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Appunti di storia dell'architettura antica e mediavale - la grecia, Appunti di Storia Dell'architettura

Appunti presi con la docente Cantatore integrati di libro con spazi bianchi dove necessitano disegni fatti a mano.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 26/10/2023

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bianca-ecoboae 🇮🇹

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Scarica Appunti di storia dell'architettura antica e mediavale - la grecia e più Appunti in PDF di Storia Dell'architettura solo su Docsity! Corso di Storia dell’architettura antica e medievale – prima parte Prof.ssa Flavia Cantatore 4cfu (50 ore) ARCHITETTURA GRECA L’architettura minoica si divide in tre periodi: Periodo prepalaziale dal 2.500 al 2.000 Periodo protopalaziale dal 2.000 al 1.700 Periodo neo-palaziale dal 1.700 al 1.400 Della civiltà cretese, denominata minoica, si conservano soprattutto i resti di grandiose residenze in cui i sovrani raccoglievano il surplus della produzione agricola, essenziale in un clima a precipitazioni irregolari. Lo sviluppo dell'agricoltura, sfruttando non solo i terreni pianeggianti per i cereali ma anche quelli in pendenza per produrre olio e vino, incrementò risorse e popolazione della montuosa Creta. I palazzi cretesi, centri di potere e culto, dopo ripetuti terremoti furono grandiosamente ricostruiti nel periodo di maggiore ricchezza, detto neo-palaziale Ogni nome di questi periodi contiene la parola “palazzo” ma sono rimasti a noi solo quelli del periodo neo-palaziale. Vasi in stile Kamares, dove si parla di una civiltà dinamica, non avendo gli scritti ci possiamo solo che affidare all’archeologia. Il sovrano in questo periodo ha poteri sia politici che religiosi mantenendo contatti con la civiltà e la cultura egizia. Il primo modello di Palazzo è quello di Cnosso e Malia. IL PALAZZO DI MALIA (Graham) Creta Orientale Abbiamo l’elemento primordiale che è il cortile, uno spazio proprio ma con una funzione unificatrice. Questo perché collega il tutto, come se fosse uno snodo. Pianta generale del palazzo e degli scavi nord ovest, percorso dalla via del mare. Piazza circondata su tre lati da alto basamento di amuda (calcare giallo) magazzini per contenere il surplus, cripta stretta e lunga destinata forse a funzioni religiose. PORTA DEI LEONI, Micene In mezzo ai due leoni notiamo una colonna e al di sopra di essa il capitello, qui vediamo un chiaro accenno di trabeazione. La porta, infatti, sul massiccio architrave in breccia è sormontata da una lastra triangolare in calcare, decorata con una colonna affiancata da due leonesse disposte in posa araldica, come nei sigilli in pietre dure, mentre le teste erano probabilmente in marmo colorato. La colonna, con la caratteristica rastrematura verso il basso e il capitello doricheggiante sormontato dalle testate di quattro travetti cilindrici, richiama quelle dei palazzi minoici o le loro raffigurazioni votive in miniatura, simbolo di forza e stabilità. TESORO DI ATREO Si tratta di una tomba dove notiamo una espressione al gusto miceneo per la monumentalità. I conci (mattoni) sono stati posizionati in maniera crescente verso l’alto ma allo stesso tempo spostandosi di poco a poco verso l’interno infine per essere scalpellati. Si accede alla tomba tramite il “bromos” principalmente si tratta di un corridoio a cielo aperto dove le pareti sono state erette con blocchi posti a secco. Il Tesoro di Atreo, così chiamato dall'accenno di Pausania (II, 16, 6), costituisce la più imponente tomba micenea, del tipo a tholos già diffuso anche a Creta, realizzata con filari in breccia regolarizzati con il martello e, sulla porta, anche con la sega. Una camera circolare sotterranea (thalamos) del diametro di 14,5 m, chiusa da una copertura ogivale a massi aggettanti e fiancheggiata da un vano minore, era accessibile da un corridoio (dromos) scoperto. Un portale rastremato, alto 5,40 m, era arricchito con marmi colorati da Kyprianon, sulla costa orientale del Tenaro, con due semicolonne in marmo verde rastremate in basso e riccamente decorate sul fusto e sul capitello, raccordato alla colonna da una corona di foglie. Un'apertura triangolare alleggeriva il carico sul massiccio architrave (di circa 100 t) ed era chiusa da una lastra in marmo rosso decorato a spirali e posta su un fregio con decorazione a semirosette, motivo orientale diffuso nel mondo cretese e miceneo. roros RE sstone E ho pr © SECTION A-A SECTION B-B [ilrnmca\ - È } o s 15 METRES » prin 56. Mycenae, ‘Treasury of Atreu®?, c. 1300-1250, section and plan Le popolazioni che immigrarono generarono il declino della popolazione micenea, ciò determina il fatto che le varie popolazioni sono costrette a migrazioni e spostamenti dopo una serie di scontri. Il graduale recupero della stabilità avviene quando gli Achei si trasferirono sulle sponde dell’Asia minore e i Dori nel Peloponneso. Così le culture diverse si trovano costrette al confronto e allo scambio, evolvendosi. L’impianto compatto del megaron e del portico a colonne e la tecnica della lavorazione della pietra cambiano, si evolvono. Nonostante questa frammentazione del territorio e l’assenza di uno stato centrale unitario, i greci si riconoscono in una lingua comune e in un’unica religione. Il tempio in questa fase ha un ruolo importante perché in questo tipo di realizzazione si sintetizzano i progressi e gli sforzi degli architetti greci, stabilendo categorie comuni, come gli ordini architettonici. Dai primi edifici a capanna si passa agli edifici molto semplici dal punto di vista costruttivo (mattoni crudi e legno) ma i materiali influenzeranno i dettagli dell’ordine architettonico successivo. Il mattone si essicca al sole, tipico delle civiltà mediterranee antiche, nella costruzione arcaica presenta una cella muraria rettangolare che è erede del tempio minoico. Progressivamente le colonne si estendono attorno a tutto l’edificio. IL TEMPIO DI THERMOS, in Etolia Molto stratificato come la presenza di varie lettere che caratterizzano le varie fasi, la differenziazione cromatica della planimetria. (nella parte occidentale della Grecia continentale), resti del santuario di Apollo. Ci illustra una notevole stratificazione di edifici che si sono sovrapposti nel tempo. Insieme di strutture che si sviluppano in maniera coerente ma ad una quota rispetto al livello del terreno molto bassa; erano in grandissima parte strutture fondali di edifici che dovevano avere anche un carattere monumentale. Questi santuari raccolgono pellegrini, fedeli, da gran parte del mondo greco; sono luoghi dove l’attività costruttiva si sovrappone, si sviluppano edifici che hanno una vicenda architettonica complessa. In questo luogo riconosciamo un insieme di strutture facilmente identificabili nella loro collocazione architettonica la cui origine data dal decimo secolo a.C., fino alla fine del settimo secolo a.C., strutture molto diverse. individuabile sulla base dei diversi caratteri costruttivi che ancora oggi palesano. L’origine del santuario si può identificare in una serie di strutture estremamente semplici. Edifici non di grandi dimensioni, ad impianto rettangolare e alcuni di questi hanno una parte terminale curvilinea. A questi succede una seconda fase costruttiva che data all’VIII secolo a.C. e che ha come suo prodotto principale la costruzione di un suo edificio di maggiori dimensioni (in una fase in cui i costruttori concepiscono un edifico di livello monumentale). Ad impianto rettangolare iscritto in un perimetro, peristasi, teoria di colonne che ne segue il perimetro su tre lati e sul quarto lato si svolge secondo il perimetro curvilineo. Un ulteriore fase della topografia del sito, data al VII secolo a.C. e ci presenta un edificio che ha già dei caratteri architettonici maturi, e sono costituiti dalla definizione di un perimetro perfettamente rettangolare, che doveva avere una sorta di peristasi al quale iscriveva il naos, una cella costituita da un impianto rettangolare con una sorta di appendice nella parte occidentale dove troviamo uno spazio aperto verso l’esterno più piccolo; come aperto lo spazio principale del naos ed entrambi questi spazi sono articolati in due parti, due navate, da una fila di colonne collocate lungo l’asse L’architettura templare fissa in età arcaica (650-480), il tipo del tempio prevalentemente come edificio periptero a pianta rettangolare. - la cella trova la sua articolazione interna canonica in naos, pronao e opistodomo, mentre le peristasi perde rapidamente la sua giustificazione funzionale originaria; quella di assicurare protezione degli agenti atmosferici allo spiccato dei muri, largamente realizzato in