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Postimpressionismo: una svolta nella pittura, Schemi e mappe concettuali di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Il postimpressionismo, un movimento artistico che segue l'impressionismo e si distingue per l'esaltazione dell'emotività e la ricerca di una oggettività razionale e scientifica. Vengono presentati i principali artisti del movimento, come vincent van gogh, paul cézanne e paul gauguin, e le loro opere più significative. Il documento illustra come i pittori del postimpressionismo abbiano rifiutato la visione puramente ottica in favore di una concezione mentale della rappresentazione, e come abbiano cercato di creare una simbiosi tra arte e scienza ottica. Vengono inoltre analizzate le tecniche pittoriche utilizzate dai pittori del postimpressionismo, come il puntinismo e la pennellata allungata e scissa.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 27/02/2024

marta-alberichi
marta-alberichi 🇮🇹

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Scarica Postimpressionismo: una svolta nella pittura e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! Il Postimpressionismo Il 1886 fu un anno di svolta, poiché segnò la fine dell'Impressionismo con la sua ottava e ultima mostra al Saloni → tra gli artisti più giovani si cominciava a percepire un'esigenza di superamento, non si accontentarono di cogliere la natura 'en plein air' ● l'esaltazione dell'emotività e la ricerca personale e la ricerca, al contrario, di una oggettività razionale e scientifica Dai primi, con il carisma di Vincent van Gogh e Gauguin, emerse una concezione dell'opera come mezzo per esprimere una realtà interna Dai secondi, capeggiati da Cézanne e Seurat, nacque la convinzione che il quadro fosse la descrizione di una realtà estera, autonomo dalla persona che lo dipinge L'ultima mostra impressionista segnò anche l'avvio di una fase di consapevole itineranza degli artisti, che rinunciano alla capitale dell'arte, Parigi, per trovare nuova linfa vitale e artistica altrove ● rifiuto di una visione puramente ottica in favore di una concezione mentale della rappresentazione. ● la visione è superficiale Un aspetto saliente dell'Impressionismo era la pennellata: netta, rapida, irregolare, sempre vivacemente colorata. I giovani sentivano il bisogno di andare oltre, restringendo la stessa pennellata, diminuendone l'aspetto gestuale e ponendo una regola alla sua base. Seurat, Signac e il teorico Félix Fénéon fondarono le loro opere sulla grammatica della visione obiettiva; rifiutarono l'emozione soggettiva come fonte dell'opera e postulano una simbiosi tra arte e scienza ottica. Secondo tali studi il colore veniva suddiviso nelle sue componenti primarie e posto accanto al suo complementare in miriadi di pennellate a puntini. Il luogo dove si mescolava il colore non era più la tavolozza, ma gli occhi dell'osservatore che componevano la visione. Seurat applicava la teoria della mescolanza ottica secondo la quale piccole pennellate separate di colore puro producono effetti più intensi e vibranti rispetto alla realizzazione di tinte intermedie a priori, miscelando i colori. La ricerca pittorica prevale sulla scelta dei soggetti che perdevano importanza, erano occasionali, niente affatto en plein air. ● approfondimento ulteriore sul comportamento dei colori sulla ● l'occhio mescola il colore ● stessi temi dell'impressionismo → superamento emozioni ● procedimenti di elaborazione lunghi George Seurat la luce era concepita come un'entità da analizzare e scindere sulla tela. Si avvertiva l'urgenza di un approccio più obiettivo e scientifico e di un ritorno all'atelier, per concentrarsi su un lungo lavoro preparatorio dell'opera e sulla ricomposizione attenta degli studi eseguiti dal vero. Già due anni prima dell'ultima mostra impressionismo Seurat aveva dipinto il grande quadro. La baignade, detto anche Bagnanti ad Asnières, eseguito quasi completamente in