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appunti di psicologia clinica, Schemi e mappe concettuali di Psicologia Clinica

NeuroscienzePsicologia infantileSviluppo Cognitivo

ci sono tutti gli appunti del corso fatti duranti le lezioni

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

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sophia-mattinelli
sophia-mattinelli 🇮🇹

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Scarica appunti di psicologia clinica e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Psicologia Clinica solo su Docsity! PSICOLOGIA CLINICA Una premessa generale - oggi sappiamo che l’origine della mente è diadica (es. BEEBE E LACHMANN, 2002) - L’infant research ci fa vedere che il bambino è attivo fin dalla nascita - L’intrapsichico evolve simulatanemente all’interpersonale - l’esperinza della diade è creativa e costruttiva e si fonda sullo scambio affettivo Come nasce il bambino? - La teoria dell’attaccamento, l’infant research e le neuroscienze ci danno una nuova immagine del bambino: - Attivo, predisposto all’interazione fin dalla nascita, competente a livello comunicativo ed emozionale, capace di inserirsi nella diade interattiva di chi si prende cura di lui, co-costruendola e sintonizzandosi affettivamente per mezzo di una corrispondenza reciproca con i suoi stati interni, che vengono poi riflessi, a livello comportamentale, in espressioni adattative o disadattative a secondo della qualità delle relazioni sperimentate Di conseguenza - La famiglia e la rete naturale all’interno della quale il bambino è inserito resta un influente fondamentale dello sviluppo - tuttavia qualsiasi relazione stabile e affettivamente significativa può costituire e di fatto costituisce per il bambino piccolo una importante occasione di riparazione e di crescita sana E’ l’educatore?... - l’educatore è una delle figure che può più di altre - intercettare tempestivamente cure inappropriate - offrire al bambino l’esperienza di un’interazione buona - condividere con i genitori e la rete di riferimento modalità relazionali adeguate Motivazioni e aspettative - E’ importante essere consapevoli delle motivazioni che portano a scegliere di diventare educatori - Nel rapporto con il bambino e la sua famiglia è infatti inevitabile sperimentale sentimenti complessi, che hanno a che fare con la nostra infanzia e la nostra famiglia, e che orientano in vario modo la nostra professionalità e la sua efficacia Con che si identifica l’educatore - E’ certo necessario empatizzare con il bambino e essere dalla sua parte - E’ tuttavia importante non dimenticare che anche i genitori sono stati figli - “un genitore inadeguato è un bambino incompiuto e un coniuge insoddisfatto” (Stefano Cirillo, cattivi genitori, cortina 2005) Alleanza da fare e coalizioni da evitare -L’intervento educativo sul bambino non può avere buon esito se non tiene conto del contesto relazionale - L’alleanza con il bambino deve restare rispettosa dei suoi legami affettivi e non diventare una coalizione - Alleanza: unione per uno scopo comune - Coalizione: unione contro qualcun altro Come si pensa al bambino 0-3? - vi sono molteplici rappresentazioni implicite del ba,bino, che si sono presentate in varie epoche e orientano l’atteggiamento degli adulti - il bambino da reprimere e plasmare (es. Morton Schatzman, La famiglia che uccide, 1973) - il bambino secondo natura (es. Jean Jacques Rousseau e il mito del buon selvaggio) - il bambino adultescente tra adultescenti (es. Massimo Ammaniti, la famiglia adolescente, 2015) Può essere di aiuto… - essere consapevoli della parzialità del vostro punto di vista - cercare di capire lo stile relazionale che vi trovate a osservare - rendere espliciti i presupposti e l’idea di bambino che lo improntano - rendere espliciti gli obbiettivi educativi che il genitore persegue con la propria condotta - suggerire comportamenti alternativi realistici Un’altra premessa generale - Il periodo 0-3 anni è cruciale per la crescita e la formazione della persona adulta - In questa fase precoce della vita infatti si creano le principali traiettorie di sviluppo sia emotivo che cognitivo; anche se alcune importanti competenze, come il pensiero astratto formale, si manifestano molto più tardi, è in questo periodo che il bambino impara moltissimo, a ritmi particolarmente veloci, e presenta finestre evolutive specifiche Le variabili infantili il processo di crescita: i fattori di rischio - Il concetto di rischio e di fattore di rischio rimanda all’idea di probabilità - Le condizioni di rischio non sono dunque associate a un esito necessariamente negativo - Per condizioni o fattori di rischio si intendono quelle esperienze avverse, di tipo cronico o acuto, che possono minare lentamente la salute psichica/fisica del bambino oppure irrompere nella sua vita improvvisamente come evento traumatico Quali sono i fattori di rischio? (di Blasio, 2005) - variabili demografiche (es. età dei genitori, livello di istruzione, condizioni socio-economiche) - variabili relative alle relazioni famigliari (es. famiglia monoparentale, conflitti di coppia, violenza domestica, conflitti con le famiglie di origine, gravidanza e maternità non desiderate, assenza di una rete di supporto) Quali sono i fattori di rischio? - variabili relative alle caratteristiche dei genitori (es. presenza di psicopatologia o di devianza sociale, abuso di sostanze stupefacenti, vittimizzazione subita in infanzia, tendenza all’impulsività e scarsa tolleranza alle frustrazioni, debole o assente capacità di assunzione delle responsabilità) - caratteristiche del bambino (es. temperamento difficile, malattie fisiche o disturbi alla nascita, presenza di handicap) Le variabili influenti il processo di crescita: i fattori di protezione - gli effetti negativi dei fattori di rischio possono essere del tutto in parte contrasti dalla presenza di fattori protettivi - i fattori protettivi, includono quell’insieme di risorse e potenzialità dell’individuo e del suo sistema relazionale dei fattori di rischio e contrastare la possibilità di evoluzioni sintomatiche Quali sono i fattori di protezione? (di Blasio, 2005) - variabili famigliari e sociali (es. supporto fornito da almeno un componente della famiglia di origine, presenza di una rete di sostegno parentale o amicale, capacità di gestione dei conflitti) - variabili individuali concernenti i genitori (es. autonomia personale, buon livello di autostima, capacità empatiche e di assunzione della responsabilità, desiderio di migliorarsi, rielaborazione di esperienze traumatiche vissute in infanzia) sociale; viceversa, è stato dimostrato che una comunicazione adeguata con il piccolo stimola le connessioni sinaptiche nella corteccia orbitofrontale, che consentono di modulare la collera, la frustrazione, e la paura) Il temperamento - temperamento - stile comportamentale specifico, a base innata, con cui il bambino risponde fin dalla nascita alle sollecitazioni del mondo esterno - l’ambiente influenza il temperamento del bambino, e il temperamento del bambino influenza gli atteggiamenti di chi interagisce con lui (si pensi anche alla cosiddetta self fulfilling prophecy) Le 9 dimensioni del temperamento ( Thomas e Chess, 1977 e 1987) 1. livello di attività motoria (alta o bassa) 2. ritmicità e regolarità (prevedibilità degli orari) 3. approccio o evitamento iniziale di nuovi stimoli 4. adattabilità nel tempo 5. soglia sensoriale (alta o bassa) 6. qualità dell’umore (es. pianto vs. sorriso) 7. intensità delle reazioni (positive e negative) 8. distraibilità (capacità di uno stimolo di deviare l’attività) 9. perseveranza e durata dell’attenzione (capacità di continuare un’attività nonostante gli ostacoli che pone, durata dell’attività senza interrompersi) Il temperamento: bambini facili e bambini difficili - ciò che definiamo temperamento ha di solito a che fare con l’impressione dei genitori di avere un bambino facile, calmo, un cuor contento, oppure al contrario difficile, irrequieto, e magari capriccioso e rompiscatole - il PSI (parenting stress index adattamento italiano a cura di Guarino, Di Blasio, D’Alessio, Camiscasca e Serantoni, 2008) è un questionario che misura lo stress genitoriale rispetto ad alcune variabili La percezione del bambino difficile - a proposito della percezione di avere un bambino difficile, il PSI propone questi ITEMS: - Mio figlio sembra che pianga o si agiti molto più della maggioranza dei bambini…Mio figlio di solito si sveglia di cattivo umore….Ritengo che mio figlio sia facilmente irritabile e di umore variabile e lunatico….Mio figlio fa alcune cose che mi infastidiscono molto….Mio figlio reagisce duramente quando succede qualcosa che non gli piace…Mio figlio rimane facilmente male per le più piccole cose….Mio figlio si è dimostrato un problema più grande di quanto mi aspettassi I fattori ambientali alla base dei percorsi di sviluppo - la qualità delle cure e la relazione con i genitori, la famiglia allargata e il contesto scolastico esercitano una influenza diretta sullo sviluppo del bambino - l’approccio ecologico allo sviluppo (bronfenbrenner, 1979) sottolinea tuttavia l’importanza del contesto, inteso come insieme ordinato di più strutture, l’una inclusa nell’altra L’approccio ecologico allo sviluppo - microsistema (es. famiglia) - mesosistema (es. scuola, qualità dei legami tra scuola e famiglia) - esosistema (es. condizioni di vita e di lavoro della famiglia) - macrosistema ( politiche sociali, caratteristiche culturali del contesto) La dialettica natura cultura nei percorsi di sviluppo - il processo di sviluppo è fortemente influenzato dalle esperienze traumatiche e carenzianti oppure sane e riparative fornite dall’ambiente - una certa predisposizione temperamentale innata influenza le risposte del bambino alle sollecitazioni ambientali e contribuisce anche alla scelta di un determinato contesto relazionale (es. bambini molto vivaci cercheranno di interagire con bambini altrettanto vivaci, e viceversa) - la disposizione genetica orienta quindi a esperienze differenti, che tendono a rinforzarla La dialettica natura cultura nei percorsi di sviluppo - alcune ricerche tuttavia ci dicono che bambini che presentavano una variazione su un gene specifico (produzione ridotta di serotonina, neurotrasmettitore i cui bassi livelli sembrano collegati a comportamenti aggressivi e antisociali) e ponevano in atto condotte a rischio avevano ridotto i comportamenti devianti fino alla loro scomparsa grazie a un intervento sui genitori, che erano stati coinvolti per due anni in un programma mirato a migliorare la loro comunicazione con i figli, la capacità di gestire la relazione con loro, e l’abilità nel fornire adeguato sostegno emotivo (Brody, Beach, Philibert, Chen e Murry 2009) La dialettica natura cultura nei percorsi di sviluppo - l’intervento sul contesto familiare può dunque influenzare l’espressione genetica: cure genitoriali idonee possono bloccare manifestazioni di disagio anche dove è presente un rischio genetico - la struttura cerebrale influenza il comportamento ma il comportamento a propria volta da conto dello strutturarsi delle vie neurali - l’esperienza e la qualità delle relazioni contribuiscono così a modellare il processo di sviluppo cerebrale Genogramma: raccoglie la storia famigliare Le teorie di riferimento - La prospettiva comportamentista - La prospettiva cognitivista - La teoria dell’attaccamento - La teoria della mente - L’Infant Research e le neuroscienze E la psicoanalisi? - la nozione per cui le funzioni psichiche possono essere interiorizzate nel corso della relazione oggettuale primaria è presente in molti psicoanalisti, a partire da rene’ spitz (1945) - poiché oggi sappiamo che la relazione oggettuale primaria è cruciale per lo sviluppo e per vari aspetti predittiva dello sviluppo non riferiremo a freud, che non ha mai trattato i bambini, ma agli approcci che dalla psicoanalisi traggono origine, come L’Infant Research, la teoria dell’attaccamento e la teoria della mente, che si sono fortemente ancorate alla ricerca empatica, andando molto al di la dello osservazioni pionieristiche condotte in precedenza L’Infant Research e le neuroscienze Dalla fine degli anni 70 si diffonde negli stati uniti un percorso di ricerca (L’Infant Research) volto a studiare le competenze neonatali del bambino e la sua interazione con la madre. Nuove tecnologie (es. video registrazione, analisi micro analitiche dei dati) hanno permesso di evidenziare le competenze sociali e interattive che caratterizzano le prime fasi dello sviluppo infantile. Le neuroscienze da parte loro hanno dimostrato che tutti gli eventi interattivi di carattere affettivo influenzano lo sviluppo del cervello L’Infant Research e le neuroscienze - i contributi di questo filone di ricerca empirica sono fondamentali per la comprensione dello sviluppo e del funzionamento del bambino piccolo e ci accompagneranno lungo tutto il nostro percorso - è però importante capire che l’attuale osservazione del bambino e delle sue relazioni è stata preceduta da approcci diversi, che hanno in qualche misura lasciato traccia ed è bene conoscere La prospettiva comportamentista - nasce agli inizi del 900 e si propone di dare alla psicologia una solida base scientifica. di qui la scelta di individuare un oggetto di studio direttamente misurabile e osservabile. - si studiano solo gli eventi ambientali e il comportamento manifestato - il comportamento è visto come l’esito di un processo di apprendimento che avviene grazie a specifici stimoli forniti dall’ambiente (condizionamento classico) e le relative risposte da parte dell’organismo, oppure mediante l’associazione a rinforzi positivi o negativi (condizionamento operante) La prospettiva comportamentista - nella prospettiva comportamentista, lo sviluppo infantile è costituito dall’acquisizione graduale di sequenze comportamentali e abitudini sulla base di processi associativi stimolo-risposta di rinforzi forniti dall’ambiente, che consentono di mantenere o di abbandonare alcune sequenze di comportamento. - le manifestazioni psicopatologiche sono considerate comportamenti disadattativi, ovvero modalità di risposta apprese in eccesso o in difetto rispetto alla norma sociale non vi è alcun rimando allo stato interno del bambino in quanto non direttamente osservabile La prospettiva comportamentista - i limiti evidenti del comportamentismo nello spingere la complessità umana hanno indotto alcuni studiosi (es. Bandura, 1977) a ridefinire il concetto di apprendimento: che non è più la paura