mattoni crudi sia pur intonacati. - l’interrelazione reciproca di cella e peristasi (dimensioni e proporzioni dell’ambulaco sulle fronti e sui lati, distanza intercolonnare, rapporti con trabeazione e frontoni ecc) è il tema più vitale affrontato dall’architettura templare greca. - l’arcaismo vede sostanzialmente canonizzato il tipo di copertura degli edifici templari maggiori con il tetto a due spioventi in moderata pendenza con frontoni. In origini a due spioventi di forte pendenza, oppure a terrazza ma entrambi su orditura lignea leggera con copertura in paglia e argilla, inadatti per una formulazione monumentale; inizio VII secolo tetto a 4 versanti tutti di uguale e moderata pendenza, metà circa del VII secolo tetto a 3 versanti e frontone. L’ALTIS Nel tempio di Era si sono rivelate le forme iniziali del tempio monumentale dorico, nel tempio di Zeus riconosciamo la sua forma più alta e compiuta. L'Altis, il bosco sacro di platani e di olivi selvatici, era il centro di una vasta arca dedicata al dio. Il temenos, come a Delfi, aveva parecchie entrate ed era aperto a tutti i visitatori. La delimitazione primitiva, attribuita dalla tradizione allo stesso Eracle, probabilmente si riduceva a uno steccato di legno o a una serie di pietre di confine. Solo nel IV secolo l'Altis fu cinto di un muro con diverse porte (probabilmente cinque), che correva su tre lati rettilinei delimitando un'area di circa m 200 x 175, mentre il quarto lato, quello settentrionale, era chiuso dalle pendici di una collina boscosa, dedicata a Crono, il dio pregreco spodestato da Zeus. TEMPIO C, Selinunte (Sicilia): L’aditon è un vano per custodire la statua, accessibile solo dai sacerdoti. La facciata ha una doppia fila di colonne che accentua la profondità dello spazio mentre il volume viene evidenziato dal fatto che ci sono i gradini su tutto lo stilobate, rialzato dal terreno. Qui architettura e scultura vivono insieme, perché i blocchi venivano montati l’uno sull’altro e poi si procedeva a scolpire le scanalature a spigolo vivo…perché solo con il trasporto si rischiava di scheggiarli. Ritroviamo dei piccoli rilievi che sono stati scolpiti a parte e poi montati in opera, tra l’altro la cornice del tetto aveva anche delle tegole dipinte. Libro: è formato da un naos molto allungato che altro non è se non un megaron trasferito in dimensioni monumentali. il pronaos invece di aprirsi con una successione di colonne era chiuso da possenti pareti. L'unico ingresso, la grande porta del tempio nella facciata orientale, si poteva chiudere con pesanti battenti di bronzo ripiegabili tre volte. Al pronaos seguiva una lunga cella al cui centro sembra si ergesse una gigantesca tavola per i sacrifici. All'estremità di questa fuga spaziale si affondava “l'eadyton”, il luogo misticamente nascosto in cui si celava l'immagine della divinità. Gli interassi della peristasi furono suddivisi con un arbitrio addirittura ingenuo. Sia gli interassi che il diametro delle colonne oscillano in maniera considerevole già in un medesimo lato del tempio con differenze che variano da 23 a-17 cm; accanto colonne con 20 scanalature ve ne sono alcune con 16 senza una ragione apparente. le colonne sono molto più snelle e disposte meno fitte. poiché l’architrave era molto stretto e d'altra parte poiché i triglifi a causa dell'interasse più ampio erano di forma molto larga, il triglifo d'angolo cadeva quasi nell'asse delle colonne e la poca differenza che ancora sussisteva era molto facilmente compensata da un ampliamento del triglifo angolare stesso. Le pareti frontali del geison erano ornate con lastre di argilla rivestite di ornamenti; sopra si piegava una sima anch’essa dipinta a molti colori, nei lati di scolo con intrecci di viticci e di fiori traforati, sopra al frontone con grevi festoni di foglie sopra un fregio dipinto di antemide. La facciata era messa particolarmente in evidenza dalle celebri metope scolpite. Si tratta di raffigurazioni a rilievo di un tono crudamente favolistico, in cui l'audace tentativo di creare profondità spaziale illumina da un altro lato la singolare tendenza dell'architetto per la spazialità: Un rilievo in argilla veramente singolare riempiva il triangolo frontonale, una gigantesca testa di Gorgone policroma di cupa forza espressiva. La decorazione del tetto fu in parte sostituita da un'ornamentazione più tenera. SANTUARIO DI APOLLO (Delfi) La posizione del santuario posto su un ripido pendio meridionale condiziona profondamente la struttura del temenos che attraverso spessi muri a terrazza si arrampica sul monte in tre fasce che a loro volta si scandiscono ripetutamente. Tutto questo recinto dedicato alla divinità, che si stende sul pendio come un rettangolo piuttosto allungato di circa m 130 X 180, viene delimitato intorno dai muri del peribolo. Dentro ai muri del peribolo, che furono eretti verso la metà del vI secolo in seguito ad un considerevole ampliamento del temenos e che verso il 480 furono restaurati ma non mutati, si profila chiaramente, nella zona dei tesori più antichi, un perimetro precedente. 530-510 a.C. La mitologia greca narra un evento che agli inizi del mondo sarebbe stato innescato da Zeus aquile che dovevano trovare il centro del mondo e questo si sarebbe trovato a Delfi, l’ombelico del mondo. Delfi è un santuario panellenico dedicato ad Apollo di grande importanza perché un santuario oracolare nel quale avvenivano strani fenomeni per cui una sacerdotessa, Latizia, sembrava parlare per conto di dio. Questo tempio sorge in un’area montuosa e vulcanica. Grande tempio, teatro, le attività erano tutelate dalla professione di Apollo, nella parte alta esisteva lo stadio dove si svolgevano i giochi olimpici, e poi una gran quantità di edifici minori che in gran parte sono tesauroi. Tutto il santuario ha una particolare valenza paesaggistica. Collocato su un alto podio, che dà la possibilità di vederlo anche da una certa distanza. Il tempio è un periptero esastilo, con pronao e opistodomo in distilo in antis e una rampa che consentiva di superare l’altezza del crepidoma. TEMPIO DI APOLLO, selinunte (tempio G) Il periptero che si erge sui muri poligonali non è affatto la prima costruzione eretta in questo luogo. Dopo l'incendio del 548 tutta la Grecia contribuì alla ricostruzione di un tempio di Apollo più grande e più bello. Fu costruito a sud un grosso muro di appoggio tagliando senza riguardo l'antichissimo santuario della Madre Terra che era già stato notevolmente diminuito e stretto ai lati. L'edificio costruito dal 530 al 520 all'incirca e che nei rapporti delle grandezze e delle misure si collega col tempio di Apollo a Corinto di cui conserva anche l'allungamento arcaico della pianta con 6 X 15 colonne. Le fondamenta, profonde fino a 5 metri nel lato in pendio, e lo stilobate erano di calcare azzurro del Parnaso usato di frequente a Delfi; l'alzato era di pietra corinzia e furono impiegati anche rocchi di colonne più antiche. Dal punto di vista architettonico l'ultimo tempio di Apollo, rappresenta una curiosità: un tempio con pianta arcaica e dettagli di tardo classicismo. Rimane uno dei luoghi più venerati e desidereremmo sapere ben più di quanto ci tramandano le fonti scritte su questa località sacra all'oracolo. 520 a.C., tempio anomalo, una sorta di pseudo diptero octastilo, con una strana cella, dotata di pronao, il quale si dilata verso l’esterno, espansione del diaframma. Si accede all’interno del naos e ci si trova dentro uno spazio diviso in tre navate perfettamente uguali tra di loro. Questa ripartizione, probabilmente, non è legata a motivi statici, ma forse a motivi funzionali, potrebbe essere una ragione legata alle processioni che si svolgevano dentro il naos, infatti, l’ingresso è dato da tre vani diversi, uno in corrispondenza dello spazio centrale, che corrisponde a sua volta all’ingresso dell’adyton, gli altri due in corrispondenza delle navate laterali dove si trovavano delle scale. Probabilmente spazi articolati in due altezze diverse. Libro: L'edificio fu iniziato evidentemente subito dopo il completamento del tempio E, verso il 520. Intorno al naos rettangolare, fu disposta una peristasi di 8 colonne che stanno in un chiaro rapporto assiale con il naos. qui l'ampiezza spaziale degli atri, tipica di Selinunte, viene ancora rafforzata e tutta la peristasi è condotta intorno al naos con la profondità di due interassi: tutto questo vuol dire che, date le gigantesche misure del tempio, un vastissimo atrio largo quasi 12 m doveva essere coperto con travature di legno; si tenga presente che qui è stata superata di quasi 2 m l'ampiezza della navata centrale del Partenone. La copertura di questa peristasi presuppone una tecnica molto sviluppata. nella