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Appunti di storia dell'arte, Appunti di Storia Dell'arte

Appunti di storia dell'arte moderna

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 28/09/2022

alessandro-sallusti
alessandro-sallusti 🇮🇹

4.7

(6)

9 documenti

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Scarica Appunti di storia dell'arte e più Appunti in PDF di Storia Dell'arte solo su Docsity! < iù STORIA DELL'ARTE MODERNA A.A 2020/2021 Alessandro Sallusti IL RINASCIMENTO Con il termine RINASCIMENTO si intende il periodo compreso tra la fine del trecento e i primi trent’anni del cinquecento, identificando in esso quella “rinascita” che governa e informa ogni ambito del sapere. I maestri del Rinascimento si dedicano allo studio delle proporzioni, in cerca di regole geometriche e matematiche che possano garantire il raggiungimento dell’armonia e della perfezione universale. Uno dei temi più studiati del quattrocento è l’Uomo vitruviano disegnato in base a canoni antropometrici stabiliti da Vitruvio, secondo i quali un uomo eretto, con le gambe distese e le braccia allargate, può essere inscritto entro un cerchio e un quadrato che hanno come epicentro l’ombelico. Il recupero dell’arte e della trattatistica greca e romana è un altro elemento fondante della cultura rinascimentale. Il recupero della classicità Il colore si usa come elemento definito dalla luce, si ha un abbandono dei dati superflui per dare maggiore risalto all’uomo e al racconto. Si ha una rappresentazione di figure concrete, dotate di peso e volume, con una precisa collocazione all’interno dello spazio. Vi era una divisioni delle arti in: -Arti maggiori: giudici, notai, medici -Arti mediane: calzolai, fabbri, artigiani specializzati -Arti minori: formai, legnaioli, albergatori L’artista rinascimentale si forma nelle botteghe LA PROSPETTIVA L’invenzione della prospettiva ha fatto scardinare il modo di operare di pittori, scultori e architetti. La PROSPETTIVA è un metodo geometrico-matematico attraverso il quale è possibile riprodurre graficamente su una superficie bidimensionale la realtà tridimensionale, restituendo con precisione il senso di profondità. Il primo risultato noto è costituito dalle vedute prospettiche di Piazza della Signoria e del Battistero di Firenze, realizzate da Filippo Brunelleschi. Grazie alla tecnica della rappresentazione sviluppata da Brunelleschi, considerato il padre della prospettiva lineare a punto focale centrale, all’interno dello spazio dipinto diviene possibile collocare oggetti e figure proporzionate all’interno di una scatola spaziale illusiva. In architettura è possibile progettare gli edifici calcolando esattamente le dimensioni e le proporzioni della pianta e dell’alzato proiettato sul piano e dare tridimensionalità ai volumi, anticipando il risultato finale d’insieme. Attraverso questo sistema l’artista supera il metodo empirico sviluppato nel trecento. Firenze diventa il punto di avvio di una sperimentazione di nuovi linguaggi architettonici e artistici che trovano nelle personalità di Brunelleschi, Ghiberti, Donatello e Masaccio una reale alternativa allo stile del Gotico 2 Sagrestia Vecchia Nel 1419 Giovanni de' Medici affida all'architetto il compito di realizzare la cappella funeraria di famiglia. Essa è ricoperta da una cupola emisferica divisa in 12 spicchi e rappresenta un esempio perfetto della sintesi brunelleschiana tra forme classiche ed elementi di novità, impostate sul modulo proporzionale sul calcolo matematico. La pianta è articolata in due spazi a base quadrata, sviluppati secondo diverse altezze, con pareti che sono movimentate da quattro archi a sesto acuto in pietra serena. Quando l'artista si trova ad affrontare la costruzione di edifici di grandi dimensioni, il modello di riferimento diventa la basilica paleocristiana, con il tipico impianto a croce latina. Basilica di Santo Spirito La basilica di Santo spirito è l'ultima grande impresa dell'architetto, terminata dopo la sua morte da alcuni collaboratori che hanno apportato significative modifiche. Nonostante le variazioni, l'edificio conserva la stessa potenza e gli stessi rapporti tra le parti che avevano caratterizzato i precedenti progetti a pianta centrale. Il coro e i bracci del transetto hanno le stesse dimensioni e sono ben proporzionati rispetto alle navate, separate da colonne corinzie. L'incrocio dei bracci accoglie l'altare maggiore che diventa il fulcro visivo dello spazio interno.la struttura presenta delle cappelle laterali che dilatano lo spazio, Moltiplicando al contempo i numerosi punti di vista degli osservatori. La presenza di questi elementi conferisce alla struttura un inedito risalto plastico 5 DONATELLO Donatello è il più innovativo scultore del primo Rinascimento, l'unico in grado di raggiungere con "Facilità" i massimi risultati in ogni campo e tecnica scultorea. Tra il 1404 il 1407 egli inizia il proprio apprendistato con Ghiberti, dove svolge la sua formazione a stretto contatto con i due più importanti maestri del tempo (Brunelleschi e Ghiberti).durante il suo primo periodo fiorentino, il giovane scultore sviluppa un profondo interesse per l'antico. Il suo classicismo però è molto lontano da essere una semplice ripetizione di formule già prestabilite, ma si presenta come un punto di partenza per reinventare con estrema libertà e intelligenza la scultura contemporanea È un artista abile nella lavorazione del bronzo (inizialmente orafo), infatti riesce a mettere appunto lo stiacciato: motivo decorativo in grado di dare un effetto di profondità Crocifisso di Santa Croce Il crocifisso di Santa Croce è stata la prima opera riconosciuta. Quest'opera segue le modalità della grande tradizione del trecento: realizzate in più parti assemblate le spalle rivelano un incastro che permetteva di ripiegare le braccia durante i riti della settimana pasquale. Donatello