influenza dell’ambiente, ma il risultato di una elaborazione personale delle informazioni - al modello S-R (stimolo-risposta) subentra cosi il modello più complesso S-O-R (stimolo- organismo-risposta). - la critica al comportamentismo sembra fin troppo facile. Va però ricordato come questa prospettiva influenzi ancora oggi alcuni approcci all’apprendimento, alla psicoterapia e alla riabilitazione Una nota sulla pragmatica della comunicazione umana - questo libro storico esce in Usa nel 1967 e in Italia nel 1971 ed influenza la comunità scientifica di tutto il mondo - analogamente al comportamentismo la pragmatica mette tra parentesi l’interiorità e la mente (la mente è una black box!) e sceglie di studiare solo quanto è direttamente osservabile, ovvero il comportamento e la comunicazione umana e il loro effetti sulle relazioni - è tuttavia una conquista fondamentale vedere la patologia (anche) in quanto interazione patologica, ed è altrettanto importante essere consapevoli che: “ogni comportamento è una comunicazione, e non comunicare è impossibile” - attraverso il pianto e il sorriso e poi il seguire o l’aggrapparsi al corpo dell’adulto il piccolo mantiene una prossimità fisica con la figura di riferimento alla quale chiedere aiuto in caso di pericolo. - anche il care giver manifesta una predisposizione a prendersi cura del figlio le conferme delle neuroscienze - gli studi piu’ recenti nel campo delle neuroscienze dimostrano che il contatto con il neonato stimola nella madre la produzione di endorfine, che inducono sensazione di benessere e favoriscono il consolidamento del legame - analogamente, la separazione dal bambino determina la riduzione di endorfine e fa si’ che la madre provi sentimenti di tristezza tali da disincentivare l’allontanamento - la produzione di dopamina favorisce la gestione dello stress e della fatica e rinforza i comportamenti di accudimento materno - infine grazie all’ossitocina la madre sa cogliere con maggiore prontezza i segnali del bambino e sintonizzarsi meglio con lui bowlby e la teoria dell’attaccamento - bowlby sostiene che il bisogno primario dell’essere umano e’ ottenere la protezione e la sicurezza dall’adulto di riferimento - nella specie umana si e’ selezionato un repertorio comportamentale che consente fin dalla nascita di entrare in rapporto con un altro individuo che si dimostri capace di favorire la sicurezza e il soddisfacimento dei bisogni fondamentali - i piccoli umani vengono al mondo con una impalcatura percettivo-motoria che non ha bisogno di essere appresa, e che li orienta verso un altro significativo l’attaccamento sicuro - il care giver, se sa fornire cure costanti e adeguate, consente al piccolo di far emergere un profondo senso di sicurezza, che permette l’esplorazione dell’ambiente a vantaggio dello sviluppo complessivo - la capacita’ di fare esperienza dell’ambiente poiche’ si e’ sviluppata la certezza di poter ottenere l’aiuto del care giver nelle situazioni di paura o di pericolo caratterizza i bambini con un attaccamento sicuro - vi e’ dunque secondo bowlby una connessione fondamentale tra attaccamento sicuro, esplorazione e autonomia l’attaccamento insicuro-ansioso - i bambini che non hanno potuto fare affidamento su un care giver sufficientemente presente e responsivo sviluppano un attaccamento insicuro - l’attaccamento insicuro si caratterizza per il fatto che la spinta a esplorare l’ambiente e ad entrare in modo funzionale in relazione con gli altri può essere in parte o del tutto tarpata, poiché viene meno il senso di fiducia in se stessi e negli altri - bowlby ritiene che questo aspetto sia centrale in tutte le forme di disagio emotivo e comportamentale quando si costruisce l’attaccamento? - nel determinare la qualità del legame di attaccamento tra il care giver e il piccolo sono fondamentali le esperienze di cure ricevute nel corso del primo anno di vita - alla stregua dell’imprinting in altre specie, anche nell’uomo esiste un periodo sensibile, che e’ frutto del processo evolutivo e che coincide con il primo anno di vita - in questo periodo i piccoli sono maggiormente pronti a riconoscere le caratteristiche della figura allevante. tanto che la qualità delle esperienze di accudimento influenza in modo determinante il successivo percorso di sviluppo dell’individuo i presupposti delle cure adeguate - mary ainsworth (1967) ha parlato di sensibilità e responsività. - la sensibilità: concerne la capacita’ sia di percepire con precisione che di interpretare correttamente i segnali del figlio (es. un genitore poco sensibile può cogliere i segnali facciali del bambino ma interpretarli come manifestazioni di rabbia e dare quindi risposte sbagliate) - la responsività: riguarda la prontezza nell’intervenire in risposta ai segnali del bambino (es. un genitore poco responsivo non fornisce risposte tempestive e nella misura appropriata ai bisogni del bambino) - e ovviamente la necessaria presenza L’evoluzione della teoria dell’attaccamento dopo John Bowlby - Bowlby aveva individuato due principali modelli di attaccamento (sicuro vs. insicuro-ansioso) - altri studiosi sulla base di osservazioni e ricerche precisano ulteriormente gli stili di attaccamento - negli anni ’60 mary ainsworth con la strange situation evidenzia nell’attaccamento insicuro ansioso due diverse tipologie, il tipo evitante e il tipo ambivalente - negli anni ‘80 mary main e altri ricercatori (crittenden, salomon) ipotizzano accanto agli stili insicuri il pattern disorganizzato o disorientato La teoria della mente - anche la teoria della mente (Theory of Mind o Tom) ha dato un contributo fondamentale per capire lo sviluppo della competenza relazionale del bambino. - a partire dagli anni ‘70 molti studiosi (Premark e Woodruff, 1978, Wimmer e Perner, 1985, Camaioni, 1993, 2001 etc.) hanno dato avvio a un ampio filone di ricerche empiriche in questo campo - si ritiene che le differenze nelle abilita’ relazionali dei bambini siano connesse allo sviluppo più o meno compiuto e articolato della teoria della mente La teoria della mente - la teoria della mente studia due abilità fondamentali: 1. la capacità di attribuire stati mentali (pensieri, credenze, emozioni, sentimenti) a se stessi e agli altri 2. la capacità di comprendere che tali stati mentali sottendono i comportamenti, ovvero che le azioni proprie ed altrui derivano da ciò che si pensa o si prova - oggi sappiamo che la teoria della mente segue un percorso evolutivo preciso, i cui precursori sono individuati nell’intenzione comunicativo-dichiarativa (il bambino attorno ai 10-12 mesi inizia ad indicare un oggetto) e nella comprensione visiva (attorno ai 2 anni il bambino capisce che un oggetto che lui vede può non essere visto dagli altri) La teoria della mente - la capacita’ di rappresentarsi gli stati mentali degli altri, insieme alla comprensione che gli altri possano avere informazioni diverse dalle nostre e che queste possano anche essere erronee (false credenze)consente di anticipare il comportamento degli altri e quindi di orientare anche il proprio - ovvero il bambino e’ in grado di tenere in considerazione simultaneamente sia il proprio punto di vista che quello degli altri - si ritiene che le abilita’ sociali sono diverse perché diverse sono le capacita’ di «leggere» i pensieri altrui e di anticiparne i comportamenti La teoria della mente - i bambini che si sono costruiti una teoria della mente sanno gestire meglio i rapporti interpersonali, negoziare e proporre soluzioni e ricorrono meno ai comportamenti aggressivi perché sanno prevederne le conseguenze - non sempre però le azioni aggressive sono l’esito di un deficit nella teoria della mente - è per questo necessario distinguere tra mentalizzazione cognitiva e mentalizzazione emotiva come pure tra aggressività reattiva e aggressività proattiva Mentalizzazione cognitiva, Mentalizzazione emotiva e aggressività - riuscire a comprendere il pensiero di un’altra persona per prevederne il comportamento (mentalizzazione cognitiva) non significa farsi coinvolgere anche dal suo stato emotivo (mentalizzazione emotiva) - studi sul bullismo ad esempio hanno dimostrato che i bambini che mettono in atto comportamenti violenti e vessatori hanno abilita’ adeguate nella teoria della mente - si evince che i bulli leader che creano coalizioni contro la vittima e inducono altri a condotte vessatorie da un lato hanno una adeguata teoria della mente, dall’altro presentano un deficit nello sviluppo morale (la mentalizzazione cognitiva è presente e orienta la condotta, ma non lo è affatto quella emotiva) Mentalizzazione cognitiva, Mentalizzazione emotiva e aggressività -è utile distinguere l’aggressività reattiva dalla aggressività proattiva - l’aggressività reattiva rappresenta la reazione a un evento percepito, e spesso sopravvalutato, come ostile, come una provocazione oppure una costrizione; è caratterizzata da impulsività, facile irritabilità, crisi di rabbia; si associa a una vulnerabilità temperamentale, per cui il bambino ha un alto livello di arousal ed è facilmente preda di emozioni negative, quali ansia e tristezza Mentalizzazione cognitiva, Mentalizzazione emotiva e aggressività - l’aggressività proattiva viene invece agita in assenza di una provocazione, ma a seguito di una pianificazione volta ad ottenere un beneficio per sé senza alcuna considerazione delle esigenze e dei sentimenti degli altri - se l’aggressività reattiva sembra legata a una reazione emotiva esagerata, l’aggressività proattiva appare conseguenza di una progettazione fredda e intenzionale - l’aggressività reattiva si accompagna a un deficit della teoria della mente, che porta ad attribuire intenzioni ostili agli altri anche quando non è così Mentalizzazione cognitiva, Mentalizzazione emotiva e aggressività - l’aggressività proattiva al contrario si accompagna a una abilità elevata nella teoria della mente - i bambini ricorrono a questi comportamenti sulla base della convinzione che le azioni di prevaricazione costituiscono la strategia migliore per raggiungere i propri scopi, siano essi il riconoscimento sociale o il possesso di oggetti desiderati - non provano ansia né empatia e sono disposti a mettere in atto azioni moralmente riprovevoli senza provare dispiacere o senso di colpa La relazione madre padre bambino - più in generale, quali sono le risposte di uno dei genitori a un segnale affettivo del bambino riguardante l’altro adulto? - come commenta o comunica il padre con il bambino dopo un’esperienza positiva o negativa vissuta dal piccolo con la madre, o viceversa? - i genitori, come commentano o comunicano con il bambino quando sono insieme? si co- sintonizzano? i loro commenti sono congruenti o incongruenti? L’importanza del triangolo primario - gli interrogativi che precedono hanno condotto alcuni ricercatori a studiare il processo familiare in modo nuovo e a creare strumenti specifici di osservazione quali il lausanne trilogue play o LTP (il triangolo primario, le prime interazioni triadiche tra padre, madre e bambino, di fivaz-depeursinge e corboz-warnery, 2000) - è emersa dalla ricerca del gruppo di losanna l’importanza dell’alleanza familiare e della capacità dei genitori di collaborare tra loro - è emersa anche la propensione a ritenere che il bambino disponga di competenze triangolari e sia precocemente predisposto a gestire relazioni triangolari L’importanza del triangolo primario «la predisposizione del bambino all’interazione diadica potrebbe essere un artefatto che dipende dai setting in cui, classicamente, si osservano le interazioni del piccolo, e non un limite del bambino stesso. quest’idea, in pratica, può essere una conseguenza della storia della scienza, più che della storia del bambino» (op. cit., pag 23) Il disagio espresso attraverso il corpo: una premessa - la mente del bambino si sviluppa a partire dall’elaborazione e memorizzazione di segnali affettivi e relazionali, i quali vanno a influenzare lo sviluppo di quelle strutture cerebrali che sono coinvolte nella regolazione degli affetti e che sono per lo più sotto il controllo dell’emisfero destro. - l’emisfero destro, che ha il periodo di massima crescita nei primi diciotto mesi di vita, è profondamento connesso al sistema nervoso autonomo e regola le risposte simpatiche e parasimpatiche , che sono quelle associate alla funzionalità degli organi interni Il disagio espresso attraverso il corpo: una premessa - in particolare vi sono aree dell’ipotalamo che attraverso il rilascio di specifici neurormoni modulano le risposte allo stress. sappiamo che il bambino è precocemente in grado di sintonizzarsi con l’emisfero destro del care giver e in tal modo attiva i propri circuiti cerebrali destri. a questi si devono le capacità di modulare le funzioni cognitive e affettive e di regolare il flusso delle informazioni interne ed esterne. - l’emisfero destro inoltre controlla le rappresentazioni degli stati viscerali, somatici e delle sensazioni corporee Il disagio espresso attraverso il corpo: una premessa - i circuiti limbici destri hanno la funzione di elaborare a livello corticale le informazioni prevenienti dall’ambiente esterno, ad esempio gli stimoli visivi e uditivi provenienti dalla madre, e di integrarle con quelle elaborate a livello subcorticale dai centri deputati al controllo interno viscerale. - questi sistemi regolatori non sono innati, ma costituiscono l’esito della maturazione dell’emisfero destro, il cui sviluppo è fortemente influenzato dalle esperienze relazionali precoci Qualità delle cure e sviluppo - di conseguenza, la qualità delle cure primarie ha effetti sia sullo sviluppo cerebrale sia sullo sviluppo complessivo dell’organismo - cure opportune si traducono in uno stato generale di benessere del piccolo, connotato da un funzionamento fisiologico adeguato e dal raggiungimento delle tappe di crescita proprie dell’età - cure non in sintonia con i bisogni del bambino si possono tradurre in una condizione di disagio, che può minacciare lo stato di salute - in assenza del linguaggio, il disagio spesso trova la sua modalità di espressione attraverso manifestazioni psicosomatiche - spetta al care giver attribuire un significato corretto a tali manifestazioni e intervenire in sintonia con i bisogni espressi dal bambino - in altri termini, il corpo costituisce il mezzo di comunicazione privilegiato e gli eventuali sintomi psicosomatici acquisiscono un significato specifico all’interno del sistema di interazione madre- bambino Qualità delle cure e sviluppo «non c’è niente di più psicosomatico di un neonato: il corpo