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Regole dell'interazione sociale, status, ruoli e socializzazione, Appunti di Sociologia

Una panoramica delle regole informali dell'interazione sociale, dei ruoli e status ascritti e acquisiti, della socializzazione e della identità. Vengono inoltre affrontati i concetti di subculture e controculture e il loro sviluppo nel tempo, correlati allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 17/06/2019

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Scarica Regole dell'interazione sociale, status, ruoli e socializzazione e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! INTERAZIONE SOCIALE È un’azione reciproca tra due o più individui, è una tematica fondamentale perché le persone che interagiscono sono il tessuto della società. Partendo dal concetto di azione sociale(che Weber riteneva che fosse l’oggetto specifico della sociologia, essendo un fare oppure un tralasciare di fare, quando è dotato di senso, e questo senso è orientato all’interazione con altri individui), per studiare completamente l’azione sociale non è sufficiente fare riferimento al modello di W. Prendiamo il tipo di azione razionale rispetto allo scopo, notiamo che spesso le azioni sociali hanno degli esiti diversi da quelli previsti, i motivi che possono portare al mancato raggiungimento di un obbiettivo sono molteplici, e io devo capire quali non sono stati messi in azione. A volte non vengono raggiunti perché: -viene sbagliato il calcolo mezzi-fini -a volte l’azione può essere consapevolmente basato sull’azzardo (investimento in borsa, calcolo il rischio che l’investimento potrebbe andare male) -per degli imprevisti, elementi che la persona non aveva considerato -perché nell’agire sociale a volte è compresa un’interazione e le altre persone coinvolte si comportano diversamente da come mi aspettavo -a seguito dell’effetto di combinazione cioè io agisco però non sono l’unica persona che all’interno della società agisce, quindi a volte la mia azione, sommandosi alle azioni degli altri porta ad esiti che sono imprevisti, dando luogo ad effetti perversi cioè sulla carta la mia azione è perfettamente razionale, i miei mezzi perfettamente adeguati per l’obbiettivo mentre ottengo esiti opposti a quelli sperati. Quindi se vogliamo studiare la società non possiamo limitarci a studiare le azioni sociali, perché queste sommandosi danno vita a qualcosa di diverso, con l’aiuto del caso. Boudon: effetto Cournot fa riferimento al posto che ha il caso nel determinare l’esito dei processi sociali facendo l’esempio della battaglia di Waterloo che ha segnato un cambiamento nella storia dell’Europa, che se fosse andata diversamente avrebbe cambiato tutta la storia, il suo esito è stato legato anche a fattori puramente casuali, orientando la storia in un senso oppure in un altro. (-pioveva molto forte e la pioggia ha ostacolato lo spostamento dei cannoni francesi, che non sono riusciti a vincere ). Interazione sociale: quando due o più soggetti orientano reciprocamente la propria azione verso l’altro Ho delle aspettative nei confronti dell’altro, mi preparo a ricevere le azioni dell’altro e anche queste aspettative sono reciproche e devono essere in qualche modo soddisfatte, se cosi non è l’interazione finisce. Perché l’interazione sia possibile questa deve rispettare delle regole informali e non scritte che impariamo fin dall’infanzia, e che cambiano da società a società e che si trasformano nel tempo, facendo riferimento a quelle che Goffman chiama i rituali dell’interazione che sono delle convenzioni sociali, cioè un’abitudine che si rafforza attraverso una forma di controllo sociale, di sanzione, cioè sono regole che hanno una loro forza pur essendo non scritte tu subisci una conseguenza, he potrebbe essere il rifiuto da parte dell’altro. Il tatto, Simmel, cioè per mantenere l’interazione nel tempo dobbiamo fare attenzione alla sensibilità dell’altro ,a non urtare l’altro a far si che non si trovi infastidito dall’agire con noi, per esempio non posso dire tutto quello che penso, perché potrei ferire l’altro, fanno quindi un filtro. Le interazioni non sono tutte uguali -simmetrica stesso piano (due amici, che decidono insieme) -asimmetrica ,una persona ha un maggiore potere, guida l’interazione e orienta il suo corso (interrogazione, dove l’interazione è decisa dal professore) -cooperativa, abbiamo una finalità e sappiamo che collaborando possiamo meglio raggiungere la nostra finalità (che non è per forza la stessa) -conflittuale due soggetti interagiscono ma l’obbiettivo può essere raggiunto solo da uno dei due -transitoria,che avviene una volta ma non è detto che si ripeta (negozio, treno) -durevole che tende a ripetersi nel tempo e le persone ne sono consapevoli, diventa una relazione che a sua volta crea un legame.( cioè quando interagisco con l’altra persona interagisco con una persona che assume un significato specifico non considerare come altro generalizzato ma considerarlo come persona che ha delle caratteristiche) Status e ruolo -Ruolo: come è possibile che inizino le relazioni sociali? Simmel, le interazioni possono iniziare perché quando interagisco con una persona sconosciuta io non interagisco come una persona, ma come un ruolo, quindi il ruolo è cio che permette l’avvio delle relazioni -Status: POSIZIONE SOCIALE che una persona ricopre all’interno di un gruppo o di una società, ogni status è legato a 4 elementi in un rapporto biunivoco. 