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Guide e consigli
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Appunti di radiologia, Dispense di Radiologia

Appunti di radiologia con neuroradio

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 22/02/2024

eva-gamberini-norelli
eva-gamberini-norelli 🇮🇹

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Scarica Appunti di radiologia e più Dispense in PDF di Radiologia solo su Docsity! Diagnos ca per immagini e radioterapia Medicina nucleare La medicina nucleare è quella disciplina che produce immagini per fare diagnosi di malattia e caratterizzazione di patologia. Differenza con la radiologia - Il tipo di radiazione ionizzante: o Raggi x  derivano dall’orbita o Nucleare  derivano dal nucleo - La sorgente di radiazione è il paziente stesso: viene somministrato un radiofarmaco che viene poi emesso dal paziente e captato con un macchinario - Fornisce informazioni di tipo funzionale La medicina nucleare non è solo quella utilizzata a scopo diagnostico (per cui si parla di medicina nucleare convenzionale), ma si occupa anche della parte terapeutica, con l’uso di radiofarmaci e la parte dedicata alla ricerca. La medicina nucleare è una disciplina che, sfruttando le proprietà degli isotopi radioattivi, viene utilizzata nel campo della - Diagnostica: si divide in o Medicina nucleare convenzionale  Scintigrafia  SPECT o Tomografia a emissione di positroni PET - Terapia: la radio immunoterapia - Ricerca Isotopi Sono atomi appartenenti allo stesso elemento chimico che, pur mantenendo invariato il numero atomico Z (numero di protoni), differiscono per il numero di massa A (protoni + neutroni). Gli isotopi si possono differenziare in - Isotopi stabili. Non sono radioattivi - Isotopi instabili. Sono radioattivi, motivo per cui sono chiamati anche radioisotopi. Questo tipo di isotopo cerca di raggiungere la propria stabilità emettendo delle radiazioni, che verranno captate da dei macchinari. Questa liberazione di energia, prodotta dall’isotopo per ottenere la sua stabilità, sotto forma di particelle α, β e/o γ Le radiazioni γ vengono usate nella diagnostica e si propagano sottoforma di onde elettromagnetiche con elevata penetranza. Queste radiazioni vengono usate a dosaggi molto bassi (as low as reasonable possible) Le radiazioni α e β sono poco penetranti e rimangono localizzate in sede di somministrazione, motivo per cui vengono usate in terapia. Per creare degli isotopi radioattivi si va a destabilizzare un nucleo stabile tramite dei macchinari, come il ciclotrone (per la PET) o un generatore (per la scintigrafia). Il ciclotrone produce isotopi radioattivi attraverso un acceleratore delle particelle. Dalle immagini che si ottengono possiamo ottenere informazioni qualitative di tipo visivo, con conferma della presenza o meno della lesione, oppure di informazioni semi quantitative in cui si va a quantificare la captazione del radiofarmaco a livello del tessuto in esame attraverso il SUV, o valore di uptake standardizzato. Questo valore è dato dal rapporto dell'attività misurata dalla lesione normalizzata per la dose e per il peso del paziente ed è importante nel follow up. 𝑆𝑈𝑉 = 𝐴𝑡𝑡𝑖𝑣𝑖𝑡à 𝑡𝑖𝑠𝑠𝑢𝑡𝑎𝑙𝑒 𝐷𝑜𝑠𝑒 𝑃𝑒𝑠𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑝𝑜𝑟𝑒𝑜⁄ A questo valore è correlato anche l'aggressività del tumore. Il radiofarmaco È un tracciante marcato con isotopo, che si distribuirà in determinate zone del corpo, emettendo radiazioni γ. Il tracciante è una sostanza che segue un determinato processo fisiologico o biochimico. In radiofarmaco è legato a un isotopo che emette dei positroni. L’incontro tra i positroni e l'elettrone fa sì che avvenga il fenomeno chiamato dell’annichilazione. Si forma quindi energia pura che si manifesta come la formazione di due radiazioni γ una opposta all'altra, esattamente di 511 KeV di energia. Un radiofarmaco viene considerato ideale quando - Non altera la via metabolica, ma questo dipende anche dalla quantità del tracciante somministrato. Si parla di dosi traccianti, cioè il radiofarmaco viene somministrato in una dose così piccola da non alterare il processo studiato. Esiste anche il concetto di radioprotezione, in cui la quantità di radiazioni che vanno attaccate al tracciante deve essere sufficientemente alta per essere vista dalle macchine, ma sufficientemente bassa per non dare danni all'organismo. - Ha le stesse proprietà farmacocinetiche farmacodinamiche della molecola da studiare. Il radioisotopo può essere somministrato al paziente così come è oppure essere coniugato a delle molecole carrier. Il radiofarmaco viene somministrato in funzione della caratteristica che si vuole analizzare. Viene emesso dal corpo e captato da macchinari che produrranno immagini sulla base della distribuzione del radiofarmaco nel corpo del paziente. Le vie di somministrazione sono scelte in base alla sede che bisogna studiare - Endovenosa. È la più frequente. - Inalatoria. Per studiare la ventilazione polmonare. - Per os. Per studiare il sistema gastroenterico. - Sottocutanea intradermica. Per studiare il sistema linfatico. Si può studiare l'aumentato metabolismo glucidico del tumore grazie al fluorodesossiglucosio FDG. Oppure si può studiare l'ipossia del tumore, il metabolismo amminoacidico, la proliferazione cellulare e così via grazie ad altri tipi di tracciante. pacemaker, nei pazienti con blocco di branca sinistra, nei diabetici, nei pazienti con insufficienza renale cronica e nei pazienti già sottoposti a rivascolarizzazione coronarica. Scin grafia, scheletrica. È un esame routinario molto utilizzato. L'osso è l'organo in continuo rimaneggiamento grazie alla presenza di cellule diverse al suo interno che svolgono diverse funzioni. La scintigrafia ossea si basa sull'utilizzo di radiofarmaco (bisfofonato legato all’isotopo radioattivo). La distribuzione del radiofarmaco non indica lo scheletro, ma l'attività osteoblastica dello stesso. È uno studio statico e planare. La captazione in un soggetto normale è omogenea e simmetrica. Ci sono aree fisiologicamente più bianche che sono più captanti, come ad esempio le vertebre. Durante lo sviluppo è possibile vedere le zone di accrescimento che sono le metafisi delle ossa lunghe. Queste sono ipercaptanti. La scintigrafia ossea viene fatta o per motivi oncologici o per motivi ortopedici o reumatologici. Per quanto riguarda la parte oncologica, serve in particolare per valutare eventuali metastasi scheletriche. Queste possono essere di tipo osteoaddensante come i tumori derivanti dalla mammella, dalla prostata e dal polmone, che quindi saranno anche ipercaptanti. Oppure possono essere di tipo osteolitico, che sono più frequenti nei tumori primitivi del rene e della tiroide in cui c'è ipocaptazione ed è difficile identificarli. La scintigrafia viene spesso usata nella stadiazione dei pazienti con patologie neoplastiche. Viene usata un po’ meno frequentemente, invece, per cercare delle neoplasie ossee primitive in quanto per quello si preferisce la risonanza magnetica che definisce molto meglio l'anatomia e quindi il rapporto anche con gli organi adiacenti. L'attività osteoblastica può essere aumentata anche in condizione artrosico degenerative. A livello articolare possiamo avere delle captazioni dovute all'artrosi. In alcune situazioni, la distinzione tra neoplasia e malattia artrosica è molto chiara. Ci sono però altre volte in cui permane il dubbio; pertanto, in questi casi è necessario richiedere un esame di approfondimento, come una radiografia o una risonanza magnetica. La scintigrafia scheletrica ha una sensibilità molto elevata, però è molto poco specifica. La diagnosi, infatti, di natura viene fatta con l'anamnesi e con le caratteristiche del quadro generale. Esistono poi dei quadri limite che possono indurre in grossi errori in cui si parla di superscan, cioè una sostituzione massiva di tutto lo scheletro da parte di metastasi tumorali che potrebbe sembrare un quadro normale, perché la captazione è omogenea. Commettere questo errore è molto poco probabile per la condizione clinica che di solito è molto grave e anche perché è una condizione che si sviluppa dopo anni. Inoltre, l'assenza di captazione da parte dei reni ci permette di diagnosticare questa condizione perché l'osso prende talmente tanto radiofarmaco che non arriva più alla fase di eliminazione. Le indicazioni di tipo non neoplastico dell'uso della scintigrafia sono situazioni di tipo infettivo, infiammatorio come l'osteomielite e la valutazione delle protesi. La medicina nucleare è in grado di vedere infezioni in diversi distretti. In particolare, la scintigrafia ossea trifasica di tipo dinamico è usata in caso di infezioni e di movimentazione della protesi. Per dinamico si intende che l'acquisizione delle immagini inizia già quando viene iniettato il radiofarmaco. Si vedrà quindi la distribuzione e l'accumulo del farmaco, per poi fare uno studio segmentario, cioè nella parte di interesse. - Fase vascolare. Corrisponde ai primi minuti dopo l'arrivo del radiofarmaco. - Fase blood pool. Parliamo del periodo appena dopo i primi minuti e corrisponde alla diffusione capillare dove si vedono sia l'osso che i tessuti molli circostanti. - Fase tardiva. È uguale a quella statica, a tre ore di distanza e rappresenta l'accumulo a livello dell'osso del radiofarmaco. In caso di sospetta mobilizzazione delle protesi la fase vascolare dà informazioni sull'infiammazione e sull'infezione perché si ha un maggiore arrivo di sangue. La fase tardiva, invece, dà informazioni sulla mobilizzazione della protesi che è visibile come ipermetabolismo. Una scintigrafia negativa grazie all'elevata sensibilità ci dice che il paziente è sano. Se c'è un sospetto di infezione protesica, avere una scintigrafia negativa esclude questa situazione? Se positiva, invece, sarà necessaria un'indagine molto attenta dal punto di vista clinico. Vantaggi e svantaggi. È un esame poco invasivo e con una sensibilità molto alta. È positiva già nelle prime ore. Il costo è contenuto. La specificità è bassa. Scin grafia renale. Si divide in - Scintigrafia renale statica. Si inietta radiofarmaco e dopo un certo tempo vengono acquisite le immagini. Il radiofarmaco per questa tipologia di esame è il DMSA legato al tecnezio 99; questo ha una concentrazione a livello della corticale renale che è correlata al flusso plasmatico renale e alla funzionalità corticale. La sua eliminazione renale è molto scarsa. Ciò che viene visualizzato non ha una definizione anatomica perfetta, ma si distinguono i 2 reni, la dimensione, la forma e la distribuzione del radiofarmaco, che di norma è omogenea e simmetrica. Quello che viene studiato è la massa renale funzionante o Viene fatta quando ci sono sospetti di anomalie anatomico-congenite, quando si vuol vedere un possibile reflusso renale, in condizioni di pielonefrite. - Scintigrafia renale sequenziale. È uno studio dinamico in cui vengono acquisite le immagini mentre si somministra il radiofarmaco per valutare la curva attività tempo. Viene quindi studiato l’arrivo del radiofarmaco e anche la perfusione renale; quindi, la funzione parenchimale della corticale e come il radiofarmaco viene eliminato (e quindi la funzionalità delle vie urinarie). I radiofarmaci sono eliminati o per filtrazione glomerulare (prima scelta) o per secrezione tubulare. Con lo studio attività-tempo, è possibile creare un radionefrogramma che permette di studiare la funzionalità dei singoli reni. o Indicazioni. Nella maggioranza dei casi viene usato per la valutazione del danno renale in pazienti oncologici che fanno chemio - Cistoscintigrafia. Valuta la presenza del reflusso vescico uretrale. Si inietta il radiofarmaco e si prendono le immagini mentre il paziente urina. È possibile somministrare il radiofarmaco o direttamente in vescica per mezzo di catetere (nei bimbi) oppure per via ev (negli adulti – metodo indiretto) Scin grafia roidea Lo iodio radioattivo tipicamente viene usato per studiare la tiroide. In particolare, viene usato lo iodio 131 radioattivo, che ormai si usa meno per la scintigrafia e più per la terapia di ablazione della tiroide. È possibile anche utilizzare il tecnezio 99, che viene captato solo dai tireociti funzionanti È un esame statico in cui si acquisiscono le immagini circa 15 minuti dopo la somministrazione, con la γ camera che viene posta anteriormente al paziente, il più vicino possibile alla tiroide. Vengono prese quattro immagini, anche se non si ha un dettaglio anatomico buono, perché ci interessa lo studio funzionale. Esistono delle alterazioni dello sviluppo che sono condizioni abbastanza frequenti in cui la tiroide può o non formarsi (in una situazione di aplasia), oppure formarsi parzialmente (in una condizione di aplasia parziale) con la presenza, ad esempio, di un solo lobo. Esistono addirittura dei casi di ectopie, in cui la tiroide cresce in regioni non consone, come nella regione sublinguale. Questo tipo di esami viene richiesto in caso di alterazioni dello sviluppo nei bambini piccoli con ipotiroidismo, in caso di gozzo, in caso di caratterizzazione di noduli tiroidei e per la presenza di tessuto ectopico. Ci sono diverse condizioni di gozzo. Abbiamo il gozzo semplice, che è un ingrossamento della tiroide ma con funzione omogenea e conservata. Il gozzo da morbo di Basedow. E il gozzo multinodulare, sia tossico che no. Nelle tiroiditi c'è un'assenza di captazione totale, perché non c'è la funzionalità tiroidea. I noduli sono situazioni molto frequenti soprattutto nelle giovani donne. Nonostante la maggioranza siano noduli benigni, una piccola percentuale dei casi può essere espressione di tumore maligno, tipicamente molto aggressivo. La scintigrafia permette di individuare i noduli e di differenziarli in - Noduli caldi. Sono i noduli iper captanti che solitamente sono benigni. - Noduli freddi. Sono quelli che non captano. Tra il 5 e l’8% dei casi, possono essere tumori maligni. A volte, per escludere questa possibilità nefasta è sufficiente un esame ecografico: se viene riscontrato del liquido all'interno, la diagnosi è quella di una cisti benigna. Se no, invece è necessario un agoaspirato. confermare l'informazione, quanto più per fornire nuove informazioni che possono impattare sulla scelta del trattamento. Vantaggi - Fornire informazioni sia funzionali che sulle alterazioni a livello molecolare della cellula. - Non invasiva. - Quasi tutti i tumori possono essere studiati con FDG. - Alta sensibilità senza limiti di profondità e di penetrazione. Svantaggi - Costo - Necessità di produzione locale dei radioisotopi. - Esposizione a radiazioni. - Spesso è disponibile solo nei grandi centri. La PET consente di mettere in evidenza la distribuzione del tumore, il che permette di pianificare il trattamento in maniera accurata e per proprietà. Una considerazione importante è che tramite la PET ci si limita di solito solo a notificare la presenza di un tessuto con un metabolismo iper-glucidico, senza addentrarsi in altri particolari diagnostici, motivo per il quale per la diagnosi non è sufficiente. Tuttavia, è un'ottima integrazione nelle varie fasi di malattia. 