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Appunti di storia contemporanea dal 1800 alla fine del 1900, Dispense di Storia Contemporanea

800, Rivoluzione industriale, il 900, prima guerra mondiale, il fascismo, crisi del 29, il nazismo, la seconda guerra mondiale, la guerra fredda, Italia repubblicana, fenomeno migratorio di fine 900

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 18/12/2023

stefaniacolicoo
stefaniacolicoo 🇮🇹

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Scarica Appunti di storia contemporanea dal 1800 alla fine del 1900 e più Dispense in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Storia contemporanea Paolo Barcella L’Italia repubblicana 1946 è un anno chiave della storia italiana, vi è il referendum che ha permesso all’Italia di passare da monarchia a repubblica. L’Italia diventa repubblica che avrà una costituzione che entrerà in vigore nel 1948. Dimensione migratoria 1. L’Italia è un paese interessante perché ha vissuto e vive ancora la dimensione migratoria da quando esiste vivendola da tutte le prospettive. Quando il mondo era meno popoloso, circa 150 anni fa l’Italia era molto popolata e aveva una grande densità abitativa, l’Italia era uno dei posti più urbanizzati e antropizzati sulla terra perché ha iniziato all’epoca dell’Impero Romano ad essere un territorio e un luogo del mondo che costruiva strade, ponti, acquedotti, che disboscava o costruiva centri abitativi. Abbiamo continuato ad essere un luogo avente una popolazione consistente. Alla metà dell’800 questa popolazione comincia ad andarsene massicciamente e l’Italia nella seconda metà dell’800 era il paese emigratorio a livello mondiale, il paese da cui si partiva di più perché c’erano motivazioni che portavano la popolazione a doversene andare. Queste persone si sono dirette ovunque nel mondo e hanno avuto esisti diversi, c’era chi migrava in America nord e sud, in Europa… si sono sviluppate ovunque comunità italiane che hanno costruito una rete di presenza di italianità in giro per il mondo. A partire erano contadini di montagna e di pianura che facevano lavori a basso costo, abbassavano il costo della manodopera nei posti dove andavano ma alzavano il conflitto. L’Italia ha continuato ad essere un paese a forte emigrazione. 2. Allo stesso tempo l’Italia era un paese eterogeneo al suo interno con molti squilibri regionali e una propensione alla migrazione interna: fenomeno che porta le persone a spostarsi da un luogo all’altro all’interno dei propri confini. Ci si spostava di città in città, dalla montagna alla pianura, dal sud verso il nord. Questa migrazione è forte negli anni 50 e 60 del 900, subito dopo il 1946. Nel 1962 arrivano a Milano 100 000 meridionali, la dimensione degli spostamenti era enorme. 3. L’Italia però a partire dagli anni 50/60 diventa un paese di immigrazione, paese capace di attrarre gente che proveniva da fuori e questo accade a mano a mano che l’Italia diventa un paese industriale e una potenza economica mondiale. L’immigrazione avviene in modi particolari e complessi e l’esito è quello di una storia dove convive un tasso di mobilità altissimo, in uscita verso l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, c’è una migrazione interna e dall’estero verso l’Italia, è un paese che è una sorta di brulicare continuo di gente che va e viene. Conseguenze di chi migra verso altri paesi: • Guerra • Coloro che escono per la maggior parte sono giovani, questo provoca un invecchiamento della popolazione, la migrazione svuota dalla popolazione giovane e produttiva e lascia le persone anziane, la popolazione poco produttiva. Ci sono regioni in Italia che vivono il problema della desertificazione, ci sono paesi popolati solo da gente anziana, regioni del sud dove gli unici lavori che esistono solo quelli legati all’impiego pubblico e basta, poi ci sono solo anziani. Per evitare il problema dell’emigrazione il paese deve dare alle persone motivi per restare. • Vi è una confusione di origine dei prodotti, ad esempio in Argentina le comunità italiane hanno diffuso le loro tradizioni o piatti tipici, da questo nasce una confusione riguardo l’origine del prodotto (come il panettone) Gli Stati Uniti sono il primo paese che inizia a porre dei limiti riguardo gli accessi per gli immigrati, quando alla classe dirigente pare che gli immigrati siano diventati troppi. Come si fa a porre un filtro che limiti la presenza di stranieri in un paese? Si pongono dei requisiti, ci si domanda a quali condizioni far entrare le persone. Uno dei primi tentativi storici per fermare la migrazione negli usa passava attraverso la questione dell’alfabetizzazione. Nel 1917 viene emanato l’Immigration act; negli USA si vuole ridurre il numero degli immigrati, visto che fare un blocco navale nell’oceano è complicato si pone la questione dei controlli di competenza linguistica. Gli immigrati vengono sottoposti a dei test: chi sa leggere e scrivere entra chi non lo sa fare no. In questo modo si trova la chiave negli usa per fermare l’immigrazione italiana perché gli italiani nel 1917 erano contadini analfabeti. Migrazione Il fenomeno migratorio può essere suddiviso in due realtà differenti: • Dimensione dei flussi migratori: realtà delle ricadute che i flussi hanno avuto sul paese. La migrazione in uscita spesso è un problema perché può portare alla desertificazione economica e sociale di un territorio (sud Italia ad esempio). Migrare significa anche avere delle risorse economiche, servono soldi per mantenersi economicamente. Realtà = si parla di come questi processi si sono sviluppati in modo specifico in momenti diversi, insieme delle conseguenze che le migrazioni hanno avuto nei paesi. • Livello dell’immaginario: argomenti di dibattito e conflitto nella popolazione, attorno alla migrazione si sono sviluppati molti immaginari che in parte sono esito di una dinamica che riguarda i media e il modo in cui essi raccontano il fenomeno migratorio. Carlo Marletti (sociologo) dà una definizione riguardo al fenomeno della televisione, molto diffuso in quegli anni. Scrive il libro “Extracomunitari”, egli sostiene che la televisione sia un “supermarket dell’immaginario e delle conoscenze”. La televisione è quindi un luogo dove si vendono dei contenuti di produzione culturale che possono essere collocati nel campo della conoscenza o dell’immaginario, per lui l’ecosistema mediatico dice cose che stanno nel campo della realtà ma anche prodotti che contribuiscono alla costruzione dell’immaginario. Questo supermarket, l’ecosistema mediatico, non vende solo prodotti culturali ma anche il potere di delineare le coordinate culturali con cui noi mediamente ci muoviamo e orientiamo nell’interpretazione della realtà, ci sono forniti strumenti che diventano ad un certo punto inconsci, i media forniscono immagini e parole che si fissano e in modo inconscio ed emergono quando facciamo riferimento ad alcune questioni. Un esempio è la questione del blocco navale tanto discusso in questi tempi, nel significato in se non vuol dire niente ma la televisione ci influenza e ci fa credere sia la soluzione alla migrazione. Ci sono dei presupposti che si sviluppano nelle ideologie spontanee, quelle cose che noi diamo per scontato (filosofia spontanea). Laddove si tende a dare per scontato e per ovvio qualcosa che riguardi tematiche complesse di solito proprio lì occorrerebbe indagare e fissare l’attenzione, è sedimentato un concetto che non è affatto neutrale ma che sembra esserlo. Questo lavoro di costruzione passa attraverso l’elaborazione di retoriche e discorsi che rimandano a dei simboli che producono delle matrici culturali. Esempio: Canzone calabrese di Otello Profazio. Nella canzone Otello fa un discorso sulla migrazione, ad esempio dice che “l’Argentina a qualcuno lo fotte a qualcuno lo rovina”, parla della ferrovia, dice “mannaggia agli ingegneri che l’hanno inventata”, chi ha inventato la ferrovia voleva dire “chi ha inventato lo strumento per andare in Germania”, canta dei posti dove le persone, i contadini del sud, andavano per lavorare e ed essere sfruttati (ex Argentina, Venezuela), le parole chiave che il cantante usa sono immediate, i contadini del sud lo capivano. Perciò qui vediamo l’uso dei media e dell’immaginario, le parole ad ogni epoca si attribuiscono a significati diversi, ad esempio oggi ferrovia vuol dire una cosa, nel passato peri contadini significava migrazione. Cosa significa storia contemporanea? Chi fa un lavoro di storia ha un’esigenza fondamentale, quella di compiere un’operazione, ossia periodizzare, definire dei periodi, indicare i limiti temporali dentro i quali stanno delle fasi e dei momenti, un tempo. Con quali criteri definisce i momenti? Cosa distingue ciò che viene prima o dopo? Il lavoro di periodizzazione ci permette di individuare fasi dentro le quali si presuppone che ci siano forti elementi di omogeneità, si presuppone che all’interno di un’epoca racchiusa tra due momenti ci siano elementi di omogeneità rispetto a una qualche questione. In questi periodi definiti dagli storici abbiamo come presupposto quello che all’interno dei limiti temporali ci sia omogeneità, ad esempio, dal punto di vista delle strutture economiche, l’idea che dentro alla fase si lavorasse, producesse, si facesse funzionare l’economia secondo modalità molto simili, se non identiche. Si presuppone che nel periodo storico ci sia omogeneità delle strutture politiche, cioè che i sistemi che organizzano la vita pubblica funzionassero in modo analogo, si presuppone che dal punto di vista dell’organizzazione sociale ci fossero elementi di autonomia. OMOGENEITÀ’ • Economica • Politica • Sociale I punti di inizio e fine di un’epoca sono quelli che si presuppone abbiano “portata periodizzante” e capacità di rappresentare un punto di svolta e di trasformazione. Le date sono quelle in cui è accaduto qualcosa che è stato capace di trasformare ad alcuni o tutti i livelli la vita degli esseri umani. Definire quali sono gli eventi periodizzanti non è facile, capire quali sono i momenti in cui è accaduto qualcosa che ha trasformato la realtà è estremamente complicato. Quando parliamo di età contemporanea parliamo di un’epoca che potenzialmente arriva a noi, non ha una fine. Il problema sta nel fissare il punto di inizio, il punto in cui vi è stata una trasformazione. Si fa riferimento in termini generali il periodo che va dalla fine del 700 fino ad oggi, alla fine del 700 sono accaduti 3 eventi significativi: • 1776 rivoluzione americana • 1789 Rivoluzione francese • Rivoluzione industriale Queste 3 rivoluzioni cambiano il modo di vedere la realtà, il modo di vivere, cambia il modo di concepire il potere, prima non si pensava che la gente comune dovesse avere qualche tipo di uguaglianza simile alle classi più alte, prima c’erano delle gerarchie e dei ruoli precisi, si basava sulle classi sociali. Con le rivoluzioni si comincia a pensare che le strutture politiche, le gerarchie politiche e sociali così come si erano conosciute possono essere messe in discussione, è il momento in cui si spacca il modo di concepire la realtà precedente, le classi sociali più basse iniziano ad avere sempre più accesso alla vita pubblica e politica. Le istituzioni, gli organismi che amministrano e governano smettono di essere Tema dell’età: cruciale per il movimento operaio, si voleva porre attenzione sull’aspetto perché nelle fabbriche volevano giovani, più attivi, e gli anziani venivano lasciati a casa. Anche il tema dell’età di entrata al lavoro era fondamentale, prima anche i bambini venivano presi per lavorare, ad esempio nelle miniere in Belgio i bambini di 3 anni erano assunti perché nei cunicoli delle miniere riuscivano a passare e portare i prodotti. Il movimento operaio nasce perché ci sono dei problemi, è giusto pensare al tempo e all’efficacia ma i lavoratori e lavoratrici sono corpi, se una donna rimaneva incinta poteva scegliere se lavorare o stare a casa, la donna lavorava fino al giorno del parto e spesso moriva durante il parto, il movimento diceva che le donne dovevano smettere ad un certo punto per non rischiare la vita. Volevano un’età soglia sotto la quale non si doveva andare a lavorare. Un’altra questione è quella del salario, come si stabilisce a quanto corrisponde un salario? Il problema è che non sta scritto da nessuna parte ma si fissa a partire da un accordo, il contratto è un accordo, il movimento operaio nasce con l’obiettivo di fare contrattazione sui salari degli operai (odierni sindacati). In quel periodo si partiva dal presupposto che il salario servisse per mangiare e il giorno dopo ripresentarsi al lavoro, permettere di stare in vita e avere abbastanza energia per lavorare. Si facevano lavorare i bambini perché i genitori con il loro salario non riuscivano a mantenerli. Per arrivare a concepire un salario su base famigliare si deve arrivare all’inizio del 900, in ragione delle lotte del movimento si arriva a concepire un salario su base famigliare e che al suo interno non serve solo per mantenere in vita ma anche per lo svago, per le cose superflue. Le organizzazioni vogliono capire quali sono i salari giusti. Idea di Nazione e nazionalismo Il concetto di stato e nazione è diverso, quando parliamo di stato parliamo di un insieme di istituzioni che governano un territorio attraverso degli strumenti normativi e di regolazione, dove c’è lo stato c’è la giurisprudenza, il diritto che lo organizza secondo certi principi dando una certa forma. Le costituzioni sono le leggi fondamentali che dicono che lo stato può essere una repubblica, una monarchia, la struttura, il parlamento, il governo e i suoi poteri… ogni stato si definisce a suo modo, decide se c’è la divisione in regioni e un governo regionale. Uno stato ha anche dei confini, tutto ciò che sta dentro è sotto la giurisdizione dello stato. La nazione, il concetto di nazione rimanda alla dimensione politica culturale, alla comunità di persone che sente di avere in comune un insieme di valori, elementi culturali, elementi linguistici, elementi ideologici e la nazione ha a che fare con l’identità collettiva delle persone che sentono di appartenere a quella nazione. Le comunità nazionali iniziano a definirsi con i criteri che noi usiamo oggi nel corso del secolo 800. Il 700 aveva visto imporsi il pensiero illuminista e un razionalismo universalizzante, c’erano le tendenze generalizzatrici universalizzanti, il razionalismo parte dal presupposto che la realtà vada misurata con gli strumenti di una generalità che vale per tutti, o vale per tutti o non è, tutti dovevano vedere le cose allo stesso modo. Nell’800 si inizia a pensare che nell’ambito politico e culturale non tutto deve essere misurato con gli stessi criteri, le comunità nazionali hanno sviluppato i loro modi specifici di guardare la realtà, di vivere il tempo e la storia, i francesi non devono avere lo stesso modi di guardare la realtà degli inglesi. Lo sguardo nazionalista pone al centro dell’analisi le questioni nazionali, pone al di sopra di tutto l’interesse di una comunità di persone che vivono dentro una certa dimensione culturale, linguistica, che hanno un senso di appartenenza, definisce la comunità di appartenenza, ne definisce le caratteristiche e gli interessi. La nazione è l’insieme delle persone che pensano di appartenere a questa entità per similitudini di tipo linguistico, culturale... perciò non necessariamente la nazione sta nei confini. Il 900 Secolo decisivo della storia per il potenziale di trasformazione che ha conosciuto dal punto di vista della trasformazione economica e sociale. Il 900 è il secolo dove si accelerano i processi di produzione e inizia un’epoca nuova caratterizzata dal fatto che gli esseri umani divengono animali capaci di trasformare rapidamente e in modo irreversibile grazie alle loro macchine, all’insieme degli elementi di modernità l’ambiente. Lo trasformano in modo irreversibile e sempre più rapido, lo rendono qualcosa che non ha più spazi vergini, il globo terrestre diventa un luogo che ha tutto sotto controllo e si assiste a una trasformazione che porta gli essere umani a distendere una crosta tecnologica, un insieme di tubi, canali, stradò, percorsi, distese di cemento… elementi non naturali che consentono la vita degli esseri umani e degli animali che riescono a vivere negli spazi urbani come animali domestici, parassiti o volatili. Il 900 è un secolo di trasformazione economica al seguito della quale seguono processi di trasformazione sociale e culturale paralleli, è un secolo cruciale dal punto di vista degli sviluppi politici, è il secolo in cui attraverso un processo complicato e controverso porta alla realizzazione compiuta dei sistemi liberal democratici. Se dovessimo individuare una data periodizzante, un punto di svolta dell’età contemporanea, un punto di svolta nell’ottica di questi processi di trasformazione è la Prima guerra mondiale. La Prima guerra mondiale è la guerra conosciuta e ricordata con un’espressione coniata già all’epoca: “la Grande Guerra”. • È la guerra che si combatte tra il 1914 e 1918 a livello mondiale, viene definita grande perché c’è un evento cruciale, l’estensione geografica, è il primo evento militare nella storia umana che è stato capace di coinvolgere negli stessi processi paesi disseminati in tutto il mondo. La Prima guerra mondiale ha i suoi fronti in Europa perché è il continente dove sono collocate le potenze che la scatenano, Francia, Germania, Inghilterra, ma i fronti sono anche nei Balcani, l’Europa orientale, sono nel nord Africa, Nord America, in Asia. Questa estensione geografica, la necessità di combattere il conflitto a livello planetario ci porta a un altro conflitto, per riuscire a combattere questo conflitto mondiale servivano delle grandi risorse, per i trasporti e le comunicazioni, bisognava raggiungere luoghi in tutto il mondo. • I paesi iniziano a investire sulle politiche dei trasporti, per le comunicazioni, è una fase che accelera lo sviluppo di questi ambiti perché improvvisamente si è reso necessario arrivare prima degli altri, comunicare prima che gli altri mandino altre comunicazioni, si implementa tutto in questi ambiti, perciò, aumentano tutti i processi industriali che servono per la costruzione degli oggetti che hanno a che fare con il trasporto e la comunicazione. Alla fine dell’800 già erano stati messi in moto processi che mettevano gli uomini nelle condizioni di sapere cosa bisognava fare per accelerare i processi di produzione, durante la grande guerra è necessario per i paesi investire affinché quei processi vengano accelerati, diventa una necessità avere industrie più evolute. Bisogna far sii che il taylorismo e tutti i processi di accelerazione vengano applicati. Ora tutte le resistenze devono essere cancellate, lo stato deve sopravvivere, c’è necessità di far prevalere tutto ciò che può consentire di avere degli strumenti necessari per vincere. • Questione dell’estensione sociale: la grande guerra è la prima guerra che a livello mondiale coinvolge non solo i soldati al fronte ma tutta la popolazione dei paesi coinvolti in processi che sono riconducibili allo sforzo bellico. C’è anche una dimensione quantitativa, la guerra coinvolge milioni di soldati ed è un elemento nuovo, prima la guerra erano combattute da soldati di mestiere, che avevano scelto di fare il mestiere del soldato e combattevano per conto dei sovrani e combattevano in luoghi scelti per il conflitto, ma loro erano in pochi, alcune decine di migliaia. La forza di uno stato si misurava sulla sua capacità di darsi un esercito professionale abbastanza potente da schiacciare quello di un altro. La grande guerra invece porta al compimento di una situazione nuova: sono tutti uomini giovani, appartenenti a una nazione e con una certa cittadinanza ad essere soggetti a diventare soldati in quanto cittadini, vengono obbligati dal governo ad andare al fronte, tutti quelli che corrispondono a certi criteri. Non era solo una questione di quantità di soldati perché erano anche un insieme di persone che generavano un indotto che richiedeva mobilitazione di altri che non facevano i soldati ma erano funzionari. L’indotto è un insieme di attività economiche e produttive che si generano al seguito di un’altra attività principale. Ci sono quelli che favoriscono la costruzione dei trasporti, chi guida, chi lavora per la telecomunicazione, l’apparato sanitario perché i soldati al fronte avevano medici, ufficiali, infermiere. La guerra genera un reclutamento di giovani donne che fanno le infermiere al fronte, medici che partono per vivere esperienze nuove, fanno i conti con la realtà di corpi che vengono martoriati in modo assolutamente nuovo, perché le armi nuove generano nuove modalità di uccidere e lacerare corpi e menti delle persone. • Milioni di uomini al fronte implicavano che dovessero entrare al lavoro milioni di donne al posto degli uomini. L’ingresso delle donne nelle fabbriche e l’allontanamento degli uomini porta degli effetti collaterali importanti, il mondo fino a quel momento era un mondo nel quale si partiva dal presupposto che le donne in quanto tali fossero esseri inferiori ai maschi, esseri dotati di capacità e facoltà proprie per ragioni naturali differenziate rispetto ai maschi ma che fossero minorate rispetto agli uomini. Questo era l’elemento riconosciuto come ovvio e naturale fino a quel momento, le donne erano impiegate solo in funzioni di accompagnamento, agricole… non avevano possibilità di carriera, non avevano possibilità di formazione perché si riteneva non fossero idonee e all’altezza. Queste inferiorità aveva un risvolto dal punto di vista della vita privata, le donne non dovevano avere un “volto pubblico”, dovevano essere solo adibite alla dimensione privata, il loro ruolo era legato alla sfera della vita privata perché l’uomo non era idoneo. Perché le donne sopportavano questo? In parte perché l’educazione del tempo faceva passare questo tipo di messaggio fin dall’infanzia, le prassi di vita erano impostate con l’obiettivo di trasmettere alle donne che fossero in una posizione di inferiorità, loro allora percepivano se stesse così perché erano state educate a pensare in quel modo. Alcune si ribellavano, non si crea mai un sistema stabile di carattere autoritario usando solo la forza, la forza non basta mai, gli schiavi si ribellano ma i servi no, le donne erano messe in una posizione analoga a quella del servo, figure di subalternità, il modo che si usava per dimostrare loro questo era il fatto che erano indotte a pensare di essere inferiori. Durante la guerra le donne lavorano, si rendono conto di essere capaci di fare le stesse cose degli uomini, fare i