occupa un posto privilegiato nel vasto campo di interazioni con l’ambiente, le diverse funzioni fisiologiche (alimentazione, eliminazione sfinterica, tono statico e dinamico..) servono di base per la comunicazione con l’ambiente, il cui ruolo è d’altra parte quello di mentalizzare questo comportamento» (de Ajuriaguerra e Marcelli, 1982) Lo sviluppo motorio e i processi cognitivi di base - il movimento è causa ed effetto di cambiamenti cognitivi, percettivi e sociali fondamentali - i comportamenti motori , oltre all’attività di muscoli e articolazioni e al controllo della forza implicano anche un controllo adattivo che coinvolge il sistema corpo-ambiente attraverso complessi processi di percezione, apprendimento, decision-making e di interazione sociale - la pratiche educative del care giver facilitano oppure inibiscono lo sviluppo motorio in quanto la strutturazione dell’ambiente e l’organizzazione di opportunità di interazione influenzano lo sviluppo di nuove capacità motorie nel bambino Le tappe dello sviluppo motorio 0-1 anno Nascita lunghi periodi di sonno e brevi periodi di veglia ipertonia di braccia e gambe ipotonia di tronco e collo riflessi neonatali (es. riflesso di suzione, riflesso di grasping etc) 1 Mese - permangono i riflessi neonatali - in posizione supina piega la testa su un lato, fa movimenti ampi e repentini di braccia e di gambe, tiene le mani chiuse a pugno - in posizione prona ruota la testa di lato, flette braccia e gambe - in posizione verticale allinea il capo con il corpo 3 Mesi -in posizione supina tiene la testa sulla linea mediana, esegue movimenti più fluidi, tiene le mani aperte - in posizione prona solleva la testa e il torace e comincia a reggersi sugli avambracci - in posizione ventrale tiene la testa sollevata rispetto al corpo - quando è sollevato dalla posizione supina a quella seduta la testa segue il tronco e oscilla all’indietro - conquiste della motricità fine - quando è in posizione seduta inarca la schiena e la testa rimane dritta per qualche secondo - compare a tre mesi qualche iniziale competenza nella motricità fine: - in posizione supina il bambino osserva il movimento delle sue mani - comincia ad allungare le braccia per afferrare gli oggetti con entrambe le mani e a tenere gli oggetti tra le mani per qualche secondo 6 Mesi - in posizione supina è capace di sollevare la testa ed estendere le braccia per essere sollevato e mettersi in posizione seduta - si gira prima dalla posizione prona a quella supina e poi anche dalla posizione supina a quella prona - se sostenuto in posizione eretta è capace di sostenere il peso sulle gambe e saltellare - conquiste della motricità fine - è capace di allungare le braccia per afferrare un oggetto, anche piccolo - dapprima afferra gli oggetti con due mani e poi con una sola mano - sa afferrare gli oggetti con presa palmare - sa trasferire gli oggetti da una mano all’altra 9 Mesi - il bambino è capace di stare seduto senza sostegno e sedersi da solo - sa rotolare, strisciare e muoversi carponi su una superficie piana - sa spostarsi dalla posizione seduta a quella eretta e rimanere in posizione eretta o fare piccoli passi con un sostegno - conquiste della motricità fine - è capace di afferrare oggetti sia fissi che in movimento - di manipolare ed esplorare gli oggetti - di usare il dito indice per indicare - comincia a usare la presa indice-pollice 12 Mesi - è capace di spostarsi muovendosi carponi o strisciando da seduto - sa stare in piedi da solo per qualche minuto - sa muoversi lateralmente e camminare in avanti se sorretto - comincia a camminare da solo - conquiste della motricità fine - è capace di coordinare braccio e mano per afferrare oggetti - sa indicare con l’indice gli oggetti - sa tenere due oggetti contemporaneamente nelle due mani con il pollice, l’indice e il medio Le tappe dello sviluppo motorio 1-2 anno 15 Mesi - è capace di deambulare a gambe larghe e con le braccia aperte per tenersi in equilibrio, lasciarsi cadere e rialzarsi senza aiuto - salire qualche gradino - inginocchiarsi - conquiste della motricità fine - è capace di manipolare due cubi e di metterli uno sull’altro - di afferrare una matita e fare scarabocchi muovendo il braccio lungo direzioni dritte avanti/indietro Le patologie della sfera digestiva - coliche idiopatiche dei primi 3 mesi - fanno di solito la loro comparsa dopo 10-20 giorni dalla nascita - il bambino è calmo e tranquillo per la maggior parte della giornata, le coliche iniziano nel tardo pomeriggio o la sera dopo il pasto. la crisi è caratterizzata da sofferenza digestiva e fame imperiosa, che vengono manifestati con agitazione e pianto ostinato, che possono perdurare anche alcune ore - il piccolo si calma solo se viene offerta la tettarella e può succhiare avidamente e se viene dondolato e cullato - la madre sembra fallire nel suo ruolo di regolatore esterno degli stati somatici del piccolo - le coliche sembrano scaturire da un disturbo della relazione e scompaiono a seguito di due eventi: lo sviluppo del bambino, che diviene più capace di regolare le proprie tensioni, ad esempio succhiando il pollice; la maggiore capacità della madre di comprendere i bisogni e i segnali del figlio Le patologie della sfera digestiva vomito - nella fase neonatale l’immaturità del cardias (giunzione esofago-stomaco) fa sì che siano frequenti rigurgiti di cibo e talvolta veri e propri vomiti di latte già in parte digerito - se non si riscontrano anomalie di natura fisiologica (malformazioni, intolleranze) il vomito viene considerato un disturbo psicosomatico quando si presenta con eccessiva facilità e frequenza - nel corso del secondo anno di solito il vomito scompare grazie al cambiamento dell’alimentazione e alla maggiore autonomia alimentare - se tuttavia la relazione bambino-care giver è conflittuale il vomito può ripresentarsi anche negli anni successivi, in particolare nelle situazioni di costrizione o contrarietà (classico il vomito il mattino prima di andare a scuola; si è riscontrato che i bambini che presentano vomito precoce sviluppano più tardi una fobia scolare) Le patologie della sfera digestiva Mericismo - il mericismo o ruminazione compare di solito nel secondo trimestre di vita ed è più frequente nei maschi - il piccolo rigurgita senza sforzo apparente quantità variabili di cibo in parte già digerito - il cibo viene richiamato in bocca dove viene di nuovo masticato e poi inghiottito e in parte vomitato - l’esordio del mericismo è spesso progressivo ed è preceduto da episodi di vomito e rigurgito - il disturbo compare solo quando il bambino è solo o si ritiene tale e cessa immeditamente se si avvicina un adulto - nel corso della ruminazione il bambino appare completamente assorbito dalla sua attività, lo sguardo è vuoto, estraneo al mondo esterno, il corpo è atono - il disturbo viene ricondotto a deprivazione affettiva, legata a figure allevanti fredde e distanti o con modalità ossessive e ritualizzate, prive di coinvolgimento affettivo Le patologie della sfera respiratoria L’asma - deriva dalla contrazione della muscolatura bronchiolare che provoca crisi respiratorie - deriva da fattori molteplici quali componenti ereditarie, infettive, allergiche e psicogene; in uno stesso soggetto le crisi possono scatenarsi a seguito del contatto con un allergene, oppure solo quale conseguenza di fattori emotivi, come stati d’ansia o di forte paura - le forme più precoci si presentano nel secondo semestre di vita di solito le bronchiti asmatiche durano 8-10 giorni ed hanno una frequenza notevole - le forme acute si caratterizzano per una grave affezione respiratoria accompagnata da febbre, cianosi e tosse incessante, che non sembrano tuttavia procurare forte angoscia nel bambino. talvolta è però necessaria una terapia farmacologica o il ricovero ospedaliero - l’asma può presentarsi in concomitanza con altri disturbi psicosomatici, in particolare l’eczema nella maggior parte dei casi l’asma si risolve attorno ai 2-3 anni - sul piano psicologico il bambino asmatico appare dipendente , sottomesso all’ambiente relazionale, molto ansioso. la figura allevante appare ambivalente, da un lato si mostra fredda e conformista, dall’altro mette in atto comportamenti iperprotettivi e invadenti non funzionali - il ripetersi delle crisi influenza il carattere e l’affettività del bambino; spesso il sistema familiare finisce per limitarne le esperienze di crescita e l’autonomia Le patologie della sfera respiratoria laringospasmo o spasmo affettivo - si caratterizza per una breve perdita di coscienza a causa di una anossia cerebrale - insorge di solito tra i 6 e i 18 mesi, più raramente tra i 2 e i 4 anni - si distinguono due forme: quella cianotica o blu e quella sincopale o pallida - la forma cianotica si verifica a seguito di un rimprovero, di una frustrazione o un’emozione di collera - il bambino inizia a piangere, il respiro accelera, la respirazione diventa sempre più difficoltosa fino a subentrare un blocco in apnea, che conduce a una cianosi - a questo punto il bambino perde coscienza e cade a terra - la forma pallida è scatenata da un evento traumatico che procura al bambino un dolore improvviso o una paura intensa. il bambino lancia un grido breve, impallidisce e cade a terra. sono frequenti manifestazioni convulsive - sono molto rare le forme miste, di solito un bambino presenta lo stesso tipo di crisi cianotica oppure pallida - il disturbo tende a scomparire spontaneamente intorno ai 3 anni - il laringospasmo può essere confuso con la patologia epilettica; elemento distintivo importante è che il laringospasmo è sempre scatenato da un evento specifico e ben identificabile - le due forme presentano nette differenze psicologiche - i bambini che soffrono della forma blu sono energici, attivi, oppositivi, collerici e tendono ad essere dominanti - i bambini che soffrono della forma pallida si mostrano paurosi, timidi, dipendenti e alquanto passivi - la figura allevante di solito assume un comportamento sottomesso al bambino per evitare le crisi; il piccolo non impara a tollerare la frustrazione e resta incapace di elaborare mentalmente i propri stati affettivi negativi, che si esprimono nel corpo Le patologie della sfera cutanea Eczema - l’eczema o dermatite atopica si caratterizza per arrossamenti e vescicole con secrezione sierosa e formazione di croste nella forma acuta, oppure da squame e ispessimento della cute nella forma cronica. - è accompagnato da un intenso prurito e induce il bambino a grattarsi insistentemente - solitamente compare sulle guance e sul collo per poi espandersi al resto del corpo - l’esordio si presenta nel secondo trimestre e la sua risoluzione per lo più avviene intorno al secondo anno di vita. raramente permane negli anni successivi - la guarigione nel corso del secondo anno si può ricondurre, come per altre patologie psicosomatiche, all’acquisizione di nuove autonomie, come la deambulazione, che permettono al piccolo di essere meno dipendente dalla figura materna - pur restando evidente l’associazione tra fattori biologici e fattori psicologici, l’inadeguatezza della figura allevante sembra un elemento chiave nella comparsa dell’eczema - già spitz (1965) aveva descritto come le madri dei bambini con eczema mostravano nell’interazione con i figli una latente ostilità, indicata dal fatto che evitavano di toccarli, privando i piccoli dell’esperienza del contatto cutaneo. aveva inoltre notato in questi bambini l’assenza dell’angoscia dell’estraneo, che indica che non si e’ instaurato con il care giver un legame di attaccamento privilegiato - i bambini con eczema, come gli asmatici, rivelano deficit sul piano delle competenze emotive, intolleranza notevole alle situazioni conflittuali e profondi bisogni affettivi, che li inducono a cercare costantemente la vicinanza con altri significativi Le patologie della sfera cutanea Alopecia - si connota per la perdita totale o parziale di peli, che può avvenire in qualsiasi parte del corpo, sebbene di solito riguardi il cuoio capelluto - si distinguono due forme: una alopecia totale, che investe sia i capelli sia tutti i peli del corpo (ciglia, sopraciglia) e una alopecia areata, in cui sono presenti aree prive di capelli, in assenza di infiammazione o squame - nei bambini molto piccoli l’alopecia totale è infrequente - alla base di questo disturbo si ipotizzano carenze affettive precoci, eventi stressanti, perdita di figure significative di riferimento, disgregazione del nucleo familiare, che il bambino non e’ ancora in grado di gestire data l’immaturità del suo sistema neurofisiologico - emozioni ed affetti non adeguatamente elaborati sarebbero all’origine del disfunzionamento e l’affezione cutanea potrebbe costituire un mezzo per richiamare l’attenzione del care giver e ottenerne le cure Affezioni diverse Emicrania e cefalea - l’emicrania si caratterizza per la comparsa improvvisa di un dolore intenso e pulsante che investe una metà del cranio - si accompagna spesso a nausea seguita da vomito - la cefalea è un dolore più pervasivo, che compare più lentamente - entrambi i disturbi hanno il loro esordio in infanzia e adolescenza e insorgono soprattutto in età scolare - si ritiene che questi disturbi siano l’esito somatico della difficoltà ad elaborare mentalmente emozioni negative - alcuni studi (hagekull e bohlin, 2004) hanno messo in luce l’importanza delle difficoltà nella gestione delle emozioni, specie quelle negative, nell’insorgenza del mal di testa e hanno ricondotto tali difficoltà a uno stile educativo improntato a mancanza di controllo e di limiti precisi. - i genitori, non intervenendo in risposta ai bisogni e non ponendo regole precise non forniscono l’aiuto necessario a far sì che i piccoli sviluppino competenze finalizzate alla regolazione delle emozioni Per concludere - alla base delle patologie psicosomatiche del bambino 0-3 anni vi possono essere fattori biologici, che determinano una fragilità fisica, ma vi sono certamente fattori relazionali, per cui a parità di eventi stressanti si evidenziano differenze nelle competenze relative alla gestione delle difficoltà - si deve anche tenere conto che un bambino con una patologia cronica influenza il sistema familiare, che si organizza attorno alla gestione del sintomo innescando dinamiche spesso disfunzionali, che hanno a loro volta un impatto negativo sul percorso di crescita - studi condotti su individui adulti affetti da patologie psicosomatiche evidenziano un attaccamento insicuro, che emerge come un importante fattore di vulnerabilità per il disturbo psicosomatico