scolpisce la figura senza alcun riferimento a modelli classici ed è pensata per una visione frontale, puntando sul realismo di gusto popolare.a quest'opera sembra voler rispondere il Brunelleschi con il crocifisso di Santa Maria novella, anche esso realizzato in legno e scolpito dal vero. David Il Davide di Donatello è stato realizzato in bronzo intorno al 1440 è pensato per essere visto dal basso. La statua era posta su una colonna di marmi policromi, decorata la base con foglie e decorazioni. Nel 1495, in occasione della seconda cacciata dei Medici da Firenze, la statua venne trafugata dalla folla e trasportata in Palazzo Vecchio. Il David tratta del primo nudo virile eroico elaborato dopo la fine del mondo antico, in cui compaia con chiarezza il riferimento alle proporzioni e agli equilibri, rivisitati però con lo studio dal vero del corpo di un adolescente e con notazioni naturalistiche.vediamo la figura del David eroico con il braccio sinistro piegato sul fianco a reggere una pietra.esso è rappresentato dopo aver battuto il gigante Golia, gli taglia il capo. La limpida superficie del corpo nudo del giovane è esaltata dalle profonde ombre della testa del gigante, dalle lavorazioni dei calzari e dalla base a forma di corona di alloro. Tuttavia la figura è rappresentata con l'espressione serena e lievemente malinconica, umanizzando il complesso con un'immagine allegorica di cui i medici si ritrovarono. Questa scultura si stacca completamente l'architettura e ruotano nello spazio in una maniera del tutto nuova ponendo quindi il problema di numerose vedute possibili. 6 Profeta Abacuc Donatello inizia lavorare dal Kuhn e statue in marmo per la serie dei profeti. Tra queste la più convincente sembra essere quella del profeta Abacuc. Essa appare come un vecchio dal fisico provato da lunghi digiuni e dalla vita irregolare, coperto da un ampio panneggio le cui pieghe profonde accentuano il chiaroscuro. Vi è un estremo realismo della bocca semi aperta, degli occhi incavati e dalla fronte sporgente solcata da una profonda ruga.il suo sviluppo verticale non è dettato solo dalla posizione sopraelevata ma anche dalla forma stretta e allungata del luogo in cui doveva essere inserita San Giorgio Donatello fu incaricato di eseguire alcune sculture per il cantiere di San Michele: San Marco e San Giorgio. San Giorgio è quello che avuto maggiore successo è una maggiore influenza sui contemporanei. Dovendo ritrarre il santo guerriero con l'armatura e lo scudo, lo scultore ha potuto sfruttare le possibilità plastiche offerte dai panneggi e dal movimento del corpo suggerito al di sotto degli abiti. Lo spazio ridotto della collocazione non gli ha permesso di ricorrere a movimenti ampi e articolati così, Donatello, ha dovuto giocare sapientemente con la postura del corpo ideando una figura ben salda e con le gambe divaricate. Il volto, dallo sguardo fisso e dalle sopracciglia marcate, manifesta con chiarezza il coraggio e il valore del personaggio. La mano destra doveva stringere una spada in metallo (ora scomparsa) e la mano sinistra sostenere lo scudo. Il risultato finale è una figura dall'energia contenuta, dall'espressività intensa e dalla forma controllata Annunciazione Cavalcanti Intorno al 1435 la famiglia cavalcanti commissionò a Donatello un rilievo per la propria cappella. L'annunciazione cavalcanti è inserita in un tabernacolo rinascimentale formato da un basamento sostenuto da mensole contenenti lo stemma della famiglia.al centro si svolge la scena sacra, fondando i riferimenti all'antico con lo studio realistico degli atteggiamenti umani e dando vita a figure composte controllati che riescono a trasmettere i sentimenti umani dello stupore, della dolcezza, della Vergine dell’Arcangelo. La scena presenta elementi dettagliati, tra cui il trono e le ante della porta che proiettano in avanti le figure, spostando i due personaggi ai lati della scena tanto da farli uscire quasi dalla cornice reale. L'arcangelo è colto in lieve scorcio, mentre la vergine è colta dalla paura per l'ingresso improvviso dell'arcangelo, si alza di scatto e tanta di fuggire verso destra ma le parole dell'arcangelo la fermano 7 MASOLINO DA PANICALE E MASACCIO Le notizie sulla formazione sui primi quarant'anni di vita di Masolino risultano molto lacunosa imprecise, basate su pochi documenti e su quanto riportato da Vasari (nelle vite).secondo Vasari, ma solino sarebbe stato allievo di Ghiberti e in ambito pittorico il suo punto di riferimento sarebbe stato Gherardo Starnina. Gli elementi di maggior novità derivano dallo stretto e pacifico rapporto di collaborazione che Mussolini instaura con Masaccio. Egli è il primo artista ad organizzare lo spazio pittorico secondi principi prospettici sviluppati da Brunelleschi, mentre l'interesse per gli atteggiamenti umani e la resa anatomicamente perfetta dei corpi derivano da Donatello Trittico di San Giovenale (Masaccio) Si tratta della prima opera pervenuta riferibile a Masaccio, che all’epoca viveva a Firenze e aveva ventun anni. L’autografia è certa non solo per l’altissima qualità del dipinto, ma anche perché la scritta sul libro retto da uno dei santi raffigurati corrisponde alla grafia nota di Masaccio. L’opera è un fondo oro, con una struttura a tre ante in apparenza ancora di tradizione tardogotica. Il pannello centrale raffigura la Madonna in trono col Bambino, e negli scomparti laterali i santi Bartolomeo e Biagio, Giovenale e Antonio abate. Il recente restauro ha rivelato una straordinaria vividezza di colori, unita a intensità psicologica: si notino, fra i tanti dettagli, gli occhi arrossati di sant’Antonio abate, i volti dei due angeli ai piedi del trono della Vergine, dei quali solo s’indovina il profilo, le mani dei santi in pose tutte diverse e scorciate. E il gesto della Madonna, che regge i piedini del bimbo, in una posa maternamente verosimile. Gesù tiene