conti, acquisiscono consapevolezza in loro stesse, acquisiscono un volto pubblico perché sono messe in condizioni di gestire non solo la casa ma anche i rapporti tra la casa e gli enti pubblici. Vanno a parlare con il sindaco, con i funzionari del paese, per parlare delle carte degli uomini al fronte. Si sviluppano quindi movimenti femminili e femministi nate da questa consapevolezza. Quando gli uomini tornano le cose non sono più come prima, le donne non vogliono più tornare alla condizione di prima, quando un fenomeno di emancipazione si da e una persona si libera dalle catene non torna indietro, o comunque non facilmente. Sara solo Mussolini a trovare il modo di fare tornare le donne alla loro condizione. • Gli Stati (i governi dei paesi) nel corso della grande guerra rendono possibili questi fenomeni perché prendono il controllo diretto dell’economia. Nel corso dell’800 si discute molto rispetto al ruolo che i governi dovevano avere nella gestione dell’economia di uno stato, se fosse opportuno che i governi avessero funzione di attori economici. Dalla prospettiva del liberalismo economico (liberismo) si sosteneva che gli Stati non dovessero avere un ruolo nell’economia, si riteneva che dovessero solo porre indicazioni e limoni precisi su cosa era lecito o no fare ma che poi dovessero astenersi dall’avere un ruolo nell’economia per lasciare quella dimensione ai liberi cittadini e agli imprenditori. Non intervenire vuol dire partire dal presupposto che lo stato non sappia fare bene il lavoro di produzione, che lo stato non debba gestire la produzione di certi beni. Durante la guerra gli Stati prendono il controllo dell’economia perché bisogna produrre ciò che serve per combattere nei tempi giusti, produrre i mezzi di trasporto, le telecomunicazioni e che siano all’altezza, controllo della produzione è investimento sulla ricerca, imposizione di tempi di produzione, lo stato chiede che venga prodotto il maggior volume di beni nel minor tempo possibile. • È una guerra che porta al fronte milioni di ragazzi giovani che non fanno il soldato per denaro ma per obbligo. Questo è quindi un momento in cui diventa necessario per gli Stati mettersi nelle condizioni di produrre anche una cultura, visione dei valori compatibili con il fatto di mandare al fronte milioni di uomini che non avevano motivi personali. I contadini e gli operai che vanno in guerra sono reclutati e mandati al fronte sapendo che probabilmente andranno a morire per una causa che non sentivano propria, per questo oppongono resistenza, questo dipendeva da un aspetto cruciale. Fino a questo momento gli operai, contadini… non andavano a votare, andavano solo le classi più alte che avevano interessi in politica, lèggevano, cose che i contadini non facevano. La motivazione forte per andare in guerra non l’avevano perché non sapevano niente di politica, devono quindi conoscere la cosa per cui si stanno sacrificando, proprio per questo nasce la propaganda per il reclutamento delle leve da mandare in guerra. Dietro alla macchina propagandistica su formano gruppi di intellettuale per cercare di favorire una connessione tra lo stato e i cittadini nella propaganda. Per una popolazione che non sa leggere e scrivere non serve un messaggio complesso ma qualcosa che vada a creare una connessione emotiva con le masse popolari. Nel corso della guerra si svilupperanno decine di manifesti in tutti i paesi del mondo costruiti a partire da quella matrice, sguardo, dito puntato, frase breve e coincisa per essere compresa. Sono messaggi semplici che portano a una connessione con la politica di riferimento, si punta su ciò che può produrre emotivamente lo sguardo o un dito puntato. La macchina propagandistica crea nuovi strumenti, volantini, manifesti, applica la tecnologia alla propaganda per fare arrivare il messaggio il più lontano possibile. Contemporaneamente a questo tipo di strumento occorre affiancare il contenuto perché la connessione emotiva all’inizio può funzionare, poi occorre riempire di contenuti, i messaggi che si mandano se un conflitto come la prima guerra dura molti anni. Gli Stati iniziano ad investire sulla costruzione di una retorica patriottica, nazionalista e capace di persuadere masse di contadini e operai che erano stati esclusi dalla politica, questo serve a farli sentire parte di una comunità nazionale, a dare loro l’impressione che la loro causa, la causa dello stato a cui appartengono sia la causa giusta. La retorica nazionalista è costruita attorno alla necessità di affermare la ragione del proprio paese di fronte e contro alla ragione degli altri paesi. Se tutti affermano di aver ragione qualcuno deve avere anche torto, è il momento in cui la retorica deve essere qualcosa che si ascolta, che è prodotto di una narrazione orale laddove era la forma di comunicazione delle masse contadini, c’era la tradizione orale, quindi, occorre investire sulla radiofonia. La radio sta nascendo in quel momento è la guerra produce un investimento per sviluppare la radiofonia, per mettere il re, il ministro della guerra, il capo di stato nelle condizioni di fare un discorso che non raggiunge solo una parte di popolazione ma di raggiungere tutti i piccoli comuni del paese grazie una radio installata presso gli uffici comunali. Questo sviluppo è così veloce che subito dopo la guerra nel 1922 in Inghilterra ci sarà già stata un’iniezione di tecnologia radiofonica sufficiente per consentire alla BBC di iniziare a trasmettere come radio in senso contemporaneo. La retorica di guerra accelera e potenzia le forme del nazionalismo e crea le condizioni per cui il nazionalismo si sviluppi davvero in una forma di massa. Il mondo contadino non si interessava dello stato, non c’era un legame con le classi dirigenti che non li calcolavano, nel mondo della guerra si ha la necessità di costruire una nazione legata da questo punto di vista, si punta ad un sentimento patriottico, di appartenenza a una comunità nazionale che unisco tutti. Come si fa a costruire un sentimento di appartenenza in questa fase problematica? Uno degli strumenti passava attraverso alla costruzione di un senso di appartenenza per contrapposizione al nemico, c’è un altro diverso da me, brutale, che non siamo noi che è una minaccia da quale ci dobbiamo difendere. La retorica nazionalista si sviluppa in parte proprio sulla creazione di un senso di comunità per distinzione. C’è una barbarizzazione del nemico, è disumano e bisogna contrapporsi a lui, nei manifesti i nemici vengono rappresentati come bestie questo giustifica il fatto che i nemici vanno uccisi proprio perché sono bestie. La retorica di quella fase di tutti i paesi usa manifesti in cui appaiono discorsi brutalizzanti rispetto all’altro. Da un lato abbiamo l’ingresso delle masse in politica (contadini), un dialogo con lo stato e questo avviene nella forma dell’estetizzazione del messaggio politico, si ha un’immagine che ha già in se i tratti del bene e del male, viene rappresentato il soldato fratello contrapposto al nemico. Dall’altro lato per la prima volta entra nella storia un sentimento trasversale a tutte le culture umane come la xenofobia e viene usato in politica in quegli anni. • Dopo la rivoluzione l’operaio non lavora più per il prodotto, per il bene che producono ma per il salario. Il mondo precedente era un mondo in cui i lavoratori rurali coltivavano e l’obiettivo era raccogliere dei beni, dei prodotti agricoli che servivano per il loro consumo. L’operaio non ha più rapporto con gli oggetti che produce, svolge poche mansioni e non conosce il processo produttivo nel complesso, non vede neanche il prodotto del suo lavoro. Si assiste alla nascita di un nuovo soggetto sociale: l’operaio di fabbrica. Si tratta di un insieme di persone che condividono l’esperienza dello spazio che rivestono nella società, il modo in cui si pongono, sviluppano una loro cultura e mentalità. L’operaio ha una percezione forte della percezione collettiva, un senso di appartenenza più forte di quello che era stato per i lavoratori prima, questo senso di appartenenza proviene dal fatto che questi operai vivono a contatto diretto una grande quantità di ore in spazi affollati; perciò, sono abituati all’idea che la loro condizione è la stessa degli altri che vivono con loro, che le loro sorti sono le stesse. Dentro la dimensione di massa si sviluppano una grande quantità di conflitti e tensioni. I conflitti erano legati a diverse ragioni: • Tema della disciplina di fabbrica: la fabbrica è un luogo che richiede disciplina stretta, serve coordinazione, accordo nel lavoro, bisogna rispettare gli orari, i turni, i tempi. La fabbrica richiede meccanismi automatici nel modo in cui stanno i lavoratori nella fabbrica. Questo genera conflitto perché i lavoratori non avevano abitudini legate alla disciplina, i lavoratori rurali si basavano sui cicli del giorno. I lavoratori che entrano nel mondo industriale resistono alle forme disciplinanti più radicali, oppongono resistenza perché fanno fatica a rispettare le indicazioni di quel mondo. • Orari di lavoro: ci si chiede quante ore è giusto e possibile lavorare, l’orario di lavoro giornaliero era quantificato dai singoli datori di lavoro, si arrivava anche a 12, 16 ore al giorno a seconda del settore e del datore di lavoro, l’unica festività riconosciuta per alcuni mestieri era la domenica e questo era un problema per chi doveva lavorare 16 ore al giorno, oltre al lavoro quindi non si poteva fare niente. Da parte del mondo operaio c’è la richiesta di ridurre il tempo di lavoro a parità di salario. • Salario: si calcolava il salario sul costo dei prodotti che avrebbero consentito al lavoratore semplicemente di mantenersi in vita, includeva solo lo stretto necessario per vivere a lui soltanto. Il lavoratore di fabbrica non poteva mantenere la famiglia e le lotte puntano ad estendere la quantità di beni e prodotti che un lavoratore poteva acquistare grazie al suo lavoro, si va nella direzione di chiedere che il salario basti anche a mantenere i figli. Da un lato si lotta per innalzare l’età di accesso al lavoro, impedire di entrare al lavoro prima di una certa età, dall’altro lato si chiede un’espansione del salario per mantenere i figli fino all’età in cui possano entrare al lavoro. Il salario crea tensione perché un aumento dei salari portava ad una riduzione dei profitti per i proprietari d’impresa. • Sicurezza e salute sul lavoro: il movimento comincia a problematizzare questo fatto, gli agenti nocivi all’interno della fabbrica dal punto di vista di chi lavorava dovevano essere rimosse a spese dell’impresa. Queste sostanze nocive potevano essere ad esempio i gas, per non inalarli servivano dei filtri, delle maschere ma bisogna partire dal riconoscere che certi fumi e agenti siano nocivi, ci deve essere un interesse e un investimento da parte dell’impresa, questo richiede ovviamente una spesa. • Sviluppo tecnologico e gestione di questo sviluppo: lo sviluppo tecnologico produceva un’intensificazione dei processi produttivi, un aumento della quantità di prodotto. Questo crea conflitto perché creava le condizioni per cui si licenziasse la manodopera in eccesso. Il mondo dei lavoratori operai guardava con preoccupazione a questo sviluppo, perché poteva essere un aiuto ma dall’altro lato portava al licenziamento. Si sviluppano dinamiche conflittuali anche all’esterno delle fabbriche • Masse di uomini e donne che vivono in condizioni di disordine sociale e preoccupazione, c’erano zone in cui si diffondevano nuove forme di microcriminalità, problemi come l’alcolismo. Tra i primi socialisti c’erano i medici, gli unici intellettuali del tempo ad avere la tendenza a sostenere il mondo dei lavoratori e delle organizzazioni, anche se appartenevano all’élite, semplicemente perché si rendevano conto dell’impatto che la vita nelle fabbriche aveva sui corpi. Questo problema doveva essere gestito dall’alto ma anche dall’interno a partire da un lavoro di bonifica di queste situazioni. La Rivoluzione industriale porta ad una condizione di disordine sociale, aspetti che riguardano l’igiene o la salute, all’interno dei quartieri popolari che si sviluppano al di fuori dei centri urbani troviamo la microcriminalità, nei quartieri sono concentrate centinaia e centinaia di persone. Le grandi città avevano dei quartieri problematici dal punto di vista della qualità della vita, trovarsi a vivere in quartieri popolari a condividere stanze con altri, non avere più contatti con la natura generava nelle persone la percezione di soffocamento, mancanza di spazio, i contadini rurali non erano abituati a questo. Per intere famiglie era un problema convivere all’interno di una stessa stanza, per queste persone che provenivano dal mondo contadino e allevavano animali era difficile tenere gli animali perché l’unico modo per tenerli era farli vivere sul balcone. Le classi dirigenti avevano paura delle classi lavoratrici, che faticavano a reggere quel tipo di vita. Si comincia ad associare alle classi lavoratrici classi pericolose, queste classi erano concentrate nelle grandi città e manifestano la propensione ad esplodere in azioni violente, sovversive, aggressive nei confronti di chi ha disponibilità economica, queste classi perdono criteri di moralità a causa delle loro condizioni di vita. L’esasperazione che si vive in quei luoghi porta le classi dirigente a sviluppare strumenti di difesa, politiche d’ordine. Le classi lavoratrici trovano delle persone che interpretano i loro problemi e cercano di darne una risposta e li trasformano in azione politica. Il movimento operaio organizzato cerca di raccogliere questi problemi, riunisce persone che cercano di trovare strumenti per migliorare le condizioni di vita nelle fabbriche e negli ambienti esterni. Il movimento si dà degli strumenti, dice ai lavoratori che devono muoversi collettivamente per cambiare le cose, prova ad incanalare le tensioni ed energie di un mondo proletario in subbuglio dentro forme politiche razionali. Per il movimento la fabbrica è il primo luogo dove intervenire, risolvere questioni come il salario e gli orari di lavoro, si vuole liberare lo spazio di vita delle persone, creare le condizioni per cui aumenti la qualità della vita. “Schiavitù del salario”, ci si percepisce come soggetti condannati, soggetti che vivono in condizione di schiavitù per avere le risorse per vivere. Queste persone avevano a ritorno economico rispetto ad un investimento totale di energie solo le risorse utili per vivere. • Lo sciopero è lo strumento che il movimento si dà come strumento di lotta, questo deve essere concordato ed essere prodotto di una decisione collettiva. Lo sciopero può avere una dimensione violenta o non violenta, al tempo la reazione era violenta perché violava la proprietà privata del direttore di fabbrica. Attraverso lo sciopero i lavoratori bloccavano il processo produttivo, processo che il padrone riteneva essere suo, qualcosa di cui doveva disporre liberamente. • C’erano le occupazioni di fabbrica, gli operai non potevano solo non lavorare e stare a casa perché sarebbero stati sostituiti. L’occupazione della fabbrica era percepita come un’occupazione alla seconda, perché non solo non lavoravano ma la occupavano senza lasciarla libera e l’avrebbero fatto solo quando le loro condizioni sarebbero state ascoltate. Quindi gli strumenti principali erano scioperi e occupazioni. Si sviluppano risposte padronali, i padroni minacciavano di licenziamento o in caso di occupazione di rimozione fisica, gli eserciti si strutturano in parte sull’esigenza di contenere le lotte operaie alla fine dell’800. Gli eserciti imparano quindi a sviluppare azioni e manovre, c’erano le serrate, azioni padronali che puntavano ad impedire le occupazioni, chiudono lo spazio per impedire che i lavoratori entrino, puntano alla sostituzione dei lavoratori in sciopero con altra manodopera. Questo generava conflittualità, i lavoratori del movimento operaio chiamavano crumiri i lavoratori disposti per denaro a rompere gli scioperi e andare a lavorare al posto di altri. I crumiri spesso erano persone che ritenevano fosse loro vantaggio fare quella cosa perché gli importava solo di se stessi, ma c’era tra i lavoratori che sostituivano gli altri un segmento di poveri che non riuscivano a resistere quando era in corso uno sciopero lungo, che durava settimane e settimane, per questa gente voleva dire stare settimane senza un salario e bisognava resistere a questa situazione. Mentre c’è tutto questo fermento ha un ruolo chiave l’autore riferimento del mondo operaio di quegli anni, Marx, il quale ha come principale obiettivo di vita quello di riflettere sul mondo del lavoro e il suo funzionamento. Passa la sua vita a studiare i processi di produzione, la sua opera principale è Il Capitale, dentro il quale lui ragiona sul mondo del lavoro, le sue condizioni e quelle dei lavoratori, le contraddizioni che lo caratterizzano e i rapporti tra lavoratori e capitalisti. Cerca di razionalizzare e provare a stendere una linea politica che consenta di avviare un processo che porti al superamento dei conflitti. Egli definisce una linea interpretativa insieme ad una di intervento politico per risolvere i problemi del mondo operaio. L’idea di fondo che attraversa il suo pensiero è che il lavoro dentro i processi produttivi in ambito capitalistico sia fondato sullo sfruttamento, pensa di aver dimostrato che nel capitalismo si generano processi in ragione dei quali il lavoratore viene pagato sempre meno rispetto a quello che dovrebbe. Questo viene dal fatto che ci sia la proprietà privata dei mezzi di produzione, cioè proprietà privata delle macchine, strumenti e beni che servono ad attivare un processo produttivo, ci sono delle persone che dispongono della proprietà privata dove mettono altre persone a lavorare. Questo fattore li mette nelle condizioni di pagare meno le persone, è quindi obiettivo della lotta cancellare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Marx diventa il pensatore di riferimento delle organizzazioni operaie di tutto il mondo, le quali producono esisti molto diversi: • Da un lato chi pensa di continuare a lottare a partire dall’organizzazione sindacale, stare dentro alle fabbriche organizzandosi sindacalmente • C’è chi invece pensa di dover seguire un altro canale, l’ingresso nella vita politica quindi passare dal piano dell’organizzazione dentro alla fabbrica all’organizzazione politica volta alla presa del potere. L’idea dei secondi è che solo impossessandosi dello stato e istituzioni si possa cambiare la realtà politica, economica e sociale. Negli anni successivi si sviluppa una rete di interpreti di Marx che riportano visioni diverse, si sviluppano poi due visioni principali, quella riformista e quella rivoluzionaria. • I riformisti erano coloro che pensavano di dover arrivare alla realizzazione degli obiettivi di Marx, il superamento del sistema capitalista, l’abolizione della proprietà privata, eliminazione delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori, riduzione diseguaglianze sociali, tutto questo attraverso un processo progressivo. Pensavano si dovessero creare dei partiti che dovessero competere democraticamente con gli altri, ottenere la maggioranza e agire uno per uno facendo quei passaggi che potevano eliminare queste diseguaglianze. La mentalità dei riformisti porta a pensare che non dovessero essere cancellate le istituzioni ma trasformate per gradi. Ritenevano dovessero essere garantite alcune possibilità fornendo istruzione pubblica universale e gratuita, garantendo si genitori salari sufficientemente alti da mandare i figli a scuola, salari calcolati su base famigliare e non individuale, puntano ad istituire sanità pubblica, creare un sistema di assicurazioni pubbliche per cui i malati possono rimanere a casa dal lavoro perché l’assicurazione paga. • Dall’altra parte i rivoluzionari partono dal presupposto che quello che i riformisti volevano non si potesse fare perché le resistenze all’interno degli stati erano troppo forti per essere superate con la competizione politica, loro pensavano si dovessero rovesciare con atto violento i governi dei paesi, prendere il potere, cancellare le istituzioni presenti e costruirne di nuove a misura della classe lavoratrice. Cancellare le istituzioni implica problemi, l’espulsione, l’allontanamento o l’eliminazione fisica perché la classe dirigente cerca di resistere quindi la cosa diventa violenta. Fino alla Prima guerra mondiale le organizzazioni sindacali e il mondo politico che si riferiva a Marx veniva represso brutalmente a partire dall’azione militare e poliziesca perché queste forze erano minoritarie. Alcuni paesi avviano processi riformisti abbassando la tensione e concedendo miglioramenti, come regolamentazioni della vita di fabbrica, introdotti testi di diritto del lavoro che regola i rapporti di lavoro nelle fabbriche. Negli USA Roosevelt da vita alla stagione progressista, migliora la vita nei quartieri popolari attivando figure come assistenti sociali o psicologi per ridurre tensioni e conflitti. La Rivoluzione russa In Russia tra l’inizio del 900 e il 1917 si avvia un processo di trasformazione che condurrà nel 1917 nel pieno della Prima guerra mondiale alla sovversione completa dell’ordine, nella Russia zarista si impone un modello alternativo di governo in maniera violenta, guida l’azione Lenin con i bolscevichi (libro Barbagallo) Effetti indiretti Rivoluzione russa nel mondo: • Rendeva concreta la possibilità di una svolta politica in senso comunista. Fino a quel momento le classi del mondo euro americano avevano pensato di controllare il movimento operaio e contenere la trasformazione, ora in un paese come la Russia i comunisti ce l’hanno fatta, questo spaventa le classi dirigenti del mondo euro americano perché si rendono conto di non essere al sicuro. • Sono anni in cui si sviluppano fasi di repressione anticomunista e antisocialista, negli USA si apre la stagione della red scare, che porta il governo degli USA ad attivare forme di sorveglianza su tutti i potenziali soggetti sovversivi. La questione operaia intercetta quella migratoria, la red scare è caratterizzata da un odio verso le masse migranti perché erano per la gran parte componenti del proletariato. La xenofobia che si sviluppa negli USA è caratterizzata da una propensione a collegare la questione migratoria con quella operaia, dominano sentimenti di terrore verso i socialisti che sono considerati pericolosi a causa della Rivoluzione russa. • Si costituirà nel giro di pochi anni una nuova realtà statuale, l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, che formerà un impero e rappresenterà un modello sociale