facciata due interassi corrispondono agli atri laterali e altri tre interassi alla larghezza della cella, ne deriva inevitabilmente una facciata di 8 colonne che tuttavia non imita affatto i dipteri ad 8 colonne della Ionia. si antepose alle ante, un atrio di 4 colonne su cui fu condotto logicamente l'architrave e si ottenne in tal modo una peristasi larga 12 m. la cella era divisa in tre navate quasi della medesima ampiezza da due file di colonne. Queste colonne erano indispensabili, in un vano ampio circa m 17,75, per sorreggere le travi della copertura c del tetto c dimostrano anzi che la cella doveva o avrebbe dovuto essere coperta da un tetto. All'estremità occidentale del naos si suppone che vi fosse in origine l'adyton comune a Selinunte tra sformato più tardi, conforme al gusto e moderno» del v secolo, in un opistodomo con due colonne tra le ante. Nella peristasi si distinguono chiaramente i diversi periodi costruttivi. La facciata orientale è condotta, ancora secondo l'uso arcaico, senza contrazione angolare, mentre gli interassi della fronte e dei fianchi, stabiliti in 20 piedi dorici, presentano, quale carattere più progredito, differenze addirittura trascurabili. Solo nel lato occidentale, quello più recente, appare una contrazione degli interassi angolari che con i suoi 34 cm resta molto al disotto della differenza teorica di 46 cm. Questo resto doveva essere colmato dall'allargamento delle metope angolari Tra gli sviluppi dell’ordine dorico e ionico non c’è una sfasatura di tempo, si sviluppano nello stesso tempo, nel medioevo ellenico e l’inizio dell’età arcaica. La codificazione dell’ordine accade in un arco di tempo lungo e non in maniera lineare, che dipende dall’evoluzione delle tecniche costruttive e che ha una sua origine sia nella teoria vitruviana sia nella pratica delle evidenze archeologiche. Qualsiasi edificio ha bisogno come elemento essenziale, per la sua salvaguardia, di essere isolato dal terreno, di essere collocato su una sorta di base artificiale. Nella prima fase dell’architettura greca, le strutture sono lignee appoggiate al terreno sono soggette ad una solescenza più rapida, ma anche perché le strutture verticali che scalano sul terreno senza avere un supporto adeguato rischiano di sprofondare nel terreno quando la copertura è troppo ingente. Nel processo di linizzazione, questo elemento si trasforma nel “crepidoma”, struttura composta da tre gradini, su cui il piano superiore, lo stilobate, poggiano le colonne che strutturano i naos del tempio. Le colonne sono in una prima fase lignee, ma poi diventano colonne di pietra e marmo, e poggiano, nell’ordine dorico, direttamente sullo stilobate, e che sono costituite da un fusto scanalato, incavature concavi all’interno del fusto, che hanno un rapporto a spigolo vivo. Nella parte superiore del fusto ci sono una serie di elementi che preludono al capitello: - l’hypotrachelion, insieme di tre scanalature orizzontali a sezione triangolare; - collarino, fascia tra hypotrachelion e capitello. La parte inferiore della colonna si chiama “imoscapo”, quella che poggia direttamente sullo stilobate, la parte superiore invece si chiama “somoscapo”. Questi hanno una sezione/diametro differente, perché le colonne sono rastremate: di diametro maggiore all’imoscapo e minore al somoscapo. Sul somoscapo si imposta il capitello (elemento di mediazione tra le strutture portate e gli elementi verticali che le sostengono). Il capitello è costituito da due parti: 1. quella inferiore che ha diverse forme nel corso del suo sviluppo, ma essenzialmente è costituito da una sorta di bacile, volume curvilineo, più rigonfio negli esempi più antichi e più svasato con linee più dritte e più piatto con il passare del tempo, con l’età classica. 2. l’echino, sormontato da un elemento prismatico, a base quadrata, elemento che fa da raccordo tra sezione tonda della colona e dell’echino, chiamato “abaco”. Quest’ultimo subisce delle variazioni di dimensioni e di spessore notevoli. Sul capitello poggia l’architrave, grosso tronco poggiato in orizzontale su una serie di colonne. È un insieme di grossi blocchi lapidei connessi con grappe metalliche e che ha la funzione di sostenere tutta la struttura della copertura. La parte superiore dell’architrave è culminata da un registro piatto, una sorta di listello, tenia, che distingue l’architrave dall’elemento sopra. Il fregio, che sormonta l’architrave, e che nell’ordine dorico è costituito da una scansione ritmica di due elementi, i triglifi (elementi rettangolari, l’asse longitudinale del rettangolo verso l’alto, diviso in diverse parti in due scanalature, due eniglifi nella parte marginale e due glifi divisi da delle fasce piatte chiamate femori) e metope (è la parte interposte ai triglifi, tavolette colorate, nei casi più antichi fatte di terracotta). Questa scansione rigida del fregio deriva dal fregio antico. La forma del triglifo è stata interpretata in due modi: 1. come la formalizzazione di tavolette fitte che venivano sovrapposte alle testate delle travi; 2. legge nella scansione la configurazione delle travi come assembramento di diverse travi, come se fossero delle travi che somigliano alle travi moderne. In corrispondenza del triglifo, sotto la tenia, ci sono le regule sotto le quali ci sono degli elementi tronco conici, mentre sopra i triglifi ci sono degli elementi a forma trapezia, chiamati nutuli, e sotto questi ci sono altre file, ognuna costituita da 6 elementi tronco conici, analoghi a quelle delle regule, che si chiamano gutte o gocce. I guttuli sono collocati in corrispondenza dei triglifi ma anche in corrispondenza dell’asse mediano di ciascuna metopa, e occupano il registro di sottocornice. Immediatamente sopra la sottocornice c’è il gocciolatoio, è un elemento delicato, per evitare le colature della pioggia, scanalatura a “becco di civetta”, deve avere uno sporto rispetto all’alzato dell’edificio, per evitare il gocciolamento. Sima, cornice terminale, sui lati lunghi di un tempio è una cornice orizzontale invece in corrispondenza del timpano, sui lati corti, è un insieme di cornici inclinate. Una modanatura a gola dritta, composta di due archi di cerchio di cui quello inferiore convesso e quello superiore concavo e nella sima vengono applicate una serie di elementi decorativi fatti a forma di leone, chiamate protomi leonine. Ciascuno di queste protomi leonini ha un buco al posto della bocca che serve a far defluire l’acqua che si raccoglie nella parte inferiore del tetto, dove sono realizzati dei canali. Trabeazione: che va dalla superficie più bassa dell’architrave fino alla sima. Sulla base di questa sintassi, l’ordine diventa l’elemento di proporzionamento dell’edificio, variabile che si lega ad una dimensione, del diametro dell’imoscapo della colonna. Da questo sistema deriva un altro sistema a più ampia scala che riveste l’intero edificio, si sviluppa nell’età classica già nel tempio di Zeus. Non è un sistema ad un dimensionamento rigido, ci sono diverse altezze relative delle colonne a parità di diametro. Se all’inizio dell’età arcaica era accettabile che il tempio apparisse oltre che a essere massivo e potente proporzionalmente, man mano che il tempo scorre, queste proporzioni mutano nel senso di un maggiore slancio, per l’ordine dorico. Spesso, dal punto di vista costruttivo, la colonna si interrompe in corrispondenza dell’hypotrachelion. Quest’ultimo e tutto quello che c’è sopra, viene realizzato nello stesso blocco del capitello, per ragioni di estetica costruttiva. La finitura degli ordini architettonici avveniva quando quest’ultimi erano già posti in opera, ovvero si montavano le impalcature, il crepidoma e tutto quello che c’era dopo e si procedeva alla finitura al contrario, permettendo di avere delle finiture senza sbeccature. Capitello d’anta: per i templi distili in antis, se si ha bisogno di compore il pronao con delle terminazioni murarie, in alto il raccordo tra la struttura muraria e la trabeazione che dovrà sormontarla, funziona con l’introduzione di un capitello semplificato che serve a colonnare le ante degli edifici. Nella profondità le strutture possono non essere come appaiono, come la proiezione dell’ordine sul piano è una cosa e la struttura un’altra. Con riferimento al tempio di Zeus ad Olympia, osserviamo come sopra il capitello si imposti un architrave monolitico ed immediatamente sopra, i blocchi utilizzati per fare il fregio sono due, affiancati, con un’intercapedine in mezzo, e sopra si imposta l’insieme della cornice e del gocciolatoio. - epicranitis: serve a poggiare l’orditura primaria del tetto, i travetti più sottili. - sima: a forma di L per costituire i canali e ad aiutare a far defluire l’acqua. Si deve