sviluppano maggiormente il sistema immunitario. Manze La manza è la vitella che si è sviluppata e si prepara alla prima gestazione, sebbene sia improduttiva. Questa fase viene spesso trascurata ma è molto importante perché può condizionare l’intera carriera produttiva. Infatti, un'alimentazione inadeguata causa ipofertilità e ritardo dell'età al primo parto. Durante la pubertà, la manza produce ovuli fecondabili e manifesta estri o calori. Normalmente le razze di taglia inferiore raggiungono prima la pubertà ma è importante il raggiungimento del 50-60% del peso. Normalmente, nelle razze da latte, il primo calore compare a 9-12 mesi di vita ma non si feconda mai la manza in pubertà, perché si comprometterebbe lo sviluppo somatico. Solitamente si feconda dopo 3-4 mesi dalla pubertà in modo tale che il primo parto avvenga a 24-25 mesi. Una manza è pronta per la prima fecondazione quando raggiunge un peso vivo di circa 65-70% del peso vivo da adulto. Successivamente, arriva al primo parto con un peso vivo di circa l’80% del peso maturo. Mediamente negli allevamenti italiani di Frisona si può quindi attuare la prima fecondazione quando la bovina ha raggiunto i 380-400 kg di peso vivo, indipendentemente dall’età. 36 Se il peso vivo è troppo basso alla prima fecondazione si hanno diversi problemi durante e dopo il parto (distocico), conseguenze negative sulla fertilità successiva e influenze negative sulla produzione di latte, soprattutto nel primo mese di lattazione. Nella manza (bovina primipara) il canale uterino non è completamente sviluppato quindi i tori devono essere selezionati in modo da non dare problemi al parto a causa di una eccessiva dimensione del nascituro. Sviluppo I diversi organi e tessuti in una manza si sviluppano in diversi momenti. Per esempio, lo sviluppo del tessuto adiposo si concentra nel momento centrale della crescita della manza. Quindi, un animale molto giovane ha una quantità di tessuto adiposo molto inferiore. L’allometria consiste nell’accrescimento relativo di un organo o tessuto rispetto a tutto il corpo. —> y = accrescimento della parte, a = costante, b = coefficiente di allometria, x = totale —> b < 1: allometria diminutiva, b = 1 isometria, b > 1: allometria maggiorativa L’accrescimento del peso vivo è lineare mentre l’accrescimento dello scheletro non è lineare: 50% nei primi 6 mesi, 25% entro la pubertà (1 anno) e il rimanente 25% nel secondo anno di vita L’accrescimento della mammella può essere suddivisa in 4 fasi in base alla crescita rispetto al corpo: 1. Isometrica (uguale): fino a 3 mesi non c’è sviluppo di epitelio secernente 2. Allometrica (maggiore): fino alla pubertà le ghiandole crescono più velocemente del corpo, si ha un rapido sviluppo di un tappeto adiposo e dei dotti mammari ma non degli alveoli secernenti —> eccessivi livelli nutritivi favoriscono un accrescimento relativo superiore del tessuto adiposo rispetto al parenchima mammario con effetto negativo sulle lattazioni successive 3. Isometrica: fino a 3 mesi di gravidanza 4. Allometrica: fino al parto c’è un esteso sviluppo lobulo-alveolare Nel primo anno di vita le manzette crescono di peso e di taglia ma senza consistenti depositi di grasso, che cominciano ad esserci dopo la pubertà. Successivamente viene utilizzato il BCS per valutare: - A 10 mesi che ci sia troppo grasso - A 15 mesi che ci siano le condizioni adeguate per la fecondazione - A 20 mesi e al parto che i fabbisogni siano adeguati senza ingrassamento Alimentazione e divisione in gruppi L’alimentazione delle manzette prevede anche concentrati perché generalmente una razione a base di soli foraggi non è sufficiente a coprire i fabbisogni. Quanto più il foraggio somministrato è grossolano e povero di sostanze nutritive tanto maggiore deve essere l'apporto di alimenti concentrati per coprire i fabbisogni. La variazione delle esigenze alimentari nel corso della crescita delle manze impone la suddivisione in gruppi di alimentazione il più possibile omogenei. Il criterio più idoneo per la formazione dei gruppi è il peso vivo degli animali. Ciò permette di ridurre i problemi derivanti dalla competizione alimentare, evitando che animali più forti e anziani possano impedire ai più giovani di alimentarsi adeguatamente. Solitamente vengono creati 3 gruppi: - Vitelle svezzare: fino ai 200 kg - Manzette puberi: dai 200 ai 300 kg - Manze da fecondare e manze gravide: dai 300 kg fino a qualche settimana prima del parto —> poi ci sono le manze a fine gravidanza e le vacche in asciutta Nelle ultime 6-8 settimane prima del parto conviene aumentare gradualmente il quantitativo di concentrato per rispondere alle maggiori esigenze dell'ultima fase della gravidanza e per abituare l'animale e la sua flora ruminale all'introduzione di dosi massicce di concentrato. Le manze e il bestiame giovane deve essere preferibilmente allevato in stabulazione libera a lettiera permanente. Gli animali dovrebbero avere un'ampia area su cui muoversi in quanto l'attività fisica diventa fondamentale per favorire l'armonico sviluppo delle masse muscolari e dello scheletro. Il ricovero comprende: zona di riposo, zona di esercizio e zona di alimentazione. y = a × xb 37 Latte ovino e caprino Ovini e caprini sono specie animali differenti ma hanno alcune caratteristiche simili: - Mole ridotta - Ruminanti: apparato digerente e alimentazione con molte analogie - Apparato mammario diviso in due - Poliestrali stagionali: sono molto stagionali, caratteristica persa nel tempo dai bovini - Fotoperiodo decrescente: risentono molto del fotoperiodo negativo quindi partoriscono in primavera - Gestazione di 5 mesi e lattazione di 200 giorni In Italia vengono allevati circa 8 milioni di ovini e 1 milione di caprini, di cui la maggior parte di essi sono femmine destinate alla produzione di latte. Quindi, in numero sono di più rispetto alle vacche ma producono meno. Avendo esigenze nutritive inferiori sono diffusi soprattutto nelle aree meridionali e insulari. La gran parte degli allevamenti di ovini e caprini sono destinati alla produzione di latte. Mentre, la produzione di carne è nettamente ridotta. La carne di ovini e caprini non viene consumato molto in occidente poiché ha un gusto più forte. Il latte di pecora costituisce il 6% del latte totale nazionale ed è molto più concentrato, con quasi 6% di proteina e grasso. Viene quasi tutto caseificato in formaggi di medio-lunga stagionatura. Il latte di capra copre l’1% del latte totale nazionale e ha composizione molto variabile. Viene consumato fresco o viene caseificato in formaggi freschi. Ovini Gli ovini sono i primi ruminanti addomesticati dall’uomo e si sono specializzati con l’intesivizzazione. Precedentemente erano finalizzati anche alla produzione di carne e lana ma poi si sono specializzati nella produzione di latte. Gli allevamenti delle pecore da latte sono tradizionalmente situati nel bacino del Mediterraneo nel sud dell’Europa (Francia, Italia, Spagna e Grecia), nell’Europa centrale e dell’est e in paesi vicini come la Turchia o l’Iran. Importante in Europa anche la trasformazione dei prodotti. Gli allevamenti intensivi sono localizzate nelle zone in cui non si riesce a sfruttare il pascolo. Però sono principalmente diffusi gli allevamenti semibradi in quanto gli ovini hanno minori fabbisogni nutritivi e quindi possono essere utilizzati nell’alimentazione foraggi verdi e anche foraggi di bassa qualità. Categorie ovine: 40 Riproduzione La pecora è considerata poliestrale stagionale perché è in grado di riprodursi più volte all’anno ma la riproduzione è concentrata in periodi specifici dell’anno. Il termine “stagionale” si riferisce al fatto che la riproduzione è influenzata dalle stagioni e dal fotoperiodo, ovvero dalla durata del giorno e della notte. Durante il fotoperiodo negativo, ossia dopo agosto quando le ore di luce solare sono inferiori alle ore di buio, molte pecore sono inclini alla riproduzione. Il ciclo estrale è il periodo durante il quale un animale è sessualmente receptivo e può accoppiarsi. Per le pecore, il ciclo estrale dura in genere circa 17 giorni. Successivamente, la gravidanza dura 5 mesi. ❗ la produzione di latte è concentrata nei mesi primaverili-estivi ed è assente nei mesi invernali. La prima fecondazione viene fatta a 15-18 mesi oppure 6-8 mesi purché l’animale abbia raggiunto il 65% del suo peso adulto. La prima ovulazione post parto avviene dopo circa 24 giorni, ma l’involuzione uterina è più lunga (60 giorni). La fecondazione può essere naturale o artificiale (raramente) e solitamente viene utilizzano un maschio ogni 30-40 pecore. Solitamente l’allattamento è naturale e lo svezzamento avviene a circa 5-6 settimane. C’è un tasso di gemellarità più alto rispetto ai bovini, infatti 2 parti su 3 sono gemellari. A seconda dell’allevamento abbiamo: - Gestione intensiva: 3 parti in due anni —> fondamentale per l’efficienza della produzione - Gestione tradizionale: 1 parto all’anno È possibile avere agnelli a Natale e a Pasqua, se rispettivamente le ovine vengono fecondate a fine primavera (maggio-giugno), ovvero quando il fotoperiodo è crescente e sfavorevole alla fertilità, e in autunno (settembre-ottobre). Per garantire ciò vengono utilizzate delle tecniche: - Creazione del fotoperiodo artificiale facendo credere all’animale diverse stagioni e quindi condizionamento degli ambienti chiusi, degli orari e delle temperature —> condizionamento delle ore di luce negli ambienti stallini, garantendo per esempio l’autunno nei mesi primaverili e viceversa - Inserire arieti nel gregge - Fornire concentrati 3-4 settimane prima dell’induzione del calore - Inserire nei riproduttori ormoni della riproduzione (progestageni o prostaglandine) per sincronizzare gli estri —> più efficace Si utilizzano questi sistemi anche perché si vuole avere una produzione di latte costante durante tutto l’anno. Inoltre, l’allevatore è abbastanza succube del mercato del latte ed è costretto a produrre latte indipendentemente dal suo prezzo nel mercato. Strutture L’allevamento semibrado prevede il pascolamento diretto nei campi e l’integrazione alimentare nelle strutture che prevedono sistemi di recitazione e ricoveri. L’allevamento confinato può essere suddiviso in: - Intensivo: stabulazione permanente in ricovero e utilizzo raro del pascolo - Estensivo: utilizzo del pascolo ma con frequente e prolungato confinamento Nelle stalle, i ricoveri delle pecore da latte sono solitamente in stabulazione libera a lettiera permanente che prevedono grandi box. Mentre gli agnelli da ingrasso sono situati in box multipli a lettiera permanente e gli arieti in box singoli. Alimentazione Gli ovini sfruttano principalmente il pascolo e hanno bassa capacità di selezione, però tendenzialmente non consumano parti legnose di cespugli e arbusti, caratteristica tipica invece delle capre. Hanno dei fabbisogni di mantenimento proporzionali al loro peso metabolico e quindi inferiori a quelli delle vacche da latte. 