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Appunti di Psicologia dell'arte NON CORRETTI, 6 CFU, prof.ssa C. Tartarini, a.a. 2022-23, Appunti di Psicologia Della Percezione

Appunti del corso da 6 CFU di Psicologia dell'arte della prof.ssa C. Tartarini, a.a. 2022-23. Gli appunti non sono stati corretti ma sono completi (comprendono tutte e 15 le lezioni).

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 09/05/2023

Carolinab1998
Carolinab1998 🇮🇹

4.6

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Scarica Appunti di Psicologia dell'arte NON CORRETTI, 6 CFU, prof.ssa C. Tartarini, a.a. 2022-23 e più Appunti in PDF di Psicologia Della Percezione solo su Docsity! Chiara Tartarini Psicologia dell’arte Lezione 1 – Introduzione • psicologia psicodinamica = psicologia che intende la mente come suddivisa in varie sezioni che entrano in un contatto dinamico tra di loro • estetica sperimentale = cerca di capire come le persone fruiscono l’arte Testi/Bibliografia • 3 titoli  a scelta tra i seguenti: E. Gombrich,   Freud e la psicologia dell’arte , Einaudi, Torino 2001 (o edd. successive) • Gombrich nacque a Vienna nel 1909, in un momento di grande fermento culturale (Freud, Klimt e la secessione viennese, Aby Warburg…) → è stato uno storico dell’arte sui generis che ha trattato argomenti molto diversi tra loro e che ha sempre avuto grande interesse per la psicologia percettiva e per il legame tra arte e neuroscienze • è stato allievo di Julius von Schlosser, esponente della Scuola di Vienna e conservatore del Kunsthistorisches Museum di Vienna, che scrisse Storia del ritratto in cera, in cui riflette sull’effetto destato dalla cera sullo spettatore, poiché tale materiale impedisce di distinguere il reale dal non reale → a partire dagli studi di Schlosser, Freud scrive Il perturbante (1919), un saggio in cui parla della sensazione di non sapere se una rappresentazione è una rappresentazione e basta oppure una cosa reale, concreta • Schlosser per la sua opera si ispirò ad Aby Warburg e ad Ernst Kris, un altro allievo dello stesso Schlosser, che a differenza di Gombrich proseguì sulla via della psicoanalisi e scrisse Ricerche psicoanalitiche sull’arte e fu direttore, per volere di Freud, della rivista di psicoanalisi applicata “Imago” → sostenne che l’artista, quando crea, è in preda ad una regressione controllata, che permette di distinguere tra processi regressivi creativi e processi regressivi patologici: nel momento della creazione, l’artista allenta il controllo delle proprie componenti affettive / pulsionali e diventa “altro” rispetto a quello che la società vorrebbe che lui fosse → così facendo, lascia emergere l’inconscio in un libero fluire di energia psichica (Kris qui si ricollega al processo primario freudiano) → così come l’artista allenta il controllo delle sue componenti affettive, anche il fruitore, nel momento in cui fruisce dell’opera creata in tali condizioni, fa la stessa 1 cosa, in modo che il suo inconscio possa collegarsi all’inconscio dell’artista, che emerge dall’opera → l’artista crea l’opera, il fruitore la ri-crea, entrambi regredendo in modo controllato, attingendo alla propria profondità • Gombrich lasciò l’Austria con l’avvento del nazismo e si spostò a Londra, dove insegnò storia dell’arte ad Oxford e diresse l’Istituto Warburg, un centro molto importante, specializzato nello studio dell’influenza dell’antichità classica su tutti gli aspetti della civiltà europea Aby Warburg (Amburgo, 1866 – 1929) • è considerato il fondatore dell’iconologia, la quale rappresenta un passo ulteriore rispetto all’iconografia, in quanto va a ricercare il significato nascosto e profondo delle opere d’arte con dei collegamenti culturologici, cioè attraverso il collegamento con altre opere o sulla base della storia delle religioni, la letteratura del periodo, ecc. • la sua opera viene portata avanti dagli studi di Erwin Panofsky e da Fritz Saxl • La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg parla della malattia psichica dell’iconologo e del suo periodo di cure presso la clinica di Ludwig Binswanger → il libro non parla del Warburg iconologo ma dice molto della psicologia dell’epoca e del clima che si respirava in quel periodo • al centro degli interessi di Gombrich c’è la questione del metodo, l’affrontare il problema dell’immagine: egli lavorò molto sui concetti di tradizione ed imitazione, rifiutando però durante tutta la sua carriera un’idea romantica di artista come isolato e solo, in quanto egli sostenne che l’artista sia sempre collocato all’interno di un contesto, al centro di una rete ben connessa, e che in base ad essa egli farebbe evolvere la propria arte • Gombrich in quest’opera, divisa in 3 saggi (Freud e l’arte, Psicanalisi1 e storia dell’arte, Gli studi sull’arte, strumenti validi per lo sviluppo dei simboli), criticò aspramente la vulgata psicoanalitica, cioè la sua banalizzazione 1 Il termine psicanalisi non è completamente sbagliato, ma si può utilizzare più che altro in riferimento a Lacan. 2 considerato come passivo, bensì è attivo poiché crea l’immagine → triangolo di Kanizsa (1955), fa riflettere su come la mente abbia a che fare con qualcosa che dal punto di vista fisico è diverso da ciò che si percepisce, si tratta di profili soggettivi / illusori: l’uomo ha una tendenza innata ad articolare ciò che vediamo, ogni rappresentazione, come un rapporto figura-sfondo, tendiamo a replicare un modello standard anche quando ci sono margini inesistenti → ciò avviene a causa di un’applicazione della legge della probabilità (tendiamo a pensare che ogni cosa che vediamo sia completa), ma anche per l’istinto legato al fatto di vivere in un mondo a tre dimensioni • quella studiata da Musatti è un tipo di psicologia che si occupa di ciò che vediamo e di come lo vediamo, in base a questo ragiona anche sulla distanza realtà e fenomeno (= “ciò che appare”) → realismo ingenuo, dare per scontato che ciò che vediamo sia la realtà nuda e cruda, ha a che fare non solo con la percezione ma con il nostro modo di pensare e di vivere nel mondo • il momento in cui la mente è messa in difficoltà nel distinguere tra realtà e fenomeno è quello in cui si trova di fronte alle illusioni ottiche (di cui scrisse anche Gombrich) R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 2000 (o edd. successive) [capp. 1 (Equilibrio, pp. 31-54); 2 (Configurazione, pp. 55-92); 3 (Forma, pp. 93-141); 4 (Sviluppo, pp. 142-186)] • lontano dal mondo della psicoanalisi: nato a Berlino da famiglia ebraica, si formò alla scuola della Gestalt e fu allievo di Max Wertheimer • applicò le sue riflessioni di ambito percettologico al cinema, diventando grande interprete della psicologia e percezione della forma → scrisse Il film come arte (1932), in cui criticava fortemente il pensiero comune secondo il quale il cinema è il mezzo che meglio rappresenta la realtà così com’è: secondo Arnheim infatti il cinema dà forma al reale, ma non lo rappresenta per quello che è (mancanza di colore e del suono, riduzione su una superficie bidimensionale dello schermo il mondo necessita di una traduzione e non di una rappresentazione della realtà) → il cinema ha sempre avuto il bisogno di soddisfare le esigenze della realtà, ha tentato sempre più di somigliare alla realtà, ed era questo tipo di cinema era disprezzato da Arnheim • negli anni ‘40, dopo essere sfuggito al regime nazista, lavorò come traduttore dal tedesco per la BBC e si trasferisce negli Stati Uniti, a New York, dove incontra nuovamente il suo maestro Wertheimer → insegnò a insegnare psicologia alla Columbia University 5 • ha scritto di diversi artisti, come Kandinsky, Klee, Mondrian, Matisse, Picasso, si interessò all’astrattismo, sul gioco delle forme, un tipo di arte che è il contrario del realismo ingenuo, che cambia la realtà → detestava invece la Pop Art, la Land Art e l’Op Art / Arte programmata / Arte cinetica, che lavoravano sfidando in maniera esplicita il realismo ingenuo, creando illusioni ottiche e diffondendo consapevolezza della percezione delle cose • Arte e percezione visiva, la cui introduzione è stata scritta da Gillo Dorfles: “Vedere è un atto creativo e il giudizio visivo non è il contributo dell’intelletto successivo alla percezione, è un ingrediente essenziale della percezione.” → il nostro sentire equilibrio o squilibrio di un’immagine avviene simultaneamente alla percezione → i riferimenti alle opere d’arte all’interno di questo libro non sono molte • nel 1965 si tenne una mostra intitolata The responsive eye al MoMA di New York, a cui fu invitato Rudolf Arnheim video youtube The responsive eye a short film by brian de palma The responsive eye part 1 mike wallace Lezione 3 Il rapporto tra Freud e il Surrealismo • l’atteggiamento di Arnheim nei confronti delle illusioni ottiche che sfidano troppo smaccatamente il realismo ingenuo si rivede anche in altri filoni della psicologia dell’arte, quello più noto è la relazione tra Surrealisti e Sigmund Freud → Freud odiava il Surrealismo, nonostante quest’ultimo si rifaceva esplicitamente alle teorie freudiane dell’inconscio, dell’Es: secondo Breton, il termine “irrazionale” indica una fantasia libera da qualsiasi condizionamento, anche interiore (≠ Kris, non solo regressione controllata ma anche non controllata, flusso caotico di idee e pensieri, costituzione irrazionale di un’opera per dare voce al proprio inconscio più recondito, che alla fine è quello che avviene anche nelle sedute psicoanalitiche, no censure, libertà assoluta di esprimersi) • i Surrealisti riprendono anche il tema della condensazione del sogno (es. Yves Tanguy, André Masson, “incubi” di Max Ernst) • André Breton senza dubbio aveva letto Freud, ma non abbastanza, poiché misinterpretò alcune cose: Breton aveva avuto una formazione da medico, tutto ciò che aveva a che fare con la nascente psichiatria dell’epoca l’aveva appreso, ma forse 6 non compreso fino in fondo → Breton sosteneva che esistesse anche un automatismo psichico, un pensiero che si lasciava trasportare senza i freni della razionalità, ma Freud non condivide minimamente tutto ciò, soprattutto in un periodo (anni ‘20 del ‘900) in cui passa alla II topica, in cui inserisce un’istanza censoria, il preconscio, che concorreva insieme a conscio e subconscio a definire la personalità di un individuo • Freud sosteneva inoltre che le opere dei Surrealisti mancassero di equilibrio tra preconscio ed elaborazione conscia E. Kandel, Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto, Raffaello Cortina, Milano 2017 • anche Kandel nasce a Vienna da una famiglia di origine ebraica, migrata dall’Ucraina → alla presa di potere da parte dei nazisti, fugge negli Stati Uniti, dove si sviluppa la sua prima passione, la psicoanalisi, anche se nel frattempo studia medicina e si specializza nella neurobiologia (scienza che studia i processi chimici e neurofisiologici che avvengono nel cervello e nel sistema nervoso centrale, quindi qualcosa che avviene in maniera concreta, biofisiologica all’interno del nostro cervello, e non in maniera metaforica nella nostra mente o psiche) • i suoi studi sono incentrati sulla memoria, su cosa avviene nel cervello nel momento in cui ricordiamo → il punto di partenza fu studiare il suo animale domestico, un’aplysia • il sottotitolo del libro fa riferimento alla figura di Charles P. Snow, fisico e scrittore, unione tra scienza pura e scienze umane, che scrisse Le due culture → la vita intellettuale e pratica si divide in