1- potere 2-ricchezza 3-prestigio 4-istruzione Oggi lo status di una persona è determinato soprattutto dalla sua professione e molto spesso questi elementi sono tra loro collegati. Se così non è c’è incongruenza di status che genera: -una profonda frustrazione personale. -desiderio di vendetta, che porta ad utilizzare un vantaggio che ho per ottenere vantaggi su altri elementi (molto potere- poca ricchezza, sfrutto il mio potere per ottenere una maggiore ricchezza) Gli status possono essere : -Status ascritti dato per nascita (tendono ad essere presenti in società rigide) -Status acquisiti raggiunto dalla persona per il suo impegno, che oggi sono più rilevanti, mentre in altre società era più importante lo status ascritto (nobiltà, sistema indiano delle caste) (società dinamica) Lo status è qualcosa che ha degli elementi oggettivi, ma anche degli elementi soggettivi e soprattutto relazionali, ma anche in larga parte socialmente determinato quindi legato al riconoscimento degli altri. Status symbol, oggetto o pratica che serve a farci riconoscere come persona dotata di uno status elevato, per esempio comprando qualcosa che è chiaramente non accessibile a tutti (consumo vistoso) che servono ad affermare il fatto che ho una posizione sociale superiore a quello delle persone che mi circondano, e servono ad affermare la ‘distanza sociale’ che c’è quindi tra staus diversi. Quando abbiamo bisogno del consumo vistoso? Di far vedere la nostra posizione elevata? Quando la distanza sociale tende ad essere piccola, e va affermata sottolineata e rimarcata. Se sono nettamente superiore infatti non ho necessità di sottolinearlo. Come detto la scorsa lezione l’INTERAZIONE SOCIALE è caratterizzata dalle posizioni che le persone ricoprono all’interno della società. Per questo facciamo riferimento al concetto di Status che è un prestigio. Facendo riferimento a Simmel, esso aveva parlato dell’importanza del RUOLO; il quale si chiedeva come delle persone riescano a dare il via a delle relazioni. Parlando del concetto di RUOLO, esso rende possibile l’avvio di una relazione e mantiene questa relazione nel tempo. Il RUOLO rende possibile il comportamento dell’altro. Chiuso: il cui accesso è molto più complicato o tendenzialmente impossibile 4. Gruppi segmentali e gruppi totali Segmentali: quando l’appartenenza a quel gruppo è una sola delle tante possibili appartenenze dei propri membri (wwf, famiglia, gruppo lavorativo, amici, altre associazioni) questo significa che il gruppo stesso ha una capacità limitata di controllare la vita degli individui e di determinare la loro condotta Totale: quel gruppo comprende al suo interno tutti i ruoli che ha il singolo individuo, quando quel gruppo definisce interamente l’identità dell’individuo, unica appartenenza, che definisce completamente i ruoli e l’identità (una setta, un manicomio) In relazione agli obbiettivi che ha il gruppo si dividono: 1. Obbiettivi e funzioni espressivi la finalità è di proteggere il gruppo stesso, il gruppo c’è perché vuole esserci ha voglia di stare insieme e gli piace, ha la finalità di mantenersi nel gruppo 2. Obbiettivi e funzioni di tipo strumentale il gruppo ha una finalità esterna al gruppo stesso, il gruppo per la protezione dell’ambiente ha una finalità di proteggere l’ambiente, c’è quindi una finalità che una volta raggiunta il gruppo potrebbe sciogliersi I due possono coesistere in un gruppo, e gli appartenenti al gruppo possono avere singolarmente queste finalità, che non è detto siano le stesse per tutti, e la finalità espressiva del singolo può non essere uguale alla finalità espressiva del gruppo (idem col fine strumentale). Questa distinzione tra obb. del gruppo e obb. di chi ne fa parte è la distinzione che può esserci anche nei ruoli, che possono essere ruoli espressivi e strumentali. I ruoli strumentali sono i ruoli che concorrono a permettere al gruppo di raggiungere il proprio obbiettivo. Espressivi, permettono al gruppo di stare insieme e di mantenersi nel tempo. All’interno del gruppo strumentale ci deve essere si qualcuno che si preoccupa di arrivare agli obbiettivi, ma anche qualcuno che pensi a come durare in un futuro. Gruppo di riferimento I gruppi sono importanti nella vita degli individui e i gruppi di cui un individuo fa parte orientano la vita degli individui. Esistono anche dei gruppi di cui non facciamo parte, che però orientano la nostra vita, cioè gruppi nei confronti dei quali noi proviamo passione, simpatia e in particolare sono dei gruppi di cui noi non facciamo parte ma vorremmo fare parte ,e allora in qualche modo ci comportiamo in maniera coerente con le attese di quel gruppo, perché immaginiamo che cominciando ad adeguarci alle attese di un gruppo questo faciliti l’entrata in questo gruppo. Considerazioni rispetto alle dimensioni Simmel- idea che si possano fare riflessioni sulle forme prescindendo dai contenuti, riflettendo sulle dimensioni del gruppo a prescindere dalle caratteristiche specifiche del gruppo stesso. (DISTINZIONE DIADE-TRIADE, nella diade tutti i componenti sono essenziali, se una persona se ne va, il gruppo non c’è più, il gruppo non ha un identità e un esistenza distinta tra quella dei due appartenenti, in un gruppo di due persone non si possono mettere decisioni a maggioranza, si è tutti pienamente responsabili delle decisioni del gruppo stesso. Nella triade il gruppo esiste indipendente da ogni singolo) Ci sono differenze tra gruppi grandi e gruppi piccoli, nei gruppi grandi : 1. non tutti si conoscono 2. non tutti interagiscono tra di loro 3. è necessaria la presenza di regole esplicite 4. servono ruoli espliciti e specifici 5. si possono creare dei sottogruppi che possono assumere la caratteristica di partito che si pongono come obbiettivo il controllo della vita complessiva del gruppo stesso SOCIALIZZAZIONE , IDENTITA’ E DEVIANZA Socializzazione: tutte le società sono in continua trasformazione, ci sono persone che muoiono e persone che nascono ma alcuni elementi si mantengono nel tempo. Alcuni di questi elementi sono esterni all’individuo, che quindi le persone devono imparare se facciamo riferimento all’esperienza individuale e devono essere trasmessi, se parliamo della società nel suo insieme: socializzazione : ‘processo attraverso cui alcuni tratti tipici della società riescono a mantenersi nel tempo, anche se la società cambia ,trasmettendole da una generazione all’altra.‘ Se ragioniamo a livello individuale è un processo attraverso cui una persona entra a far parte di una società apprendendone i valori e le caratteristiche fondamentali di questa, impara come si fa a vivere in quella società. Ci sono due chiavi di lettura di questi processi: 1. come condizionamento :L’AUTORE DI RIFERIMENTO è PARSONS, l’idea che la socializzazione sia un processo unidirezionale, c’è chi insegna e chi impara, cioè chi deve soltanto fare propri i contenuti che gli vengono trasmessi. 