41 Hanno una capacità digestiva inferiore rispetto ai grandi ruminanti, quindi per soddisfare i loro fabbisogni ovini e caprini devono aumentare la velocità di transito degli alimenti nel rumine e avere elevati livelli di ingestione. Le pecore in lattazione hanno livelli di ingestione pari al 5-6% del loro peso, mentre vacche in lattazione del 3-3,5%. Inoltre, sono maggiormente in grado di selezionare gli alimenti degradabili più velocemente grazie alla conformazione della bocca e alla maggiore mobilità labiale e linguale. Dedicano più tempo all’attività masticatoria poiché mangiano molto ma hanno un apparato boccale ridotto. Per tutte queste peculiarità e per favorire l’ingestione, agli ovini vengono somministrati foraggi sminuzzati. Nei sistemi di allevamento semi-intensivi si possono individuare due sistemi di alimentazione: quelli basati sul pascolo e quelli che prevedono la stalla e non il pascolo. Nelle zone mediterranee c’è maggiore disponibilità di pascoli. Mentre, nelle altre zone vengono utilizzate le stalle nel periodo invernale e i pascoli nei mesi in cui c’è disponibilità di erba nel pascolo. Pascolo Le razze mediterranee trascorrono tutto l’anno al pascolo, divisi o meno in gruppi con rotazione degli appezzamenti pascolati. Quando possibile la divisione del gregge nei vari appezzamenti è determinata dal livello produttivo: le pecore più produttive sono fatte pascolare sui terreni migliori. Spesso ricevono un’integrazione di mangime al momento della mungitura, il più possibile diversificata in base allo stadio di lattazione. Nei mesi in cui i pascoli sono più produttivi il mangime serve a bilanciare la composizione in nutrienti della dieta, nei mesi estivi il concentrato incrementa l’apporto nutritivo in particolare di proteine nel caso il pascolo sia a base di graminacee e non irriguo. L’integrazione del periodo invernale dovrebbe prevedere anche un discreto apporto di fibra e di carboidrati. Stalla Le stalle sono diffuse negli allevamenti intensivi in zone con clima caldo e secco, in particolare Spagna, Cipro e Israele. Gli animali sono mantenuti confinati in stalle e suddivisi in gruppi in base al livello produttivo. L’alimentazione è basata sulla somministrazione di fieno, foraggi insilati, concentrati e sottoprodotti. In Italia si sta diffondendo anche l’uso dell’unifeed che nel caso delle pecore deve essere trinciato molto più finemente. La miscelata è preparata con foraggi facilmente digeribili e non troppo fibrosi. Produzione Circa il 60% degli ovini sono destinati alla produzione di latte. Il latte ovino italiano è interamente trasformato in formaggi. Le DOP, in particolare il Pecorino Sardo e Romano, ma anche Siciliano e Toscano, sono molto apprezzate anche all’estero. Mediamente, il latte ovino ha un contenuto di grasso compreso tra il 6-7% e il contenuto proteico è circa il 5%. Rispetto al latte bovino e caprino, quello ovino è caratterizzato da: - Maggiore contenuto in proteine e lipidi che lo rende particolarmente adatto alla trasformazione sia in termini di resa che in termini di caratteristiche organolettiche - Maggiore opalescenza dovuta alla riflessione della luce sulle particelle in sospensione (caseine, fosfati, citrati e sali di calcio) - Colore bianco porcellana dato dalla mancanza di trasferimento di beta-carotene dai foraggi freschi al latte - Superiore contenuto in sostanze minerali, in particolare calcio, che innalzano il potere tampone L’apparato mammario è costituito da due mammelle dotate ciascuna di un capezzolo e di un unico poro lattifero. La cisterna in proporzione è molto voluminosa e contiene circa il 60-80% del latte. Mentre nei bovini il latte era principalmente situato nella porzione ghiandolare. Gli impianti di mungitura sono sostanzialmente di due tipi: lineare a pettine e rotativo a giostra La produzione di carne si concentra sulla macellazione di agnelli (circa 65 %), agnelloni e castrati (circa 25%) ed animali adulti (circa 10%). 42 Caprini Categorie caprine: Gli animali adulti allevati sono prevalentemente femmine in quanto è maggiore la produzione di latte rispetto alla produzione di carne. I maschi sono necessari per la riproduzione che può essere naturale o artificiale. Una capra adulta a livello di peso non si discosta molto da una pecora adulta. Gli allevamenti sono più distribuiti a livello nazionale rispetto a quelli ovini e possono essere: - Estensivo: bisogna immettere meno input, ha una produttività inferiore e necessita di una superficie maggiore, solitamente meno fertile, come la collina e la montagna in cui sono presenti pascoli e alpeggi —> tipico di piccole aziende che accorciano la filiera con la trasformazione aziendale (diretta) e che vendono i prodotti ad un prezzo maggiore - Semi-intensivo: ospita un ridotto numero di capi (40-60), si trova solitamente in collina ed è più stallino (paddock) ma il pascolo viene utilizzato stagionalmente —> trasformazione aziendale - Intensivo: elevato numero di capi (200-300), concentrato nella pianura e presenta una struttura stallina che prevede la stabulazione libera a lettiera permanente + paddock —> vendita di latte e destagionalizzazione dei parti Nelle strutture non devono essere trascurati la gestione e la pulizia delle lettiere, la qualità dell’aria, le temperature (10-13º) e l’umidità (70-80%). Riproduzione I caprini come gli ovini sono poliestrali stagionali, quindi entrano in calore nei periodi con fotoperiodo negativo. Quello che cambia maggiormente è la gestione. Infatti, per avere i capretti a Pasqua e a Natale c’è bisogno di maggiore condizionamento perché la pubertà delle capre si verifica generalmente 1-2 mesi dopo quella delle pecore. Quindi, per avere il capretto a Natale il parto deve avvenire a novembre e la gestazione deve partire in primavera con fotoperiodo positivo. Alimentazione La capra è un ruminante poligastrico quindi la sua alimentazione prevede prevalentemente foraggi. I fabbisogni dei caprini sono minori rispetto a quelli dei bovini e sono simili a quelli degli ovini. L’ingestione di sostanza secca varia in base allo stadio riproduttivo tra 1,5 e 3 kg al giorno. Rispetto ai bovini, ovini e caprini hanno una capacità di ingestione maggiore se rapportata al loro peso. —> 4-6% del loro peso corporeo 45 Negli animali in asciutta, che hanno solo i fabbisogni di mantenimento e di gestazione, l’alimentazione è formata da 70-80% di foraggi e da 30% massimo di concentrati. Mentre, durante la lattazione e la fecondazione le quantità di concentrati aumentano fino ad un massimo di 60%. I fattori che influenzano l’alimentazione sono: - Taglia e razza - Livello produttivo, stadio fisiologico e stato sanitario - Qualità e dimensione di foraggi: una fibra più corta consente di aumentare l’efficienza digestiva - Distribuzione degli alimenti: poco ma frequente perché hanno una efficienza digestiva ridotta Rispetto ad ovini e bovini, i caprini sono maggiormente in grado di selezionare ciò che mangiano. Generalmente non pascolano come i greggi di ovini e bovini ma cercano le piante più interessanti. Questa caratteristica emerge anche nell’alimentazione in mangiatoia. Quindi, anche per questo motivo diventa maggiormente importante la distribuzione degli alimenti nel tempo. L’accesso o meno al pascolo condiziona l’alimentazione fornita al livello stallino. In particolare, bisogna tener conto delle ore trascorse al pascolo e della quantità di alimenti che riescono ad ingerire. Caprette Negli allevamenti tendenzialmente i capretti di 40-60 giorni vengono destinati alla produzione di carne. Invece, tutte le caprette necessarie per sostituire le capre adulte vengono allevate fino ad essere produttive. I parti sono generalmente autonomi e anche nel caso dei caprini c’è un alto tasso di gemellarità. Rispetto ai bovini, grazie alla dimensione ridotta, è possibile garantire ai nuovi nati degli ambienti più protetti, che prevedono piccoli box con lettiere permanenti in cui è sempre necessario garantire la pulizia ed evitare gli affollamenti. È importante anche nel caso dei capretti la tempestiva assunzione di colostro ricco di nutrimenti. Lo svezzamento avviene attorno ai 50-60 giorni. Pesi rispetto agli stadi fisiologici: - Nascita: 4 kg - Svezzamento: 15 kg - 6 mesi: 24 kg - Accoppiamento: 34 kg —> ciò che influenza maggiormente l’accoppiamento non è l’età ma il peso che deve corrispondere al 50-60% del peso adulto - Al parto: 47 kg - Adulto: 60-70 kg Produzione La curva di lattazione delle capre ha un andamento simile a quella dei bovini. In media i caprini producono sui 3 kg di latte al giorno, circa ⅒ dei bovini. Il latte caprino, a differenza di quello ovino, ha un tenore di grasso e proteine molto vicino a quello bovino. Anzi, la quantità di grasso è generalmente più bassa quindi la resa non è particolarmente elevata. Quantità maggiori di grasso rispetto alle proteine sono un indicatore del fatto che l’alimentazione è sbagliata, in particolare la digestione della fibra (troppi concentrati o foraggi troppo fini e di scarsa qualità) da cui derivano gli acidi grassi volatili. Questo è un rischio degli animali più produttivi la cui alimentazione prevede maggiori quantità di concentrati. L’urea, ovvero l’azoto che viene scartato attraverso le urine e il latte, deve essere contenuta nel latte entro determinate quantità. Denota se c’è uno sbilanciamento a livello alimentare di proteina. In base ai valori di urea nel latte possiamo analizzare l’alimentazione: - Valori bassi: carenza di azoto o eccesso di energia - Alti valori: eccesso di azoto o carenza di energia Come per i bovini, la bassa quantità di cellule somatiche nel latte è un indice della sanità della mammella. Subito dopo il parto le cellule nel latte aumentano e nel mese successivo calano. Dopodiché verso la fine della lattazione si assiste ad un aumento fisiologico che porta il valore delle cellule a circa 1.500.000 cell/ml. 46 Il latte caprino è ricco di acidi grassi a catena corta (caproico, caprilico e caprico) e non presenta carotenoidi come quello ovino. Ha una composizione chimica molto variabile in funzione dell’alimentazione e della razza. Generalmente, il latte delle razze alpine ha meno grassi e proteine e quello delle razze mediterranee ha una maggiore resa. L’allevamento caprino in Italia ha come indirizzo primario la produzione del latte, che viene prodotto prevalentemente nelle regioni meridionali e insulari ed è destinato sia al consumo diretto che alla caseificazione. Inoltre, dato che il latte caprino e bovino sono simili nella composizione, spesso i formaggi, solitamente freschi perché la resa è maggiore, sono formati da un latte misto. Mentre, il latte ovino, per il suo gusto forte e per la resa casearia elevata, viene trasformato in pecorini stagionati. La produzione risente della stagionalità dove non è possibile avere allevamenti intensivi. La produzione di carne deriva esclusivamente da capretti o capre a fine carriera provenienti da allevamenti da latte. Distribuzione geografica Il patrimonio mondiale conta 800 milioni di capi, il maggior possessore è l’India con 150 milioni di capi seguita dalla Cina con 135 milioni di capi. Il patrimonio nazionale ammonta a 1 milione, di cui il 45-50% costituito da razze riconosciute e con i libri genealogici. Negli anni 30 c’era una scarsa disponibilità di pascoli e successivamente fino agli anni 80 è calato di molto il numero nazionale di capi. Razze alpine La Camosciata delle Alpi (16 mila capi) è originaria della Svizzera ed è diffusa in Piemonte e in Lombardia. È di taglia medio-grande, ha il mantello castano scuro, una riga mulina e il PV della capra adulta è di 70 kg. Caratteristiche: - Latte: 500±180 kg/l in 7 mesi - G 3.3%, P 3.1% - Fertilità 95%, prolificità 160%, età 1° parto 12-14 mesi —> Vengono allevate principalmente in allevamenti intensivi quindi sono fertili entro l’anno - Azione selettiva: quantità e qualità del latte, mammella, fertilità e prolificità La Saanen è originaria della Svizzera ma si è diffusa in molti paesi, in Italia in Piemonte, Lombardia, Emilia, Toscana e Lazio. È di taglia medio-grande, ha il mantello bianco e il PV della capra adulta è di 60 kg. Caratteristiche: - Latte: 600±200 kg/l in 7 mesi - G 3.2%, P 3.1% - Fertilità 90%, prolificità 160%, età 1° parto 12-14 mesi - Azione selettiva: quantità e qualità del latte, mammella, fertilità e prolificità La Orobica è diffusa nelle montagne lombarde e proviene da una popolazione locale di origine sconosciuta. È di taglia media, ha il pelo lungo, ha il mantello scuro e il PV della capra adulta è di 65 kg. Caratteristiche: - Latte: 300 kg/l in 7 mesi - G 3.0%, P 3.0% - Fertilità 95%, prolificità 130%, età 1° parto 18 mesi - Azione selettiva: quantità e qualità del latte, apparato mammario, taglia Razze di regioni insulari e meridionali La Maltese (8500 capi) è originaria della zona medio-orientale del bacino del mediterraneo ed è prevalentemente allevata in Sicilia e nel Centro-Sud. È di taglia media, ha il mantello bianco con nuca, orbite e orecchie nere e il PV della capra adulta è di 45 kg. Caratteristiche: - Latte: 350 kg/l in 7 mesi - G 4.3%, P 3.7% —> hanno una produzione più bassa quindi la qualità del latte è più alta - Fertilità 95%, prolificità 180%, età 1° parto 18 mesi - Azione selettiva: latte, mammella e arti 47 L’efficienza riproduttiva è più elevata in autunno e la concentrazione dei parti è tra l’estate e l’autunno successivo. Ciò è un problema per la produzione di mozzarella perché la produzione di latte si concentra in determinati periodi dell’anno. Per evitare un accumulo di produzione di latte nei periodi in cui c’è meno richiesta di mozzarella, ovvero in autunno, si destagionalizza la mandria interrompendo la promiscuità sessuale nel periodo di massima attività riproduttiva. In questo caso viene utilizzato meno il condizionamento ormonale a favore del