due metà, la parte degli intellettuali/letterati e quella degli scienziati, ognuna avente una considerazione completamente distorta dell’altra → Kandel prova ad andare oltre a questa divisione con tutti i rischi che ne derivano, tra cui l’eccesso di semplificazione della complessità del mondo artistico, ma forse la scienza può servire a comprendere cose come il modo in cui una persona fruisce di un’opera d’arte, cosa determina il gusto di un individuo, ecc. → nella prima parte del libro c’è una giustapposizione tra arte e scienza, in quanto Kandel esegue un’analisi di alcuni artisti astratti degli anni ‘40 del ‘900, soprattutto americani (De Kooning, Rothko, Mondrian…), muovendosi tra le teorie di autori come Gombrich (ruolo dell’osservatore) e di alcuni neuroscienziati → la percezione e la comprensione hanno a che fare con processi mentali sia innati, sia acquisiti, alcuni artisti hanno compreso alcuni aspetti del funzionamento della 7 → fonde conoscenze biologiche scientificamente acquisite a problemi estetici, le risposte però vengono date da un punto di vista fisiologico, dal punto di vista teorico manca qualcosa, soprattutto per chi si occupa del lato estetico della faccenda → non si capisce il rapporto causa-effetto tra l’attivazione di una zona del cervello e la fruizione di un’opera (un dipinto piace perché una determinata parte del cervello si attiva o quella parte del cervello si attiva proprio perché il dipinto ci piace?) → inoltre il piacere provato nell’osservare un dipinto è simile al piacere provato nell’osservate un oggetto qualsiasi che ci piace (es. una caffettiera), anzi il cervello è condizionato anche da fattori come il colore (es. un dipinto /caffettiera gialla suscita una risposta particolare da parte del cervello) → l’ambito di studi diventa quello di una percettologia avanzata con supporto tecnico-scientifico ↓ cosa distingue davvero la fruizione dell’arte dalla fruizione che provoca un godimento generico ma che non ha legami con l’arte? Lezione 4 – Neuroestetica • il testo fondativo della neuroestetica è stato pubblicato da uno dei suoi massimi esponenti, il neuroscienziato Semir Zeki, assieme a Matthew Lamb, The Neurology of Kinetic Art (1994) apparso su “Brain” → parte da un assunto di fondo: la neuroestetica parte da una conoscenza dettagliata di cosa accade nel cervello durante la percezione, è necessario avere una conoscenza della percezione visiva biologicamente fondata, cioè con un supporto scientifico → alcuni assunti principali dell’opera: ➢ quando vediamo qualcosa, compiamo un’azione attiva, non siamo passivi (lo sostiene anche la psicologia dell’arte e adesso lo sostiene anche una neuroscienza, tirando però in ballo strutture anatomiche e cerebrali) ➢ gli artisti sono dei neuroscienziati inconsapevoli, poiché danno conto del funzionamento del cervello in maniera inconscia → quest’opera però presenta anche dei problemi: ➢ c’è in quest’opera un rischio di riduzionismo, c’è una riduzione ai minimi termini ➢ uso frequente di immagini dell’arte per spiegare leggi del funzionamento visivo che però potrebbero essere spiegate anche tramite altre immagini (es. cartello stradale) 10 ➢ non riconoscendo all’opera d’arte la sua polivalenza semantica, Zeki, quando parla di arte, si ritrova ad usare non il linguaggio delle neuroscienze, bensì quello delle scienze umane, ritenendolo l’unico efficace per trattare di tali cose ➢ l’autore scarta dalla lettura delle arti una parte consistente dell’arte dell’ultimo secolo, non affronta l’arte concettuale (si ferma ai Mobiles di Calder) ➢ tratta praticamente gli stessi argomenti della psicologia della percezione → è indubbio che l’esperienza estetica va al di là della percezione, ma perché un dipinto di Mondrian è arte e il disegno di un bambino non lo è? I tentativi di fare chiarezza nascono spesso nello stesso ambito • altri autori fanno invece parte del filone che considera l’opera d’arte interessante se analizzata alla luce di ciò che si conosce già del cervello: ➢ Jean-Pierre Changeux, Neuroscienze della bellezza ➢ Vilayanur S. Ramachandran, Che cosa sappiamo della mente • Chiara Cappelletto (filosofa che si occupa di estetica), con Neuroestetica, si domanda cosa la neuroestetica aggiunga all’estetica, a ciò che noi pensiamo e proviamo nella fruizione di un’opera d’arte • Lucia Pizzo Russo, So quel che senti, indaga i neuroni-specchio2 e la loro relazione con l’empatia (che è un problema proprio dell’estetica) • David Freedberg e Vittorio Gallese, con Motion, emotion and empathy in aesthetic experience, hanno messo a confronto le loro competenze di storico dell’arte e di neuroscienziato con l’obiettivo di comprendere come gli individui fruiscano di alcune opere, ponendo al centro della loro ricerca i neuroni-specchio, che potevano forse spiegare la reazione ad alcune opere d’arte e il legame empatico che esse suscitano → empatia = lett. “sentire dentro”, immedesimarsi, mettersi nei panni degli altri, i neuroni-specchio portano al riconoscimento di qualcosa che sentiamo dentro di noi → il neurone spara potenziali d’azione, gli effetti sull’individuo sono quelli di provare empatia, provare emozione → secondo i due autori, gli individui vivono l’apprezzamento estetico (gli piace o non piace qualcosa, si sentono coinvolti da qualcosa) con una simulazione incarnata, un concetto supportato da Gallese, secondo il quale l’individuo metterebbe in atto inconsapevolmente un’imitazione a livello corporeo e speculare rispetto a ciò che si osserva → ciò è dovuto all’attivazione di meccanismi incarnati 2 Vengono inizialmente indagati da Giacomo Rizzolatti. Si tratta di neuroni che attivano sia quando noi compiamo un’azione, sia quando vediamo altre persone compiere un’azione, ma anche quando ci limitiamo ad immaginare un’azione. Sono stati scoperti per la prima volta nella corteccia pre-motoria dei macachi. Ne hanno parlato anche David Freedberg e Vittorio Gallese. 11 che comprendono la simulazione all’interno dell’individuo non esplicitata di gesti, azioni, emozioni contenuti nell’immagine osservata, si tratterebbe di meccanismi modulati culturalmente ma anche universali (arrivano con più o meno forza a seconda delle esperienze vissute e della cultura a cui si appartiene) → lo spettatore simulerebbe in modo inconsapevole ciò che viene mostrato nell’opera, ma simula anche lo sforzo compiuto dall’artista nel realizzare l’opera → indagano quali tipi di opere davanti alle quali queste simulazioni incarnate si verificherebbero, attivando una fortissima empatia, facendo degli esperimenti però utilizzando delle riproduzioni e non andando in loco al museo (es. Prigioni di Michelangelo, I disastri della guerra di Goya, L’incredulità di San Tommaso di Caravaggio) → davanti a opere del genere, lo spettatore avvertirebbe anche il peso del marmo, il dolore straziante della figura, il forte senso di curiosità, si attivano le parti della corteccia pre-motoria che aiutano lo spettatore ad empatizzare, a sentire quasi fisicamente queste sensazioni → simulazione incarnata!!! → scardina quanto finora si era sempre sostenuto: le opere d’arte non vengono vissute solamente attraverso la vista, è tutto il corpo del fruitore a reagire, secondo la modalità del come se, come se vivesse anche lui in prima persona ciò che vede nelle opere d’arte → è un micro-movimento interno inconsapevole, più si è empatici e più i muscoli si attivano, ma non si sa quale sia la direzione di questa causa-effetto (siamo empatici perché i muscoli si attivano o i muscoli si attivano perché siamo empatici?), ciò che è certo è che ci sia una correlazione tra le due cose → un esempio di questa reazione è la bambina che imita la mossa di danza che si osserva nel dipinto di John Lavery, Anna Pavlova (1910), oppure la visitatrice che assume la posa della Ballerina di 14 anni di Degas • alcuni autori hanno criticato queste posizioni, un esempio è rappresentato dall’opera di Casati e Pignocchi, Mirror and Canonical Neurons are not Constitutive of Aesthetic Response, sostengono che le opere che vengono utilizzate per l’esperimento erano troppo note, di un realismo drammatico ed acceso e di facile effetto, non discriminabili nel potere di suscitare empatia rispetto ad immagini non artistiche (es. foto della guerra, dello sforzo di uno sportivo, di una cella stretta e piccola…) • a questa critica, Freedberg e Gallese rispondono con delle opere non figurative, quali i tagli di Fontana → condussero un altro esperimento nel 2012, utilizzando una breve serie di fotografie di Mulas che ritraggono Lucio Fontana mentre lavora, intitolata L’attesa (1964), sottoponendo 14 persone alla visione della serie mentre soggetti a elettroencefalografia → gli individui vengono inoltre sottoposti 12 ha diluito le diverse nozioni relative alla materia senza che si creasse una disciplina forte e unitaria → questo però può essere anche un bene, perché di fronte all’indefinitezza si è maggiormente stimolati a trovare delle linee di studio e di pensiero, infatti ci sono stati diversi tentativi di fare chiarezza, portando allo sviluppo di diversi filoni: 1) l’artista e la sua personalità (Freud e la psicoanalisi dell’arte), ovvero come la psiche dell’artista influisce in maniera diretta o meno su ciò che egli produce → ha avuto grande successo, anche popolare 2) l’opera d’arte da un punto di vista percettivo (Arnheim e la psicologia della Gestalt) 3) l’estetica sperimentale e la misurazione (Fechner e Berlyne) 4) la neuroestetica, la relazione tra esperienza estetica e neuroscienze • il modo in cui lopera si rivolge al fruitore può anche essere letta in maniera opposta: l’opera rimane la stessa, ma dal pdv semantico essa viene letta in modo differente da fruitore a fruitore → non c’è un modo univoco per leggere l’opera d’arte 1) Psicoanalisi dell’arte • è una teoria della mente inaugurata da Freud → N.B. era di origini ebraiche, una religione aniconica, che non deve avere a che fare con le immagini, il rapporto di un uomo colto di formazione ebraica con le immagini è molto diverso da chi invece ha un substrato culturale cristiano, infatti i suoi studi sulle immagini sono molto influenzati da questa sua condizione • nella Vienna di fine ‘800 – inizio ‘900 si inizia a percepire la caduta dell’Impero austroungarico → Jervis e Bartolomei leggono questo periodo della vita di Freud in chiave psicoanalitica, sostenendo che tale momento di caduta era stato scambiato invece, secondo un meccanismo di difesa, per un momento di euforia, dato l’aumento 15 OPERA ARTISTA FRUITORE ps ico an ali si de ll’ ar te psicologia della percezione estetica sperim entale neuroestetica di energie creative che hanno portato allo sviluppo in ambito culturale, scientifico, letterario, ecc. • in Il poeta e la fantasia è riportato uno scambio epistolare tra Freud e Schnitzler, in cui il primo ammette di aver temuto di trovare nel secondo un suo doppio, qualcuno che fosse pervenuto alle sue stesse conclusioni tramite un percorso differente, la poesia • è il filone che a lungo è prevalso e ha goduto di una vasta diffusione e favore anche da parte del pubblico più popolare, nel tempo è stato discreditato ma nel valutarne gli aspetti principali si può comunque trarre degli elementi utili: le sue prime ricerche muovono dal suo interesse nei confronti di una malattia su cui venivano eseguiti molti esperimenti dalla neurologia, l’isteria → è celebre il caso di Anna O. (Bertha Pappenheim), assistita e analizzata da Freud e Breuer tramite