Tipo 1: Ipersensibile - i pattern comportamentali comprendono una eccessiva cautela, inibizione o paura - nella prima infanzia possono essere osservati una gamma ristretta di comportamenti esplorativi e assertivi, un’avversione per i cambiamenti nella routine e una tendenza a essere spaventati e a piangere di fronte alle situazioni nuove - quando è sovraccaricato o impaurito il bambino può comportarsi in modo impulsivo. non è in grado di auto consolarsi prontamente né di superare la frustrazione e il disappunto Tipo 2: Iporeattivo - questi bambini sono iporeattivi agli stimoli esterni secondo due modalità caratteristiche: - sono distratti e hanno difficoltà nel coinvolgimento - oppure sono autocentrati - il bambino distratto presenta un apparente disinteresse a esplorare oggetti, giochi stimolanti o contesti interattivi nuovi. può apparire apatico, facilmente affaticato, depresso, carente nell’esplorazione motoria, eccessivamente chiuso alle relazioni sociali - nel gioco presenta una gamma limitata di idee e spunti fantastici - il bambino autocentrato presenta creatività e immaginazione, unite alla tendenza a sintonizzarsi con sensazioni, pensieri e emozioni propri piuttosto che prestare attenzione e a essere sintonizzato con le comunicazioni provenienti dagli altri - può apparire assorto e interessarsi agli oggetti attraverso una esplorazione condotta in modo solitario - se non impegnato in un compito può sembrare disattento e distratto Tipo 3: Disorganizzato, impulsivo - questi bambini possiedono un basso controllo del comportamento, associato a un grande desiderio di input sensoriali. - alcuni appaiono aggressivi e impavidi, altri semplicemente impulsivi e disorganizzati - i pattern comportamentali prevedono alti livelli di attività in cui i bambini cercano il contatto e la stimolazione attraverso una pressione continua - appaiono privi di ogni timore Epidemiologia e regolazione delle emozioni - non esistono attualmente dati significativi sulla prevalenza dei disturbi della regolazione nei bambini per via della definizione molto recente di questi quadri clinici - si presume tuttavia che le anomalie alla base dei disturbi della regolazione possano comportare una varietà di problemi comportamentali come deficit di attenzione, comportamenti oppositivi e forme di isolamento sociale nelle età successive (Ammaniti, op. cit., pag. 136) - la regolazione emotiva concerne la competenza nel modulare l’espressione degli stati interiori in accordo con le regole della cultura di appartenenza e implica il raggiungimento di una certa capacità di autocontrollo. - difficoltà nell’acquisizione di questa competenza si possono tradurre nello strutturarsi di forme psicopatologiche quali i disturbi psicosomatici, i disturbi d’ansia e i disturbi dell’umore. Introduzione ai disturbi d’ansia - la paura e l’ansia sono esperienze comuni e spesso necessarie per far fronte a situazioni difficili, che richiedono attenzione e prontezza. e’ pero’ opportuno distinguere tra ansia, angoscia e paura. L’ansia - emerge in concomitanza all’attesa di eventi imprevisti e spiacevoli. costituisce una risposta generica di attivazione dell’organismo che si prepara a fronteggiare una situazione poco nota, o i cui esiti sono poco prevedibili - in una certa misura l’ansia consente di ottimizzare le prestazioni anche se livelli elevati compromettono la performance Introduzione ai disturbi d’ansia l’angoscia - costituisce uno stadio più grave dell’ansia, poiché si ssocia a vissuti emotivi penosi e a reazioni somatiche di malessere che coinvolgono in modo importante il sistema nuerovegetativo e/o viscerale la paura - emerge quale risposta a una situazione di pericolo ben specifica, sia reale sia soggettiva (in questo caso si accompagna a intensi sentimenti penosi). è una reazione dell’organismo finalizzata a fronteggiare un’emergenza, con condotte di attacco o di fuga Introduzione ai disturbi d’ansia - alcune ansie e paure sono da considerare fisiologiche e tipiche del processo di crescita (si pensi alla paura dell’estraneo che compare intorno agli 8 mesi in seguito all’acquisizione della costanza dell’oggetto e al formarsi dell’attaccamento verso il care giver) - in altri casi l’ansia si accompagna a pensieri catastrofici, sensazioni di malessere, le difficoltà sono vissute come insormontabili; l’ansia interferisce cosi’ con il problem solving e raggiunge livelli tali da risultare incontrollabile Introduzione ai disturbi d’ansia - i sintomi ansiosi non sono presenti solo nei disturbi d’ansia veri e propri ma vengono riscontrati anche in quelli ossessivo-compulsivi, nei disturbi dell’umore, nei disturbi del sonno, nei disturbi dell’apprendimento - la diagnosi non è sempre semplice e anche le classificazioni diagnostiche sono cambiate nel tempo - ci atteniamo qui a quella del dsm-5 (2013) come del resto fa il manuale adottato nel nostro corso (di pentima, 2016) I diversi disturbi d’ansia - il disturbo d’ansia di separazione - le fobie specifiche - il disturbo d’ansia sociale o fobia sociale - il mutismo selettivo - il disturbo d’ansia generalizzata (non trattiamo il disturbo di panico e l’agorafobia in quanto si presentano in età successiva) Il disturbo d’ansia di separazione - il bambino mostra una preoccupazione eccessiva quando deve affontare un allontanamento momentaneo dai care givers, per cui la separazione diviene impossibile. i sintomi caratteritici sono i seguenti: - A. ansia eccessiva generata da una separazione dalle persone cui il bimbo è legato, che può determinare uno stato di malessere nel momento in cui la separazione avviene oppure essere anticipata con il pensiero - B. paura persistente e irrealistica che possa accadere qualcosa di grave e irreparabile, ai care givers o al bambino stesso - C. difficoltà a restare in un luogo in assenza delle figure di riferimento (es. stare a scuola, in casa da soli, dormire da soli) - D. incubi associati alla separazione - E. sintomi fisici che compaiono nella fase di anticipazione cognitiva della separazione: es. mal di stomaco o di pancia prima di andare a scuola, o quando i genitori lasciano il bambino da qualcuno in attesa di andarlo a riprendere. - questi bambini possono chiedere di telefonare spesso al genitore, rifiutarsi di giocare o di restare con un’altra persona etc. Le fobie specifiche - alcune paure specifiche sono tipiche di fasi della crescita, tendono a risolversi spontaneamente e non compromettono le abituali attività del piccolo. possiamo parlare di fobie specifiche quando si protraggono e influenzano negativamente la vita quotidiana del bambino. - il DsM-5 definisce le fobie specifiche come una paura esagerata, intensa, che non trova corrispondenza con un pericolo reale. - la fobia emerge in concomitanza di un oggetto o di una situazione ben circoscritti e induce condotte di evitamento, che inficiano lo svolgimento delle normali attività Le fobie specifiche - questa condizione deve protrarsi per almeno sei mesi - tra le fobie più diffuse vengono indicate quelle per gli animali (cani, ragni), per l’ambiente naturale (temporali, altezze), per il sangue, le ferite, per situazioni particolari (aerei, ascensori, gallerie) - l’esposizione all’oggetto o situazione temuta genera reazioni di ansia marcata, tremori, pianto, scoppi d’ira, tentativi di aggrapparsi a qualcuno, allontanamento - i bambini diversamente dagli adulti non sono in grado di riconoscere la natura irrazionale della loro paura Il disturbo da ansia sociale o fobia sociale - nell’infanzia la fobia sociale assume caratteristiche apparentemente simili all’ansia di separazione perché si presenta tipicamente al momento di andare a scuola o al nido. - le motivazioni alla base della fobia sono però diverse. nell’ansia di separazione il bambino teme il distacco dai genitori , nella fobia sociale invece ha paura di essere sottoposto al giudizio degli altri, nell’aspettativa che questo sia negativo (i bambini con fobia sociale non hanno alcuna difficoltà a stare a casa da soli, ma nutrono una paura profonda di affrontare situazioni in cui possono essere oggetto di valutazione da parte degli altri) Il disturbo da ansia sociale o fobia sociale - il bambino inoltre si mostra agitato fin dal risveglio: piange, chiede di restare a casa, può lamentare sintomi e malessere fisico come nausea e vomito. - è stato suggerito che le situazioni sociali sono fonte di stress non solo perché il bambino si sente osservato, ma perché lui stesso si immagina inadeguato e isolato dagli altri (la festa tra amichetti non suscita meno paura di una richiesta prestazionale) - la paura di una cattiva performance e di una brutta figura porta, nei casi più estremi, a richiudersi e isolarsi e crea un circolo vizioso. Il mutismo selettivo - costituisce una variante della fobia sociale - il DsM-5 include il mutismo selettivo tra i disturbi d’ansia. esso si caratterizza per una incapacità a parlare in una o più situazioni sociali nelle quali è richiesta una interazione interpersonale. - le difficoltà nel parlare con gli altri non sono da ricondurre a deficit nè ad altro quadro psicopatrologico (es. autismo) e non devono essere determinate da imbarazzo legato a situazioni difficili o nuove (es. un bambino immigrato appena inserito al nido) Il disturbo oppositivo provocatorio - per i bambini al di sotto dei 5 anni: - il comportamento vendicativo deve verificarsi per più giorni in un periodo di lmeno sei mesi - i comportamenti disturbati devono essere causa di stress profondo per il piccolo e per il suo ambiente (famiglia, gruppo dei pari) - e costituire un impedimento serio nella vita quotidiana sociale ed educativa. Il disturbo oppositivo provocatorio - si distingue un grado lieve, moderato e severo. - nel grado lieve i sintomi sono limitati a un solo ambito - nel grado moderato sono presenti in due contesti - nel grado severo si riscontrano in almeno tre o più ambiti. - i primi sintomi del dopo generalmente fanno la loro comparsa verso i 4 anni e presentano una traiettoria evolutiva crescente fino agli 8 anni, per poi permanere stabile I diversi disturbi della condotta - il disturbo della condotta è definito come un comportamento ripetitivo e persistente che viola i diritti fondamentali degli altri o le norme /regole societarie appropriate per l’età - il comportamento deve essere presente per ameno 12 mesi e causare una grave compromissione del funzionamento sociale e scolastico - l’esordio può comparire prima dei 10 anni o in adolescenza Il disturbo della condotta - si distinguono un grado lieve, moderato e severo - nel grado lieve il numero dei sintomi è minimo e non causa danni gravi agli altri - nel grado moderato i danni agli altri sono evidenti - nel grado severo aggressioni e violazioni sono pervasive Il disturbo della condotta callous unemotional - tra i disturbi della condotta con esordio nell’infanzia è stato riconosciuto un sottogruppo denominato callous unemotional (insensibile e privo di emozioni). - questi soggetti ricorrono a forme di aggressività proattiva e strumentale finalizzata al raggiungimento di una affermazione personale tramite la dominanza. - si differenziano dagli altri per la mancanza di sentimenti legati al senso di colpa o al rimorso, assenza di consapevolezza per le emozioni degli altri, incapacità di tenere in considerazione le conseguenze delle proprie azioni Il disturbo della condotta callous unemotional - questi bambini mostrano specifiche caratteristiche cognitive - non sono sensibili alle punizioni, il che rende difficile attuare programmi di recupero - perseguono valori devianti, come a ritenere che i comportamenti aggressivi e prevaricatori siano un modo del tutto accettabile di perseguire i propri obiettivi, quali umiliare gli altri, affermare la propria dominanza, ottenere vendetta nelle situazioni di conflitto Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività - questo disturbo si manifesta con una modalità di disattenione e /o di ierattività - impulsività che è più frequente e più grave di quanto proprio del livello di sviluppo (ammaniti, op. cit. pag.281 e seguenti) - si osservano comportamenti iperattivi poco modulati, associati a una marcta disattenzione e alla mancanza di perseveranza nell’esecuzione di un compito - le caratteristiche principali sono la mancanza di perseveranza nelle attività che richiedono un impegno cognitivo e la tendenza a passare da un compito all’altro senza compeltarne alcuno, insieme a una attività disorganizzata, malregolata e eccessiva Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività il dsm-4 distingueva diversi quadri clinici, in relazione alla prevalenza di sintomi di disattenzione, di iper attività-impulsività o di entrambe per il bambino piccolo, nella valutazione della iperattività appaiono importanti queste condotte: spesso muove con irrequietezza mani e piedi o si dimena sulla sedia; spesso lascia il proprio posto a sedere quando ci si aspetta che resti seduto; spesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo; spesso ha difficoltà a giocare in modo tranquillo; è spesso sotto pressione o agisce come fosse motorizzato; spesso parla troppo Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività - per la valutazione dell’impulsività si considerano i seguenti comportamenti: - spesso spara le risposte prima che le domande siano state completate; ha difficoltà ad attendere il proprio turno; interrompe gli altri o è invadenti nei loro confronti (ad esempio, si intromette nelle conversazioni o nei giochi). - la ic-10 riporta la possibile presenza di disinibizione nei rapporti sociali, imprudenza in situazioni che comportano pericolo, infrazione impulsiva di regole sociali. frequenti sono inoltre i disturbi dell’apprendimento e la goffaggine motoria I disturbi ossessivo compulsivi - la patologia ossessivo compulsiva ha alla base una preponderante dimensione di ansia. il dsm-5 la considera tuttavia una categoria a se stante, in quanto caratterizzata da aspetti diversi. - infatti nei disturbi d’ansia questa produce condotte di fuga o e vitamento. nei disturbi ossessivo compulsivi invece l’ansia produce pensieri ricorrenti e intrusivi, che generano sofferenza. il soggetto si sente costretto a mettere in atto schemi di comportamento o ripetere azioni mentali, per cercare di ridurre momentaneamente gli stati di ansia I disturbi ossessivo compulsivi - le ossessioni sono come pensieri, impulsi o immagini mentali ricorrenti e persistenti, che il soggetto vive come non voluti e intrusivi - le compulsioni sono comportamenti ripetitivi o azioni mentali che il