le dita in bocca, e con l’altra manina regge una cocca del velo trasparente della Madre, e un piccolo grappolo d’uva, simbolo del mistero eucaristico. Lo spazio è prospetticamente convincente, e non ha paragoni nella pittura fiorentina precedente. La difficoltà di unificare prospetticamente la scena, ostacolata dalla struttura a tre scomparti dell’opera, viene risolta da Masaccio grazie alle linee ortogonali del pannello centrale che convergono verso i volti della Madonna e del Bambino, e alle linee del pavimento, presente in tutti e tre i pannelli, che si riuniscono in un unico punto di fuga, esterno alle tavole. Il trono di legno, che nel bel museo di Cascia è stato ricostruito in un modello a grandezza naturale che fa mostra di sé accanto al trittico, acquista finalmente, a paragone con i troni di tradizione gotica, una sua eccezionale profondità spaziale. Gli stessi volumi dei corpi sono così plasticamente definiti, che solo una scultura di Donatello potrebbe gareggiare in quegli anni con l’illusione ricreata da Masaccio di una fisicità tanto pienamente realistica. 10 Masolin Masacci Intriso nella tradizione tadogotica Spinto verso un rinnovamento linguistico Figure solide attraverso Sant’Anna Metterza (Masolino e Masaccio) Il titolo è dovuto dalla posizione della santa, "messa per terza" che rispetta la tradizionale iconografia delle opere raffiguranti Sant'Anna, la vergine e del bambino. Le due figure femminili sono sedute su un trono a due livelli con alle spalle tre angeli che sostengono un drappo floreale che, a sua volta, attenua l'effetto bidimensionale del fondo oro e sottolinea la struttura piramidale del gruppo principale. Masolino si occupa di dipingere Sant'Anna e quattro angeli, mentre tre sono attribuiti a me faccio: la madonna, il bambino e l'angelo in alto a destra. Le figure di Masolino sono eleganti e sinuose, quelle di Masaccio sono saldamente inserita nello spazio e sono definite attraverso volumi rigorosi e monumentali. Masaccio, in quest'opera, utilizza un'ottima lavorazione del chiaroscuro e, la sua parte, è considerata più moderna rispetto a quella di Masolino Cappella Brancacci La cappella Brancaccio è situata nel transetto della chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze, cappella fondata nel 1367 con una pianta rettangolare. Felice Brancacci commissiona a Masolino e Masaccio il compito di affrescare le pareti e la volta. Secondo il progetto originario, la decorazione prevedeva la raffigurazione dei quattro evangelisti nelle vele della volta e scene tratte dalla vita di San Pietro nelle pareti. Il racconto aveva inizio con la vocazione di Pietro e Andrea e con il Cristo che cammina sulle acque, per poi proseguire nei due registri sovrapposti che corrono lungo i muri della cappella. Dopo aver cominciato gli affreschi di Masolino accetta altre commissioni più importanti e intorno al 1425 lascia definitivamente l'impresa.neanche Masaccio porta a termine le scene a lui assegnate poiché raggiunge Masolino a Roma. Quest'ambiente, successivamente venne trasformato in una cappella dedicata al culto della vergine e l'ordine inferiore viene ripreso e ultimato da Filippo Lippi. Tra gli affreschi più celebri ricordiamo: Tentazione di Adamo ed Eva (Masolino) Le due eleganti e armoniche figure vivono nel clima gentile e cortese tipico di Masolino, venendo a rappresentare il suo particolare naturalismo, idealizzato rispetto a quello più terreno del giovane collega I due alberi, le cui cime furono tagliate nella sistemazione settecentesca del nuovo arco di ingresso, incorniciano la scena, dominata dai nudi di Adamo ed Eva che, visto che, secondo la storia, tentati dalla mela ne mangiarono un pezzo. L’albero da cui Eva stacca il frutto è un fico, oggi privato dei suoi numerosi frutti rosso- bruni che in origine spuntavano tra le tipiche foglie lobate, fitte e abbondanti. II tronco è avvolto dal serpente tentatore con le figure che sono trattate con grande finezza, le proporzioni classiche ricordano la lucida plasticitа delle statue romane, investite da una luce tenera e inquieta, che colpisce soprattutto Eva, sottolineandone la colpa. Gli incarnati sono creati con una preparazione verde chiara per Eva e più scura per Adamo, come si era soliti fare per distinguere i corpi maschili dai femminili 11 La cacciata dal paradiso terrestre (Masaccio) Questo affresco è posto davanti a quello di Masolino, ad indicare una serie di avvenimenti tratti dai libri sacri. Adamo ed Eva hanno peccato e disubbidendo a Dio hanno colto il frutto del sapere. Nel dipinto Masaccio rappresenta il momento in cui i due peccatori vengono allontanati dal Paradiso Terrestre. Adamo ed Eva sono nudi, indifesi e non più sereni e felici di vivere in un contesto privilegiato. I due personaggi biblici varcano una soglia in muratura e si dirigono verso destra. In alto il cherubino li conduce all’esterno con atteggiamento deciso brandendo una spada con la destra. Intorno a loro il paesaggio è spoglio e privo di vita. Tributo della moneta (Masaccio) San Pietro guarisce lo storpio (Masolino) Il confronto tra queste due opere consente di vedere come i due artisti affrontino in modo differente il problema del racconto suddiviso in più episodi simultanei collocati in un unico ambiente. Nella parete sinistra Masaccio illustra il Tributo della moneta. La costruzione prospettica guida lo sguardo verso il centro del quadro dove si svolge il racconto con la richiesta del gabelliere di pagare il tributo per entrare in Città e Gesù che indica Pietro dove trovare le monete. Il gruppo degli apostoli è raccolto intorno alla figura centrale secondo uno schema semicircolare. I gesti di Cristo e San Pietro invitano a rivolgere l'attenzione verso sinistra, dove in riva al lago San Pietro recupera la moneta dalla bocca di un pesce. Nella parte destra si svolge la scena finale con il pagamento del tributo. Nella