l’ipnosi, per poi passare successivamente alla tecnica delle libere associazioni e all’interpretazione dei sogni • sulla psicoanalisi dell’arte è considerata una psicoanalisi applicata, cioè la teoria della psicoanalisi viene applicata al mondo dell’arte, secondo due approcci (in cui però il fruitore non viene contemplato): ➢ psicoanalisi dell’opera, necessità di capire il significato profondo di qualcosa che ci colpisce senza che sappiamo spiegare perché* ➢ psicobiografia dell’artista (patografia), che viene analizzato come se fosse un paziente (interpretazione dei sogni, lapsus, libere associazioni, ecc. per indagare la sua profondità, il suo inconscio) → celebre è il testo che riguarda Leonardo da Vinci3, che cerca di svelare il mistero del carattere di tale personaggio Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci (1910) • in lui Freud scorgeva degli elementi fortemente passionali, che però nelle opere venivano riproposti in maniera controllata • Freud analizza un frammento del Codice atlantico, in cui l’artista parla di un ricordo della sua infanzia, di quando, trovandosi nella culla, un nibbio prese a percuotergli la bocca con la sua coda → Freud a partire da questo semplice passaggio analizzò Leonardo come se fosse un suo paziente • Leonardo, sulla base di quanto raccontato nella Vienna di fine Ottocento, era ritenuto essere figlio illegittimo di un nobile, mentre la madre era di umili origini e l’aveva cresciuto da sola, ma a 5 anni di età sarebbe stato ripreso dal padre e dalla matrigna (ma secondo Freud quell’età era già troppo tarda per colmare le lacune 3 La fama di Leonardo da Vinci alla fine dell’Ottocento e all’inizio del Novecento era al suo apice, a causa di alcuni drammi teatrali ispirati a lui, ma anche grazie al furto della Gioconda e alla parodia coi baffi di Duchamp. 16 affettive e psicologiche nel bambino) • Sant’Anna, la Vergine e il Bambino (1510-13, Louvre), la tesi di Freud è che solo un artista che ha avuto la vita di Leonardo, con la sua vicenda biografica legato al rapporto con una madre e una matrigna (quindi due madri) avrebbe potuto realizzare un dipinto del genere → altri artisti avevano rappresentato questo soggetto, ma in modo molto diverso rispetto a quanto fatto da Leonardo, es. Masaccio e Masolino da Panicale, Madonna col Bambino e Sant’Anna Metterza (1424-25, Uffizi), metterza = colei che si mette per terza nella gerarchia della famiglia divina, Sant’Anna ha il viso scuro, indurito, invecchiato, non c’è contatto visivo tra i tre personaggi → Freud intende il mutamento che avviene tra l’iconografia di Masaccio e Masolino a quella di Leonardo come imputabile ad una scelta personale da parte del pittore, innovando così il topos di questa rappresentazione, ma in realtà non è così: non tutti i pittori prima di Leonardo avevano rappresentato Sant’Anna come avevano fatto Masaccio e Masolino: ➢ affresco dell’oratorio di San Lorenzo all’Alpe Seccio: due sante allineate ma molto giovanili, molto simili tra loro ➢ Quentin Metsys, La santa parentela: Sant’Anna si dimostra una nonna giovanile, serena, dolce, non c’è nulla della durezza che traspare invece nell’opera di Masaccio e Masolino ↓ Freud sa poco della storia dell’arte e molto della psicoanalisi, sbilancia il suo ragionamento in favore di quest’ultima • Freud, inoltre, per analizzare il frammento del Codice atlantico aveva fatto riferimento a una traduzione tedesca che però conteneva un errore, in quanto il nibbio era stato tradotto con “avvoltoio” • Freud si richiama anche alla mitologia egiziana: si sa che nell’ambiente neoplatonico della Firenze del Cinquecento l’interesse nei confronti dell’Antico Egitto era molto forte → Freud sostiene che la mitologia egizia avesse una dea- avvoltoio, di nome “Mut”, ed era la dea della maternità, il cui nome richiama la parola Mutter (“madre” in tedesco) → Oskar Pfister sostenne inoltre che all’interno dell’opera di Leonardo era presente la sagoma dell’avvoltoio La risposta di Schapiro • Freud resta molto legato a questo testo, anche se dal punto di vista storico- artistico è un disastro, anche se lo storico dell’arte Meyer Schapiro negli anni ‘50, in Leonardo and Freud: An Art-Historical Study, analizzò pezzo per pezzo tale opera freudiana, selezionando gli elementi che andavano rivisti e gli elementi che invece potevano avere una certa validità → sostiene che fino all’analisi di Freud, tale frammento del Codice atlantico non era stato molto preso in considerazione 17 sosteneva che al credente che avesse recitato le preghiere a Sant’Anna sarebbero stati rimessi 10.000 anni di Purgatorio → le preghiere a Sant’Anna venivano trasmesse su dei foglietti su cui erano anche raffigurate la santa assieme alla figlia ↓ non è strano che Leonardo avesse scelto proprio questo tema questo tipo di iconografia non è invenzione di Leonardo, la Sant’Anna Metterza non ha un solo tipo di rappresentazione e la Santa aveva acquisito in quell’epoca un successo enorme (v. foglietto di protezione dalle pestilenze, Sant’Anna è di dimensioni maggiori e tiene in grembo sia la figlia, sia il nipote) • contrariamente all’opinione di Freud, la giovinezza di Anna si può leggere come un’idealizzazione di una figura santa, che diventa un doppio di sua figlia perché c’è un parallelo nella fede e nella devozione dei credenti del tempo, inoltre era una prassi iconografica quella di dipingere le sante come donne belle e giovani → è vero che la rappresentazione di Masolino e Masaccio è la più nota, ma ci sono molte altre iconografie: ➢ Sant’Anna Trinitaria, XIV secolo, Firenze, Bargello, Anna compie un gesto affettuoso nei confronti della figlia e del nipote, sorreggendoli ➢ Luca Tommè ➢ Lucas Cranach il Vecchio, Pala di Torgau, le due donne sembrano giocare spontaneamente con il bambino, hanno un’espressione seria perché sono coscienti del destino di sofferenza del piccolo ma i gesti sono amorevoli ➢ Sant’Anna Metterza (1520-30) ➢ Albrecht Dürer, Sant’Anna, la Vergine e il Bambino (1501 c.), rappresentazione ardita in quanto la vergine si mostra di spalle, sembrano giocare in un prato ma con la protezione divina • mentre Freud si concentra sul sorriso mostrato dalle due donne nell’opera di Leonardo, Schapiro sostiene che anche il sorriso non sia un appannaggio esclusivo dell’artista, infatti compare già nel Verrocchio, il maestro di Leonardo, quindi non è un’invenzione di quest’ultimo (v. Andrea del Verrocchio, David del Bargello, 1466-9, e Madonna col Bambino di Berlino, 1470-80) • Freud ritiene che nel dipinto Sant’Anna, la Vergine e il Bambino (1510-3) sia tracciata la storia della sua infanzia, in quanto ebbe due madri, la sua madre naturale e la matrigna, ed è a questa doppia maternità che si deve la composizione triadica → aggiunge inoltre che il sorriso di Monna Lisa risvegliava in Leonardo il sorriso di sua madre, facendo un collegamento con il complesso di Edipo → Freud si rende conto di aver messo alla prova la psicoanalisi su un caso complicatissimo, ma si basa su poche opere e in base a queste sostiene che egli stia cercando di reprimere una tensione fortissima → l’indagine psicoanalitica deve disporre di dati biografici sicuri, quindi se in essi c’è incertezza e 20 lacunosità, il risultato del metodo sarà influenzata da questa mancanza → Leonardo avrebbe sublimato questa tensione nella sua arte (e così facendo riesce a non diventare un nevrotico), le pulsioni e le loro trasformazioni sono il dato ultimo che la psicoanalisi può riconoscere, da qui in poi la psicoanalisi cede il passo alle analisi scientifiche biologiche, perché è su basi organiche che si eleva l’edificio psichico → Freud mette quindi in relazione il cervello e la mente, ed è cosciente dei limiti della psicoanalisi Temi psicoanalitici • Freud compie una psicoanalisi applicata e si basa su alcuni temi psicoanalitici: 1) Edipo (desiderio inconscio di ogni bambino di unirsi al genitore del sesso opposto, è una fase che riveste un’importanza fondamentale nella futura evoluzione sessuale del) → parla del legame strano e morboso di Leonardo nei confronti della madre, Freud ritiene che l’artista non sia riuscito a superare appieno questa fase 2) salute / nevrosi → Freud sostiene che l’inconscio non si faccia sentire solamente nelle nevrosi, ma anche nei lapsus, nell’arte e in una serie di aspetti della vita quotidiana che non hanno nulla a che fare con la malattia → la centralità dell’inconscio fa sì che ci sia una circolazione fluida tra salute ed inconscio 3) condensazione → secondo Freud, la condensazione si concretizza ancora meglio negli schizzi preparatori per Sant’Anna, la Vergine e il Bambino → Anna e Maria si fondono assieme → in un’aggiunta postuma al suo testo, sostiene che Anna e Maria siano delle figure oniriche mal condensate, all’osservatore risulta difficile capire dove finisce una e dove inizia l’altra: questo apparente errore di composizione trova la sua ragion d’essere nel fatto che inconsciamente queste due donne confluissero in un’unica figura → nell’Interpretazione dei sogni, la condensazione viene definita come la fusione di diversi elementi visibili e non, ed è uno dei principali meccanismi del sogno così come ci compare nel suo contenuto manifesto → secondo la psicoanalisi, le figure che subiscono la condensazione devono avere degli elementi in comune → è qualcosa di simile a quanto avviene se si scattano due fotografie su una stessa lastra (v. fotografie surrealiste di Dora Maar, Parigi, 1907– 1997) 4) sublimazione → è un concetto irrisolto, che fa parte della metapsicologia → questo termine (che deriva dal latino tardo sublimare, da sub + limus, “dal basso verso l’alto obliquamente”) viene utilizzato anche in altri campi di studio: ➢ chimica / fisica: transizione di fase di un elemento, o composto, dallo stato 21 solido allo stato gassoso senza passare per lo stato liquido ➢ psicologia (psicoanalisi): deviazione di una pulsione sessuale o aggressiva verso una meta non sessuale o non aggressiva (quindi la sublimazione è qualcosa che permette alle pulsioni di trasformarsi in qualcosa di positivo) → ciò consente una valorizzazione delle pulsioni a livello sociale (specie nell’ambito della ricerca, delle professioni o dell’attività artistica) ➢ attestato, con significato “morale”, cioè come “elevazione spirituale”, già nei primi del Trecento → la sublimazione quindi è un meccanismo che sposta e trasforma le pulsioni, è una nozione complicata che ha a che fare con la metapsicologia, è qualcosa di teorico ed è considerata una delle maggiori lacune dell’apparato teorico- concettuale della psicoanalisi, non è mai stata spiegata fino in fondo → Freud definisce l’arte come una sublimazione, l’arte cioè nasce da delle pulsioni che vengono sublimate, ma non sa spiegare cosa spinge un individuo a sublimare le proprie pulsioni e produrre arte e cosa invece lo spinge a dare sfogo alle pulsioni in modo negativo, ad esempio diventando aggressivi o un nevrotici La sublimazione nella psicoanalisi Freud, Il poeta e la fantasia (1907) • in quest’opera Freud cerca di capire da dove l’artista riesca a trarre la materia che poi sfrutta per suscitare nello spettatore / lettore una reazione, dei sentimenti ➢ analogia arte-gioco-fantasticheria → egli ipotizza quindi un parallelismo tra l’attività del gioco del bambino e la fantasticheria degli adulti, le cui forze sono soprattutto desideri insoddisfatti ➢ piacere estetico (ars poetica) → il poeta addolcisce, altera o vela il carattere della sua fantasticheria, in