soggetto si sente indotto ad agire in risposta alle ossessioni secondo chemi che devono essere seguiti rigidamente I disturbi ossessivo compulsivi - le ossessioni possono riguardare temi di contagio, contaminazione, contenuti trasgressivi o aggressivi, come la pulsione a fare del male a se stesso o agli altri. - esempi di comportamenti o pensieri compulsivi sono lavarsi le mani, riordinare oggetti secondo schemi precisi e rigidi, contare gli oggetti, ripetere mentalmente parole specifiche I disturbi ossessivo compulsivi - il soggetto affetto da disturbo ossessivo compulsivo non è sempre consapevole che i suoi pensieri sono irragionevoli, ma li vive sempre come causa di un disagio profondo - nei bambini i sintomi riguardano spesso i rituali dell’addormentamento, spesso associati a pensieri di morte, o fantasie di contaminazione - l’età di esordio, che può collocarsi anche prima dei 10 anni, sembra avere un peso rilevante sulla gravita’ della patologia. il decorso è per lo più cronico L’evoluzione della teoria dell’attaccamento - approfondire la teoria dell’attaccamento è importante, in quanto costituisce un corpus di ricerche molto ampio, che più di altri approcci aiuta ad orientarsi nella comprensione del bambino 0-3 e del suo funzionamento normale o patologico - gli studiosi che hanno lavorato in quest’ambito sono molti - tra loro, particolare rilievo assumono i lavori della Ainsworth e della Main Il contributo di Mary Ainsworth - grazie alla procedura sperimentale della Strange Situation, la Ainsworth (1978) ha permesso di introdurre una classificazione più articolata di tipologie di attaccamento rispetto a quella ipotizzata da bowlby (sicuro/insicuro) - la strange situation consente di individuare le reazioni dei bambini di 12 mesi alla separazione dalla madre in situazioni di estraneità. La strange situation - la strange situation ha reso possibile dimostrare che le cure ricevute durante il primo anno di vita si traducono in specifiche aspettative circa il comportamento del care giver, sulla base delle quali il bambino sviluppa strategie comportamentali mirate a regolare la propria interazione con la figura allevante La strange situation: gli 8 episodi 1. il bambino viene introdotto con la madre in una stanza contenente diversi giocattoli 2. il piccolo ha la possibilità di esplorare l’ambiente in presenza della madre e di giocare con lei 3. entra un estraneo che si siede prima in silenzio, poi parla per un minuto con la madre e quindi coinvolge il piccolo in qualche gioco 4. a seguito di un segnale convenuto la madre esce e il bambino rimane con l’estraneo 5. la madre ritorna e l’estraneo se ne va senza fare rumore 6. la madre esce di nuovo e questa volta lascia il bambino da solo 7. entra l’estraneo, e cerca di consolare il bambino, se necessario 8. la madre rientra - il luogo estraneo, la presenza di un estraneo, restare da solo costituiscono per il bambino una progressione di stress che fa attivare il sistema dell’attaccamento e porta a mettere in atto risposte finalizzate al ripristino della sicurezza La strange situation: la codifica dei comportamenti 4 categorie di analisi: 1. ricerca del contatto e della prossimità 2. mantenimento del contatto 3. resistenza al contatto 4. evitamento - ogni categoria diventa una scala lungo la quale collocare i comportamenti del bambino, definire dei punteggi e classificare poi il modello di attaccamento Le scale della strange situation ricerca di prossimita’ e contatto fisico 7. sforzo attivo e molto evidente di ottenere il contatto 6. normale sforzo attivo e iniziativa per ottenere il contatto 5. qualche sforzo attivo per ottenere il contatto fisico 4. evidente desiderio di ottenere il contatto ma con sforzi inefficaci, mancanza di iniziativa o poca persistenza nel contatto quando raggiunto 3. debole sforzo per ottenere il contatto o sforzo moderato per raggiungere la prossimità bambini sicuri, ambivalenti, evitanti, anche se solo i sicuri riflettono un attaccamento ottimale, rivelano: 1. una capacità di essere guidati da una strategia coerente, ovvero dall’anticipazione di come la figura di attaccamento potrebbe rispondere alle richieste di conforto 2. una coordinazione tra i diversi sistemi di controllo (es. sistema dell’attaccamento verso sistema esplorativo) 3. una gestione stabile e un’interdipendenza nelle proprie risposte fisiologiche, emotive, cognitive e comportamentali Organizzazione e disorganizzazione - nei bambini ambivalenti è evidente una coerenza tra alti livelli di ansia alla separazione e alti livelli di ricerca del contatto, se pure seguiti da resistenza - nei bambini evitanti a minimi livelli di distress alla separazione seguono tentativi minimi di ricerca del contatto - queste strategie sono per alcuni aspetti funzionali e adattative: se i bambini evitanti cercassero di aggrapparsi disperati alle loro madri rifiutanti il risultato sarebbe frustrazione e disorganizzazione comportamentale La disorganizzazione dell’attaccamento nei bambini disorganizzati, al contrario di quanto accade per i piccoli delle tipologie organizzate, si riscontra: - una mancanza di coordinazione tra il comportamento esplorativo e quello di attaccamento - il comportamento di attaccamento è diretto verso l’estraneo piuttosto che verso la figura allevante - l’esplorazione può comparire in assenza della madre, mentre in presenza della madre compare un comportamento di cautela e paura - i piccoli mostrano inoltre una strana combinazione di evitamento del contatto (tipico degli evitanti) e di resistenza ad esso (tipico degli ambivalenti) La disorganizzazione dell’attaccamento la disorganizzazione si esprime poi in: - una incoerenza tra gli alti livelli di sconforto che questi bambini manifestano alla separazione dalla madre e i bassi livelli di ricerca e di mantenimento del contatto alla riunione con lei - alla riunione si riscontra inoltre un’assenza di emozioni positive (vocalizzi, sorrisi) - un attaccamento organizzato farebbe invece predire una condotta coerente del bambino La disorganizzazione dell’attaccamento - secondo main e lyons-ruth la disorganizzazione indica che il piccolo è travolto dallo stress - la crittenden ritiene che poiché questi bambini hanno fatto esperienza di risposte altamente imprevedibili, da parte di madri tendenti a mescolare percosse a non-accessibilità, utilizzano in modo consapevole la resistenza al contatto e l’evitamento per prendere tempo e cercare di decodificare lo stato emotivo di una madre che sanno potenzialmente pericolosa La disorganizzazione dell’attaccamento - l’essere spaventati da chi dovrebbe proteggere fa sì che si attivino in contemporanea il sistema dell’attaccamento e quello della difesa, così che la tendenza ad avvicinarsi alla madre e quella di allontanarsi dal pericolo si inibiscono l’una con l’altra - è importante sottolineare che la madre può essere spaventante il piccolo in quanto in varia misura maltrattante, ma anche o più spesso in quanto spaventata lei stessa, e di conseguenza spaventante La disorganizzazione dell’attaccamento - alcune madri, non risolte rispetto a un qualche loro trauma, sorridono di fronte al disagio del figlio e lo stimolano in maniera rapida accentuandone così la paura e lo stress - Lyons-ruth lo definisce un errore interattivo - secondo alcuni studi (beebe rustin et al, 2003) i bambini che hanno madri che li spaventano cercano di autoregolarsi fin dai 4 mesi: si afflosciano fino a restare immobili fingendo di essere morti per bloccare i comportamenti della madre L’organizzazione filogenetica della disorganizzazione - grazia attili (2001) sostiene che l’attaccamento disorganizzato trova un parallelo in altre specie animali - di fronte a un pericolo, quando la fuga attiva non è praticabile, l’individuo minacciato ricorre a una serie di atti e posture (es. chiudere gli occhi, girare la testa, distogliere lo sguardo) denominati strategie di cut-off - i comportamenti di cut-off sono parte di strategie difensive più ampie di fuga bloccata. grazie ad esse l’animale cerca di rendersi irrilevante o di sembrare morto, evitando azioni di fuga attiva che più hanno la probabilità di suscitare l’aggressione del predatore. si tratta dell’ultima risorsa di fronte a una situazione incontrollabile di pericolo L’organizzazione filogenetica della disorganizzazione - sempre secondo Attili, l’attaccamento disorganizzato sarebbe da considerare, alla stregua di altri pattern insicuri, la risposta più adeguata con il tipo di madre di cui si fa esperienza e in tal senso una strategia finalizzata alla sopravvivenza nell’immediato - i costi per l’organizzazione della mente sono però molto elevati L’impatto dell’attaccamento disorganizzato sulla mente - il cut-off e i comportamenti di fuga bloccata del bambino disorganizzato impediscono che l’elaborazione delle informazioni relative all’essere minacciati e al non avere possibilità di fuga provochino un sovraccarico sensoriale e un aumento intollerabile dello stress - la difesa della mente dall’impatto di stimolti dolorosi porta tuttavia ad escludere le informazioni che attivano il sistema dell’attaccamento e di conseguenza a una assenza di emozioni L’impatto dell’attaccamento disorganizzato sulla mente - le strategie comportamentali di cut-off hanno un loro equivalente mentale. i fenomeni di dissociazione, gli stati di trance e l’insensibilità emozionale vengono da più parti segnalati come i disturbi mentali cui sono inclini i bambini disorganizzati che hanno esperienza di genitori con traumi non risolti e/o maltrattanti e quindi nei loro confronti spaventanti. - un possibile esito nell’adulto è la tendenza a mettere in atto comportamenti auto distruttivi L’impatto dell’attaccamento disorganizzato sulla mente - studi condotti sugli animali evidenziano un danno cerebrale più o meno irreversibile a seguito dell’esposizione prolungata a stili di allevamento estremi, che si pongano come fonte di stress cronico. - per la nostra specie, si ipotizza che cure carenti o distorte in età precoce influenzino la sintesi proteica e producano cambiamenti nel RNA (ribonucleic acidi) che hanno effetti sulla mappatura cerebrale - alterazioni nella plasticità neuronale vengono ipotizzate da molti studiosi come esito di abuso e maltrattamento infantile L’impatto dell’attaccamento disorganizzato sulla mente - un sistema genitore-figlio basato su cure distorte porta a processi di dis-regolazione delle emozioni della paura che vanno ad incidere più facilmente, nei bambini piccoli, sul funzionamento del cervello (schuder, lyons-ruth, 2004) - il trauma in età infantile ha peraltro un maggior potenziale di danno rispetto a un trauma subito in età più tarda in quanto in età precoce il cervello non ha una sufficiente tolleranza allo stress L’impatto dell’attaccamento disorganizzato sulla mente - le ricerche sugli adulti con la adult attachment interview mostrano negli adulti evitanti e in quelli disorganizzati una forte incapacità di ricordare e una menomazione della memoria associata a ricordi tra loro molto contrastanti - l’attaccamento disorganizzato in età adulta si correla in modo significativo a svariati disturbi e sintomi Un riepilogo: i modelli operativi interni Bambini sicuri: - sè degno di essere amato, fiducia in sé - FdA affidabile, fiducia negli altri - realtà esterna rassicurante e esplorabile Un riepilogo: i modelli operativi interni Bambini insicuri ambivalenti: - sè intermittentemente degno di amore, vulnerabile, scarsa fiducia in sé - FdA inaffidabile e imprevedibile, altri non degni di fiducia - realtà esterna pericolosa Un riepilogo: i modelli operativi interni Bambini insicuri evitanti: - sè non degno di essere amato, fiducia solo in se stesso - FdA rifiutante, altri rifiutanti - realtà esterna ostile Un riepilogo: i modelli operativi interni I bambini disorganizzati: - sé che può aiutare, sé che è minacciato, sé che fa paura - FdA bisognosa di aiuto, FdA che spaventa, FdA che è spaventata - realtà esterna catastrofica Competenze e emozioni collegate ai modelli operativi (39) Bambini sicuri: - capacità di instaurare relazioni affettive e sociali equilibrate - negoziazione diretta dei termini di qualsiasi relazione e risoluzione dei conflitti senza ricorrere all’aggressività - espressione di emozioni (sia di gioia che di tristezza) e di richieste che corrispondano a esigenze reali - riconoscimento dei bisogni degli altri e empatia Competenze e emozioni collegate ai modelli operativi I sicuri da grandi: - rapporti di coppia basati sulla fiducia - genitori capaci di porsi come base sicura - l’esposizione continuativa a condizioni di deprivazione e paura altera infatti i processi neurobiologici che concorrono alla gestione dello stress e favorisce una disregolazione generalizzata (maggiore reattività cardiovascolare, riduzione delle difese immunitarie, somatizzazioni) Le conseguenza cliniche della violenza - quando la relazione allevante è essa stessa traumatogenica e perdura nel tempo gli esiti più negativi riferiscono alla perdita della capacità di auto regolare gli affetti e le emozioni - ciò avviene per via dei danni all’emisfero destro, che matura nei primi due anni di vita ed è dominante nella elaborazione delle informazioni sociali, emotive e corporee (shore, 2009) La continuità dei contesti di crescita - le esperienze precoci traumatiche sono così potenti da compromettere lo sviluppo futuro?.. - poiché spesso le esperienze precoci sono analoghe a quelle successive, a causa della continuità ambientale e familiare, è frequente che legami precoci negativi o traumatici si saldino con esperienze successive similmente negative, imprevedibili e traumatiche, che consolidano i modelli relazionali disfunzionali. - il ruolo delle esperienze precoci viene dunque letto alla luce della continuità dei contesti di crescita e della presenza o meno nel tempo di fattori protettivi La continuità dei contesti di crescita - a sostegno di questa prospettiva, le neuroscienze segnalano come la plasticità e flessibilità del cervello consentano al piccolo della specie umana di elaborare sia specifiche informazioni in periodi specifici dello sviluppo (periodi sensibili) sia di modificare strutture preesistenti grazie alla formazione di nuove connessioni sinaptiche anche in età adulta (perry, 2009). Il disturbo post traumatico da stress - il disturbo post traumatico da stress o ptsd (post traumatic stress disorder) si caratterizza per un quadro sintomatologico che fa seguito a un episodio traumatico o a una serie di eventi traumatici collegati. - l’evento comporta di per sé una minaccia alla vita e alla integrità della persona e travalica la quotidianità e le capacità individuali di far fronte alla minaccia. - (per quanto scritto a proposito del disturbo post traumatico rinvio a massimo ammaniti, manuale di psicopatologia dell’infanzia, 2001, pag. 297 e seguenti) Il disturbo post traumatico da stress prima dei 48 mesi di vita, gli eventi traumatici riguardano fondamentalmente: - aggressioni di animali, incidenti - assistere all’uccisione di un genitore - abuso fisico, abuso sessuale - disastri naturali - violenze familiari e sociali - perdite di figure di attaccamento - interventi medici Il disturbo post traumatico da stress anche se il DSM mostra evidenti inadeguatezze nel caso dei bambini è possibile secondo ammaniti definire un quadro clinico sufficientemente chiaro del disturbo post traumatico nella prima infanzia, tenendo a riferimento la classificazionbe diagnostica 0-3 (national center for clinical infant programs, washington, 1994) Le manifestazioni del disturbo 1.l’evento traumatico riemerge secondo una delle seguenti modalità: gioco post-trumatico che riproduce concretamente alcuni aspetti della situazione traumatica, diverso pertanto dal gioco rielaborativo che è maggiormente simbolico ripropoposizione del trauma in un contesto diverso da quello del gioco, per cui, ad esempio, può essere raccontato incubi ripetuti, specialmente se in rapporto al trauma angoscia quando viene chiesto di ricordare il trauma episodi dissociativi in cui il trauma viene riprodotto senza alcuna intenzionalità. 