condizionamento ambientale e della rimozione dei riproduttori (tori) nei mesi di maggiore fertilità per posticipare le fecondazioni. La destagionalizzazione comporta: - concentrazione dei parti nel periodo primavera-estate - maggiore produzione di latte nel periodo estivo, quando maggiore è la richiesta di mozzarella - perdita di fertilità variabile tra il 7 e il 35%, in base al grado di stagionalità della mandria Produzione Gli allevamenti sono specializzati nella produzione di latte e la produzione di carne è molto limitata. Negli ultimi anni, grazie alla selezione, la quantità di latte prodotta è aumentata senza andare a discapito dei tenori di grasso e proteine. La curva di lattazione delle bufale è simile a quella delle bovine. La lattazione dura circa 270 giorni ed è più breve rispetto a quella dei bovini, che generalmente dura 305 giorni. Come nei bovini, l’ingestione è massima dopo il picco di lattazione però ma non c’è un deficit energetico, ovvero un forte calo del peso corporeo, nella prima parte della lattazione. La produzione è inferiore nelle primipare e nelle secondipare ed è maggiore nelle pluripare. Il latte di bufala ha sapore dolce, colore bianco opaco dovuto all'assenza di carotenoidi e pH che oscilla tra il 6,6-6,8. La resa in mozzarella è del 24,6%, superiore di circa 1,8 volte di quella del latte vaccino (resa 13%). È molto più elevata grazie agli alti tenori di grasso e proteina: G 8,01% e P 4,63%. La mozzarella di bufala campana DOP è un prodotto caseario prodotto tradizionalmente in Campania, specialmente nelle province di Napoli, Caserta e Salerno. Nelle altre zone, per esempio nel Nord Italia, in cui sono presenti allevamenti bufalini, non vengono prodotte mozzarelle con il marchio DOP. La carne bufalina rispetto alla carne bovina ha diverse caratteristiche nutrizionali: - Maggiori quantità di ferro - Meno grassa: dipende dall’alimentazione - Più tenera a parità di età - Più succosa: maggiore ritenzione idrica - Resa alla macellazione inferiore
 50 Produzione di carne La carne è la parte del corpo animale composta da muscoli, grasso (intra e intermuscolare) connettivo, vasi sanguigni e linfatici e nervi che assume tale nome dopo macellazione e successive modificazioni chimico-fisiche (frollatura). La carne è ottenuta dalle seguenti specie animali: - Bovini (+ latte) - Ovini e caprini (+ latte) - Bufalina (+ latte) - Avicoli (+ uova) - Suini - Cunicoli - Equini A livello europeo, le carni più prodotte sono la bovina, la suina e l’avicola. In particolare, la produzione di carne bovina è leggermente in calo mentre quella di carne suina è in aumento. Inoltre, la produzione di carne ovina e caprina è diminuita nettamente. I consumi apparenti sono ottenuti dai dati di macellazione, ovvero dalla quantità di carne macellata. Forniscono una elevata sovrastima del consumo reale perché non tengono conto di: - Perdite di lavorazione: perdite di liquido per sgocciolamento e di piccole parti corporee non recuperabili - Perdite di stagionatura (soprattutto nel caso del suino) - Scarti: parti non edibili o scartate per il consumo umano (grasso, ghiandole, tessuto nervoso, vasi sanguigni) Il consumo apparente è di circa 210 g al giorno, pari ad un consumo annuo apparente di circa 80 kg. I consumi reali sono dati ottenuti su campioni di consumatori che si basano sulle quantità effettivamente consumate e rilevate con interviste. Negli ultimi anni il consumo reali si aggira su circa 105 g al giorno. I dati di approvvigionamento si basano sui dati dei consumi apparenti. La carne avicola non viene esportata perché ciò che viene prodotto viene anche consumato. Mentre, la carne bovina e suina viene sia importata che esportata. Le importazioni vengono utilizzate per produrre prodotti di più scarsa qualità. Il consumo di carne a livello mondiale è in aumento mentre a livello nazionale è costante. Carne bovina La produzione di carne bovina in Italia dipende fortemente dall’estero, soprattutto da Francia Germania e Irlanda, ovvero paesi in cui c’è grande disponibilità di pascoli. Solitamente, i bovini importati nascono e vengono parzialmente allevati all’estero e successivamente vengono importati nelle regioni del nord Italia in cui c’è disponibilità di alimenti ad alto valore energetico. Motivi dell’importazione: - Carenza di vacche nutrici - Scarsa disponibilità di pascoli - Disponibilità di mais di buona qualità per l’ingrasso finale 51 Consumi: kg/anno Autoapprovvigionamento Carne bovina 17.7 76% Carne suina 39.7 61% Carne avicola 20.4 107% Carne conigli + selvaggina 0.9 91% Carne ovi-caprini 0.9 63% Carne equina 0.5 18% Altre carni 0.9 Totale 81.0 Categorie di bovini utilizzati per la produzione: - Vitelloni pesanti: soggetti maschi, non castrati, allevati in allevamenti intensivi prevalentemente nella Pianura Padana, alimentati con insilato di mais e concentrato, macellati a un’età massima di 20 mesi e ad un peso di 600-650 kg - Vitelloni leggeri (baby beef): alimentati con insilato di mais e concentrato, macellati a un’età di circa 14-16 mesi e ad un peso di 400-500 kg - Vitelloni in allevamenti estensivi: allevati in ambienti non confinati in Piemonte, nell’Appennino centro-meridionale e nelle isole e alimentati sia attraverso il pascolo che con mangimi concentrati - Vitelli a carne bianca: soggetti appartenenti a razze da latte, allevati essenzialmente in Lombardia e in Veneto e alimentati con latte in polvere —> Vitelli scolostrati: svezzati subito per ingrassare - Vitelli da ristallo: nascono all’estero e quando pesano circa 180-350 kg vengono importati in Italia - Scottone: manze non ingravidate sottopose all’ingrasso per 3-4 mesi con le stesse tecniche dei vitelloni pesanti, fino a un’età di 20-22 mesi e un peso di 350-500 kg - Bovine da latte a fine carriera: vacche hanno concluso la carriera produttiva e vengono eliminate per motivi diversi (traumi, infertilità, scarsa produzione, etc.) —> categoria meno pregiata per la scarsa resa e per le carni scure e non tenere In Italia vengono macellati circa 2,5 milioni di capi all’anno, di cui circa 700 mila sono importati. Principali categorie da macello: - Vitelli a carne bianca: 600 mila - Bovine da latte a fine carriera: 500 mila - Vitelloni all’ingrasso: 1 milione e 300 mila Allevamento del vitellone all’ingrasso I vitelloni sono in genere bovini maschi che possono essere leggeri o pesanti in base all’allevamento di provenienza. Sono molto giovani in modo tale da avere un buon sviluppo muscolare e una carne tenera. Vengono allevati per 16-18 mesi fino al raggiungimento di un peso vivo pari a 500-700 kg. 52 Allevamento Fino agli anni 40-50 l’economia italiana era prevalentemente di tipo agricolo quindi il commercio di carne era molto ridotto (40% della popolazione attiva operava in questo settore). Con l’industrializzazione la popolazione ha abbandonato le campagne per andare verso le città. Nel secondo dopo guerra è aumentato gradualmente il benessere sociale e ciò ha determinato da un lato un calo nella produzione agricola e dall’altro un maggiore consumo di carni. Inoltre, gli animali che prima erano deputati nel lavoro dei capi sono stati sostituiti da macchinari e sono stati selezionati in particolare per la produzione di carne e latte. La scarsa disponibilità di superfici ha orientato gli allevamenti su altri settori (suini, vacche da latte). C’è stato un forte deficit di vitelli da ingrassare e per soddisfare la richiesta c’è stata una forte importazione dall’estero. Però in Italia ci sono centri di ingrasso ben sviluppati, in particolare nella pianura padana, perché non richiedono superfici estese. Negli anni 90 c’è stata una crisi dell’allevamento del vitellone da carne italiano a causa delle importazioni a basso prezzo (Sudamerica) e della domanda calante. Inoltre, si sono verificate delle situazioni, come quella della mucca pazza, che hanno avuto una forte influenza sulla produzione. I due principali tipi di carne prodotti e consumati in Italia sono: - Carne bianca di vitello - Carne rossa di bovino adulto La carne bianca di vitello è molto apprezzata dai consumatori per la maggior tenerezza e per il minor contenuto di grassi. È una carne tenera perché l’animale al momento del macello non ha ancora sviluppato completamente i tessuti connettivi e adiposi. Queste caratteristiche però provocano una bassa resa di macellazione. La parte più consistente delle carni bovine è costituita dalla carne rossa di bovino adulto che dal punto di vista quantitativo copre più dell’80% della produzione espressa in tonnellate. Deriva da: - Vitellone da carne (pesanti e leggeri) - Manze di età inferiore ai 2 anni - Vacche da latte a fine carriera La fase di ingrasso del vitellone viene fatta prevalentemente in allevamenti intensivi, in cui l’alimentazione si basa su insilati e concentrati. L’accrescimento al pascolo è più lento e l’animale giunge alla macellazione ad una età avanzata, in cui sono già sviluppati i tessuti adiposi. Inoltre, i carotenoidi presenti nei foraggi freschi conferiscono un colore giallognolo alla carne. Solitamente, l’allevamento estensivo viene utilizzato per la riproduzione e non per l’accrescimento. Strutture e gestione Negli allevamenti da carne viene quasi unicamente utilizzata la stabulazione libera e molto raramente la stabulazione fissa. Come per le bovine da latte, le strutture possono avere diverse caratteristiche ma il pavimento fessurato è quello più diffuso poiché è più efficiente sebbene l’investimento iniziale. Tuttavia, le strutture sono più semplici, infatti è presente nel centro la corsia di foraggiamento e nei due lati i box. Sono solitamente aperte quindi non ci sono problemi di arieggiamento. L’alimentazione si basa solitamente sul sistema unifeed quindi è ideale dividere gli animali in gruppi omogenei in modo tale che abbiano tutti gli stessi fabbisogni. Di solito si creano ⅔ gruppi in base al peso vivo degli animali. Gli animali vengono suddivisi in base a razza, sesso e omogeneità. Nei gruppi ci deve essere equilibrio per evitare che si formino eccessive gerarchie. Ad ogni rallentamento dell’accrescimento, dovuto da condizioni stressanti, corrisponde poi una fase di recupero, detta “accrescimento compensativo” molto rapido. Nei vitelloni è importante valutare l’ingrassamento nelle fasi finali. L’età di macellazione è quando sostanzialmente lo sviluppo muscolare rallenta e quello adiposo accelera. Quindi, è importante mandare al macello carni con una giusta quantità di marezzatura. Ordine di deposito del grasso: perirenale, intermuscolare, sottocutaneo e intramuscolare. 