modo che sia meno esplicita e poi presenta questa materia alterata in una forma che produce godimento estetico, rendendo tollerabili gli elementi che la coscienza dei fruitori rifiuterebbe senza questa rielaborazione → l’artista propone in una bella forma la sua fantasticheria → identificazione del fruitore con l’autore 22 attività elevate dal punto di vista intellettuale espressione mediata degli impulsi impulsi aggressivi segnando una svolta totale) → es. le Vite del Vasari sono una sorta di anamnesi (storia, ma anche ricordo) delle vite di artisti La leggenda dell’artista • l’opera, i cui autori sono Ernst Kris (psicoanalista e storico dell’arte) e Otto Kurz (allievo di Julius von Schlosser), analizza degli eventi che ritornano ciclicamente nella vita di più artisti, definendo delle “formule biografiche” (es. umili origini, carattere estroso e bizzarro, estroverso, che lavora con foga, che si fa beffa del pubblico), forgiando una sorta di ritratto standard dell’artista • anche Enrico Castelnuovo si rende conto che, nella percezione comune del pubblico, l’artista è percepito come una persona eccezionale e straordinaria, ma non sempre con accezione positiva → il suo è un comportamento deviante, l’unico a venire accettato socialmente (e qui ci si ricollega al discorso della sublimazione, tramite la quale l’artista riesce ad elevare le proprie tensioni e pulsioni ad attività intellettuali) • c’è un’edizione di quest’opera curata da Ernst Gombrich, il quale sottolinea la dimensione di interdisciplinarietà in cui nasce tale studio, dovuta ai diversi interessi che accomunavano Kris e Kurz Massimo Recalcati, Melanconia e creazione in Vincent Van Gogh • opera di psico-biografia in cui si parla della vita di Van Gogh a partire da un episodio centrale della sua infanzia: egli nacque nel 30 maggio 1953, a un anno esatto di distanza dalla morte del primo figlio maschio, la sua vita è segnata profondamente da questo evento, in quanto venne vissuta nel tentativo di sostituire qualcun altro che però, proprio per il fatto di non esserci più, è idealizzato, in quanto impossibile da recuperare e per definizione insostituibile → Vincent per questo provò sempre la sua inadeguatezza di questo ruolo, portandolo alla difficoltà di vivere • Recalcati di formazione è un filosofo, ma avanza anche un’ipotesi diagnostica, sostenendo che la schizofrenia di Van Gogh sarebbe un elemento secondario rispetto alla melanconia di fondo che ha sempre segnato la sua vita • lettura patografica (tipo di scrittura che fa emergere la patologia e il dolore che stanno sotto alla persona analizzata) • bisogna negare l’approccio deterministico (cioè l’approccio causa-effetto, secondo il quale le vicende biografiche determinano il risultato finale di un’opera, es. “solo Leonardo avrebbe potuto rappresentare Sant’Anna così a causa delle sue vicende biografiche personali”) 25 • l’opera scaturisce da una vita particolare, ma la trapassa, in quanto sfugge all’Io dell’autore, talvolta da rivelarsi addirittura slegata completamente da esso, c’è uno scostamento estraneo di cui neanche l’autore può comprendere appieno il significato, sta allo psicoanalista comprenderlo Freud e l’arte, la letteratura e il linguaggio psicobiografia (patografia) (psico)analisi dell’opera contributi sul linguaggio o sulle qualità del sentire (sensazioni) Contributi sul linguaggio o sulle qualità del sentire Sigmund Freud, Il perturbante (1919) • il titolo originale è Das unheimlich, un termine che definisce una sensazione suscitata dal fantastico un (negazione) heim (casa) lich (suffisso sostantivizzante), quindi “negazione di ciò che è domestico, familiare” è un termine che non ha una traduzione in altre lingue ➢ inglese: “uncanny”, che però significa “prodigioso”, “straordinario”, che va al di là di qualcosa che si può concepire ➢ francese: “inquiétante étrangeté”, inquietante estraneità ➢ italiano “perturbante”, deriva dal latino, con per- rafforzativo, designa l’esito ma non la causa che invece viene espressa nella versione tedesca → era stato proposto anche “spaesamento”, che forse era più calzante perché si potrebbe collegare alla parola tedesca heimat, che viene tradotto come casa ma anche come “patria”, “paese” → spaesamento = trovarsi fuori dal proprio paese, dalla propria comfort zone • unheimlich è il contrario di familiare / tranquillo / confortevole / fidato / intimo…, significa quindi anche “inconsueto”, “non familiare” ed è per questo che fa paura, ma affinché questo sentimento possa essere suscitato, devono esserci certe condizioni: il termine heimlich denota anche qualcosa non solo di “familiare” ma che deve rimanere nascosto (sorta di “affari di famiglia”) → la negazione “un-” indica che il termine denota qualcosa di talmente intimo che se emerge, provoca turbamento, quindi il significato è ambivalente: ➢ qualcosa di familiare e intimo ➢ qualcosa che è venuto alla luce, che è emerso → duplice sensazione di familiarità e di spaesamento → ritorno del rimosso, che quando emerge turba 26 Lezione 8 “ Il perturbante è una sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare.” “È detto unheimlich tutto ciò che avrebbe dovuto restare […] segreto, nascosto, e che è invece affiorato.” – F. Schelling • Freud prende spunto da Schelling, ma anche da Ernst Jentsch, il quale scrisse Sulla psicologia del perturbante (1906), in cui riflette sul dubbio irrisolvibile tra animato e inanimato e richiama le impressioni date dalle figure di cera o dagli automi → a questo riguardo cita E.T.A. Hoffmann, L’uomo della sabbia (1815), in cui la bambola automatizzata Olimpia l’elemento perturbante del racconto Alcuni elementi perturbanti Gli automi ➢ Jacquet-Droz, Lo scrivano (1774) ➢ Taeuber Arp, Marionetta per il König Hirsch (1918), che risale a un anno prima della stesura del Perturbante di Freud • Maurizio Cattelan (Milano, 2004) + Pietro Conte, In carne e cera. Estetica e fenomenologia dell’iperrealismo • Masahiro Mori, Bukimi no tani – The uncanny valley, “Energy”, 1970, parla degli androidi che non sembrano robot, ma che sono accuratamente celati sotto una pelle in modo da renderli molto simili agli uomini → l’idea è che, più la macchina somiglia ad un uomo, più l’uomo mostrerebbe confidenza nei confronti della macchina, tuttavia questa equazione non funzionava in maniera lineare → nel grafico, sulle ascisse riposta il fattore della somiglianza rispetto all’uomo, sulle ordinate riporta il livello di familiarità / confidenza / agio che l’uomo dimostra nei confronti della macchina: all’inizio i due fattori sembrano andare di pari passo, tuttavia la correlazione tra somiglianza e familiarità non rimane perfettamente biunivoca, perché a un certo punto alla crescita di livello della somiglianza non corrisponde più al livello di familiarità → l’empatia positiva si trasforma in empatia negativa → un robot risulterà più famigliare tanto quanto più somiglia all’uomo, ma quando la somiglianza sarà talmente elevata, questo provocherà una caduta a picco (formando la uncanny valley) dell’agio provato nei confronti del robot, provocando una sensazione di inquietudine e di disagio, che verrà ristabilita solamente quando la somiglianza sarà talmente elevata da non comprendere la differenza 27 Sigmund Freud: scrittore (?) • la psicoanalisi è intessuta d un linguaggio e di una sintassi “figurale”: è, almeno in parte, una disciplina retorico-letteraria → la psicoanalisi, secondo Jean Starobinski, è una drammaturgia espressiva, è estremamente forte da lasciare colpiti → lo stesso Freud dichiarava: “Sento un’impressione curiosa per il fatto che le storie cliniche che scrivo si leggono come novelle e che esse… [pwp]” … ma sosteneva anche che la letterarietà delle proprie opere fosse un ottimo veicolo per trasmetterle a un pubblico più vasto Freud scienziato vs Freud privato • Gombrich, nella sua opera Freud e la psicologia dell’arte, invita a distinguere in maniera netta tra: ➢ Freud scienziato, posto dalla parte dell’innovazione, essendo fortemente rivoluzionario ➢ Freud privato, che aveva per l’arte dei gusti ottocenteschi e non capiva nulla dell’arte contemporanea: i suoi gusti erano fortemente conservatori, era tra l’altro appassionato di archeologia, costituendo addirittura una collezione, a partire dal 1896, anno della morte di suo padre → l’archeologia dà l’idea di raccolta, conservazione e cura di oggetti immortali, è un’ambizione all’immortalità che nasce dall’angoscia della morte → Freud, all’inizio del ‘90, inizia a viaggiare molto di più e a raccogliere molti oggetti: il suo biografo, Ernest Jones, sosteneva che il suo studio fosse pieno di pezzi rari di antichità egizie, etrusche, romane, ma anche di provenienza esotica, e l’artista Max Pollak esegue un ritratto di Freud nel suo studio, Freud alla scrivania (1914) → gli oggetti andavano a creare una sorta di cortina tra lui e i suoi pazienti (alcuni tra i quali tra l’altro sostengono che il suo studio sembrasse quello di un archeologo più che quello di un medico) → Freud spiegava il suo amore per l’archeologia perché il lavoro di scavo dell’archeologo somiglia al lavoro di scavo del medico nella psiche del paziente grazie allo strumento della psicoanalisi ↓ l’analogia tra psicoanalisi e scavo archeologico diventa celebre nel caso di Dora, Freud si paragona esplicitamente ad un archeologo, ma anche ad un restauratore che si preoccupa non solo di riempire le lacune, ma anche di segnalare quali siano le lacune riempite 30 • Gombrich non è benevolo nei confronti di Freud, dice esplicitamente che questi avesse una relazione con l’arte molto influenzata dall’arte viennese del suo tempo, ricordando anche come per buona parte dell’Ottocento, e quindi per buona parte della formazione di Freud, la cultura tedesca avesse intessuto relazioni sempre più forti da collegarsi con i miti della Grecia classica, ed è questo tipo di interesse che Freud si porta dietro fino alla fine dei suoi giorni → l’insegnamento di Freud ha però avuto sulla sua tradizione un aspetto dirompente, l’ha fatta percepire come superata e ha invitato a sorpassarla Lezione 9 – Gombrich, Freud e la psicologia dell’arte • una delle prime lettere in cui Freud parla di opere d’arte è una lettera del 1883 in seguito a una visita alla Pinacoteca di Dresda, in cui descrive la Madonna del Borgomastro Meyer di Hans Holbein il Giovane (1526-8) come un quadro in cui la Madonna è circondata da donne brutte, poi prosegue parlando della Madonna Sistina, che sembra una donna molto giovane, con lo sguardo di una bambinaia, fa fatica a vedere in questa donna l’immagine di un personaggio sacro, ed infine parla del Cristo della moneta di Tiziano, un’iconografia inconsueta per un uomo di origini ebraiche come lui → Freud considera essenziale il contenuto (soprattutto spirituale) dell’opera d’arte, più della forma • Freud visitò anche il Louvre, nelle lettere riportò di non essere rimasto colpito dalla Venere di Milo, ma sostenne di essere rimasto rapito dalle sale dedicate all’arte assira ed egizia • Freud compì molti viaggi, delle sorte di Grand Tour, soprattutto nell’Italia settentrionale e in Toscana, raggiungendo anche Roma e Atene → un saggio del 1936, Un disturbo della memoria sull’Acropoli, narra di come un suo viaggio a Trieste si sia allungato fino alla Grecia, dove visse una sensazione di incredulità di fronte a ciò che aveva studiato a scuola, uno sfasamento che provoca in lui un perturbamento → a Roma osserva invece L’Amor sacro e l’Amor profano (1515), sostenendo