focalizzare il rapporto tra sottocornice, gocciolatoio e sima. Gocciolatoio sopra le gutte. Sopra dell’architrave, difficilmente nel sistema ligneo poteva essere altrettanto realizzato con un'unica trave, per questo dovevano essere realizzate con elementi accoppiati o assemblati in un numero maggiore. Solo che, nell’antichità greca, i collanti che si usano oggi per fare il lamellare non esistevano, e allora si collocavano sopra i due pezzi assemblati, degli elementi che avevano la forma di una sorta di C con le ali corte, rovesciate, che potessero prendere la larghezza di entrambi gli elementi che componevano gli architravi. Da qui derivano le regule. Questi elementi, appoggiati soltanto, potevano essere soggetti a spostarsi a causa del sisma, per esempio. Allora si ponevano a raccordare i blocchi che componevano l’architrave con gli elementi che componevano si interponevano dei chiodi, da qui derivano le gutte. Sopra le strutture del primario del tetto si impostavano le orditure dei travetti, che poi reggeva l’impalcato e un manto di copertura. Questi travetti dovevano essere necessariamente inchiodati all’impalcato, da cui deriva la funzione dei nutuli e delle gutte. In origine, il manto di coperture poteva esser fatto di materiali vegetali, poi si sono cominciati a realizzare degli elementi fittili, tegole di terracotta, lastre piatte, in gran parte di bordo sopraelevato, cui i sovrapponevano dei sagomati a V rovescia. Il processo di linizzazione porta con sé evidenti vantaggi e qualche vantaggio soprattutto nella traduzione degli elementi lignei in elementi lapidei. Questo comporta delle problematiche, per esempio nel rapporto della trabeazione e il fregio con le colonne sottostanti, perché se il fregio, nella struttura lignea, costituiva la traccia dell’orditura del tetto, per motivi di economia strutturale, almeno alternativamente i triglifi, dovevano essere collocate in corrispondenza dell’asse delle colonne, in maniera tale che queste portavano un carico perfettamente verticale e la flessione era data dalla trave posta in mezzeria. Quando i costruttori sono costretti ad ingrandire la sezione delle colonne, perché devono portare carichi più grandi, questo comporta che non tutti i triglifi possono essere allineati all’asse delle colonne, e in particolare non lo può essere il triglifo ultimo in corrispondenza dello spigolo. C’è l’insorgenza allora del conflitto angolare. Vengono date due soluzioni al conflitto angolare: o si allarga l’ultima metopa, o si restringe l’ultimo intercolunnio. Quest’ultima consente di ovviare alla questione di una percezione sempre più dilatata delle colonne man mano che si allontanano dal nostro centro visivo. Più vicine sono le ultime colonne, più l’edificio apparirà solido, meno dilatato verso i margini, e ovviamente più regolare sarà la scansione del fregio. Da un punto di vista concettuale l’edificio non deve solo essere perfetto per il buon costruttore greco, ma deve essere percepito come perfetto. Quando le nozioni di ottica cominciano a essere raffinate, i costruttori cominciano a capire il perché costruivano degli edifici assolutamente perfetti negli allineamenti ma questi apparivano con delle deformazioni. Perché l’occhio umano percepisce le linee dritte come curve, più lunghe sono le linee maggiore è la curvatura con cui le percepiamo. Allora si introducono tutta una serie di espedienti per ovviare a queste anomalie visive. Per esempio, le linee dello stilobate e della trabeazione, soprattutto in edifici di grandi dimensioni, verranno sensibilmente incurvate verso l’alto, per far si che vengano percepite dritte. Una caratteristica peculiare delle colonne doriche è quella di avere ad una certa altezza, una sorta di rigonfiamento che noi chiamiamo entasi (correzione ottica). Tema del colore: Parti di trabeazione fittili, che vengono ricchissimamente decorate anche attraverso la stesura di pigmenti di grande vitalità. Un’alternativa rispetto all’ordine dorico si manifesta nella parte ionica, soprattutto per ragioni di diverse tecniche impiegate. Cambia quindi il sistema costruttivo e il linguaggio quando il sistema costruttivo ligneo rimarrà in questa pervicace volontà di conservare la forma della tradizione. Decorazioni: Una più decorativa ed una che fa riferimento al carattere strutturale, prevalente è il blu, rosso, oro. Nella tomba di re Filippo II, rimasta sotto i raggi del sole ma poi venne interrata e questo ci ha permesso di poter studiare e vedere ancora oggi i colori ed i disegni. In realtà anche il bianco era utilizzato, gli elementi di pietra erano stati ripassati dalla calce per farli risplendere alla luce del sole e per renderli uniformi all’occhio. capitello. L’origine dell’ordine dorico un primo gruppo di studiosi ne parlerà per valenza strutturale e funzionale (vitruvio) un secondo gruppo di studiosi ne parlerà per valenza decorativa ed ornamentale. Decorazioni: Una più decorativa ed una che fa riferimento al carattere strutturale, prevalente è il blu, rosso, oro. Nella tomba di re Filippo II, rimasta sotto i raggi del sole ma poi venne interrata e questo ci ha permesso di poter studiare e vedere ancora oggi i colori ed i disegni. In realtà anche il bianco era utilizzato, gli elementi di pietra erano stati ripassati dalla calce per farli risplendere alla luce del sole e per renderli uniformi all’occhio. I PRIMI TEMPLI IONICI DELL’ASIA MINORE Samo, Santuario di Hera, Hekatompedon I: a Samo il santuario dedicato ad Hera ha origini che risalgono alla fine del secondo millennio a.C. Tra la fine del secondo millennio e gli inizi del primo millennio sorgono due templi che hanno una configurazione abbastanza singolare. Vengono definiti come Hekatompedon, che viene utilizzato per indicare la dimensione dell’asse principale dell’edificio che era di 100 piedi; il primo era un edificio di grande semplicità con un lato aperto in cui l’interno e l’esterno era diviso da un diaframma di pilastri rettangolari, e uno spazio interno diviso da due navati da una fila di pilastri rettangolari collocati lungo l’asse longitudinale dell’edificio. Qualche decennio dopo la costruzione del primo ne viene costruito un secondo, con proporzioni molto simili, impianto rettangolare con un lato aperto verso l’esterno e un diaframma con pilastri di sezione quadrata, scompare qualunque partizione interna del naos e viene sostituito restringimento della luce libera ottenuto attraverso l’addossamento in estrema vicinanza delle pareti sui lati lunghi di pilastri quadrati. Questo naos viene dotato di un pronao, prostilo tetrastilo, attorno al corpo principale dell’edificio viene costruita una peristasi, esastila sui lati corti con una serie numerosa di pilastri a base quadrata. Queste architetture sono destinate ad essere superate dalla costruzione di un gigantesco tempio diptero, Assetto dell’Herion attorno al 575 a.C. per opera di due architetti, Rhoikos e Theodoros. Un pronao profondo diviso in tre navate da due diaframmi composto ciascuno da cinque colonne, come se fosse un pronao distilo in antis approfondito lungo l’asse longitudinale attraverso il quale si accede al naos, articolato anch’esso articolato in tre navate da diaframmi colonnati. Di fronte al tempio si trova il grande altare destinato ai riti e ai sacrifici. Pochi decenni dopo il tiranno Policrate, di Samo dà la volontà di costruire un nuovo tempio in onore di Hera, IV, ancora più imponente nel quale le file di colonne lungo i lati corti vengono aumentati sia da occidente che da oriente, diptero octastilo ma con una particolarità, il lato occidentale corto presenta un pieno in asse con nove colonne. Il fusto è liscio, ci conferma che le scanalature venivano realizzate soltanto a costruzione finita. Paestum (Poseidonia), Tempio di Hera II cosiddetto tempio di Poseidone, prima metà del V a.C., schema tipologico canonico del tempio periptero esastilo. Pronao ed opistodomo in distilo in antis, una cella articolata in tre navate, di cui quelle laterali molto strette. Canonico dal punto di vista planimetrico ma diversa è la fascia dell’edificio, e anche le proporzioni che sono più tese e asciutte, e le proporzioni tra parte alta della trabeazione che si riduce molto nel suo sviluppo verticale e la peristasi. Diversa è anche la proporzioni tra la sezione delle colonne e gli intercolunni, tentativo di rendere la peristasi maggiormente aerea, meno densa e fitta. L’ETA MATURA E I TEMPLI DEL V SECOLO IN GRECIA Tempio di Apollo, Corinto, 540 a.C. La prima cosa da notare è che sensibilmente cambiano le proporzioni, edificio non più allungato come quelli costruiti ad Olympia e Korkyra, ma comincia ad avere delle proporzioni meno squilibrate tra l’asse trasversale e longitudinale. Tempio