55 Alimentazione I bovini da carne hanno una capacità di ingestione più bassa, ovvero di 1,2-1,5 kg/d, perché hanno uno sviluppo più lento e perché le bovine da latte hanno un’alta capacità di ingestione (2-2,5 kg/d). Il fabbisogno proteico è legato all’accrescimento muscolare. Quindi nella fase di sviluppo dei tessuti muscolari le proteine costituiscono circa il 13-15% della razione, mentre durante l’accrescimento del tessuto adiposo possono essere diminuite. L’alimentazione si basa principalmente su foraggi insilati che danno molta energia e sono formati da fibra molto digeribile. Possono costituire dal 50 all’80% della sostanza secca della razione. Vitello a carne bianca I vitelli a carne bianca sono maschi nati da razze ad alta produzione lattea (Frisone e Brune). Non vengono svezzati e viene prolungata per più di due mesi l’alimentazione basata su latte. Per essere considerato vitello l’animale deve avere massimo 8 mesi e la carcassa deve avere un peso massimo di 180 kg. In Italia ci sono circa 1000 allevamenti di vitelli a carne bianca, principalmente in Veneto e in Friuli. Circa 800-900 mila capi giungono alla macellazione costituendo il 60% dell’autoapprovigionamento, per il resto devono essere importati vitelli dall’estero. Le normative comunitarie sono sempre più stringenti per il miglioramento del benessere dei vitelli a carne bianca: - Utilizzo di una dose giornaliera di alimenti fibrosi per ogni vitello dopo la seconda settimana di vita - Per garantire l’interazione con gli altri animali, dal secondo mese è vietato il box singolo. - Livelli minimi di emoglobina: 7,25 g/100 ml I vitelli a carne bianca giungono al macello a 5-8 mesi d’età con un peso vivo finale di circa 250-270 kg. La resa al macello è del 62-67% ed è elevata perché lo scarto dei pre-stomaci è ridotto non avendoli ancora totalmente sviluppati. Sono praticamente monogastrici quindi non hanno esigenze elevate di fibre perché non hanno un’attività ruminale sviluppata. La loro alimentazione si basa su: - Polvere di latte: 280 kg - Mangime: 350-400 kg - 15% proteina, 4% grassi, 8-10% fibra, 2,5 % ceneri - Paglia: 10 kg Linea vacca-vitello La linea vacca-vitello è un sistema di allevamento bovino in cui le vacche madri rimangono insieme ai loro vitelli finché non raggiungono l’età adatta per essere svezzati. Questo tipo di allevamento si concentra sulla produzione di vitelli, che sono destinati poi all’ingrasso e alla produzione di carne. In questi allevamenti la fecondazione avviene in modo naturale e gli obiettivi sono: alto tasso di fertilità e alto numero di vitelli sani. Dopo il parto, i vitelli rimangono con la madre fino ai 5-7 mesi (180-220 kg) e ricevono latte fino al termine dello svezzamento naturale. Quindi consumano il latte della madre fino al termine della lattazione, che è più breve e dura generalmente 5-7 mesi. Dopo lo svezzamento i vitelli eccedenti vengono separati dalle madri, vengono venduti come broutards e vengono trasportati in allevamenti intensivi in cui vengono inseriti in cicli di ingrasso e di finissaggio. Questo metodo di allevamento è diffuso negli ambienti in cui è possibile allevare gli animali in modo semi-estensivo, ovvero nelle regioni in cui ci sono pascoli abbondanti (Francia, Germania e Inghilterra). Ci sono due linee produttive in funzione della gestione dei vitelli: - Vitelli da ristallo: parte dell’ingrasso e del finissaggio avviene in un’azienda diversa - Ciclo chiuso: nascita, svezzamento, ingrasso e finissaggio dei vitelli avviene nella medesima azienda 56 L’alimentazione è stagionale: - Primavera-estate: le mandrie si alimentano con i foraggi del pascolo, i vitelli si nutrono di latte materno e gradualmente anche di erbe del pascolo —> integrazione qualora il pascolo non riesca a soddisfare i fabbisogni degli animali - Autunno-inverno: mandrie tornano in azienda e si nutrono di foraggio secco e concentrati, i vitelli hanno terminato lo svezzamento e possono essere venduti L’alimentazione dei vitelli è molto importante durante i primi 3 mesi di vita: ad ogni kg di latte assunto corrisponde un incremento ponderale di 100 g/giorno. Non sempre il latte della madre è sufficiente, quindi bisogna considerare il latte proveniente da altre vacche oppure la somministrazione di alimentazione solida. Trasporto e macellazione Nella macellazione e nei momenti precedenti ad essa il benessere animale è fondamentale perché influenza notevolmente la composizione della carne. In Italia, sono presenti pochi (si stanno riducendo) ma grandi impianti di macellazione, localizzati principalmente nella pianura padana. La lunghezza del trasporto tra gli allevamenti di ingrasso e il luogo della macellazione aumenta lo stress e la possibilità di avere lesioni. Durante il trasporto gli animali perdono peso, circa 7% nei viaggi da 18-24 ore, poiché non vengono nutriti. Fasi del trasporto: 1. Caricamento animali in allevamento: sono presenti strutture mobili che facilitano questo processo 2. Trasporto 3. Scarico in recinti di sosta in cui gli allevamenti trovano da bere 4. Preparazione allo stordimento: gli animali vengono portati verso le trappole di stordimento Lo stordimento viene utilizzato per rendere gli animali incoscienti prima della macellazione, poiché sono riconosciuti come esseri senzienti. Questo processo è essenziale per ridurre il dolore e lo stress. Nei bovini lo stordimento si realizza nella trappola di stordimento mediante uso di pistole a proiettile captivo che agiscono mediante un chiodo in acciaio. Il proiettile viene sparato nella regione frontale del cranio in cui le ossa sono più sottili e il cervello è più vicino alla scatola cranica. La macellazione è il procedimento utilizzato per portare l’animale alla morte per dissanguamento, attraverso il taglio dei vasi sanguini di grosse dimensioni presenti a livello del collo (carotidi). Per facilitare il processo l’animale viene appeso sugli arti posteriori. Fasi macellazione: 1. Stordimento 1. Iugulazione e dissanguamento 2. Distacco delle estremità distali degli arti (zoccoli) che potrebbero essere contaminati e distacco testa 3. Scuoiatura ed eviscerazione: rimossi pelle e organi interni Carcassa: corpo intero dell'animale macellato, dopo le operazioni di dissanguamento, svisceramento e scuoiamento. Viene divisa in due mezzene che possono essere a loro volta suddivise in quarti attraverso il taglio a pistola (quinta vertebra toracica) che lascia integro il costato e permette di isolare le carni di prima qualità RESA di MACELLAZIONE: rapporto carcassa/peso vivo RESA di MACELLERIA: rapporto peso commerciale (vendibile)/peso morto Con la sezionatura si perde circa il 30% del peso poiché vengono rimosse le ossa e il grasso di scarto. Dalla sezionatura delle mezzene si ottengono: - Tagli di prima qualità: muscoli posteriori più teneri e meno grassi - Tagli di seconda qualità: muscoli anteriori più grassi - Tagli di terza qualità: carni più scure 57 Carne suina I suini sono monogastrici onnivori e sono di mole inferiore. Generalmente non consumano foraggi non essendo in grado di metabolizzare la fibra, utilizzano molto bene le fonti amilacee e proteiche. Nel monogastrico si svolge una limitata attività fermentativa a livello di intestino crasso (cieco e colon) che porta alla sintesi di vitamine, soprattutto del complesso B, e di acidi grassi volatili. I suini sono una specie multipara ovvero da un parto nascono circa 10-12 suinetti, che alla nascita pesano 1-1,7 kg. In generale, i figli delle specie che partoriscono più figli hanno un tasso di sopravvivenza più basso e la mortalità dei suinetti è maggiore negli allevamenti estensivi. Sono anche una specie poliestrale continua quindi gli estri (calori) avvengono ogni 21 giorni in modo regolare durante l’anno. La gestazione dura 114 giorni (3 mesi, 3 settimane e 3 giorni) quindi è piuttosto breve. I suini sono piuttosto precoci, ovvero hanno uno sviluppo corporeo veloce. Infatti entrano in attività riproduttiva a 7-8 mesi di età e partoriscono per la prima volta entro il primo anno di età. L’allattamento con svezzamento dura generalmente 28 giorni (precoce: 21 giorni) e successivamente non viene più prodotto latte. Le scrofe vengono fecondate dopo 8-21 giorni dallo svezzamento. Categorie suini: - Da riproduzione: - Lattone o lattonzolo: ♂ / ♀ dalla nascita allo svezzamento - Scrofetta: ♀ dallo svezzamento alla prima gravidanza (8 -10 mesi circa) - Verrino: ♂ dallo svezzamento al primo salto (8 -10 mesi circa) - Scrofa: ♀ dopo il primo parto - Verro: ♂ adibito alla riproduzione - Da ingrasso: - Magroncello: ♂ castrati / ♀ dallo svezzamento fino a 40-50 kg - Magroni: ♂ castrati / ♀ da 40-50 kg fino a 90-100 kg - Suino magro o da macelleria: 100-120 kg - Maiale pesante: ♂ castrati / ♀ 150-185 kg Distribuzione La produzione di carne di maiale supera quella degli altri tipi di carne. L’allevamento suino, sia come componente nei sistemi di agricoli misti sia come unità produttiva specializzata, costituisce, per volume di prodotto commercializzato, il principale sistema di produzione animale del mondo. La Spagna detiene il 23% del patrimonio suinicolo europeo mentre la Germania il 20,4%. In Italia sono presenti circa 26 mila allevamenti, in forte calo rispetto al passato. I ¾ degli allevamenti si trovano nelle regioni della pianura padana. Inoltre, sono presenti prevalentemente grandi allevamenti con più di 500 capi. Gli allevamenti di suini sono molto efficienti in quanto riescono a convertire le fonti alimentari, scarti domestici, industriali e agricoli in carne per il consumo umano. Il loro indice di conversione alimentare è la metà (anche meno) di quello dei bovini, che è di circa 7-8. Vantaggi suini: - Elevata resa - Specie multipara - Accresce velocemente Il peso del suino maturo, ovvero a 300 giorni d’età, è di 160 kg, ossia 100 volte il peso alla nascita che è di 1,2-1,7 kg. Dal punto di vista riproduttivo, una fattrice di 200 kg partorisce circa 18 capi di cui 9 maturi e 9 svezzati, il cui peso totale è di 1665 kg, ovvero 8 volte il peso della madre. Mentre, una bovina di 600 kg all’anno partorisce un solo vitello che svezzato pesa 200-300 kg. Il limite principale all’efficienza del suino è la sua scarsa attitudine a utilizzare gli alimenti fibrosi. Il suino può essere alimentato con un’ampia gamma di alimenti, ma ricava poco o nulla dai foraggi. Infatti, richiede alimenti con un alto valore nutrizionale, come per esempio farine di mais e fonti proteiche (soia). L’alimentazione bovina è costituita al 50-60% da foraggi. —> vengono considerati competitivi con l’uomo dal punto di vista nutrizionale 60 Sistemi di allevamento 1. Brado In questo sistema di allevamento gli animali vivono all’aperto tutto l’anno, cibandosi solo di ciò che trovano nei pascoli e nei sottoboschi. Qualche supplemento alimentare (scarti, granaglie) nei periodi in cui pascolo e sottobosco non producono nulla. Generalmente non è presente alcun tipo di ricovero o struttura. 2. Semi-brado Il pascolo viene utilizzato solo nei periodi climatici più favorevoli e/o per alcune ore al giorno. Sono quindi presenti anche porcilaie e un’alimentazione integrativa. La riproduzione è generalmente libera, ma le scrofe vengono fatte partorire in ricovero e qui restano coi piccoli per i primi giorni di vita 3. All’aperto È un tipo di allevamento industriale e intensivo in cui c’è: - Controllo totale - Divisione in gruppi in base alla categoria e al momento produttivo - Svezzamento precoce dei suinetti - Riproduzione controllata talvolta anche artificiale - Alimentazione a base di mangimi fornita dall’uomo (no pascolo) Le strutture di allevamento sono però molto semplificate, e sono inserite in ampi spazi all’aperto recintati. La principale finalità di questo sistema di allevamento è la riduzione dei costi di realizzazione e di gestione dell’allevamento. 4. Stallino/industriale Questo sistema è totalmente chiuso con eventuale presenza di paddock esterni per il moto e per l’emissione delle deiezioni. Il 99% della produzione di carne deriva da questo sistema di allevamento. Si distinguono: - A ciclo chiuso: tutte le fasi di allevamento (nascita, svezzamento, ingrassamento e macellazione) avvengono all’interno delle stesse strutture —> si stanno riducendo - A ciclo aperto: nell’allevamento avviene una sola fase della crescita - Da riproduzione: suinetti nascono, vengono svezzati e poi vengono ceduti ad altri allevamenti - Da ingrasso: acquisiscono suini e li portano al peso di macellazione Razze Le razze vengono classificate in base a: - Morfologia: colore mantello, profilo testa, portamento e dimensione delle orecchie - Produttività - Area di provenienza (razze europee, asiatiche, americane) Le prime razze importate sono state la Large White e la Landrace che attraverso incroci hanno sostituito le razze autoctone. Successivamente le razze specializzate sono state sostituite da ibridi commerciali che derivano da incroci tra le razze selezionate appositamente per i caratteri genetici in grado di essere tramandati. Verso il 1850, dalla popolazione YORKSHIRE si differenziano 3 razze: Middle White, Small White e Large White che poi è stata esportata nei paesi limitrofi in cui è stata incrociata. È stata importata continuamente in Italia dalla fine del 1800 e attualmente è la più utilizzata. Ha sostituito le razze autoctone, di cui è stato selezionato l’accrescimento maggiore (più grandi nel momento del macello). Caratteristiche: - Femmine fino ai 400 kg, maschi fino ai 550 kg - Elevata prolificità - Equa ripartizione delle masse corporee - Ottimi indici di peso giornaliero e indici di conversione alimentare Dagli incroci tra razze locali e Large White inglese è stata ottenuta la Landrace che ha caratteristiche diverse ma ha mantenuto la fertilità e la precocità senza particolare sviluppo di grasso. In particolare, in Germania e in Danimarca si sono formati i ceppi più importanti. 