che esso non avesse senso: avendo a che fare con il simbolo e la simbolizzazione di una forma assoluta, lo lascia perplesso, ne riconosce la stranezza, considerando che ci sono altri elementi utili per analizzarla → Gombrich si sorprende che Freud non volesse cercare il significato simbolico delle opere come questa, in esse lui invece cercava la bellezza → Freud sosteneva che bisognasse cercare il massimo contenuto psicologico delle figure, come dimostrò con la sua indagine su Mosè 31 Freud e l’arte a lui contemporanea • riguardo all’arte contemporanea, Freud ammette di non riuscire a capirla né a concepirla, ma sostiene anche che essa non potrà mai arrivare ad essere considerata vera arte • il suo incontro con Salvador Dalì, che all’epoca non era ancora estremamente famoso e aveva la fissa di voler incontrare il padre della psicoanalisi, porta con sé Le metamorfosi di Narciso (1937): l’artista lo colpisce per il suo sguardo sincero e per la sua maestria tecnica, che lo spinse a valutare diversamente i surrealisti → trova che ci sia un equilibrio tra materiale conscio??? e materiale preconscio, non si riesce a capire cosa sia davvero emerso alla coscienza e cosa sia rimasto nascosto, non era convinto dal fatto che tanta maestria tecnica fosse messa a servizio di un progetto che mira a dare a un’idea preconscia (quindi comunicabile) una struttura incasinata come quella propria dell’inconscio → l’inconscio viene caricaturato • il metodo critico paranoico (paranoia = lett. “disordine della mente”) utilizzato da Dalì consisteva nel guardare un oggetto e vederne, e quindi poterne dipingere in maniera realistica, un altro, giungendo a un esito molto confuso • Dalì, Gradiva riscopre le rovine antropomorfiche (Fantasia retrospettiva)→ il nome Gradiva deriva da un celebre saggio di Freud, in cui si narra della fantasia di un archeologo “Nei dipinti classici cerco l’inconscio, in un dipinto surrealista cerco il conscio” → un buon uso dell’arte della maestria tecnica è necessario, così come lo è nella vita psichica, che non è solo inconscio • Gombrich spiega come il pensiero di Freud sull’arte sia stato malinteso: l’Espressionismo e i suoi derivati prendono alla lettera la parola “espressione”, un’espulsione del turbamento della mente dell’artista tramite l’arte, arrivando a turbare anche il fruitore → a sua volta, grazie all’arte, anche il fruitore riuscirebbe a esternalizzare questi turbamenti, tuttavia Freud la pensa con la prospettiva opposta: solo la messa in forma attraverso l’arte può far sì che l’inconscio o il preconscio possa essere artistico, altrimenti un’espressione indiretta dell’inconscio è pura follia → l’arte non è un sogno, né una fantasia: l’artista deve staccarsi dall’idea di inconscio, non caricaturarla • spesso negli epigoni di Freud si trova un’attenzione focalizzata sul contesto in cui si trova ad operare l’artista, che Gombrich spiega secondo la metafora della culla di spago (gioco tramite cui si passando le dita in un filo e si cambiano le figure fino a creare un racconto): l’arte nasce dall’arte, il giovane artista subentra ai suoi 32 consumare energie al fruitore → sforzo fisico-percettivo, che viene addirittura accentuato in opere come quella di Cézanne, nel quale la riconciliazione con la forma reale non avviene mai ↓ il piacere semplice è diventato il tabù dell’intellettuale di oggi, il suo Super-io estetico lo ammonisce di non comportarsi da bambino, ingiungendogli di badare solo alla forma Lezione 10 • il problema formalistico delle Demoiselles d’Avignon torna → in una rappresentazione di questo tipo Picasso può anche riversare l’aggressività e l’ira che gli ribollivano dentro, in una furia iconoclasta, come se fosse un processo primario, derivante direttamente dall’inconscio, ma Gombrich sostiene che ciò che conta è la situazione in cui Picasso si trovava, ovvero sono essenziali i fattori sociali del suo tempo, in quanto senza di essi le necessità private di un artista non potrebbero trasformarsi in arte → un’opera più è gradevole quanto più è ostica, quando non riflette un’idea di bellezza primaria e immediata → la psicoanalisi dell’arte metteva in connessione artista e opera, ma il gusto fa riferimento sia a quello dell’artista, sia a quello del fruitore, quindi di entra anche nel campo della psicologia (come un’opera e un artista vengono colti in un determinato contesto, da un determinato tipo di publico) → l’arte è più di un appagamento di bramosie irrealizzabili, è un simbolo e non un sintomo di una facoltà organizzatrice, non è solo l’artista che rovescia nell’opera qualcosa di profondo, ma c’è anche il fruitore da tenere in conto Conferenza presso l’American Psychological Association Saggio Einaudi da studiare dall’inizio del saggio fino a pag. 87, poi saltare le 10 pagine in mezzo (simboli sonori e in poesia), da pag. 97 fino alla fine Iconologia e psicologia • ormai la simbologia viene considerata un ramo della psicologia, così come avviene per il filone dell’iconologia • Gombrich si interroga su cosa sia veramente un simbolo → il campo dell’allegoria e della rappresentazione simbolica era diventato all’epoca una moda, si cerca sempre a tutti i costi di trovare il significato simbolico di un’opera → se si guarda alla storia dell’arte, il simbolo quasi sempre non è qualcosa che ci è ignoto, che nasconde qualcos’altro, le immagini bensì sono chiare nella loro prima manifestazione → bisogna partire dal noto, i simboli sono delle rappresentazioni 35 che aiutano a sottolineare la natura della raffigurazione che abbiamo di fronte e non un’enigma da risolvere esempio: Statua della Libertà, la fiaccola è il simbolo della Libertà che illumina il mondo, mentre se avesse una bilancia la interpreteremmo come la Giustizia, il simbolo emerge chiaramente alla vista e serve all’immagine per esplicitarsi al meglio → il simbolo è un segno di riconoscimento • c’è anche un altro significato della parola simbolo: per il Romanticismo tedesco, contesto in cui si forma Freud, il simbolo è un segno che indica un significato che altrimenti è intraducibile/ineffabile esempio: Statua della Libertà, il nome di Bartholdi è stato quasi dimenticato, la statua è diventata un segno pubblico, un emblema che fa riferimento anche a un lato emozionale (la statua accoglie i migranti in arrivo nel porto di New York) • un altro punto di vista da cui osservare il simbolo è legato a degli indovinelli: Gombrich ricorda che un tempo creare simboli era l’occupazione prediletta degli eruditi delle corti, tanto da portare alla nascita di un gioco, il gioco del “se fosse”, che implica che si indovini di chi si sta parlando tramite delle metafore, della metonimia (sostituzione di un termine proprio con un altro appartenente allo stesso campo semantico, che ha con il primo una contiguità logica) o dei simboli (cardo, orso, iena…) per spiegare le caratteristiche distintive di una persona → i simboli si possono mescolare tra di loro, ci sarebbe una sovrapposizione di simboli sempre meno chiara, ma i punto di partenza è estremamente semplice Van Eyck, Polittico dell’Agnello Mistico / Polittico di Gand (1426-32) • Gombrich tratta anche il simbolo religioso → se trascurassimo il contenuto, l’opera sarebbe del tutto incomprensibile, a partire dal titolo, l’Agnello Mistico, ovvero Gesù, ma non solo: anche i gigli e le rose sulla corona della Madonna siano simbolo di castità e purezza • un tempo l’arte era al servizio del simbolo, e non viceversa, quindi spesso i simboli e i personaggi erano spiegati dall’opera stessa tramite cartigli (es. Libro d’ore, 1505, Parigi) → la resa formale del Polittico è diversa rispetto al Libro d’ore, Gombrich ribadisce come il linguaggio derivante dalla psicodinamica (che la psicologia aiuti a comprendere significati reconditi) in realtà non necessiti di andare così a fondo, di andare a caccia a tutti i costi di un significato profondo e di un simbolo • nessuno più di Freud ha mai sostenuto che per creare un’opera d’arte fosse necessario attingere all’onirico o al simbolo (v. Freud e il suo parere sui surrealisti) • la posizione di Gombrich è interessante perché leggendo con attenzione questi saggi, egli suggerisce molte cose che in realtà hanno a che fare con ciò che di Freud è 36 stato rimosso negli ultimi tempi → sostiene che di Freud sia stata fatta una lettura “pop”, ma si può fare un uso differente degli strumenti che lui ci ha lasciato Il divano di Freud, Londra, Freud Museum • Broomberg e Chanarin si sono rivolti alla scientifica, prelevando dal divano di Freud un frammento di DNA, a partire dalle immagini ottenute dalla diagnostica di questo frammento hanno realizzato una coperta → fanno riferimento allo studio oggettivo della soggettività che la psicoanalisi si propone 37 contenuti li trasmette immediatamente, in maniera non mediata: l’oggetto, attraverso la sua Gestalt, ha una sua propria espressività data dalla sua forma o dalla relazione tra le sue forme → la Gestalt non può dialogare con la psicoanalisi → le forme si dispongono in base a processi dinamici organizzati interni alle forme stesse → v. effetto phi, la nostra percezione è costruttiva, nella mente si costruisce un movimento che nella realtà non c’è → si interessa la differenza tra la discrepanza fisica e la realtà apparente → le teorie di questo tipo interessano l’ambito psicodimanico e psicofisiologico nel momento in cui i Futuristi lavorano sul dinamismo (= no movimento ma attribuzione dell’idea di un movimento) → il Manifesto dei Futuristi richiama il concetto di amalgama, che si può ricollegare al modo in cui una forma sia composta da forme che hanno delle forze interne in tensione o equilibrio → la spiegazione dei dipinti di questo periodo è in parte riconducibile agli studi che parallelamente stava compiendo Wetheimer e la Gestalt Giacomo Balla, Bambina che corre sul balcone • Balla cattura il dinamismo di una bambina, la percepiamo come un tutt’uno, anche se in realtà è solo un insieme di pennellate colorate irregolari, ma il sistema visivo organizza e articola le varie parti di un immagini come fattori facenti parte di un tutto, che si uniscono in una forma unica • quest’opera è l’espressione di alcune leggi tipiche della Gestalt: ➢ legge della somiglianza = quando gli elementi figurali che stimolano la percezione sono composti da una serie di elementi misti, tendiamo ad accomunarli in maniera specifica creando delle unità simili tra di loro (es. in questo caso elementi colorati simili che compongono il corpo della bambina) ➢ legge della vicinanza = basata sulla regolarità della successione degli elementi, grazie ad essa si riesce a percepire la ritmicità delle componenti verticali che formano gli elementi della ringhiera • è come se Balla avesse rappresentato la percezione di un effetto phi Lezione 11 – Rudolf Arnheim • l’arte sembra sempre di più essere stata sommersa dalle chiacchiere: siamo sommersi di saggi, libri, articoli, ecc. che cercano di capire cosa sia l’arte, finendo per fragilizzare il corpo dell’arte, quando invece abbiamo a che fare con qualcosa di 40 materiale, bisognerebbe semplicemente affidarsi ai nostri sensi di esseri umani tramite cui identificare e misurare → il ruolo della percezione è stato sminuito, essa è stata screditata e sormontata dalle parole → troppe persone visitano musei e leggono libri a riguardo senza giungere a una vera comprensione dell’arte → la capacità innata di comprendere attraverso gli occhi si è assopita e dev’essere risvegliata • A. si