studio. L'Impressionismo, volto a descrivere le superfici delle cose in maniera rapida, intuitiva e soggettiva, era finito. Nutrito degli studi di ottica di Chevreul, Maxwell e Rood, l'artista preferiva definirsi cromolux-minista, cosi da accentuare l'atteggiamento di registrazione analitica dei colori in relazione alla luce. Questa definizione era però troppo complicata per divenire popolare; si diffuse, cosi, il termine Pointillisme (Puntinismo), per esprimere il metodo con cui l'artista copriva la tela con piccoli puntini di colore che trascrivevano la scomposizione fisica della luce e la sua ricomposizione nella retina dell'osservatore. ● simbiosi tra arte e scienza ottica ● colori brillanti ● non c'è sottrazione di luce ● puntino > pennellata ● l'immagine è congelata (immobile-statico) Una domenica pomeriggio all'isola Grande Jatte - Seurat (1884) Inizialmente cominciò a lavorare sul quadro nel 1884, finendolo l'anno successivo. Successivamente, tuttavia, l'artista ritornò sui suoi passi e coprì lo strato originario dei colori con una trama minuta, fatta di piccole pennellate e di puntini, tecnica che nel frattempo aveva perfezionato. Il quadro è di dimensioni eccezionali rispetto a quelle utilizzate dagli Impressionisti, rifacendosi volutamente alle grandi tele della tradizione classica francese. Anche riguardo al contenuto sembra riallacciarsi ai temi dell'Arcadia il soggetto è il passeggio domenicale all'isola della Senna chiamata Grande Jatte; tuttavia il modo in cui sono disposte le circa quaranta figure non ha nulla della spontaneità delle omologhe scene dipinte da Monet o Renoir. Le figure sono collocate a coppie, in gruppi di tre, da sole, prevalentemente disposte di spalle o di profilo, sedute ad angolo retto, distese orizzontalmente o rigorosamente verticali come colonne; anche le oblique sono tra loro in relazione geometrica ortogonale. Più che persone reali, appaiono manichini inseriti in uno scenario teatrale, in una disposizione sacrale che ricorda le figure ieratiche egiziane. Questa sacralità, però, è contraddetta da una vena ironica che allude a una società eccessivamente formale: tutti sono imprigionati in abiti rigidi, dissonanti in una scena sul tempo libero. Proprio la mancanza di scorci prospettici arditi allontana il dipinto dall'inquadratura composizione fu meticolosamente pensata e realizzata in studio, contrariamente all'uso impressionista di dipingere all'aria aperta. Ciò nonostante, una ricca raccolta di disegni, schizzi e tavole a olio testimonia che ogni parte del dipinto e i singoli gruppi furono studiati con sopralluoghi dal vero. Per esempio sono numerosissimi gli studi riservati alla scimmietta, eseguiti osservandone un esemplare allo zoo. Il fatto che l'artista abbia assemblato le singole parti solamente nella composizione finale spiega le anomalie di prospettiva che nell'insieme conferiscono all'opera un aspetto neoprimitivo che può ricordare Giotto, Nella composizione Seurat si è particolarmente preoccupato di curare l'armonia geometrica tra le linee verticali (alberi, persone in piedi), le linee oblique (ombre) e le curve create soprattutto dal curioso gioco degli ombrelli e dei cappellini. Le figure sembrano uscire dalle immagini dei libri per bambini o dalle pubblicità dei busti femminili. A ribadire quanta parte abbia una costruzione geometrica astratta nella composizione del quadro, il suo centro è occupato dalle uniche due figure in posizione frontale che procedono verso lo spettatore. Lo sguardo della bambina è appunto l'unico di tutto il quadro che sia rivolto a chi guarda l'opera, come una sorta di mediazione tra il mondo possibile del quadro e il mondo reale. sedute. Corpi come sagome piatte incollate l'una all'altra eppure solidi, come se Gauguin avesse combinate insieme pittura e scultura. La curva elegante del melo segna il confine dell'aldilà, dove si svolge la scena della lotta di Giacobbe con l'Angelo, la visione delle contadine in preghiera con gli