2. come interazione AUTORE DI RIFERIMENTO MEAD,INTERAZIONISMO la socializzazione non è mai un processo dove qualcuno insegna e qualcuno assorbe, ma un processo bidirezionale, asimmetrico perché qualcuno ha una maggiore autorità, ma l’altro non assorbe passivamente, può provare a negoziare dove valori e indicazioni vengono si trasmesse, ma poi vengono negoziate, e in tal senso non è solo uno che insegna ma rapportandosi con l’altro di impara ad essere la figura che si deve essere (padre, madre, insegnante ). Nei processi di socializzazione è fondamentale il gioco che non è solo un passatempo ma è fondamentale nella vita e nella formazione di una persona, attraverso il gioco si impara come si vive nella propria società. Si divide in gioco semplice e organizzato nel gioco semplice il bambino imita un comportamento degli adulti (commessa, mamma, maestra) permette al bambino di capire che non siamo tutti uguali, ma esistono ruoli diversi e questo contribuisce a formare la mia identità. (gioco da solo) il gioco organizzato si manifesta quando io nel mio gioco interagisco con gli altri, io assumo un ruolo ma devo anche tenere conto del ruolo che hanno gli altri e devo tenere conto di quello che gli altri si aspettano da me, mantenendo l’idea di un altro generalizzato, capendo che non c’è solo un come io mi vedo, ma anche come gli altri vedono me. (Mead- il soggetto non è soltanto un se, ma si articola in un IO e in un ME). In realtà i due modelli (condizionamento e interazione) hanno entrambi in se la socializzazione, ma il mix che la genera non è invariabile , cioè ci sono alcune società ed alcuni momenti storici in cui prevale il modello del condizionamento, o il modello dell’interazione. Come avviene la socializzazione? In due fasi 1-socializzazione primaria 2-socializzazione secondaria Tra le due ci sono tre differenze: 1-tipo cronologico, la primaria avviene nei primi anni di vita di una persona, e finisce con la fine della scuola dell’obbligo (No confine netto), la secondaria va avanti per tutta la vita, non finisce mai. 2-a livello di contenuti, nella primaria si imparano le competenze di base, cioè le cose che mi servono e mi serviranno comunque indipendentemente da quello che diventerò nella vita (impariamo la lingua, che è un pre-requisito della socializzazione\ le regole fondamentali del vivere associato) nella secondaria apprendo le competenze specifiche, relative ad alcuni sotto ambiti specifici, a particolari cerchie della società, dura tutta la vita perché cambia la posizione che assumo nella società, e devo imparare quello che gli altri si aspettano da me in virtù del mio livello. 3-modo di apprendere tendenzialmente nella primaria c’è una prevalenza di apprendimento inconsapevole, nella secondaria c’è apprendimento consapevole. Agenzie di socializzazione Soggetti che in una società socializzano gli individui. Sono: 1. famiglia, è il principale ed il primo contesto\ attore della socializzazione primaria 2. la scuola, è un attore fondamentale nella primaria (elementari) e poi secondaria (medie..università), è importante non solo per i contenuti che vengono insegnati, ma anche per apprendere la cultura e la tradizione imparo a relazionarmi con degli estranei (che non fanno parte della mia famiglia), imparo a rispettare gli orari, imaro norme di comportamento necessarie quando interagisco con gli altri, imparo che i litigi bisogna risolverli a parole, a gestire i conflitti, il rispetto delle norme formali. 3. gruppo dei pari, fortissimo aspetto dell’interazione 4. mass media, sono un elemento che non è sempre stato presente, sono agenti che insegnano e cominciano ad avere un ruolo già nella socializzazione primaria 5. contesto religioso 6. politica 7. lavoro, contesto con delle regole per viverci 8. esercito, che aveva una portata importante, il servizio militare maschile ha avuto un importanza decisiva nell’unificare l’Italia, anche dal punto di vista linguistico conflitti di socializzazione Sono dovuti alla pluralità degli agenti, in una società profondamente differenziata al suo interno, tutti gli agenti insegnano qualcosa, ma l’insegnamento non è coerente, questo indebolisce ogni singolo messaggio, la società non è più in grado di darmi regole, perché non c’è un accordo rispetto a quali devo seguire, ce ne sono troppe. Questa situazione aumenta la libertà degli individui, che se avessero solo una regola dovrebbero per forza rispettarla, non essendo liberi Ma se devo scegliere potrei essere disorientato, non sapendo cosa seguire. Età adulta Non c’è un passaggio netto tra essere adulti o no, ma ci sono 5 tappe in letteratura che vanno superate divise in due blocchi 3 (che permettono di diventare adulto)+2(che servono alla società per perpetuarsi nel tempo) 1. finire gli studi 2. iniziare a lavorare 3. uscire dalla casa dei genitori 4. sposarsi 5. avere dei figli -Notiamo come non ci sia nelle soglie il conseguimento della maggiore età, che non è rilevante rispetto al passaggio all’età adulta. -Il passaggio all’età adulta in molte società viene celebrato in maniera pubblica (es. matrimonio) , e questi riti di passaggio sono pubblici perché non è soltanto una questione individuale ma una questione sociale, perché diventare adulti non riguarda soltanto l’individuo. Nell’età contemporanea -dilatazione delle soglie ,del tempo di superamento rispetto al passato (avere dei figli più tardi) -soglie sempre meno nette, tendono ad essere indefinite, non chiaramente definite (passaggio da non lavoratore a lavoratore) raggiungere l’obiettivo, nel calcolo prendo in considerazione sia i mezzi leciti che quelli illeciti ( es. per diventare ricco il modo più sicuro è rapinare una banca, poi devo mettere in considerazione le conseguenze, anche molte scelte legali sono legate ad un azzardo) ; 3. Teoria funzionalista: primo autore è Durkheim noi tendiamo a