è sempre sentito vicino all’arte, anche in virtù dei suoi studi di psicologia, e aggiunge che molti teorici dell’arte fanno affidamento a strumenti tipici della psicologia, ma quest’ultima si è interessata all’arte solo come scandaglio di una personalità, ma non può essere solo così, altrimenti non si percepirebbe la differenza tra un’opera d’arte e una macchia di Rorschach → test psico-diagnostico proiettivo inventato da Hermann Rorschach ispirandosi alle kleksografie (= immagini prodotte ponendo una goccia all’interno del foglio e poi piegandolo) di Justinus Kerner, poeta romantico tedesco → il metodo ebbe un successo immediato, tanto che A. arriva a dire che l’arte non può essere ridotta alla stregua di una macchia di Rorschach Gli obiettivi di Arnheim • A. riassume gli obiettivi del suo testo: ➢ “ridiscutere alcune delle qualità della visione e rinfrescarle”, soprattutto circa la pittura, il disegno e la pittura ➢ “descrivere […] quali meccanismi percettivi siano sottesi ai fatti visivi” → A. non ha interessi nell’analizzare il ruolo dell’artista nella società o il ruolo del consumatore, ecc., il suo approccio è un metodo filosofico attraverso cui guardare l’arte → A. cita anche il motto della Gestalt (“il tutto è più della somma delle singole parti”), sostenendo che è una cosa che gli artisti hanno inconsciamente sempre saputo → a questo proposito parla di Christian von Ehrenfels, che nel suo testo Über Gestaltqualitäten (= “sulle qualità formali di una struttura”) sostiene che se ognuno ascoltasse ogni singolo suono di un’armonia percepirebbe qualcosa di diverso rispetto a chi ha ascoltato l’armonia intera → unità della melodia = unità organizzata, esempio di buona forma → suoni uniti = Gestalt, struttura armonica e unitaria costitutiva della melodia ➢ “ogni percezione è anche un pensiero, ogni ragionamento è anche intuizione, ogni osservazione è anche invenzione” → ogni percezione è anche una comprensione rinfrescata della realtà, le due cose sono un tutt’uno ➢ “la visione non è una registrazione meccanica di elementi ma l’afferrare strutture significanti” 41 → c’è sempre uno scambio vicendevole tra l’oggetto e l’osservatore, c’è una relazione biunivoca tra di essi (da questo rapporto resta fuori l’artista, A. se ne rende conto, la psico-biografia interessa agli storici dell’arte e non agli psicologi dell’arte) ➢ “questo libro parla di quello che può essere visto da ognuno e tratta di ciò che può essere letto solo per quel tanto che è servito a me e ai miei studenti e vedere meglio” → realista ingenuo = colui che, davanti a un fenomeno, sostiene di vedere le cose come sono → realista critico = ha una conoscenza sul fatto che ciò che percepiamo è una percezione attiva a cui contribuiscono gli stimoli esterni e il sistema percettivo di ognuno, la percezione è il risultato di una serie di processi di mediazione tra ciò che è fisico / che appare e ciò che è reale (v. pareidolia) ➢ “l’arte è la cosa più concreta che esista”, si basa su questioni che hanno a che fare con il nostro modo di percepire • A. è consapevole del fatto che le metodologie, una volta astratte nel tentativo di generalizzarle, non funzionano più: bisogna imparare tutto il possibile di un soggetto, cercare di capire cosa l’artista conoscesse di quel soggetto, si può anche indagare le modalità con cui l’artista ha attribuito un determinato significato a quel determinato soggetto → A. alla fine si interessa dell’artista, anche se solo indirettamente → A. elabora una psicologia generale a contatto con l’arte, anziché applicare all’arte una teoria psicologica Conferenza del 2004 in onore dei 50 anni di Arte e percezione visiva presso il Centro Internazionale Studi di Estetica • il rapporto figura-sfondo è la struttura minima di qualsiasi struttura visiva → la figura è ciò che ha una forma, lo sfondo invece è qualcosa di amorfo, indifferenziato, ma A. non applica all’arte una teoria e studia delle immagini che, a partire da un unico stimolo, portano a percepire due figure diverse in modo non simultaneo, anche se la loro simultaneità esiste nella loro percezione fisica → esse dimostrano che la percezione è un’attività, non è qualcosa per realisti ingenui • gli atti del convegno furono curati da Lucia Pizzo Russo, professoressa di Psicologia dell’arte → alla fine del testo che seguì al Convegno è riportata una conversazione tra lei e Arnheim nella metà degli anni ‘80 → la psicologia si interessa a tutte le capacità della mente, così come l’arte, così ci sono tanti studi psicologici quanti sono gli aspetti della mente umana (es. psicologia della percezione, psicoanalisi della mente dell’artista, conoscenza attraverso l’intuizione percettiva…) → tutta la psicologia della conoscenza 42 Il Mondrian capovolto • in occasione dei 150 dalla nascita di Mondrian, è stata organizzata una mostra chiamata “Mondrian evolution” a Düsseldorf, una delle opere (New York City 1, 1941) è stato appeso ribaltato di 180 gradi per più di 75 anni, ciò è stato annunciato dalla curatrice della mostra → in realtà dietro a questa scoperta c’è Francesco Visalli, artista italiano che aveva poi contattato la curatrice della mostra ed era arrivato a tale conclusione attraverso una serie di studi e ricerche, trovando infine una fotografia dell’opera scattata da Harry Holtzman e pubblicata in una rivista → l’intrico di linee più compatto dovrebbe stare in alto anziché in basso • ogni opera di Mondrian, come ogni opera astratta, ha un orientamento, dato spesso dalla posizione della firma, in questo caso però la firma non c’è e da qui è scaturito l’errore → la mancanza della firma avrebbe potuto significare che l’opera era rimasta incompiuta → il bilanciamento tra alto e basso in realtà era qualcosa su cui Mondrian giocava molto spesso → Mondrian lavorava anche sulla dimensione simbolica nelle sue composizioni (linea verticale = maschile, linea orizzontale = femminile) • le linee poste in alto danno l’idea di un cielo scuro su una città • perché allora l’opera non è stata capovolta? ➢ motivo fisico: la ragione data dalla curatrice è che l’adesione dei nastri è fortemente compromessa dal tempo, se la si gira si rischia che i nastri adesivi si stacchino ➢ questione di abitudine: ormai questa posizione fa parte della storia del quadro ➢ forse non c’è affatto un verso giusto e un verso sbagliato, benché la direzione “corretta” scoperta da Visalli funzioni estremamente bene e la composizione acquisti in intensità e plasticità The Case of the Upside-Down Mondrian di Adam Gopnik, “The New Yorker” The recent discovery that a picture by the Dutch (and, latterly, New York) painter Piet Mondrian has been hanging upside down in the German museum where it has lived for half a century seemed to evoke, nostalgically, an earlier and more predictable era in the polemics of museums and modernism. “Ha, ha! You see?” the wags used to mutter on these occasions. “They can’t even tell which way is up!” And the defenders would feebly mutter fixed avant-gardisms in return. At a time when the fashionable art world has gone all in for the weirder shores of grotesque or cartoonish realism, from John Currin to Takashi 45 Murakami, a mixup about an abstract picture made of lines and blocks of colors has a nicely old-fashioned feeling. The Mondrian, long seen at the intimidatingly named Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen K20, is one of the painter’s “adhesive tape” pictures —its bright red, yellow, and blue stripes laid down with sticky tape. The evidence of the hanging error, if error it is, derives from a photograph of the picture taken of Mondrian’s studio in the nineteen-forties, and from the different, seemingly more convincing, orientation of a sister painting at the Beaubourg, in Paris. The Mondrian is doubly potent for us now, since it is called, of all things, “New York City 1,” and comes from the artist’s blissful New York period, which also produced the masterly “Broadway Boogie Woogie” and the “Victory Boogie Woogie” (once owned by Si Newhouse, Jr., once the owner of this magazine). Mondrian’s discovery of New York was one of the happiest events in twentieth-century art, albeit triggered by his forced immigration to the United States at the time of the Second World War, along with so many other European modernists. For the city revealed to him with blinding beauty that the reduced, minimal language of esoteric mysticism that he had evolved in Paris—painting reduced to nothing but three primary colors (red, blue, and yellow) and articulated only in right angles and black lines—was the perfect language of representation, the ideal abstract net in which to catch the energy and spirit of nineteen-forties New York, with its subway epiphanies and blinking traffic lights and angular bumps and just-off-the-grid zip-around rhythms. Mondrian saw New York through the prism of his own inventions, which turned out to look more like New York than any photograph could. He had seen the city in his studio. The controversy over the upside-down Mondrian arrives at a moment when other, not quite companion, controversies about the uses and abuses of art works and the museums in which they sit have been roiling around. A squadron of loosely organized climate-change activists has been entering museums to trash famous pictures, including at least one by Mondrian’s hero, Vincent van Gogh: the activists splash the glass-covered surfaces of an image with canned soup and yellow paint, in order to dramatize the urgency of their issue; they then glue themselves to the walls of the institution, making their removal in itself a subsidiary event. It would be nice to say that these kinds of stunts are ineffective, but, as amply documented recently in the case of Samuel Adams and his Tea Party, publicity stunts, even stupid ones, do set the stage for political ferment. They work. (This is 46 demonstrated by the truth that we are all talking about it here.) These museum stunts are, however, particularly stupid, both in the arrogance of the assaults and in the foolishness of the targets chosen. Works of art in museums are easy targets because they are undefended, and, in the wake of these protests, they will have to be made ever more defended, compelling prudent museums to put glass on all its most famous pictures, and so helping to ruin the experience for the rest of us. Going to museums is one of the last sources of unmediated pleasure for ordinary people: there need not be guides, security barriers, or overly watchful guards. The purpose of protests of this sort, even of a nonviolent kind, is always to hijack some unsecured object or place in order to draw attention to a cause, and its result is always to make the experience of the object hijacked more miserable for ordinary people. In any case, the real value of the art assaulted is that it bears witness to exactly the kind of empathetic emotions that the protesters presumably want to inspire. In the particular case of van Gogh, no human being in the forty thousand years of humanity has ever been more inspired to ecstasy by experienced nature, and none has ever been a humbler companion in the struggles of ordinary people or inclined to ennoble them in art. If the protesters wanted to fall to their knees in reverence before a van Gogh, and then glue their hands to the floor, they might have a cause to make and recruits to add. Making van Gogh the enemy—and no amount of high- stepping rhetoric can make an assault on his pictures