occhi chiusi, dopo l'ascolto del sermone sul passo della Genesi. Il rosso acceso, acuto, trasferisce la scena dalla notte del racconto biblico in un'atmosfera irreale: ● immaginazione e realtà (fantasia) sullo stesso piano ● utilizzo del colore (arbitrario) ● niente volume ne prospettiva (piattezza) ● occhi chiusi quello che vediamo è ciò che stanno immaginando Gli Impressionisti avevano fornito risposte immediate con la trasmissione diretta della visione dall'occhio al pennello, tipica della pittura en plein air, una catena che appariva ora troppo fugace e meccanica. "Un consiglio:" - scriveva Gauguin nell'agosto 1888 a Schuffenecker - "non doppiate troppo dalla natura, L'arte è astrazione: spremere dalla natura sognando di fronte a essa, e preoccupatevi più della creazione che del risultato" Da dove veniamo? Cosa siamo?Dove andiamo?- Gauguin (1897) Il dipinto appare come il 'quadro dei quadri, dove l'autore raccoglie tutti gli spunti della sua pittura in Oceania - insieme alla lentezza dell'esecuzione, producono il senso di un montaggio delle figure, una giustapposizione invece che una fusione dei corpi all'interno della scena, come in un collage. Gauguin si interroga - il punto interrogativo è contenuto nello stesso titolo - sulle radici dell'esistenza umana e lo fa con un quadro che ha dimensioni e qualità di un dipinto murale. Un affresco sul ciclo della vita? dalla morte alla nascita e ancora dalla nascita alla morte, in una circolarità che pare allo stesso tempo incantata (la scena è ambientata in un paradiso immaginario' secondo la definizione dell'artista) e vana, perché l'autore dichiara futile ogni tentativo di spiegazione. Ciascuno sembra avere un atteggiamento meditativo, di riflessione individuale o comune, sia in quello sinistro, che termina nell' espressione di dolorosa consapevolezza della vecchia. Consapevolezza che non tocca la natura incontaminata, né gli animali, quieti o giocosi. L'ordine di lettura impresso dal titolo (Da dove veniamo?) implica una lettura inusuale da sinistra a destrale termina quindi con la nascita, suggerendo, come scrive Maria Grazia Messina, "che la risposta alla domanda sull'esistenza sta nel suo riavvolgersi, nel ciclico rigenerarsi e riproporsi in forme differenziate". A sinistra e a destra, nei bordi superiori del dipinto, compaiono due lembi dorati, come se la scena fosse scoperta da un grande sipario che si apre "su una tela di sacco piena di nodi e grinze, di modo che ha un aspetto terribilmente rozzo", un supporto aspro, rudimentale a raccontare un Eden selvaggio in cui l'uomo sembra condannato a vivere piuttosto che a venime cacciato: I toni sono freddi, quasi notturni, tra azzurri e verdi, su cui risaltano i corpi nudi a rischiarare la trama dell'intera composizione. ● sacrale, rituale e misteriosa ● filosofia ● si legge da destra a sinistra ● perplessità ● sembra un affresco (angoli gialle) ● la vita va vissuta non spiegata→ donne in porpora (elementi negativi, isolate) Vincent Van Gogh Vincent van Gogh (1853-1890) ha esercitato nel Novecento un'influenza tanto forte e duratura: le sue opere, che emanano luce, forza vitale, ma anche disperazione. Sofferente per una malattia mentale e continuamente alla ricerca di pace, dopo una breve parentesi lavorativa presso la galleria d'arte parigina Goupil, decise di intraprendere la medesima via di suo padre, pastore protestante e, allo stesso tempo, sentiva crescere il desiderio di dipingere: aveva ventisette anni. La sua carriera religiosa non andò a buon fine, per gli eccessi di zelo che lo spinsero a condividere fino in fondo la vita dei minatori del Borinage, in Belgio, ad ispirarlo furono gli artisti fiamminghi in questo periodo appartengono diverse versioni di Seminatore tratte dall'opera omonima di Millet, che testimoniano l'influenza formale e spirituale del maestro della pittura francese, a cui Van Gogh si accosta per l'austera celebrazione del patrimonio morale della vita contadina. L'atto del