61 La Landrance Danese ha dato origine alle principali razze “magre” del mondo. La Landrace tedesca è più pesante rispetto a quella danese. È la più allevata in Europa ed è stata selezionata per l’accrescimento e per la lunghezza. Ha una maggiore attitudine nella produzione di muscolo rispetto alla Large White ed è adatta all’incrocio come linea maschile. Caratteristiche: - Femmine fino ai 400 kg, maschi fino ai 550 kg - Buona prolificità - Buoni accrescimenti e indice di conversione alimentare - Ottima qualità della carcassa che può dare tagli maschi e una coscia ben sviluppata La Pietrain è originaria del Belgio e si diffuse solo nel 1950. È molto magra ed è stata selezionata per una mutazione genetica che ha portato ad un particolare sviluppo muscolare (come la Blue Belga con la doppia groppa). In Italia viene utilizzata negli ibridi per la produzione del suini leggero. Caratteristiche: - Mole media - Accentuato sviluppo muscolare: ipertrofia muscolare soprattutto spalla e coscia - Mantello bianco/grigio con macchie più scure - Bassa prolificità e alta mortalità dei suinetti - Alta velocità di accrescimento - Mediocri gli indici di conversione alimentare - Ottima qualità della carcassa ma pessima qualità della carne !! Nell’Europa del Sud le razze autoctone sono sopravvissute fino agli anni ‘70, è stata fatta poca selezione e sono state ottenute le razze tipiche che non partecipano alla creazione degli ibridi commerciali. Negli USA non esistevano suini nativi e le razze presenti sono state importate nel 1800 dai primi colonizzatori europei. Nei decenni poi sono stati selezionati e sono nati i primi suini autoctoni la cui caratteristica principale è la quantità di grasso per la produzione di bacon e carni consumate esclusivamente fresche. La Duroc è la più allevata fra le razze di origine statunitense ed è molto diffusa anche in Europa, soprattutto a partire dagli anni ’60. È la terza razza allevata in Italia ed è molto utilizzata negli incroci, sia come incrociante maschio che in linea femminile per dare rusticità. Caratteristiche: - Mole medio-grande - Mantello rosso bruno - Molto resistente e rustica - Molto feconda ma prolificità discreta - Ottimi indici di peso giornaliero e indici di conversione alimentare - Buone rese al macello e tagli magri —> prima della selezione era troppo grassa - Ottima qualità della carne che però spesso ha una marazzatura eccessiva ed è infiltrata di grasso intramuscolare (grassinatura) La Poland China è nata a partire da incroci tra suini locali dell’Ohio e riproduttori orientali. Fra le razze americane è quella che ha avuto più larga e durata diffusione nel mondo. Caratteristiche: - Grande mole - Pelle e mantello neri con macchie bianche - Ottimi indici di conversione alimentare - Buona qualità della carne ma troppo grassa !! La Hampshire è originaria degli Stati Uniti ed è importante negli allevamenti all’aperto. Viene molto usata per l'incrocio nella produzione del suino leggero grazie all'elevato accrescimento che dimostra nei primi mesi di vita Caratteristiche: - Fertilità, prolificità e attitudine materna medie - Carne relativamente magra in grande quantità ma acida dovuta dal gene dominante RN- Razze italiane Fino alla metà del 1800, le razze suine allevate in Italia erano quasi esclusivamente quelle cosiddette autoctone, che davano prosciutti magri e carni idonee per insaccati. Erano caratterizzate da elevata rusticità, frugalità, resistenza alle malattie ma avevano caratteristiche produttive (accrescimenti, prolificità...) molto inferiori. Le razze italiane venivano allevate soprattutto all’aperto e le carni erano di buona qualità. Sono andate via via scomparendo, tranne poche eccezioni, assorbite da continui incroci o sostituite da razze più specializzate. 62 1. Fecondazione È fondamentale individuare con precisione i calori nelle scrofe per riuscire a fecondarle con successo. L’animale in fase proestrale ed estrale va incontro a modificazioni comportamentali e anatomiche, in particolar modo a livello degli organi genitali, che facilitano l’individuazione del calore: Ingrossamento ed arrossamento vulvare, presenza di fluidi vaginali (muco), irrequietezza, cerca la presenza del verro, perde l’appetito, emette un grugnito caratteristico. Il segno principale e più affidabile dell’estro è l’immobilità ai tentativi di monta da parte di un’altra scrofa o verro o alla pressione sulla schiena esercitata dall’operatore. Negli allevamenti intensivi (medie-grandi dimensioni) solitamente si attua la fecondazione artificiale o inseminazione strumentale e i verri non vivono a contatto con le scrofe. Ma se è presente negli allevamenti, il verro rilascia dei fermoni che aumentano la manifestazione astrale della scrofa. Vantaggi fecondazione artificiale: - Massima diffusione del seme dei verri miglioratori - Accelerazione del progresso genetico: con un solo eiaculato si inseminano 10-15 scrofe - Minor richiesta di tempo rispetto alla monta - Possibilità di esaminare la qualità del seme - Possibilità di conservare il seme per alcuni giorni - Migliore omogeneità dei suinetti prodotti e maggior numero di figli per verro - Riduzione del rischio di trasmissione per via genitale di patologie - Possibilità di costituire un allevamento sanitariamente chiuso - Riduzione numero di verri in azienda con risparmio di ricoveri, alimenti e personale L’ovulazione in genere avviene 36 ore dopo l’inizio del calore ma solitamente si procede con l’inseminazione dopo 12-24 ore dall’inizio del calore. Si ricorre a un sistema di fecondazioni multiple per avere alti tassi di concepimento, quindi per la maggior parte delle scrofe si hanno 2 fecondazioni a distanza di 24 ore. Il seme viene utilizzato fresco o refrigerato per pochi giorni. Dopo le fecondazioni vengono valutati i ritorni dei calori, perché se sono presenti scrofe con calori significa che l’inseminazione non è riuscita. Quindi in questo caso viene fatta un’altra inseminazione nelle scrofe in cui sono fallite le prime. 2. Gestazione Una scrofa rilascia circa 16-20 ovuli ma si verificano forti perdite fra ovuli fecondati e suinetti nati vivi al parto. Nel corso della gravidanza solo il 63% degli ovuli rilasciati diventerà poi un suinetto: - 5% Ovuli non fecondati - 25% Ovuli persi per imperfezioni genetiche o nella fase di annidamento - 2% morirà nel corso della gravidanza - 5% sarà perso al momento del parto tra i nati morti —> obiettivo principale: ottenere maggior numero di suinetti vitali Dal momento successivo all’inseminazione fino all’entrata in sala parto: - Controllo dei ritorni in calore in ciclo (18-24 giorni) - Controllo ecografico (già a partire dal 21° giorno di gestazione) - Spostamenti e formazione di box - Alimentazione - Controllo ambientale: attenzione alle temperature elevate I primi giorni e la fase compresa tra il 7º e il 21º giorno di gestazione sono molto delicati. In particolare, nella seconda fase l’ovulo fecondato scende e si annida nell’utero quindi sono fortemente sconsigliati gli spostamenti e la formazione dei box. 65 Alimentazione La scrofa in gestazione non ha fabbisogni elevatissimi ma devono essere soddisfatti in modo adeguato poiché deve arrivare in forma al parto. Durante la gestazione ci sono i fabbisogni di mantenimento che sono preponderanti nei primi mesi e i fabbisogni di gestazione che aumentano nell’ultima fase. L’alimentazione deve essere razionata nel tempo e non deve essere troppo energetica poiché sennò la scrofa ingrassa troppo. Le materie prime ricche di fibra servono a limitare l’incidenza dei problemi di costipazione. Anche dal punto di vista proteico i fabbisogni sono modesti: - Il tenore proteico non dovrebbe superare i 140 g/kg mangime, per limitare i depositi muscolari e ridurre l’escrezione azotata - 5 g/kg di mangime di lisina digeribile sono sufficienti - Il secondo aminoacido limitante in gestazione è la treonina, il cui apporto deve essere pari al 73% di quello della lisina digeribile. Nei monogastrici è importante la proteina grezza ma soprattutto il profilo amminoacidico, per questo vengono utilizzati amminoacidi di sintesi in modo tale da soddisfare le esigenze amminoacidiche. Generalmente le scrofe mangiano 2,5-3,5 kg di mangime al giorno. Questa quantità aumenta durante la gestazione e diminuisce prima del parto. Nelle aziende specializzate sono presenti i reparti di gestazione e di fecondazione, in cui vengono ospitate le scrofe uscite dalla sala parto, le scrofette prossime alla copertura e i verri. - Settore fecondazione: le scrofe entrano in contatto con i verri e si accoppiano, l’alimentazione è differenziata - Settore gestazione: sono presenti le scrofe fecondate che hanno bisogno di tranquillità, alimentazione differenziata, gruppi omogenei e controllo delle alte temperature —> direttiva 2008/120/EC: scrofe e le scrofette sono allevate in gruppo nel periodo compreso tra 4 settimane dopo la fecondazione e 1 settimana prima della data prevista per il parto 3.1 Parto Per il parto vengono utilizzate delle gabbie che riducono il rischio che la scrofa schiacci i suinetti e permettono alla scrofa di allattare ogni ora senza che schiacci i suinetti. Negli allevamenti molto grandi sono presenti circa una decina di box parto. In questo modo si riescono a gestire scrofe omogenee tra loro ed è possibile disinfettare bene quando tutte le scrofe hanno terminato il parto in modo quasi simultaneo. Aspetti fondamentali: - Lavaggio e disinfezione della sala parto: il periodo di vuoto sanitario dura per 2-3 giorni dopo la disinfezione - Movimentazione: nella massima tranquillità per evitare aborti - Disposizione gabbie: “testa contro testa” favorisce la distribuzione di mangime, “groppa contro groppa” risponde alle necessità di isolamento dell'animale durante il parto e al più facile controllo delle figliate - Temperatura: la temperatura ottimale per i suinenetti è di 32-34º mentre quella delle scrofe è di circa 22º, per evitare di scaldare troppo l’ambiente e di stressare le scrofe, nelle aree di parto sono presenti degli angoli riscaldati Fasi del parto: - preparatoria: prodromi del parto - dilatante: dall'inizio delle contrazioni uterine al completamento della dilatazione del canale cervicale, dura da 1 a 5 ore - espulsiva: espulsione dei feti, dura complessivamente da 1 a 4 ore, il tempo di espulsione di ogni singolo suinetto è in media di 15 minuti - secondamento: espulsione della placenta, può essere considerato parte del puerperio, e si completa entro 1-4 ore dall’ultimo nato (max. 12 ore) Il tasso di mortalità ad ogni parto è di circa 8-12% (circa 1 suinetto). La gran parte delle morti si verifica dopo 24-72 ore. Le principali cause di morte sono la denutrizione e lo schiacciamento. I suinetti sottopeso, ovvero quelli che alla nascita pesano meno di 1 kg, rappresentano il 5-20% dei nati vivi. 66 Nelle ore immediatamente successive al parto, ma non solo, si rendono necessari interventi di trasferimento dei suinetti da una scrofa all'altra.Possiamo definire questi trasferimenti come: pareggiamenti delle nidiate, adozioni, o baliaggi. —> obiettivi: ridurre la mortalità dei suinetti durante la lattazione, favorire una maggiore uniformità al momento dello svezzamento e gestire l’iperprolificità delle scrofe Adozioni precoci Le adozioni per scelta o precoci sono le più frequenti e vengono effettuate dall’operatore al parto o subito dopo ma entro 12-16 ore dalla nascita. Solitamente, si affida ad una scrofa un numero di suinetti al massimo uguale ai capezzoli funzionanti esposti in posizione di allattamento e si pareggia anche in base al peso alla nascita dei suinetti. Sono distinte in: - Pareggiamento totale - Adozione parziale - Allattamento interrotto L’adozione parziale, detta anche cross-fostering è la tecnica di adozione più applicata negli allevamenti di suini del mondo. Solitamente eseguita il giorno stesso del parto, consiste nello scambio dei suinetti di taglia differente con i complementari di altre nidiate. Questo permette di uniformare per taglia e per peso i suinetti sotto ciascuna scrofa evitando così la formazione di disparità all’interno di una stessa covata. L’allattamento interrotto o frazionato consiste nell’isolare i suinetti più grossi alla nascita per permettere agli altri più piccoli di accedere indisturbati alla mammella della scrofa. In questo modo possiamo guadagnare tempo prezioso in attesa che partoriscono altre scrofe con parti non troppo prolifici che potrebbero ricevere i soprannumerari del parto. L’isolamento dei suinetti più grossi può essere effettuato per circa 2 ore consecutive. Adozioni tardive Le adozioni tardive vengono effettuate per morte o agalassia della scrofa o più comunemente in caso di iperprolificità o malnutrizione dei suinetti. Possono quindi interessare: - i soprannumerari - i suinetti in ritardo nella propria covata (meglio se non malati) Questi trasferimenti avvengono 3-7 giorni dopo il parto. I suinetti vengono trasferiti a una scrofa buona madre e produttrice, che abbia partorito da un tempo compatibile con l’età degli adottati (0-10 giorni prima) e la cui nidiata viene a sua volta trasferita ad un’altra scrofa, buona madre e produttrice, con possibilità di riceverli. 