condurre la devianza ad un fenomeno individuale, l’idea di questo autore è che la devianza può essere ricondotto all’ANOMIA, perché la società non è capace di dare regole agli individui(incapacità nel dare norme morali adeguate). Altra teoria è quella di Merton propone una chiave di lettura per la devianza: TEORIA DELLA TENSIONE per i fenomeni devianti. Nell’atto deviante c’è una persona che si pone un obiettivo e utilizza dei mezzi non conformi alla società stessa. In questo processo è presente l’elemento sociale perché gli individui non scelgono autonomamente i propri obiettivi, li scelgono entro un certo limite. Ogni società propone un ventaglio di obiettivi e l’individuo sceglie tra questi. Poi ci sono i mezzi per raggiungere questi obiettivi che vengono proposti dalla società e possono essere mezzi accettabili e non. Merton propone una serie di combinazioni: la società propone dei FINI e dei MEZZI. 1. CONFORMISTA: chi accetta sia i fini che i mezzi; 2. INNOVATORI: chi accetta i fini e non accetta i mezzi; 3. RITUALISTA: persone che non accetta i fini ma accetta i mezzi proposti dalla società. Faccio le cose per abitudine; 4. RINUNCIATARIO: persona che non accetta ne i fini ne i mezzi (es. il barbone, colui che vive ai margini della società); 5. RIBELLE: colui che non accetta nei i fini ne i mezzi, non si lascia andare, ma propone qualcosa di alternativo . L’unica situazione non deviante è il conformista . Cosa interessante della teoria funzionalista è che noi associamo un valore negativo alla devianza, infatti per la società la devianza è qualcosa di negativo, minaccia la sua vita regolare, minaccia l’ordine. Gli autori sottolineano come la devianza può avere anche un aspetto positivo, può far bene alla società, ci sono almeno tre fattori: 1. La devianza aiuta a definire l’identità della società; 2. La devianza contribuisce a rafforzare la coesione sociale( es. se viene commesso un crimine, tutta la società reagisce, si ribella, nel reagire nell’atto deviante la società rafforza i legami interni) 3. La devianza può stimolare il cambiamento della società. 4. Teoria interazionista: si divide in: a. Teoria della subculture o dell’associazione differenziale il cui autore è Sutherland. La devianza può essere letta come un fallimento delle associazioni. La teoria della subculture ci dice che la devianza è un processo che ha funzionato bene, funzionato all’interno di una subcultura, cioè un sottogruppo presente nella società. Abbiamo una cultura dominante e poi delle subculture con valori di riferimento diversi. La devianza è un processo di socializzazione avvenuto all’interno di una subcultura, un processo che ha funzionalizzato benissimo. b. teoria dell’ etichettamento il cui autore è Lemert o Becker teoria che ritiene che non solo il concetto di devianza sia definito socialmente, ma anche il deviante, quindi non basta violare una norma per diventare deviante, ma serve che la società ci definisca come tali. Ci sono quindi due livelli di devianza - devianza primaria: l’atto attraverso cui una persona viola una norma della società, i teorici dicono che non è sufficiente deviare una norma per diventare deviante. -devianza secondaria: quando la società mi riconosce come deviante, mi etichetta e mi classifica come colui che compie un atto deviante, con conseguenze molto importanti perché per la persona serve avere una buona reputazione, io non sono più rispettabile e quelli che possono essere degli atti occasionali possono diventare degli atti abitudinari , se mi viene messa l’etichetta di ladro perché non farlo?, porta a trasformare l’identità dell’individuo. Il fatto ci essere etichettati come devianti mette in atto una serie di meccanismi che moltiplicano i fenomeni della devianza (crimine- galera-amicizie nel giro della devianza- esco- non trovo lacvoro- continuo o inizio a fare il deviante). Cosa determina il passaggio dalla devianza primaria alla secondaria? Due elementi possono fare la differenza: 1.il caso 2.lo status il potere e la ricchezza delle persone. La cultura Due possibili chiavi di lettura, una sociologica e antropologica e una di carattere umanistico. Nella concezione umanistica la si identifica con quella che definiamo la cultura alta, insieme dei prodotti più alti e raffinati di una società (arte e letteratura, musica classica, complessi architettonici). La visione sociologica prevede una visione molto più ampia, la cultura alta ne fa parte ma è solo un elemento. Constata il fatto che tutte le società umane nello spazio e nel tempo sono tra loro diverse, a tal punto che non si ritrova in altre specie animali, perché l’uomo ha una dotazione di istinti molto limitata rispetto agli animali (ape- cellette esagonali, da sempre, ogni ape- differenza tra animale e uomo, l’uomo fa le case, ma tutte diverse nello spazio e nel tempo, perché mentre nell’ape il costruire la casa è un comportamento geneticamente controllato(quindi è un istinto), l’uomo costruisce le case sulla base di nozioni apprese, come tutti i nostri comportamenti, se non pochissimi e prima di essere appresi sono stati creati dall’uomo attraverso un processo che mette in gioco libertà, creatività e responsabilità delle persone, questo momento di libertà fa si che le società siano diverse. La cultura è tutto ciò che deve la sua creazione all’azione cosciente e tendenzialmente libera dell’uomo, cioè il patrimonio intellettuale e materiale, relativamente stabile e condiviso proprio dai membri di una determinata collettività e costituito da: valori, norme, definizioni, linguaggi, simboli, segni, modelli di comportamento e oggetti materiali. (Uomo libero entro certi limiti, entro certi contesti) Commenti alla definizione: -Cultura riguarda la collettività, diventa un elemento culturale quando è condiviso da un numero di persone significativo -è relativamente stabile nel tempo, ha una sua inerzia, ma al tempo stesso si trasforma, perché non è qualcosa di dato e di naturale, è creato dall’uomo che può intervenire nella sua creazione -la cultura è sicuramente un elemento chiave di una società ma cultura non è sinonimo di società -all’interno di una società potrebbero esserci più culture Come la cultura può essere letta? 