seminatore è, in Millet prima e in Van Gogh poi, un gesto solenne e allo stesso tempo fecondo che ricorda l'eterno ciclo del lavoro dei campi, la complementarietà tra uomo e natura in un mondo dove anche la fatica più dura è compresa come atto di sacra ritualità. Questa prima fase, in cui si cimenta con nature morte, paesaggi e ritratti di umili lavoratori e braccianti, ha il suo punto d'approdo nel dipinto / mangiatori di patate. I mangiatori di patate - Van Gogh (1885) Una famiglia di contadini/ cinque in tutto, in una stanza cupa e spoglia è intenta a consumare il pasto serale: patate fumanti e un liquido scuro che cade denso in tazze bianche, allineate sul tavolo. Più che la famiglia attorno al tavolo, protagonista dell'intera scena è la sua deformazione, sottolineata da colpi di luce impietosa che evidenzia occhi sgranati, bocche 'ambiente ci appare malfermo e traballante, nella prospettiva sconnessa del pavimento e del letto che si dilata in modo incongruo verso l'osservatore, nei quadri aggettanti dalle pareti, nei mobili disposti in diagonale, nella finestra mal chiusa, quasi come se ogni oggetto fosse dotato di vita propria. L'artista torna ad usare il consueto contrasto tra i complementari azzurro-giallo, i colori che ammirava in Vermeer, che rendono più intensa la visione, unita a una stesura cromatica densa, carica di colore. Negli stessi mesi l'artista esegue altri ritratti per 'sottrazione': La sedia di Vincent e La sedia di Gauguin, che divengono, vuote, protagoniste dei dipinti. Due oggetti inanimati che pure occupano l'intero centro del quadro e assumono un valore emblematico, rappresentativo del carattere dei loro invisibili ritrattati. L'autore - che si rappresenta tramite pipa e tabacco lasciati sull'impagliata - sceglie per sé il giallo, il colore del sole. sedia robusta, contadina ● sedia articolata, elegante ● oggetti reali e rappresentativi ● concretezza vita ● van gogh→ giomo (luce) ● gauguin → notte (buio) La notte stellata - Van Gogh (1889) vortici terrorizzanti del cielo notturno raccontano lo stato di disagio, ma anche la sua ultima concezione della natura, colta in un afflato quasi mistico, che lo coinvolge interamente. Nella notte inquieta di Van Gogh emerge uno scontro tra i complementari blu e giallo, condotto a pennellate energiche, sinuose, spezzate, concentriche, diagonali, a tratti a onde:/il paesaggio è lo specchio delle sue emozioni potenti, ma è anche campo di sperimentazione tecnica ● L'albero sembra una fiamma → energia, calore ● orogenesi della notte ● sprigionamento energie La chiesa di Auvers-sur-Oise veduta dell'abside - Van Gogh (1890) La chiesa di Auvers, dipinta come una gemma sfaccettata, incastonata in un paesaggio mobile, vibrante. La pittura è fatta di onde, tratti, punti, i due sentieri in primo piano dividono la composizione e sembrano voler accertare e comprimere la chiesa stessa. Le forme sono instabili e vacillano sotto il nostro sguardo. Campo di grano con corvi - Van Gogh (1890) I sentieri diventano tre nel folto dei campi di grano, su cui volano corvi neri, del dipinto Campo di grano con corvi, eseguito a luglio. Le lettere dell'artista commentano il suo stato psichico e insieme la sua pittura: a proposito dei suoi ultimi paesaggi riferì al fratello di "immense distese di grano sotto cieli nuvolosi" dichiarando: "non mi sento assolutamente imbarazzato nel tentare di esprimere tristezza, e un'estrema solitudine: [...] Che farci, vedete di solito cerco di essere di grosse, profili rozzi e irregolari, dita ossute e dinoccolate. Se il contrasto luminoso ricorda l'interesse per Rembrandt, emerge dal dipinto un modo nuovo di raccontare la vita rurale che carica i personaggi di espressioni grottesche, quasi caricaturali, a esprimere la durezza della sembrasi emersi dal dicie, quasi canova di accorciare la via rurale cha fatica quotidiana: "Ho cercato di dare un'idea di come questa gente che mangia patate al lume della lampada abbia zappato la terra