3.2 Allattamento L’allattamento può iniziare per iniziativa della scrofa o dei suinetti dopo circa 1 ora dalla poppata precedente. La scrofa, se incline alla poppata, si posiziona sul fianco ed emette un grugnito caratteristico di richiamo dei suinetti. I suinetti fanno all’incirca 22 poppate al giorno (1 all’ora). In generale, le scrofe hanno 6 o 7 paia di capezzoli, il numero ideale sarebbe di 16 capezzoli, ma è presente solo nel 5% delle scrofe, che nel 25% dei casi ne presentano 14. La lattazione e può essere suddivisa in due fasi: - Colostrale: fino a 18-24 ore dal parto - Lattea - Parte ascendente (circa 2 settimane): produzione di latte cresce fino a 1-1,1 kg al giorno per suinetto - Plateau (circa 2 settimane): produzione costante attorno a 1,1-1,2 kg/d per suinetto (picco a circa 21 giorni) - Parte discendente: dal 28° giorno —> Lo svezzamento viene fatto a 28 giorni perché la produzione di latte comincia a calare 67 I fattori che influenzano le prestazioni produttive dei suini in accrescimento - ingrasso sono: - Età e peso vivo: al crescere dell’età e del peso vivo aumentano i fabbisogni di mantenimento e i depositi adiposi, di conseguenza aumentano i consumi alimentari e i coefficienti di conversione del mangime (ICA) - Tipo genetico: gli ibridi possono portare a performance di accrescimento e efficienza molto diverse - Genere: - Maschi interi: prestazioni migliori (> IPG) e maggior deposito di tessuto magro - Maschi castrati: carcasse più grasse, consumo elementi più elevato (> ICA) e bassa valorizzazione delle diete ricche di azoto - Femmine: caratteristiche intermedie La fase di magronaggio =accrescimento è la fase in cui si cerca di ridurre l'accumulo di grasso, favorendo invece la crescita della massa muscolare magra, migliorando così la qualità delle carni. La fase di finissaggio = ingrasso invece è l'ultimo periodo dell'ingrasso, durante il quale i suini raggiungono il peso finale desiderato per la macellazione, accumulando principalmente grasso. Alimentazione L’alimentazione dipende dal tipo genetico e dagli obbiettivi dell'allevamento. Può essere di due tipi: - A volontà: valida per soggetti a forte deposizione di tessuto magro e con obiettivo di macellazione a peso ed età bassi, ovvero per tutti i soggetti con ottimi valori di accrescimento nelle prime fasi di età - Razionata: dopo i 60 kg di peso, per soggetti con IPG contenuto e maggior deposito di muscolo (meno grasso) —> può andare in parte a rallentare l'accrescimento o comunque il deposito di grasso Nell’alimentazione: deficit lisina = accrescimento compromesso, eccesso lisina = molto scarto. Un eccesso di proteine nella dieta, provoca la presenza eccessiva di azoto nelle feci. Due fasi di allevamento nel suino leggero: - Magronaggio: da 25 a 60 kg di peso - Finisaggio: da 60 kg alla macellazione (100-120 kg) Durante il magronaggio l’alimentazione corrisponde al 4% del peso vivo, mentre durante il finisaggio la razione è di 2,4 kg al giorno. In entrambi le fasi l’apporto energetico è lo stesso ma cambia l’apporto di amminoacidi che è maggiore nella fase di magronaggio. Tre fasi di allevamento nel suino pesante: - Magroncello: da 25 a 60 kg di peso - Magrone: da 60 a 120 kg - Maiale grasso: da 120 kg alla macellazione (160-180 kg) In tutte le tre fasi l’apporto energetico è maggiore ma la percentuale di proteine grezza, in particolare quella di lisina, è maggiore nella prima fase e successivamente cala. Nella fase del magrone si limita l’ingrassamento stimolando al massimo lo sviluppo scheletrico e lo sviluppo dell’apparato digerente, in modo da renderlo in grado di ricevere grandi quantità di alimenti necessari per un ingrassamento intensivo. Se non si praticasse il magronaggio, il suino crescerebbe rapidamente fino a circa 100 kg ma poi arresterebbe il suo sviluppo (come nei suini leggeri). Per non stressare l'animale con un alimentazione razionata, si cerca di fornire il pasto più volte al giorno. Suddividendo la razione in pasti si ha una miglior utilizzazione o assimilazione degli alimenti con rese superiori alla norma. L'alimentazione può essere secca o umida. Quella umida è preferibile poiché è più appetibile, meno polverosa (meno perdite) e può dare indici di conversione alimentare migliore. Il tasso di diluizione aumenta con l’età e si aggira tra 2-4 % di ss ma può arrivare anche fino al 5-6 % di ss se si utilizza il siero. Il siero rispetto all’acqua porta una parte di nutrienti in più, comporta un sapore migliore della razione e migliora la salute degli animali poiché contiene naturalmente dei batteri lattici. Alla base delle razioni per suini all’ingresso c’è una base energetica fornita dal mais (circa 50% di ss) sotto forma di farina, pastone e granella. Poi è presente soia, altri cereali, siero di latte, polpa di bietola che dà sazietà e anche una componente vitaminica. 70 Strutture Secondo la legge ci sono dei limiti di superficie e pavimentazione che devono essere garantiti all'animale in base al suo peso. Per esempio, un suino di 110 kg deve avere una superficie pari a 1 m2. Le variazioni di peso dei suini tra l’inizio e la fine del ciclo richiedono un adeguamento dello spazio per capo che può essere effettuato in due modi: 1. Suddividendo il ciclo in fasi e predisponendo box di dimensioni diverse per le varie categorie di peso dei suini —> maggior stress sugli animali ma miglior sfruttamento della superficie 2. Mantenendo i suini dall’inizio alla fine del ciclo d’ingrasso nel medesimo reparto e nello stesso box che garantisce ad ogni suino 1 m2 —> si eliminano problemi legati agli spostamenti ma c’è spreco si superficie I suini in accrescimento-ingrasso sono stabulati in gruppi in cui vengono considerate l’omogeneità e il corretto numero di capi per box. Solitamente nella fase di magronaggio i gruppi sono di 30 soggetti mentre nella fase di ingrasso vera e propria i gruppi sono composti da 8-15 soggetti. Le mangiatoie differiscono in base al tipo di alimentazione: secco o umida e a volontà o razionata. L’alimentazione liquida (broda) viene somministrata nel truogolo. La distribuzione di mangime a volontà invece prevede l’utilizzo del truogolo corto, dove la broda viene preparata continuamente grazie a un sensore. Le mangiatoie utilizzate nell’alimentazione razionata sono più grandi perché devono garantire l’accesso contemporaneo a più animali. Gli abbeveratoi possono essere: - A tazza: utilizzati per animali più piccoli perché riescono a bere più agevolmente, ma più difficili da pulire - A imbocco: più comodi dal punto di vista sanitario, ma c'è uno spreco di acqua perché i suini si appoggiano e fanno fuoriuscire l'acqua Trasporto e macellazione Il numero di macelli suini è molto limitato quindi si rischia che gli animali debbano fare lunghe tratte. Durante il trasporto è importante rispettare i gruppi e prestare attenzione alle pendenze perché gli animali non si facciano male. Se i viaggi sono molto lunghi, bisogna fare delle soste obbligatorie e bisogna fornire alimenti durante il viaggio, per cercare di limitare al massimo lo stress dell'animale. Fasi del trasporto: 1. Caricamento animali in allevamento 2. Trasporto 3. Scarico in recinti di sosta al macello in cui gli allevamenti trovano da bere 4. Preparazione allo stordimento Lo stordimento viene utilizzato per rendere gli animali incoscienti prima della macellazione, poiché sono riconosciuti come esseri senzienti. Nei suini è diffuso l’utilizzo dell’elettronarcosi che prevede l’opposizione di una pinza con elettrodi nella regione temporale e una scarica di corrente elettrica alternata. Fasi di macellazione: 1. Stordimento 2. Iugulazione e dissanguamento: recisione dell’arteria carotide e della vena giugulare 3. Asportazione delle setole attraverso scottatura, depilazione, asciugamento, flambaggio e docciatura 4. Eviscerazione: incisione longitudinale addominale e asportazione organi della cavità pelvica, addominale e toracica, si possono lasciare dentro i reni e poco altro 5. Sezionamento di solito in due mezzene e poi nei vari tagli 6. Frollatura: molto breve, 1-2 giorni a seconda del taglio ❗ La resa di macellazione è di circa 80-82%, quindi molto più elevata rispetto ai bovini. Le carcasse hanno un peso che arriva fino a 130 kg. La pelle con sottostanti depositi adiposi, estremità distali arti e testa non vengono rimossi da carcassa 71 In base alla sezionatura si possono ottenere diversi tagli: - Tagli carnosi: 70% della carcassa - Cosce fresche: taglio molto pregiato usato per la produzione di prosciutti stagionati (no San Daniele) - Peso (di due cosce): 30-34 kg - 23-24% del valore complessivo - Carrè: taglio molto pregiato presente solo nel suino pesante e utilizzato per consumo fresco - Peso: 14-15 kg - 26-28% del valore complessivo - Spalla: taglio di buon valore, impiegato per ottenere la spalla cotta oppure insaccati - Peso 13-14 kg - 10-11 % del valore complessivo - Coppa: taglio di buon valore, impiegato in salumeria - Peso 7-8 kg - 8-9 % del valore complessivo - Tagli adiposi: 30% della carcassa - Lardo: usato come pasta per insaccati, oppure salato e stagionato - Peso 13-14 kg - 13-14% del valore complessivo - Pancetta salata e stagionata dà origine al prodotto omonimo - Peso 18-19 kg - 8-9 % del valore complessivo - Guanciale: usato come pasta per insaccati - Peso 7-8 kg - 2-3 % del valore complessivo - Sugna: grasso periviscerale, viene fusa per produrre strutto - Peso 3 kg - <1 % del valore complessivo Per la classificazione delle carcasse suine viene utilizzato il sistema SEUROP. 1. La percentuale di grasso e quindi di magro della carcassa viene stimata sulle linee di macellazione con una misurazione FOM (fat-o-meater) che consiste in due rilevamenti (uno lombare e uno toracico) e viene misurato lo spessore del lardo dorsale (comprensivo di cotenna) 2. si intende la % di soggetti (suini pesanti italiani) che alla macellazione si collocano nelle diverse classi Fattori che condizionano la qualità della carne Carni immature Le carni immature derivano da animali che sono ingrassati molto velocemente ma sono troppo giovani. Questi tipi di carne portano a problemi di stagionatura con difetti di colore, odore o sapore o alla necessità di elevato dosaggio di NaCl per favorire la conservazione. La causa è l'utilizzo nel suino pesante di specie proveniente da suino leggero. Quindi nelle linee genetiche del suino pesante si utilizzano specie adibite al suino leggero. Insufficiente copertura adiposa L’insufficiente copertura adiposa si stabilisce se il rapporto tra tagli magri e tagli grassi grassi è maggiore di 1,5-1,7. È un parametro molto importante per l'accettazione nel prosciuttificio. Lo spessore del grasso in un punto preciso della coscia con cotenna compresa deve essere maggiore di 17 mm. Questa caratteristica è causata dall’impiego di tipi genetici eccessivamente muscolosi e magri. 72 Fasi della lavorazione 1. Selezione, raffreddamento, rifilatura (1-5 giorni) Le cosce fresche sono rigorosamente esaminate e solo quelle che rispondono ai requisiti previsti dal Disciplinare di Produzione sono ammesse alla lavorazione. Le cosce fresche poi vengono conservate per almeno 24 ore ad una temperatura compresa tra -1°C e +3°C per rendere uniformi la temperatura e l'umidità, dalla superficie all’interno, e per rassodare la carne. Successivamente, vengono rifilate con asportazioni di parti di pelle e parti di tessuto grasso e magro superficiali per renderle idonee ad una ottimale stagionatura (ad esempio lasciando un incavo intorno all’osso per evitare eventuali infiltrazioni) e per conferire la tradizionale forma a chitarra. 