1. Diagnosi. Per quanto è stato detto che la PET non è sufficiente per fare diagnosi, può essere molto importante dal punto di vista del nodulo solitario del polmone. In questo caso la PET può essere utile nella diagnosi per la presenza assenza di patologia tumorale; normalmente il nodulo polmonare viene indagato tramite TAC, ma in una minoranza dei casi è possibile che ci siano dei noduli indeterminati, cioè lesioni le cui caratteristiche alla TAC non risultano essere tipiche né di malignità né di benignità. I limiti in questo campo della PET sono il fatto che può creare dei falsi positivi, soprattutto in caso di lesioni infiammatorie come ascessi, tubercolosi e malattie granulomatose come la sarcoidosi. Questa situazione si può verificare anche nel caso in cui il paziente sia stato trattato con radioterapia, che può determinare una condizione flogistica con aumento di captazione del radiofarmaco. Risulta quindi fondamentale usare tutti i dati possibili del paziente, tra cui l'anamnesi e gli altri esami effettuati. Può dare anche dei falsi negativi, tra cui, in caso di - Dimensione. È un parametro che deve essere tenuto sempre in considerazione, soprattutto perché il limite di risoluzione della PET è attorno ai 3 o 4 mm. Lesioni, infatti, di 2 o 3 mm possono non essere evidenziate e allo stesso modo possono essere perse anche lesioni poco cellulate. Quest'ultimo caso perché viene meno la captazione. - La glicemia va sempre misurata prima dell’esame perché, se fosse troppo elevata potrebbero esserci problemi di competizione con il radiotracciante. Quindi nel caso di iperglicemia bisogna far scendere i valori senza farmaci che possano andare ad alterare la captazione del tracciante. - Anche istologia tumorale è importante. Ad esempio, nel caso di meningioma, tumore alla prostata, tumore renale a cellule chiare e tumore del bronchiolo alveolare o BAC non c’è un metabolismo glucidico aumentato e in questi casi bisogna usare un'altra tipologia di tracciante. 2. Stadiazione TNM. La PET in questo caso è l'esame principale che permette il trattamento più accurato e quindi una prognosi quanto più possibile migliore. Per quanto riguarda il parametro T, cioè la dimensione tumorale di invasione locale, in realtà esistono tecniche migliori che sarebbero la TC e la RM. Motivo per il quale spesso, in questi casi si usa il trattamento ibrido PET TC o PET RM, ed è dovuta ai vari vantaggi delle tecniche che in questi casi vanno a combinarsi. Sapendo che tanto più alta la captazione, quanto maggiore l'aggressività tumorale, è possibile anche fare delle valutazioni prognostiche. Le sole cellule captanti sono quelle vitali ovviamente, come detto prima, a differenza delle zone necrotiche. Un metabolismo aumentato correla con un rischio aumentato di metastasi e con una minor sopravvivenza. L'intensità della captazione può essere interpretata tramite il parametro SUV. Maggiore il SUV = Peggiore prognosi. Per quanto riguarda il parametro N, va a vedere il coinvolgimento linfonodale. In questo caso la PET è la metodica migliore in quanto presenta una maggiore accuratezza. Il valore di accuratezza della TC e della RM risulta essere basso, perché la possibilità di identificare la positività linfonodale si basa esclusivamente su parametri dimensionali e morfologici; quindi, la presenza di un linfonodo metastatico può essere accertata solo se quest'ultimo ha una grandezza superiore al centimetro. Nel caso invece della PET, l'indagine mostra la positività al linfonodale al tumore, indipendentemente dalla dimensione. La PET ha un valore predittivo negativo pari al 93%. La combinazione ideale per la stadiazione linfonodale è sempre quella della PET TC oppure della PET RM. Per quanto riguarda invece il tumore primitivo, ci sono dei casi in cui la risonanza ha dei vantaggi in più rispetto alla TC. Per quanto riguarda il parametro M, cioè la presenza o l'assenza di metastasi, nel 17% dei casi vengono trovate delle lesioni metastatiche non note prima dell'esecuzione della PET. Il caso tipico è quella in sede surrenalica, in cui surreni sono la sede principale di metastasi del tumore polmonare e queste metastasi sono note per essere poco visibili con le metodiche convenzionali che invece vengono evidenziate grazie alla PET. Ci sono delle situazioni in cui la captazione è talmente elevata da risultare differente rispetto al restante parenchima, come per esempio nel caso di metastasi da tumore mammario. Allo stesso modo, per il glioma ad alto grado. Bisogna anche tenere a mente che ci sono, oltre a questi casi inusuali, delle porzioni anatomiche che sono più predisposte al captazione del glucosio, come per esempio il cervello. In questi casi, ovviamente, andranno usati di radiotraccianti differenti, come ad esempio quelli aminoacidici. Un'altra sede in cui la PET RM può essere estremamente d'aiuto è quella epatica in contesto di tumori del colon retto. L'utilità di questa metodica è importante perché queste metastasi sono comuni già all'esordio e trovarle in fase precoce aumenta le possibilità di intervento e quindi va a migliorare la prognosi. 3. Ristadiazione. È una rivalutazione post trattamento, soprattutto quando c'è un sospetto di ripresa della malattia. I casi principali in cui si rende necessaria una ristadiazione sono - Aumento dei marcatori tumorali, quali CEA, CA 19.9, CA15.3 e CA 125. - Ricerca di recidive locali in caso di addensamenti dubbi all’imaging convenzionale oppure per presenza di sintomatologia. - Post terapia. - Pre chirurgia. La PET permette la distinzione anche tra la ripresa di malattia che è captante e il tessuto cicatriziale post-chirurgico che non è captante. Quindi la PET sarà negativa. Questa metodica di indagine è molto utilizzata anche per la ristadiazione del tumore all'ovaio, soprattutto nel follow up, con un incremento del marker CA125. L'utilizzo della PET, comunque, ad oggi non è particolarmente comune, perché di solito il paziente viene detto di fare di eseguire una TAC che è un esame molto meno costoso rispetto alla PET e solo in caso di dubbio alla TAC si procede per una PET per confermare o meno la ripresa di malattia. Il dato funzionale è utile per avere informazioni di tipo prognostico e non vale solo per le fasi iniziali di malattia, ma anche per la post chemioterapia. I pazienti che più precocemente hanno una maggiore diminuzione della captazione risultano essere quelli con prognosi migliore. Invece, i soggetti che non rispondono subito alla terapia sono destinati ad una prognosi peggiore. 4. Pianificazione della radioterapia. Una corretta stadiazione corrisponde quindi ad un corretto trattamento per il singolo paziente. Parlando di dati, abbiamo un riscontro di metastasi non note che varia tra il 5 e il 29%. Di cui l’8% in stadio I, il 18% in stadio II e il 24% in stadio III. Se la PET viene utilizzata nella stadiazione, un numero maggiore di pazienti necessiterà di un cambio di terapia. Infatti, la PET condiziona, ad esempio, il management del paziente con tumore polmonare in circa 1/3 dei casi. Gli effetti della PET nella selezione dei pazienti sono - Evitare trattamenti inutili - Miglioramento dell'outcome del paziente - Accurati risultati coi trial clinici La PET permette di definire più accuratamente il target da colpire, è andato ad impattare anche sul volume di trattamento ed evitando così di ledere i tessuti sani. Questo significa che si potrà programmare la terapia andando a ridurre il volume di trattamento nell'area metabolicamente attiva e dunque si potrà intervenire utilizzando dosi maggiori localmente. Questo marcatore è utile per - Diagnosi. Può essere anche usato come guida la biopsia nei casi in cui la risonanza magnetica abbia dato una classificazione incerta. - La stadiazione. Può vedere lesioni anche molto piccole. - Ristadiazione. È l'ambito di utilizzo più importante. È infatti in grado di identificare la malattia anche con valori di PSA molto bassi, inferiori agli 0,2, mantenendo lo stesso una positività nel 46%. - Trattamento. Non ci sono ancora dati a lungo termine. Tumore neuroendocrino. I tumori neuroendocrini sono tumori molto rari che possono colpire tutti i distretti, ma i più frequenti sono a livello pancreatico. Lo studio di tumori neuroendocrini è importante, dato che sono curabili, se evidenziati in fasi precoci, ma essendo spesso asintomatici è importante avere una tecnica di imaging che li possa identificare. La caratteristica peculiare del tumore neuroendocrino è l'espressione dei recettori per la somatostatina. Questo è il motivo per cui i radiofarmaci utilizzati sono analoghi della somatostatina radio tracciati. DOTATOC È marcato principalmente con gallio 68. I tumori neuroendocrini sono ben differenziati con un metabolismo glucidico non particolarmente aumentato. I metabolismo glucidico in realtà assume importanza nelle fasi avanzate di malattia, dove il tumore è indifferenziato e perde l'espressione dei recettori per la somatostatina. Quando si va ad utilizzare il doppio tracciante, quello della somatostatina è quello FDG. Si ottengono risultati utilissimi ai fini diagnostici, ma anche per la prognosi. Teragnos ca con 177Lu-DOTATATE Viene utilizzato nei tumori neuroendocrini metastatici. Con questa tipologia di isotopo è possibile fare sia diagnosi che terapia. Neuroncologia. La risonanza magnetica nella definizione delle lesioni cerebrali è particolarmente importante; è infatti in grado di dare vantaggi come la l'elevata risoluzione spaziale e le informazioni anatomiche e funzionali. Il limite della risonanza magnetica è la difficoltà dopo il trattamento, nella differenziazione fra il residuo di malattia e la ripresa di malattia o la pseudoprogressione, cioè una radionecrosi. La PET è utile per ovviare ai limiti della risonanza magnetica. I traccianti, in questo caso, sono tanti, però più utilizzati sono. - Gli analoghi degli amminoacidi 11C MET - I marcatori della sintesi proteica 18F FET - I marcatori per il metabolismo glucidico 18F FDG Gli analoghi aminoacidici o marker di sintesi proteica vengono captati con un buon contrasto tra un tumore e il tessuto circostante, sia nei tumori cerebrali ad alto grado che quelli a basso grado, e quindi permettono di fare diagnosi differenziale tra una recidiva di tumore e una pseudoprogressione, oppure esiti di trattamento. La maggioranza dei biomarcatori, tuttavia, è confinata ad un solo ruolo di ricerca. Differenza tra PET e SPECT. Gli isotopi della SPECT emettono raggi gamma, mentre quelli utilizzati nella PET emettono positroni. La PET permette di visualizzare lesioni più piccole rispetto alla SPECT. PET in cardiologia. Un primo aspetto importante in cardiologia è la valutazione della perfusione miocardica, quindi la vitalità tissutale in caso di sospetto conclamata ischemia cardiaca. Il biomarcatore più utilizzato è l'ammoniaca, marcata con azoto 13. Però può essere anche utilizzata l'acqua marcata con ossigeno 15 e il rubidio 82. Un altro aspetto importante della PET in cardiologia è la valutazione del metabolismo per la ricerca di miocardio vitale. Per questo studio la PET viene considerata con il Gold standard, utilizza il marcatore 18 fluoro FDG Grazie a degli studi SPECT è possibile osservare diverse condizioni - Ischemia. A riposo la captazione del radiofarmaco