1. Funzionalismo (durk, parsons, merton): la cultura è fondamentale nella società, si sottolinea un aspetto soprattutto cioè i valori e le norme, che permettono la coesione sociale, Merton individua la distinzione tra funzioni manifeste e funzioni latenti non dobbiamo focalizzare solo la funzione esplicita, ma dobbiamo individuare quelle funzioni che le pratiche culturali svolgono anche se in maniera implicita. (condanna a morte, funzione manifesta: punire pubblicamente, mentre la funzione latente è rassicurare la società sulla sua forza, le norme sono salde e la società e forte, tanto che ha potuto uccidere per mantenere l’ordine) 2. Marxismo, la cultura garantisce la coesione sociale, come nell’approccio funzionalista, ma se per questo l’ordine sociale è qualcosa di positivo qui è qualcosa di negativo, e la cultura che serve a mantenerlo diventa qualcosa di negativo. La cultura sta nel campo della struttura, determinato dall’economia, quindi Marx associa alla cultura l’idea di falsa coscienza, quelli che la cultura spaccia come valori universali, sono quelli che servono per mantenere al potere le classi dominanti. 3. Interazionismo, nell’approccio l’attenzione non è tanto su che cos’è la cultura, ne sulle funzioni della cultura, come nasce? Come si genera? Tende a sottolineare come la cultura non sia qual di dato una volta per tutte, ma in continua trasformazione, esito di interazioni tra individui, che cercano modi migliori per affrontare i problemi La cultura si articola in: 1. Valori qualcosa di desiderabile e mai qualcosa di individuale, ma quello che lo è per la collettività, il valore sociale, un idea condivisa all’interno di una società su ciò che è ritenuto buono giusto e desiderabile, da raggiungere e da conservare, qualcosa che si associa all’azione. Possiamo dire che hanno una natura prescrittiva, dicendoci cosa è buono o meno orientano la nostra azione, ci dicono cosa dobbiamo fare, e oltre a orientare la nostra azione e ci servono come metro di giudizio, giudichiamo quello che facciamo sulla base dei valori, sul fatto che i comportamenti siano più o meno conformi rispetto a questi. È vero che i valori sono idee ma non sono qualcosa che rimane a un livello cognitivo, hanno anche un aspetto emotivo, affettivo, non solo li conosciamo, ma ci ritroviamo emotivamente in questi valori, quando vediamo una persona che si comporta in modo non conforme a un valore perciò reagiamo, perché i valori ci appartengono, sono con noi fin dall’infanzia. Non sono tutti uguali, si distinguono per contenuti e per la forza che hanno, ma come si misura la forza di un valore? Con tre elementi: 1.estensione cioè il numero di persone che si riconosce in quel valore, maggiore è il numero, maggiore è l’importanza. 2.capacità che ha il valore di tradursi in comportamenti e norme sociali 3.forza della reazione della società, nel momento in cui questo viene violato Ma esistono valori universali? I valori fanno parte della cultura, che è qualcosa di socialmente costruito, non di universale, di sociale e socialmente costruito. 1.incertezza, nata con la seconda guerra mondiale e l’introduzione delle armi atomiche, che trasformano la fiducia nella capacità dell’uomo di governare la natura, in paura che questa ragione possa diventare cosi potente da distruggere l’umanità stessa. (Simmel- la società è caratterizzata dalla contrapposizione tra spirito oggettivo e spirito soggettivo) 2.rifiuto delle scelte definitive, non conta fare la singola esperienza, conta fare molte esperienze (crisi del matrimonio, perché non lasciarsi delle possibilità?) Subculture e controculture all’interno della società è probabile che ci sia un sistema culturale in cui si riconosce la maggior parte degli appartenenti alla società, se esiste viene detto cultura dominante. La subcultura può essere definita come un insieme di elementi che contraddistingue all’interno di una società un sottogruppo di persone, in un termine di distinzione tra cultura dominante e subcultura, che diventa un elemento di identità per chi ne fa parte. -È qualcosa di elettivo, io decido di appartenere a una subcultura e il fatto che sia qualcosa di deciso fa si che i confini tra cultura e subcultura siano trasversali ai rapporti familiari, magari si riconosce uno dei figli e non l’altro (solitamente stessa famiglia uguale stessa cultura) -è qualcosa di diverso rispetto alla cultura dominante ma non è necessariamente in contrapposizione, ha degli elementi propri ma si riconosce in altri. La controcultura è una subcultura che però si pone in netta contrapposizione con la dominante con il desiderio di sostituirla con qualcosa di diverso, con una trasformazione della società (terrorismo che ambisce a cambiare l’ordine sociale) . Subculture devianti invece si riferisce a una subcultura in cui alcuni degli elementi che la contraddistinguono vanno contro le leggi della società (criminale, spacciatori di droga che non è una controcultura, non sono interessati a rovesciare la società, anche loro vogliono diventare ricchi, utilizzando mezzi diversi che vanno contro le leggi dello stato) Racconto di Miner, un antropologo che fece degli studi sulla popolazione dei nacirema cioè gli americani, ma come se fossero un altro popolo, non dando per scontato niente, con le parole di un ipotetico ospite straniero. Etnocentrismo Tutti gli esseri umani sono nati all’interno di una cultura che li ha plasmati, e gli fa vedere la realtà da un punto di vista che è culturalmente determinato e questo è inevitabile. L’etnocentrismo sorge quando noi non ci accorgiamo che il nostro punto di vista sia un punto di vista, e ci convinciamo che sia una visione oggettivamente valida della realtà. In quest’ottica ciò che è diverso diventa sbagliato. Bisognerebbe riflettere pensando se effettivamente è una cosa diversa, ciò che all’apparenza ci sembra diverso non è detto che lo sia effettivamente. Ma la diversità tra le culture è universale? Gli universali culturali