2. Salatura (11-15 giorni) Dopo le prime 24-48 ore le cosce vengono ricoperte con sale marino e conservate ad una temperatura compresa tra 0°C e +4°C. In base alla tecnica di lavorazione tradizionale del San Daniele la coscia viene lasciata sotto sale tanti giorni quanti sono i chilogrammi del suo peso. 3. Pressatura Dopo la salatura le cosce vengono sottoposte alla pressatura, un procedimento consistente nell’esercizio di una pressione uniforme sulla massa muscolare che inizierà ad assumere una forma “a chitarra” tendenzialmente schiacciata. La pressatura ha lo scopo di far penetrare in modo profondo e uniforme il sale e di dare alla carne una consistenza migliore per una ottimale stagionatura. La pressatura è una fase di lavorazione tipica ed esclusiva del prosciutto di San Daniele. 4. Riposo (60-90 giorni a seconda della pezzatura) Le cosce salate vengono riposte in una sala apposita, a condizioni di umidità variabili tra il 70 e l’80% e ad una temperatura compresa tra +4° e +6°C. Nel corso della fase di riposo, il sale assorbito penetra con graduale omogeneità all’interno della carne, distribuendosi in modo uniforme. Il movimento dell’aria agevola, in questa fase, la funzione osmotica ed impedisce che la porzione superficiale delle carni si inumidisca o, al contrario, si prosciughi eccessivamente. 5. Lavaggio, asciugatura, rinvenimento e acclimatamento (7-8 giorni) Dopo il riposo le cosce vengono lavate con acqua tiepida per eliminare tutto ciò che si è formato sulla superficie durante le fasi precedenti. Il lavaggio svolge anche una funzione di “tonificazione” della carne: lo sbalzo termico stimola il processo osmotico di perdita dell’acqua. Dopo il lavaggio si procede ad un ulteriore "rinvenimento" delle carni in condizioni di umidità elevata ed a temperature tra i 15- 24°C, per 7-8 giorni. Poi, per 35 - 40 giorni, prosegue il processo di rinvenimento-acclimatamento delle carni a temperature tra i 12–14C° iniziali ed i 14-19° finali, in condizioni di umidità in progressiva riduzione. 6. Sugnatura La sugnatura prevede l’applicazione di un impasto (sugna) a base di farina di riso e grasso, sulla porzione di coscia non coperta dalla cotenna; 7. Stagionatura (8-9 mesi) Dopo 4-5 mesi dall’inizio della lavorazione i prosciutti vengono introdotti nei saloni di stagionatura, che sono areati mediante grandi finestre, rettangolari con sviluppo verticale dal pavimento al soffitto. Le finestre sono disposte in direzione nord-sud (direzione dei venti provenienti dalle Alpi e di quelli provenienti dal mare Adriatico). Nel corso della stagionatura, nelle carni si verificano i processi biochimici ed enzimatici che completano il processo di conservazione indotto dalle precedenti lavorazioni. In base al Disciplinare di Produzione la stagionatura deve essere mantenuta fino al compimento del 13 mese dall‘inizio della lavorazione. 75 8. Marchiatura Al compimento del 13 mese (400 giorni) dall’inizio della lavorazione vengono eseguiti i controlli da parte dall’Istituto Nord Est Qualità, autorizzato dal MiPAAF e incaricato dal Consorzio del prosciutto di San Daniele. I prosciutti che non rispondono ai requisiti prescritti non vengono certificati e non diventano Prosciutto di San Daniele DOP. I prosciutti che rispondono a tutti i requisiti sono certificati e su di essi viene impresso a fuoco il marchio del Consorzio, che comprende il codice identificativo del produttore e costituisce elemento di certificazione e garanzia. Avicoli Gli avicoli sono vertebrati omoetermi (41-42º) con alcune caratteristiche peculiari: corpo coperto di penne, arti anteriori trasformati in ali più o meno atte al volo, ossa mascellari e mandibolari modificate e rivestite di un astuccio corneo detto ranfoteca. L’apparato muscolare è adatto al volo ed è caratterizzato da una marcata riduzione delle masse muscolari della regione dorsale, da un forte sviluppo dei muscoli pettorali (15-20% del peso vivo) e, soprattutto in alcune specie, di quelli della coscia. La selezione mirava all’aumento della massa e ciò ha provocato la perdita della capacità di volare. Lo scheletro è solido ma molto leggero. L’apparato digerente può essere suddiviso in due porzioni: - Anteriore: cavità boccale, faringe, esofago, gozzo o ingluvie, stomaco ghiandolare e muscolare - Posteriore: intestino tenue e crasso, cieco e cloaca. —> All’apparato digerente sono annessi il fegato e il pancreas (ghiandole) La faringe è comune alle vie digerenti e a quelle respiratorie. L’esofago prima di immettersi nel torace si dilata in un sacco, detto gozzo o ingluvie, in cui il cibo sosta per alcune ore (dipende dal tipo di alimento), subendo un processo di rammollimento. Le contrazioni peristaltiche del gozzo hanno inizio nell’esofago e proseguono fino alla porzione distale dello stesso. Al gozzo fa seguito lo stomaco ghiandolare o proventricolo poco sviluppato. Il ventriglio è un organo muscolare a forma di lente biconvessa, rivestito esternamente da una membrana tendinea e internamente da un epitelio corneificato che svolge funzione di triturazione ed omogeneizzazione degli alimenti. L’alimento scende integro nell’esofago in quanto viene a mancare la masticazione. Il pellet somministrato deve essere della dimensione adatta all’apparato boccale in modo tale da essere facilmente attaccabile e digeribile. La cloaca è un organo tubolare in cui confluiscono apparato digerente, urinario e genitale. Comprende il coprodeo (dopo il retto), l’urodeo in cui sboccano gli ureteri e i condotti genitali, il proctodeo in cui si apre un organo denominato borsa di Fabrizio (organo linfatico dove si sviluppano i linfociti B). Gli uccelli sono ovipari e lo sviluppo embrionale della cellula uovo fecondata si realizza all’esterno del corpo della femmina in una struttura detta uovo che viene prodotta dalla femmina. Negli uccelli l’apparato genitale maschile è molto diverso da quello dei mammiferi: le gonadi restano nella cavità addominale e le ghiandole accessorie, per l’elaborazione del plasma seminale, sono molto ridotte. È costituito dai testicoli, in cui si formano gli elementi germinali, e da un sistema di tubuli. La via di emissione degli spermatozoi è costituita dai dotti deferenti. L’apparato genitale femminile comprende solo l’ovaio e l’ovidotto in quanto lo sviluppo del feto avviene all’interno dell’uovo e non nell’utero. L’ovidotto è un lungo tubo assai dilatabile, a percorso flessuoso, sospeso alla volta della cavità addominale e suddiviso in: infundibulo, magnum, istmo, utero, vagina. L’ovaio è un organo a forma di grappolo, situato a sinistra nella regione sottolombare. Distribuzione Nell’ultimo decennio il consumo pro-capite di carne di pollo ha registrato in Italia un incremento dell'8,5%, passando da 11,7 kg a 12,7 kg. Si passa a circa 18-20 kg pro-capite anno se comprendiamo tutti avicoli (anatre, oche, tacchino, faraone, quaglie). La carne di pollo (broiler) è quella prevalente (60-70% totale), seguita da quella di tacchino (circa 20-25%). Il consumo pro-capite di uova è di 13-14 Kg/anno (220 uova). L’autoapprovvigionamento è prossimo al 100%. 76 Gli allevamenti di avicoli hanno elevate capacità di allevamento (centinaia di migliaia di capi) e sono facilmente intensivizzabili perché hanno cicli riproduttivi molto rapidi. Sono principalmente localizzati al nord. Si ha una netta separazione tra: - Allevamenti di polli all’ingrasso - Allevamenti di galline ovaiole Allevamenti avicoli per la produzione di carne - Allevamenti da riproduzione - Incubatoi - Allevamenti di polli all’ingrasso: vendono il pollo da carne al macello Gli obiettivi del miglioramento genetico e della selezione nella produzione di carne sono: - Capacità di crescita da cui dipende la quantità di carne - Conversione alimentare (ICA): quanti chili deve mangiare per ottenere una determinata quantità di carne - Qualità carcassa: aumento massa muscolare e diminuzione grasso - Contrastare debolezza arte - Contrastare miopatie (pettorali) Allevamenti avicoli per la produzione di uova - Allevamenti da riproduzione - Incubatoi - Allevamenti di ovaiole: vendono le uova alle catene di distribuzione Gli obiettivi del miglioramento genetico e della selezione nella produzione di uova: - Aumento numero uova - Efficienza alimentare - Aumento resistenza guscio - Riduzione mole delle ovaiole A livello industriale vengono utilizzati principalmente ibridi. Allevamento pollo da carne L’allevamento del pollo da carne avviene a terra e non in gabbia per un discorso qualitativo. Negli allevamenti per la produzione di carne viene utilizzato principalmente il boiler che può essere: - Leggero da rosticceria a 1.65 kg (35 giorni circa) - Medio da 2.3 (femmine) a 2.8 kg (maschi) (45 giorni circa) - Pesante da 3.3 kg in poi (55 giorni circa) Il loro allevamento dal primo giorno di vita alla macellazione, avviene in pollai condizionati dove c'è il controllo continuo dell’alimentazione e del microclima. Quindi è estremamente intensivo in quanto c’è un grande controllo nei parametri produttivi. Inoltre, è generalmente a sessi separati, in modo tale da razionare l’alimentazione correttamente. La densità a livello strutturale è il parametro più importante ed è regolata da delle direttive: la direttiva 2007/434/CE definisce la densità massima a 33 kg/m2. Per poterla elevare a 39 kg/m2, l’allevatore deve rispettare dei requisiti strutturali e sanitari: - Qualità dell’aria: NH3 < 20 ppm, CO2 < 3000 ppm - Temperatura: < 30º C - Illuminazione La direttiva 2007/43/CE definisce le caratteristiche delle strutture: - Luce: intensità di almeno 20 lux - Periodi di buio di 6 ore (di cui 4 continue) per permettere il riposo - Proibiti gli interventi chirurgici - Taglio del becco è permesso soltanto ai pulcini di età inferiore a 10 giorni La lettiera, che serve ad assorbire l'umidità e a mantenere asciutto il pavimento, deve durare durante tutto il ciclo produttivo (circa 50 giorni). Una lettiera degradata può provocare problemi. 77 Per quanto riguarda la produzione, i sistemi alternativi hanno un maggior impatto di uova non recuperabili, a differenza delle gabbie convenzionali. Nei sistemi alternativi c’è anche una maggior carica microbica, un’onerosa manutenzione e pulizia del tappeto nei nidi e una più facile diffusione di malattie per il maggiore contatto degli animali. Per quanto riguarda gli aspetti ambientali, i sistemi alternativi sono anche caratterizzati maggior quantità di polveri e gas. Condizioni ambientali generali L’umidità del ricovero deve aggirarsi intorno al 65-70%. Valori elevati influiscono negativamente sullo spessore del guscio, valori bassi determinano polverosità dell'ambiente con conseguenti problemi respiratori. La pollina (deiezioni) può essere raccolta all’interno del ricovero in fosse profonde oppure può essere trasportata fuori mediante nastri trasportatori. La temperatura ideale si aggira intorno ai 18-20º. Le temperature superiori a 25º sono mal sopportate dagli animali perché hanno basse capacità di dissipare il calore corporeo. Quindi soprattutto in estate sono necessari opportuni sistemi di ventilazione e raffrescamento. L’illuminazione stimola la produzione, 12h di luce durante la giornata sono sufficienti a stimolare la deposizione, 14h consentono di raggiungere il massimo della produttività. Oltre le 16h i risultati sono negativi (aumento di prolassi vaginali). Uovo Guscio Il guscio è la parte più esterna, non commestibile e più vulnerabile. Comincia a formarsi all’arrivo dell’uovo nell’utero. Funzioni: - Barriera protettiva dal punto di vista fisico e microbiologico - Mezzo per scambi gassosi tra ambiente interno ed esterno - Riserva di calcio per lo scheletro del pulcino Composizione: - 95% da sostanza organica (minerali) - 5% da sostanza organica: Costituzione: - Cuticola esterna di natura glicoproteica - Strato calcareo (guscio vero e proprio) percorso da pori che permettono gli scambi gassosi - Membrana testacea: separa il guscio dall’albume ed è costituita da due foglietti che distaccandosi in corrispondenza del polo ottuso danno origine alla camera d'aria Il colore del guscio dipende dalla genetica, ovvero dai pigmenti sintetizzati nell’ovidotto partendo dalle porfirine. Il calcio e altri minerali sono fondamentali nell’alimentazione degli avicoli, infatti le integrazioni minerali nelle razioni alimentari sono molto consistenti. Albume L’albume è il componente più abbondante nell’uovo, costituisce il 60-66% del peso totale. Funzioni: - Difesa - Sostegno - Per l’uomo: fonte di proteine ad elevato valore biologico e agente gelificante, schiumogeno e strutturante nelle preparazioni alimentari È composto da acqua, proteine, sali minerali, ioni inorganici (Na+ e K+), vitamine del gruppo B (riboflavina e niacina) e glucosio in tracce Le proteine presenti difendono