è normale. Sotto sforzo, invece, ha un difetto dovuto alla ridotta riserva coronarica che non può permettere una sufficiente apporto di ossigeno. - Necrosi. Sia a riposo che sotto sforzo, presenta un difetto di captazione dovuto alla morte cellulare. - Ibrida. In cui si ha una condizione, una combinazione di necrosi, ischemia. Vantaggi. Vengono utilizzati dei radiofarmaci che vengono captati proporzionalmente alla perfusione. Oltre ad ottenere queste informazioni, che possono essere ricavate anche dalla SPECT, la PET presenta altri vantaggi. - La maggiore accuratezza delle immagini. Questo perché con la PET abbiamo la possibilità di correggere l'attenuazione e quindi il rendere le immagini più accurate. - Maggiore risoluzione spaziale. - Con la PET si possono usare come radiofarmaci delle molecole che sono già presenti nel nostro organismo, come il carbonio 11, che quindi non vanno ad alterare in alcun modo il metabolismo. La funzione del tessuto. - Con la PET si può fare un'analisi di tipo quantitativo anche da un punto di vista clinico, perché avere un valore della captazione consente di fare una serie di valutazioni. Lo svantaggio maggiore è il costo della PET, che è decisamente più elevato. Il vantaggio di utilizzare l'ammoniaca marcata con azoto 13 porta una buonissima estrazione da parte delle cellule miocardiche con un 70 o 80% e con una sensibilità e specificità per l'identificazione dei difetti di perfusione del ventricolo sinistro molto alte, superiore al 95%. In più si può ottenere la quantificazione della captazione. Infine, grazie all’emivita molto breve, è possibile utilizzare anche farmaci per simulare lo sforzo. Una prerogativa della PET è lo studio della vitalità tissutale, cioè lo studio del metabolismo. In condizioni di normalità di digiuno, il cuore usa come maggiore fonte di energia la β ossidazione degli acidi grassi. Nelle condizioni di sofferenza, invece, le cellule cardiache non sono più in grado di utilizzare l'ossificazione degli acidi grassi e quindi, nonostante siano a digiuno, utilizzano la via glicolitica generando uno shift metabolico. In situazioni di sofferenza, il tessuto prima di andare incontro a necrosi ha una fase in cui viene definito miocardio ibernato. Questo miocardio presenta comportamenti cinetici simili al miocardio infartuato, però rimane ancora vitale. Il tessuto sofferente è possibile vederlo con la PET con FDG proprio grazie allo shift metabolico. La sua identificazione giustifica il recupero con tecniche chirurgiche, al contrario del tessuto necrotico. Quando ci sono dei danni il FDG va a evidenziare la presenza di cellule che utilizzano il metabolismo glucidico. Quando si ha captazione vuol dire che il tessuto è sicuramente vitale e quindi non c'è necrosi, però se il paziente a digiuno il tessuto vuol dire che è anche in sofferenza. Lo studio della vitalità e lo studio di perfusione sono sempre associati perché permettono di ottenere tre di situazioni sottostanti. - Zona perfusa senza metabolismo glucidico. È la condizione di normalità. - Zona non perfusa e senza metabolismo. Siamo nel MATCH, cioè nella zona necrotica. - Zona non perfusa come metabolismo. Siamo nel MIS MATCH, cioè una zona sofferente ma vitale. Lo studio di perfusione viene fatto con ammoniaca marcata con azoto 13. Il paziente con cardiopatia ischemica presenta delle alterazioni temporali che in ordine cronologico sono - Riduzione di flusso - Il passaggio metabolico dal metabolismo anaerobico - La riduzione della contrazione miocardica - L'alterazione delle ECG - L'angina che lo porta dal medico. Lo studio metabolico è in grado di evidenziare questo problema in fase molto precoce. Normalmente la PET viene eseguita in sede preoperatoria e post-infartuale in pazienti con una contrattilità molto compromessa, cioè con una frazione di eiezione sotto al 25%. Oppure è possibile eseguirla anche se alla scintigrafia o al test all'ecobutamina sono dubbi o negativi. PET nelle infiammazioni e nelle infezioni. In ambito oncologico la PET presenta un grande limite, cioè la reazione all’infiammazione tissutale data dalla radioterapia, oppure la reattività dei noduli per flogosi che determina la captazione del FDG. Nel caso, invece di infiammazione ed infezioni, la captazione della FDG è utilissima a livello diagnostico. FAZA. È un tracciante con cui si può calcolare dove può essere utile aumentare le dosi di radioterapia, in quanto non è possibile dare dosi troppo alte in tessuti troppo grandi perché vai a creare dei danni ai tessuti circostanti. In particolar modo il FAZA è stato studiato sul tumore al polmone e risulta essere negativo dove erano negativi i dati anatomopatologici e viceversa. Il FAZA, quindi identifica l'eterogeneità dei sotto volumi postici, dove l'FDG ha distribuzione omogenea. Tomografo ibrido. È un macchinario che ha portato grandi risultati in ambito clinico e della ricerca. È un sistema ibrido, cioè nello stesso momento hai l'acquisizione da parte della risonanza e della PET a differenza della PET TAC che è un sistema integrato e quindi eseguito in due tempi diversi. Radiomica Utilizzo di intelligenza artificiale che prende piede nell’imaging. Si ha la possibilità di acquisire un’enorme quantità di dati e, oltre a ciò che l’occhio umano non può vedere c’è un enorme numero di parametri e caratteristiche che grazie agli studi di radiomica si possono estrarre e usare negli studi. Radioimmunoterapia. Si basa sul tipo di isotopo utilizzato. In particolar modo si usano le radiazioni α e β che si depositano nella zona di somministrazione e hanno un'azione locale terapeutica. La radioimmunoterapia con radionuclei si basa sull'uso di radiofarmaci. Questi non sono legati a un isotopo emittente radiazioni, ma un isotopo emittente particelle α o β, che danno radiazioni ad alta energia molto vicine alla sede di inoculo, cioè a bassa penetranza. Questa tecnica viene utilizzata di solito nei tumori neuroendocrini. Radioprotezione Lo scopo della radioprotezione e proteggere dalle radiazioni ionizzanti l'uomo e l'ambiente. Proteggere dalle radiazioni significa evitare gli effetti somatici precoci. Nei laboratori è possibile evitare gli effetti somatici precoci rimanendo al di sotto della dose soglia, mentre nei pazienti non è sempre possibile, in quanto alcune terapie come la radioterapia, gli effetti deterministici compaiono quasi sicuramente. Fare radioprotezione significa inoltre ridurre a dei livelli accettabili la probabilità di insorgenza di effetti somatici tardivi e genetici. Gli effetti somatici comprendono anche tumori e leucemie. Ad oggi non c'è certezza in merito agli effetti somatici della radiodiagnostica, ma si seguono dei modelli matematici validi per pazienti con patologie croniche e per i follow up. Alla luce di questi, sono stati sviluppati dei limiti di dose per i lavoratori, per gli ambienti e gli LDR, cioè il livello diagnostico di riferimento, per i pazienti. Ovviamente questi dati si riferiscono a una procedura standard su un paziente standard. Principi base di radioprotezione. 1. Principio di gius ficazione. Nessuna attività umana deve essere accolta, a meno che la sua introduzione produca un beneficio netto e dimostrabile. 2. Principi di o mizzazione. Viene anche chiamato principio ALARA (as low as reasonably achievable). L'esposizione deve essere ottimizzata e si devono scegliere l'esame migliore per ottenere l'informazione diagnostica desiderata, seguendo un'impostazione di parametri migliori sulla macchina. 3. Principio di limitazione delle dosi. Introduciamo dei limiti che ci garantiscono e non superamento dei limiti raccomandati dalle normative europee, in quanto non introducono un rischio che potrebbe a quel punto non giustificarne l'utilizzo. Modalità di esposizione. - Irradiazione o esposizione esterna. Si parla di radiazione o esposizione esterna quando la sorgente di radiazioni resta all'esterno del corpo umano e l'irradiazione cessa al termine dell'esposizione e quindi la sua entità dipende in modo diretto dal tempo di esposizione - Irradiazione o esposizione interna. Si parla di radiazioni o esposizione interna quando le sostanze radioattive vengono introdotte nell'organismo, perviene latori per assorbimento transcutaneo per ingestione o per iniezione. Queste sostanze sono metabolizzate con modalità legate alle loro proprietà chimiche e trattenute nell'organismo fino alla loro eliminazione. In generale l'esposizione esterna si prende la dose, anche se non si tocca la sorgente. Si parla invece di contaminazione e può essere esterna o interna, se rispettivamente si prende la dose solo se tocco la sorgente oppure se la radiazione avviene dall'interno. Applicazioni mediche ed esposizione esterna. Il rischio di contaminazione sussiste nel momento in cui abbiamo a che fare con sostanze radioattive non sigillate, come nel caso dei nei laboratori di manipolazione in medicina nucleare, che durante metodiche che necessitano dell'iniezione di mezzo radioattivo all'interno del paziente. Il rischio non è soltanto legato all'intake, ma anche al fatto che i pazienti, muovendosi nell'ambiente, sono attraverso il sudore, gli escreti una sorgente esterna non sigillata a tutti gli effetti. Contaminazione interna. Questa non avviene nei reparti di Radiologia, Neuroradiologia, cardiologia, cardiochirurgia, odontoiatria, urologia, ortopedia, sale operatorie, radioterapia e radiochirurgia. Avviene invece nei reparti di medicina nucleare e nei laboratori. Le procedure che possono causare contaminazione interna sono la PET, la PET TAC, le scintigrafie e la SPECT. Come proteggersi dalle radiazioni L'entità del rischio dipende dal tempo, quindi dalla durata dell'esposizione, dalla distanza dalla sorgente delle radiazioni e dalla disponibilità di schermature. Il rapporto dose tempo è lineare. Per limitare l'esposizione alle radiazioni è fondamentale gestire bene il parametro della distanza. Ogni volta che la distanza raddoppia, la dose diventa quattro volte inferiore. La dose al paziente la dose all'operatore sono strettamente correlate; quindi, proteggere il paziente equivale anche a proteggere l'operatore. Tra i prestiti di radioprotezione abbiamo: - Presidi piombati. Sono quelli strutturali, cioè i vetri piombati e i muri piombati. - Camici di piombo. Non è vero che più il camice pesa più il camice protegge. Allo stesso tempo non bisogna mai entrare in sala senza il camice piombato. Questo attenua oltre il 90% delle radiazioni. - Occhiali di piombo. Vanno indossati solo se si è il primo operatore. - Collare paratiroide. Deve essere lungo 0,5 mm EQ fisso, meglio se personale per questioni igieniche. La valutazione della dose individuale ricevuta dai lavoratori viene di norma effettuata mediante dosimetri individuali. Ne esistono di tre tipi: a. Dosimetro a bracciale o ad anello per le mani b. Dosimetro a livello dell'emitorace. c. Dosimetro per il cristallino, sulla spalla, sul davanti, fuori dal camice di piombo. Per quanto riguarda i mezzi di protezione passivi, abbiamo le paratie mobili, le paratie a soffitto e le tende di piombo sotto il lettino. Ci sono poi anche i mezzi di protezione attivi. Tipologia dell'esposizione alle radiazioni ionizzan . - Voi esposizioni professionali. Le esposizioni sono dovute all'attività lavorativa. - Esposizioni mediche. Questo avvengono in ambito di diagnosi o trattamento nell'ambito della sorveglianza sanitaria, nell'ambito di programmi di screening sanitario negli individui asintomatici e pazienti che partecipano volontariamente a programmi di ricerca medica biomedica, in campo diagnostico, terapeutico nelle procedure a scopo non medico, condotte con attrezzature medico radiologiche. - Esposizione al pubblico. - Esposizione metodiche per immagini a scopo non medico Per quanto riguardo il fondo ambientale, l’uomo è esposto a un campo di radiazioni permanente, costituito da - Sorgenti naturali o Radiazione cosmica o Sorgenti della crosta terrestre ritardo mentale. Dalla sedicesima alla venticinquesima settimana, il rischio di mezza, anche se rimane comunque elevato. Per dosi superiori ai 100 mGy c'è la riduzione del quoziente intellettivo, mentre le dosi che superano i 1000 mGy si ha lo sviluppo di ritardo mentale e microcefalia. Tra l'ottava e la sedicesima settimana di gestazione, una dose di 10 mGy può raddoppiare il rischio di incidenza di leucemia. Fa ori di esposizione per il medico - Acceleratore lineare di particelle LINAC: Di queste fanno parte la tomoterapia, il cyber knife, il gamma knife. I lavoratori della radioterapia non devono portare il camice e durante l'irraggiamento devono rimanere in sala console o nei corridoi adiacenti. - Radiodiagnostica. In diagnostica spesso l'operatore rimane nella sala in cui si trova il tubo che emette radiazioni, tra cui il fascio primario, la radiazione diffusa e la radiazione di fuga. - Apparecchio telecomandato per la radiografia. È un apparecchio più utilizzato per effettuare radiografie e si trova nei reparti di diagnostica per immagini. - Apparecchiature portatili per grafia. - Mammografo. - TAC. A meno che non sia strettamente necessario, il medico non è mai in sala. - Radiologia interventistica. È la situazione più delicata, perché