periptero esastilo, con sei colonne sul lato corto, con un grande naos, dotato di pronao e di opistodomo; cella il cui spazio interno è articolato da tre navate e due diaframmi di quattro colonne ciascuna, con la navata principale estremamente più ampia rispetto a quelle laterali. Inoltre, c’è un secondo spazio con ingresso rivolto verso occidente il cui tetto è scandito da quattro colonne. La funzione è dettata dalla tradizione di avere l’effige del dio in uno spazio diverso da quello del naos. Rispetto agli altri due templi, si vede come le proporzioni siano più slanciate, la riduzione tra somoscapo e imoscapo sia più contenuta. Aphaia in Aigina, un altro esempio di come a partire dal VII evolve il linguaggio dell’architettura dorica. Un santuario ha sempre un temenhos, un recinto sacro che separava l’area sacra dal resto del territorio, vi si accedeva attraverso un propylon, una struttura filtro fra interno ed esterno. Fuori al temenhos si trovavano strutture destinate alle funzioni di accoglienza, di svago, per i pellegrini. All’interno del temenhos c’era il tempio e gli altari per i sacrifici. Analogo alla concezione di quello di Apollo a Corinto. Ci rendiamo conto di come variano le proporzioni e di come l’asse longitudinale dell’edificio tende ad accorciarsi, e quindi si accorcia anche il rapporto del numero delle colonne sul lato lungo con quelle del lato corto. È un periptero esastilo, ma il numero delle colonne sul lato lungo è minore. Sul fronte orientale c’è un pronao distilo in antis con una certa profondità, e l’opistodomo con una minore profondità. Il naos è articolato su tre navate, le due laterali ridotte e quella centrale molto più larga, significa che i costruttori si fidavano di fare coperture con luci più grandi. Le colonne che scandiscono il naos sono più sottili di quelle che compongono la peristasi (con diaframmi che si articolano su due livelli sovrapposti), così come quelle del pronao e dell’opistodomo (possiamo immaginare che l’altezza dell’opistodomo/pronao sia minore di quella della peristasi perché tra peristasi e pronao/opistodomo ci doveva essere dei gradini). Uno dei templi meglio conservati e del quale ci restano maggior numero di elementi da analizzare. Tempio in ordine dorico avanzato, deducibile dalle proporzioni delle colonne, rispetto a Corinto dobbiamo notare anche il rapporto tra lo spazio vuoto tra le colonne e la sezione delle colonne, c’è molta più luce. Una trabeazione dorica canonica. La forma dei capitelli è molto più piatta e più asciutta. Costruzione a secco che si basa sul contrasto tra gli elementi, una applicazione perfettamente coerente dei principi statici del sistema trilitico e sull’uso del metallo per mantenere la coerenza delle giunture. Questo tempio è importante perché è il primo in ordine di tempo in cui noi abbiamo conservata una grande quantità di componenti dell’edificio del naos, e le strutture che contenevano il diaframma. Olympia, tempio di Zeus,468-460 a.C. tempio periptero esastilo, con un pronao e un opistodomo distilo in antis. Il naos diviso in tre navate da due diaframmi articolati con due file di colonne di sezione minore rispetto a quella della peristasi. Le proporzioni sono diverse da quello già visto, c’è un rapporto equilibrato tra lato corto e lungo dell’edificio. se sul lato corto dell’edificio esistono 6 colonne, sul lato lungo la peristasi è composta da un numero di colonne pari a 6x2+1, ovvero 13 colonne, una sorta di cannone ripreso dall’architettura per tutto il secolo. Anche in elevato le cose cambiano sensibilmente: meno accentuata è la differenza dimensionale tra la sezione del somoscapo della colonna di dimensioni del capitello, più contenuto e asciutto, diversa è la proporzione della peristasi e della parte superiore della trabeazione e del frontone. Un’altra caratteristica di questo edificio; all’interno del naos viene collocata una gigantesca effige di Zeus assiso in trono. Un simulacro che riempie tutto lo spazio in altezza nonostante sia una figura seduta, che ci dà la misura che questi edifici vengono costruiti in rapporto alle divinità e non all’umanità dei costruttori. Effige fatta in parte con oro, e doveva essere percepita dall’esterno. I suoi riflessi dovevano specchiarsi in una vasca di olio posta ai suoi piedi. Una delle caratteristiche di questi edifici dell’età classi è un’evoluzione della sensibilità delle costruzioni che vengono concepite, secondo un’idea che fosse importante che tutto potesse essere perfetto per il dio che vi abita ma anche per la percezione che l’uomo deve avere dell’edificio. Correzioni ottiche, perché la percezione dell’uomo delle linee può essere alterata e quindi hanno corretto queste anomalie inclinando le linee verticali delle colonne, curvando le linee orizzontali. Splendide sono le sculture che decoravano i frontoni, non soltanto per la loro qualità estetica e realizzativa quanto per l’affermazione che comportando di una nuova concezione dello spazio architettonico e la scultura. Non è più statica dalle forme astratte, ma è realistica, è una scultura che integralmente conquista lo spazio e il tempo. Il ciclo scultoreo si svolge concettualmente anche più ampia di quella che il timpano poteva consentire. Lo stesso discorso si può fare delle metope che decoravano il fregio del tempio. Ci dice come lo scultore volesse rappresentare un attimo. Ordine canonico e maturo. Libro: Il Partenone presentava, accanto a una cella a tre navate, un vano occidentale approssimativamente quadrato il cui tetto era probabilmente anch'esso sorretto da quattro colonne ioniche. Davanti a ogni fronte della cella sorgeva, una fila di quattro colonne occupanti l'intera larghezza della cella. L'ampliamento della peristasi che misura m 30,88 x 69,50 e si estende notevolmente oltre le fondamenta del Pre-partenone (23,53 X 66,94), soprattutto in larghezza. Al posto delle sei colonne, sulla fronte ne troviamo otto, sui lati lunghi invece un numero pari al doppio delle colonne della fronte più una; dunque: 2 x 8 + I = 17 colonne. I deambulatori del portico esterno sono particolarmente stretti, il che naturalmente comporta un enorme allargamento della cella; questa si estende ora per cinque intercolunni. La cella era destinata ad ospitare una colossale statua criselefantina di Atena. Guardando la fronte del tempio, colpisce per prima la trama fitta e corposa del colonnato, che non ha eguale in nessun altro tempio dorico. Tale impressione è controbilanciata dalla snellezza svettante delle colonne singolarmente prese, sulle quali si librano come in un gioco la trabeazione e il grande triangolo del frontone. La particolare strettezza dei deambulatori esterni accentua la compattezza della trama. Quelli frontali restano al di sotto della profondità consueta di un interasse e mezzo ancora una volta in contrasto con lo stile dell'epoca, quelli dei lati lunghi. Da un lato il portico si assottiglia enormemente e con ciò il tempio nel suo complesso si infittisce e si solidifica, dall'altro agli angoli critici della peristasi, dove viene a mancare lo sfondo della cella con il suo effetto stabilizzatore, le forze portanti si raggruppano e si intensificano. L'impressione di ascensionale leggerezza che dà la peristasi è ottenuta con una analoga dosatura delle proporzioni: le colonne si allungano in misura fin qui mai raggiunta. D’altra parte, i membri portati, cioè la trabeazione con la cornice, sono bassi e leggeri. l'architrave è ridotto alla stessa altezza del triglifo. Il nome del Partenone designava in origine esclusivamente questo vano occidentale. Canone di Policleto, un trattato teorico del più eminente scultore dell'età classica dopo Fidia, che si occupa principalmente delle proporzioni armoniche fra le diverse parti e membra di una statua, ci appare naturale che tali elaborazioni teoriche debbano balzare in primo piano nell'architettura. Nel vI secolo per lo più si cominciava col concepire un corpo architettonico in cifre tonde da queste si ricavavano poi alla meglio tutte le altre misure. Nell'età classica arcaica si partiva da una misura fondamentale assunta come modulo, l'interasse in base a questa si costruiva con chiarezza e regolarità la pianta e il profilo verticale, sicché le misure esterne dell'edificio erano grandezze derivate. Il rapporto lunghezza-altezza dei lati lunghi equivale per conseguenza al quadrato del rapporto precedente, cioè 81:16. Complesso dei Propilici, edificato a partire dal 437 a.C. su progetto di Mnesiele. Poco dopo la costruzione del Partenone viene riedificato l’accesso monumentale all’acropoli. Architettura che dal punto di vista funzionale non aveva una grande necessità per cui anche per questo ci si presenta come una sorta