somehow apart from an assault on him—is nuts. Protest is a fine and essential thing, but to be constantly making enemies out of potential friends is the opposite of political wisdom, which turns on making friends out of potential enemies. (Sam Adams, after igniting the Boston Tea Party, went to patient work making a continental coalition.) Museums are indeed the churches of progressive-minded people, since they celebrate just the qualities that fanatics and dogmatists want to quelch: the vigorous acceptance of uncertainty that lets us ask new questions and leaves us unsure about which way is up. Not knowing which way is up is indeed part of the point. “If I turn the work around, I risk destroying it,” the curator in charge of the exhibition where the Mondrian was to be shown said, according to the German publication Monopol, adding that “maybe there is no right or wrong orientation at all?” This does sound a bit like the-dog- ate-my-direction excuse-making, and one knows that there will be countless curators now sheepishly peering at their own 47 equilibri) → molto vicina a un’altra legge della Gestalt, quella dell’isomorfismo = corrispondenza strutturale tra significato e forma tangibile → la forma dev’essere sufficientemente semplice ma allo stesso tempo organizzata da riuscire a comunicare un significato • immagini con lieve ambiguità, dispendiose a livello psichico, di fronte a questo tipo di immagini, l’osservatore ha due reazioni: ➢ livellamento, associato al Classicismo ➢ accentuazione, associato all’Espressionismo (che però caratterizza anche un certo tipo di arte classica, es. Sarcofago Mattei II, 260 d.C., raffigurazione in cui il grande e il piccolo vengono accentuati, le ombre sono molto profonde e scavate, il chiaroscuro si intensifica fortemente, ecc.) → l’obiettivo di entrambe è quello di riequilibrare le immagini, rispondono alla legge della semplicità o della buona forma eliminando l’ambiguità e mirando alla semplicità • segmentazione, ci può essere isomorfismo in modi diversi, la configurazione può essere coerente con il proprio significato in modi diversi: ➢ Brancusi, Il bacio (1907), le due figure rappresentano un blocco unito, la forma unita prevale sulla segmentazione ➢ Rodin, Il bacio (1882), l’indipendenza indomabile delle due figure trasmette lo sforzo dell’unione • parti e particolari sono sempre in relazione con la struttura del tutto, non sono autosufficienti (es. le teste delle statue staccate sono spesso deludenti, da sole dicono troppo poco, sono poco rappresentative del corpo) → Picasso, Guernica, in una prima fase di elaborazione aveva reso i volti estremamente espressivi, mentre nella forma finale questi stessi volti hanno delle forme più purificate e lineari, serve a bilanciare al meglio le forze nella struttura complessiva Coerenza formale o principio della buona continuazione • fig. 59, sagoma approssimativa ricavata da un dipinto di Picasso → la gamba destra della donna appare come una forma continua, nonostante sia interrotta dall’accavallarsi della gamba sinistra • fig. 67, semplificazione della relazione tra le parti della Parabola dei ciechi di Pieter Bruegel il Vecchio (1568) → il dipinto viene letto da sinistra verso destra, le teste e i corpi formano una curva discendente, c’è la rappresentazione d stadi successivi di uno stesso processo (avanzare in modo incerto, allarmarsi, incespicare, cadere, ribaltarsi), sono figure diverse ma sono anche la stessa figura 50 3. Forma (Form) • configurazione visibile di un contenuto, è ciò che rappresenta e rende riconoscibile una configurazione • non tutte le configurazioni funzionano allo stesso modo → ad esempio una determinata inclinazione incide sulla loro forma e significato, es. un triangolo o un rettangolo, se inclinati, hanno maggiore ambiguità e instabilità, mentre un quadrato, se inclinato di 90°, viene percepito come meno instabile → anche Le Ballet mécanique di Léger è “inquietante”, il naso è così grande da sembrare una “prua” • ci sono anche delle immagini insufficienti/inadeguate per rappresentare chiaramente un contenuto → due cerchi concentrici = rappresentazione più semplice di un messicano visto da un altro, ma è poco funzionale perché non si riesce a distinguere tra un messicano, una macina del mulino, un disco, ecc., ha una configurazione (due cerchi concentrici) ma si fatica a farla diventare una forma (sombrero) • diversi punti di vista di una sedia: ➢ a = vista dall’alto della seduta ➢ b = vista di fronte ➢ c = vista di profilo ➢ d = vista da sotto della seduta → queste 4 posizioni possono essere rese in una sola figura? Kerschensteiner ci ha provato e ogni sua illustrazione “rinfresca” il modo di vedere una sedia • A., in relazione a questo, parla del “metodo egiziano”, riprendendo le parole di Ernst Mach, filosofo che sosteneva che era come se gli egizi avessero pressato delle figure su un piano come se facessero degli erbari, ciò ha fatto sì che le immagini dell’arte egizia fossero imperfette, ma ne ‘900 quest’idea non sta più in piedi, anzi A. sostiene che quella degli egizi è una soluzione ai problemi che si hanno nel momento di trasporre su una superficie bidimensionale un oggetto tridimensionale → la rappresentazione di un mondo tridimensionale bidimensionalmente tipica degli egizi è una scelte che aderiva a una determinata convenzione dell’epoca Lezione 13 – La prospettiva Fregio dalla tomba di Ankamahor, Saqqara (2200 a.C.) • le figure laterali sono rese secondo la convenzione egizia, con le spalle sempre entrambe frontali, mentre la statua è vista in modo prospetticamente esatto, di profilo → è chiaro dunque che si tratti di scelte rappresentative, non è incapacità o incompetenza ma una preferenza → il modo tipico egiziano di rappresentare le figure 51 bidimensionalmente era per loro isomorfico, ma non era l’unico possibile, né peggiore né migliore del metodo “fotografico” • le figure egizie possono apparire innaturali perché l’osservatore li giudica sulla base di un procedimento differente, ma quando ci si libera del pregiudizio si riesce a comprendere i vantaggi e i difetti di altri punti di vista e metodi rappresentativi Oskar Schlemmer, Tischgesellschaft (1923) • nel ‘900 questo diventa molto chiaro (gli avanguardisti e Cézanne iniziano ad andare in quella direzione…), A. parla di Oskar Schlemmer, artista del Bauhaus4 • lo spazio pittorico è formato da poche linee (2 diagonali, 2 orizzontali e 1 verticale), le forme somigliano a quelle del Triadische Ballet, molto geometriche ma tutte diverse tra loro • lo schema di sinistra indica schematicamente come sarebbe il disegno della tavolata se fosse replicato nel disegno infantile o dell’arte primitiva, quella di destra invece, forzatamente prospettiva, è lo schema del quadro così com’è → non sappiamo quale delle due versioni è più realistica, A. attraverso questo esempio vuole intendere come il mistero della rappresentazione prospettica consiste nel fatto che essa faccia sembrare le cose giuste rappresentandole in maniera sbagliata → è indubbio che la soluzione rappresentativamente più fedele per replicare un quadrato sia un quadrato e basta, abbandonando questa semplificazione nella rappresentazione delle cose l’arte europea per secoli ha scelto piuttosto altre scelte e convenzioni che però non rispettano la figura reale • sovrapposizioni: comportano delle acrobazie visive, ma intensificano la relazione formale tra figure o concentrano degli elementi in un unico punto della composizione → A. le collega al concetto di simmetria di rapporto, uguaglianza, v. Giudizio di Paride: [pwp] → A. ha in mente un’enorme varietà di possibilità per rappresentare in maniera isomorfica questo contenuto → quando si pensa a un Giudizio di Paride, un concorso secondo cui le tre dee abbiano la stessa possibilità di vittoria, dal pdv visivo dovranno essere situate simmetricamente rispetto al loro giudice: questa simmetria non è banale da ottenere 4 Scuola fondata da Gropius per unire insegnamento teorico e pratico, maestri della forma (= teorici, tra cui Klee, Kansinskij, Itten...), maestri artigiani (= esperti della pratica artistica). Venne osteggiato dai nazisti, prima costretto a chiudere a Weimar, riaprì a Nassau sotto la direzione di Mies van der Rohe. La sua influenza si diffuse anche negli Stati Uniti con la migrazione di alcuni maestri dopo l’avvento del nazismo. → Negli USA il Bauhaus ha una nuova vita (v. Das Triadische Ballet, forme geometriche). 52 ↓ A. distingue ciò che è percetto e ciò che è raffigurazione: vedere la sagoma della testa umana significa percepirne la rotondità, per rappresentarla però bisogna trovare una forma che dia una veste materiale a quel carattere visivo percepito il cerchio è legato alla dimensione motoria del bambino, il gomito viene usato come perno come se il suo braccio fosse un compasso, è la figura più semplice che può disegnare • cerchio primordiale: il cerchio è la forma più semplice, ha una simmetria uguale su tutti i lati, viene usato per rappresentare convenzionalmente una rappresentazione di cui non abbiamo una percezione determinata (es. atomi), è una buona Gestalt e per questo il bambino lo ricerca, lo utilizza per ricercare la “cosità” (qualsiasi oggetto, persona, forma…, qualcosa di compatto che occupa uno spazio all’interno di un altro spazio) → dal cerchio primordiale il bimbo inizia ad evolvere e a differenziarlo., attraverso: ➢ contenimento (far contenere a una forma circolare altre forme circolari) ➢ raggiatura (tutto ciò che va all’esterno della forma stessa) → il mondo in cui si percepisce e rappresenta il mondo va dal più semplice al più complesso Leggi della differenziazione 1) “ogni forma resta indifferenziata fin tanto che lo permette l’idea che il disegnatore (bambino) ha dell’oggetto a cui mira”, cioè finché una forma non differenziata basta a raffigurare ciò che il bimbo vuole 2) “finché una caratteristica visiva non è ancora differenziata, l’intera gamma delle sue potenzialità viene rappresentata” → quando iniziano a subentrare anche altre forme (es. linea retta o obliqua), la forma circolare torna a rappresentare ciò che è davvero circolare • A. insiste sulla difficoltà di conquistare la linea retta, difficilissima da rappresentare anche perché non esiste in natura, dai bambini viene usata per rappresentate elementi lunghi e dritti (collo, palo di un semaforo, stame di un fiore, ecc.) → n.b. il pattern orizzontale-verticale è stato essenziale nella riflessione sull’immagine compiuta nel secolo scorso, v. Mondrian, Gerard Richter, Sol LeWitt, v. Stefano Bartezzaghi, L’orizzontale verticale, griglia come emblema del modernismo • invece la conquista del dinamismo si ottiene con l’obliquità, con un arricchimento consapevole della convenzione rappresentativa (griglia orizzontale-verticale) → è 55 una deviazione dallo schema della griglia, per questo lo si percepisce come un movimento → è una conquista difficile e che non va forzata nei bambini, la differenziazione arriva solo a tempo debito, ma anche nel mondo degli adulti non è per nulla scontata, es. tavoli con angoli retti vs tavoli della foto, avrebbero creato un clima di lavoro più dinamico dovuto all’obliquità data dagli angoli ottusi, anche se spesso in realtà gli adulti rimangono attaccati agli angoli retti come i bambini → cluster / grappoli di forme oblique ormai parte della vita quotidiana → la convenzione antecedente può assumere un altro significo, avverso e contraddittorio Lezione 14 La grandezza degli oggetti • ne parla relativamente allo sviluppo del disegno infantile: le dimensioni degli oggetti rimangono uguali finché non si sente la necessità di cambiarle • perché si dà una misura diversa agli oggetti? → la gerarchia dà via via un’importanza a ciò che rappresentiamo, es. nell’arte egizia, faraone gigantesco e sudditi minuscoli → Esopo moralizzato, illustrazione de Il corvo e la volpe, A. sostiene che volpe e corvo, nella storia, hanno lo stesso peso, sono due interlocutori alla pari, non c’è un protagonista e un personaggio secondario, quindi in questa illustrazione, pur essendo della fine del ‘400 e avendo alle spalle la conoscenza della prospettiva e delle proporzioni dei due animali, sceglie di rappresentarli di uguale misura → città di Bologna portata in mano da San Petronio → le dimensioni mettono sullo stesso piano l’importanza di oggetti diversissimi tra loro Flatlandia • A. parla della difficoltà di rappresentare la terza dimensione, uno spazio volumetrico, fa riferimento a Flatlandia, un libro che parla di un paese piatto, scritto nel 1882 da un reverendo e pedagogo inglese, Edwin Abbott, che conduce il lettore in un viaggio fantastico, in cui la vita trascorre in maniera regolare ma su una superficie piana → il suo cicerone, nonché il narratore della storia, è un quadrato → gli abitanti sono delle figure geometriche, non tutte uguali però: ci sono delle gerarchie all’interno di questo mondo piatto, si distingue tra donne (sorte di spilli), soldati (triangoli spigolosi), classi umili di lavoratori (triangoli meno spigolosi), classe media, ecc.