medici, infermieri e tecnici rimangono in sala anche per lunghe tempistiche, assieme al paziente e sono molto spesso vicino al fascio. Lo stesso avviene anche avvicinando il tubo al paziente. Si parla in questo caso di lavoratore di categoria A. - Medicina nucleare. In questi casi il camice di piombo non serve, ma si utilizzano delle apparecchiature che non emettono radiazioni ma che si comportano come rilevatori passivi. Le radiazioni verranno emesse dopo dallo stesso paziente che ha ricevuto il radiofarmaco. Questo vale sempre, ad eccezione dell'apparecchiatura per la TAC o per la PET, nella quale contiene al suo interno un tubo radiogeno. Radioterapia La radioterapia è una disciplina specialistica medica per la cura locoregionale del cancro mediante l’impiego di radiazioni ionizzanti. È caratterizzata da un’azione locale che la rende molto precisa, con intento curativo o sintomatico palliativo. Si può usare sia da sola che in associazione ad altri trattamenti come la chirurgia o la terapia sistemica. Infatti, la gestione del paziente è multidisciplinare e coinvolge - Chirurgo - Radioterapista oncologo - Oncologo medico - Altri Lo scopo è eradicare la patologia somministrando una dose terapeutica precisamente misurata di radiazioni apportando il danno minimo possibile ai tessuti sani circostanti, in particolare agli organi e apparati in prossimità del tumore. Altri scopi sono - Eradicazione del tumore - Miglioramento dei sintomi - Miglioramento della qualità di vita - Prolungamento della sopravvivenza Radiobiologia È lo studio dell’azione e degli effetti delle radiazioni stesse sulle strutture biologiche. Comprende diverse applicazioni nei campi della radiodiagnostica, della radioterapia, della medicina nucleare, della ricerca biologica e anche per uso industriale come nelle centrali nucleari. Radiobiologia di base Consiste nello studio dell'azione e degli effetti delle radiazioni ionizzanti sulle strutture biologiche. Comprende tante applicazioni nei campi della radiodiagnostica, della radioterapia, della medicina nucleare, della ricerca biologica e anche per uso industriale. Dalla conoscenza della radiobiologia derivano poi anche le norme di radioprotezione. Cosa caratterizza il passaggio della radiazione ionizzante a quella ionizzante? La lunghezza d'onda che diventa sempre più piccola. Le radiazioni in quota, infatti, non sono trascurabili, che utilizza frequentemente l'aereo ha una possibilità concreta di presentare danni da radiazioni chiamati danni stocastici. Per radiazioni ionizzanti si intendono quelle radiazioni che hanno energia sufficiente per provocare la ionizzazione della materia irradiata: questo di solito è quello che avviene con l’allontanamento di un elettrone dall’orbitale; affinché questo avvenga è necessario che la radiazione abbia un’energia superiore a 33 elettronvolt. Recap sulla radiazione - Raggi x: o Vanno dai 50 ai 400 KV o Hanno energia bassa, quindi sono a bassa penetrazione o Vengono generati dal roentgenterapia, ad oggi non più usato. - Raggi x: o Vanno dai 4 ai 45MV o Hanno energia più alta rispetto ai raggi x sopracitati o Sono usati nelle macchine per la radioterapia e quindi per la cura di malattie oncologiche o Sono prodotti da acceleratori lineari LINAC - Raggi γ o Sono sempre usati in radioterapia o Vengono prodotti dal decadimento di sorgenti radioattive come il cobalto (che è stato soppiantato dalle radiazioni x) o Il cobalto viene ripreso nelle nuove apparecchiature come gli acceleratori lineari (come il gamma knife) che hanno una RM integrata, e sono utili al trattamento radiochirurgico delle lesioni encefaliche - Raggi γ in brachiterapia o La brachiterapia viene usata con sorgenti radioattive che vengono inserite nel corpo e hanno fonti radioattive come l’iridio e il cesio. Altre applicazioni possono avvalersi dello iodio 131 - Radiazione corpuscolata: trasportano carica ed energia o Elettroni  0.5 – 2.3 MeV  Sono gli elettroni a carica più bassa  Vengono usati nella brachiterapia o Elettroni veloci  4 – 45 MeV  Sono prodotti da acceleratori lineari  Vengono usati nelle lesioni superficiali o Adroni  Sono protoni, neutroni e ioni carbonio  Protoni = massa + carica positiva  Ioni carbonio e protoni sono in grado di rilasciare un’energia maggiore dei raggi X, ma sono più focalizzati e quindi hanno più risparmio del tessuto sano  Neutroni = massa + carica nulla  Sono particelle cariche che vengono usate per raggiungere tessuti in profondità  Sono prodotte da ciclotroni e sincrotroni - Radiazioni elettromagnetiche o Fotoni γ:  Simili ai raggi X  Si usano prevalentemente per brachiterapia  Radioisotopi più usati sono  Cobalto 60  Cesio 137  Iridio 192  Iodio 131 o Fotoni x  Trasportano energia ma non materia e carica elettrica  Prodotti sia in tubi di tipo tradizionale (Coolidge) sia in macchine acceleratrici (LINAC)  Gli elettroni vengono frenati producendo raggi x  Sono in grado di impressionare le emulsioni radiografiche Radiazioni ionizzan . Si intendono le radiazioni che hanno energia sufficiente per provocare la ionizzazione della materia irradiata. Questo avviene tramite l'allontanamento di un elettrone orbitale. Sindrome da panirradiazione È utilizzata anche in medicina. Dopo un condizionamento che consiste in chemioterapie molto pesanti che devono azzerare il midollo, si esegue anche la radioterapia. Nel midollo osseo le dosi di radioterapia vanno dai 2 ai 10 Gy, a seconda del risultato che si vuole ottenere, e a seconda della storia del paziente. Una sindrome da panirradiazione da tenere presente è quella a carico del midollo spinale. Una delle urgenze è la compressione midollare. Il trattamento radiante viene fatto immediatamente, ma a livello midollare il massimo della dose che noi possiamo somministrare è 50 Gy. Quindi bisogna stare molto attenti ad altre patologie, come ad esempio il polmone, che richiede una dose minima di 70 GYE può danneggiare il midollo. Una delle sequele più comuni è a livello delle ghiandole salivari, dove si verifica un periodo transitorio di scialorrea, a volte molto preoccupante, già dopo tre o quattro ore. Più o meno contemporaneamente si verifica un incremento del tasso ematico delle amilasi, che arriva fino a 10 o 20 volte il valore normale. Nel corso dell'irradiazione frazionata e più significativa la riduzione del flusso salivare che il rapporto alla dose si può tradursi in una vera e propria xerostomia irreversibile, con valori superiori a 60 Gy. La xerostomia ha poca probabilità di rimedio se la sua durata supera i 12 e i 18 mesi. Cellule radio sensibili. Possono avere radiosensibilità intrinseca e di conseguenza i tessuti possono essere più o meno radiosensibili. Più elevato è l'indice mitotico e più sono suscettibili all'azione lesiva delle radiazioni. Il tessuto ematopoietico, per esempio, è molto radiosensibile, contrariamente al tessuto connettivo e ai nervi. La radiosensibilità espressa dalla curva dose risposta che mostra come diminuisce la percentuale di cellule sopravviventi all'aumentare della dose. I tumori particolarmente radiosensibilità sono i linfomi, i mielomi e i seminomi. Tra i tumori invece, più radioresistenti si annoverano i glioblastomi, i sarcomi e melanomi. Responsività dei tessu . I tessuti possono essere late responders, cioè, rispondono più lentamente per turnover cellulare che è basso. Oppure possono essere degli early responders, cioè che rispondono più rapidamente per un turnover elevato. Di conseguenza, questi ultimi hanno una minore capacità di riparare il danno. In radiobiologia viene utilizzato il modello lineare quadratico, ovvero quanto l'uso di dosi elevati per frazioni influisca sull'effetto biologico in termini di rapporto Alfa/beta. Per convenzione questo rapporto, nella maggior parte dei casi viene definito con un valore numerico di 10. I fattori che influenzano la risposta tumorale alla radioterapia sono - Radiosensibilità intrinseca del tumore. Questa, espressa dalla curva dose risposta che mostra come diminuisce la percentuale di cellule sopravviventi all'aumentare della dose. - Frazionamento di dose. Vuol dire concentrare un certo quantitativo di Gy in poche sedute e funziona molto di più rispetto allo stesso quantitativo distribuito in molte più sedute. È anche vero, però, che un'altra dose per frazione danneggia di più il tessuto sana. - Tensione di ossigeno. È l'effetto indotto, a parità di radiazione ed è circa 2/3 maggiore in presenza di ossigeno. - Fase del ciclo cellulare. Una cellula tumorale più sensibile al danno da radioterapia quando essa è in fase M o G2, mentre la sensibilità è ridotta nella fase G1 e minima in fase S. Negli esami TAC spesso si può individuare la zona di colliquazione, cioè una regione di cellule morte perché non hanno ricevuto il nutrimento dei vasi neoformati. Queste cellule sono poco radiosensibilità. Quando si ha in assenza di ossigeno, l'efficacia della radiazione risulta nettamente ridotta. Anche le lesioni necrotiche colliquiate hanno bassa concentrazione di ossigeno, per cui sono più radioresistenti. Radioterapia cura va. Può essere utilizzata come unico trattamento ed essere quindi radicale, oppure come un trattamento sintomatico e quindi palliativo. Prende il nome di neoadiuvante quando è preoperatoria e quindi prima della chirurgia. Prende il nome di adiuvante quando è a posto operatore. Quando invece è usata singolarmente o in associazione a chemioterapia, si dice esclusiva. Radioterapia pallia va. Il suo scopo è quello di ridurre il volume del tumore dei linfonodi e/o delle metastasi per migliorare la qualità di vita del paziente clinicamente inguaribile. Esistono delle condizioni in cui il trattamento radiante viene considerato come un trattamento urgente e non differibile - Compressione midollare. Inizia subito dopo il trattamento, perché la presenza di possibili metastasi a livello midollare potrebbe portare alla compromissione delle strutture nervose. Quindi la radioterapia viene fatta per preservare le funzioni neurologiche. Il paziente spesso deve assumere cortisone per cercare di decomprimere il più possibile la parte edematosa, per favorire quindi una migliore riuscita del trattamento. Se questa cosa non viene fatta dopo 48 o 72 ore permarrebbe un certo deficit neurologico. - Sindrome mediastinica. Generalmente sono colpiti i pazienti affetti da tumore al polmone ed è considerata un'urgenza per le complicanze respiratorie. Con la radioterapia si è certi che possa migliorare in tempi brevi la sintomatologia. - Sanguinamenti. La radioterapia può avere un effetto emostatico grazie alla fibrosi che si genera come conseguenza dell'azione delle radiazioni. Casi più frequenti in cui la radioterapia si usa a scopo palliativo - Dolore osseo. - Compressione midollare o di strutture nervose di organi. - Sindrome mediastinica. - Emottisi. - Ipertensione endocranica. - Metrorragia. I fattori chiave che incidono sulla riuscita del trattamento sono 1. Volumi. Il volume della lesione può essere trovato grazie alla TAC, alla risonanza magnetica o alla PET. Questo volume viene chiamato Gross tumor volume. A questo deve essere comunque aggiunta un'espansione che identifichi anche la microfiltrazione, che viene chiamata Clinical target volume. Esiste anche un'espansione che tiene conto di eventuali spostamenti del paziente durante il trattamento, che prende il nome di planning target volume. 2. Dose dell'irradiazione. La quantità di dose assorbita indica il rapporto tra l'energia ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia di un volume e la massa di quel volume. L'unità di Misura della dose assorbita e il Gray. 3. Frazionamento. a. Il più comune è quello di tipo convenzionale in cui vengono somministrati non più di 2 Gray al giorno. b. L'iperfrazionamento, invece, prevede 2 trattamenti giornalieri e visto il sovraccarico delle macchine e la sofferenza sul paziente è stato ormai abbandonato. c. Ipofrazionamento. Serve per cercare di ridurre al minimo la durata complessiva del trattamento, somministrando una dose maggiore. Ha un duplice vantaggio, quello di comodità per il paziente e la migliore responsività. Terapia iperbarica. Ci sono state associazioni con una terapia iperbarica che non hanno avuto buoni esiti in quanto l'ossigeno ha prodotto dei buoni effetti sia sulle radiazioni che sulle cellule tumorali, che sono state quindi in grado di riprodursi più efficacemente. Ipertermia. L'utilizzo del calore teoricamente dovrebbe migliorare la sensibilità delle cellule neoplastiche, ma il calore a cui bisogna arrivare perché si abbia una certa efficacia è di 42 o 43 ° e questo porta allo sviluppo di vere e proprie scottature e necrosi cutanee per effetto di elevate temperature. Radiopatologia. Gli effetti delle radiazioni possono essere deterministici o stocastici. Gli effetti deterministici hanno una dose soglia. Il danno è proporzionale alla dose ed è specifico alla dose stessa. Il rapporto causa effetto tra l'irradiazione e il danno è generalmente certo. Gli effetti stocastici, invece, non hanno una dose soglia perché si verifichino e la dose è proporzionale al rischio; l'entità del danno è aspecifico. Non è sempre certo il rapporto causa effetto, anzi, la maggioranza delle volte è incerto. Normalmente gli effetti stocastici avvengono alla dose integrale. Non c'è una dose soglia, però esiste un'ipotesi di rischio, gli effetti stocastici si traducono quindi in danni generici e in danni somatici, per cui si possono vedere anche nelle generazioni successive. C'è un'incertezza sul periodo di latenza che c'è tra l'irradiazione e la comparsa del tumore radio indotto. Tutti gli studi che sono stati fatti stimano tra i 3 e i 7 anni per le leucemie e per tutti i tumori che riguardano la sfera ematologica, invece un periodo di 10 o 30 anni per i tumori solidi. È chiaro che i problemi maggiori sono per i pazienti più giovani. 