2.appiattimento della sensibilità del bambino o arresto o distorsione del processo di sviluppo dopo un evento traumatico attraverso: ritiro sociale; gamma limitata di affetti;perdita temporanea di competenze già acquisite (linguaggio, controllo degli sfinteri); riduzione della capacita’ di gioco 3.aumento dell’attivazione che si esprime attraverso almeno una delle seguenti manifestazioni: terrori notturni con risvegli, pianto inconsolabile e manifestazioni neuro-vegetative (il sistema neurovegetativo è deputato alla regolazione della respirazione, della termoregolazione, delle funzioni viscerali digestive ed escretorie, della stabilità percettiva e motoria, della postura etc) difficoltà ad andare a letto; difficoltà nel sonno; difficoltà di attenzione e concentrazione; ipervigilanza; risposte di allarme esagerate 4. sintomi quali paure e aggressività che si manifestano attraverso una o più delle seguenti manifestazioni: aggressività rivolta ai pari, agli adulti o agli animali ansia di separazione paura del buio e di andare in bagno da solo comportamenti dannosi per se stessi o provocazioni masochistiche comportamenti sessuali o aggressivi non appropriati all’età riguardo alla differenze individuali delle manifestazioni dei bambini prima dei diciotto mesi di vita al momento del trauma sono presenti soprattutto sintomi di risperimentazione nel caso in cui si sia assistito a eventi trumatici compaiono in modo significativo sintomi di iperattivazione Altre conseguenze del trauma sono stati osservati alcuni deficit di base nei bambini vittime di traumi, relative a: - relazioni interpersonali difficili sia con i care givers che con i coetanei - difficoltà nella regolazione affettiva - difficoltà nello sviluppo del sè (comprensione di sè, auto stima e senso dell’efficacia personale) - sono state inoltre evidenziate alterazioni del sistema biologico di risposta allo stress e alterazioni dello sviluppo cerebrale Violenza e altre esperienze stressogene - la violenza nelle sue varie forme non esaurisce la gamma di esperienze stressogene cui il bambino può essere esposto. vale per questo la pena riepilogare i principali eventi variamente traumatogeni e la loro differente gravita’. di nuovo seguendo massimo ammaniti (op.cit.) si possono distinguere all’interno degli stressor eventi acuti e circostanze stabili come pure: - stressor lievi - stressor moderati - stressor estremi o addirittura catastrofici Stressor Lievi EVENTI ACUTI - cure irregolari con improvvisi cambiamenti di routine o di ambiente; svezzamento - perdita della madre e inserimento in una comunità curativa prima dei 4-5 mesi CIRCOSTANZE STABILI - esposizione all’ansia materna cronica - madre troppo impegnata e esaurita - iperstimolazione Stressor Moderati EVENTI ACUTI - procedimenti dolorosi e interferenze col legame genitoriale, come puo’ verificarsi nella cura intensiva o nei trattementi ospedalieri - perdita acuta attraverso la sostituzione di un nuovo fratello; perdita temporanea del care giver primario rimandendo in famiglia; lesioni (cadute, ustioni, incidente automobilistico) con moderato danno che non necessita ricovero CIRCOSTANZE STABILI - nessun legame con una madre rifiutante o gravemente depressa - perdita attraverso la sostituzione con un nuovo fratello (risposta cronica) - stress da insicurezza, perdita, ostilità; tensioni familiari; padre geloso, ostile, ironia punitiva da parte della madre - perdita continuativa della madre e inserimento in una comunità a più di 5 mesi CIRCOSTANZE STABILI - iper regolazione da parte di un genitore - aspettative eccessive verso un bambino vulnerabile (come forma di negazione o rifiuto narcisistico da parte di un genitore) - seduttività sessuale e iperstimolazione Stressor Gravi EVENTI ACUTI - permanenza del neonato di un tossicodipendente in una unità di terapia intensiva - ospedalizzazioni ripetute per motivi chirurgici o anomalie (es. stenosi uretrali o del piloro etc.) CIRCOSTANZE STABILI - permanenza in ospedale e separazione dalla madre (es. disturbo respiratorio cronico) - trascuratezza e deprivazione di stimoli CIRCOSTANZE STABILI - affetti negativi e punizioni da parte della famiglia (maltrattamento psicologico); imprevedibilità e inadeguatezza a causa della patologia grave di un genitore - grave e prolungata depressione materna (indisponibilità materna) - violenza coniugale (verbale e fisica) Il rischio dell’iperprotezione - un altro tipo di misconoscimento, meno crudele ma altrettanto lesivo dello sviluppo del bambino, riferisce alle sue capacita’ residue, che non vengono valorizzate - il bambino viene iper controllato e iper protetto, così che gli viene impedito di sperimentarsi e di mettere a frutto le sue pur limitate competenze - all’osservatore l’iper protezione appare legata più al risparmiare al genitore l’imbarazzo per gli errori del figlio davanti a nuove esperienze che a proteggere il bambino La diagnosi neonatale - quando una diagnosi infausta, ad esempio di danno cromosomico, viene data nei primi giorni dopo il parto, il disorientamento dei genitori è massimo, e lascia presagire aspetti particolarmente gravi di disorganizzazione dell’attaccamento - è necessario che le reazioni violente siano tollerate e comprese e che i genitori, soprattutto la madre, abbiano il tempo di elaborare lo choc senza sentirsi giudicati o forzati Come attutire il trauma della diagnosi - la protezione del neonato passa attraverso la protezione della madre, che non può essere forzata e pressata a compiere un processo di accettazione del danno e di cura del piccolo se non sente di farlo - l’appoggio alla madre può derivare dal coinvolgimento del padre come pure di altre figure affettive (la madre della madre) o di supporto interne o esterne alla famiglia - non è opportuno qui introdurre subito progetti riabilitativi per il bambino, prima che un qualche equilibrio emotivo nel sistema genitoriale sia stato raggiunto Come attutire il trauma della diagnosi - l’appoggio alla madre è anche nella disabilità l’appoggio maggiore che si può dare al bambino piccolo - qualunque adattamento forzato che non venga intimamente accettato non può che produrre malessere - obiettivo di qualsiasi intervento sarà aiutare la madre e la famiglia a conservare la propria organizzazione precedente la diagnosi infausta, mobilitando le risorse sociali e riabilitative per andare incontro alle esigenze di tutti, senza trascurare i bisogni del bambino disabile - (è meglio per il piccolo avere una madre part time equilibrata che una madre full time infelice e depressa!) La diagnosi nella prima infanzia - mentre la diagnosi alla nascita giunge per lo più inattesa e dirompente, negli handicap che si rivelano durante il primo sviluppo sono già stati colti dei segnali di malfunzionamento e i genitori sono in preda all’ansia - qui l’offerta tempestiva, dopo la diagnosi, di un progetto riabilitativo è importante, perché attenua i vissuti di impotenza, di frustrazione e di angoscia - anche il bambino, che percepisce di non stare bene e di non andare bene, trae conforto e giovamento da spiegazioni semplici e chiare, che gli permettono di vivere il rapporto con le figure di aiuto come un sostegno alla sua crescita Come aiutare il bambino - il contatto con un bambino piccolo affetto da disabilità può più di altre situazioni indurre sentimenti intensi e un forte coinvolgimento emotivo - attenzione però a tenere conto che il desiderio sincero di aiutare il bambino non porti a sottolineare l’incapacità e i manchi dei genitori o a mettersi in competizione con loro - lo sviluppo della mente del piccolo ha luogo solo dentro il legame di attaccamento: attaccare o indebolire questo legame rappresenta sempre un attacco alle possibilità di sviluppo del binbo che vorremmo proteggere Disabilità e attaccamento - l’attaccamento è un processo attivo da parte del bambino, al quale la madre è biologicamente programmata per rispondere - è evidente che un bambino danneggiato e in qualche modo malato è meno abile nell’attivare le risposte di attaccamento di sua madre, come pure che una madre preoccupata e ansiosa è meno libera di rispondere alle richieste del suo bambino in modo sereno e sicuro - nell’ambito della disabilità possiamo dunque aspettarci di incontrare molto spesso delle difficoltà nella relazione di attaccamento I bambini disabili sicuri - troviamo bambini con un attaccamento sicuro anche tra i disabili, se la madre ha saputo essere un buon supporto. - questi bambini sono facili, simpatici e positivi con gli operatori che si occupano di loro e ne utilizzano l’aiuto con fiducia - il rapporto con loro è molto gratificante I bambini disabili ambivalenti - quando la madre è troppo sollecita e appiccicosa, e altre volte è distratta e stanca, quindi poco prevedibile, il bambino reagisce tenendo un segnale di allarme elevato perché spaventato dalla inaffidabilità delle sue risposte - i bambini disabili allevati in modo ansioso ambivalente sono difficili da avvicinare perché la madre non è un buon tramite verso l’esplorazione di nuovi legami. - sono bambini difficili da separare, difficili da concentrare sul compito, travagliati dall’ansia, con i quali la relazione è decisamente faticosa I bambini disabili ambivalenti - di nuovo, ciò che l’operatore può fare è rassicurare e rendere rassicurante la madre, non lasciando che l’ansia invada la relazione con il bambino e mostrandosi sensibile alleato dei suoi bisogni di sicurezza - solo dopo aver ottenuto la fiducia della madre sarà possibile procedere nel lavoro con il bambino - il sistema dell’attaccamento rappresenta infatti la griglia principale su cui leggere e impostare le relazioni di cura (holmes, 1989) I bambini disabili evitanti - quando la madre reagisce con distanza e scarsa sollecitudine ai segnali del bambino, minimizza il suo stress e non lo incoraggia a rivolgersi a lei per affrontare gli stati di malessere, il bambino riceve il segnale che è suo compito arrangiarsi da solo ed impara a inibire la spinta biologica a chiedere cura - imparerà a tenere nascosta la sua rabbia per le frustrazioni e la sua paura per il nuovo I bambini disabili evitanti - i bambini disabili evitanti sono bambini tristi - se affetti da disabilità intellettiva tendono ad apparire più deficitari di quanto non siano in realtà - apparentemente docili con l’operatore, in realtà lo gratificano ben poco, poiché resistono al coinvolgimento passivamente, impegnati come sono a controllare la propria ansia senza rivelare i propri bisogni - suscitano una sensazione di inutilità e impotenza che non è facile sostenere I bambini disabili evitanti - di nuovo, la teoria dell’attaccamento ci offre una guida - l’operatore dovrà cercare di riscaldarli e di trasmettere loro entusiasmo, abituandoli a credere nei loro vissuti e ad esprimerli - potrà utilizzare i loro progressi per coinvolgere la madre e rivitalizzare la loro relazione - una madre lodata per le buone risposte del suo bambino, per il suo controllo e la sua precisione sarà più comunicativa con lui , facendo una espressione reciproca maggiormente affettiva I bambini disabili disorganizzati - un attaccamento disorganizzato può strutturarsi quando lo choc della disabilità ha incontrato una struttura genitoriale molto fragile e non è stato elaborato - la madre è così presa dai propri brutti pensieri che non è in grado di percepire il bambino e i suoi bisogni, al di là della coltre della sua angoscia personale - il bambino, che cerca in lei il significato del mondo, è così trascinato nel gorgo del malessere che la travolge I bambini disabili disorganizzati - il bimbo può cercare di liberarsi dall’angoscia materna chiudendosi e ritirandosi, restando tuttavia del tutto privo di sostegno, oppure può cercare di rianimare la madre e di salvarla con le sue piccole forze - può arrabbiarsi con lei e al contempo sentirsi sua vittima - in ogni caso la vita interiore del piccolo è travagliata da vissuti negativi che gli rendono molto difficile avviarsi fiduciosamente nell’esplorazione della realtà e dei rapporti - se la disorganizzazione del legame materno perdura e non vi sono legami sostitutivi lo sviluppo è seriamente compromesso Disabilità e potere - è raro che il bambino disabile reagisca depressivamente alla propria condizione. al contrario, poiché attorno a lui si muove una schiera di adulti che si occupano di lui per assisterlo, stimolarlo e riabilitarlo, è facile che si senta al centro del mondo ed accentui il normale egocentrismo infantile. - tale egocentrismo è fortemente sostenuto dall’atteggiamento altrui ed ostacola la consapevolezza dei propri limiti Disabilità e potere - il bambino piccolo sarà tentato di leggere le attenzioni che riceve come la testimonianza che, nonostante tutti i problemi che dà, lui è speciale, ed è al centro del gruppo in cui vive. intuisce la connessione tra le cure che riceve e la propria patologia, e perciò attribuisce alla patologia un effetto di potere - di qui la tendenza, non infrequente, ad esibire lo svantaggio e ad accentuarlo, per