economico alternativo rispetto al modello democratico socialista occidentale. L’unione si proclamerà portatrice dell’ortodossia comunista. Il 900 si basa tutto sull’opposizione tra il mondo comunista russo e il democratico americano. Secondo lo storico Eric Hob il 900 è il secolo tra la Prima guerra mondiale e il crollo del muro di Berlino (fine comunismo) perché caratterizzato da questa contrapposizione. Il dopoguerra Cosa accade dopo la Prima guerra mondiale e le conseguenze dalla prospettiva sociale ed economica La grande guerra ebbe come conseguenza principale il fatto di essere stata la prima esperienza di massa della storia umana, chi l’ha vissuta ha avuto la sensazione di aver attraversato un’esperienza nuova, ha visto come le persone si sono relazionate e come sono entrate in contatto, come hanno vissuto i fenomeni di quel tempo. È un momento in cui milioni di donne e uomini si sono percepiti coinvolti negli stessi eventi, contemporaneamente soggette agli stessi ordini ed indicazioni, tutti improvvisamente messi in relazione nel dover fare velocemente con tempi dettati da qualcosa di superiore le stesse cose con una risonanza collettiva mondiale. Questo implicava un elemento di novità, un salto qualitativo. Ci sono aspetti che caratterizzano la società di massa, chi aveva vissuto la guerra aveva sperimentato il fatto di partecipare a delle realtà collettive in cui in migliaia di persone agivano in modo sincronizzato. Le realtà collettive sono: • L’esercito che riceveva ordini che valevano per tutti coloro che stavano all’interno di truppe e dovevano rispondere immediatamente a questi ordini. Questo fa cambiare la percezione di molti soldati contadini che prima avevano solo vissuto nelle loro fattorie in zone rurali dove non vi era popolazione in grado di dare il senso di una collettività e dove ciascuno percepiva se stesso come qualcuno che doveva svolgere le sue Si inizia sempre di più ad investire nella pubblicità, anche le istituzioni statunitensi investono nella pubblicità, senza una riattivazione dell’economia gli Stati sarebbero andati in crisi. In questi anni alla pubblicità si aggiunge un altro strumento, il cinema. Gli anni 20 sono una stagione in cui si sviluppa lo star system hollywoodiano e conosciamo la diffusione del cinema come nuovo prodotto culturale di consumo di massa. Questo sistema consisteva di uomini e donne che facevano il mestiere di grandi seduttori, persone con forte capacità di attrazione dell’attenzione popolare coi loro corpi, questi attori diventano oggetto di desiderio e mettevano in scena stili di vita, modi di consumare, di godere della vita possibili, resi possibili dal fatto che loro si rappresentavano come soggetti che vivevano in quel modo. Il cinema era una sorte di fabbrica dei sogni, una grande macchina di lavoro culturale, di intrattenimento che fa sognare la gente comune mettendo in scena canti, ballo, divertimento, consumo… dando soddisfazione e creando le condizioni per cui si possa dare sfogo alle proprie pulsioni più elementari. • Questa fabbrica dei sogni vende una nuova società possibile. • Un aspetto che emerge è che tutti questi processi avvengono cavalcando la strategia della sessualizzazione dei messaggi attraverso i quali si cerca di favorire un cambiamento dei costumi che riguardano il consumo. I messaggi propagandistici vengono sessualizzati, la donna entra in scena come volto e come corpo che serve a vendere, messa in scena da diverse prospettiva, da un lato la donna appare come un nuovo soggetto sociale, la donna libertina e consumatrice che viene messa in scena solleticando la vanità di una parte del pubblico femminile che si riconosce in lei che aspira a diventare così, nei manifesti vediamo la dinamica seduti a, il corpo esposto. Allo stesso tempo questo uso del corpo di donna stimola la fantasia e la pulsione maschile, punta ad attrarre la visione dell’uomo. La donna è al centro dei processi quando non è libertina e consumatrice anche quando è casalinga e consumatrice, i messaggi dell’epoca si rivolgono comunque alle donne perché la casa è uno spazio che può richiedere l’uso e il consumo di molti prodotti, la casa deve essere organizzata, mantenuta e ordinata ed erano le donne ad occuparsene. Le donne, quindi, sono al centro dei messaggi propagandistici anche in questa prospettica, le donne erano ritenute coloro che dovevano occuparsi di economia domestica e famigliare, questo diventa più evidente quando si diffondono gli elettrodomestici, strumenti che servivano a pulire meglio e a ridurre la fatica delle donne. Si creano le condizioni per cui si riduca il tempo che dedicano alla pulizia quindi le donne avevano più tempo libero. Si pone un problema perché le donne dovevano pensare a cosa fare nel tempo libero, non trasformarlo in noia, le donne cominciano ad esempio a voler leggere, per delle donne come quelle dell’epoca che vivevano in una questione di subalternità agli uomini leggere non era una cosa scontata. Alle donne era sconsigliato di prendere in mano libri senza averli prima sottoposti all’approvazione del padre o del marito, questo creava conflittualità sociale, le donne non accettavano più così facilmente come prima una posizione di subordine. Grazie alla riconversione e la propaganda tra il 1922 e il 1929 si assiste negli USA a una potente impennata della produzione industriale, l’economia vola, vengono definiti “gli anni ruggenti”, anni in cui pare non ci sia un limite alle possibilità e potenzialità di avanzamento. Qui interviene un altro fattore, per vendere ci si inventa un modo per persuadere le persone ma queste devono avere anche la disponibilità economica per poter acquistare, cosa che non avevano. La produzione industriale statunitense è cresciuta del 64%, i profitti delle imprese crescono del 65% ma allo stesso tempo il reddito medio del cittadino cresce del 30%, quindi della metà, mentre i salari operai crescono solo del 5%. Questa crescita non è omogenea, non riguarda tutti allo stesso modo, ci evidenzia il fatto che negli USA si produce molto di più di quello che era possibile acquistare per la classe lavoratrice statunitense e allora ci si chiede se i profitti crescono così tanto ma i salari no, come fanno le fabbriche a crescere così tanto? • In parte c’è un mercato europeo che assorbe la produzione statunitense grazie anche ad un sistema di persisti che viene definito nel 1924, gli USA finanziarono la ripresa economia della Germania sconfitta, essa grazie ai soldi degli USA poteva pagare i debiti di guerra che aveva con Francia ed Inghilterra. • Tuttavia, una gran parte di produzione statunitense rimaneva negli USA, in parte veniva consumata da lavoratori impiegati nei settori dei servizi con un reddito più alto, in parte anche da una classe lavoratrice che non aveva il potere d’acquisto necessario ma che riusciva a comprare perché si sviluppa un capillare sistema di vendite rateali. Si sviluppa un sistema di acquisti basato sul principio per cui l’acquisto avviene a partire da una promessa di acquisto, quindi non uno scambio immediato. Il problema è che se vendi beni a rate devi essere sicuro che l’altra persona sarà in grado di concludere il suo pagamento nel tempo indicato, si devono creare le condizioni per qualche forma di incertezza e stabilità. È proprio su questo fattore di rischio che si fonda la fase di grande sviluppo economico degli anni 20, ha nelle sue fondamenta questo tarlo, il fatto di basarsi su una circolazione di denaro vincolata ad una dinamica molto rischiosa. A questo fattore se ne aggiunge negli anni 20 un secondo che contribuisce a renderlo uno sviluppo fragile, la speculazione finanziaria, l’acquisto a un valore basso con l’obiettivo di vendere a un valore più alto, c’è il rischio che però il valore non aumenti. Chi fa speculazione finanziaria è qualcuno che scommette sul fatto che determinati beni che oggi hanno un valore x avranno un valore molto più alto a distanza di un certo tempo, qualcuno che crea le condizioni per cui questo possa in qualche modo realizzarsi almeno nel breve periodo a partire dal fatto che lui svolge l’azione che sta svolgendo, acquistando azioni di società per azioni crei le condizioni per cui il loro valore aumenti. Lo speculatore sa di investire in quel modo per dilatare il valore delle azioni che sta acquistando e lo fa sapendo che l’aumento che genera non avrà necessariamente un riscontro nel valore reale che avranno i prodotti dell’impresa per cui lui sta investendo. Sistema rateale e speculazione sono due agenti che producono fragilità nell’economia statunitense di quel periodo. Nel 1929 tutti i problemi del sistema vengono al pettine, nel settembre 29 i titoli delle azioni erano al massimo livello ma inizia a circolare sfiducia, incertezza negli operatori economici e nell’ottobre 29 (24 ottobre) parte una corsa alle vendite delle azioni che fece crollare in poco tempo il volume dei profitti delle imprese e che aprì la più grave crisi economia del 900, la crisi del 29. Questa crisi è stata un vero e proprio momento periodizzante, ebbe conseguenze devastanti negli USA ma anche nel resto del mondo. Effetti negli USA: • Creazione di milioni di disoccupati, vengono chiuse le fabbriche e i disoccupati si riversano in strada. • Crollo delle condizioni di vita • Disastro sociale oltre che economico Le ragioni per cui accade la crisi stanno nel fatto che si arriva ad un punto in cui non si riesce a vendere ciò che si produce, il sistema basato su rate e speculazione non tiene perché si può acquistare a rate o speculare ma fino ad un certo punto, si devono fare i conti su un’economia reale, un’economia basata su aspettative e prospettive che non rispecchiano l’economia reale è destinata ad andare in crisi. In 3 anni il valore del commercio mondiale si riduce del 60%. Questa crisi ha conseguenze a livello mondiale perché il sistema di prestiti in Europa viene messo in crisi, gli USA non sono più in grado di reggere quella dinamica ed è la Germania a subire i danni più devastanti della crisi. Dopo il 29 si assisterà ad una prepotente ascesa dei nazisti e di Hitler, una situazione di disastro e paura che porterà la popolazione ad aderire al messaggio di un uomo che basava la propria retorica e propaganda sulla paura, sulla costruzione di un modo di rispondere al disastro sociale. La crisi del 1929 Canzone del 1995, “The ghost of Tom Joad” scritta da Bruce Springsteen. È un brano che riferimento al 1929, Tom Joad è il personaggio chiave di un romanzo, uno dei più grandi della letteratura statunitense contemporanea di cui è autore John Steinbeck, che ha ottenuto il nobel per la letteratura nel 1962, scrive il romanzo “Furore”, il quale racconta gli effetti della grande crisi del 29. La crisi è stata un punto importante per la storia perché rimane anche come momento di riferimento nella memoria collettiva e nella storia dei decenni successivi, perché quella grande crisi crea disastri tali ed ebbe conseguenze così devastanti a livello planetario che il mondo intero ce l’ha avuto presente negli anni a seguire.  Dieci anni dopo Steinbeck decide di raccontare gli effetti della crisi, uno tra i quali la migrazione, il romanzo racconta la migrazione della famiglia Joad che si sposta dal nord est degli USA in crisi verso il sud ovest degli USA. Si spostano dalle regioni più industrializzate come la Pennsylvania o lo stato di NY verso gli Stati del sud ovest come California o Arizona dove l’agricoltura era più sviluppata per cercare lavoro. Nel 1940 questo romanzo viene ripreso da uno dei più grandi registi del 900, John Ford, il quale produce un film in cui recitano alcuni tra gli attori più importanti della storia del cinema del 900. Nel 40 il cinema statunitense ha avuto una capacità di irradiazione straordinaria, si è diffuso nel mondo e ha avuto la capacità di cambiare gli usi e i costumi profondamente. Nel 1995 Springsteen sente la necessità di produrre un disco che fa riferimento alla vicenda di Tom Joad ma fa riferimento al fantasma, qualcosa che non è più concreto che rimanda alla crisi. Lui fa riferimento alla nuova situazione di crisi che stanno conoscendo gli USA all’inizio degli anni ’90. Negli USA si avvia un processo di differenziazione sociale, i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sono sempre più poveri in ragione di una serie di fenomeni. Springsteen racconta quella crisi attraverso un riferimento al ’29. Questa canzone ha una grande capacità di attualizzazione, infatti può far riferimento anche alla crisi del 2007/2008. Vediamo come la centralità della crisi del 29 è emersa nella crisi del 2007, in quel momento tutti facevano riferimento al nuovo 1929. Si nota come eventi di questa portata abbiano una capacità straordinaria di incidere nella cultura, si trovano spesso opere che fanno riferimento a eventi cardine, come appunto la crisi del 29 che mette in ginocchio gli USA che tra il 1929/30/31/32 vedono crollare la qualità della vita della maggioranza di popolazione che aveva conosciuto negli anni precedenti una fase di crescita. Come hanno reagito i politici degli USA? In un primo momento la classe dirigente cerca di non assumersi pienamente la responsabilità di quanto stava accadendo, non cerca di capire le ragioni che hanno favorito la crisi, non vogliono vedere in che misura il sistema rateale fosse un sistema che non poteva che generare fragilità nel sistema economico. Questa classe dirigente cerca di rispondere alla crisi non intercettando in alcun modo le vere origini dei problemi e con misure che si traducono in uno spreco di risorse, perché ad esempio di fronte alle banche e imprese che durante la crisi chiudono lo stato regala soldi alle banche e imprese nel tentativo di tenerle in vita. Il problema è che se la crisi di queste era dovuta al fatto che le persone non erano in grado di acquistare, se la crisi era dovuta a una sovrapproduzione, dare soldi a produttori perché producano di più è un palliativo, l’effetto è che nei magazzini aumentano le merci ma il meccanismo non è autonomo, perché un meccanismo è sano quando sono le persone a comprare, non lo stato. Questo aggrava la situazione perché lo stato non interviene su problemi veri, curano il sintomo ma non la malattia di quel momento economico, finché si arriva ad un momento di totale destabilizzazione del paese nel 32 quando alle elezioni presidenziali concorre un candidato che verrà eletto ed è stato il presidente degli USA più importante del 900, Franklin Roosevelt. Dal discorso di Roosevelt emergono diversi elementi, dice che non sono davanti ad una piaga di locuste, la crisi è stata creata dagli uomini, dalle scelte politiche ed economiche dei governi, la crisi non ha a che fare con disastri naturali, perciò, occorre che ci sia uno stato capace di intervenire. Nel discorso c’è un’assunzione di responsabilità, dalla classe dirigente assume la responsabilità di ciò che sta accadendo nel paese, che può essere condizionato dai comportamenti, dalle azioni e dalle scelte di governo. Contro di lui c’era anche chi diceva che la crisi non dipendeva dall’uomo, queste persone erano coloro che su quel sistema avevano creato la loro fortuna, perciò non volevano cambiare quel sistema. Un’altra questione cruciale per capire la linea di pensiero di Roosevelt è che individua dei soggetti sui quali agire, ma soprattutto dice che l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa. Il messaggio che vuole passare è pacificatorio e angosciante per mettere i cittadini nella condizione di stare tranquilli e avere pazienza perché le cose si risolveranno. In Germania invece Hitler sfrutta la crisi passando il messaggio opposto, quello della paura, grande linda che nutre la Germania degli anni ’30. Lo vediamo anche nei suoi discorsi che non cercano di tranquillizzare la gente, dai suoi discorsi emerge rabbia. Roosevelt è stato l’unico presidente rieletto 4 volte, questo per due aspetti: • Innovazione in termini di comunicazione politica. Da un lato è questione di stili che lui adotta, la sua retorica è basata su pacificazione, rassicurazione, si rivolge alle masse in un momento in cui la politica non può più fare a meno del sostegno delle masse. È un presidente che adotta strategie di comunicazione politica che hanno avuto una grande capacità di persuasione, di seduzione della maggioranza di popolazione nonostante vivesse dal punto di vista fisico una condizione di handicap, viveva sulla sedia a rotelle ma nonostante questo ha innovato le forme di comunicazione politica negli USA attraverso una serie di strumenti come le nuove tecnologie. Egli ha avuto questo esito positivo anche in ragione del fatto che sfrutta al meglio lo strumento tecnologiche che si stava imponendo in quel momento, ossia la radio. Negli USA la cosa si ripeterà con Kennedy, il primo a saper usare la televisione, davanti alla telecamera ha l’aria di essere una persona sicura e forte. Roosevelt, ad esempio, si inventa un programma radiofonico che ha avuto un grande impatto sulla popolazione, “I discorsi del Caminetto”, questo rimanda alla dimensione domestica, perciò, si collocava all’altezza degli altri. Egli punta alla creazione di un legame empatico. I discorsi del caminetto erano discorsi attraverso i quali lui puntava a raccontare quotidianamente le questioni di cui si parlava nelle stanze del governo, spiegava le misure che venivano prese cercando di renderle comprensibili alle persone comuni, svolgendo quindi un lavoro di divulgazione di queste misure, misure che dovevano essere utili per uscire dalla crisi partendo sempre dal presupposto che si sarebbe usciti dalla crisi. Fiducia a speranza erano gli elementi chiave su cui lui basava i suoi discorsi. In questi anni mette al lavoro anche scrittori che lo aiutassero a formulare i discorsi migliori possibili, migliori per la capacità di comprensione, di raggiungere un pubblico. • Scelte economiche e in particolare “New Deal”. È attraverso il New Deal che Roosevelt interviene nella vita economica del paese, esso è un insieme di iniziative e riforme economiche che vengono messe in campo con l’obiettivo di ridurre la diseguaglianza economica. Cruciale nella strategia di Roosevelt è il fatto di riconoscere allo stato (governo) il diritto di intervenire nell’economia, si dà allo stato un ruolo importante rispetto alla vita economica. Non è detto però che l’intervento dello stato nell’economia sia una cosa giusta, il pensiero liberale in economia che si sviluppa da Adam Smitt fonda l’idea che l’economia sia sana quando lo stato non ci mette le mani, è il mercato che deve risolvere e organizzare in modo opportuno l’economia; perciò, lo stato non deve imporre limitazioni o vincoli. - Per il pensiero liberale il problema principale è la questione fiscale, perché secondo loro quando lo stato interviene in economia deve trovare le risorse e quindi tassa, secondo i liberali le tasse sono il problema perché impoveriscono gli attori economici per fornire loro un servizio che non ha livelli qualitativi che potrebbe avere se se ne occupassero personalmente. - Dall’altra parte ci sono pensatori che sostengono il contrario, che il mercato da sé non regola niente ma crea diseguaglianza sociale la libertà di azione economica e tendenzialmente favorisce sul medio lungo periodo l’avvicinarsi a crisi anche di portata catastrofica come quella del 29. Roosevelt in quel momento ritiene che di fronte alla crisi che si è scatenata occorre un intervento statale e agisce nel tentativo di risolvere la crisi portando lo stato a fare degli investimenti produttivi. Si pensa di dover trasformare lo stato in un agente regolatore che potesse rimettere a posto l’economia, ridurre le disuguaglianze. - Lo stato inizia ad investire in opere pubbliche come parchi nazionali, questo per cercare di risolvere il problema della disoccupazione, per fare in modo che le persone lavorino per queste opere pubbliche, in questo modo ci saranno meno disoccupati che potranno acquistare beni che miglioreranno la situazione delle imprese che non avranno più così tanta sovrapposizione. - Vengono imposte da Roosevelt delle regole sulle imprese e i loro comportamenti che avrebbero dovuto ridurre la concorrenza tra le imprese e tutelare i salari dei lavoratori. Queste regole avrebbero Parole chiave della politica novecentesca ➢ Destra ➢ Sinistra L’asse politico che va da destra e sinistra è caratterizzato da diversi termini: SX DX rivoluzionario progressista moderato conservatore reazionario • Reazionario, organizzazioni reazionarie: sono organizzazioni dell’estrema destra. • Conservatore, organizzazioni e movimenti conservatori: stanno sempre a destra ma non estrema. • Moderato, partiti moderati: di centro o centro-destra. • Progressista, ideologie e movimenti progressisti: collocati a sinistra. • Rivoluzionario, politiche rivoluzionarie: collocate all’estrema sinistra. Dal 900 in poi si genera un asse politico in cui tutte le ideologie vengono ricondotte a uno di questi termini. Il 900 è il secolo in cui appare la politica di massa, il secolo in cui cominciano ad essere messi in discussione gli equilibri e le gerarchie che caratterizzavano i secoli precedenti a partire dalla Rivoluzione francese, Americana e i cambiamenti apportati dalla rivoluzione industriale. C’è una trasformazione che smuove le gerarchie precedenti, quando arriviamo alle masse che partecipano alla vita politica i partiti si sviluppano con delle ideologie che possono puntare in due direzioni: 1. Da una parte il riconsolidamento delle gerarchie precedenti (reazionari) 2. Dall’altra parte ci sono movimenti che vanno della dimensione del consolidamento di nuovi principi (rivoluzionari). • Le organizzazioni reazionarie vorrebbero restaurare gli ordini precedenti, come rimettere le donne al loro posto e togliere la democrazia, per queste organizzazioni i giovani non devono stare nella vita politica ma solo ubbidire alle persone anziane e autorevoli. • I conservatori erano coloro che riconoscevano che si erano attivati dei processi di trasformazione, che alcuni cambiamenti non erano reversibili e occorreva accettarli e farci i conti ma allo stesso tempo puntavano a rallentare, frenare e contenere ogni ulteriore processo di modifica e trasformazione degli assetti sociali. Volevano conservare di fronte a quei gruppi politici che chiedevano ulteriore trasformazione (come le femministe che chiedevano il voto per le donne). • I moderati riconoscevano le trasformazioni e sapevano che non erano reversibili, erano favorevoli a ulteriori processi ma a patto che fossero guidati da un lavoro politico realizzato all’interno dei parlamenti senza scosse sociali eccessive, in modo cauto, ad esempio di fronte alle