3. Di contatto. Prevede che le sorgenti vengano introdotte a livello dell'esofago e può essere utilizzata nei tumori esofagei in una situazione di avanzamento tale da non poter essere né operati né sottoposti a un trattamento chemioterapico. Si tratta di un trattamento palliativo, però la risoluzione del sintomo dà sollievo al paziente. Tecnologie avanzate. Tra le apparecchiature più utilizzate abbiamo. 1. IMRT. È una radioterapia a modulazione di intensità. È stata in grado di ridurre le tossicità della radioterapia della meno l'ottanta percento. È una forma avanzata di radioterapia conformazionale in grado di Conformare alte dosi al tumore con maggiore risparmio dei tessuti sani. Questo ha portato da un lato ad avere una migliore compliance del paziente e dall'altro la possibilità di alzare le dosi arrivando a dosi veramente significative dal punto di vista terapeutico, così da potersi comparare alla chirurgia. Le macchine che si utilizzano per questa procedura vengono chiamate acceleratori lineari. Sono formati da una testata dalla quale viene erogata la dose che è composta a sua volta da una griglia orizzontale con numerose lamelle di piombo chiamate collimatori, che si muovono velocemente per sbarrare la porta ad alcuni fasci ed aprirla da altri e far sì che la distribuzione di dose sia la più conformata possibile. I fisici partecipano attivamente al processo, studiando l'inclinazione dei fasci di trattamento e il risultato è una sovrapposizione di immagini in TAC che rappresenta la distribuzione di dosi. 2. IORT. È una radioterapia intraoperativa. Si basa sull’irradiazione del letto chirurgico, direttamente in sala operatoria. Mancano dati di circa la reale efficacia in termini di sopravvivenza libera da recidivare e sopravvivenza generale. È particolarmente utile nella terapia dei sarcomi. Viene anche usata nel caso del carcinoma mammario in stadio precoce, nel carcinoma pancreatico e nel carcinoma del retto. 3. Radioterapia stereotassica. Consente di erogare una dose elevata al tumore grazie all'alto gradiente di dose che si crea fra volume, bersaglio e tessuti sani circostante. Ne esistono di due tipi: Radio chirurgico e radioterapico stereotassico frazionato. Nel primo caso il casco stereotassico viene fissato alla testa del paziente con delle viti nel cranio e si effettua la gamma nife surgery. In questo caso viene erogata una dose puntuale sulle lesioni encefaliche e il trattamento radiante viene eseguito in un'unica seduta. Nella radioterapia stereotassica frazionata, invece, il trattamento si somministra in più frazioni. Sono stati anche sviluppati i trattamenti per patologie benigne ed è stata utilizzata nel trattamento di neuromi dell'acustico individuati precocemente. Altre patologie che vengono trattate in maniera estensiva con questo tipo di terapia sono le MAV a livello cerebrale. 4. IGRT. È una radioterapia guidata dalle immagini. È un'evoluzione della radioterapia nella quale ogni frazione di terapia è preceduta dall'acquisizione di immagini, TAC o risonanza magnetica. 5. Tomoterapia. Il fascio di intensità modulata è indirizzato in maniera elicoidale, consentendo un'irradiazione a 360 ° attorno al paziente. Il vantaggio di questa metodica è soprattutto l'acquisizione di ogni frazione di imaging 3D mentre lo svantaggio principale è il tempo di trattamento che risulta essere lungo almeno 20 minuti rispetto ai 10 minuti che vengono impiegati per la IMRT. Una particolarità rispetto alle altre apparecchiature e che il movimento del lettino del paziente all'interno del gantry durante la procedura. Motivo per cui si parla di distribuzione di dose elicoidale. Adroterapia. È una forma di radioterapia a fasci esterni che non utilizza i raggi X ma utilizza adroni, cioè radiazioni che hanno anche una massa. Risulta essere molto utili nei casi di tumori profondi vicino agli organi a rischio, cioè critici, come nel caso di tumori pediatrici, nei tumori intracranici e nei tumori radioresistenti come i sarcomi. Dovrebbero essere precise e portare una maggiore dose nelle sedi di malattia, ottenendo quindi dei risultati migliori. Andando ad erogare una dose maggiore, il trattamento risulta anch'esso più compatto con un minor numero di frazioni. I vantaggi sono soprattutto balistici, ovvero il raggiungimento di target con maggior precisione. Per i protoni questo è vero, mentre per i neutroni hanno una grande efficacia biologica, però non hanno una grande selettività balistica. Ci sono poi ioni carbonio che sono dei tipi di radiazioni che hanno un'efficacia ancora maggiore e hanno anche una grande precisione. Il centro di Adroterapia per eccellenza è il CNAO di Pavia. I protoni viaggiano senza erogare energia e nell'ultima parte del loro percorso nei tessuti biologici presentano uno Spike durante il quale erogano tutta la loro energia. A seguito di ciò si procede con la trattazione delle basi biologiche nella radioterapia. Patologia neoplas ca polmonare. L'effetto terapeutico della radioterapia è legato alla presenza di radiazioni ionizzanti, cioè quelle radiazioni con energia sufficiente a ionizzare la molecola nei vari tessuti. È fondamentale indicare il dosi di radiazione in modo tale da garantire un minor danno possibile alle cellule sane e al contempo incompatibile con la sopravvivenza di quelle tumorali. Tra i tumori toracici abbiamo i tumori polmonari a piccole e grandi cellule, i linfomi, i timomi, i tumori dell'esofago, i mesoteliomi, le metastasi polmonari e la sindrome mediastinica. Anche il tumore del testicolo può dare delle manifestazioni massive a livello toracico andando a coinvolgere linfonodi o dando metastasi intraparenchimali. Le problematiche delle lesioni del torace sono - Organ motion di cuore e polmoni. - Radiosensibilità spiccata del polmone anche a basse dosi. La quota di danno può essere variabile, ma può essere rilevante soprattutto se associata a chemioterapie, che include sempre l'uso di farmaci radio sensibilizzante. - Organi a rischio nel torace. È importante ridurre il più possibile la dose rispetto al tessuto polmonare. o Esofago. o Questo fischio. Midollo spinale. o Trachea. o Bronchi. o Grossi vasi. Tossicità polmonare -Polmonite a nica. Curare la malattia ma avere una tossicità rilevante può comportare una qualità di vita scadente, con necessità di usare ossigeno perché la fibrosi polmonare che si determina crea problemi di insufficienza respiratoria grave. La tossicità si può manifestare con la polmonite, attinica, una tossicità acuta che si manifesta entro i tre mesi dal termine della radioterapia. Qualsiasi manifestazione che si manifesta entro tre mesi dal termine della radioterapia è definita come tossicità acuta. Esistono poi le tossicità tardive che vanno oltre questo limite di tempo a distanza addirittura di anni. A volte il paziente riferisce astenia e sintomi come tosse, dispnea o febbre. Tuttavia, nella maggioranza dei casi è asintomatica. Il trattamento di questa condizioni e usa è fatto da steroidi e antibiotici. Ma l'ipotesi che il paziente possa sviluppare questa tossicità nelle prime settimane dopo il trattamento si prescrive al paziente lo steroide a bassa dose, proprio per ridurre la parte di flogosi creata dalle radiazioni e cercare di stoppare la cascata di eventi che porta la polmonite attinica. I fattori di rischio per lo sviluppo di polmonite attinica sono fumo, età, malattie croniche polmonari alterata funzionalità respiratorie e terapie concomitante. Si è cercato di capire se esiste un valore soglia al di sotto del quale non si presenta la polmonite attinica e questo è stato riscontrato con la V 20 che corrisponda al volume del polmone che sta in una dose di 20 Gy. Stadiazione del tumore. L’AIOM, cioè associazione italiana di oncologia medica, fornisce una scala classificativa e studiata del tumore al polmone. Questa tiene conto della dimensione della malattia, della posizione all'interno del polmone e del coinvolgimento linfonodale. Le lesioni periferiche pesano meno delle lesioni centrali e le lesioni più piccole sono più aggredibili chirurgicamente. Infatti, gli unici sottoposti a chirurgia sono i T1 che sono suddivisi in A, B o C in base alla variazione centimetrica. Lo stesso vale per il T2. Anche i linfonodi hanno un peso nella scelta terapeutica, per cui si procede quindi inizialmente catalogando la lesione secondo i parametri del TNM. Affinché la malattia venga considerata inoperabile deve esserci il riscontro di una positività alla TAC dei linfonodi mediastinici e sotto carnali ipsilaterali oppure linfonodi scaleni contro laterali alla sede primaria in N2 e N3. Lo stesso vale per il paziente metastatico M1. Gli stadi due e uno rappresentano quelli aggredibili chirurgicamente, mentre negli stadi tre e quattro sono privilegiati gli approcci radio chemioterapici. La diagnosi istologica e molecolare del tumore polmonare è un altro aspetto importante. Se il danno coinvolge le cellule dell'epitelio bronchiale che rivestono le vie aeree di medio e grosso calibro, si sviluppa il carcinoma polmonare squamocellulare o spinocellulare. Quando invece sono i bronchioli periferici ad essere coinvolti si sviluppa l’adenocarcinoma, che oggi rappresenta l’istotipo più frequente. Se il danno avviene all'interno delle cellule neuroendocrine si sviluppano i tumori carcinoidi ad andamento benigno. Questi possono essere tipici con capacità proliferativa limitata oppure atipici quando la cellula tumorale prolifera più velocemente e compaiono anche zone di necrosi. Se l'accumulo di mutazione è tale da determinare una scarsa differenziazione, si sviluppano i tumori polmonari a piccole cellule o microcitoma o ancora i tumori neuroendocrini a grandi cellule, che sono quelli più aggressivi. Il trattamento di lesioni polmonari primitive può essere seguito con una radioterapia sia in caso di tumore primitivo che in caso di recidiva. Le lesioni centrali sono irradiate con dosi inferiori, mentre le lesioni periferiche c'è più libertà. Tuttavia, è diverso l'outcome fra le due tipologie. In caso di recidiva si può fare chirurgia oppure si valuta sempre la radioterapia alle volte associata alla chemioterapia. Un paziente con meno di 5 metastasi può beneficiare della radioterapia stereotassica per mantenere lo stesso schema di trattamento farmacologico per più tempo con aumento del l'overall survival. Nelle metastasi cerebrali esiste la possibilità di fare trattamento radio chirurgico o ablativo da molto più tempo rispetto al body dato per il cervello, essendo un distretto fisso che crea meno problemi. L'efficacia è nettamente superiore rispetto a fare la pane in cefalo radioterapia, che provoca delle problematiche a breve termine dopo 4 o 6 mesi, come rallentamenti ed amnesie. Mesotelioma pleurico. E un tumore raro che rappresenta meno dell'un percento di tutte le malattie oncologiche. Colpisce il mesotelio e riveste gran parte degli organi interni. La forma più frequente è quella che colpisce la pleura. La clinica è molto significativa, tanto da dare poche opportunità di cura e una prognosi molto infausta. La chirurgia di elezione del mesotelioma e la pleuro-pneumonectomia con rimozione del polmone e di tutta la pleura. Soltanto il 10 o il 15% dei pazienti risulta candidabile e la mortalità post- operatoria si aggira attorno al 18%. La sopravvivenza a due anni rimane comunque molto bassa, tra il 10 e il 30%. Le recidive locali si manifestano abbastanza precocemente e a un anno sono in percentuale del 31 o 64% dopo la pleuro-pneumonectomia e nell’80- 90% dopo la decorticazione pleurica o pleurectomia. In assenza di chirurgia viene iniziato il trattamento con Carboplatino o cisplatino, più il pemetrexed. Si fanno 4 cicli minimo. La modalità di intervento più accreditata per il mesotelioma è rappresentata dall'approccio trifasico. È composto da tre fasi d'attacco, il primo con intervento chirurgico radicale, il secondo con trattamento chemioterapico, e il prezzo è il terzo con trattamento radiante con dosi di 35 Gy sull’emitorace, sul Mediastino e 50 Gy sui margini di resezione. La sopravvivenza è del 45% a due anni e del 22% a 5 anni. La distribuzione delle irregolarità pleuriche si ottiene nelle immagini PET che spesso viene fatta perché laddove la pleura capta c'è malattia più aggressiva, che richiederà una dose maggiore. Complicanza della radioterapia. L'utilità della radioterapia rimane tuttora dibattuta a causa dell'elevata tossicità. Essendo il polmone pienamente coinvolto, irradiato, gli effetti collaterali sono molto frequenti. In particolar modo abbiamo la fibrosi polmonare