suscitare e pretendere ulteriori cure. si possono così riscontrare atteggiamenti fortemente immaturi e addirittura prevaricanti e tirannici, che è necessario contenere, prima di tutto sensibilizzando e sostenendo i genitori Il bambino disabile e la sua famiglia - sulla disabilità del figlio i genitori costruiscono risposte ed atteggiamenti variamenti adattativi o più spesso maladattativi, che riferiscono alle difese personali, alla relazione di coppia e al suo equilibrio, alla capacita’ di venire a patti con il dramma che vi vive, e di preservare delle necessarie continuità esistenziali nonostante la presenza dell’handicap - è con queste risposte che gli operatori si trovano a confrontarsi e devono fare i conti, ben prima che con la specifica difficoltà biologica del bambino Passato traumatico e presente adottivo - anche la resistenza al cambiamento dei modelli operativi interni ha un senso, visto che di solito le esperienze affettive e relazionali precoci sono durevoli e vengono ripetute quotidianamente - ci si può dunque aspettare che il bambino adottato attribuisca al nuovo genitore le caratteristiche del genitore biologico di cui ha fatto esperienza, come pure che interpreti i comportamenti dei genitori adottivi attraverso il filtro delle sue rappresentazioni mentali. cercherà di trovare conferma di un sé non amabile e di un genitore inadeguato, inaffidabile o pericoloso La sfida adottiva - di fronte alle reazioni, incomprensibili e frustranti, del bambino, il genitore adottivo che non sia ben preparato e non sia consapevole del peso enorme che le esperienze pregresse hanno nella costruzione della mente può andare in seria crisi - l’adozione è dunque la situazione paradigmatica che ci mette di fronte alla possibilità di una effettiva trasformazione dei modelli operativi interni e delle rappresentazioni di sé e degli altri che si sono costruite nei primi tempi di vita. se ciò non accade, è destinata al fallimento La sfida adottiva - il costrutto base sicura prposto da bowlby fa ipotizzare che qualsiasi nuova relazione che offra sicurezza e all’interno della quale si possa fare esperienza di cure continuative e costanti, connotate da una qualità diversa da quelle che hanno in precedenza prodotto un attaccamento insicuro, possa essere significativa e possa produrre una revisione dei modelli operativi interni La sfida adottiva - il genitore adottivo dovrà affrontare le sfide continue che il bambino gli pone ed essere in grado di capire che le azioni aggressive, passive o provocatorie provengono dal passato e da traumi non elaborati; non hanno a che fare con la proprie modalità di accudimento, ma all’interpretazione distorta che il bambino ne dà sulla base della propria esperienza pregressa - dovrà anche offrire una disponibilità a confortare, proteggere, aiutare e allo stesso tempo porre delle regole che sia basata su quegli elementi di continuità, costanza e durata nel tempo che rendono il cambiamento possibile La sfida adottiva - sperimentare risposte costantemente diverse da quelle attese e per tempi lunghi, da parte di qualcuno che in quanto affidabile e supportivo si ponga come base sicura è la sola condizione che può innescare processi di meta cognizione che portano ad elaborare le esperienze del passato e a fornire un nuovo senso di sé alla luce del presente - solo attraverso un nuovo e sano legame di attaccamento il bambino adottato ha la possibilità di elaborare nuove rappresentazioni interne e nuovi schemi cognitivi adeguati ai cambiamenti avvenuti nella sua vita La sfida adottiva - il bambino adottato porrà in atto con gli operatori che incontra, anche se magari con meno vigore di quanto non accade con i genitori, le stesse modalità di rapporto - non sarà dunque difficile imbattersi in bambini che rifiutano il contatto, o se più grandi utilizzano sotterfugi, imbrogliano, aggrediscono, mentono, mettendo a dura prova la capacità dell’altro di capirli e di accoglierli - anche con il bambino adottato non sarà possibile alcun aiuto, se non si sarà costruita alleanza e fiducia con la sua famiglia Ricostruire una relazione di sicurezza - a prescindere dalla tipologia di attaccamento instauratasi in precedenza, il bambino che entra in una famiglia adottiva ha l’esigenza di instaurare una relazione con i suoi membri. - l’elemento primario per costruire una relazione è la sicurezza - solo quando il piccolo avrà sperimentato più e più volte di essere al sicuro potrà stabilire un vero legame con i genitori adottivi (le riflessioni che seguono sono tratte dal testo riparare il trauma infantile, pag.201-223) Ricostruire una relazione di sicurezza le componenti che garantiscono la sicurezza dell’attaccamento sono: - il contatto fisico e visivo - la sintonizzazione emotiva - un ambiente sicuro - il gioco esplorativo. - è però possibile che il bambino rifiuti il contatto e sia poco accessibile, rischiando così di mettere in crisi i tentativi dei genitori di rassicurarlo e di costruire il legame. Trovare nuovi equilibri - le delusioni e le frustrazioni, che prendono il posto delle aspettative e delle speranze dei genitori adottivi se il bambino è difficile e non sembra accettarli, si accompagnano a una sensazione di fallimento e di inadeguatezza. - cosa è possibile fare per affrontare al meglio il duro scontro con la realtà dell’adozione e del bambino adottato? A. Frasi domande e ascoltare le risposte - è utile che i genitori comprendano quali siano esattamente le aspettative deluse. ci si può chiedere cosa ci si aspettava che avvenisse in seguito all’arrivo del bambino, che invece non è avvenuto, e ascoltare la risposta con onestà. - questo è il primo passo per capire come creare equilibri più funzionali, tenendo conto dell’impatto che l’incontro col piccolo ha avuto sui propri desideri e sulle proprie aspettative B. Accettare i sentimenti negativi - concedersi di provare emozioni negative o ambivalenti e di sentirsi delusi è fondamentale. - i sentimenti negativi infatti fanno parte del processo di costruzione di ogni legame affettivo - per costruire un attaccamento sicuro è importante avere la capacità di affrontare le esperienze e le emozioni negative, elaborandole e integrandole in un insieme coerente. C. Condividere e cooperare - una volta individuati gli elementi alla base dei propri sentimenti di delusione e frustrazione, è importante cercare di instaurare, nel nucleo familiare, una comunicazione aperta, sincera e chiara, che tenga conto dei sentimenti (positivi o meno) di tutti i suoi membri D. Esprimere apertamente le aspettative - è bene che la coppia genitoriale esprima apertamente le proprie aspettative, sia quelle che si nutrono nei confronti del figlio adottato, sia quelle che si hanno l’uno nei confronti dell’altro partner. - comunicare apertamente cosa ci si aspetta dal partner, riconoscere e accettare i propri limiti e quelli dell’altro permette di migliorare la cooperazione all’interno della famiglia e di aumentare il senso di responsabilità e sicurezza sia propri che del bambino E. Rimanere flessibili - un elemento chiave, per costruire legami solidi e sicuri, è la flessibilità. - all’interno di una famiglia è necessario un lavoro costante di adattamento e di creazione di nuovi equilibri, affrontando e gestendo le emozioni e le esperienze negative tramite una comunicazione sincera e aperta. - in questo modo il bambino potrà man mano acquisire fiducia in se stesso e nei nuovi genitori, imparando a sentirsi a casa e divenendo in grado di affrontare il suo passato I fattori protettivi della genitorialità adottiva - molti genitori adottivi hanno le risorse per affrontare tutte queste difficoltà. - le coppie adottive presentano spesso questi fattori protettivi: A. presenza di un sistema esplorativo B. capacità di fare un gioco di squadra C. capacità di mentalizzare D. presenza di relazioni familiari ricche e articolate Un compito fondamentale - nel momento in cui il bambino ha acquisito sufficiente sicurezza nella nuova famiglia, un compito fondamentale dei genitori adottivi è quello di sapergli narrare la sua storia. è importante sia per il bambino che per i genitori, spiegare in che modo è nata la sua famiglia. è così possibile aiutare il bambino a comprendere meglio questa fase della sua vita e a sentirsi legittimato ad appartenere alla nuova famiglia La costruzione della storia - nella storia, andrà spiegato il motivo per cui i genitori naturali hanno rinunciato ad accudirlo o il motivo per cui è stato loro negato di farlo (concetto di verità narrabile, anche in relazione all’età del bambino). - la storia comprenderà il racconto del desiderio di diventare genitori e, quindi, le difficoltà incontrate e l’eventuale problema di infertilità o della perdita di altri figli naturali - tutto questo richiede che i genitori abbiano elaborato le proprie esperienze traumatiche e possano così accompagnare il bambino nelle sue fasi di crescita rispondendo alle sue stesse domande. La costruzione della storia - il dialogo non deve fermarsi al racconto del passato e delle origini: narrare la realtà adottiva, nel rispetto delle capacità e della disponibilità all’ascolto del bambino, dovrebbe essere parte della quotidianità familiare, in un processo libero e sereno, senza diventare un segreto. - i bambini pongono naturalmente domande, nel modo e nel momento in cui sono pronti a sentirne la risposta. ma lo fanno soprattutto se sentono attorno a loro un clima adatto ad accoglierle e a fornire risposte. La costruzione della storia - diventa fondamentale rispondere a tutte le domande del bambino, dirette o indirette che siano, per aiutarlo a rielaborare la sua storia e a connetterla con il presente. - l’importante è farsi guidare da lui: se per esempio vorrà sentire la sua storia molte volte sarà compito dei genitori assecondarlo. - il racconto, se avviene serenamente, è infatti un potente strumento per trasmettere al bambino un senso di valore personale e la gioia nell’accoglierlo. contenti che si senta meglio, e quando sembra disponibile permettergli di connettersi al genitore fisicamente. - si può parlare con gentilezza, ma non è ancora il momento di discutere su quello che è successo (es. si è rotto qualcosa etc.) se questa discussione avviene troppo presto rischia di riattivare la crisi, perché il bambino è ancora troppo coinvolto da emozioni intense di ansia e vergogna. - le crisi sono stancanti e spaventose sia per il bambino che per i genitori. se si impara a gestirle con consapevolezza, ci si sintonizza, si migliorano le strategie per rafforzare la relazione di attaccamento e rimarginare le ferite del passato, le crisi gradualmente si placheranno. Osservare le relazioni genitori e figli - nello IOA (indice osservativo dell’attaccamento) la coppia madre-bambino o padre-bambino viene videoregistrata per 10 minuti nella loro casa o in uno studio fornito di una serie di giocattoli. i soggetti vengono invitati a comportarsi come farebbero nella vita di ogni giorno (con una coppia di coniugi l’invito è discutere una tematica di loro interesse). - i comportamenti osservati vengono ritagliati in categorie di analisi definite operazionalmente, secondo uno schema di codifica che può essere utilizzato per misurare la qualità delle relazioni (anche al di la di quelle di attaccamento) Osservare le relazioni genitori e figli - le sette categorie di analisi sono state trasformate in scale alle quali è possibile assegnare un punteggio da 1 a 9 punti - l’indice osservativo dell’attaccamento si sta rivelando uno strumento promettente e affidabile per ciò che concerne la misura degli stili relazionali correlati ai modelli mentali dell’attaccamento sia in età infantile che in età adulta, nelle relazioni genitore-figlio e nelle relazioni di coppia. dall’utilizzo di queste scale è possibile definire i modelli mentali dell’attaccamento sulla base dei punteggi assegnati Le sette categorie di analisi 1. comportamento positivo 2. comportamento negativo 3. comportamento di controllo 4. conversazione neutra 5. insegna 6. disaccordi 7. disconferme Lo schema di codifica IOA per la musica delle relazioni interpersonali categoria e definizione operazionale: 1.COMPORTAMENTO POSITIVO: - È fisicamente affettuoso, mostra come fare qualcosa, approva, incoraggia, loda, facilita, aiuta, conforta fisicamente o a parole, divide le sue cose con l’altro, difende, protegge, promette, sorride, esprime il suo trovare gradevole qualcosa dell’altro. - Questi comportamenti sono positivi se contingenti con le richieste dell’altro o se, in apertura di interazione, non sono intrusivi e imposti all’altro 2.COMPORTAMENTO NEGATIVO: - Minaccia fisicamente o verbalmente, critica l’altro o un suo sforzo, rifiuta, protesta, esprime il suo non trovare gradevole qualcosa o un aspetto dell’altro, fa confronti tra sé e l’altro per eccellere, asserisce se stesso o pretende il primo posto, fa resistenza all’essere coccolato, è aggressivo fisicamente, è aggressivo verbalmente 3.COMPORTAMENTO DI CONTROLLO: - Inibisce, impedisce che l’altro faccia qualcosa, vieta, proibisce, dà ordini, comanda, suggerisce e fa da guida con autorità, interferisce con quanto l’altro sta facendo o dicendo anche attraverso comportamenti positivi 4.CONVERSAZIONE NEUTRA: - Parla del più e del meno , fa domande per informarsi o per avere un permesso, dà informazioni 5.INSEGNA: - Dà informazioni per aumentare le conoscenze dell’altro, legge per l’altro, dà un permesso, corregge, fa domande di cui sa la risposta per insegnare 6.DISACCORDI: - Con le richieste dell’altro 7.DISCONFERME: - Ignora l’altro o le sue richieste (di conforto, di aiuto), dà risposte non pertinenti (A: Che ora è? B: Oggi fa molto caldo) Le scale 1-9 di misura dello IOA comportamento positivo: 1. forte mancanza di comportamenti affettuosi da un punto di vista fisico o verbale, di approvazioni, incoraggiamenti, lodi. non incoraggia, non approva, non aiuta l’altro. non conforta a parole né con il contatto fisico. non sorride mai. non dà mai valutazioni positive di quello che si sta facendo insieme 3. mancanza di comportamenti positivi. qualche comportamento positivo, ma gli aiuti e incoraggiamenti sono rari. poco contatto fisico 5. presenza di comportamenti positivi, ma non come tonalità prevalente dell’interazione 7. comportamenti positivi. molto spesso affettuoso e pronto ad aiutare e a mostrare come fare. loda spesso l’altro, lo aiuta e approva sorridendo quello che fa o dice 9. molti comportamenti positivi. loda sempre gli sforzi dell’altro o quello che fa. aiuta l’altro ogni volta che sembra averne bisogno. sorride spesso. sembra avere molto piacere a stare con l’altro. guida. incoraggia comportamento negativo: 1. mancanza di comportamenti negativi. quasi mai minaccia, spaventa o tormenta l’altro. non critica l’altro o quello che fa. non si mette in competizione. non fa confronti tra sé e l’altro. non dice che quello che fa l’altro non gli piace. non fa resistenza se l’altro cerca di abbracciarlo. non fa ritorsioni. non si rifiuta di fare quello che l’altro chiede 3. qualche comportamento negativo 5. presenza di comportamenti negativi, ma non sono prevalenti su altri comportamenti 7. i comportamenti negativi sono presenti come stile predominante 9. i comportamenti negativi sono pervasivi e connotano l’intera relazione comportamento di controllo: 1. non inibisce o impedisce all’altro di fare quello che chiede, se è appropriato. non usa i verbi del comando (è sempre attento a non usare l’imperativo), non dà ordini oppure spiega quello che ordina. piuttosto che comandare, suggerisce cosa fare, richiede gentilmente, contratta. fa richieste con gentilezza. non interferisce. 