femministe che chiedono il voto ritenevano fosse corretto convocare dibattiti giudiziari, capire le condizioni per cui questo fosse possibile. • Le forze progressiste ritenevano che i processi di trasformazione fossero legittimi, che occorresse continuare sulla strada del cambiamento in modo energico ma nel rispetto delle prassi, delle regole e degli assetti istituzionali dei paesi in cui si trovavano. • I mondi rivoluzionari erano quelli che ritenevano che le trasformazioni fossero insufficienti, che occorresse andare avanti attraverso il rovesciamento delle istituzioni che fino a quel momento erano riconosciute come legittime. Se i progressisti volevano un cambiamento progressivo per i rivoluzionari le istituzioni erano sempre il freno per un processo di trasformazione che ritenevano buono quindi servivano ideologie diverse. Tra i reazionari si colloca il partito nazionale fascista in Italia, i nazisti Tra i conservatori e i moderati ci sono diverse forze politiche di cultura liberale Tra i progressisti ci sono i socialisti Tra i progressisti e i moderati le organizzazioni social democratiche Tra i rivoluzionari i partiti comunisti Il Fascismo italiano Già a partire da Mussolini il Fascismo italiano si caratterizza per essere meno simile a un sistema dottrinario complesso e articolato e più simile a un’ideologia di matrice religiosa. Il fascismo si basa sulla realtà del dopoguerra, caratterizzata da disordine, fattori di disorientamento generale, una realtà che aveva vissuto fasi di grande trasformazione economica sociale e culturale. Gli assetti precedenti erano stati rovesciati, le persone si trovano a fare i conti con le difficoltà di quando il mondo cambia e ci si misura con qualcosa di nuovo e non regolabile con le norme precedenti, qualcosa non controllabile con le vecchie prassi, è una realtà caotica perché le persone non sanno come stare nello spazio e nel tempo nuovi. In quel momento si arriva velocemente in Italia ad avere la sensazione che non ci fossero via d’uscita da quella situazione di caos, l’Italia è un paese attraversato da forti tensioni, un innalzamento potente della conflittualità sociale, in cui la classe politica dirigente si rivela incapace di interpretare il cambiamento e governarlo. Questo accade perché quella classe politica aveva governato e si era consolidata dal punto di vista organizzativo in un mondo che non doveva fare i conti con la presenza di contadini e operai nella vita politica. Le forze politiche che governavano l’Italia erano, come il Partito Liberale, formate da delle élite che governavano per conto del 3% della popolazione, persone di alta classe sociale colte e laureate, gente che non aveva nessun contatto con i mondi del lavoro se non da una posizione padronale, non si erano mai posti il problema di parlare con le masse. Di fronte a queste masse le forze politiche non hanno nessuna capacità di raggiungerle e governarle, sono organizzazioni con cui il mondo dei lavoratori non dialoga. Dentro questo quadro di crisi c’era stata una forte messa in discussione del positivismo, l’idea che con la razionalità era possibile governare tutte le trasformazioni, avviare processi di crescita economica, sociale, culturale… la guerra aveva messo in discussione queste cose perché ci si rende conto che con la razionalità scientifica si può produrre anche morte. La questione femminile è cruciale perché le donne sono disposte a lottare per non tornare indietro sulle conquiste che hanno ottenuto durante la guerra, questo è uno dei punti su cui il fascismo si rafforza, il mondo patriarcale italiano di fronte all’avanzamento femminile risponde con forti spinte reazionarie. Il fascismo pone tra i principali obiettivi frenare ogni avanzata femminile e femminista nel nome di un recupero della dimensione tradizionale femminile e una restituzione dei ruoli che erano stati riconosciuti alle donne. Da questo punto di vista il fascismo è patriarcale, anche se nel suo essere patriarcale doveva riuscire ad esserlo in modo nuovo, le donne comunque non erano le stesse di prima, avevano vissuto processi di trasformazione, non potevano tonare nello spazio che era stato costruito loro nei secoli precedenti, dovevano essere rimesse sotto controllo patriarcale ma con strumenti nuovi.  Negli anni del fascismo si sviluppa una retorica patriarcale che punta a ridisegnare lo spazio delle donne nella società insegnando loro cose che cercavano di fornire una visione del femminile che punta a rimettere le donne al loro posto ma allo stesso tempo le definiva con espressioni nuove, alcune loro dimensioni erano sacralizzate. Bisogna metterle al loro posto affermando che loro devono essere valorizzate nel loro ruolo di anfore della vita, nella loro sacralità e quindi soggetti da ricondurre alla casa, questa sacralità richiede protezione domestica data dal maschio. Il fascismo riconosce che le donne possono essere qualcos’altro purché esso possa essere funzionale negli interessi del padre e del marito. Sono anche anni in cui gli USA vivevano una fase di avanzamento che era osservato dall’Italia in maniera critica, perché le trasformazioni si accompagnavano a pratiche come quella pubblicitaria dove il corpo femminile era esibito, quelle trasformazioni negli anni ‘20 sembravano minacciare ulteriormente le strutture tipiche del mondo rurale italiano. Le tecnologie statunitensi spaventavano perché rendevano inutili strumenti tipici della cultura italiana del tempo, cancellavano dei pezzi di realtà, le tecnologie fanno scomparire mestieri e equilibri formati prima che le tecnologie comparissero, si creano quindi delle resistenze. Il mondo statunitense era visto in modo critico perché la città era vista come luogo di perdizione, di vita frivola dove ci sono locali notturni, moralismi di varia natura ci vedono un grosso problema. Di fronte al caos il fascismo si forma come movimento che si propone l’obiettivo di rimettere ordini in società, reagire alle trasformazioni ritenute pericolose e degradanti, di restituire alla società italiana i suoi assetti ed equilibri precedenti, sradicare il conflitto e disordine tornando agli equilibri precedenti. In questo c’è una dimensione che caratterizza la retorica fascista, essa ha sempre un qualche tratto vittimistico, il fascismo reagisce sempre a un attacco, nel suo DNA ha il fatto di proporre una restaurazione di qualcosa, un’azione che in qualche misura è giustificata dal fatto di essere sotto attacco. È una retorica che vuole esibire forza, graniticità, capacità di tenuta e resa di fronte all’avanzamento di chi vuole distruggerla. Nelle rivendicazioni del fascismo il tratto vittimistico era trasversale, sempre presente, la realtà esterna era degradata, minacciosa e il fascismo si proponeva come movimento che puntava a scovare i responsabili di questi processi di trasformazione di degrado, individuare i responsabili per porre lor un freno e riportare tutto a uno stato di salute migliore. Questi responsabili erano sempre dei soggetti esterni alla sua comunità di riferimento, ovvero la comunità italiana nazionale dei buoni e giusti lavoratori, principalmente contadini rurali. I soggetti responsabili di crisi e degrado erano estranei a quella comunità, erano ad esempio gli stranieri e in particolare i governi di paesi stranieri responsabili di giochi e manovre politiche e finanziarie reali o presunte che si riteneva danneggiassero il paese, come i sovversivi socialisti, comunisti e anarchici ritenuti infiltrati sovietici. Nella retorica fascista la dimensione vittimistica costruisce un nemico sempre estraneo alla comunità di riferimento, è importante perché il fascismo costruisce un fronte antagonistico e su quello fa pressione perché diventa elemento di costruzione identitaria. Il fascismo fissa nell’altro delle caratteristiche opposte che hanno la funzione di contribuire a costruire la propria identità, agli altri soggetti sono assegnate caratteristiche opposte al fascismo, l’altro è percepito come nemico e questo contribuisce a compattare il proprio fronte. Questione nazionale: il fascismo ha come elemento caratterizzante il fatto di radicalizzare la dimensione nazionale e nazionalista, il fascismo italiano dice di sé di essere il movimento che intende operare e agire nell’interesse supremo della nazione, dentro la quale sono tutti compresi indipendentemente dalla professione, posizione nella gerarchia sociale, dal fatto che si fosse lavoratori salariati o imprenditori. Il fascismo punta a comporre gli interessi di imprenditori e lavoratori nell’ottica dell’interesse supremo della nazione. Il fascismo si presenta come forza che deve fare i conti con le masse in politica, Mussolini è stato infatti capace di superare i limiti che avevano caratterizzato le forze conservatrici che avevano governato in precedenza, perché Mussolini sapeva comunicare con le masse, questo l’aveva imparato perché aveva avuto un passato socialista, era stato un maestro di scuola socialista e aveva avuto la necessità di comunicare con contadini, lavoratori…i socialisti avevano dovuto imparare ad organizzare dal basso le manifestazioni popolari, sono coloro che avevano capito che per tenere le masse nella politiche e per costruire il consenso erano necessarie una serie di strategie:  fare elaborazione politica  anche e soprattutto divulgazione, sapevano che un lavoratore operaio contadino doveva capire le cose attraverso simboli, parole chiare, frasi brevi, qualcosa che attiri la sua attenzione, che ha bisogno di sentirsi parte di una comunità politica, che sa di appartenere a una cosa che ha idee e obiettivi che condivisi e di cui si fidi. Allora Mussolini aveva in chiaro come si comunicava, cosa bisognava fare per comunicare chiaramente con le masse. In questo senso c’è un elemento moderno nel fascismo, perché Mussolini in una strategia reazionaria, sa che per parlare con le masse deve eccitare e radunare le masse attorno a dei simboli, ad esempio l’importanza data alla radio e dal cinema come fattori di costruzione di un’identità deriva da questo. I grandi raduni, le masse radunate in piazza di fronte a un uomo che ha un’educazione del corpo e dei gesti, che ha sviluppato una strategia di narrazione per far sii che le cose che dice arrivino alle persone, fa questo mettendo la pazza in connessione con le piazze d’Italia perché i discorsi sono emessi attraverso la radio. Fasi del fascismo Il fascismo storico italiano vive una stagione che dura vent’anni dentro la quale possiamo individuare diverse fasi, in particolare 6 fasi, che portano dalla sua alba nel 1919 fino al collasso definitivo della repubblica sociale italiana nel 1945, quando finita la guerra Mussolini viene catturato e giustiziato. Il fascismo italiano è stato anche concreta azione di governo, la forza che ha governato l’Italia per 20 anni. • I. Fascismo movimento: dal 1919 al 1921. Questo periodo è l’incubatore del fascismo ed è il momento in cui il fascismo si presenta come un “movimento”, un movimento rispetto a un partito vuole anzitutto dare di se l’immagine di qualcosa che è profondamente depurato dalle logiche dei partiti precedenti, partiti che esistevano in precedenza. Il movimento fascista non ha ancora un partito, si propone come portatore di contenuti, idee, stanze, come un’organizzazione di persone che non condividono logiche dei partiti e della politica esistenti fino a quel momento, soprattutto perché il fascismo da delle istituzioni e partiti esistenti l’immagine di realtà estremamente corrotta, cavalca l’onda di chi sente e vede nella politica italiana di quegli anni qualcosa di corrotto rispetto al quale occorre organizzarsi dall’esterno per superare quella condizione. Il fascismo movimento ha una forte carica antisistema, vuole abbattere il sistema, ha volontà di rovesciamento dello stato delle cose per come si sono strutturate e ha l’intenzione di costruire qualcosa di nuovo che nella sua novità dovrà avere come caratteristica il fatto di essere deputato da tutti gli elementi di corruzione che avevano caratterizzato la realtà politica precedente. • Potrebbe essere associato alle forze d’ispirazione Marxista ma c’è qualcosa di diverso nel modo in cui il fascismo si pone rispetto ai mondi rivoluzionari marxisti e marxiani: per i marxisti e per chi studiava da una prospettiva socialista o comunista la ragione per cui andava realizzata una rivoluzione non stava nel fatto che i partiti fossero corrotti o da depurare da elementi problematici. Per i marxisti il mondo capitalista aveva in sé dei fattori che lavoravano soprattutto a livello economico generatori di diseguaglianze sociali, per loro il sistema capitalista si basava sullo sfruttamento dei lavoratori da parte dei padroni o proprietari terrieri. Per i marxisti la necessità della rivoluzione partiva dal fatto di costruire un nuovo sistema economico dove non ci fosse la proprietà privata ovvero l’elemento che i padroni usavano per sfruttare i lavoratori, ovviamente dovevano intervenire sul piano economico per rifarne uno nuovo. Essi vedevano nello stato portatori di interesse dei capitalisti e dei padroni, per loro il problema era il mondo borghese che difendeva il mondo dei capitalisti. • Il mondo fascista sostiene che le istituzioni e partiti sono corrotti, occorre depurarli e levare le infezioni che dipendono dai singoli che stanno all’interno delle istituzioni, occorre renderli giusti e onesti, fecondo ciò su avrà un sistema migliore. Il fascismo in questi anni sviluppa una retorica molto forte, Mussolini e i suoi vogliono dare l’idea di essere diversi, caratterizzati da un’altra moralità ed etica politica, si presentano come giusti e onesti, ma soprattutto come puri. L’auto rappresentazione dei fascisti era quella di gente che descriveva la realtà politica come una specie di grande caos caratterizzato dalle peggiori nefandezze che non riguardava loro, che invece erano puri. Il consenso Per raggiungere il consenso Mussolini usa degli strumenti: • Creazione di una rete di organizzazioni popolari che animava del tempo libero delle persone: ad esempio nel 1925 crea l’opera nazionale Dopolavoro, i dopolavoro erano luoghi dentro i quali c’era un servizio di somministrazione di bevande che era creato allo scopo di portare i maschi a partecipare, a incontrarsi per svolgere una serie di attività di intrattenimento dopo il lavoro. Mussolini inventa questa organizzazione rivolta agli uomini, quelli che partecipavano di più alla vita politica e avevano un impatto maggiore. Dentro i dopolavoro gli uomini potevano trascorrere tempo insieme, giocare a carte, bocce…sotto lo sguardo vigile di persone di fiducia del regime. L’obiettivo era quello di non parlare di politica (c’erano anche cartelli che lo vietavano), era un imperativo, questo perché se si discute di politica ci si divide su delle posizioni, questo vuol dire che è possibile che esistano posizioni diverse e un regime che impone una sola linea non ammette alcuna forma di discussione politica, non è possibile avere diversi punti di vista. Gli iscritti al Dopolavoro diventano in pochi anni più di 4 milioni, c’era anche un ritorno economico immediato, agli iscritti solettavano dei bonus economici come dei biglietti gratuiti del cinema, degli sconti sui treni…quindi un popolo di persone povere entra in questa macchina dei dopolavoro proprio per questi bonus. • Costruzioni di mense popolari: il regime si incarica di creare dei luoghi altamente fascistizzati dove i proletari potevano mandare il figlio a mangiare gratis. Queste mense erano aperte per tutti i bambini dei paesi di periferia, erano noto che i figli potessero mangiare gratis dei pasti molto poveri. Se il regime dava da mangiare ai figli valeva la pena sostenerlo. • Donne: uno degli aspetti che aveva favorito il regime era il fatto di contenere il processo di emancipazione delle donne post-guerra, però non era possibile riportarle alla loro condizione di prima. Il regime, quindi, riesce a creare delle associazioni che mobilitavano le donne, che accettavano che le donne partecipassero alla vita pubblica con l’obiettivo di vincolarle alla dimensione del lavoro domestico, dei valori e principi della famiglia trasmettendo l’idea che il campo d’azione femminile dovesse essere la dimensione famigliare e domestica spingendo le donne a vivere una dimensione di sorellanza dentro queste associazioni collaborando insieme per dei fini comuni che riguardavano la cura della casa. “Le massaie rurali” era una di queste associazioni, donne di campagna che venivano organizzate in questa associazione per addestrare le più giovani ai lavori domestici, spiegavano loro come occorresse gestire la casa, organizzavano incontri per promuovere la cultura del femminile domestico. Sistema la categoria dei lavori donneschi, lavori adibiti alle donne come il cucito, la sartoria, tutto ciò che poteva essere svolto a casa e che richiedeva anche anni di formazione per raggiungere un alto livello di professionalità. Si riconosceva loro la possibilità di fare incontri per spiegare cosa dosi dovesse fare per essere donne con la D maiuscola. • Il regime, oltre al consenso negli adulti, lo ricerca anche nei bambini; infatti, quando ci si trova davanti a persone colte che non condividono le stesse idee ci si trova davanti a scontri, quando ci si trova davanti a bambini questo problema non si pone. Mussolini trova nel rapporto tra politica e infanzia la chiave del consenso. È la prima volta nella storia che i bambini diventano oggetto di attenzione politica. Mussolini è il primo he si pone il problema del dover interloquire e formare l’infanzia. 1. Organizzazioni che si occupavano delle madri e dei neonati. Sono anni in cui la mortalità infantile era molto alta, ad esempio nella bergamasca la mortalità prima dei 4 anni dei bambini era del 42%, questo era dovuto a una serie di fattori: ➢ Le donne anche in gravidanza continuavano a lavorare ➢ La miseria, la fame delle madri per prime che non essendo sufficientemente forti erano in difficoltà con l’allattamento, non avevano abbastanza anticorpi ➢ Le condizioni igieniche erano simili a quelle di una stalla ➢ Non esisteva la medicina che esiste oggi Il regime crea le condizioni per cui la cura dei minori diventi fattore di consenso, il tutto ha una ricaduta politica, il tutto fa pensare che il fascismo si occupi della dimensione famigliare. La donna che partecipa a quell’iniziativa decide di partecipare alle dinamiche del regime e ne trae profitto, viene ideologizzata la donna che viene portata sentirsi madre d’Italia, generatrice di futuri patrioti, della razza italiana. Si voleva trasmettere l’idea che si potesse essere madri e spose esemplari, bisognava essere abili nei mestieri domestici, capace di prendersi cura del marito, capace di servirlo in piena dedizione, mettere sempre prima l’interesse del marito, poi quello de figli e infine quello della donna. Se la donna apprendeva questo diventava una candidata madre e sposa esemplare che diventava poi potenzialmente animatrice di questi luoghi. 2. Coinvolgimento dei bambini: nelle mense le bambine servivano, c’era ordine e i bambini hanno la divisa del ruolo, è come se fossero parte di un esercito vestiti tutti allo stesso modo, tutti sono figli della nazione, la grande patria Mussoliniana, si sentono parte di qualcosa e fin da piccoli imparano a riconoscersi parte del regime. • La scuola: il regime pensa sia necessario lavorare anche sulla pre-ideologizzazione. Questa passa attraverso il fatto di trasmettere un linguaggio, un lessico dentro al quale ci sono tante parole significanti a cui possono essere attribuiti significati diversi. Le persone con cui ci si confronta hanno un linguaggio sufficiente per essere ideologizzate. Coi bambini questi non si può fare ma si può dare loro l’impressione che ci sia qualcosa di buono e qualcosa di cattivo. I quaderni e i prodotti della scuola fascista dell’epoca avevano forme di questo genere, c’erano quaderni con scritto “Il duce ti guida”, questo dava loro l’impressione di una persona forte, che difende e protegge. C’erano altre immagini in cui si esprimeva la necessità di mettere ordine attraverso messaggi elementari e comprensibili dai bambini. Crescendo i ragazzi sono capaci di leggere e comprendere meglio le parole, i quaderni dovevano essere personalizzati perché tutti avevano lo stesso quaderno messo a disposizione dalla scuola, c’è un giuramento scritto; quindi, un impegno preso con il regime, il giuramento è quello di eseguire gli ordini del duce. C’è sempre un riferimento alla religione, il balilla porta con sé il giuramento per tutta la vita. L’obiettivo di tutti questi strumenti era la creazione del consenso. In questa società le immagini non sono un bene, nessuno dispone immagini di sé e non ci sono dispositivi per produrne, neanche la produzione a mano è diffusa al tempo, allora l’immagine è qualcosa che non passa inosservata e viene guardata con attenzione; quindi, i quaderni e tutto ciò che si rifà a immagini vengono guardate non solo dai bambini ma anche dai genitori. Acquisiscono quindi circolazione nella società. Il regime ha avuto la capacità di creare senso comune dal quale nasce il consenso, una serie di idee su come girava il mondo, su cosa era giusto o non, su cosa fosse bene o male, cosa andasse rispettato e cosa no. Da questo punto di vista una peculiarità del fascismo è che può essere considerato il primo regime mediatico moderno della storia, attraverso un sapiente uso dei media ha ottenuto il consenso, faceva circolare i suoi contenuti, ha sviluppato arti visive, grafiche, della comunicazione…Mussolini mette a disposizione grafici, studiosi di comunicazioni, linguaggi pubblicitari che erano il prodotto di uno studio e la politica quando Mussolini si presentava, presentava se stesso dentro dinamiche che erano sempre spettacolarizzate. La Germania nazista Finita la Prima guerra mondiale crolla anche l’impero tedesco, durante la guerra l’impero tedesco viene sconfitto e sulle ceneri di quell’impero si sviluppa una nuova realtà politica e istituzionale, la repubblica di Weimar. Dopo la Prima guerra mondiale si fa riferimento a questa realtà in Germania, la repubblica di Weimar a partire del 1924 viene finanziata dagli USA, la classe dirigente della repubblica ottiene dei finanziamenti per il pagamento dei debiti che la Germania aveva maturato nei confronti dei vincitori. Questa repubblica è stata attraversata da forti tensioni, è una storia di grandi tensioni sociali e instabilità politica dovuta al fatto che la classe dirigente ha forti divisioni. C’è un aspetto di discontinuità istituzionale, la conflittualità politica vedeva una contrapposizione tra due poli: • Conservatori: I conservatori erano quella parte di classe dirigente che aveva come riferimenti principali dal punto di vista sociale i grandi proprietari, il mondo degli agrari (grandi proprietari terrieri) e gli industriali (grandi proprietari di fabbrica, capitali d’industria…). Ai conservatori facevano riferimento anche una parte delle classi medie, quel pezzo di società che non aveva grosse proprietà ma non era nemmeno lavoratore salariato, erano quei soggetti che lavoravano nelle burocrazie, apparati statali e pubblici e altri soggetti come commercianti o proprietari di bottega. • Social democratici: I social democratici erano i rappresentati delle classi lavoratrici, erano il riferimento soprattutto del mondo operaio organizzato, dei lavoratori salariati che stavano nelle fabbriche, dipendenti di impresa agricola e rappresentavano la fascia più bassa, il lavoro povero. I prestiti americani dal 1924 creano le condizioni per lui la repubblica di Weimar riesca a reggere di fronte all’instabilità, regge perché la situazione economica di grossa difficoltà che caratterizzava quel territorio riesce ad essere gestita. Le risorse americane creano le condizioni per cui ci sia una riduzione della tensione sociale, una capacità di contenimento della conflittualità.  