parete opposta, Masolino raffigura San Pietro che guarisce lo storpio ma non raggiunge risultati così efficaci. Sebbene siano ambientati nella medesima piazza i due miracoli di San Pietro sono concepiti come episodi nettamente separati.in questo modo il centro della scena non è più occupato da un elemento di particolare significato ma da due nettamente separati tra di loro 12 Masolin Masacci BEATO ANGELICO Lo stile di beato Angelico arrivarono ancora legami con la corrente gotica. Ben presto però il giovane, pur non rinunciando alla preziosità dell'oro, entra in contatto con le opere di Masaccio e con la scultura di Ghiberti, dei quali deriva la nuova interpretazione della figura umana. La sua pittura è dominata dal rigore logico e razionale che gli consente di controllare ogni dettaglio e di dosare con equilibrio la luce, i colori, i volumi e le masse che compongono lo spazio. Tabernacolo dei Linaiuoli È l'opera che ha segnato la fine del periodo formativo è l'inizio della fase matura dell'artista. Le tavole sono inserite all'interno di una cornice marmorea realizzato sui disegni di Ghiberti.se il movimento delle vasti ti va la cadenza tardo gotiche, l'accentuata tridimensionalità delle figure il senso monumentale della Madonna con il bambino testimoniano la riflessione compiuta dall'artista sui modelli masacceschi e sulla statuaria fiorentina. Nella tavola centrale è raffigurato il gruppo con la vergine in trono il bambino, circondati da preziosi panneggi che rimandano all'attività dei committenti (fornitori di tessuti che ricoprivano le pareti altare delle chiese cittadine). Pala di Annalena Il carattere innovativo della pala è rintracciabile innanzitutto nel formato unitario che abbandona la tradizionale suddivisione delle figure all'interno dei singoli scomparti. Per rendere meno evidente la distanza del suo schema compositivo dei moduli precedenti, beato Angelico colloca i santi, disposti a semicerchio intorno alla Madonna, in un unico spazio architettonico scandito da arcate a tutto sesto. Il prezioso drappo steso dietro le figure, oltre a sostituire il fondo d'oro, contribuisce a creare un senso di intimità e raccoglimento spirituale. La madonna è raffigurata nella medesima scala dei santi, ma il suo ruolo dominante è indicato dalla posizione centrale e dalla grande conchiglia che ora nella parte superiore del trono.la pala appare come un'opera di transizione, ma può essere considerato come il primo esempio di sacra conversazione 15 Affreschi del convento di San marco Beato Angelico viene incaricato di creare, dirigere ed eseguire l'intero ciclo di affreschi del convento con episodi tratti dalla vita di Cristo. La decorazione pittorica ultimata attorno al 1450 non risulta seguire una sequenza narrativa e questo rende difficile stabilire un'esatta successione cronologica per l'esecuzione dei singoli affreschi. La maggior parte delle opere si trova all'interno delle 45 cella del dormitorio, interamente decorate con l'immagine di San Domenico in adorazione del crocifisso. Il pittore ricorre ad uno stile e a un'impostazione più controllati e razionali rispetto alle precedenti pali d'altare, riducendo il numero dei personaggi semplificando le costruzioni spaziali e compositive.la luce contro essere protagonista della scena soprattutto nella Trasfigurazione. Essa è una delle immagini più solenni e trionfali del ciclo, con i personaggi completamente immersi in una luce mistica e abbagliante sprigionata da Cristo in piedi su una roccia. La figura principale apri le braccia con me evocare una crocifissione, mentre le teste di Mosé ed Elia rimangono dai lati delle nuvole PAOLO UCCELLO Paolo uccello occupa una posizione particolare all'interno del panorama artistico fiorentino del 400, a causa di uno stile pittorico in cui il persistere dei toni fiabeschi e delle iconografie di tradizione tardo gotica si unisce l'interesse per la prospettiva lineare. Paolo uccello si forma nella bottega di Ghiberti e va a Venezia per realizzare sulla facciata della basilica di San Marco un mosaico raffigurante San Pietro. Il contatto con l'ambiente veneziano e la sua conseguente assenza a Firenze in un periodo fondamentale per la formazione del linguaggio nasci mentali sono considerate alcune delle ragioni determinante per lo sviluppo anomalo della sua personalità artistica. L'artista non concepisce lo studio della prospettiva con mezzo scientifico ma lo porta all'estremo e conseguenze. Storie di Noè Le storie di Noè sono dipinte nella cattedrale di Santa Maria novella e sono un chiaro esempio di questo modo di immaginare lo spazio. Nella lunetta con il diluvio e recessione delle acque, l'artista ricorre ad un doppio punto di fuga che determina il profondo imbuto prospettico permette di fondere due persone differenti. 16 Battaglia di San romani Fu commissionata da un sostenitore di Cosimo il vecchio. Gli episodi finali della battaglia sono suddivisi in tre pannelli. La prima tavola mostra Niccolò da Tolentino mentre guida l'attacco contro l'esercito senese, alleato dei Visconti.il pannello centrale degli Uffizi descrive il disarcionar mento del comandante senese, mentre il pannello di destra ritrae le truppe giunte a sostegno di Nicolò. La scansione temporale degli episodi è suggerita dalla direzione dei diversi eserciti e delle variazioni di luce, di urna nel primo pannello, serale nel secondo e notturna il terzo. I colori appaiono in reali ma, nella complessità della scena, non mancano dettagli trasformati in puri virtuosismi tecnici. Come si può notare in tutti e tre i dipinti le scene di battaglia sono stati realizzati con il solito stile di Paolo uccello, quello fiabesco. Tra le tre il più famoso è quello rappresentato nella giornata serale dato il suo aspetto prospettico innovativo, con figure di cavalli giacenti a terra dopo la battaglia. Monumento a Giovanni Acuto Il grande affresco mostra