radio indotta che insorge in quasi nel 100% dei casi. La polmonite attinica, che sorge nel 23% dei casi e la fistole nel 4,3% dei casi. La radioterapia in generale induce effetti immunomodulatori nel microambiente tumorale, andando ad influenzare la risposta del sistema immunitario contro le cellule tumorali. Questo provoca il rilascio di neoantigeni aumentando l'espressione del complesso di istocompatibilità di classe 1 che stimola la risposta immunitaria mediata dai linfociti T CD 8 positivi. Questo aumenta significativamente sia l'efficacia dei farmaci immunoterapici, sia la suscettibilità dei pazienti e gli stessi. La radioterapia attiva il sistema immunitario, in alcuni casi può addirittura determinare le risposte. Tra queste si ricorda ciò che viene definito come l'effetto Abscopal. Questo è un fenomeno che si verifica quando, facendo un trattamento radiante su una metastasi, ne risponde anche un'altra, localizzata in diversa sede. Questo effetto non è così frequente, però si ritiene possa essere presente in circa il 30% dei pazienti. Carcinoma della prostata. Il carcinoma della prostata rappresenta uno dei due tumori più frequenti nel sesso maschile. Trattandosi di una patologia correlata all'età, man mano che la popolazione ultrasessantenne cresce, cresce anche l'incidenza della malattia. Il carcinoma prostatico si associa a una predisposizione genetica, risentendo anche del fenomeno dell'anticipazione, per il quale il figlio del paziente affetto sviluppa la malattia, uno o due decenni prima. Fino a pochi anni fa si faceva ricorso esclusivamente all'esplorazione rettale, l'ecografia transrettale e la scintigrafia ossea. Oggi, a seconda del grado di rischio, si richiedono o meno alcuni esami, tra cui. - PSA. Non è considerato un marker particolarmente affidabile perché in fase diagnostica bisogna tenere conto di tante variabili. Ci possono essere anche soggetti con malattie molto aggressive, ma con PSA negativo. In questi casi i tumori non saranno diagnosticabili mediante riscontro di fluttuazioni del PSA. Infatti, i pazienti potrebbero arrivare all'attenzione del medico per disturbi minzionali, anche se, va sottolineato come non ci sia una relazione tra i disturbi minzionali e le neoplasie prostatiche, perché i tumori prostatici originano dalla periferia della ghiandola tenendo, tendendo ad uscire dalla capsula; quindi, non sono portati ad avere rapporti con l'uretra. Se non nel contesto di una crescita molto tumultuosa. Per cui il PSA inferiore a 10 è un low risk tra i 10 e i 20, è un rischio intermedio, è maggiore di 20 e un alto rischio. - Gli esami rettale col dito. - Risonanza magnetica multiparametrica. Richiede una buona esperienza da parte dell'operatore che mette in evidenza la malattia più aggressiva. Il radiologo evidenzia che c'è qualcosa che non va attraverso la dicitura PI RADS. Questo significa che la malattia, quando il numero adesso associato al quattro. Questa procedura permette di effettuare biopsie più mirate e precise. Con la risonanza magnetica si mostra la sede di malattia più evidente e permette di determinare il grado di differenziazione della malattia mediante. o Gleason Score. Si costituisce di due numeri, il primo numero corrisponde alla popolazione cellulare prevalente, il secondo ha la seconda popolazione più numerosa. Si identifica il basso rischio nelle classi con Gleason sotto il 7. o Grade Group. Dato che i gradi uno e due sono rarissimi, lo Score di Gleason, in pratica come valore più basso il sei. Questi valori permettono di valutare anche l'aggressività di malattia, oltre che la sua grandezza. Spesso l'aggressività è più importante delle dimensioni, tanto che ci sono tumori 3+3 che rimangono tali anche dopo tanto tempo. Sulla base delle dimensioni del Gleason si definiscono varie categorie di rischio.  Molto basso. È pressoché innocuo. Si preferisce procedere con una sorveglianza attiva. Il ritmo di crescita è indolente per cui non metastatizza era e non crescerà in maniera rilevante. Ciononostante, il 50% di questi tumori avrà un'evoluzione tale da richiedere un intervento di qualche tipo. Quindi, di conseguenza si effettuerà una risonanza magnetica annuale o ogni volta che il PSA aumenta, associandolo ad una nuova biopsia. Più il paziente è giovane, è maggiore la possibilità che la malattia evolva. Anche in questi casi di malattia lieve è possibile intervenire precocemente su volontà del paziente con prostatectomia radicale o con radioterapia radicale. O ancora con brachiterapia. Nell'applicazione la sorveglianza attiva si tiene conto anche dell'aspettativa di vita del paziente. I pazienti con aspettativa di vita inferiore a 10 anni si fa solo osservazione, evitando di fare costi inutili per il sistema sanitario nazionale. Ad oggi, nella scelta della sorveglianza attiva possono entrare anche valutazioni di tipo molecolare.  Basso. Abbastanza indolente e suscettibile di monitoraggio più che di intervento vero e proprio. Prevede un atteggiamento abbastanza simile, in cui si preferisce tendenzialmente la sorveglianza attiva, con una possibilità di optare per radioterapia, oppure di passare all'osservazione in pazienti con aspettativa di vita inferiore ai 10 anni.  Intermedio. Si divide a sua volta in.  Favorevole. Se il paziente ha un'aspettativa di vita di oltre 10 anni, si può optare per una sorveglianza attiva e una radioterapia oppure una brachiterapia.  Sfavorevole. Si fa chirurgia o radioterapia nelle persone che hanno più di 10 anni di vita come aspettativa di vita, da contrapporre invece all'osservazione, nelle persone che hanno meno di 10 anni di aspettativa di vita.  Alto.  Veramente alto. Per il rischio alto o l'altissimo rischio, l'opzione preferita è la radioterapia. Questo perché in queste malattie avanzate con superamento della capsula è praticamente impossibile per il chirurgo eseguire un intervento radicale. In casi di linfonodi negativi, ma con manifestazioni di malattia in altre sede corporee bisogna affiancare anche la terapia medica, che può prevedere un ormonoterapia o la chemioterapia, che però è meno efficace. La terapia ormonale prevede due possibili categorie di farmaci. - LHRH analoghi. Vanno a sopprimere la produzione di testosterone testicolare. - Antiandrogeni. Vanno a sopprimere la produzione di testosterone al livello del surrene. Se i livelli di PSA non sono azzerati o si registra un incremento in controlli seriati, si deve fare uno studio per verificare la presenza di malattie in altre sedi corporee. Radioterapia. Esistono tre modalità per effettuare la radioterapia nel tumore prostatico. 1. Frazionamento convenzionale. 2. Ipofrazionamento moderato 3. Ultra ipofrazionamento Queste tre differiscono per il numero di seduto e dosi diverse. captazione, la specificità è attorno all' 88%. Ci sono ovviamente dei limiti dimensionali attorno ai 5 mm. La malattia ha uno spiccato tropismo per l'osso dove si raggruppano le metastasi. La PET permette in questo caso di sostituire la scintigrafia. La PET con PSMA rappresenta il Gold standard della rivalutazione del paziente perché si può già fare con valori di PSA di 0,4. Più bassi sono i valori di PSAE, maggiori sono le probabilità di curare il paziente con trattamento radiante e risolutivo. Tra amento. I pazienti possono presentare nel tempo metastasi accompagnati da un aumento di PSA a cui fa seguito un accertamento con PET che magari mostra una localizzazione a livello osseo o linfonodale. Un paziente con un massimo di 5 linfonodi e una sete a distanza coinvolta viene definito oligo metastatico. Ovvero considerato in una fase di transizione tra una malattia controllata e una che diventerà poli-metastatica. Questi sono ottimi candidati anche per fare trattamenti locali in sede identificata con PET. Viene mantenuta in buona qualità di vita e soprattutto migliora la sopravvivenza. La percentuale di pazienti senza recidive locale a tre anni è del 79% e la percentuale di pazienti senza malattia a tre anni e del 31%. Il paziente oligo metastatico, ritenendo come tale un paziente con meno di 5 lesioni, può essere trattato con una terapia locale. Anziché irradiare solo i linfonodi in cui si è individuata la lesione, si parte dal presupposto che la linfa circola e che le cellule arrivano anche i linfonodi adiacenti. Quindi se pensato di trattare tutte le sedi linfonodali pelviche con sovra dose booster nelle aree positive della PET. I risultati sono stati ottimali con un overall survival a tre anni dell'ottanta percento. Con una local relapse free survival dell'ottanta percento. E una Clinical relapse free survival del 61,8%. Tra amento ormonale. Il trattamento aggiuntivo sarà quindi l'ormonoterapia usata in associazione alla radioterapia nei casi di alto ed altissimo rischio per circa tre anni. Nei casi invece a basso rischio, questa terapia viene solitamente omessa perché si tratta di una malattia piuttosto indolente. Tuttavia, riducendo le dimensioni della prostata, si riduce anche la tossicità della radioterapia, potendo agire su un volume minore e quindi un'area sana circostante minore. La massima riduzione dimensionale si raggiunge tra i 3 e i 6 mesi, periodo oltre il quale la riduzione del volume rallenta considerevolmente. Nei rischi intermedi si associa loro monoterapia quando si hanno linfonodi positivi, così come nei rischi alti. Si propongono trattamenti di solito da quattro mesi. C'è un unico caso in cui questo trattamento è controindicato, cioè quando si effettua solo la Brachiterapia. Al massimo si può effettuare un ormonoterapia tre o quattro mesi prima e interromperla per poi programmare la brachiterapia distanza. Il consenso raggiunto sembrerebbe essere che il trattamento radiante ad alte dosi sembra essere sufficiente anche da solo, fino al rischio intermedio favorevole, soglia oltre il quale la giunta dell'ormone migliora il controllo di malattia. La durata del trattamento per i casi ad altissimo rischio deve essere di 3 anni. L'ormonoterapia funziona sulla base del principio che, essendo il testosterone a stimolare la crescita delle cellule malate, sopprimendo quest'ultimo, si rimuove la causa stimolante e si inibisce quindi la crescita. Di fatto non è sempre così, perché fare una terapia così lunga predispone le cellule a modificarsi dal punto di vista genetico fino a non essere più il bersaglio dell'ormone e sviluppare quindi delle resistenze. A meno di non essere in uno scenario in cui, dopo la radioterapia, rimanevano poche micrometastasi risolte con l'ormonoterapia, è difficile che un ormonoterapia riesca a bloccare la malattia per sempre. Per questo ci sarà bisogno di ricorrere anche ad altri trattamenti come gli antiandrogeni e gli LHRH analoghi. Quindi si ha a disposizione anche la chemioterapia. La chemioterapia è l'opzione meno efficace e viene presa in considerazione nel momento in cui viene osservata una resistenza alle terapie ormonali. La LHRH analogo azzera quasi del tutto il testosterone con perdita della libido e capacità di avere un rapporto sessuale dando alterazioni del metabolismo che diventa più pigro e ciò porta ad un aumento di peso e quindi a tutte le complicanze associate. Si osservano inoltre possibili reazioni vasomotorie simili alle donne menopausa con importante sudorazione. Questa sindrome vasomotoria colpisce maggiormente i pazienti giovani l'ormonoterapia può inoltre stimolare il sistema immune. Per ridurre la tossicità nasce la modalità di terapia intermittente. Carcinoma mammario Il carcinoma mammario è il tumore più frequente al mondo e rappresenta il 30% di tutti i tumori femminili, con un'incidenza che è in aumento nei paesi industrializzati, mentre è rapidamente in aumento nei paesi in via di sviluppo. In Italia colpisce una donna su 8. La sopravvivenza a 5 anni è dell'87% e quindi è molto elevata. Lo screening ha portato ad un aumento della diagnosi dei tumori in situ, cioè quelli non invasivi che si presentano con microcalcificazioni. Grazie all'utilizzo estensivo dello screening, è possibile identificare il tumore quando ancora in situ, perché va a produrre delle microcalcificazioni, che sono rilevabili alla mammografia e quindi risulta essere più denso rispetto ai tessuti circostanti. Questo permette di vedere i noduli prima che diventi palpabili, oppure che si veda l'ecografia. Ovviamente la mammografia e lo screening è una forma di prevenzione secondaria, quindi non riduce l'incidenza della malattia. Però il suo obiettivo è quello di diagnosticare precocemente la stessa. Fa ori di rischio - Sesso femminile. Il sesso maschile è 100 volte più raro ed entra in diagnosi differenziale con la ginecomastia. - Età. Il cancro alla mammella è assente praticamente sotto i 25 anni. Tra i 40 e i 60 anni, l'incidenza aumenta. In particolare, raggiunge il picco ai 65 anni. Lo screening viene portato avanti fino a 75 anni. - Densità mammaria. È la percentuale di tessuto fibroghiandolare rispetto a quello adiposo all'interno della mammella. Nelle mammelle mammograficamente dense, si perde il contrasto tra il tumore e il tessuto circostante, quindi si ha un rischio intrinseco di 4 o 5 volte più alto di sviluppare un carcinoma rispetto alle mammelle adipose. - Abuso di alcol. - Fattori ormonali. Aumentano