con le stesse mani che ora protende nel piatto; questo mio dipinto evoca il lavoro manuale e prova a ricordare come questi contadini si siano onestamente guadagnati quel che mangiano → quadri del genere possono insegnare loro qualcosa. ● colori scuri (gamma delle terre) → sentire la materia ● magri, brutti, sciupati, stanchi, deformati dal lavoro La svolta parigina: marzo 1886 - febbraio 1888 La svolta avvenne nel 1886, quando raggiunse Theo a Parigi; qui ebbe modo di conoscere Toulouse-Lautrec ed Émile Bernard presso l'atelier del pittore Fernand Cormon ed entrò in contatto con il gruppo impressionista, con Seurat e Gauguin. L'iniezione di energia si rivelò più che fruttuosa, spingendolo ad abbandonare i colori scuri e i temi sociali. Nacque allora la sua tipica tavolozza chiara, accesa dai contrasti tra i colori complementari, modulata sulla luce del mattino e ispirata a un divisionismo non scientifico; nacque anche la pennellata allungata e scissa che segue il verso della cosa dipinta: il punto cruciale nella pittura di Van Gogh è l'incontro tra la sfera emotiva e la realtà, che prendono forma entrambe nell'opera mediante una tecnica simile alla scrittura automatica. ● anni del puntinismo La prospettiva viene rinnovata anche sulla base delle stesure piatte caratteristiche delle stampe giapponesi che Van Gogh raccoglieva con passione. Da queste, e in particolare da riproduzioni di Hokusai, l'artista apprese anche la tecnica grafica del disegno a punto e tratto (vedi pag. 18, Giapponismo, una mania collettiva). A Parigi, fin dal 1886, si appassionò al tema dei girasoli. atleti da cui discende, ma è fragile, incerto, persino goffo, espressione di una sensibilità moderna e di una visione introspettiva. Per la natura avviene come per la figura: ciascun soggetto, una mela, le cipolle, una pesca è prima di tutto pura forma colorata, disposta con precisione quasi maniacale nella composizione di cui diventa tassello indispensabile. Una forma sintetica, depurata da ogni tratto descrittivo e naturale e trasformata in area di colore quasi astratto. ● procedimenti lentissimi ● riferimenti agli enti geometrici I giocatori di carte - Cézanne (1890-1895) Il dipinto è una delle cinque versioni di un soggetto a lungo studiato da Cézanne, che vi si dedicò dal 1890, prendendo come modelli i contadini di Aix-en-Provence. L'interesse non è rivolto al mondo rurale o ad altri aspetti sociali e simbolici, bensì|alla logica del gioco che si riverbera nel rigore della rappresentazione pittorica. Questa versione si concentra sulla lotta cerebrale di una partita a due e, dunque, su tutto ciò che è in grado di rispecchiare un andamento binario. Uno schema geometrizzato, conferisce ai due personaggi una dignità classica: non c'è folklore dell'aneddoto, ma soltanto tensione vitale e un senso di cupa riflessione esistenziale. Lo spazio è costruito su una griglia di orizzontali (piani del tavolo e linee della finestra) e verticali (gambe del tavolo, bottiglia, sedia del giocatore di sinistra, pieghe della tovaglia a sinistra). In questo schema si inseriscono le diagonali incrociate, costituite dal corto tratto bianco della pipa a sinistra, dalla caduta della tovaglia a destra, dalla lieve inclinazione delle braccia dei giocatori. L'immagine appare lievemente fuori centro, dal momento che sia il tavolo sia il riflesso sulla bottiglia, che ha la funzione di asse ideale per suddividere gli spazi d'azione dei due individui, risultano spostati verso destra. La finestra in alto a sinistra funge da contrappeso visivo a questo sbilanciamento. Cézanne ottiene così il massimo grado di centralità che risulta credibile in una scena di vita vissuta. Nonostante questa attenzione al realismo, molti aspetti dell'opera parlano di simmetria e specularità costruite in maniera astratta Il giocatore di sinistra - per il quale sembra abbia posato 'père Alexandre, giardiniere della tenuta di campagna dell'artista al Jas de Bouffan - appare connotato da