cioè un elemento che ritroviamo in tutte le culture, per esempio: -religione -riti -matrimonio -linguaggio -trattamento dei cibi -parentela -divieto dell’incesto -arte -danza -musica -gioco -scambio di doni -umorismo -norme igieniche -diritti di proprietà Le migrazioni internazionali Quando si parla di migrazioni ci sono sempre delle reazioni forti in quanto è un tema affrontato con molta emotività e poca riflessione. Questo eccessivo carico di emozioni porta risultati che sono lontani da quello che è la realtà. La sociologia divide il fenomeno migratorio in 2 MACROAREE 1. Migrazioni “DI PER SE”: lo studio dei flussi migratori 2. Come avvengono o no i processi di integrazione nelle società 3. (studio sui richiedenti asilo, rifugiati..) Partiamo con dei numeri rispetto alle migrazioni 258 milioni di persone di cui: 150 mil. MIGRAZIONI ECONOMCHE 36 mil. BAMBINI 25 mil. RIFUGIATI 5 mil. STUDENTI La maggior parte delle persone migra facendo tratti brevi, in genere, si spostano dalle aree rurali a quelle urbane. I migranti economici si spostano in cerca di condizioni di vita migliori. Perché le persone migrano? • PULL FACTROR: migro perché sono attratto da diversi fattori • PUSH FACTOR: migro perché sono spinto a farlo • PULL E PUSH: migro perché mi sento spinto a farlo e perché sono attratto da qualcosa di diverso TEORIE DEI FLUSSI MIGRATORI 1. PARADIGMA NEOCLASSICO DELL’ECONOMIA DELLE EMIGRAZIONI Le persone migrano per poter investire il proprio capitale umano, la dove i capitali retribuiti sono più elevati, scegliendo quindi le destinazioni più vantaggiose da un punto di vista individuale. Cerco quindi migliori chance lavorative. Es: LA FUGA DI CERVELLI, i ragazzi una volta terminati gli studi si spostano in paesi che possono offrirgli delle migliori opportunità lavorative e i paesi che attraggono questi “cervelli” saranno quelli con un futuro maggiore. Se anche le persone decidono di migrare, non è però detto che la loro motivazione per cui sono spinti a farlo sarà poi realmente appagata NUOVA ECONOMIA DELLE MIGRAZIONI: La migrazione è una scelta EMBEDDED: incorporata dal punto di vista sociale rispetto alla propria famiglia e alla loro appartenenza, ad esempio quando un giovane decide di migrare avrà sicuramente una motivazione individuale ma ne parlerà anche con le persone a lui vicine per valutare con loro la scelta, questa è la cosi detta MOTIVAZIONE SOCIALE/ COLLETTIVA Nei paesi in cui c’è un alto flusso migratorio, questo induce a migrare anche altri (motivazione collettiva). 2. TEORIA DEL MERCATO DUALE DEL LAVORO: cosa porta un paese a essere attraente? Le migrazioni sono causate da una domanda permanente di manodopera di importazione nelle nazioni sviluppate. Tale domanda agisce da potente fattore di attrazione. Es: i vuoti occupazionali attraggono le persone perché c’e tanta offerta di lavoro, in Italia c’è stato un grande flusso migratorio negli anni ’90, migrazione che termina intorno al 2008 con la crisi economica Con queste migrazioni l’Italia ha reso etnico il mercato del lavoro, creando delle nicchie etniche nel mondo del lavoro, che possono dare dei vantaggi ma dalle quali poi è difficile uscirne (TU SEI COSI’ E ALLORA DEVI LAVORARE LI) entra quindi in gioco la discriminazione e il concetto di “porte chiuse”. Questa teoria nel breve periodo può essere vantaggiosa e dare maggior sicurezza alle persone che si assicurano quindi i posti di lavoro migliori ma nel lungo periodo la mancata capacità di un Paese nel valorizzare il proprio capitale umano diventerà un elemento negativo. 3. TEORIA DEL SISTEMA MONDO E DELLA NUOVA DIVISIONE INTERNAZIONE DEL LAVORO i flussi migratori derivano dalla penetrazione del capitale nelle economie periferiche e dalla iniqua distribuzione delle risorse a livello globale la differenza tra ricchi e poveri nella società sarà sempre elemento di divisione questa teoria è sia PUSH CHE PULL perché mette in atto sia fattori di spinta che fattori di attrazione le persone che migrano non sono le persone povere ma le persone che ne hanno le possibilità, con un progetto preciso e delle risorse economiche a disposizione I cambiamenti climatici In alcune aree del pianeta ci sono stati una grande parte di migranti che portano alla luce il problema dei cambiamenti climatici e sono i cosi detti MIGRANTI CLIMATICI che si spostano per le condizioni del loro territorio, ad esempio territori diventati completamente deserti sui quali non è più possibile coltivare e produrre. Teorie sulla perpetuazione delle migrazione 1. Teoria dei network cioè le reti delle persone, quando le persone nell’ambito delle loro relazioni hanno persone che hanno intrapreso dei percorsi migratori iniziano ad avere informazioni e progetti a riguardo, pur non essendoci delle cause 2. Teoria dell’istituzionalizzazione del fenomeno, cioè le istituzioni si prendono carico di quello che accade facendo si che il fenomeno abbia dei canali, delle relazioni che diventano istituzionali 3. Teoria della causazione cumulativa e del sistema migratorio, in ciascun percorso migratorio c’è una parte di verità legata a ogni teoria Tipologie di migranti 1. Economico, ricco di potenzialità e più richiesto, vuole migliorare la propria condizione economica (ad oggi con porte sbarrate in Italia) 2. Motivi familiari che portano a una ricongiunzione, da parte di parenti stretti, ad oggi unico accesso legale garantito in Italia 3. Irregolare che pur essendo entrato legalmente nel paese per un qualche motivo perde lo status regolare (ad oggi con un regolare contratto di lavoro), determinate dalla legge Se in passato lo spazio era una dimensione quantitativa, adesso ha una dimensione qualitativa, cioè quello che c’è al suo interno. Le distanze quindi non si sono rimpicciolite nello stesso modo per tutti, dipende anche da chi deve superare quella distanza. Bauman, stratificazione sociale, con la globalizzazione la stratificazione è su base globale , e ha due stremi, da un lato le classi alte globalizzate e le classi basse localizzate, intese non come contrapposizione netta, ma come estremi di un