un monumento equestre ispirato vagamente alla statua di Marco Aurelio di Roma, punto di riferimento per tutte le statue equestri rinascimentali, soprattutto prima che Donatello ed Andrea del Verrocchio riportassero in auge le tecniche necessarie per ricominciare a costruire veri e propri monumenti equestri. L'opera è eseguita a monocromo per dare l'impressione di una statua bronzea. Mostra il condottiero, col bastone del comando, su un cavallo che tiene con le briglie e la sella, elementi della cavalcatura moderna che rivelano l'aggiornamento rispetto ai modelli offerti dalla scultura romana. Il cavallo procede all'ambio per cui alza contemporaneamente le zampe dallo stesso lato, il destro; era opinione di Giorgio Vasari che ciò fosse un errore perché il cavallo non avrebbe potuto stare in piedi. L'irruenza del cavallo, trattenuta senza fatica dal condottiero, è tra gli elementi che sottolineano l'abilità del cavaliere, ripresi poi da Donatello nel monumento equestre al Gattamelata. L'affresco è impostato secondo due diversi impianti prospettici, uno per la base, scorciato dal basso, e uno frontale per il cavallo ed il cavaliere, che rendono la rappresentazione irreale ed enigmatica. La base ricorda un alto altare, con gli stemmi del condottiero, sopra il quale si trova il sarcofago dipinto, a sua volta sormontato dal monumento equestre Vi si nota inoltre una tendenza alla geometrizzazione delle forme, che dà all'insieme un effetto di raffinata astrattezza: l'effetto è quello di un condottiero simbolico e ideale, piuttosto che di un personaggio in carne ed ossa. Le luci, da sinistra, riprendono la coerenza delle illuminazioni naturali delle cattedrali 17 Leggenda della vera Croce Piero della Francesca e più volte impegnato nella realizzazione di importanti cicli pittorici e questo è l'unica testimonianza integra che abbiamo a disposizione. Nel 1447 il pittore bici di Lorenzo venne incaricato di decorare la chiesa di San Francesco ad Arezzo, ma la morte dell'artista costringe il committente a cercare un altro pittore in grado di portare a termine il lavoro. L'impresa venne quindi affidata a Piero della Francesca, al quale restano da dipingere le tre pareti della cappella. Piero suddivide il racconto in tre registri sovrapposti, all'interno dei quali inserisce vari episodi tratti dalla storia della vera croce. L'artista ripercorre la storia del sacro legno utilizzato per costruire la croce sulla quale Cristo viene crocifisso, partendo dalla nascita dall'albero da cui verrà ricavato. Gli episodi non sono disposti in ordine cronologico ma secondo un ordine estetico, dando così maggior risalto alle scene di battaglie nel registro inferiore: L’adorazione del legno Sacro e l’incontro tra Salomone e la regina di Saba La storia descritta è tratta dalla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine ed è legata all'Albero della Conoscenza da cui sarebbe stato preso il legno per la Croce della crocifissione di Cristo. In quell'epoca l'albero era stato tagliato ed usato per fare la trave di un ponte, ma la Regina di Saba, nel viaggio compiuto per incontrare il Re, riconobbe il legno prodigioso e, con la sua corte, si inginocchiò per adorarlo: questo episodio è raffigurato nella metà sinistra dell'affresco, in un paesaggio aperto. L'estremità sinistra è colmata da due palafrenieri che tengono i cavalli della corte reale. Uno dei cavalli si innervosisce e mostra il morso, una citazione forse dall' Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano. Tipica di Piero è l'alternanza di colori, in questo caso tra i cavalli e i cappelli dei palafrenieri, impostati a un bianco/nero che si scambia, e le sopravvesti che hanno lo stesso colore dei pantaloni del compagno. Nel corteo figurano sei damigelle con eleganti acconciature tipiche dell'epoca di Piero e una serva nana, dal curioso copricapo a conchiglia. La composizione alterna toni caldi e freddi nei colori delle vesti, che sono attentamente graduati per ottenere equilibrio. La parte destra della scena mostra l'incontro tra la Regina di Saba e Salomone, che avviene entro un palazzo classicheggiante. La metà sinistra è composta dagli uomini, cioè Salomone e i suoi accompagnatori, mentre quella destra è dominata dalle donne, con la Regina e il suo seguito. La Regina è rappresentata nell'atto di inchinarsi in segno di umiltà e sottomissione, un gesto che nell'arte dell'epoca simboleggiava la riunione tra Chiesa latina e Chiesa greca. Ciò spiegherebbe anche l'inserimento di questa scena, estranea nell'iconografia precedente, nel ciclo delle storie della Croce. La Regina profetizzò anche in quell'occasione come quel legno avrebbe portato la rovina del giudaismo, per questo re Salomone diede l'ordine di seppellirlo 20 Ritratto a Federico da Montefeltro e Battista sforza I ritratti dei signori di Montefeltro, il duca Federico II e la moglie Battista Sforza, sono dipinti sulla faccia anteriore del dittico. Sul retro Federico II e Battista Sforza sono rappresentati invece su dei carri trionfali. Federico II è accompagnato da alcune figure allegoriche che rappresentano le virtù cardinali. Battista Sforza è infine sul secondo carro, trainato da due liocorni che sono il simbolo della castità. Piero della Francesca realizzò i due ritratti di profilo, forse, per nascondere la ferita di guerra sul viso di Federico da Montefeltro che causò al condottiero la perdita dell’occhio destro. Un’altra ipotesi fa derivare questa scelta nel riferimento alle monete e alle medaglie classiche nelle quali i sovrani venivano raffigurati di profilo. I liocorni, leoni con corpo di cavallo e un corno centrale sulla testa, sono simbolo di fedeltà, per questo trainano il carro sul quale è assisa Battista Sforza. Pala di Brera La Madonna è seduta frontalmente su un trono al centro della grande Pala di Piero della Francesca. Unisce le mani di fronte al petto in segno