il rischio situazioni di menarca precoce, la menopausa tardiva, la nulliparità, la prima gravidanza tardiva, un'assenza di allattamento e la terapia ormonale sostitutiva. - L'essere in sovrappeso e l'essere sedentari. Questo perché il tessuto adiposo produce estrogeni. - Esposizione pregressa radiazioni ionizzanti. La radioterapia mediastinica usata ad esempio nel linfoma di Hodgkin può portare allo sviluppo del carcinoma mammario nella sede irradiata a distanza anche di 15 o 20 anni, e a volte anche bilateralmente. - Familiarità e genetica. Nonostante la stragrande maggioranza dei tumori al seno siano sporadici, un 10 o 15% presenta familiarità e tra questi solo il 25% ha una causa genetica identificabile. Tipicamente lo si riscontra con la mutazione BRCA1 o BRCA2 che conferiscono un aumentato rischio di tumore al seno del 50-60%. BRCA 1, inoltre, aumenta il rischio di tumore all'ovaio di quasi il 50%; BRCA2 aumenta il rischio di carcinoma mammario maschile fino all’85%. La gravidanza e l'allattamento sono fattori protettivi. Istologia Il carcinoma mammario è una malattia molto eterogenea, di cui si hanno 4 tipi istologici differenti: 1. LUMINAL A: si ha ER+, PgR+, Ki67<14%. È la forma meno aggressiva con tasso di guarigione molto elevato. Si cura con chirurgia, radioterapia e blocco ormonale farmacologico per 5 anni 2. LUMINAL B: si ha ER+, PgR+, Ki67>14%. H potenziale di metastatizzazione più elevato. Per il trattamento si fa chemioterapia 3. Her2+: si ha ER-, PgR-, Her2+. È molto aggressivo e non può essere trattato con terapia ormonale. Si usa il Trastuzumab come chemioterapia neoadiuvante per ridurre il tumore e avere una prognosi migliore 4. Triplo negativo: non si ha nessuna molecola di superficie. È il tumore più difficile da trattare e presenta un Ki67 elevato, con una tendenza alla recidiva locale o sistemica particolarmente alta. All’imaging spesso viene confusa con una forma benigna perché è un nodulo rotondeggiante con necrosi centrale ben visibile alla RM La mammella sana è un organo semisferico. È una ghiandola tubolacinare costituita da grasso e tessuto, parecchi mostro male, composto da uno stroma collagenoso che sostiene il tessuto ghiandolare immerso nel tessuto adiposo. È possibile dividere la ghiandola in 15 o 20 lobi. Ciascuno di questi si divide in 20 o 40 lobuli a loro volta composti da 10 o 100 acini, anche detti unità duttulo-lobulare terminale. Queste strutture si vedono in maniera diversa in base alla metodica di imaging. Alla mammografia il tessuto adiposo è radiotrasparente, mentre quello ghiandolare appare radiopaco. All'ecografia, l'Adipe e ipoecogeno e la ghiandola iperecogena. L'albero duttale si compone dall'acido dell'ambiente esterno, di duttili, dotti terminali intralobulari, dotti terminali extralobulari e infine dotti galattofori. La regola è il capezzolo appaiono come opacità alla mammografia e come ipoecogenicità all'ecografia e come enhancement alla risonanza magnetica. - Transfontanellare: molto utile nel neonato. È molto maneggevole da fare, facile, rapido, economico e privo di radiazioni. Si sfrutta la finestra acustica della fontanella anteriore, quindi la si può fare fino a quando le suture e la fontanella sono ancora aperte (6-7 mesi di vita). - Sacrale: usata in caso di sospette malformazioni come la spina bifida o aperta e mielomeningocele 2. TC Usa radiazioni ionizzanti, quindi nei bimbi va fatta solo quando strettamente necessario per il rischio oncogenico. Viene usato in elezione per studiare le componenti delle ossa del cranio e quindi è ottima per - Analisi delle malformazioni ossee - Traumi e fratture - Studio dei seni paranasali - Studio catene ossiculari dell’orecchio medio - Studio del rachide - Monitoraggi post-chirurgici Da tenere presente che le suture e la fontanella consentono al cranio di aumentare il volume in modo armonico; quindi, se alla nascita una di queste è già saldata, si creano delle limitazioni nella crescita tridimensionale del cervello stesso. I vantaggi della TC sono - Rapidità di esecuzione (30s – 2min massimo) - Diponibilità - Costi (più bassi della RM) Lo svantaggio principale è il rischio oncologico, che è un rischio stocastico (=probabilistico), ma nei bambini è maggiore perché hanno una aspettativa di vita molto elevata, una quantità di radiazioni più concentrata perché hanno un corpo più piccolo e una velocità di replicazione maggiore rispetto alle cellule adulte. Il rischio stimato di un tumore radioindotto per singola esposizione è di 1/5000; nelle TC ripetute 1/100. Questo è uno dei motivi per cui si sta investendo sempre più nelle fast MRI, che nei follow up possono sostituire la TC, avendo una maggiore velocità di esecuzione a discapito di una precisione minore rispetto anche alla RM tradizionale. 3. RM È l’esame elettivo in pediatria. Non è invasiva, non usa radiazioni, ha il massimo della risoluzione spaziale e quindi dell’accuratezza diagnostica. Ha 2 pesature - T2 permette di vedere determinate parti del cervello iperintense (bianche) - T1 permette di vedere le stesse parti ipodense (scure) La RM fetale si esegue su indicazione ginecologica dopo il primo trimestre di gestazione, a partire dalla19esima – 20esima settimana. Viene richiesto per dubbio diagnostico dopo l’eco morfologica che viene eseguita tra le 18 e le 22 settimane e che permette di porre ipotesi diagnostica. Durante lo svolgimento della RM i bambini neonati eseguono pochi movimenti, motivo per cui è possibile non usare alcun tipo di sedazione e quindi l’esame viene eseguito durante il sonno spontaneo. Esistono degli studi di ricerca che vengono eseguiti con RM funzionale. Queste servono per studiare l'attivazione di aree del cervello e secondariamente, la somministrazione di stimoli passivi particolari. Un altro studio che è possibile eseguire è quello della RM tensoriale. Questa sfrutta il movimento delle molecole d'acqua e consente di studiare le direzioni dei fasci di fibre ancora prima che essi siano mielinizzati. Questo è fondamentale in caso di operazione e il neurochirurgo non vuole tagliare i fasci di fibre importanti. La neuroradiologia presenta anche un ambito interventistico che viene chiamato neuroangiografia e di solito viene usato per il trattamento di emorragie subaracnoidee, aneurismi e ictus. Per via vascolare si può eseguire una trombectomia. Nei bambini sono più frequenti le malformazioni come per esempio: - Aneurisma della vena di Galeno. Può essere trattata solo per via endovascolare in urgenza. Si utilizza un approccio per via endoarteriosa con cui si chiudono con colle e spirali i feeders arteriosi che vanno ad alimentare la malformazione. Questa deformità sottrae con meccanismi di shunt il sangue alle zone adiacenti a cui non arriva un supporto ematico sufficiente. - Malformazione con shunt arterovenoso. In RM pediatrica si indicano peso ed età del paziente in modo tale da usare delle radiofrequenze adatte per evitare effetti collaterali. - A livello fetale. Si usa un approccio molto veloce con immagini ottenute come metodiche ultra-fast, a discapito della qualità, ma si tratta comunque di esami più sensibili dell'ecografia. - A livello neonatale. Non viene richiesta la sedazione, però di solito si usano cuffie e coperte. - Nei bambini dai 2 mesi ai 6 anni. La RM dura circa 40 minuti, motivo per cui si rende necessaria la sedazione con propofol, in collaborazione con neuro anestesisti, per la non compliance del paziente. - Nei bambini con più di 6 anni si cerca di non usare la sedazione e si esegue l'esame dopo un'adeguata preparazione psicologica. Sviluppo dell'ENCEFALO. Lo sviluppo è determinato da un incremento volumetrico. Il volume dell'encefalo è solo il 30% di quello che sarà da adulto, anche se nel numero di neuroni è già al massimo. È possibile distinguere altri due tipi di sviluppo: - Corticale - Della sostanza bianca Nel tubo neurale c'è una parte caudale e una vescicola anteriore. La vescicola è fatta dal sistema ventricolare approssimativo con una pseudo stratificazione di cellule che si differenzieranno poi in due linee - Linea grigia o corticale. Darà origine al neuroblasto e quindi al neurone attorno alla diciottesima settimana. - Linea bianca. Ne sono un esempio gli oligodendrociti. La sostanza bianca diventa sempre più ipointensa rispetto alla corteccia. A seguito delle modificazioni della corteccia e della sostanza bianca nella RM a diciott'anni, si hanno forma e caratteristiche di segnale simili a quelle dell'adulto. Per quanto riguarda lo sviluppo corticale abbiamo due fenomeni 1. Migrazione. Può essere radiale o tangenziale. I neuroni, dopo aver proliferato ed essersi differenziati nella zona periventricolare, migrano e vanno a formare i vari strati corticali. a. Migrazione radiale. Il neurone della zona periventricolare migra seguendo una glia radiante e si va a localizzare in un punto preciso della corteccia. Durante questa migrazione il neurone si arrampica sulla glia attraverso degli Stati intermedi del parenchima, passando dalla zona ventricolare alla zona intermedia che viene chiamata subplate. A livello del subplate che è subito sotto il corticalplate, i neuroni si formano prima di entrare in corteccia. Qui avvengono le prime connessioni. b. Migrazione tangenziale. I neuroni inibitori partono dalle eminenze gangliari, daranno in seguito vita ai neuroni della base. Questa zona risulta fondamentale per il corretto sviluppo della corteccia e ci sono evidenze che mostrano come si possa essere una compromissione del sub Plate nei neonati nati gravemente prematuri. 2. Organizzazione corticale e apoptosi. Quando il neurone entra nello Stato corticale lo fa attraverso un meccanismo di Inside out. I primi neuroni che entrano formano una lamina marginale. Questa è importante per la corretta di definizione dei giri cerebrali. I neuroni successivi si localizzano sempre più in profondità rispetto ai precedenti. Girazione. A 20 settimane è possibile identificare la cisterna silvana ancora molto aperta. Nelle 20 settimane successive si formano i solchi corticali attraverso un processo complesso che ancora non del tutto noto. La prima formarsi è la scissura interemisferica. Lo sviluppo di solchi corticali è determinato da fattori genetici, ambientali e meccanici e i solchi che si approfondiscono in base alla funzione della corteccia e agli stimoli. La scissura Silvana, il solco pre-calloso e la scissura calcarina sono le strutture più precoci. Dopo di queste si sviluppano la scissura paretooccipitale, il solco olfattorio, il solco rolandico, il solco precentrale, il solco temporale superiore, il solco post cetrale, i solchi primari, secondari e terziari anche secondo la funzione sviluppata in quella regione. Infine, si sviluppano le circonvoluzioni, temporali medie ed inferiori. Sviluppo della sostanza bianca. Si sviluppa anche la sostanza bianca. Questo sviluppo più lento rispetto a quello corticale. La sostanza bianca determina l'incremento volumetrico del cervello dalla nascita fino all'età adulta. Aumentando il suo volume nelle prime 4 o 5 decadi di vita. Il processo di mielinizzazione e le connessioni dendritiche si sviluppano tra i neuroni sia della corteccia sia dei nuclei della base tra gli emisferi e tra afferenze ed efferenze con la periferia. Lo sviluppo della sostanza bianca termina attorno ai 30 o ai quarant'anni. Le malformazioni hanno in comune la presenza di neuroni dismorfici che non si sono differenziati completamente, a cui segue la formazione alterata dalla sostanza bianca. Sono frequentemente causa di forme gravi di epilessie farmacoresistenti. La patofisiologia ha alla base una up regulation della via del segnale di mTOR. Se viene a mancare il controllo su queste vie, la sintesi proteica segue una proliferazione aberrante. Anomalie da migrazione. Il problema in questo caso è legato alla migrazione dei neuroni, che dalla sostanza bianca periventricolare devono arrivare in corteccia. Le forme molto gravi non sono frequenti in quanto si riesce a fare diagnosi precoce e anche perché si tratta di forme incompatibili con la vita. Tra le anomalie di migrazione figurano - Lissencefalia classica di tipo 1. È la forma più grave in cui il cervello si presenta liscio e con neuroni che non migrano nel modo giusto, portando quindi alla formazione di neuroni anomali che sono rimasti nella zona che diventerà sostanza bianca. - Pachigiria. La banda di corteccia è più sottile e si sono formati un po’ di giri corticali, ma i neuroni comunque non sono migrati adeguatamente. - Lissencefalia cobblestone. È la forma più frequente in cui sono presenti dei giri, ma l'encefalo e come acciottolato. Rientra nelle distrofie muscolari perché ci sono alterazioni sia della corteccia che della sostanza bianca e ci sono problemi di neuroni che emigrano nel modo sbagliato in corteccia. Nelle anomalie di migrazioni ritroviamo anche le eterotopie, cioè i neuroni che restano tra i ventricoli e la corteccia durante la formazione. Le eterotopie possono essere - Isolate. Queste forme, su base classica, vedono durante lo sviluppo della vita fetale la presenza di un insulto che colpisce le aree del cervello che non riescono a svilupparsi in modo adeguato. - Focali. - Bilaterali. Determinano