di architettura scenografica. Passaggio circondato da colonne attraverso cui si passa per andare all’interno del temenhos dell’acropoli. Sulla sinistra si colloca una sala da banchetti, chiamata pinacoteca perché gli archeologi hanno trovato tracce di pitture sulle pareti che dovevano essere fastosamente decorate; sulla destra uno spazio che appare simmetrico alla pinacoteca che è uno spazio di passaggio per raggiungere la terrazza su cui sorge il tempio di Atena e Niche. La scena dell’osservatore che si avvicina all’acropoli è una scena di lingua dorica, così come i fronti e l’ingresso. Il dislivello tra ingresso verso l’esterno e l’uscita verso l’interno è notevole; quindi, il problema fondamentale è superare in una forma architettonicamente plausibile questo dislivello con un sistema di colonne. Appena si passa il diaframma che costituisce il fronte esastilo dei propilei, lo scenario cambia completamente perché ci si trova di fronte a due file di colonne ioniche che reggono una trabeazione ionica, sempre per il problema del dislivello, quindi la quota del tetto, necessariamente doveva essere più alta rispetto alla trabeazione del fronte esterno. Lo spazio della pinacoteca era uno spazio semplice sulle cui pareti si dovevano collocare dei chinai, divanetti sui quali i greci usavano fare i loro banchetti, o meglio il simposio, occasione per cui un gruppo di uomini dove si parlava di argomenti politici, culturali. Dal punto di vista architettonico, un aspetto interessante, p la dissimulazione della asimmetrica che troviamo nel fronte dell’ingresso, perché il diaframma di accesso alla pinacoteca è fatto da tre colonne che divide lo spazio in quattro ma a destra, per evitare che ci fosse una sorta di stortura, si fa una specie di pilastro in anta che chiude lo spazio di ingresso con una risoluzione del problema dell’ordine data dalla presenza di capitelli d’anta. ATENA NIKE All’interno dell’acropoli l’ordine ionico è utilizzato anche all’interno del tempio di Atena Nike. - Realizzato tra il 427 ed il 424. Quando venne attuato il progetto i propilei già esistevano, pertanto: - viene accorciata la cella; - è omesso il pronao; - tra le ante troviamo pilastri e non colonne. Venne costruito per diventare una tappa fondamentale per la rinascenza dell’ordine ionico: esprime un caratteristico stile attico. La base è una base attica a tre elementi: è fatta proseguire anche alla base del muro della cella, si ha quindi un’idea di cinta continua. Il contrasto si nota dal decorativismo e dalla nudità: Contrasto tra il decorativismo delle facciate (con colonne poco slanciate) e la nudità dei muri a blocchi di marmo pentelico, squadrati ed affiancati con una perfetta regolarità secondo un sistema isodomo. Libro: Sembra che il tempio di Atena Nike fosse finalmente edificato durante la prima tregua della guerra - la pace di Nicia del 421. Le piante dei due templi gemelli- possiamo definirli così dal momento che si somigliano in ogni particolare. davanti a entrambe le facciate troviamo vestiboli aperti di quattro colonne, una specie di peristasi limitata alle due facciate. Le colonne ioniche dei vestiboli facevano bella figura da sole poiché sembrano create apposta per questo. Infine, in tal modo era possibile ottenere anche in un tempio di piccole dimensioni l'effetto armonico di una fila di colonne indipendenti e di una triplice successione di vestibolo, pronaos, cella, che si richiude in se stessa. Qui è omesso anche il pronaos, sicché la porta d'ingresso si sarebbe dovuta aprire nella parete est della cella. La linea severa dell'architrave è sormontata da un fregio figurato continuo, che sostituisce il ritmo minuto dei dentelli. Le colonne sono eccezionalmente robuste e fittamente disposte. Al di sopra del fregio sporgeva il cornicione liscio, con modanature a lievi curve nella faccia inferiore e su di esso la sima ornata da motivi floreali policromi. Entrambe le facciate avevano un frontone, ma dei gruppi plastici non è rimasta testimonianza all'infuori di alcuni incastri nel cornicione. L’Ephaisteion (Teseion perché erroneamente considerato la tomba di Teseo), 450-440 a.C. Tempio costruito in prossimità dell’agorà (luogo dell’elaborazione della cultura, della politica, delle discussioni). Tempio prostilo esastilo, con un pronao ed opistodomo profondi distilo in antis, l’organizzazione del naos, deriva dal Partenone, con un diaframma articolato su due livelli per la loro dimensione, più sottili, e segue il perimetro del naos su tre lati, anche in questo caso sull’immagine di fondo si stagliava una statua del dio a cui culto era dedicato. Grandi dimensioni. Proporzioni della peristasi con degli intercolunni molto dilatati e delle colonne piuttosto slanciate per essere delle colonne doriche, sormontate da capitelli asciutti così come gli elementi di dettaglio della parte superiore dell’ordine ci riporta al Partenone. Il conflitto angolare viene risolto attraverso la riduzione dell’intercolunnio e con la dilatazione delle metope, la riduzione dell’intercolunnio verso l’angolo doveva avere l’effetto di evitare che l’angolo apparisse troppo vuoto. Anche dal punto di vista di mettere insieme elementi di ordine diverso è presente così come nel Partenone, visibile qui nel fregio con sculture a bassorilievo. Bassae, Tempio di Apollo Epikourios, 450 a.C. tempio che viene probabilmente costruito da Ictino. Le condizioni climatiche hanno ridotto il tempio a ciò che noi vediamo oggi, non è più all’area aperta, fa parte del patrimonio dell’umanità, chiuso sotto una gigantesca struttura geostatica, ed è soggetta a continui restauri. Tempio periptero esastilo con una peristasi di colonne doriche. La struttura del tempio è abbastanza complessa, che ha rispetto agli altri, delle proporzioni più allungate, perché aveva delle esigenze funzionali particolari, infatti oltre a essere dotato di un pronao e un opistodomo distilo in antis, il tempio è messo in comunicazione con l’esterno da un’apertura sul lato lungo orientale, perché era necessario che entrasse il sole all’interno, si crea uno spazio libero verso sud-ovest, in fondo al naos, mentre il resto della cella è scandito secondo una logica del tutto particolare, dettata da due fattori: il primo dato dalla necessità di irrigidire il quanto più possibile la struttura, quindi sui lati lunghi del muro perimetrale vengono innestati una serie di setti che hanno una terminazione a forma di colonna, non pienamente sviluppata; la seconda è che bisognava illuminare il più possibile il naos, quindi gli ultimi due setti, quelli vicino all’ingresso orientale sono inclinati di 45°. Un elemento interessante è la colonna centrale. All’interno notiamo dei capitelli ionici, invece il capitello della colonna centrale è corinzio, con decorazione vegetale, e dal centro si dilatano due volute. Gli elementi decorativi del capitello potevano anche essere realizzati in metallo, forse bronzo, e questa informazione ce la dà la sottigliezza degli elementi. TELESTERION La primissima fase è un megaron rettangolare che all’inizio del sesto secolo viene incluso all’interno di una grande sala, il nucleo finale passa in posizione centrale. Questo principio di portare il nucleo originario in una posizione assiale viene ripreso da Ippino. Questa fase però rimane comunque non completata, Ippino mette appunto il progetto migliore e cerca di liberare il volume interno, la sala risulta ingrandita (51x49m), la convergenza verso il centro è concentrata dalla posizione delle gradinate che di interrompono solo in prossimità degli ingressi. La dilatazione delle colonne che sono disposte secondo due corone dando visibilità di ciò che accade nella sala (stessa logica di ciò che accade nel Partenone). Santuario dedicato a demetra, secondo la leggenda, la dea stessa avrebbe chiesto la ricostruzione dell'altare e un tempio sulla roccia ai piedi dell'acropoli. E un edificio anomalo che non corrisponde a nessun criterio adottato fino ad ora. Diversi fasi costruttive hanno portato alla conformazione del sito dal punto di vista tipologico. Si tratta di una pianta quadrata completamente chiusa ad eccezione delle sei aperture di accesso. Il colonnato doveva circondare tre lati poiché la parte posteriore è addossata alla roccia. Il perimetro dell'edificio è circondato da una scalinata di accesso al culto di Demetra. Le cerimonie che si svolgevano all'interno erano cerimonie in cui si perdeva ogni consapevolezza della realtà tramite l'utilizzo di sostanze allucinogene e fumi venefici che portava i sacerdoti e gli iniziati in una fase di trance con allucinazioni e visioni. Nella zona centrale vi è il rito dell'incubazione che corrispondeva probabilmente al primo megaron preesistente, questo