di preghiera e i suoi occhi sono abbassati quasi a guardare in basso verso Gesù addormentato. Il Bambino è disteso sulle ginocchia di Maria ed il suo braccio sinistro è appoggiato sul fianco mentre il destro è ripiegato sotto il capo a formare un sostegno. La Vergine indossa un abito giallo decorato con motivi in porpora con un ampio mantello blu scuro che la copre interamente. Sotto il bambino è steso un panno bianco. Nella pala sono raffigurati anche degli anziani Santi con quattro giovani angeli che invece sono allineati frontalmente dietro a Maria, assumendo pose ferme e composte e osservando verso il devoto. In prossimità dell’angolo destro un uomo, Federico da Montefeltro, è inginocchiato di profilo con le mani giunte e con gli occhi che guardano di fronte a se. Indossa una pesante armatura di metallo lucente. Dal suo fianco sinistro poi pende una lunga spada riccamente decorata. Dietro la schiena inoltre si intravede un mantello raccolto a pieghe ed nfine, l’elmo e le manopole che proteggono le mani sono posate a terra di fronte a lui. La scena religiosa è ospitata all’interno di una chiesa di stile rinascimentale. Gli angeli sono in piedi su un piano rialzato. Sopra di loro poi si apre un’abside coperto da una volta a botte con cassettoni. Sulla parete frontale è rappresentata una grande valva di capasanta. Dal suo interno pende un uovo. 21 IL RINASCIMENTO A PADOVA FRANCESCO SQUARCIONE Nei primi anni del 400 a Padova si era consolidata un'atmosfera culturale artistica eclettica aperta agli influssi stranieri. A partire da questi anni si inizia ad imporre la scuola bottega di Francesco Squarcione, inizialmente riguardato i documenti come sarti ricamatore. La scuola diventa ben presto il luogo in cui si formano alcuni dei più importanti artisti in Italia tra cui i 130 apprendisti che nel corso del tempo si sono formati presso quella di Francesco Squarcione L'abilità imprenditoriale del capo bottega consiste soprattutto nella capacità di attirare i giovani più promettenti del tempo. I pochi dipinti conosciuto il maestro mettono in luce la particolare ripresa della tradizione tardo gotica veneziana con le novità di Donatello e l'interesse per l’antico. Madonna col Bambino Maria è ritratta davanti a un drappo rosso, che ai lati lascia intravedere un paesaggio occupato quasi interamente da un cielo punteggiato di nuvolette. In primo piano si trova un basso ripiano ligneo, dove si trova anche la firma del maestro. Vi si trova appoggiata una mela, e anche il Bambino vi tende una gamba nel suo slancio verso la madre. La Vergine, di profilo, ha un velo scuro col bordo rosso, che avvolge il figlio sulla sinistra, creando un ampio risvolto. Più in basso si intravede la sua veste rossa. Nelle aureole e nella manica ricamata d'oro si trovano iscrizioni camuffate da ricamo. A sinistra si vede un candelabro, mentre in alto è tesa una sontuosa ghirlanda con frutta, nastri e fiori e una citazione derivata dall’antico. L'enfasi prospettica e la linea netta derivano dalla lezione di Donatello, del quale Squarcione fu il principale ricettore in terra veneta. Lo stesso disegno generale della Madonna col Bambino deriva da una placchetta donatelliana 22 La camera degli sposi La camera degli sposi rappresenta uno dei punti più alti dell'opera di Mantegna. La sala consiste in un ambiente quasi cubico sormontato da una volta ribassata a padiglione. Mantegna dipinge le pareti e il soffitto in modo da simulare un edificio sostenuta da pilastri aperta sul paesaggio esterno. Esso presenta numerosi dipinti: Incontro tra marchese Ludovico e il figlio Il marchese Ludovico III Gonzaga è in piedi. A destra al suo fianco si nota un personaggio che gli storici hanno individuato come Ugolotto Gonzaga, nipote del marchese. Ugolotto era infatti il figlio del fratello di Ludovico Carlo, defunto al momento della realizzazione dell’opera. Di fronte a Ludovico Gonzaga è rappresentato il figlio Francesco già cardinale. Più in basso invece sono raffigurati i figli di Federico I Gonzaga, i piccoli Francesco e Sigismondo. Francesco I è invece rappresentato all’estremità di destra. Il suo abbigliamento è particolarmente elaborato e molto ricco di tessuto sulla spalla. Sembra che questo particolare sia stato motivato dalla necessità di mascherare la cifosi della quale soffriva. Il nobile sta parlando con due personaggi molto importanti. Sono stati indicati come Cristiano I di Danimarca, marito della moglie di Ludovico Gonzaga e Federico III d’Asburgo. In posizione centrale si trova il protonotario Ludovico, l’ultimo nato del marchese. Oculo Oculo con putti è il titolo che viene dato alla decorazione centrale presente nella volta della Camera degli Sposi del Castello di San Giorgio di Mantova. L’artista realizzò la decorazione della stanza chiamata anche “Camera Picta” con affreschi sulle pareti. Sul soffitto ribassato Mantegna realizzò una decorazione divisa in vele e pennacchi. Lo spazio è suddiviso in spazi regolari tramite finti costoloni dipinti. Al centro di questa finta volta che assume un aspetto quasi sferico di trova un dipinto chiamato Oculo. Si tratta dell’affresco più famoso della Camera degli Sposi perché simula una vista dal basso in modo molto spettacolare. L’immagine dipinta rappresenta un foro circolare che si affaccia direttamente sul cielo azzurro. Intorno al bordo dell’apertura è dipinta una balaustra dalla quale sporgono alcune figure femminili. Si individua una dama di corte e una sua accompagnatrice di colore. Vi sono alcune domestiche e alcuni putti. Si trovano anche riferimenti di altro tipo come il pavone. Inoltre tra i gruppi di donne si trova un grande vaso sorretto da un’asta dal basso. I putti sono rappresentati in varie posizioni e alcuni sono dipinti oltre la balaustra, in piedi verso l’interno. Nel cielo sono dipinte alcune nuvole bianche. Tra di esse, la principale di maggiore grandezza sembra contenere un profilo umano. Alcuni sostengono si possa trattare dall’autoritratto di Andrea Mantegna. 