Si riduce il tasso di disoccupazione, c’è più gente che ha un salario e che ha la possibilità di vivere; quindi, ha meno ragioni per incattivirsi e scendere in piazza rispetto ai disoccupati. Perciò, per una prima fase le condizioni migliorano. Nonostante ciò, si incontrano in Germania nella seconda metà degli anni 20 forze politiche che non si collocano in conservatori o social democratici ma sulle ali estreme. In quel momento sono forze di scarso peso che riescono ad essere contenute: • A sinistra dei social democratici ci sono i rivoluzionari comunisti, gli Spartachisti con una grande intellettuale Marxista di nome Rosa Luxembourg che opera nell’ottica di un processo rivoluzionario. • Esistono a destra forze reazionarie a carattere antisistema che facevano riferimento a un’ideologia di tipo nazional patriottica e che svilupperà un carattere nazional socialista da Hitler. Queste forze sono ali estreme si batteranno nella repubblica di Weimar in modo devastante, le condizioni di vita crolleranno, peggiorerà la qualità della vita, ci sarà un’impennata inflazionistica e della disoccupazione, vengono licenziati 6 milioni di lavoratori in pochi anni, le paghe di chi aveva un lavoro si riducevano, perdevano potere d’acquisto, la produzione industriale crolla del 60%, c’è un blocco dell’economia tedesca, nel giro di pochi anni i prezzi dei prodotti aumentano del 60%. Si genera una forte instabilità politica come conseguenza di questo, nei momenti di grande crisi tendono a prevalere e farsi largo forze politiche che presentano una forma di radicalismo, che si presentano come intenzionate a un rapido e veloce rovesciamento della situazione. Questo appare chiaro nelle elezioni del settembre 1930: ➢ Si assiste ad una crescita elettorale da un lato dei comunisti che passano da 3,3 milioni a 4,6 milioni di voti come esito di una militanza politica che riesce a farsi largo in un mondo operaio in crisi. ➢ Ancora più impressionante è la crescita dei nazional socialisti che passano da 800000 voti a 6,4 milioni, c’è un’impennata impressionante del peso elettorale die nazisti, queso corrispondeva al 18,3% dei voti totali. A questo punto i nazisti, che fino a quel momento erano una forza residuale, non devono più essere liquidati, i nazisti vengono a rappresentare interlocutori necessari per le destre tedesche che non possono più fare a meno di loro anche perché allo stesso modo dei fascisti, i nazisti si presentano come il vero baluardo contro i comunisti, gli unici capaci di frenarli e diventano partito di riferimento dei proprietari terrieri, capitali d’industria che vedono in Hitler l’uomo in grado di sedurre le masse e conquistare l’appoggio popolare contro una prospettiva di radicalizzazione a sinistra, perciò lo sostengono. Allo stesso modo dei fascisti, i nazisti adottano una struttura paramilitare di squadre armate che attuavano la violenza politica contro gli avversari politici all’interno di una retorica che aveva come obiettivo quello di screditare i sistemi democratici, si tratta di azioni violente e repressive nei confronti di avversari politici non nascoste ma rivendicate. Dentro queste rivendicazioni c’era l’idea che il sistema democratico non funzionasse. “Nazionalsozialistische deutsche Arbeiterpartei”, si riconosce dal nome la dimensione nazionale, il nazismo sviluppa un percorso ideologico d’ispirazione nazionalista che era già sviluppato in Germania nei primi anni dell’800, lo spirito nazional patriottico era un materiale ideologico già presente prima di Hitler e lui se ne appropria per sviluppare il suo progetto. • In Germania si dava centralità assoluta al termine “popolo” che ha in tedesco una valenza diversa dall’italiano perché la parola Volk fa riferimento a una comunità di individui legati a una sorta di dimensione spirituale, era una comunità di persone legate da un destino comune e dall’appartenenza a un territorio specifico, dove territorio è inteso anche come luogo che grazie ai suoi caratteri è produttore di valori specifici, di una forma di spiritualità, di una dimensione culturale specifica. A quella comunità si appartiene per nascita, non vi si può accedere in altro modo. • Viene dato peso anche al termine “radici”, intese come le origini, i fattori di un popolo ricercati in un passato comune fatto di tanti elementi spaziali, territoriali, spirituali che avrebbero dovuto essere riferimenti di una costruzione di una progettualità politica. Il nazional patriottismo esaltava il popolo tedesco mettendolo in relazione con aspetti geografici, naturali e fisici presenti in Germania, i tedeschi si pensavano come la razza superiore, dotata di valori derivati dal rapporto con la terra tedesca, i boschi e le pianure tedesche. Il soggetto tedesco era superiore perché temprato dal territorio e dalla vita. Si riteneva diverso dal mediterraneo da cui si avevano sviluppi caratteriali diversi perché più mite e temperato, più facile da abitare e meno richiedente di forza rispetto alla Germania coi suoi boschi freddi. • Nel discorso nazional socialista c’è un riferimento alla dimensione socialista e al termine “lavoratori”, Hitler si presenta come il capo di una formazione che pensa di essere partito dei lavoratori, il nazismo matura una visione critica nei confronti della rivoluzione industriale e degli sviluppi a cui portava il mondo urbano industriale. Il mondo urbano industriale che toglie agli individui la possibilità di stare in contatto con la forma originaria del territorio, è un ambiente che rende la vita per alcuni aspetti più facile per gli uomini perché toglie il contatto con gli elementi naturali che secondo i nazisti erano agenti tempranti, è più facile “rammollirsi”, inoltre questo mondo urbano industriale borghese viene descritto dai nazisti come un mondo corrotto dentro al quale si tramava contro l’interesse delle classi lavoratrici. Nel discorso nazional socialista fondamentale che gli elementi dannosi per il Volk avevano origini esterne, tutto ciò di problematico veniva visto come responsabilità di altri, i comunisti erano ritenuti essere portatori di un’ideologia estranea alla cultura tedesca perché sviluppata in risposta allo sviluppo industriale, che trovava nell’Unione sovietica la sua massima concreta realizzazione storica e aveva emissari che venivano da lì.  Gli ebrei erano visti come i soggetti che partecipavano a queste cose perché erano finanzieri e talvolta marxisti, in questo quadro la figura dell’ebreo diventa per Hitler il capro espiatorio perfetto, vengono individuati come soggetto su cui scaricare la responsabilità dell’andamento e dei problemi in Germania perché erano una comunità presente, visibile e riconoscibile, che viveva dentro una dinamica di distinzione dai tedeschi, erano estranei alla cultura tedesca, portatori di culture anti germaniche che i nazisti ritenevano non si sarebbero mai sviluppate in Germania senza di loro, considerati i responsabili del radicamento dell’ideologia marxista oppure identificati con il blocco finanziario urbano industriale. La proposta di Hitler risultava deduttiva per soggetti di classe lavoratrice piccolo-borghese (Pag 182 / Barbagallo, da pag 154 si parla del Reich) Hitler richiede il pieno potere, un uomo politico che richiede poteri sta chiedendo di essere riconosciuto come potere assoluto, totalmente svincolato da qualunque intervento di controllo sulla sua persona e sulla sua attività. Hitler dice alla popolazione tedesca di voler essere riconosciuto come soggetto superiore perché svincolato da qualsiasi controllo, il contrario dei sistemi democratici basati sull’idea che non ci possa essere l’uomo politico non sottoposto a vincoli e limitazioni del suo operato. L’uomo della democrazia deve registrare quello che fa e porlo all’attenzione degli organi di competenza, in democrazia le cariche sono temporanee perché qualsiasi uomo in un sistema democratico arrivi a ricoprire una caracca dovrà essere successivamente sottoposto nuovamente a una verifica, alle elezioni è il popolo a Soprattutto al nord si crea una situazione esplosiva e conflittuale all’interno del territorio come esito della contrapposizione tra fascisti e antifascisti. Nella repubblica sociale italiana (nord) c’è una situazione di guerra molteplice perché si combatte contro gli alleati ma all’interno è in corso una guerra civile che vede contrapporsi antifascisti che vogliono liberare il paese dall’occupazione fascista e chi rimane fedele a Mussolini. È una storia interessante dal punto di vista storico perché nella RSI c’è la creazione di strutture paramilitari di guerriglia che caratterizzano la stagione della resistenza, la fase tra 43 e 45 in cui gli antifascisti si organizzano con strutture militari clandestine con l’obiettivo di minare dall’interno la repubblica sociale italiana. Sono gli anni in cui si sviluppano i gruppi d’azione patriottica che erano quelle realtà a cui si fa riferimento quando si parla di partigiani, gruppi nascosti nelle città o nelle vallate che cercavano di colpire le strutture della repubblica sociale, combattevano contro soldati tedeschi ma soprattutto italiani che difendevano la repubblica sociale. La dimensione di guerra civile sta in questo: ci sono italiani schierati un versante e altri sul versante opposto che si scontrano militarmente con l’obiettivo di eliminarsi in modo definitivo. Questa fase ha avuto un effetto ideologizzante fortissimo sull’Italia, i partigiani combattevano nei gruppi d’azione ed erano antifascisti d’ispirazione comunista, socialista, democristiana, che si scontravano con gli altri italiani portatori di una visione opposta. Come tutte le guerre civili raggiunge picchi di violenza e barbarie rari che hanno lasciato conseguenze perché chi aveva combattuto in fazioni opposte finta la guerra si trovano insieme a costruire l’Italia e convivere dentro una nuova Italia democratica. Il secondo dopoguerra Con la fine della Seconda Guerra mondiale si assiste alla fine dell'egemonia europea nel mondo. Fino a quel momento erano risultate dominanti, da secoli, le grandi potenze europee; si erano sviluppati grandi regni che avevano visto un'espansione avanzata e un processo di costruzione di Imperi coloniali che in qualche modo avevano iniziato ad integrare territori estranei all’Europa. Tra la Prima e la Seconda Guerra mondiale inizia una fase di forte tensione e caos in cui cominciano a comparire forze esterne che iniziano ad avere un peso, una forza e una capacità autonoma di peso e posizione maggiore (USA, Unione Sovietica) anche se è ancora l'Europa ad essere al centro della scena. Con la fine della Guerra emergono due nuove super potenze extraeuropee che saranno i nuovi poli del potere mondiali attorno ai quali si costruirà il nuovo assetto geopolitico internazionale: USA e Unione Sovietica. USA E URSS Su questi due poli si struttura il nuovo equilibrio geopolitico dentro una dinamica che diventerà, molto rapidamente e nuovamente, una dinamica fortemente conflittuale. Gli USA e l'Unione Sovietica hanno combattuto e vinto insieme la Seconda Guerra mondiale pur essendo le due forze che, dal punto di vista ideologico, si erano costruite in contrapposizione l'una rispetto l'altra. Proprio questa distanza e contrapposizione permette loro di vincere insieme il nemico comune, ovvero il nazifascismo. Tra il 1946 e il 1947 si creano le condizioni per una nuova dinamica antagonistica e potenzialmente belligerante. La Seconda guerra mondiale aveva messo il mondo di fronte a una serie di atrocità, è stata una guerra nel corso della quale vennero uccise milioni di persone grazie alla potenza delle nuove armi e proprio in seguito a tutto ciò gli uomini del governo avevano la chiarezza del fatto che si erano raggiunti vertici di brutalità devastanti, impressionanti, straordinariamente brutali da non sembrare nemmeno possibili, ci si domandava come fosse stato possibile arrivare a quel punto. Si giunge quindi alla consapevolezza di dover andare verso una condizione che cerchi di introdurre il maggior numero possibile di filtri e barriere che impediscano il ritorno di situazioni vissute nella Seconda Guerra mondiale. Il mondo prende consapevolezza, capisce che non c'è spazio per una guerra atomica e per questo si cerca di evitare il ritorno a situazioni analoghe. ONU (organizzazione delle nazioni unite) I Paesi usciti vincitori cercano di costruire un nuovo ordine internazionale che elimini la guerra e che la cancelli dalle opzioni possibili per risolvere i conflitti. In quest'ottica si intraprende un cammino che porterà alla creazione dell'organizzazione delle nazioni unite, l'ONU che viene creata alla metà del 1945 riprendendo il progetto delle “Società delle Nazioni” che era stato in precedenza pensato da Wilson. Gli obiettivi principali dell'organizzazione erano: • Salvare le generazioni del futuro dal rischio di un nuovo evento bellico di portata mondiale che avrebbe avuto a disposizione armi nucleari capaci di mettere a rischio l'esistenza della specie • Creare un organismo internazionale che potesse essere in grado di gestire i problemi sociali e politici vissuti in diversi Paesi con l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle persone sulla terra esprimendo anche una consapevolezza, quella del fatto che il mondo si era globalizzato, la realtà della globalizzazione era un fatto evidente che produceva conseguenze a livello economico e politico. I principi di fondo erano:  la democrazia, l'ONU afferma di fondare la propria visione sui principi democratici  la cooperazione internazionale. Quest'organizzazione, inoltre, si dà una sua struttura che avrebbe dovuto essere una struttura di governo degli equilibri internazionali. A quest'organizzazione partecipano tutti i Paesi del mondo che dovevano essere, quindi, rappresentati al suo interno; in particolare vi erano due organi fondamentali: • Assemblea generale: riuniva tutti i Paesi membri dell'organizzazione nell'ottica di discutere di problemi collettivi, doveva essere una sorta di parlamento internazionale. • Consiglio di sicurezza; aveva il compito di prendere decisioni importanti, cruciali nell'ottica di risolvere conflitti militari qualora essi scoppiassero in giro per il mondo, nell'ottica dell'interesse di tutti. In questo consiglio avrebbero fatto parte solo 15 Paesi in totale, di cui 10 sarebbero entrati a turno, mentre 5 Paesi sarebbero stati membri permanenti (USA, Francia, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Cina) i quali disponevano anche del diritto di veto su qualunque decisione; ciò significava che ci doveva essere l'accordo di tutti i Paesi permanenti prima di procedere all'azione (se tutti erano d'accordo ma uno di quei 5 no, allora non si faceva) Si creano così le condizioni per cui la funzionalità di questo consiglio venisse minata. Divisione dei territori dopo la guerra: GERMANIA E BERLINO Sino all'inizio del 1945 l'alleanza tra Stati Uniti e Unione Sovietica è segnata dalle tensioni prodotte dalla contrapposizione ideologica ma è salda grazie all’opposizione al nazifascismo; fino all' aprile del 1945, quando muore il presidente Roosevelt e pareva che ci potesse essere la possibilità di un compromesso e di un accordo tra il Presidente statunitense e Stalin (che era in quel momento il dittatore governante dell'URSS). Con la morte di Roosevelt, il quadro cambia perché Truman, il nuovo Presidente eletto dopo di lui, si rivela più ostile alle richieste e alle rivendicazioni sovietiche, nel senso che si oppone alle rivendicazioni territoriali ed economiche russe. Inoltre, il 30 aprile 1945 Hitler si suicida e in seguito a questo fatto diversi tedeschi nazisti fuggirono dalla Germania e si spostarono nel Sud America, in particolare nel Cile di Peron venendo appoggiati o dalla Svizzera tedesca o dal Tirolo. Il controllo dell'Europa così si divide: • Europa orientale controllata dall'Unione sovietica • Europa occidentale controllata dagli Stati Uniti La prima cosa da fare doveva essere liberare il territorio europeo dagli eserciti e capire cosa fare coi territori che erano stati dominati durante il conflitto. ➢ L'Unione sovietica rivendicava di poter scegliere i governi di tutti i territori che aveva occupato militarmente liberandoli dal nazifascismo, in particolare la Germania fu il paese più dibattuto. Il nord-est del Paese era sotto il controllo dei russi ma al suo interno Berlino era a sua volta divisa in quattro aree di occupazione. ➢ Truman si oppone a tutte le rivendicazioni sovietiche e questo genera una serie di tensioni: da un lato l'Unione Sovietica continua ad occupare militarmente i territori liberati, dall'altro gli Stati Uniti cercavano di consolidare buoni rapporti economici con gli altri paesi europei costituendo un accordo politico in senso anticomunista. La guerra fredda Tra il 1946 e il 1947 si innesta un percorso con intensificazione delle tensioni irreversibile perché Truman introdurrà la “dottrina Truman” che sancirà l'inizio della Guerra Fredda (1947-1991), così chiamata perché non venne mai combattuta direttamente dall'esercito americano e sovietico. Con la “dottrina Truman” gli Stati Uniti si impegnavano a sostenere i popoli liberi nella resistenza e all'asservimento da parte di minoranze armate e oppressione straniera (contro l'Unione Sovietica). La guerra fredda può essere una fase che ha il suo inizio con la dottrina Truman, gli USA iniziano a sviluppare progetti e strategie per il rafforzamento della loro influenza in Europa, diversi piani, esistono almeno quattro tipi di interventi che gli USA introducono per influenzare e condizionare la politica di una parte di paesi europei, quelli che ambiscono di poter controllare velocemente. 1- Interventi di carattere politico 2- Militare 3- Economico 4- Culturale L’obiettivo è dalla parte di USA e URSS è di andare verso la costituzione di aree di influenza, di dividersi il controllo del territorio europeo. Controllare l’Europa all’epoca voleva dire influenzare l’unico continente del mondo ad avere un peso demografico, politico, economico sulla faccia della terra. Dopo la guerra c’erano pochi poli sulla terra di molto peso, uno di questi erano gli USA, poi URSS poi Giappone ed Europa, il resto del mondo non era molto rilevante perché era poco popolato e non aveva conosciuto sviluppi di tipo industriale (Africa ad esempio). La popolazione mondiale superava di poco i 2 miliardi di abitanti e la metà della popolazione si trovava in Europa, in URSS e USA, le grandi città urbane si trovavano lì (NY, Parigi, Mosca…). Unione sovietica e USA si contendono l’Europa, si contendono quindi la polpa del mondo.  Oggi il mondo si è ribaltato, siamo più di 8 miliardi, l’Europa ha peso demografico molto limitato, i continenti di peso sono altri (India, Cina e Africa hanno più abitanti dell’Europa), anche le città più importanti sono fuori dall’Europa. L’Europa oggi ha ancora peso a livello economico ma questo sta in un quadro dove fuori dall’Europa ci sono altri 7 miliardi di persone e città con molto più peso. Quindi, USA e URSS si contendono la polpa che all’epoca era l’Europa • L’Unione Sovietica punta al controllo dei paesi dell’Est, li controlla a livello militare. • Gli USA puntano a controllare e rafforza l’influenza su tutta la parte occidentale dell’Europa, in particolare, Francia, Inghilterra, Olanda, Belgio, Italia… Ci sono territori che vanno automaticamente ad essere assorbiti all’influenza di uno dei due paesi, mentre altri territori vivono una fase più conflittuale come Italia, Jugoslavia, Germania perché sono terre di confine alla cortina di ferro che separa est e ovest, inoltre sono spaccate al loro interno. • La Germania era spaccata in due dal punto di vista dell’occupazione militare, la Germania dell’est era occupata dalla Russia. • L’Italia era un paese che pur essendo stato liberato con il contributo delle forze angloamericane era un paese spaccato dal punto di vista ideologico, presentava un partito comunista e socialista molto forti, che guardavano con occhi molti critici agli USA e al modello americano, una parte dei comunisti avrebbe voluto che anche l’Italia avesse una rivoluzione socialista e fosse aggregata all’area di influenza sovietica. • La Jugoslavia sarà un paese che diventerà socialista a partire da un modello di socialismo autonomo perché c’erano dei comunisti che in modo autonomo sono riusciti a costruire il socialismo nel loro paese e lo hanno fato con un capo carismatico, Tito, che si mette a capo di questa realtà costruendo un modello di socialismo in un paese federale in cui avvengono cose dal punto di vista politico e istituzionale che non avvenivano nelle aree sovietiche. Il livello di vita era più alto, vengono riconosciute alcune libertà e diritti che altrove non vengono concessi, c’è la libertà di culto, uno dei punti di forza di Tito fu la capacità di governare la differenza religiosa che caratterizzava la Jugoslavia.  