→ i figli hanno un lato in più del padre, quindi possono ambire a 56 moltiplicare via via i propri lati fino ad ambire alla posizione di sacerdoti (cerchi), tuttavia ciò non vale per i triangoli delle classi umili (critica sociale) → tutti siamo schiavi dei rispettivi pregiudizi dimensionali, anche il lettore parte da un pregiudizio, ma il libro arriva a ipotizzare l’esistenza di una quarta dimensione (molti anni prima della teoria della relatività) • nel paese di Flatlandia le case sono solo delle linee, un visitatore di Spaziolandia penserebbe invece che sono case aperte, senza il soffitto, perché la sua percezione lo condiziona • anche nel caso del disegno di un bambino è l’equivalente di una casa vera e propria, il bambino è perfettamente protetto, quella dei bambini è una convenzione/filosofia differente dell’immagine → una rappresentazione di questo tipo viene rivelata da A. in un artista che sapeva utilizzare la prospettiva, Albrecht Dürer, le cui facciate presentano lo stesso principio del disegno infantile, così come il principio del palcoscenico → i bambini pongono le figure in una bidimensione non banale, non retrograda, la loro è semplicemente una scelta diversa La rappresentazione tridimensionale • A. trova nella palla una forma primordiale come lo era il cerchio, anche in questo caso c’è la cosità, cita in questo caso la Venere di Willendorf (età paleolitica) → come per l’evoluzione grafica, anche su tre dimensioni il bimbo conquista pian piano la linea retta, modellando con materiali tipo pongo dei salsicciotti via via più sottili e lunghi, componendo delle statuette formate da delle sorte di bastoncini, che però hanno avuto origine da una palla di pongo → la differenziazione si ottiene con aggiunte all’elemento di partenza, finché il corpo non inizia sempre di più a rappresentarsi in maniera più squadrata (es. kouroi greci del VI sec. a.C.) • anche in questo caso si fatica ad arrivare a una buona combinazione tra le facce, es. Leone guardiano assiro, se viene visto di fronte si vede un leone con 2 zampe, mentre se lo si osserva di lato ha 4 zampe, quindi guardandolo di ¾ ne ha 5: ogni faccia doveva essere completa da sé, nel momento di passaggio verso l’interno doveva avere una forma completa • attraverso le varie fasi della storia dell’arte, si può riuscire a rinfrescare lo sguardo, dando dei suggerimenti per l’evoluzione della psicologia della percezione Kandel, Arte e neuroscienze 57 OPERA OGGETTO vivere / rivivere dentro l’osservatore in modo incarnato delle sensazioni ed emozioni come se fosse lui stesso a viverle, “liberata” perché nell’esperienza estetica ci si mantiene a una distanza di sicurezza da quanto viene percepito → l’osservatore è in una certa misura libero dall’incarnazione → si trovano delle consonanze con quello che è stato il pensiero dell’arte per secoli • la simulazione è sempre così liberata quando si percepisce qualcosa di artistico? → l’arte contemporanea gioca su un coinvolgimento diretto dell’osservatore ➢ Sissel Tolaas, The Fear of Smell (2006), “naso” professionista, ha “raccolto” gli odori di diverse persone in diversi momenti della giornata o della loro vita, quest’opera rappresenta l’incapsulamento all’interno del muro degli odori di persone che erano sottoposte a qualcosa che faceva loro paura → è un esempio di un’opera d’arte da odorare, non si prendono le distanze dall’odore (altrimenti non si vive l’esperienza) ➢ Sissel Tolaas, KWOPE_2021, ha anche realizzato delle saponette con degli odori da lei amati, in questo caso → non è detto che teorie alla moda riescano a coprire l’intera gamma dell’arte del periodo in cui nascono e ottengono successo Interdisciplinarietà • i neuroscienziati si rendono conto che ciò che loro studiano è la base neurale delle risposte all’arte, ma che queste basi non esauriscono l’argomento → è quasi impossibile trovare relazioni di causa-effetto tra queste cose (siamo empatici e dunque ci emozioniamo, oppure ci emozioniamo e diventiamo sempre più empatici?) → torna il problema dell’interdisciplinarietà di Barthes, bisogna creare un “oggetto” nuovo, un “tassello” nuovo, tuttavia le competenze neuroscientifiche rendono a volte difficile anche un linguaggio traducibile, più semplice → il rischio dell’interdisciplinarietà è avere molte più competenze in un settore rispetto ad un altro, è raro che ci siano degli studiosi che abbiano delle competenze bilanciate in due discipline, bisogna avere un team multidisciplinare che abbia un linguaggio comune, un nuovo logos, un nuovo pensiero → la fruizione dell’arte non avviene unicamente a livello mente, ha anche una ripercussione fisica → certi artisti utilizzano certi approcci in maniera intuitiva, senza sapere di diventare indagatori della mente → queste ricerche però non danno un’idea complessiva di cosa significhi fruire dell’arte 60 → problema della traduzione, bisogna essere competenti sia nella lingua di partenza, sia nella lingua di arrivo • Anjan Chatterjee, The aesthetic brain, opera in cui si riflette su diversi esempi aderendovi in maniera differente → parla di come siamo molto lontani da capire cosa muova davvero il cervello estetico, cosa ci sia davvero alla base (es. se guardiamo la Gioconda o un bel paesaggio si attivano i neurotrasmettitori del piacere, ma cosa distingua la Gioconda dal paesaggio non si è ancora capito) → la relazione con l’arte è molto complessa • rischio costante di una forte diluizione delle competenze di ciascun linguaggio: per trovate un linguaggio comune, bisogna sempre semplificarlo eccessivamente, spesso arrivando a banalizzarlo, rischiando l’ingenuità → succede anche a Kandel, che tiene i due binari di neuroscienze e arte separati Lezione 15 Eric R. Kandel, Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto • premio Nobel per gli studi sulla memoria per cui ha utilizzato la sua aplysia → aveva deciso di lavorare cosa succede nei neuroni dell’ippocampo delle scimmie, per capire come il cervello si trasforma rispetto al ricordo, ma il cervello delle scimmie è complesso, così tramite il riduzionismo ha studiato l’organo nervoso ha “solo” 20.000 neuroni, riuscendo così a studiare meglio il suo obiettivo, potendolo poi applicare in contesti più complessi • esiste uno specifico gene che porta alla crescita fisica numerica delle connessioni neurali: la memoria non avviene soltanto rinforzando le sinapsi, ma anche costruendo nuove sinapsi → il rimodellamento delle sinapsi dipende da molti aspetti, alcuni dei quali legati a geni specifici → il nostro cervello è un organo plastico, cambia anche in base a quanto si impara, ma ad ognuno accade in modo diverso perché ognuno vive esperienze differenti e il cervello di ognuno si modifica in base alle esperienze di ognuno • da piccoli si ha un modo di percepire la vita, la visività, le immagini, ecc. attraverso sistemi del nostro modo di vedere che sono bottom-up, innati, che vengono implementati in base a ciò che viviamo, esperiamo, diventando qualcosa che ha a che fare con dei processi top-down, che consentono di risolvere nella vita quotidiana l’ambiguità L’arte • Kandel è interessato all’arte astratta, la quale si avvale di processi top-down, basati sull’apprendimento, la memoria, tutto ciò che è in grado di sovvertire le regole innate 61 della percezione → l’arte astratta stimola l’immaginazione e costringe a una percezione più creativa, bisogna metterla a confronto con altre esperienze della vita o altre esperienze a noi note → l’arte astratta potenzia le capacità dell’immagine di richiamare delle associazioni con altre immagini nella mente di chi guarda • esempi: Pollock, De Kooning, Rothko, Flavin, Mondrian, Turrell, + Katz, Close (opere che sembrano figurative, in realtà sono un ritorno al figurativo dopo uno sforzo compiuto a partire dall’astrazione) → ciascuno di loro sfrutta il potere dell’astrazione e del riduzionismo per suscitare una reazione emotiva in chi guarda • i nostri occhi, in funzione di modelli di percezione top-down, cercano elementi che hanno a che fare con la nostra memoria, con il nostro ricordo • ogni processo interpretativo implica un processo creativo e viceversa, es. nel metodo egiziano è un’intera rappresentazione del mondo che viene resa attraverso una particolare concezione/convenzione pittorica • tra le due parti del libro, Kandel parla del problema di far parlare tra loro le due culture • nel testo manca però l’esempio di Malevic, colui che ha raggiunto il massimo del riduzionismo possibile, anche il minimalismo in sé non compare (Judd, LeWitt) → Kandel si è avvicinato all’arte con le competenze di un neuroscienziato → Kandel vuole creare non un confronto (≠ titolo it.), bensì una terza cultura che vada al di là di quella scientifica ed umanistica • l’acquisizione delle conoscenze avviene attraverso un processo di conflitto e di riparazione: per ogni disciplina madre c’è un nucleo, con una portata più vasta e contenuti più profondi, ma ci sono anche anti-discipline che ne sfidano i metodi e le rivendicazioni → rapporti in evoluzione, arte e storia dell’arte sono le discipline madri e le neuroscienze sono le anti-discipline Michele Lazinger • Michele Lazinger, antropologo e geologo di formazione, direttore del MuSe di Trento, rispetto al superamento della frazione tra le due discipline sostiene che si abbia a che fare con dei mondi disciplinari che dialogano poco, quasi si ignorano, e quando cercano di dialogare fanno molta fatica → le neuroscienze riusciranno a chiarire la natura dell’apprendimento e della memoria, ma queste ricerche non porteranno a una soluzione per il ricongiungimento delle due culture, le quali sono divise da più punti di vista, soprattutto dal punto di vista sociale (mancanza di dialogo per l’eccessiva specializzazione nel proprio ambito), parlare di 3^ cultura da per scontato che ce ne siano 2 differenziate tra loro 62
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