3. dà spiegazioni dei suoi comandi. guida, ma non sempre è attento a non usare l’imperativo. qualche interferenza. 5. è controllante ma spesso ricorre a spiegazioni per mitigare i suoi ordini. interferisce, ma non sempre, sia pure attraverso comportamenti positivi 7. per lo più ordina, è controllante, e cerca di far fare all’altro quello che lui vuole, anche attraverso comportamenti positivi 9. inibisce, dà ordini, interferisce, è intrusivo e controllante come stile prevalente insegna: 1. dà poche informazioni generali per spiegare cosa va bene; preferisce guidare e mostrare come si fa 3. corregge e fa domande per ottenere le risposte giuste 5. lo stile interattivo è di tipo pedagogico, ma sono ancora presenti modalità di guida 7. la modalità prevalente è di tipo didattico 9. sembra più un insegnante che un partner conversazione neutra: 1. non conversa mai con l’altro e sembra chiuso inse stesso 3. qualche modalità di interazione basata sulla discussione di temi neutri 5. parla del più e del meno, fa domande, ma non di frequente 7. sembra provare piacere a conversare, ma con qualche assenza 9. parla del più e del meno, conversa e sembra stare a proprio agio tutto il tempo disaccordi: 1. non è quasi mai in disaccordo con quello che l’altro chiede, se è appropriato 3. qualche disaccordo e rifiuto di venire incontro all’altro 5. i disaccordi sono abbastanza evidenti 7. mostra sempre di non accettare le richieste dell’altro 9. sembra quasi lottare e non accetta mai quello che l’altro chiede ignora, disconferma: 1. non dà risposte irrilevanti, ne’ ignora le aperture di interazione dell’altro. non ignora mai l’altro 3. qualche disconferma 5. le disconferme sono presenti, ma non predominanti 7. ignora l’altro e lo disconferma spesso 9. disconferma l’altro tutte le volte che questi gli si rivolge I risultati delle scale 1-9 di misurazione dello IOA i genitori sicuri: punteggio alto nel comportamento positivo (7-9), punteggio medio basso nell’insegnare (2-5), punteggi molto bassi nelle altre scale (0-1, 1-3, 0-3, 0-1) i genitori evitanti: punteggio alto nel comportamento negativo (7-9),nella disconferma (7-9), nell’insegnare (6-9) e nel controllare (5-7), punteggi medio bassi nel comportamento positivo (3-4) e nel disaccordo (3-5) N.B. la categoria conversazione neutra ha dato esiti indeterminati i genitori ambivalenti: punteggio alto nel disaccordo (7-9) e nel controllo(5-9), piuttosto alto nel comportamento negativo (5-7) e nell’insegnare (4-7), punteggio medio nel comportamento positivo (4-6) e nella disconferma (3-6) i genitori disorganizzati: punteggio alto nel comportamento negativo (7-9) e nel controllo (7-9), piuttosto alto nel disaccordo (5-7) e nella disconferma (5-7), relativamente basso nell’insegnare (2-4), indeterminato per ciò che riguarda il comportamento positivo - la madre gioca per conto suo con i giocattoli a disposizione in una sorta di trance; può iniziare a parlare con l’estraneo raccontando la sua vita e le sue difficoltà. chiede qualche oggetto al figlio (un pezzo del puzzle, una bambola) con ordini secchi e reagisce aggredendolo se non viene subito ubbidita. - (la madre) ha per lo più un viso assente che si anima quando racconta di cose sue intime all’estraneo. qualche volta sorride al figlio e lo invita a giocare con lei lodandolo per quello che fa, ma subito dopo lo critica mostrandogli che ha sbagliato. sembra incompetente nel giocare e spesso chiede aiuto al figlio per poi rifiutare qualsiasi intervento asserendo che sa fare da sola. - il bambino ha un’aria assente e un po' spaventata. cerca di parlare con l’osservatore, ma per la maggior parte del tempo sta zitto; sembra concentrato su se stesso. a volte fa dei sorrisi stereotipati. guarda la madre che è assorta nel suo gioco. in alcuni casi può intervenire e cercare di rompere qualche giocattolo, o dà ordini alla madre su come deve portare avanti il gioco o cerca di mostrarle come si fa, per poi criticarla. si rinchiude spesso in se stesso o cerca di giocare a sua volta da solo Il ruolo del padre nello sviluppo dell’attaccamento 1. il padre, in assenza o in sostituzione di una madre poco presente, o per altri motivi, può porsi come figura di attaccamento principale ed essere così figura determinante nella costruzione del sé del bambino, influenzandone direttamente i modelli operativi interni 2. dove la figura di attaccamento principale è la madre, il padre può essere scelto dal piccolo come seconda figura di attaccamento e quindi, nel caso disponga di modelli operativi interni sicuri, assumere una importante funzione protettiva anche di evnentuali aspetti carenti nella relazione madre-figlio 3. l’importanza vera del padre nello sviluppo del bambino va soprattutto rintracciata nel suo potersi porre come fattore di trasformazione dei modleli operativi interni dell’attaccamento della partner e/o della qualità della relazione madre-figlio. in maniera speculare, il padre può essere letto come figura la cui genitorialità può essere influenzata dalle caratteristiche della partner e dalla qualità della relazione che ha con lei L’intervento educativo: progettare e valutare - non sarete certamente soli in questa attività, tuttavia è bene abbiate in mente fin da ora la particolare complessità e delicatezza del vostro compito di educatori - un intervento educativo comporta un progetto, ovvero degli obiettivi di cambiamento; si poggia su una valutazione di partenza della difficoltà su cui si andrà a lavorare; richiede una verifica della sua efficacia - vi sono diversi metodi di intervento, che godono di una buona popolarità, ma i dati sulla loro efficacia sono spesso esigui l’effetto dell’intervento viene di solito valutato per le sue implicazioni immediate: percezione di benessere del soggetto, soddisfazione dei genitori, acquisizione di abilità etc. - la significatività dell’intervento viene dunque definita dal raggiungimento degli obiettivi del programma di lavoro e dalle aspettative delle figure educative - non è però sempre chiaro perché una tecnica, anche quando sembra dare dei risultati, sia efficace Un esempio - la comunicazione facilitata o cf (bliken 1993) è una procedura utilizzata per facilitare la comunicazione in soggetti con autismo. prevede la presenza di un facilitatore (di solito un educatore) che fornisce supporto emotivo e mantiene un contatto fisico con la persona da aiutare a comunicare (comunicatore) attraverso, di solito, la tastiera di un computer. il facilitatore supporta i movimenti del comunicatore, toccando la sua mano, la spalla o il braccio mentre questi digita sulla tastiera - uno studio dell’università di padova ha cercato di verificare l’efficacia di questa tecnica. - i risultati non hanno tuttavia consentito di capire perché la cf funzioni con alcuni soggetti e non su altri; quali siano le condizioni che possano favorirne l’acquisizione e il suo utilizzo, ma soprattutto perché quando viene a mancare il facilitatore la tecnica perda di efficacia - restano dunque inevitabili frange di incertezza sulle diverse tecniche disponibili, nonostante i frequenti buoni risultati Alcuni criteri - in questa navigazione a vista è importante almeno evitare errori grossolani (primum non nocere…) - tenere delle buone prassi e verificare sempre quanto la ricerca propone in termini di intervento su uno specifico problema - definire con chiarezza gli obiettivi da raggiungere prima di avviare un intervento - lavorare per ipotesi ricavate direttamente dall’osservazione del soggetto - confrontarsi sempre con gli altri e evitare di andare avanti da soli E alcune difficoltà 1. le condizioni in cui l’intervento si colloca sono spesso diverse, e generalizzare le procedure adottate non è facile e immediato (determinare cioè quale variabile ha o non ha funzionato) 2. le richieste di intervento possono interessare diversi ambiti; utilizzare nello stesso tempo metodiche differenti non consente di capire le cause del cambiamento o del non cambiamento 3. modificare in itinere obiettivi e procedure senza effettuare le dovute osservazioni rende difficile comprendere l’efficacia delle variabili utilizzate 4. intervenire senza prima aver effettuato una analisi dettagliata del comportamento problema, perché il contesto non lo consente 5. non riuscire a manipolare le condizioni dell’intervento come si vorrebbe, perché il repertorio comportamentale del soggetto è ridotto La valutazione del programma di intervento - richiede un’analisi attenta dei dati, ma anche una convergenza di opinioni tra educatori, psicologo, genitori - è fondamentale condividere tra operatori e famiglia la valutazione descrittiva del problema e saper scegliere un modello che consenta di spiegare il funzionamento del bambino con disturbo - si pone così il problema di utilizzare un linguaggio condiviso, che può essere offerto dalla classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute (icidh) come pure da una descrizione attenta e non preconcetta del comportamento osservato il rischio dell’interpretazione CASI CLINICI PER ESERCITARSI (A) - Lorenzo ha due anni e mezzo, i suoi genitori hanno una causa giudiziaria. viene riferito dalla mamma che il bambino non vuole stare con il papà, appena lo vede piange e si nasconde. viene invece riferito dal papà che la mamma glielo mette contro. - quando incontro in studio Lorenzo con entrambi i genitori, osservo che il bambino ha molta più confidenza con la mamma ma accetta prima in mia presenza e poi anche senza di me di restare col padre. - che spiegazioni possiamo darci sulla lettura del problema?.. CASI CLINICI PER ESERCITARSI (B) - dicono che il bambino x ha sempre bisogno di essere al centro dell’attenzione… - è una frase comune, che sentiamo spesso sia dai genitori che dalle maestre - è però molto poco esplicativa e rischia di dare l’idea di una condotta intenzionale e volontaria del bambino - come possiamo tradurla in modo più utile? cosa dobbiamo osservare? una interpretazione scorretta della condotta del bambino può produrre parecchi inconvenienti: - rischia di non cogliere la reale condizione emotiva e le difficoltà del piccolo -rischia anche di avallare e consolidare eventuali letture erronee dei genitori - rendendo dunque patogeno invece che di supporto anche l’intervento educativo - l’osservazione clinica del bambino deve di conseguenza sempre pensare e tenere dentro il campo di analisi anche chi del bambino si occupa (i genitori, ma nondimeno anche noi stessi) - soprattutto, se guardiamo al bambino 0-3 anni, la domanda su che cosa è da ritenere un problema del bambino e che cosa è da ritenere un problema delle relazioni del bambino con la sua famiglia deve accompagnarci sempre ed essere la nostra guida - va sottolineato che questo punto di vista è trasversale e trova consenso sia nella prospettiva sistemico-familiare sia nella prospettiva psicoanalitica - vediamo in proposito cosa ci dice daniel stern, che si colloca tra i più autorevoli studiosi di orientamento psicodinamico che si sono occupati della prima infanzia La gestione del rapporto con i genitori « durante la fase di formazione della capacità nucleare di porsi in relazione un bambino può presto presentare problemi clinici, che si manifestano in genere con disturbi del sonno o dell’alimentazione. non si tratta tuttavia di segni o sintomi di un conflitto intrapsichicoi, ma dell’espressione precisa di una realtà interattiva in corso; sono manifestazioni di uno scambio interpersonale problematico, non di una psicopatologia di natura psicodinamica. in realtà, in queste fasi precoci, nei bambini non vi sono disturbi mentali, ma solo disturbi delle relazioni di cui il bambino è partecipe (il ritardo mentale, la sindrome di down rappresentano parziali eccezioni)» Di chi è il problema?… «uno degli esempi più comuni è costituito dai disturbi del sonno. in genere il bambino non vuole addormentarsi, piange fintanto che la madre non ritorna vicino a lui,continua a protestare finché lei non ha ripetuto tutto il rituale di metterlo a letto, può riuscire o meno ad ottenere ancora un po’ d’acqua o di latte, poi piange di nuovo non appena la madre se ne è andata per la terza o quarta volta. il comportamento del bambino in tale situazione non rappresenta un segno o un sintomo nel senso usuale del termine». «l’incertezza e l’ambiguità del comportamento materno per quanto riguarda l’imposizione dei limiti, la naturale paura di ritrovarsi da solo e al buio, il rinforzo del comportamento fanno sì che il bambino agisca in una maniera che corrisponde alla realtà delle circostanze» (daniel stern, il mondo interpersonale del bambino, pagg.207-208) La gestione del rapporto con i genitori - non è meno importante della gestione del bambino, ed è spesso anche più difficile della gestione del bambino - i genitori, piaccia o no, sono sempre da considerare gli influenti centrali del benessere del figlio e conquistare la loro fiducia e il loro consenso resta un obiettivo fondamentale di qualsiasi intervento, clinico o educativo, di supporto al piccolo La regolazione interattiva nel primo anno di vita - beebe e lachmann focalizzano la loro attenzione sul ruolo svolto dal contesto interattivo nell’organizzazione dell’esperienza interna. per gli autori la capacità di sperimentare stati interni è presente sin dalla nascita ma viene a consolidarsi per mezzo dell’esperienza di stati ricorrenti che i bambini, grazie alla ripetizione dell’esperienza, imparano a riconoscere.
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