La Jugoslavia aveva una componente musulmana, cattolica, ortodossa e Tito crea le condizioni per cui questi convivano in modo pacifico, soprattutto in Bosnia c’era una convivenza esemplare. Tito, in questo paese che aveva una qualità di vita talmente alta, non aveva il problema di impedire l’immigrazione, problema che si presentava in altri paesi con qualità di vita molto più bassa. I lavoratori Jugoslavi lavoravano soprattutto in Germania poi tornavano indietro perché non avevano motivo di avviare un processo di rivoluzione interna perché la qualità della vita era sufficientemente buona da non avviare nessun processo rivoluzionario. Tito non accetta il dogma staliniano, non accetta di trasformare il suo paese in un paese stalinista, trasformazione che subiranno altri paesi. Quindi, ci sono paesi chiaramente assorbiti dalle influenze di USA e URSS mentre altri che vivono situazioni più complicate, così come la Grecia, paesi dove ci sono voluti molti anni prima di arrivare all’influenza di una o dell’altra potenza. Per riuscire a raggiungere l’obiettivo di strutturare queste due influenze si usano delle strategie: ➢ Gli USA iniziano un’opera di diffusione di un’immagine di sé come paese che garantiva la libertà, democrazia, si presentano come il baluardo di libertà e democrazia, di tutti i valori sorti dalle dinamiche del mondo urbano industriale capitalistico, paese in cui veniva garantita la libertà di iniziativa economica, le persone potevano agire dal punto di vista economico, diventare imprenditori, paese che garantiva la proprietà privata e il fatto di poter crescere economicamente senza limiti. Gli USA rivendicavano questa loro immagine in cui un uomo poteva arrivare da 0 a 100, il paese del “sogno americano”, un sogno di mobilità sociale senza limite, un principio che si genera secondo in quale gli USA sono la terra dove chiunque ha la possibilità di diventare ricco, di conoscere un percorso di progressione economica e arrivare ai vertici. Dentro questa rappresentazione del sogno americano c’è l’idea che valga la pena sostenere gli USA perché anche l’ultimo degli ultimi può realizzarsi se lavora sodo. Gli USA dopo la guerra veicolano questa immagine di sé e cercano di sedurre gli altri paesi lavorando alla contrapposizione con l’URSS, dove la libertà economica non esiste, è lo stato che possiede i mezzi di produzione, i salari sono bloccati, c’è un’omologazione che viene vista come vincolo dagli USA, una forma di oppressione e uno strumento per appiattire rispetto alle capacità individuali. Negli USA si esalta la prospettiva individuale, il valorò dell’individuo come motore di progresso, si strutturano sull’idea che tutto ciò che accade di utile accade a partire dall’iniziativa di singoli che devono essere tutelati nelle loro libertà perché da questo ci può essere un progresso sociale. ➢ L’Unione sovietica dall’altra parte cerca di contrastare questa influenza e le rappresentazioni degli USA dando l’immagine di sé di un mondo dentro il quale si è riusciti a rovesciare le gerarchie di potere, un sistema in cui il comunismo garantisce equità, giustizia, annientamento dello sfruttamento dell’uomo su uomo, eliminazione del capitalismo che produce questo sfruttamento. Veicola l’immagine di un paese che con il comunismo è in grado di pianificare la produzione industriale in modo da produrre il necessario per la popolazione in un’ottica di giustizia ed equità. È un paese in cui si fa l’opposto dal punto di vista del rapporto individuo-società, l’URSS valorizza l’importanza dei valori collettivi, toglie centralità agli individui sostenendo che gli individui e i loro desideri dovevano essere piegati sotto le esigenze e necessità sociali. Ad esempio, si vuole togliere il lavoro straordinario perché la persona porta via ore a persone disoccupate che potrebbero farlo, il socialismo Il soft power ha a che fare con orientare le popolazioni attraverso il lavoro culturale, la costruzione e la diffusione di mitologie del proprio mondo, mitologie che passano attraverso il canale culturale e del consumo. C’è una contrapposizione di miti, il mito americano e l’american dream (paese ricco dove tutti possono attivare ai vertici), contro un mondo sovietico che aveva cancellato la disuguaglianza. In questo lavoro hanno un grande peso i media, la canzone, produzione musicale, cinematografica, televisione ma anche abbigliamento, modelli di consumo alimentare, diffusione di tutto quello che creava le condizioni per cui si potessero tracciare i confini di una comunità. L’occidente filoamericano diventa il luogo dove si mangiano hamburger, si vestono jeans, si ascolta il rock, si è simili perché si hanno dei modelli comuni (Bobby Solo, “San Francisco”, canzoni sui modelli americani a cui ambire). Nei paesi controllati dagli USA arrivavano dei modelli anche estetici, Little Tony è un esempio, gli italiani avevano bisogno di americanizzarsi, l’orizzonte di gloria era quello statunitense e ci si arrivava senza essere imposto con la violenza. Il governo statunitense non imponeva questa cosa, gli italiani volevano arrivare a quel modello autonomamente. Quando parliamo di soft power e capacità di seduzione è proprio questo. La guerra fredda culturale viene combattuta anche attraverso un impegno editoriale, ci sono progetti che vengono messi in campo dalle industrie culturali dei paesi per catturare l’attenzione. L’Italia repubblicana Lo scenario italiano è interessante perché l’Italia si trova a metà tra est e ovest, è però un paese spaccato all’interno da una componente ideologica conservatrice (democrazia cristiana), dall’altro lato ha una parte socialista o comunista. In una prima fase “fase costituente” dal 45 al 48, la democrazia Cristina (forza conservatrice anticomunista) collabora con comunisti e socialisti per costruire un paese nuovo e ricostruire un assetto istituzionale dopo la guerra. L’anno dal 45 al 46 è un anno in cui in Italia si decide di indire un referendum che deve dare agli italiani la possibilità di decidere la forma istituzionale da dare al paese. Cioè in Italia si doveva decidere se continuare ad essere una monarchia o una repubblica. È un momento in cui democristiani, socialisti e comunisti lavorano insieme per raggiungere l’obiettivo comune della ricostruzione del paese e della restituzione al popolo di livelli decenti di vita. È la prima volta in cui votano anche le donne in Italia, si vota a suffragio universale ed è un momento in cui la popolazione italiana sente molto il desiderio di partecipare alla vita pubblica, alle elezioni perché usciti dal periodo fascista in cui non avevano possibilità. Vince nel 1946 la repubblica, tranne che in poche province del nord e del meridione dove il voto popolare dà la prevalenza alla monarchia, in particolare 3 province tra cui Bergamo. Bisognava darsi uno strumento per costruire la repubblica, l’Assemblea costituente, gli italiani votano un’assemblea di rappresentati dei partiti che dovevano scrivere una carta costituzionale che viene scritta tra il 46 e 48 ed entra in vigore nel 1948. Proclamazione della repubblica (video) Si proclama la repubblica attraverso una cerimonia breve e austera, ci si chiede allora perché una cerimonia breve e austera se si sta celebrando la nascita di una nuova entità istituzionale  Chi si trova a proclamare la repubblica e si trova a governarla non è nelle condizioni di assumere atteggiamenti che possano essere vissuti come fomentatori di conflitto, di scontro, atteggiamenti che non riconoscano che alcuni milioni di cittadini hanno votato per la monarchia. La cerimonia è seria, stanno ratificando qualcosa che ha scelto il popolo italiano. Le piazze d’Italia erano piene di persone, questo passaggio avviene sulle gambe e sulle ali di una spinta popolare che ha grandi dimensioni, è un momento di coinvolgimento estremamente forte di una parte consistente di popolazione che sente la necessità di voltare pagina, scende in piazza, conquista spazio, con l’obiettivo di sottolineare che si sta voltando pagina e si sta provando a costruire un paese nuovo. ➢ Nelle ultime scene il re se ne va, è un uomo solo perché la sua famiglia è in Portogallo, se ne va solo con alcuni soggetti che gli stringono la mano, funzionari che accompagnano il processo. Il re non se ne va subito ma impregna una decina di giorni perché il re cerca di non andarsene, dopo aver visto l’esito del referendum cerca di forzare la situazione tenendo conto di una posizione de cui godeva, quella di sovrano, una persona che aveva avuto una grande influenza e peso nella storia del paese precedente, che poteva contare sulla sua capacità di orientare una parte anche delle forze armate a sua difesa. Cerca di creare le condizioni per non andare ma gli fanno capire che non ha scelta, nessuno negli apparati dello stato italiano vuole assumersi la responsabilità di contrastare la volontà popolare a tutela del sovrano. ➢ A Firenze il sindaco sostiene che la nuova fase repubblicana “avrebbe dovuto aprire la via alla perfetta riconciliazione degli animi”, è una formula chiave per capire l’Italia di quel momento e le esigenze della classe politica e di una grande parte di coloro che avevano responsabilità politica e amministrativa nell’Italia che cambia. Quest’idea era figlia di una guerra che era stata anche una guerra civile soprattutto nel nord, c’erano soldati arruolato nella milizia volontaria per la repubblica sociale che andavano a stanare partigiani, uccidevano persone, cercavano collaborazionisti del regime…fase che ha messo gli uni contro gli altri cittadini italiani e persone che appartenevano alle stesse comunità e famiglie, si polarizzano i conflitti e non c’è più possibilità di mediazione (o la tua vita o la mia), si raggiungono altissimi livelli di brutalità, tanto che le stesse squadre e bande a servizio della RSI vengono mosse per la guerra civile sul territorio. Si crea una situazione talmente conflittuale che alla fine della guerra il livello di conflittualità permane e deve essere sciolto. La vocazione della classe politica dirigente a puntare ad una riconciliazione degli animi serve per creare le condizioni per cui si passi dalla brutalità a un riavvicinamento, una ricostruzione, un nuovo discorso collettivo per riconoscere la propria legittimità indipendentemente da cosa le persone siano state. “Aprire la via alla perfetta riconciliazione degli animi” ci rappresenta quegli anni, gli anni in cui viene stesa e prodotta la costituzione. Movimento sociale italiano Il movimento sociale italiano, in questo momento, viene ad essere un partito paria, che si esprime in favore di idee e principi guardando indietro con nostalgia. Questa minoranza di persona militante italiana rimane esclusa da questa fase costituente ma è l’unica componente, tutti gli altri partiti sono coinvolti in questa fase e l’occhio con cui i partiti puntano alla stesura della costituzione è quella di stesura di una carta nell’ottica di mediazione, in ambito anche dei partiti al governo con idee molto contrastanti. La costituzione italiana è un documento interessante da leggere per capire lo spirito di quel momento. La costituzione è lunga e articolata, a differenza di quella degli USA che non ha l’esigenza di regolare tutta la vita non solo politica ma anche economica e sociale del paese, questo deriva dal fatto che la costituzione degli USA è del 1786, emanata in un momento in cui i coloni avevano portato a termine il processo rivoluzionario, costruiscono una costituzione che deve tracciare le linee fondamentali della nuova istituzione indicando gli elementi che avrebbero dovuto governare. Qualche anno dopo ci sarà il Bill Of Rights che però è una parte esterna della costituzione. La costituzione italiana invece viene scritta in un momento in cui si esce da una guerra, una guerra civile, un ventennio fascista in cui erano stati cancellati tutti i diritti perché al duce era consentito qualunque tipo di intervento, il suo regime si caratterizzava per questo. Quindi, i costituenti italiani sentono la necessità di scrivere quali avrebbero dovuto essere i diritti delle persone perché non si corresse il rischio di ricadere in una fase come quella, hanno la necessità di esplicitare e non lasciare all’ interpretazione (come USA). La costituzione indica i diritti e i doveri dei cittadini, che vengono prima dell’ordinamento, sentono l’esigenza di affermare come si tutela il cittadino perché si viene da una fase in cui niente era tutelato. Nei diritti e doveri declinano 4 ambiti diversi ➢ Rapporti civili ➢ Etico sociali ➢ Economici ➢ Politici Come a dire che tutto ciò che riguarda la vita personale e pubblica deve essere indagato e occorre dare a tutti gli stessi diritti nella vita pubblica e privata. La seconda parte ci descrive la struttura che viene data allo stato (parlamento, presidente della repubblica, governo…). Le forze politiche che scrivono la costituzione sono molto diverse tra loro. • Articolo 1: indica come si cercasse di tenere insieme l’idea e il principio che guidava le forze democratiche occidentali, la necessità di affermare che si va verso la repubblica democratica mantenendo insieme la vocazione propria del partito comunista, fondata sul lavoro. È un’espressione che fa riferimento a un significato che assume la parola lavoro, parlare di lavoro nell’idea marxista voleva dire parlare di classe lavoratrice operaia salariata che si contrappone al capitale, fondare sul lavoro voleva dire fondare sugli interessi e sulla prospettiva della classe lavoratrice operaia e sul mondo dei lavoratori salariati. È una repubblica democratica ma ha dentro di sé un riferimento alla cultura marxista e marxiana. “La sovranità appartiene al popolo”: elemento di democraticità. • Articolo 3: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, uguali davanti alla legge senza distinzioni, introduce un elemento di riconoscimento, di diritti universali. Non c’è niente che possa gerarchizzare la popolazione riconoscendo a qualcuno più diritti rispetto a qualcun altro in ragione di variabili di qualche natura. Questo elemento è più proprio della cultura liberale, il riconoscimento degli stessi diritti appartiene al pensiero che niente possa distinguere le persone. Dopodiché arriva un segmento che fa riaffacciare un elemento della cultura politica di sinistra comunista e socialista, perché per i liberali bastava partire dal riconoscimento della parità di diritti, dopodiché le persone avranno esisti diversi che saranno ricondotti alle capacità individuali ma il punto è che tutti partono dagli stessi diritti. Per i soggetti di cultura socialista e comunista si parte dal presupposto che si abbaino gli stessi diritti ma se qualcuno avesse degli esiti diversi questo potrebbe dipendere non solo dalla volontà, merito e capacità ma anche condizioni economiche e sociali di partenza diverse, qualcuno può venire da una famiglia ricca e istruita e qualcuno da una famiglia povera che parla solo in dialetto. ➢ Liberali = si parte dalla parità di diritti ma si riconoscono le capacità individuali, c’è chi può arrivare ad avere qualcosa in più di qualcun altro ed è giusto perché è questione di merito. ➢ Socialisti / comunisti = bisogna partire dalla parola di diritti ma se qualcuno arrivasse più in alto di qualcun altro vuol dire che non si è partiti dalle stesse condizioni sociali ed economiche, cosa che lo stato dovrebbe conferire a tutti. Nell’ottica dei socialisti e comunisti lo stato dovrebbe mettere tutti nelle condizioni di giocare la stessa partita dopo averli messi nelle stesse condizioni economiche e sociali, aver riconosciuto il fatto di competere su una base paritaria. Questo vuol dire “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”, rimuovere l’ignoranza attraverso la scuola pubblica, la povertà, la disoccupazione, la malattia, tutto quello che può creare le condizioni per cui qualcuno non possa giocare la sua partita in condizioni dignitose. Non è scontato che uno stato si assumesse questa prospettiva, il fatto di tradurre uno stato sociale che riconoscesse ai cittadini questo elemento non è universale, viene inserito nella costituzione perché dietro c’è quella cultura politica. Ad esempio, in Italia fino agli anni ‘60 l’energia elettrica non arrivava ovunque, c’era solo in alcune zone del paese, solo i privati gestivano le centrali e quando dovevano porsi la domanda se era necessario portare l’energia in zone periferiche dovevano fare i conti con i costi, poi dare l’energia a tutti è diventato un dovere istituzionale perché in caso contrario per la costituzione non si sarebbe rispettato il fatto di dare a tutti pari diritti. Gli articoli 7 e 8 regolano il rapporto con le religioni, qui si capisce che c’è un peso politico della Democrazia cristiana (partito della chiesa), che riesce ad immettere nella costituzione articoli che i comunisti accettano perché hanno avuto qualcosa in cambio (altri articoli). Concedono una posizione di privilegio alla chiesa cattolica. • Articolo 7: Lo stato e la chiesa cattolica sono indipendenti e sovrani, la questione è che c’è una religione che ha un peso diverso dalle altre perché in Italia c’erano anche i protestanti, maltesi, ebrei… però la costituzione parte riconoscendo la chiesa cattolica. • Articolo 8: le confessioni religiose sono tutte libere davanti alla legge, ma i cattolici sono un altro capitolo, per loro valgono certi discorsi mentre tutti gli altri hanno riconosciuto il diritto di organizzarsi sulla base del loro statuto basta che non intralcino lo statuto italiano assoluto. I portatori di pratiche riconosciute nel loro paese si trovano in Italia a richiedere qualcosa che non sia allineato all’ordinamento giuridico italiano, questioni che ad esempio riguardano la vita ospedaliera, se non si accetta che il corpo di donna venga toccato da un infermiere uomo l’ordinamento italiano non lo concede perché i cittadini italiani sono uguali davanti alla legge. • Articolo 35: la repubblica regola i rapporti economici, tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e tutti i luoghi di lavoro, cura l’elevazione dei lavoratori e non è scontato, lo stato si impegna a favorire la crescita personale. Riconosce la libertà di emigrazione, afferma il diritto alla migrazione e mobilità, chi vuole emigrare ha il diritto di farlo, in quel momento in Italia c’erano molte persone che chiedevano di uscire, è affermato come libertà costituzionale garantita. Avere una costituzione in cui si afferma il principio della libertà di emigrazione crea contraddizioni in una fase in cui la gran parte della politica è orientata oggi a negare questo o ad affermare dei limiti. C’erano anche in quel momento dei limiti, si poteva emigrare solo avendo fatto il servizio militare (obbligo stabilito dalla legge). In quel momento l’Italia stava vivendo una forte pressione riguardo l’emigrazione, la gente se ne voleva andare in massa. Lo scenario politico italiano dell’epoca è caratterizzato dal dominare e imposi di 7/8 forze politiche principali: ➢ Democrazia cristiana da una parte che occupa il versante del centro destra ➢ Partito comunista dall’altra parte ➢ Partito socialista italiano (tende al centro) ➢ Partito social democratico italiano (tende al centro) ➢ Partito liberale italiano (più a destra della DC) ➢ Partito repubblicano italiano ➢ Movimento sociale italiano tagliato fuori nel dopoguerra ➢ Partito dell’uomo qualunque che nasce nel dopoguerra, ha avuto breve vita ma ha lasciato un’eredità importante nel linguaggio politico italiano, il qualunquismo è lo stile di questo partito. Queste formazioni si confrontano nel corso della prima stagione della repubblica italiana ed è la DC il partito che prevale alle elezioni del 48 e che imprimerà alla politica italiana una piega filo americana, l’Italia diventerà in modo organico un paese filo americano che sta nella NATO e la DC è stata il partito che per qualche anno tra 48 e 58 poteva governare da sola perché raccoglieva la maggioranza assoluta dei cittadini, dopo il 58 si trova ad essere vittima di una regressione, perde il consenso ma continua ad attestarsi intorno al 35/40% quindi governa con delle alleanze. Tutta la storia dell’Italia repubblicana fino alla crisi della prima repubblica nel 1992 tutti i governi italiani hanno avuto la DC all’interno come principale forza di governo insieme ad altre forze. Fenomeno migratorio A partire dal 1946 si assiste a una potente ripresa dei flussi di migrazione italiana, perché il fenomeno si era già conosciuto in precedenza; infatti, l’Italia tra 800 e 900 era il più importante paese a livello mondiale di emigrazione internazionale. Erano migrati milioni di cittadini tra gli anni ‘70 dell’800 e ‘20 del 900 a causa di diverse questioni e problematiche, le quali si intrecciavano con aspetti economici, sociali e demografici di altri paesi interessati a importare manodopera. Poi arriva il fascismo, che crea le condizioni per un rallentamento dei flussi perché, avendo una politica di potenza e l’ambizione di diventare un paese di riferimento a livello internazionale tra le altre potenze, non poteva accettare una situazione in cui milioni di persone si presentavano all’estero nella posizione di poveri alla ricerca di un lavoro, perché avendo l’ambizione di diventare una grande potenza non poteva essere un paese esportatore di poveri alla ricerca di un salario. Il fascismo punta a una ridefinizione delle politiche migratorie: ➢ In una prima fase Mussolini cerca di accordarsi con alcuni paesi come gli USA per gestire i flussi in un modo nuovo cercando di avere un riconoscimento di dignità diversa per i cittadini italiani alla ricerca di un lavoro all’estero. Di fronte a questo tentativo del regime lo segue un atteggiamento favorevole degli USA che all’inizio degli anni 20 evidenziano come volessero chiudere le frontiere alla migrazione italiana perché sugli italiani c’era una visione estremamente negativa diffusa nel paese. ➢ Arriva poi la grande crisi del 29, che fu quell’evento di portata globale che crea le condizioni per cui la mobilità degli USA non esisteva più perché gli USA si trovavano in una condizione di difficoltà con una grande migrazione interna. ➢ Quindi, tra le due guerre il fenomeno migratorio era fortemente calato e si era bloccato rispetto all’andamento che aveva avuto prima. Con la fine della guerra c’è una ripresa die flussi dell’emigrazione italiana, ripresa che si fa rapidamente molto consistente, nel corso del 1945/46 aumentavano di diverse migliaia di unità all’anno i flussi della migrazione italiana, una migrazione che si dirigeva prevalentemente verso mete diverse rispetto a quelle dei decenni precedenti. Dopo la guerra la migrazione si dirigeva verso i paesi europei che presentavano una situazione economica più favorevole, verso quei paesi europei che mostravano di avere necessità di manodopera. Noi siamo abituati a pensare al fenomeno della migrazione come un problema, è un fenomeno altamente divisivo. Si è abituati a percepire l’immigrazione come una cosa negativa, al contrario, l’emigrazione viene letta in modo positivo e nessuno ne mette in discussione la legittimità. Questa visione odierna è frutto di una serie di sviluppi, quando l’emigrazione italiana