25 RINASCIMENTO A NAPOLI COLANTONIO E ANTONELLO DA MESSINA Intorno alla metà del secolo, tra i protagonisti della pittura napoletana si afferma Colantonio, proprietario di un influente bottega nella quale le tradizioni locali si legano alle idee fiamminghe. La sua formazione è avvenuta durante il dominio di Renato D'Angelo come dimostra l'interpretazione delle novità fiamminghe. La fama della casa bottega di Colantonio si ampliò talmente tanto da attirare artisti quali Antonello da Messina. Nella pittura di Antonello la regola della rappresentazione oggettiva del dato naturale trova corrispondenza nella perfezione tecnica che gli consente di dominare il nuovo medium pittorico, Riuscendo a sfruttare le possibilità offerte dei colori a olio per creare sottili passaggi tonale, trasparenze e chiaroscuri. Nel 1459 Antonello entra in contatto con beato Angelico e Piero della Francesca da questo momento le sue opere iniziano ad essere organizzate secondo corrette impostazioni geometriche e prospettiche mentre, le sue figure, assumono saldezza volumetrica e monumentale. San Gerolamo nello studio (confronto tra Colantonio e Antonello) Il San Girolamo nello studio di Antonello da Messina è rappresentato in un grande spazio interno. Il Santo è impegnato nella lettura di un pesante volume, probabilmente un testo religioso. Antonello da Messina lo raffigura all’interno di uno spazio molto complesso ed elaborato. La struttura pare il boccascena di un teatro sormontato da un arco ribassato e massiccio in stile catalano. Il grande ambiente ricorda quello di una chiesa gotica con tre bifore polilobate in alto. Il pavimento è decorato con piccole piastrelle disposte con una rigorosa fuga prospettica che crea una griglia dalla quale si innalzano gli elementi architettonici. A sinistra poi oltre una finestra compare un paesaggio con colline sullo sfondo. Gli animali rappresentano dei precisi riferimenti iconografici. In primo piano a destra raffigurato un pavone e a sinistra una coturnice. In prossimità del portico rinascimentale di destra invece in ombra si nota il leone simbolo di San Girolamo. Sullo studiolo a sinistra invece è accoccolato tranquillamente un gatto. San Girolamo legge seduto su di una sedia circolare mentre il libro è poggiato su di un leggio. Sugli scaffali posti dietro allo scrittoio e di fianco sono distribuiti i libri aperti, oggetti di uso quotidiano ed erbe. In prossimità dell’angolo destro a terra è poggiata una ciotola metallica mentre L'ambiente dipinto da Colantonio risponde ad una concezione prospettica elementare mentre, nella costruzione di Antonello da Messina, lo spazio è arioso e unificato attraverso la costruzione prospettica e la luce. 26 COLANTONI ANTONELL San Sebastiano San Sebastiano è in piedi, legato ad un albero con una fune. Si trova al centro di una piazza sulla quale si affacciano alcuni edifici. Il Santo è nudo con il corpo coperto solamente da un perizoma, indumento intimo molto aderente e chiaro. Dietro di lui inoltre si osservano alcuni edifici e oltre la doppia arcata è dipinto un paesaggio coperto da un cielo azzurro. San Sebastiano è frontale ma con il busto leggermente rivolto a destra e il volto verso sinistra. Cinque frecce sono conficcate profondamente nel suo corpo. Una ha colpito il petto, due l’addome, una poi la coscia sinistra. Infine una trafigge la gamba poco sopra il ginocchio destro. Il Santo non sembra però soffrire del dolore inferto dalle ferite dalle quali fuoriescono sottili rivoli di sangue. Piuttosto presenta un’espressione di tristezza e rassegnazione. Alcune figure umane sono distribuite poi sulle abitazioni. Quattro donne si trovano in alto sulla balaustra in corrispondenza dei tappeti stesi. Si nota poi, a sinistra, un soldato disteso a terra con una lancia di fianco, disegnato di scorcio. Una donna è in piedi dietro di lui con un neonato in braccio. A destra si notano anche due personaggi in conversazione e due amanti dietro i pilastri. Altri passanti percorrono la via oltre le arcate. Vergine Annunciata Al centro del dipinto, Maria è avvolta da un velo blu che le copre il capo e le spalle. La Vergine porta la mano destra in avanti mentre con la mano sinistra chiude il velo sul petto. Si intravede anche l’abito rosso coperto dal tessuto. Il viso e il corpo sono frontali. Lo sguardo, invece è rivolto a sinistra in basso. L’espressione è timorosa. I lineamenti del viso sono giovanili e regolari. A sinistra del dipinto, si trova un leggio. Su di esso un si nota un libro aperto con le pagine sollevate. Infine, il fondo è molto scuro e privo di particolari dipinti. 27 Pala di Pesaro, Incoronazione della Vergine Maria e Gesù sono seduti su un massiccio trono di marmo decorato. Ai lati vi sono poi quattro santi, San Paolo e San Pietro a sinistra e San Francesco e San Girolamo a destra. Gesù è seduto all’interno della struttura architettonica. Con il braccio destro alzato pone sul capo di Maria una corona in oro. La Vergine, invece, è seduta a sinistra. È chinata in avanti con le mani incrociate sul petto e porge il capo a suo figlio che la incorona Regina dei Cieli. San Paolo, a piedi nudi, tiene in verticale una pesante spada con la mano destra. Sul braccio sinistro invece sorregge un pesante libro chiuso da una linguetta in cuoio. San Pietro, invece, dietro di lui, legge da un altro volume che tiene tra le mani. A destra del trono, San Francesco regge un testo sacro mentre abbassa gli occhi su una piccola croce stilizzata che tiene con la destra. San Girolamo, infine, di profilo, regge un libro appoggiandosi alla spalliera del trono. San Paolo dalla lunga barba scura ha l’aspetto di un uomo maturo, con pochi capelli sulle tempie e sulla fronte. Sopra l’abito scuro indossa un lungo mantello rosso. Di San Pietro è visibile