l’embrione e sono necessarie per la conservazione naturale dell’uovo. Il lisozima presente è in grado di agire direttamente contro i microrganismi. Costituzione: - 4 strati alternativamente densi e fluidi - Calaze: torsioni delle fibrille di ovomucina presenti ai poli dell’uovo che cooperano per mantenere il tuorlo nella sua posizione centrale —> si originano durante la discesa dell’ovidotto a seguito della rotazione del tuorlo 80 Tuorlo Il tuorlo costituisce il 24-30% del peso totale dell’uovo, è una cellula gigante con citoplasma ricco di sostanze nutritive e di riserva. Il suo pH è di 6-6.8. La sua funzione principale è di fornire nutrimenti all’embrione. Composizione: - 48% acqua - 33% lipidi: trigliceridi 65%, fosfolipidi 30%, colesterolo 4% - 18% proteine Gli acidi grassi presenti sono generalmente a lunga catena e saturi. La presenza di instaurazioni dipende dall’alimentazione: se gli animali assumono alimenti polinsaturi la composizione degli acidi grassi del tuorlo saranno influenzati da ciò. Il colore del tuorlo dipende dall’alimentazione e non dalla genetica come il guscio. Può essere molto influenzato dalla presenza di carotenoidi nell’alimentazione (mais, erba). Talvolta i carotenoidi di sintesi possono essere integrati nell’alimentazione. Costituzione: - Strati concentrici più chiari (proteine e lipoproteine) e più scuri (acqua e grassi) alternati - Membrana vitellina Tracciabilità Il codice di tracciabilità, la data di scadenza e il tipo di allevamento di provenienza sono informazioni obbligatorie che devono essere riportate nelle uova che provengono da allevamenti con più di 50 ovaiole. Classificazione in base alla qualità e al peso: - Categoria A o uova fresche - Categoria B: destinate all’industria Le uova della categoria A possono anche essere classificate in base al peso in XL, L, M ed S. Inoltre: - non devono essere lavate o pulite - non devono subire alcun trattamento di conservazione - non devono essere refrigerate in locali o impianti in cui la temperatura è mantenuta artificialmente al di sotto di 5° C Informazioni che devono comparire su ciascun imballaggio di trasporto e nei documenti di accompagnamento: - nome e indirizzo del produttore - codice del produttore e sistema d’allevamento - numero di uova e/o il relativo peso - giorno o periodo di deposizione - data di spedizione Nel codice presente nelle uova compare: - Tipo di allevamento - Paese di produzione (IT) - Comune dell’allevamento - Provincia dell’allevamento - Allevamento di deposizione 81 Carne cunicola La produzione di carne cunicola è fortemente in calo in Italia e anche in altri paesi occidentali, mentre nei paesi più orientali è maggiormente diffusa. In particolare la Cina è il maggior produttore. Il calo della produzione è legato al calo del consumo e anche al prezzo più elevato rispetto alle altre carni bianche. In Italia, il consumo di coniglio si concentra nel nord Italia (Veneto, Emilia e Lombardia). Sono presenti all’incirca 8000 allevamenti che sono però in calo. Il consumo pro-capite è di 4,5 Kg/anno. L’autoapprovvigionamento è del 98%. I conigli possono avere diverse taglie: grande (5-8 kg), media (4-5 kg), piccola (2-3 kg). Solitamente a livello industriale, negli allevamenti intensivi vengono utilizzati gli ibridi che hanno elevate prestazioni produttive (IPG e ICA) e riproduttive. Le razze pure hanno discrete prestazioni produttive ma vengono utilizzate nei piccoli allevamenti familiari. Ciclo produttivo Lo svezzamento dura 28-35 giorni quindi circa quanto quello dei suini. La fase di ingrasso è piuttosto breve come quella dei polli. Il macello avviene a 77-85 giorni ovvero quando l’animale ha sviluppato la maggior parte dei tessuti magri. Le fattrici non hanno un ciclo estrale regolare ma l’ovulazione avviene nel momento dell’accoppiamento. Quindi i conigli sono molto efficienti dal punto di vista riproduttivo. La maturità sessuale viene raggiunta a 4-7 mesi e solitamente il primo accoppiamento viene effettuato a 4-5 mesi. Quando la fattrice ha circa un anno di vita viene riformata perché cala la fertilità. L’età di riproduzione va da 4 mesi all’anno di vita durante la quale fa circa 6 parti. Il sistema di allevamento più utilizzato è quello semi-intensivo. In questo sistema l’accoppiamento avviene a 10-12 giorni dal parto, l’interparto dura 42 giorni (30 gestazione + 12), la lattazione dura tra i 28 e i 35 giorni. Le fattrici durante la lattazione possono essere fecondate e fanno all’incirca 6-8 parti all’anno. Nelle fecondazioni viene generalmente usata l’inseminazione artificiale che prevede l’utilizzo di seme fresco. Il seme deve essere utilizzato entro 2 – 3 ore dalla raccolta e deve essere diluito. Le fattrici vengono inseminate con un’apposita siringa. Per innescare l’ovulazione, la maturazione e lo scoppio dei follicoli è necessario fare un’iniezione intramuscolare di GnRH, ovvero un ormone che stimola la produzione e il rilascio di gonadotropine (LH e FSH). Qualche giorno prima del parto la fattrice viene collocata in una specifica gabbia. Dopo il parto viene effettuato il pareggiamento delle nidiate. Dopo il parto inizia l’allattamento programmato. Il latte delle fattrici è molto concentrato e nella fase iniziale i coniglietti hanno fabbisogni molto bassi. Quindi con un’unica poppata al giorno di 15-20 minuti riescono a soddisfare tutti i fabbisogni giornalieri. Intorno a 16 – 18 giorni i coniglietti iniziano ad uscire dal nido. Tra i 28 e i 40 giorni di lattazione i coniglietti sono svezzati e cominciano ad assumere una parte di alimentazione solita. Esistono tre tipologie di svezzamento: - Precoce: 22-28 giorni - “Fisiologico”: 33-35 giorni - Tardivo: oltre i 35 giorni —> bisogna assicurarsi che al nuovo parto la madre non stia ancora svezzamento i coniglietti del parto precedente A 33 – 35 giorni avviene la separazione definitiva dalla madre che viene collocata in una gabbia da “rimonta” in attesa di una nuova fecondazione o del nuovo parto. I coniglietti invece vengono avviati alla fase di ingrasso, che è il periodo di tempo che va dallo svezzamento ad ulteriori 30 giorni. La fase di ingrasso è seguita dalla fase di finissaggio, che è il tempo che intercorre dalla fase di ingrasso alla vendita dei conigli maturi corrispondente all’età di 80-85 giorni di vita dei soggetti, cioè quando essi hanno raggiunto un peso vivo medio di 2.5-2.7 kg. La resa al macello si aggira intorno al 60-64% con testa e arti, mentre è del 48-55% senza testa e arti. 82 Fattori chimici: - pH: i valori di pH devono rientrare in determinati valori - Salinità: alcune specie tollerano livelli bassi altre livelli alti - Ossigeno: alcuni pesci richiedono alti livelli di ossigeno altri pesci invece vivono in modo ottimale anche in assenza per esempio negli stagni —> salmoni e trote richiedono alti livelli di ossigeno - Ammoniaca: alcuni pesci tollerano maggiormente e dipende dalla densità dell’allevamento e dal ricircolo dell’acqua (deiezioni contengono ammoniaca) La trota richiede temperature basse, mentre la spigola e l’orata hanno bisogno di una temperatura di 20-25º. Nel periodo invernale quindi la loro crescita rallenta. Al di sotto dei livelli di ossigeno e temperatura vitali gli animali muoiono. Fasi allevamento Le fasi di allevamento sono: - Riproduzione - Approvvigionamento di larve o avannotti - Allevamento larvale o post-larvale - Pre-ingrasso - Ingrasso - Cattura - Macellazione Le tecniche di allevamento larvale sono: - Allevamento ad acque chiare: le larve vengono rilasciate in una vasca e in un’altra vasca vengono allevati o coltivati gli alimenti (alghe, plancton o zooplancton) - Allevamento ad acque verdi: allevati nella stessa vasca gli animali e gli alimenti Nella fase di ingrasso vengono selezioni gli animali in modo tale da creare gruppi omogenei con pesi ed esigenze simili. Se c’è una grande disomogeneità si crea competizione ma anche cannibalismo. Solo i pesci che raggiungono il peso ideale vengono successivamente catturati. La durata del ciclo produttivo varia in funzione della specie e della temperatura. L’allevamento di valle, dove i pesci per alcuni mesi riducono il metabolismo e i consumi e non si accrescono (possono addirittura perdere peso), comporta cicli più lunghi. Distribuzione In Italia ci sono circa 3000 allevamenti di acquacoltura, localizzati principalmente nel nord. Vengono allevate totalmente circa 30 specie diverse tra pesci, molluschi e crostacei. Le specie più allevate sono vongole, cozze, trote, branzini e orate. Sebbene la grande produzione, l’Italia importa circa il 50% del pesce consumato poiché molte specie non sono presenti nel mediterraneo o devono essere pescate. L’Italia ha il primato in Europa nella produzione di vongole veraci. Principali allevamenti intensivi di pesce in Italia: - Trota - Branzino - Orata La trota Iridea cresce fino a 1,4-1,5 kg (1 anno) in condizioni ottimali (15º) e ha un tasso di sopravvivenza più basso. L’indice di conversione alimentare è di 0,9-1,2. L’allevamento della trota viene effettuato in vasche rettangolari raceways in cui è presente un flusso d’acqua costante che consente di avere un’acqua sempre pulita ed ossigenata (non stagnante). Gli allevamenti sono collocati vicino a fiumi e canali in cui c’è grande disponibilità di acqua. Il colore della carne dipende dalla deposizione di carotenoidi. L’Italia è il terzo paese in Europa per produzione della trota Iridea. Il 33% degli allevamenti è in Friuli. A partire da questa specie si possono ottenere diversi prodotti. Sono stati sviluppati due prodotti diversi: Regina di San Daniele e Fil di Fumo a seconda della temperatura di affumicatura. Il Branzino o Spigola sono allevati in sistemi sia in mare che a terra. I cicli di crescita sono sempre molto lunghi. A terra la durata dell’allevamento è più lunga poiché il range di temperature è più ampio. L’orata vive a temperature simili a quelle del branzino, anche la durata dell’allevamento è simile. 85 Macellazione Metodi di macellazione: - Per esposizione all’aria (anossia): le branchie collassano e sono meno efficienti gli scambi gassosi. —> non viene utilizzata per le carpe che resistono maggiormente ad alti livello di ossigeno - In acqua ghiacciata (anossia): pesce immesso in acqua con ghiaccio, che rallenta i movimenti - Per dissanguamento: in pesci di grandi dimensioni - Per eviscerazione: allontanamento di visceri e sangue, per evitare anche autolisi da parte di enzimi gastro-intestinali (pesci piatti e anguille) - Per distruzione cerebrale: provocata da punteruolo su cranio e completa distruzione del cervello (tonni e salmoni) - Con anestesia: l’acqua viene addizionata con anestetico, segue il dissanguamento o la macellazione meccanica. - Con narcosi: la CO2 in acqua forma un acido e il pH abbassa il flusso ematico con effetti a livello cerebrale, dopo qualche minuto (dipende molto dalla specie) si raggiunge l’insensibilità (sonno) e l’eliminazione delle branchie induce la morte. - Con elettro-stordimento: può causare emorragie e fratture ossee se non adeguato - Con stordimento da percosse: Per pesci di grandi dimensioni, colpi nella zona anteriore del cervello che comportano la completa insensibilità La resa di macellazione si aggira sull’80-90% poiché l’apparato gastrointestinale è ridotto, l’apparato scheletrico è piccolo e anche gli organi sono piccoli. Quindi i pesci sono costituiti prevalentemente di muscolo Se il pesce è molto piccolo (acciughe) non viene fatta l’eviscerazione. Al termine della macellazione si ottiene la carcassa, da cui nei pesci di grandi dimensioni si possono ricavare i tagli e i tranci. Valore nutrizionale dei pesci I pesci sono ricchi di: - Acidi grassi principalmente polinsaturi (omega 3 e omega 6) - Proteine di alto valore biologico - Minerali - Vitamine (A, B3, B6, B12, E, D) Composizioni % nei filetti: - Proteine: 28% - Lipidi: 67% - Ceneri: 105% - Acqua: 96% Più grasso significa meno acqua, mentre più proteine significa più acqua. In base alle quantità di lipidi i pesci possono essere suddivisi in: - Magri: deposito di lipidi nel fegato - Esempi: branzino, orata, sogliola - Grassi: deposito di lipidi nel muscolo e nel tessuto periviscerale - Esempi: salmone, trota, sgombro, tonno Il rapporto ottimale tra omega 6 e omega 3 dovrebbe essere 5:1. Molti pesci apportano molti omega 3 e quindi vanno a ridurre questo rapporto. 86
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