spazio prende il nome di ANAKTORON, già presente nella costruzione di Pisistrato che protesse il santuario con una cinta fortificata in mattoni crudi su un basamento in opera poligonale. Dopo la distruzione persiana la ricostruzione del grande edificio iniziò con Pericle quando Ictino progetto la copertura a 20 colonne. Il cantiere terminò con la costruzione di un portico prostilo orientale con 12 colonne doriche non rifinite. costituire la cavea. Libro: La cavea disposta intorno all’orchestra, dove agiva il coro, gli attori invece di muovevano su una piattaforma appena sopraelevata. notevole per la visibilità ma anche per l’acustica perfetta. Il teatro invece si basa fin dal principio su una più netta separazione tra azione sacra e spettatori; che in certo senso si fronteggiano. Qui la superficie destinata all'azione era attorniata da tre ordini di sedili le cui lince prospettiche, diritte, erano in forma di . La cavea dunque (spazio per gli spettatori), aveva la forma di una conchiglia. Di fronte a questo semicerchio aperto si costrui un edificio a tre porte tangente all'orchestra, dapprima assai semplice, che rappresentava il palazzo reale, il tempio, o altro, secondo le esigenze del dramma. In Epidauro questo semplice schema raggiunge la perfezione. Nel semicerchio allungato della cavea può essere iscritto un poligono di venti lati dai cui lati si dipartono radialmente verso l'alto le scale, e suddividono la cavea in dodici cunei di identiche dimensioni; la cavea abbraccia dunque un semicerchio più un cuneo per lato. Le file di sedili sono 34; più in alto, fu aggiunto in un secondo tempo un altro settore di 20 file, nel centro si trova l’orchestra. ARTEMISION DI EFESO Ellenismo Dal 323 fino al 31 a.c. Il mondo ellenistico è una parte di mondo abitabile per l’essere umano, lo caratterizza è l’attività e l’egemonia di una borghesia dove tutti parlano la stessa lingua. È caratterizzato dalla crisi del sistema delle città greche, si formano grandi territori che sono in connessione fra loro, dove Atene diventa una sorta di città degli studi… mentre i centri politici sono le capitali. Queste città sono dei centri di collettività economica ed intellettuale, questo perché il mondo ellenistico non si riconoscono in delle patrie ma si riconoscono in cosmopolitismo ed individualismo. La città greca Una città stato costituita da un nucleo urbano, il significato della città stato è di tipo collettivo sociale, la Polis è dove si trova la residenza del regnante invece la città bassa è dove vivono contadini ed artigiani. Parallelamente a ciò assume sempre più importanza l’agora. Alcune città mostrano un impianto regolare, un primo gruppo è composto dalle città greche poste nell’Asia minore (fondate nell’undicesimo e dodicesimo secolo) un secondo gruppo stiamo nella magna Grecia, sicilia. MILETO In Asia minore, la città era stata distrutta e ricostruita a partire dal 479. La cinta muraria percorre tutto il perimetro della costa, la città vecchia mantiene una cinta muraria indipendente. La distribuzione segue la forma della penisola, viene individuata una zona al centro dedicata alle funzioni pubbliche della città. C’è un’area dove c’è una zona religiosa, abbiamo l’agora e poi c’è la zona commerciale che è in adiacenza con il porto. Pireo A partire dal 450, vediamo alcuni principi adottati a Mileto. PRIENE Viene ricostruita intorno alla metà del quarto secolo, politicamente ha un ruolo significato ma anche dal punto di vista archeologico perché è tornata in luce (come Pompei) anche in questo caso la cerchia muraria segue il perimetro della costa, la strada principale taglia la città da est ad ovest ed il reticolo è orientato secondo gli assi verticali. Al centro di questo sistema si trova l’agora. La maglia ortogonale crea un insieme urbano molto scenografico che verrà ripreso dalle città ellenistiche. Libro: L'antica Priene, apparteneva alla lega delle città ioniche. Intorno alla metà del IV secolo l'impaludamento era progredito a tal punto che la città fu fondata di nuovo in altra zona sotto il protettorato di Atene. La nuova città fu fondata sul pendio del Micale, ai piedi di una ripida parete rocciosa inserita come acropoli nelle mura della città ma che non racchiudeva nessun santuario. La piccola città poté conservare, fra i grandi stati ellenistici, una certa autonomia ma non ricopri nella storia un ruolo predominante. La nuova Priene si sviluppò entro la cerchia delle sue mura, che seguivano agilmente la struttura del paesaggio, non secondo un processo di ampliamento affidato al caso, come le nostre città medievali con i loro vicoli che seguono il pendio delle colline; nel caso di Priene invece una rete di strade rigorosamente perpendicolari tra loro fu inserita faticosamente nell'erto pendio. La città stessa diviene, un organismo plasmato, un'opera d'arte. Quale centro politico il mercato che formava il punto centrale. La strada principale partiva dalla porta occidentale e passava attraverso I' «agorà » circondata da portici, tuttavia la strada non sfociava come asse ottica al centro dell'agorà, come accadrà invece nelle strutture più recenti, ma fiancheggiava il suo lato settentrionale. Tutta la zona residenziale era divisa in blocchi uguali, ognuno dei quali accoglieva di solito diverse case di abitazione, da quattro a sei, strette una all'altra. Non vi erano né giardini né parchi: città e natura erano cose inconciliabili. Città ellenistiche Un fenomeno importante è la crescita del commercio e dell’artigianato, vengono fondate nuove città nelle vie commerciali. C’è una tendenza di costruire edifici monumentali, c’è la tendenza ad accentrare più funzioni all’interno dello stesso impianto urbano, grazie all’impiego di lunghi colonati (che dividono ma uniscono allo stesso tempo). L’architettura ellenistica È un’architettura del prestigio (città fondate da un principe), un ingrandimento delle proporzioni, esaltazione prospettica e giochi volumetrici con esiti che portano a grandi programmi urbanistici, residenze lussuose e grandiosi palazzi reali. C’è il declino dell’ordine dorico con la diffusione dell’ordine ionico, con forme slanciate, semplicità compositiva, ricca decorazione, invenzione del capitello angolare con le 4 volume disposte diagonalmente. Fa la comparsa il capitello corinzio, dalla fine del V secolo viene usato solo per gli interni e dal 335 inizia ad essere impiegato anche per gli esterni. C’è una introduzione degli ordini murali, non assume più una funzione strutturare ma assume una funzione decorativa. Impiegato inizialmente nei teatri, tombe e porte urbane…viene accentuata dall’uso degli effetti sia pittorici che a stucco. Si assiste alla diffusione della combinazione di arco e copertura a volta (sistemi costruttivi). Didyma, Santuario di Apollo, VI a.C. Luogo vicino la città di Mileto, dove già da tempi antichissimi esisteva un culto di Apollo. Il sito era strettamente legato, una strada collegava il santuario alla città, una strada monumentale, decorata con sculture lungo il suo percorso. Attorno ad un piccolo tempio preesistente, distilo in antis, attorno al quale era già stato costruito prima un tempio del quale abbiamo poche tracce delle fondazioni. Attorno al tempietto più antico si costruisce un tempio di grande portata monumentale, un diptero (il terzo grande diptero dell’area). È costituito da un corpo di fabbrica sviluppato lungo l’asse longitudinale, dotato di un pronao profondo, diviso in tre navate da due diaframmi di quattro colonne ciascuno. C’è una sorta di passaggio filtro tra pronao e l’interno del tempio, che si presenta privo di articolazioni interne, in parte l’ingombro del tempietto precedente e con il muro del lato lungo scandito da possenti pilastri. Parte interna del tempio è priva di copertura, definito Secos, ambiente circondato da un perimetro murato ma privo di tetto. All’interno del quale il vecchio tempio assume la fusione di neiscos, ovvero piccola costruzione nella quale sono conservate le reliquie del dio. Il tempio originario viene ricostruito in una seconda fase e con una leggera rotazione in dimensioni ancora più imponente di quelle in età arcaica nel IV secolo. Didyma, Santuario di Apollo, ricostruzione 300 a.C. Edificio di dimensioni imponenti. Ricostruzione integrale e complessa. Un tempio diptero, molto più dilatato è lo spazio del pronao, suddiviso in cinque navate da 4 diaframmi ciascuno da tre colonne. In uno spazio che diventa insieme alla doppia peristasi una sorta di silva di colonne che hanno dimensioni gigantesche, tra il pronao e il secos c’è un corpo trasversale in parte accessibile ai fedeli, mentre i livelli sovrastanti sono destinati alla sola funzione dei sacerdoti, i quali avevano la