cilindri rigidi (il cappello, la pipa, la forma del torso, l'avambraccio), mentre quello di destra - Paulin Paulet, un contadino da piramidi flosce (il cappello, la giacca che si allarga verso il basso, l'evidente posizione a triangolo delle braccia, la forma del viso). Il primo ha giacca bluastra e pantaloni gialli. All'opposto, il secondo ha giacca gialla e pantaloni bluastri. L'unico altro colore presente sulla tela è un bruno che si accende fino all'ocra, con cui Cézanne disegna il tavolo, la tovaglia, l'infisso della finestra e i due volti. Tutto il dipinto, in realtà, appare costituito da variazioni su abbassamenti di tono dei tre colori fondamentali: blu, giallo e rosso. Le pennellate si compongono a tasselli, talvolta si presentano solitarie e sintetiche, come la luce che evidenzia la bottiglia e il semplice tratto bruno che descrive l'occhio infossato del giocatore di destra. In questo modo, tutti gli aspetti del quadro convergono a descrivere una relazione tra uomini che è al tempo stesso di opposizione e di scambio, Non viene dunque solo resa una 'impressione', ma anche una descrizione del senso interno all'azione, come ne fosse la sintesi destinata a permanere nella mente, quasi calcificata e sotto forma di ricordo. Grandi Bagnanti - Cézanne (1894-1906) La sintesi più imponente tra natura e figura umana compare nella serie delle Grandi bagnanti, che idealmente si collocavano nel solco di una lunga tradizione pittorica attorno al medesimo tema. Vi compaiono quattordici figure divise in due gruppi, che identificano due triangoli davanti a tronchi di alberi curvati in una sorta di volta gotica. Il pittore attua una forte riduzione cromatica: ocra, azzurro e verde sono i soli colori utilizzati. I corpi nudi delle donne al bagno perdono qualsiasi connotazione erotica o arcadica: si presentano, infatti, come natura nella natura, confratelli rispetto ad alberi e fogliame e partecipi dunque di un equilibrio unitario. Allo stesso tempo ciascun corpo diventa forma pura, struttura architettonica tassello di un mosaico calcolato, in cui ogni elemento ha un ruolo preciso e insostituibile, frutto di corrispondenze e relazioni interne alla struttura della composizione. L'ambizione principale di Cézanne era quella di dare alla pittura un ruolo autonomo rispetto al mondo reale, di liberarla dall'esigenza di "rappresentare" le cose, per conferire la libertà di "presentare il pensiero visivo", seguendo esclusivamente leggi proprie. Questa indipendenza dell'arte, questa perdita di importanza del soggetto in favore del metodo, questo voler ricalcare non le regole della visione, ma piuttosto quelle intere alla mente, è un principio che sarebbe stato alla base di tutta la pittura moderna. ● struttura piramidale ● unione tra ciò che vede e ciò che pensa ● arte autonoma (arte x l'arte) ● aspetto sintetico ● pittura mentale Montagna Sainte-Victoire - Cézanne (1892-1906) La Montagna Sainte-Victoire, vera ossessione di Cézanne, fu una musa ispiratrice attorno alla quale si esercitò la sua tensione espressiva: la dipinse ogni volta da una prospettiva lievemente diversa, con soluzioni tecniche differenti, alla ricerca della massima sintesi attraverso cui rendere tanto la percezione soggettiva quanto l'essenza oggettiva. Nel dipinto del 1892-1895 conservato alla Fondazione Barnes, la montagna domina con il suo profilo la pianura a est della città di Aix-en-Provence. Le case sono dei volumi senza finestre, gli archi dell'acquedotto definiscono una linea orizzontale che divide il dipinto in due metà. Negli altri, eseguiti dieci anni dopo, i contorni appaiono più sfumati e le macchie di colore accennano solo sommariamente agli oggetti reali: la superficie è quasi astratta, resa attraverso una griglia geometrica che scompone la natura in tanti piccoli cubi. Ciascuna pennellata, controllata e inserita meticolosamente, costruisce un paesaggio solido, ormai distante dal modello naturale. L'intento di Cézanne non era rappresentare