la formazione di eterotopie nodulari per i ventricolari e sono in genere familiari. - Multinodulari. Le donne in genere hanno forme più lievi, mentre negli uomini si tratta spesso di condizioni molto gravi o addirittura incompatibili con la vita. Anomalie dello sviluppo post migrazione. Tra le anomalie si trovano inoltre le polimicrogirie, cioè aree corticali in cui la corteccia non ha una normale girazione ma tanti piccoli giri fusi e con un’anomala laminazione corticale. In questi casi, può presentarsi con un emiparesi monolaterale e alla RM si vedrà una corteccia pseudo inspessita con eccesso di piccoli giri. A volte è interessata alla regione motoria bilaterale e talvolta ci sono bambini con paralisi sopranucleare. Le forme monolaterali di solito non sono genetiche ma tipicamente sono a seguito di ictus. Quelle invece bilaterali sono perlopiù di origine genetica. Mala e demielinizzan In generale sono patologie infiammatorie, per le quali la RM è altamente diagnostica (la TC non le vede). La RM 7T è un’apparecchiatura di ricerca su cui si possono fare degli studi clinici che dà immagini di suscettibilità. Ad esempio, è possibile vedere i bordi paramagnetici e la vena centrale. È importante fare diagnosi differenziale negli stadi iniziali di malattia. Sclerosi mul pla Caratteristiche: - La distribuzione delle lesioni è asimmetrica, isolata o confluente, di solito di forma ovoidale - Si localizzano a livello o Periventricolare con distribuzione ortogonale perivenulare. Questo segno viene chiamato Dawson’s fingers, ed è importantissimo per fare diagnosi differenziale o Corpo calloso. Si perdono i neuroni e con l’evoluzione della malattia il corpo calloso di assottiglia o Sostanza bianca sottocorticale con interessamento delle fibre a U. Queste sono dei sistemi associativi corti che mettono in relazione diversi punti vicini della corteccia che si trovano sotto i solchi della convessità o Sottotentoriale o Sostanza grigia o Midollo spinale - Inoltre, si hanno degli enhancement nodulari o ad anello che sono tipici delle fasi acute della malattia e durano dalle 2 alle 6 settimane. L’esordio di solito è occasionale, con il ritrovamento casuale di lesioni che sembrano demielinizzate in soggetti non asintomatici. Sindrome clinicamente isolata CIS La maggioranza dei pz con SM esordisce con un singolo episodio definito come CIS, che si risolve nel tempo. Può coinvolgere delle parti specifiche della sostanza bianca, come - Nervo ottico - Tronco encefalico - Midollo spinale Spesso questi pazienti esordiscono con neurite ottica. Il riconoscimento precoce della lesione ha permesso di stabilire dei criteri diagnostici con cui la diagnosi di SM può essere fatta con RM. La distribuzione delle lesioni all’esordio è tipicamente nella fossa posteriore (12% nel ponte, 8% nel mesencefalo, 4% nel cervelletto e 1-2% nel bulbo). Nel cervelletto le lesioni possono essere asintomatiche o meno. Nel tronco invece è più facile che siano sintomatiche per via della presenza di strutture importanti. La localizzazione principale è quella del 4° ventricolo, dove ci sono i peduncoli cerebellari e la superfice del ponte. Ci sono tumori che si sviluppano vicino al sistema ventricolare come l’ependimoma, il medulloblastoma verminato e quello emisferico cerebellare (che non è pediatrico), ma anche il linfoma. Fossa cranica Nella fossa cranica posteriore la lesione interessa principalmente le fibre che divergono lateralmente per poi dare origine al trigemino, e sono proprio all’ingresso del nervo. La clinica in questo caso potrebbe essere di atassia, no oftalmoplegia, parestesia (più comune) e nevralgia del trigemino. È un quadro molto tipico della SM che difficilmente è presente in altre sindromi infiammatorie. Nella pratica clinica sono state introdotte le FLAIR 3D, con acquisizioni su piani che ci permettono di avere un quadro più completo. Midollo spinale Nel midollo spinale è presente un altro distretto che tipicamente viene colpito dalla SM. In questo contesto le lesioni sono piccole di dimensioni, con estensione inferiore ai 2 mielomeri e con un coinvolgimento inferiore alla metà del midollo sul piano assiale. La localizzazione è prevalentemente cervicale, con lesioni cordonali e con coinvolgimento delle colonne posteriori o più raramente laterali La forma è allungata sul piano sagittale, a sigaro e rispetta l’andamento della sostanza bianca midollare. All’imaging sono iperintense in T2 e iso o ipointense in T1. Non è detto che ci sia enhancement. Nelle fasi avanzate il midollo diventa atrofico. Nervo o co È un altro distretto tipicamente coinvolto nella SM, in cui i pazienti si presentano con un calo del visus. Di solito questo è monolaterale, con una lesione della zona pre-orbitaria del nervo ottico relativamente di piccole dimensioni. Se fossero interessati entrambi i nervi ottici con coinvolgimento del chiasma dei tratti ottici si dovrebbe pensare ad altre forme infiammatorie. Il piano coronale T2 è quello che ci permette di vedere bene la lesione. In assiale non si vede niente. In un paziente con neurite ottica da SM in cui è coinvolto il nervo ottico quello che cerco è l’iper- intensità del nervo, con un aumento di dimensioni e la presenza di dopo la somministrazione di gadolinio. Un altro aspetto caratteristico della neurite è la dilatazione della guaina del nervo ottico che si vede nel 45% dei casi. Questo spesso è associato a un elemento della guaina ottica che è presente nel 75% dei casi. E che va a ridursi fino a normalizzarsi nell'arco di qualche giorno. Dopo la somministrazione di gadolinio, si nota come sia proprio la lesione più profonda prendere il contrasto ad anello ed è indice di una lesione acuta. Per capire il motivo per cui questa lesione causa sintomi visivi si usa il piano coronale e sagittale. Osservando i piani sagittali e coronali, è possibile vedere la lesione e definire se asintomatica o no. Sindrome radiologicamente isolata. Il 34% dei pazienti con sindrome radiologicamente isolata può sviluppare un primo episodio clinico isolato di sclerosi multipla entro 5 anni. In particolare, i predittori di conversione clinica sono il sesso maschile, l'età di insorgenza sotto i 35 anni e la presenza di lesioni midollare. Queste sindromi sono caratterizzate da alterazioni con aspetto demielinizzante in soggetti senza sintomi. I criteri di inclusione sono uguali a quelli della sclerosi multipla, cioè disseminazione nello spazio con una lesione iperintensa in almeno due delle quattro aree classiche; tra i criteri di esclusioni ci sono i sintomi che richiamano la diagnosi della sclerosi multipla. C'è un'alta probabilità di trovarsi davanti a una fase precoce di sclerosi multipla se è presente una disseminazione nel tempo e nello spazio. È molto frequente vedere in soggetti normali iperintensità della sostanza bianca per i ventricolare o in quella più profonda ed è molto più raro riscontrare lesioni nel tronco, nel cervelletto. La presenza di lesioni in alto numero e la localizzazione tipica cortico iuxtacorticale sono entrambe molto tipiche della sclerosi multipla. Neuromielite o ca. Interessa i nervi ottici, il midollo e il cervello. Le alterazioni in questo caso, si distribuiscono tipicamente nelle zone ricche di acquaporine e quindi soprattutto a livello periventricolare. Nella neuromielite ottica è molto più importante rispetto a quanto visto nella sclerosi multipla, il coinvolgimento del midollo. Si assiste infatti a un progressivo aumento del numero di lesioni che coinvolgono il midollo, mentre nella neuromielite ottica la singola lesione che coinvolge midollo e la lesione molto più aggressiva destruente e ha un’estensione maggiore. Il midollo è estremamente rigonfio, con un'alterazione del segnale che si estende per molti mielomeri a livello cervicale. Nella neuromielite ottica la lesione, essendo più aggressiva è tipicamente ipointensa in T1, ed è presente sia infiammazione che distruzione tissutale importante. L’enhancement è quasi sempre presente e spesso disomogeneo. Un'altra differenza rispetto alla sclerosi multipla è l'interessamento bilaterale e intracranico dei nervi ottici. Il risultato è un nervo ottico ingrandito iperintenso in T2 con un enhancement molto marcato dopo il mezzo di contrasto; è presente nel 94% dei casi all'esordio. Caratteristico è il coinvolgimento della porzione posteriore del bulbo, in particolare nell'area postrema causante singhiozzo. Nella sclerosi multipla, le regioni sottotentoriale più coinvolte sono il ponte, il cervelletto, il mesencefalo e raramente il bulbo. Nella neurite ottica non è presente il segno della vena centrale che invece è tipico della sclerosi multipla. Il criterio della lunghezza dei miei vomeri nel midollo coinvolto è molto utile per sapere l'entità patologica diversa. Leucoencefalopa a Mul focale progressiva PML. È una patologia caratterizzata da lesioni pseudo tumorali che va in diagnosi differenziale con la sclerosi multipla. Ha una clinica molto importante, caratterizzata da un decadimento cognitivo con perdita di tessuto cerebrale. Di solito è causata dalla riattivazione del JC virus. Può insorgere anche come effetto collaterale di alcune terapie, come il natalizumab utilizzate nella sclerosi multipla. È importante quindi segnalare quando un paziente con sclerosi multipla è in terapia col natalizumab, perché nel caso si riscontrino nuove lesioni, è probabile che siano dovute alla leucoencefalopatia multifocale progressiva. Encefalomielite acuta disseminata ADEM. L’ADEM non è facile da diagnosticare e da differenziare rispetto alla sclerosi multipla. È una malattia monofasica che interessa una popolazione più giovane. È legata di solito ad infezioni e vaccinazioni e ciò che aiuta molto nella diagnosi differenziali è la clinica. L'esordio è caratterizzato da encefalopatia, cioè un coinvolgimento più diffuso del cervello, al contrario della sclerosi multipla, che è spesso caratterizzata da sintomi focali. Le lesioni normalmente interessano in modo sincrono sia l'encefalo che il midollo e sono lesioni simmetriche con margini poco definiti, che interessano sia la sostanza bianca che la sostanza grigia. Il coinvolgimento è prevalente nella sostanza bianca sottocorticale e meno presente in quella periventricolare. Un altro aspetto molto tipico è l'interessamento del talamo e dei nuclei della base. È infatti difficile riscontrare lesioni demielinizzanti della sclerosi multipla nei nuclei della base, data la scarsità di presenza di sostanza bianca in questa sede. Altre caratteristiche dirimente è che l’enhancement è sincrono. Si osservano quindi le stesse lesioni sincrone con interessamento del talamo. Per quanto riguarda la distribuzione nel tronco nell'ADEM è più interessato il ponte e le regioni più anteriori. Vasculopa a Ipossico Ischemica La prevalenza della sclerosi multipla è di 1/1000. Questa invece tipologia di malattia si manifesta nel 5 o 10% della popolazione tra i 20 e i quarant'anni. Ci sono delle forme che sono francamente patologiche e spesso sono genetiche. Le forme invece più diffuse nei maschi dopo i cinquant'anni sono legate all'ipertensione. Molte alterazioni per intense in t due nella sostanza bianca, soprattutto a livello profondo. Le fibre U non sono mai interessate. Le lesioni sono lacunari con interessamento dei nuclei profondi e un coinvolgimento diffuso della sostanza bianca e lesioni vascolari nel tronco. CADASIL È una forma rara ma he viene tenuta in considerazione in caso di diagnosi differenziale con la SM. La sostanza bianca risulta danneggiata in maniera confluente e gli aspetti tipici sono alterazioni sottocorticali dei lobi temporali, il coinvolgimento della capsula esterna, le lesioni simmetriche e le lesioni vascolari. Va in d/D con la SM perché l’esordio è molto simile Sindrome di Susac È una vasculite dei piccoli vasi molto rara e che tipicamente coinvolge il cervello, la retina e la coclea. Spesso l’esordio è caratterizzato da disturbi visivi e sordità. Ci possono essere diverse lesioni del peduncolo medio e del mesencefalo. Somministrando il mdc si possono vedere le lesioni piccole con enhancement puntiforme in fossa cranica posteriore (che è tipicamente coinvolta) e a livello della sostanza bianca sovratentoriale. Vasculi Patologie rare che possono presentarsi come lesioni periventricolari, della sostanza bianca sottocorticale e lesioni profonde. Il quadro è di tipo ischemico e non demielinizzante, e ci possono essere delle micro o macro- emorragie (a differenza della SM). Inoltre, è presente l’enhancement piale, utile nella diagnosi differenziale. Altro segno tipico è l’enhancement parietale, che si può studiare con il black blood (frequente che possono vedere le arterie) Neurolupus Simula perfettamente SM e si differenzia da questa solo per la clinica e gli esami di laboratorio Mala a di Whipple Interessa molto frequentemente le strutture sottotentoriali quali il tronco e il cervelletto. Tende però a essere più simmetrica e a interessare maggiormente le strutture della fossa cranica posteriore rispetto alla SM Mala a di Lyme Tende ad avere delle lesioni più rotondeggianti e a non interessare le fibre U.
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