continuum. Classi alte sono composte da persone che grazie a fattori economici e politici possono muoversi con facilità da una parte all’altra del pianeta, quelli per cui le distanze si sono compresse, e possono pescare in ogni parte del mondo tutto quello che c’è di più vantaggioso. Le classi basse localizzate sono quelle costituite dalle persone che non hanno la possibilità di spostarsi e che quindi sono ancorate al luogo in cui si sono trovati a vivere. Un fattore che facilità la moblità di questi soggetti sono i non luoghi (Augè) cioè uno spazio che è stato privato delle sue peculiarità culturali, sono standardizzati. Ci sono luoghi dove la differenza culturale costituisce una sorta di attrito culturale , cioè delle difficoltà oggetti che possono renderci titubanti rispetto al partire, tutto questo è facilitato dai non luoghi, cioè posti che funzionano più o meno nello stesso modo in ogni parte del modo (aereoporto). Quanto detto significa che in virtù della trasformazione dello spazio e del tempo la società della globalizzazione si caratterizza per una doppia gerarchia, sia di persone sia di luoghi. Questa doppia gerarchia è in parte sovrapposta, ma non del tutto (le classi alte si trovano soprattutto nei luoghi privilegiati dalla globalizzazione ma non è sempre così perché anche all’intero di una città globale ci sono tante persone che si trovano in condizioni di non benessere). Conclusioni: -appunto perchè alcune persone si possono spostare e altre non possono, le persone che vivono nello stesso territorio non hanno necessariamente gli stessi interessi, aumenta la differenza di opportunità tra chi si può muovere e chi no. -anche i luoghi entrano in competizione per attirare dentro di se chi si può muovere, ma mettendo in difficoltà le persone che non si possono muovere -in un mondo dove alcuni soggetti si possono muovere viene meno la capacità di controllare i soggetti presenti al suo interno -in un mondo dove alcuni si possono muovere e altri no, chi non si può muovere è svantaggiato e ne paga il prezzo. 3. la crescente consapevolezza dell’esistenza di queste interdipendenze tra le diverse parti del pianeta Il maggior sociologo che si è occupato di globalizzazione (Robertson) parla di diffusione di una coscienza globale, cioè una diffusa consapevolezza del fatto che alcuni elementi della vita che ci circonda sono influenzati da decisioni prese molto lontano da noi, riguardo alle quali noi non abbiamo voce in capitolo. La globalizzazione è un fenomeno: 1. complesso, non solo la globalizzazione si manifesta in molteplici forme e processi, ma questi spesso non sono coerenti tra di loro, spesso possono andare in diverse direzioni. 2. muti dimensionale, cioè questa investe una pluralità di dimensioni del vivere associato, tra cui la cultura e l’economia. A livello puramente analitico si tendono a individuare tre dimensioni della globalizzazione: la economica, la politica e la culturale, ma cosa significano in concreto? 1.economica significa un aumento degli scambi commerciali a livello internazionale e il fatto che una parte importante della produzione realizzata all’interno dello stato sia destinata all’esportazione. Alto livello di investimenti esteri. La concorrenza economica ha ormai una dimensione internazionale che investe un piccolo produttore locale. La sempre maggiore diffusione di imprese multinazionali, che organizzano la propria attività su più paese per andare a cercare in ogni paese i vantaggi che questo ha da offrire. Il mercato finanziario si è esteso a livello globale ed è senza confini. Diffusione di tecnologie e modelli usati per la produzione usati in ogni parte del mondo. Creazione di lochi economici regionali, alleanze e accordi tra stati per meglio competere sul mercato globale. Accordi economici tra stati. Rapidità con cui si diffondono crisi economiche. Esistenza di organizzazioni sovrannazionali, che cercano di organizzare la vita economica. 2.politica esistenza di alcune organizzazioni sovrannazionali, che cercano di regolare la vita politica a questo livello (nazioni unite), esistenza di alcuni accordi che permettono concretamente il funzionamento dia alcuni processi di portata globale. È l’esistenza di almeno un organizzazione militare capace nel giro di pochissime ore di intervenire in qualsiasi parte del mondo. Esistenza di armi nucleari, che avrebbero conseguenza per tutto il pianeta e non solo per gli stati coinvolti in maniera diretta. Tutta la superfice terrestre è suddivisa in stati nazione , seguendo un modello che ha alcuni tratti comuni. Esistenza di alcuni problemi di carattere globale che richiedono una risposta globale, che non possono essere affrontati dai singoli stati. Esistenza di organizzazioni che si impegnano per questi temi. Esistenza di accordi incontri e conferenze tra diversi paesi volti ad affrontare e a discutere di queste tematiche. 3.culturale esistono prodotti e marchi che sono conosciuti a livello internazionale o mondiale. Alcuni stili di vita sono proposti a livello globale (in qualunque parte del mondo si sa cos’è una pizza). Esistenza di eventi globali che sono più o meno conosciuti da tutti e su cui tutti possiamo farci un opinione (olimpiadi, mondiali di calcio, attacco alle torri gemelle). Il fatto che il flusso di notizie sia controllato da un flusso limitato di compagnie. Incontro legato ai processi migratori di culture diverse. Il fatto che a seguito di questo incontro si creino nuove culture, le culture ibride con le loro nuove pratiche e i loro nuovi oggetti. Il turismo internazionale e anche la diffusione di alcuni valori che almeno a livello nominale sono conosciuti a livello internazionale. La condivisione di alcune paure a livello globale (crisi economica, scoppio della guerra). La globalizzazione non è quindi un insieme di processi che vanno tutti verso la stessa direzione, se cosi fosse sarebbe facile fare ipotesi sula direzione del processo, di come andrà. È invece una serie di processi alcuni lineari alcuni no, che vanno tutti verso direzioni opposte. Robertson parla della globalizzazione associandola all’idea di età dell’incertezza, contrapposta al mondo della modernità, che era un epoca di certezze. La complessità della globalizzazione sta quindi proprio nell’ambivalenza, da cui possiamo rilevare tre contrapposizioni più rilevanti: 1.omogeneizzazione\ differenziazione molto spesso la globalizzazione viene associata all’idea che alcuni stili di vita tendono a diffondersi a livello globale, che ci sia in parte una perdita di identità. In realtà la globalizzazione è legata anche ad importanti fenomeni di differenziazione. 