riprende nel secondo dopoguerra la visione che si aveva nel paese non era una visione unanime e concorde nel sostenere che il fenomeno emigratorio fosse positivo e legittimo, era infatti visto come un fenomeno problematico che divideva le forze politiche del tempo che lo interpretavano con categorie diverse. Di fondo tendevano a definirlo come un fenomeno legittimo ma secondo alcune forze doveva essere un fenomeno da contenere e ridurne l’impatto e la portata perché visto dall’Italia dell’epoca appariva come un fenomeno problematico per diverse ragioni che in parte emergono anche nei dibattiti contemporanei. • È un fenomeno che può portare verso la desertificazione economica e sociale dei territori d’origine, a uno svuotamento dei territori dalle forze giovani, perché a emigrare sono i soggetti nella fascia 15-40, i giovani. Emigrano le persone che hanno più risorse, che hanno un bagaglio di conoscenze che servono ad orientarsi nel processo di uscire da un luogo noto per andare in un luogo non noto, emigra chi ha la possibilità economica, quelli che hanno gli elementi necessari per trovare un lavoro, soggetti che potrebbero essere più produttivi. Quelli che non emigrano sono i più anziani, i bambini, le persone malate, quelle che hanno poche risorse. Perciò in questi termini l’emigrazione per il territorio è un problema, allora i governi italiani si ponevano il problema. ➢ In particolare, socialisti e comunisti erano contrari al fenomeno emigratorio, perciò si vede una contraddizione, la sinistra all’epoca guardava il fenomeno da una prospettiva negativa perché secondo loro il compito dello stato era quello di creare le condizioni per cui le persone potessero vivere bene nel loro paese, il fatto di riconoscere la necessità dell’emigrazione di massa rappresentava per loro un fallimento dei governi. La loro ambizione era quella di raggiungere la piena occupazione, tutti dovevano avere un lavoro e un salario nel loro paese; quindi, pensavano fosse necessario che il governo italiano compisse uno sforzo per rivitalizzare l’economia del paese velocemente per mettere tutti nelle condizioni di stare a casa loro e vivere bene. ➢ Secondo la destra l’emigrazione poteva essere una risposta per i problemi economici e ritenevano che andasse incentivata. L’Italia del dopoguerra dibatte seguendo questa polarizzazione, uno dei motivi per cui socialisti e comunisti guardavano negativamente l’emigrazione è che i migranti quando partano per raggiungere i paesi vivono fasi di conflitto e delle fasi molto complicate prima di trovare integrazione, per molti anni sono utilizzati come manodopera a basso costo nei settori più dequalificati. Allora i socialisti e comunisti dicevano di non dover favorire che i lavoratori italiani andassero all’estero per diventare manodopera a basso costo, usati come bestie da soma, allora si sceglie di creare due condizioni: ➢ Bisogna creare le condizioni per cui essi lavorino bene nel loro paese ➢ O bisogna creare le condizioni per cui essi sappiano andarsene trovando condizioni decenti e sostenibili. La DC sosteneva che andava fatto il possibile per creare le condizioni migliori possibili ma allo stesso tempo riteneva che fosse compito dei singoli individui cavarsela, trovare i canali per costruire il migliore esito per sé. Dentro questo dibattito si sviluppano alcuni concetti: L’idea che la migrazione verso l’estero dovesse essere regolata in modo chiaro e preciso attraverso degli accordi. Si apre la stagione degli accordi bilaterali per l’emigrazione, una stagione che vede impegnato il governo italiano a cercare di definire le regole, i principi da mettere in campo per organizzare i flussi di emigrazione italiana in uscita. L’Italia firma diversi accordi bilaterali con diversi paesi stranieri, nel 46 firma un accordo col Belgio, nel 48 con la Svizzera, successivamente con la Francia, Argentina, Germania…accordi che ci permettono di individuare in quali paesi l’emigrazione italiana dovesse dirigersi, il governo italiano aveva deciso di orientare i flussi verso alcuni paesi (Francia, Germania…), i quali ritenevano di avere bisogno e interesse a farsi raggiungere dalla migrazione italiana. Ci furono paesi che firmarono accordi come esportatori di manodopera come l’Italia e alcuni solo come importatori di manodopera. ➢ l’Italia è stata un paese che ha firmato una dozzina di accordi bilaterali sempre da esportatore come altri come Spagna, Tunisia, Grecia. Era un paese che dal punto di vista delle dinamiche migratorie si collocava come uno dei paesi più poveri d’Europa. ➢ Dall’altra parte paesi come Francia e Germania firmavano come paesi importatori, paesi che avevano capitale e avevano bisogno di forza lavoro per valorizzarlo. Questi accordi bilaterali erano oggetto di grande tensione politica, oggetto di conflitti e dibattiti perché bisognava definire i diritti che si sarebbero riconosciuti ai migranti, condizioni di lavoro, di reclutamento…gli accordi definivano in quali settori economici si riteneva che i lavoratori italiani potessero entrare. Dal punto di vista dei paesi importatori era importante far capire che si importassero soggetti che non risultano concorrenziali, questi soggetti venivano messi in settori dove agli altri non interessava lavorare. C’era una gerarchia, i governi dei paesi importatori mettevano in chiaro che i lavoratori stranieri sarebbero stati messi nella fascia più bassa. ➢ In Belgio, ad esempio, i lavoratori stranieri potevano essere collocati solo nelle miniere perché i cittadini non ambivano lavorare lì, c’era un alto rischio per i lavoratori. Quando l’Italia firma gli accordi col Belgio accetta di trasferire i lavoratori italiani dalle campagne italiane alle miniere del Belgio. In un primo tempo gli accordi prevedevano una permanenza temporanea, il permesso durava un anno e solo dopo un certo numero di anni si poteva ambire a cambiare il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro. Nel 1946 il Belgio non si pone la questione, riesce ad ottenere un accordo favorevole a lui perché in Italia c’era molta disoccupazione e gente disposta a provare qualsiasi esperienza di lavoro all’estero. Il Belgio introduce l’elemento della temporaneità per creare le condizioni per cui essi stessero un anno e dovessero rifare tutto da capo per poi essere messi dentro lo stesso settore. La Svizzera usa i tempi di permanenza per controllare l’economia. I dibattiti che si sviluppano in Italia ed Europa riguardano i diritti da riconoscere come il diritto di cercarsi una casa, che non era scontato ed era negato, la Svizzera introduce negli accordi il principio per cui i lavoratori stagionali non potevano scegliere la loro residenza ma dovevano risiedere nei luoghi scelti dai datori di lavoro, che potevano essere alloggi collettivi. Dal 1946 agli anni 60 l’Italia vive anche un processo di profonda trasformazione economica sociale e culturale, passa da una posizione pesante e complicata nel quadro economico e geopolitico internazionale ad essere una delle potenze più importanti. In quegli anni vive il momento del miracolo economico, il paese esplode, aumenta la ricchezza nel paese, si trasformano gli spazi, l’Italia svuota le sue campagne, conosce un processo di alfabetizzazione di massa che la porterà ad essere un paese sempre più ricco dove una fetta di popolazione è in grado di lavorare nel paese. Tuttavia, questa fase di grande crescita è accompagnata da un’emigrazione in uscita che continua a mantenersi forte, l’Italia cresceva ma non abbastanza per nutrire tutti i cittadini del paese e per un ventennio continua a vedere nella migrazione una valvola di sfogo. Fino alla fine degli anni 50 la migrazione italiana c’era in tutte le regioni, soprattutto del nord est (Friuli e Veneto), province come Bergamo avevano un tasso di emigrazione molto alto. A partire dal 62/63 sempre di più i flussi di emigrazione cominciano ad essere flussi di meridionali, lo sviluppo legato al miracolo economico riguardava soprattutto il nord (Genova, Tornino, Milano), la necessità di emigrare scende, mentre il sud continua ad essere una macroregione da cui si emigra molto e nel corso degli anni 60 questa emigrazione diventa un tema di dibattito importante, anche perché i meridionali tendevano a spostarsi al nord e non solo all’estero. ➢ Questo dipendeva da un aspetto normativo, perché ai tempi del fascismo c’era una legge, la legge contro l’urbanizzazione, che impediva alle persone di trasferirsi da un comune ad un altro previa autorizzazione dei podestà e del governo. Questa legge obbligava i cittadini a passare attraverso un filtro per cui potevi anche non essere autorizzato a trasferirti. Questa norma dopo la Seconda guerra mondiale per i cittadini che volevano trasferirsi da sud a nord era un problema, lo facevano ma clandestinamente, non erano regolari, andavano a lavorare ma non ottenevano i documenti per la residenza. Questa norma viene cancellata nel 1961 e in quegli anni il trasferimento diventa una prassi, non bisogna più chiedere l’autorizzazione. Per tutti gli anni 60 si crea questa situazione in cui si ha un fenomeno emigratorio dal sud e di migrazione interna rilevante. Emigrazione in Svizzera / Per cercare lavoro (suo libro) Nel libro si vuole far vedere la soggettività dei migranti, le persone descrivono il loro vissuto, ci sono frammenti di scrittura o di interviste. Il libro si costruisce in due visioni: ➢ Percorsi materiali: come le persone che hanno vissuto l’emigrazione, le difficoltà, i controlli a cui si veniva sottoposti ➢ Percorsi culturali: reazioni, processi, punto di vista ideologico delle persone. Delle persone con prassi, idee, lingua del proprio territorio che vanno in altri paesi con cose diverse e deve sviluppare una prassi di riconoscimento che può essere anche di rifiuto Il rovescio della medaglia – documentario prodotto da un lavoratore italiano, un operaio che nel corso degli anni 60 i parà ad usare la cinepresa. Egli cerca di rappresentare una realtà fortemente presente tra gli italiani, essi governo in baracche “che ricordavano campi di sterminio”, egli fotografa alcuni elementi che hanno a che fare con gli accordi bilaterali. Parla dei lavoratori stagionali, una delle tipologie di lavoratori ammessi in Svizzera. La Svizzera accettava solo 4 tipologie di lavoratori: 1. Stagionali 2. Annuali 3. Frontalieri 4. Lavoro tempo indeterminato Storie di migranti (RaiPlay) Il documentarista dice che si sta verificando qualcosa di illegale, un reclutamento illegale di manodopera migrante che avverrà a Palermo, questo viene affermato anche dai funzionari (poliziotti) ma gli stessi funzionari non hanno le idee chiare su se fosse permesso o no. Chi dice che non è legale, comunque, non sa cosa succede come conseguenza, vediamo quindi le complicazioni normative. Il punto è che al centro degli accordi bilaterali si poneva la questione del reclutamento, delle sue forme e modalità per la manodopera italiana che volesse recarsi in Europa. Il tema del reclutamento è centrale perché anche dalla prospettiva dei paesi d’origine il fatto che vite straniere potessero entrare per portare a lavorare uomini e donne pone diversi problemi. Nell’Italia ed Europa del dopoguerra per gestire questo fenomeno si pensa di costruire una vera e propria macchina organizzativa che si occupasse del reclutamento dei lavoratori migranti, del loro collocamento al lavoro con l’obiettivo di ridurre al minimo le ragioni di conflittualità tra lavoratori migranti e locali con l’obiettivo di rispondere anche alle esigenze delle imprese straniere ma anche dei paesi di partenza. Si costruisce una macchina organizzativa per cui questo trasferimento di lavoratori avvenisse nella più pacifica delle situazioni possibili. Dal punto di vista delle imprese italiane è una questione cruciale, regolare il collocamento è fondamentale per le imprese perché il fatto che le imprese estere arrivino per reclutare lavoratori locali è un problema per le imprese del territorio perché queste non reclutavano disoccupati ma lavoratori già occupati che desideravano provare un’esperienza all’estero in condizioni migliori rispetto al luogo dove lavoravano. Per le imprese locali questo era devastante, i dipendenti andavano dove pagavano di più, quindi all’estero; perciò, per le imprese locali era un problema lasciar andare dipendenti per prenderne e formarne di nuovi. Le imprese estere, ad esempio, del settore metalmeccanico ricercavano gente già formata e occupata, mentre gli imprenditori italiani cercavano di evitare che le imprese straniere reclutassero gente occupata, i disoccupati non li voleva nessuno perché bisognava formarli. Per rispondere a queste questioni viene introdotta una macchina organizzativa che assegnava nei diversi paesi ad alcuni enti o ministeri il compito di occuparsi della questione di reclutamenti e collocamento in modo tale che si cercasse di trovare una mediazione tra l’interesse dei disoccupati di andare all’estero, per le imprese straniere trovare lavoratori, imprese italiane tenere i loro lavoratori… Nel caso dell’Italia, l’Italia assegna a due ministeri il compito di occuparsi della migrazione quindi li fa i perni della questione: • Ministero degli affari esteri: ministero che si occupava delle relazioni coi paesi stranieri • Ministero del lavoro e della previdenza sociale: ministero che si occupava dei lavoratori I ministeri sono il vertice che sta a Roma di un apparato burocratico che però ha una diffusione sul territorio, i ministeri hanno gli uffici centrali a Roma ma ci sono uffici territoriali che sono le cellule di questi ministeri. In particolare, il ministero degli affari esteri aveva i consolati italiani all’estero e le ambasciate. ➢ Ministero affari esteri: consolati italiani all’estero e ambasciate Il ministero del lavoro aveva invece come cellule gli uffici provinciali del lavoro e della previdenza sociale, questi erano presenti in tutte le province italiane, erano le unità territoriali del ministero. ➢ Ministero del lavoro: uffici provinciali del lavoro e della previdenza sociale Consolati e ambasciate erano invece in giro per il mondo. L’Italia assegna a questi ministeri e le loro unità la responsabilità della gestione del fenomeno migratorio e del reclutamento. Guardando alla Svizzera abbiamo un paese che assegna la responsabilità sulle migrazioni a: • Ufficio federale dell’industria, delle arti, dei mestieri e del lavoro • Uffici cantonali di polizia Si possono sviluppare stereotipi sia negativi che positivi, lo stereotipo rimanda a una semplificazione, distorsione dei caratteri di qualcuno, una falsatura dei caratteri di qualcuno che però non è necessariamente una distorsione in negativo. ➢ A volte la distorsione fornisce una rappresentazione più positiva del dovuto, quando parliamo di popolazioni come sinti e rom li definiamo in modo razzista come zingari (stereotipi negativi) ma ci sono anche stereotipi positivi su di loro, si dice che sono figli del vento. ➢ I Sikh (indiani) arrivano in Italia e si trovano a loro agio nell’agricoltura, l’Italia degli anni 80 era un paese che stava stigmatizzando i lavori contadini, lavorare nell’agricoltura era considerato un fattore di vergogna, era una cosa da poveri. Questa comunità che arriva con una cultura rurale si inserisce volentieri in quel mondo. In più, lavorare nell’ agricoltura voleva dire avere a disposizione una cascina in cui vivere con la famiglia. Si comincia a pensare che i Sikh fossero contenti di lavorare in agricoltura perché avevano la mucca sacra, loro stessi rafforzavano questo stereotipi, in effetti sono stati loro per anni a controllare il mercato del lavoro del settore. In realtà questa popolazione viene dall’India ma non è indù, quindi non ha la mucca sacra. Testimonianza di Rosa Nel frammento si fornisce una rappresentazione di un altro fenomeno che caratterizza il fenomeno migratorio soprattutto nelle fasi iniziali: la frammentazione famigliare. La donna cerca di ricostruire il suo punto di vista di bambina. Il fenomeno migratorio genera e favorisce la rottura delle famiglie per ragioni, se si ha famiglia è molto difficile trasferirla nel suo insieme e le leggi stesse non lo permettono perché magari consentono il trasferimento solo di lavoratrici e lavoratori. Anche dal punto di vista dei migranti è complicato portare la famiglia nell’insieme, infatti se si emigra soli si ha la possibilità di avere una stanza condivisa e una maggiore agilità nel risolvere i problemi, agilità non consentita se si ha appresso una famiglia. Questo è alle origini del fenomeno della frequenza con cui si riproducono alcune tipologie di spaccature famigliari ➢ Fenomeno delle vedove bianche, quella massa di donne mogli di uomini emigrati lasciandole a casa in attesa che il marito creasse le condizioni per farsi raggiungere, in attesa che il marito decidesse se fosse il caso di farsi raggiungere, perché a volte i mariti erano convinti di cercare le condizioni per portare la famiglia, altre volte partivano confusi su questo aspetto. In questi anni, tra 46 e 65 in Italia c’era la presenza di queste vedove bianche che rimanevano in attesa per anni di mariti che vedevano una volta l’anno. Ucraine e moldave sono state le vedove bianche in Italia dal 2002, donne che lavoravano nella cura della persona. ➢ I figli erano gli orfani bianchi, bambini che vivono un’esperienza simile a quella dell’orfano perché i genitori erano via, talvolta non solo il padre ma anche la madre lasciando i figli ad altri. L’esperienza dell’orfanato bianco era molto frequente e poteva durare per tutta l’infanzia e adolescenza perché questi lavoratori e lavoratrici che si recavano all’estero non arrivavano mai a decidere di trasferirsi davvero e questo si riconduce a delle questioni: 1. Normativa: la legislazione Svizzera puntava a interpretare lo straniero e l’italiano come lavoratore ospite, qualcuno legittimato a rimanere solo perché era forza produttiva, qualcuno di cui si doveva sfavorire l’integrazione, perché una volta integrato avrebbe portato la famiglia (forze non produttive). Si voleva la presenza solo di persone produttive e la Svizzera creava le condizioni per cui la situazione poteva durare anche 10 anni, al termine dei quali il lavoratore poteva chiedere il ricongiungimento familiare. 2. Fattore ideologico: i lavoratori italiani vivendo l’emigrazione come esperienza temporanea e la loro mentalità era intrisa del “mito del ritorno”, l’idea di dover tornare a casa, che non dovevano rimanere più di un tot nel paese straniero e che l’obiettivo era di costruire una casa, comprare un terreno, rivitalizzare il territorio d’origine. Molti lavoratori e lavoratrici puntavano a non portare i figli, perché dovevano andare a scuola, voleva dire secolarizzarlo in un’altra lingua, creare rapporti con persone straniere e il trasferimento diventava complicato. Nella testimonianza c’è un altro elemento riguardante le frammentazioni famigliari: fenomeno che caratterizza l’infanzia delle generazioni migranti, cioè una grandissima mobilità. I figli di migranti avevano l’esperienza di trascorrere mesi da una parte e dall’altra seguendo le scelte di genitori confusi e in difficoltà sulle scelte che potevano fase, se portare i figli o no perché non sempre avevano le risorse necessarie. A partire dagli anni 90 è stata una delle esperienze che hanno caratterizzato tutta l’immigrazione. Molto dipendeva dalle strategie femminili, ogni donna si confrontava su come fosse più opportuno gestire la questione dei figli, non c’è una sola modalità o un solo tipo di esito, c’è una pluralità di situazioni articolata perché ogni donna cercava di gestire figli in situazioni di immigrazione e fare i conti con il fatto che i figli crescono, vanno a scuola…Tanto era un problema sociale il fatto di avere i bambini in Svizzera che un regista ha prodotto un docufilm intitolato “Lo stagionale” e si vede come la questione fosse affrontata anche a livello politico dalla comunità di quegli anni. Si vuole rappresentare la storia di una comunità che viveva quella problematica e per far fronte a questi problemi la comunità italiana all’estero sviluppa un mondo di associazioni italiane che si occupavano quasi principalmente della problematica della scolarizzazione e della gestione dei figli dei lavoratori in Svizzera. • Il mondo cattolico attraverso le missioni cattoliche italiane costruisce una rete di asili nido, scuole elementari, medie per i figli di lavoratori e lavoratrici italiane. Erano scuole private per poveri, si reggevano su forme di auto soccorso e avevano come obiettivo quello di inserire i bambini in strutture che potevano gestirli per alcune ore al giorno. A volte queste strutture ospitavano i bambini clandestinamente. Testimonianza di una suora che gestiva uno di questi asili: Usando la polizia faceva i controlli nelle strutture i bambini clandestini venivano portati in cantina, venivano nascosti. • Le colonie libere italiane erano un’associazione legata alla sinistra dell’epoca. Alvaro Bizzarri racconta la storia di questa comunità, la sua associazione di riferimento erano queste colonie che si sono occupate della scolarizzazione, della formazione degli italiani cercando di andare incontro a tutte le difficoltà. Questo aspetto ci parla di quella componente di lavoratori e lavoratrici che decideva di non inserire i figli nelle scuole svizzere o non riusciva a farlo a causa dei permessi, soprattutto gli asili delle missioni cattoliche italiane erano delle strutture che trattavano i figli dei lavoratori ospiti da scolari ospiti, ospitavano bambini figli di italiani di cui si aveva l’idea che presto sarebbero rientrati in Italia, tanto che la scuola veniva somministrata in lingua italiana. Il governo italiano sviluppa accordi con il governo e i cantoni svizzeri per far sii che le scuole private italiane potessero operare in Svizzera come se fossero scuole italiane in Italia su programmi italiani, con insegnanti italiani scelti dal ministero dell’istruzione italiano, orari impostati all’italiana… di fatto i bambini vivevano a Zurigo ma non erano a contatto con gli svizzeri, erano in comunità solo tra loro e con l’idea che i loro genitori li riportassero al paese di origine. Circa 30 mila bambini italiani hanno vissuto l’esperienza di vivere nelle cantine in attesa che i genitori ottenessero dei documenti, la presenza delle scuole italiane era anche un problema perché i bambini non erano integrati, non imparavano il tedesco e quando i genitori decidevano di non rientrare, i bambini si trovavano a 14 anni ad aver finito la scuola italiana dovevano trovarsi un lavoro in Svizzera e non era possibile. I cantoni cercano infatti di impedire la proliferazione di