realisticamente la natura, ma creare una visione autonoma, come spiega l'artista stesso: "l'arte è armonia parallela alla natura, l'artista ha il compito di realizzare una sintesi tra ciò che è la reale esistenza delle cose e la sua personale percezione" Dato il cupo senso della morte che accompagnò Cézanne tutta la vita, associato alla difficoltà nelle relazioni interpersonali e affettive, nelle vedute della Montagna Sainte-Victoire eseguite negli ultimi anni della sua carriera si è talvolta osservato un segno del suo anelito alla solitudine e della sua tardiva conversione religiosa. ● la visione si scompone ● non è la rappresentazione della realtà ● visione strutturale ● visione autonoma ● calibratura tra colori e forme Il Simbolismo Il Simbolismo fu un movimento con molteplici e diverse sfaccettature e coinvolse non solo le arti visive, ma anche la letteratura (a partire dalle influenze di Baudelaire) e la musica (elaborando le suggestioni di Wagner) degli ultimi due decenni del XIX secolo. Più che un movimento artistico stilisticamente unitario, il Simbolismo si propose come un sistema gnoseologico, cioè di analisi della conoscenza, ed etico, oltre che estetico, dai forti legami con le correnti filosofiche del secondo Ottocento, da Schopenhauer a Nietzsche e Bergson. Quest'ultimo, in particolare, attribuiva un ruolo cardine nel processo di conoscenza all'intuizione, cioè alla comprensione istantanea delle cose al di là della mediazione della logica. Alla radice vi era la crisi della fiducia nei metodi conoscitivi empirici e razionali. Temi prescelti furono, dunque, il sogno, il mistero, la visione, l'erotismo, teorie esoteriche e teosofiche. Il Simbolismo si propose come una forte reazione a quella poetica realista e naturalista che aveva lungamente dominato la cultura francese ed europea. Se Gustave Courbet, il grande realista, diceva di non poter dipingere gli angeli poiché non L'aveva mai visti, Gustave Moreau esclama invece: "Credo solo a ciò che non vedo e unicamente a ciò che sento". In queste poche citazioni si riassume il conflitto fra Realismo e Simbolismo. In Francia vi erano stati grandi precursori come Gustave Moreau (1826-1898) e Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898), mentre la generazione più giovane era rappresentata da artisti come Odilon Redon (1840-1916). Gustave Moreau Gustave Moreau scava nel mito, nelle storie bibliche, nelle leggende medievali per evocare visioni incantate e inquietanti, i mondi sono sospesi o sotterranei, diffusi di dolente mistero, 1 significati sono riposti, molteplici, allusivi a dimensioni oniriche o totalmente immaginative. Orfeo, il mitico cantore greco, incantava con la sua voce soave perfino le belve feroci: nel quadro di Moreau la voce è spezzata per sempre, il corpo smembrato dalla furia delle Menadi emerge con il solo volto adagiato sulla lira, suo strumento prediletto ora luogo di eterno riposo. Una vestale, in tessuti preziosi, regge e contempla il tragico carico (Orfeo, 1865). Donna fatale, sensuale e crudele, la Salomè de L'Apparizione di Moreau incarna torbide suggestioni, a confronto con una visione che ne concretizza gli incubi e allo stesso tempo i desideri. Le fonti formali a cui attinge l'artista sono disparate per provenienza, tipologia ed epoca: xilografie giapponesi, ma anche la testa di Medusa nel bronzo del Perseo di Benvenuto Cellini per la testa del Battista decapitato su richiesta di Salomè. Nei due dipinti (Orfeo, L'Apparizione) compaiono gli aspetti peculiari del linguaggio di Moreau: gusto orientalista, ambientazioni complesse e dettagli preziosi, lumeggiature, ritocchi a oro, elaborazione delle superfici pittoriche con raschiature e incisioni. Protagonista del clima simbolista francese, alla sua scuola si formarono allievi esemplari, tra cui Matisse e Rouault. ● mistero → oriente ● particolari ● colori raffinati Ragazze in riva al mare -de Chavannes
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