2.universalismo\particolarismo universalismo: siamo sempre più consapevoli che esistono altre società e altre culture rispetto alla nostra, questo può stimolare in noi un apertura, c’è un senso di solidarietà che si può diffondere. Al tempo stesso questa aperura può creare dei sentimenti di paura di perdere le proprie caratteristiche, l’emergere di movimenti politici che mirano a proteggere le proprie tradizioni culturali, fio ad arrivare alla chiusura in forma violenta (fondamentalismi). Questo particolarismo non è detto che sia soltanto una reazione dettata dalla paura. A volte la riscoperta potrebbe essere una strategia di attacco, ci fa capire che alcuni aspetti possono essere utilizzati come risorse per meglio competere a livello globale. Esempio: -sociologa tunisina, esempio di 20 anni fa -Abu-Lughod A Tunisi ci sono due mercati principali, uno nel centro storico, caratteristico (commercianti vestiti con abiti della tradizione, prodotti soprattutto tipici, clienti sono turisti occidentali). Secondo mercato, molto più caotico con varietà di prodotto sia tipico che nazionale, con clienti tutti tunisini. Il mercato 1 quindi serve ad attirare i turisti, perché le loro peculiarità culturali attirano le persone, e quindi vengono usati a loro favore. 3.abbattimento dei confini\creazione o ridefinizione dei confini Esistono aree del mondo che hanno ridotto i propri confini, e ci sono alcune cose che si possono spostare nel mondo prescindendo dai confini (informazione, capitali finanziari). Ma altri confini tendono a ricrearsi, o a rafforzarsi. Questa ambivalenza si esprime bene con un concetto di Robertson il concetto di glocalizzazione stretta connessione tra globale e locale che ci spiega che parlare di globalizzazione non significa parlare soltanto di fenomeni globali e basta, ma significa parlare di un fenomeno che poi viene vissuto a livello locale. Comunque i fenomeni globali devono avere un ancoraggio a livello locale, i luoghi globali, sono situati in luoghi specifici, che hanno responsabilità rispetto alla struttura. Il locale viene trasformato dall’arrivo del generale, che però si deve adattare (il mc si trova in ogni parte del mondo, ma il gusto varia a seconda dei luoghi). A fronte delle ambivalenze ci sono alcuni autori che contestano l’utilità e la validità del concetto di globalizzazione, da cui possiamo individuare tre critiche: 1. In realtà la globalizzazione non esiste perché ci sono ancora troppe fratture e divisioni per poterne parlare, forse è esistita ma è stato solo un passaggio un momento nella storia (1989 caduta del muro di Berlino-2001, attacco alle torri gemelle )dell’umanità scambiato per una svolta epocale che in realtà non c’è stata 2. La globalizzazione esiste ma non è un fenomeno globale, riguarda soltanto alcuni paesi e alcune persone, per chi è ancorato al suo territorio questa non vuol dire niente 3. Soprattutto da parte degli storici, la globalizzazione esiste ma non qualcosa di nuovo, c’è sempre stata, quella che vediamo è solo un’ intensificazione. Argomentiamo ora le tesi per cui affermiamo che la globalizzazione esiste: la prima critica fatta sostiene che la globalizzazione non esiste perché il mondo è attraversato da troppi muri, differenze e divisioni. Ma la globalizzazione non significa unificazione o che non esistano differenze, ma, che pur esistendo i confini noi non possiamo più disinteressarci degli altri e isolarci in quanto le nostre vite vengono plasmate anche dalle persone oltre i nostri confini. Globalizzazione significa che i muri ci sono ma quello che avviene al di là di essi ha effetto anche su di noi. Ad esempio nel 1986 le radiazioni provenienti da Cernobyl colpiscono tutto il mondo e influenzano certe abitudini come il fatto che da quel momento tutti berranno acqua minerale in quanto non si poteva bere l’acqua corrente, o ad esempio non si poteva allattare perché il latte è la principale fonte di trasmissione di queste radiazioni. La seconda critica afferma che la globalizzazione esiste, ma non è un fenomeno globale; e questo sempre prendendo come esempio quanto accaduto a Cernobyl possiamo dire non essere vero, perché ci sono appunto eventi che colpiscono tutti e che quindi non sono racchiudibili all’interno di certi confini. SIAMO DENTRO LA GLOBALIZZAZIONE IN MODO DIFFERENTE MA CI SIAMO DENTRO TUTTI. La terza critica sostiene che la globalizzazione esiste ma non c’è nulla di nuovo; è vero, esiste una continuità storica ma ci sono anche elementi di discontinuità, 2 in particolare: LA POSSIBILITA’ DELLA COMUNICAZIONE SIMULTANEA: è vero, anche in passato le persone avevano scambi di idee tra di loro, ma oggi, la comunicazione è simultanea e può quindi avvenire direttamente tra le persone e in modo più semplice e veloce. IL FATTO CHE UNA PERSONA POSSA DECIDERE SULLE SORTI DELL’UMANITA’ è un elemento di discontinuità (1983 – Sanislav Petrov); rispetto al passato la capacità di autodistruzione e il livello di tecnologia raggiunto dall’uomo segna una discontinuità. U. Beck è uno dei principali sociologi che trattano il tema della globalizzazione , secondo il quale LA CONDIVISIONE DEL RISCHIO COMUNE è il fattore maggiormente globalizzato, è il motore di questo fenomeno. I RISCHI GLOBALI FANNO SI CHE LA GLOBALIZZAZIONE SIA IRREVERSIBILE. Differenziamo ora 2 termini: • GLOBALIZZAZIONE: E’ qualcosa di discontinuo e si intendono scambi che esistono e avvengono a prescindere dal controllo e dalla volontà degli Stati in cui avvengono.
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