possibilità di affacciarsi da una finestrella all’esterno. Il dislivello tra secos e corpo trasversale è indicato dalla scalinata con gradini numerosi, ripida e dalle scale che connettono il livello più basso. Il rapporto di scala tra il tempietto e l’edificio ci fa comprendere che è un edifico di dimensioni colossali. Del tempio di fine IV secolo si è conservata parte del muro che cingeva il secos e buona parte delle parti basse delle colonne che costituivano la doppia peristasi sul fronte orientale e quelle del pronao. Poche sono le colonne rialzate dopo gli scavi e i lavori di restauro. Il crepidoma è destinato a costituire una separazione tra il piano di impianto e lo stilobate del tempio. Interessante è anche per il linguaggio architettonico, e la decorazione: elementi che ci illustrano l’altissimo livello raggiunto nella tradizione della scultura architettonica, grazie soprattutto allo sviluppo di una scuola di scultori. Testimoniato dalla finezza degli elementi: le basi delle colonne sono di tipo ionico asiatico, con un toro sovrastante contenuto, con una fascia decorata a palmette. Tendono ad arricchirsi singoli pezzi architettonici, non c’è quasi mai una riproduzione standard, reinventarlo: le basi ioniche asiatiche sono alternate con altre basi che hanno una sintassi del tutto singolare, per esempio una base che sopra il plinto ha un registro poligonale suddiviso in formelle decorate con finissime sculture sopra le quali si impostano un toro decorato a scaglie. Altre colonne hanno una base con un toro non liscio e nemmeno decorato ma è percorso da una serie di scanalature lungo il perimetro. L’insieme delle colonne con le loro dimensioni e la loro distanza fa si che stare lì dentro fa avere la sensazione di stare in una foresta di colonne. Sull’architrave è da notare nella parte alta una notevolissima attenzione della qualità degli elementi sul piano della scultura, il modo in cui sono incisi gli elementi. Configurazione che doveva avere. L’interno del secos era caratterizzato da un altissimo basamento che raggiungeva quasi l’altezza del tempietto sul quale era impostato una fitta teoria di pilastri sporgenti rispetto al filo della parete. Due rampe dal pronao conducevano al secos. Ciascun componente è realizzato con un’attenzione al minimo dettaglio. I capitelli sono un’opera di scultura di grande carica inventiva e dettagliata. La forma in questi edifici non era una forma per mostrare una qualità all’esterno ma era decorata con motivi meandri, motivo essenziale. vista compositivo, una grande quantità fi novità concettuali. Tra una colonna e un’altra sono collocate, scenograficamente, delle sculture ad altezza naturale. In alto, la peristasi ionica diventa quasi un coronamento. Le soluzioni d’angolo, da questo momento in poi, diventano un luogo di sperimentazione di primissima importanza dell’architettura. SECONDO ELLENISMO Magnesia al Meandro, tempio di Artemis Leukophryene, II secolo. Opera che viene attribuita ad una artista famoso. Il tempio a cui fa riferimento l’ordine ellenistico che generalmente studiamo, sintesi tra le componenti attiche e asiatiche. Grande tempio pseudo diptero con una cella di dimensioni piuttosto contenute, dove era conservato il simulacro del dio (artemis dalle bianche ciglia), naos piccolo composto da tre navate diviso da due diaframmi composto da tre colonne ciascuno. Lo spazio del pronao è estremamente sviluppato, molto profondo, secondo una tradizione diffusa nell’ambito ionico: la dimensione dell’opistodomo è più contenuta. Per comprendere le raffinate forme possiamo riferirci alle ricostruzioni filologiche che ci riportano immagini di un edificio singolare per qualità dell’architettura, per elementi decorativi. Ordine anomalo perché ha una serie di elementi che provengono dalla linea di sviluppo dell’ordine ionico attico e altri che provengono da quelle asiatiche. Le basi delle colonne sono attiche con plinto, e con una sequenza di toro e scozia, i fusti delle colonne hanno proporzioni simili a quelli che si trovano negli edifici attici. I capitelli sono ormai pienamente maturi, sopra i quali si imposta un architrave a tre fasce, un fregio continuo che doveva essere completamente decorato a basso rilievo e una sottocornice a dentelli. Al centro del frontone c’è una bucatura dalla quale si doveva affacciare la dea in certi momenti di festa. Gli elementi da cui si ripartono le volute, sembrano essere delle foglie ripiegate realizzate in maniera che si percepisca il vuoto all’interno, finezza della lavorazione del marmo. La base della colonna della peristasi ha un toro realizzato non nello stesso blocco della base bensì in quello del primo rocchio della colonna. Libro: Il primissimo edificio dedicato al culto, sorto all'inizio del VI secolo, era ancora di forma semplicissima. Un basamento rettangolare sembra abbia sostenuto il primo altare mentre davanti al suo lato orientale, collegato a lui da un ripiano a forma di lingua. Lo svolgimento successivo è un rapidissimo processo di sviluppo quale si può osservare in forma analoga dei sette altari di Samo: i due zoccoli vengono ingranditi, circondati da un muro rettangolare aperto ed infine riuniti da un'unica base che avrebbe potuto sostenere un piccolo tempio. il muro esterno abbraccia ora la superficie di m 14,63 X 28,20 circa ed assume una struttura monumentale, a forma di tempio, accogliendo nella facciata occidentale delle ante e forse anche un colonnato frontale. In luogo di una cella ora potentemente ampliato a formare il nucleo nel cui centro, proprio sull'antica base, si ergeva il simulacro sacro di Artemide nel suo luogo tradizionale. Il tempio di Artemide supera non solo in grandezza (stilobate m 55,10 X 115,14 circa), ma anche in magnificenza il suo precedente di Samo. Le forme decorative ioniche hanno trovato un linguaggio articolato in maniera pregnante di grande bellezza e di ricchissima possibilità espressiva, cui contribuisce anche il nobile materiale: tutto l'edificio è infatti costruito in marmo bianco che tende all'azzurrino le cui cave si trovavano a circa 12 km di distanza nell'interno del paese. Le basi delle colonne sono sollevate sul crepidoma sempre più basso, a due gradini, per mezzo di una lastra quadrata. Accanto alla sottile scanalatura s'incontrano una serie di foglie a forma di S rilevate o morbidamente ricadenti. Ai fusti che si ergevano agili e la cui altezza doveva corrispondere a circa 12 volte il diametro inferiore la cascata fitta e liscia delle scanalature conferiva una morbida vitalità che si risolveva in onde. Nel capitello a volute di forma allungata, un tempo dipinto a vivaci colori, sbocciava in pieno la vita organica della colonna. Sulle colonne dell'Artemision poggiavano i primi architravi marmorei della Grecia che tra l'altro superavano le massime ampiezze fino allora raggiunte. il nuovo edificio doveva essere in tutto e per tutto simile all'antico, tale era stato il suo splendore. I greci non pensarono naturalmente ad una copia esatta delle forme architettoniche ma dovettero essere fedelmente ripetuti i caratteri essenziali, cioè le dimensioni, i rapporti, il luogo e la disposizione di tutte le parti del tempio. Le nuove colonne-furono erette sul luogo delle antiche, le nuove pareti si elevarono sopra alle vecchie, e l'immagine del culto rimase al suo luogo, al centro del grande sekos. il diptero si erge ora su un possente basamento di 13 scalini, m 2,68 sopra all'antico stilobate basso. Il tempio acquista cosi di fronte all'antica selva delle colonne ancorate al suolo una nuova grandezza non più fantastica ma monumentale. Tutta la struttura dell'edificio denunzia l’influsso del classicismo attico, le colonne sono diventate più corpose e al tempo stesso più tarchiate, i fusti presentano 24 profonde scanalature divise l'una dall'altra da listelli. La decorazione dell'edificio intagliata con cura e attenta ai giochi di ombre e di luce. Le ampie facciate dovevano sostenere giganteschi frontoni. Sopra i tre interassi centrali si notano nelle monete tre aperture a forma di porte che forse non servivano soltanto come scarico dell'architrave ma dovevano anche avere un significato sacro data la loro forma così insolita. Fu mantenuta la forma della base, plinto, spira a doppia gola e toro, che partendo da questo modello si va trasformando in forma ionica classica, fu mantenuta anche la decorazione scultorea delle basi delle colonne. L'edificio fu terminato forse verso la metà del 111 secolo ma alcune parti rimasero incompiute; è stato trovato infatti un capitello appena abbozzato su cui sono scalfite le esatte linee delle volute che a prima vista appaiono piegate così liberamente
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