queste scuole italiane perché gli adolescenti italiani cercavano lavoro ma non sapevano il tedesco e il francese, questo rappresentava un problema per le imprese svizzere. È stata una fase degli anni 60/70 in cui il più grave problema era quello della scuola e dell’inserimento dei bambini nelle scuole locali, i cittadini svizzeri mostravano ostilità nei confronti dei figli degli italiani, sostenevano che rallentassero i percorsi scolastici delle classi, rallentamento dei programmi…in particolare alla fine degli anni 60 cominciano a circolare dibattiti sulla maggiore presunta stupidità dei bambini italiani rispetto a quelli svizzeri perché si registrava un maggior numero di fallimenti scolastici rispetto ai cittadini locali, allora i giornali si chiedevano se i figli di italiani non fossero che un branco di sottosviluppati. C’è chi all’epoca sviluppa una teoria secondo la quale il bilinguismo doveva essere considerato un fattore negativo sostenendo che il bilinguismo era causa di ritardo e fallimenti scolastici. Questo si sosteneva sulla base che chi falliva di più a scuola erano i figli di migranti italiani, portoghesi… quindi si dà la colpa al bilinguismo. Questo tema della scolarizzazione ha un impatto anche sulla politica Svizzera: nel 1964 vengono stipulati i nuovi accordi tra Italia e Svizzera (i primi erano nel 48), la questione cruciale è proprio quella dei ricongiungimenti famigliari, semplificare i ricongiungimenti voleva dire aiutare le famiglie a portare con sé i figli senza chiuderli in cantina o a vivere in condizioni disagiate. Nel momento in cui si firmano gli accordi si forma in Svizzera il più potente partito xenofobo svizzero dell’epoca, nasce questa formazione di nome Azione nazionale contro l’inforestierimento che traduce il termine tedesco Überfremdung. Questo era l’azione nazionale contro l’eccesso di popolazione straniera, nasce dopo gli accordi del 64 perché le forze xenofobe vogliono limitare la presenza di forze improduttive, primi tra tutti i figli dei lavoratori stranieri che devono andare a scuola, hanno bisogno di cure mediche e devono essere mantenute. Non è quindi un caso che la forza nasca dopo gli accordi, perché entrano delle persone senza un contratto di lavoro ma per vivere con la famiglia. Nel giro di pochi anni l’azione si potenzia al punto che tra il 69 e 73 propone dei referendum con obiettivo di fissare un tetto massimo di presenza straniera in Svizzera minacciando di espellere tutti quelli che risultassero in più rispetto alla quota fissata. Il primo referendum viene votato nel 1970 e all’epoca la presenza straniera in Svizzera raggiungeva il 20% della popolazione totale, con questo referendum puntavano a fissare il tetto massimo al 12%, voleva dire buttar fuori moltissime persone e bloccare i flussi in entrata, ma il referendum non passa, la po l’azione vota contro questa misura per 3 questioni ➢ Le imprese svizzere erano contrarie perché espellere una massa così consistente voleva dire perdere forza lavoro ➢ Le associazioni dei lavoratori italiani erano molto forti e politicizzate, sapevano fare lavoro politico e costruire un’alleanza trasversale tra associazioni cattoliche e della sinistra e riescono a mobilitare molte persone nella campagna elettorale ➢ Le chiese per la maggioranza erano contrarie in Svizzera a questo referendum Il risultato fu 54% dei voti contrari e 46% favorevoli a questa norma. Vennero votati altri referendum negli anni successivi, fino all’ultimo votato nel 2014, contro l’immigrazione di massa e per la prima volta dagli anni 70 un referendum ha ottenuto la maggioranza ma in un momento in cui non è più possibile fissare delle quote sull’immigrazione perché la Svizzera ha firmato degli accordi che consentono a tutti i cittadini di muoversi liberamente in Svizzera. Storia dell’immigrazione straniera in Italia Si parla di “storia lunga” del fenomeno: è un fenomeno presente da decenni ma che viene molto spesso definito come un fenomeno nuovo, è però certo che sia un fenomeno che non è digerito dalla popolazione. Il libro racconta come nel nostro paese ci si confronta in modo sostanzioso con questo fenomeno da più di cinquant’anni, comincia ad essere riconoscibile in diversi luoghi del paese a partire dagli anni 70. • L’inizio degli anni 70 è il momento in ciò cambiano le dinamiche di presenza straniera dal punto di vista quantitativo (sempre più presenza straniera) • Gli anni 80 sono il momento in cui questa fase di crescita verticalizza in modo significativo, fino ad arrivare al momento cruciale tra 1989 e 1991, anni in cui la presenza straniera buca gli schermi, i media, fa capolino nella produzione anche culturale del Paese. Canzone di Pino Daniele 1991 “O’ Scarrafone”: vediamo il tema della migrazione interna, nomina la Lega, in generale la classe dirigente che non vedeva di buon occhio i meridionali. • Dal 1991 al 1994 cambiano le modalità attraverso le quali la classe politica italiana tratta il fenomeno dell’immigrazione straniera. Fino al 90/91 una buona parte di classe politica italiana dell’epoca guardava all’immigrazione con gli stessi occhi con cui aveva guardato all’emigrazione, si osservavano i migranti con un atteggiamento laico e non ostile, venivano visti solo come persone in cerca di lavoro che cambiano paese come facevano gli italiani all’estero. In questi anni maturano altre questioni e il tema dell’immigrazione sara trattato sempre di più come un problema e un fenomeno da tenere sotto controllo e limitare perché portatore di processi di disgregazione culturale e sociale. • Negli anni successivi la questione migratoria rimane sempre una questione alla quale la classe dirigente guarda come un fenomeno che è un problema, che ha un impatto rispetto al quale l’abbraccio laico sfuma completamente e vi sono nuove dinamiche che evidenziano come anche la percezione degli immigrati viene ad essere differenziata dalla considerazione che si aveva degli emigrati italiani. • Si sviluppano negli ultimi vent’anni due visioni: ➢ Una parte della classe politica italiana guarda il fenomeno con occhi radicalmente ostili, uno dei principali motori della disgregazione politica e culturale, un fenomeno da bloccare, chi sposa questa visione vede il fenomeno dell’immigrazione e dell’emigrazione italiana come due fenomeni incompatibili, dove sono presenti quasi solo differenze e non analogie (posizione xenofoba, ostile agli stranieri). Gli italiani all’estero erano visti come portatori di cultura, gli immigrati stranieri erano visti come portatori di problemi, di violenza, non integrabili nel lavoro. ➢ D’altra parte, c’è chi guarda il fenomeno migratorio con una propensione favorevole, parla del valore della multiculturalità, chi pensa ci sia bisogno di dare ospitalità agli stranieri. Chi ha questa prospettiva vede delle analogie tra ciò che avevano fatto gli italiani e ciò che fanno gli stranieri. Quella dell’immigrazione straniera in Italia è in realtà una storia lunga, nel corso degli anni 50 e 60, subito dopo la guerra, l’Italia aveva già una presenza di lavoratrici e lavoratori stranieri nel paese. Era una presenza numericamente molto contenuta, si trattava di qualche decina di migliaia di persone che però arrivavano in Italia con l’obiettivo di lavorare in qualche segmento di mercato del lavoro che risultava aperto per loro, in particolare c’era già un settore cruciale: il lavoro domestico. • La storia dell’immigrazione straniera è fortemente legata alla storia del trasferimento massiccio dell’impiego domestico dalle spalle delle donne italiane alle donne straniere, questo ha a che fare con una crescita economica che si avvia negli anni 50/60 che favorisce un arricchimento progressivo della popolazione italiana, le famiglie italiane si arricchiscono e questo vede dei processi di emancipazione delle donne italiane dal lavoro domestico. Le donne italiane rivendicano sempre più il fatto di lavorare fuori di casa, di non essere vincolate al lavoro domestico di cura come erano state in precedenza e quindi devono trovare qualcuno che quel lavoro lo fa. C’è un processo economico, sociale, culturale che crea le condizioni per cui il lavoro domestico diventi uno spazio sempre più bisognoso di forza lavoro che se ne occupi e che seguendo lo stereotipo della donna che lavora in quel contesto vengono assorbite sempre più donne straniere per quel lavoro pur di entrare in Italia ed avere un permesso di soggiorno. Già negli anni 50 e 60 arrivano donne da paesi ex coloniali dell’Africa, si sono sviluppate reti di conoscenze tra quei paesi in Italia (Etiopia..), da quel momento comincia una migrazione post coloniale di donne che si dirigono verso i primi luoghi che hanno conosciuto quel processo di arricchimento e emancipazione delle donne, quindi le grandi città come Roma Torino Venezia Firenze. Queste città erano i luoghi dove era in corso quel processo e allora le donne straniere iniziano ad entrare proprio lì. Questa migrazione straniera era accompagnata contemporaneamente da una migrazione interna, le donne delle campagne andavano in città per lavorare in questi contesti, “la signorina” era la giovane donna che andava a lavorare nel settore domestico che guadagnava per avere la dote. • C’erano migrazioni di studenti che si recavano in Italia, soprattutto maschi. • Un’altra immigrazione era quella degli esuli politici, qualcuno che se ne va perché nel suo paese stanno succedendo delle cose che non gli permettono più di vivere nel paese. Questi esuli politici fuggivano dalle guerre o dalle dittature per trovare un luogo dove vivere in pace, soprattutto coloro che fuggivano dalle dittature comuniste dell’est. Fino all’86/87 i media ritenevano che l’immigrazione fosse qualcosa di non interessante e notiziabile. Si riteneva che il lettore italiano non fosse interessato ad articoli riguardanti lavoratori stranieri. Tra 86 e 87 succede che sempre più la presenza di immigrati viene notata soprattutto in alcuni luoghi e quartieri in molte grandi città, cominciano ad emergere questioni importanti che riguardano il rapporto tra lavoratori stranieri e città perché non erano regolati, non c’era attenzione pubblica. Inizialmente gli africani arrivavano in aereo perché non vi erano normative, ora possono farlo solo coi barconi perché ci sono delle norme che regolano il loro arrivo. Quando gli stranieri arrivavano, l’Italia non aveva strumenti per accogliere i migranti, questo genera problemi e conflitti perché quando delle persone povere arrivano da un paese per motivi economici e cercano di inserirsi in un quartiere a volte si fanno anelli di una catena di altre persone da cui si fanno seguire e che aiutano.  Allora tu che affitti un appartamento a un somalo a Roma ti accorgi poi che ad un certo punto anziché esserci solo lui, ce ne sono altri 14, arrivati perché hanno preso un aereo che gli ha consentito di arrivare, cercare lavoro e avere uno spazio dove stare in attesa. Questo accadeva anche per gli italiani in America all’inizio del 900, si diceva agli americani di non affittare case agli italiani perché avrebbero poi fatto arrivare tutta la famiglia. L’Italia allora comincia ad essere un paese dove monta della tensione legata a questi aspetti, le persone entrano in conflitto, lavoratori nelle fabbriche entrano in conflitto perché i lavoratori erano molto sindacalizzati e avevano dei principi, tra cui il fatto che non si facessero straordinari, perché fare straordinario in un paese di disoccupazione voleva dire togliere lavoro ad un disoccupato. Quando arrivano lavoratori dall’Africa e vanno nelle fabbriche italiane per mettere via soldi per costruire una casa in Senegal, i lavoratori non sono d’accordo perché avrebbero tolto lavoro ad un italiano anche attraverso gli straordinari. “I neri contro le bestemmie venete”, articolo che suscita scalpore, gli africani quando sentivano i veneti bestemmiare, sentendo associare il nome di Dio a un maiale o un cane, i neri insorgono perché per loro erano animali sacri. Insorgono dicendo che vogliono che gli operai italiani smettano di bestemmiare, dicono di preferire lasciare il posto di lavoro e fare la fame piuttosto che ascoltare tutti i giorni bestemmie. I media, quindi, iniziano a parlare sempre di più di questo fenomeno proprio grazie a notizie come questa, episodi di conflitto e discussioni. Alcuni poi cominciano a domandarsi se gli italiani non siano un popolo di razzisti perché scoppiano anche scontri veri e propri, insulti, soprattutto nelle borgate delle città. Giorgio Bocca, famoso giornalista, nell’87 scrive un libro “Gli italiani sono razzisti?” In cui ragiona sul fatto che più passa il tempo più avanzano conflitti, egli parla della migrazione straniera come una silenziosa invasione di poveri provenienti dal terzo mondo che sfuggono a tutti i controlli. L’anno svolta sulla vicenda migratoria è il 1989, nell’economia della storia della migrazione è un anno chiave perché viene ucciso per motivi razziali un sudafricano, Jerry Masslo. Era un richiedente asilo in fuga dal sud Africa, che era ancora un paese con l’Apartheid, l’asilo in Italia non gli viene riconosciuto perché l’Italia aveva una politica per cui riconosceva agilmente asilo agli esuli politici ma non riconosceva coloro che scappavano da dittature africane o di carattere neofascista. Jerry rimane in Italia, lavora in modo irregolare nell’agricoltura come raccoglitore di ortaggi, ad un certo punto viene ucciso per motivi razziali. Quella morte è diventata una morte spartiacque perché da quel momento in Italia ci si comincia ad interrogare su cosa sta succedendo, la notiziabilità impenna, se un uomo nero viene ucciso per motivi razziali vuol dire che sta succedendo qualcosa. Vengono date due interpretazioni: 1. C’è chi sostiene che è colpa dell’immigrazione e vede la soluzione nel fare in modo che il flusso si chiuda, per queste persone il problema non è il razzismo ma che ci sono gli immigrati e nessuno si occupa del problema. 2. C’è invece chi dice che l’Italia è un paese che si sta incamminando verso delle derive di carattere xenofobo e razzista, che non riesce a gestire in modo equilibrato un fenomeno che c’è sempre stato come quello della migrazione. Prima erano gli italiani i migranti ora sono altri, quindi il fenomeno va regolato e bisogna creare le condizioni per cui chi agisce in modo xenofobo venga punito. Intorno alla vicenda si comincia a polarizzare il dibattito, ma in quel momento prevalgono i secondi, la posizione di chi dice che bisogna regolare, aggiustare i flussi, creare le condizioni per cui queste persone riescano ad inserirsi in modo non conflittuale. La radio e televisione italiana si impegna su questo versante, nasce un movimento antirazzista molto forte e la Rai comincia a diffondere e produrre una trasmissione chiamata “Non solo nero”. Addirittura, la Rai nell’89 pensa di dedicare un canale dedicato all’antirazzismo facendo intervenire soggetti che parlano dalla prospettiva del lavoro (tensioni e conflitti dentro il mondo del lavoro), concetti intercettati da sindacali, politici, che erano abituati a vedere come si generavano certi conflitti e come venivano risolti. Nei programmi odierni si è completamente spostata l’attenzione dalle questioni di lavoro e tensioni sociali alla dimensione criminale, è diventato notiziabile tutto quello che ha a che fare con l’irregoalrità, la clandestinità e con aspetti che non sono più di competenza dei ministeri del lavoro ma del ministero degli interni.  Chi si occupa di questioni migratorie non sono più i ministeri del lavoro come prima ma i ministeri degli interni. Si cambia radicalmente per diverse ragioni, sull’onda delle spinte e delle motivazioni della vecchia Italia si cerca di dotare il paese di una legge sull’immigrazione più efficace, efficiente e più giusta secondo i principi del mondo cattolico, PS, DC che stava dietro la visione più aperta nei confronti del tema immigratorio.  La legge Martelli del 1990 cerca di riconoscere ai migranti stranieri sul nostro paese diritti politici, economici e sociali secondo i criteri che avevano portato le associazioni italiane nel mondo a chiedere i diritti per gli emigranti italiani all’estero, si applica la stessa cosa. Bisogna risolvere la conflittualità dando i diritti, ad esempio per il ricongiungimento famigliare per eliminare la clandestinità (come quando gli italiani nascondevano i figli nelle cantine e volevano diritti) Non tutti erano d’accordo perché riconoscere diritti a qualcuno è sempre un costo economico, se permetti il ricongiungimento vuol dire che avrai uno o due che lavorano e quattro figli che non lavorano, quattro persone piccole che devono andare a scuola, che hanno bisogno di assistenza sociale perché la famiglia è povera (diritti alle case popolari), i migranti entrano in competizione con i poveri locali per avere le case popolari e quindi gli italiani non vedono bene questa cosa. Diventano un costo sanitario perché i bambini si ammalano di più, hanno bisogno di cure. In quel momento di fronte a un mondo politico culturale si sviluppa conflitto, perché agli italiani nessuno aveva dato diritti, ci si chiede perché gli italiani dovrebbero dare diritti ai nordafricani. È in quel momento che una forza politica con a capo Umberto Bossi (lega lombarda) cerca di bloccare la legge Martelli, fa ostruzionismo, nel tentativo di non far approvare una legge, egli continua a chiedere la parola per portare delle questioni magari sapendo di essere in minoranza ma con la consapevolezza che la legge potrebbe essere approvata un mese dopo (tentativo di bloccare e ritardare la legge). Questo parlamentare tematizza questa questione e si fa portavoce di un mondo di lavoratrici e lavoratori del nord dove c’erano gli ex emigranti che avevano vissuto l’esperienza dei Gastarbeiter che non avevano riconosciuto diritti. Questi, all’arrivo degli immigrati stranieri reagiscono e dicono no in base alla loro esperienza, questi sentimenti vengono espressi nella Lega lombarda, partito che ha un picco di crescita altissimo, che lo porta a passare da 2 a 80 parlamentari tra 1987 e 1992. • In una prima fase tra 90 e 91 le altre forze politiche rimangono presenti nel paese anche se più deboli • Tra 89 e 92 l’Italia vive la crisi di mani pulite, una crisi che demolisce il sistema di partiti della prima repubblica. In aggiunta, il crollo del muro di Berlino fa evaporare il partito comunista, CGL si indebolisce; quindi, tutto quel mondo politico culturale che aveva lavorato per un’idea della migrazione come questione da analizzare sparisce. • Tra 92 e 94 tutto scompare e rimane come grande figura politica Umberto Bossi, che tra 92/93 è un uomo che pareva destinato a diventare presidente del consiglio in poche settimane perché c’era solo lui, tutti gli altri erano in crisi, il PS sembrava essere un partito di ladri, DC accusata di corruzione; quindi, la lega lombarda rimane una forza politica che pareva diventare referente di un mondo anticomunista italiano. • Tra 93 e 94 la lega lombarda riesce a favorire il radicamento di una nuova visione, in realtà poi Bossi viene messo in un angolo dalla discesa di un altro uomo politico, Silvio Berlusconi, che riesce ad ottenere più consenso anche nel settentrione, i due rimangono legati (tranne nel 94/95/96/97) senza separarsi più. Su questa tornata 92/94 spariscono tutti i partiti della prima repubblica e rimangono questi partiti che esprimono il pensiero dei Gastarbeiter traumatizzati. L’Italia diventa sempre più meta di immigrazione crescente, che favorisce un continuo aumento di conflittualità, vi è la prima grande ondata di migrazione albanese tra 91 e 94 (2 ondate di migrazione). All’inizio degli anni 90 gli albanesi sono il primo e principale gruppo migrante, la lega usa manifesti contro questa migrazione “un voto in più alla lega, un albanese in meno a Milano”. La migrazione passa negli anni 90 dall’essere il tema marginale ad essere altamente notiziabile e diventare la grande questione che divide la politica. Nel corso degli anni 90 si sviluppano altri flussi i portati dall’est Europa, soprattutto ci sono due momenti cruciali: - Momento legato alla guerra in Jugoslavia che produce una migrazione di profughi che cercano di raggiungere il paese dalla Bosnia - Dopo il 97 una massa sempre più consistente di donne che provengono da Ucraina, Moldavia, Romania, intercettando una domanda crescente di lavoro nel settore domestico, in particolare nella cura degli anziani. A cavallo tra gli anni 90 e il 2000 il tema delle lavoratrici est europee diventa una questione cruciale perché ne arrivano decine di migliaia per diverse questioni:  Il paese Italia sta diventando un paese vecchio, ci sono molti anziani longevi perché la sanità pubblica creava le condizioni per cui la gente vivesse molto. La gente, quindi, ha bisogno di essere seguita da vicino, sono sempre più gli anziani bisognosi di assistenza in un paese che aveva smesso di fare figli da anni; perciò, avendo massimo uno o due figli si doveva ricorrere ad altre persone per occuparsi di loro. I costi dell’assistenza degli anziani regolare erano molto alti (Barcella dice che per curare sua nonna nel 2005 ci volevano 6000 euro al mese).  Ci voleva quindi una manodopera a basso costo che si trova nelle donne straniere, clandestine che stavano nelle case per 800 euro al mese ad occuparsi degli anziani con vitto e alloggio. Anche loro nel corso degli anni diventano un problema perché spesso avevano figli e mariti e che si trovavano a vivere in una sorta di schiavitù perché erano irregolari, dovevano stare alle indicazioni dei datori di lavoro e non avevano nessun diritto di controbattere, donne che passavano anche anni non vedendo i loro figli. Il bisogno che aveva l’Italia di quelle donne era così forte che quando nel 2002 viene stesa la legge Bossi-Fini (ancora in vigore) che di fatto da all’Italia una politica migratoria che segue quella dei Gastarbeiter (arrivare con un contratto di lavoro per avere un permesso di soggiorno entrambi temporanei). Dopo questa norma viene fatta la più grande sanatoria in Italia per sanare un'irregolarità, ovvero la presenza di 700 000 lavoratrici domestiche clandestine, cominciano a rappresentare un problema per le famiglie italiane stesse. • Nel 2002 si fa una sanatoria che sana 700 000 clandestine di colpo che possono stare in Italia con contratti di lavoro regolari. • Dopo il 2001 e la grande migrazione dai paesi dell’est, i mondi musulmani diventeranno il bacino dell’immigrazione, a seguito della vicenda dell’11 settembre e le questioni legate alla componente musulmana saranno sempre più dibattute con il tema del terrorismo.
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