solo il mantello arancione mentre San Francesco indossa l’abito francescano. Infine San Girolamo porta il tradizionale abito rosso da padre della chiesa con un cappuccio che copre il capo. Il Santo ha un aspetto molto anziano con i capelli e la lunga barba bianchi. Tutti i personaggi sono posizionati di tre quarti tranne San Girolamo. Maria indossa un ampio mantello che la copre interamente lasciando intravedere l’abito rosso. Gesù, invece, veste una tunica bianca finemente ricamata in oro e un mantello marrone. Inoltre porta capelli lunghi e mossi che scendono lungo la schiena. Il viso giovane è incorniciato da una sottile barba bionda. I suoi piedi sono scalzi come quelli dei Santi in primo piano. Il pavimento e il marmo sono preziosamente decorati con intarsi marmorei. Il paesaggio invece è esclusivamente intuibile dalla finestra al centro dello schienale del trono. È caratterizzato da un’altura sulla quale si sviluppano mura fortificate, torri e una fortezza. Il paesaggio intorno è caratterizzato da colline e montagne. In alto, al centro, una colomba bianca apre le ali circondata da una corona di angeli. Infine, a destra e a sinistra dodici angeli simmetrici a gruppi di tre compaiono sopra piccole nubi bianche. 30 RINASCIMENTO A FERRARA COSMÈ TURA La pittura di Cosmé Tura è dotata di grande originalità nel panorama italiano del tempo, caratterizzandosi con composizioni fastosamente decorate e da un plasticismo quasi scultoreo delle figure, in un apparente realismo che appartiene alla fantasia più che alla realtà. I colori sono accesi e irreali, che fanno spesso sembrare i soggetti come metallici o lapidei, immersi in un'atmosfera tesa e surreale, di sapore onirico. Le esperienze derivate dall'arte cortese del gotico internazionale, con i loro intenti celebrativi, sono fuse e trasformate attraverso gli stimoli del Rinascimento padovano, di Piero della Francesca e della pittura fiamminga. Musa (calliope) Questa è una delle sette muse rimaste (sparse in giro per l’Italia e per il mondo) della decorazione a tema voluta dagli estensi (Leonello e Borso) per il loro studiolo di Belfiore, a Ferrara. Questo dipinto ad olio rappresenta probabilmente Calliope, la musa della poesia epica, ed è realizzato su tavola di telata, stuccata e poi dipinta con tempera all'uovo, preparazione sopra alla quale si stende poi il colore ad olio. Il trono, le stoffe, il cielo, tutto in quest’opera è una vera festa per gli occhi, prezioso, elegante, ma anche fantastico, irrazionale, seppure di un’irrazionale sorvegliatissimo dal gusto e dal pensiero San Giorgio libera la principessa Questo dipinto è ambientato in un paesaggio aperto, inondato da una luce dorata che crea un'atmosfera irreale e bizzarra. A destra si svolge lo scontro tra san Giorgio a cavallo e il drago, caratterizzato da un dinamismo sfrenato, reso ancora più espressivo dai contorni netti e taglienti, dalle lumeggiature grafiche e dall'estremo espressionismo che stravolge i volti di uomini e animali Il cavallo di san Giorgio è deformato dall'irruenza della battaglia, con un volto parzialmente in ombra invigorito da riflessi chiarissimi sui bordi superiori delle superfici. Le complesse linee dinamiche che strutturano il gruppo di cavallo e cavaliere sono continuate nel movimento a serpentina del drago, che è raffigurato con una prevalenza di linee aguzze. Il complesso scorcio del cavallo che sembra uscire dalla rappresentazione verso lo spettatore è risolto con maestria, comprimendo le figure nella metà ad esse destinata. L'effetto generale è comunque quello di gesti bloccati, come nelle migliori opere di Paolo Uccello, raffreddati dalla particolare colorazione ed esasperati dalle violente smorfie A sinistra si trova la principessa che fugge inorridita, ma che sembra guardare il suo salvatore con un moto di speranza. Anche il panneggio delle sue vesti è pesante e vorticoso, come se fosse bagnato. Sullo sfondo si trova una strana montagna fortificata, dalla quale proviene un misterioso corteo di sapienti barbuti 31 Salone dei mesi, palazzo schifanoia Palazzo Schifanoia era una delle delizie dei signori di Ferrara, luogo di ritrovo mondano posto dentro le mura, ma distinto dalla sede ufficiale del potere. Venne commissionata la realizzazione della decorazione del salone delle feste, impresa nella quale furono coinvolti più pittori tra cui, oltre Cosme Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de' Roberti. Questi ultimi sono artisti importanti del Rinascimento ferrarese La superficie dipinta, sviluppata lungo le quattro pareti, rivestiva complessivamente 540 m², configurando uno dei più estesi cicli pittorici profani di Rinascimento. Già nella prima metà del settecento una parte significativa degli affreschi è andata perduta a causa delle cattive condizioni dei Fitch ho, utilizzato come manifattura dei tabacchi granaio. Oggi sono visibili solo sette dei 12 scomparti originali, corrispondente ai mesi da marzo a settembre. Ogni lato è diviso in settori verticalmente, ed ognuno di essi rappresenta un mese separato dall'altro con paraste corinzie.sono rappresentate scene di dei e di trionfi, tra cui quello romano Mesi di Marzo, Aprile (Francesco del Cossa) I mesi di marzo, aprile e maggio sono attribuiti a Francesco del Cossa, per la composizione equilibrata che ariosa, il vivace tono narrativo e il nitido plasticismo delle figure. Il suo intervento è documentato dalla lettera del 1470, nella quale il pittore chiede al duca una migliore retribuzione per i lavori eseguiti. Minerva, dea della sapienza corrispondente alla greca Atena, possiede al mese di marzo ed è rappresentata al di sopra di un carro di unicorni. A sinistra ci sono gli uomini che osservano le donne di destra che tessono i palazzi al di dietro ricordano le strutture di crivelli e Mantegna. Dalla parte degli uomini è possibile riconoscere Leon Battista Alberti Venere, divinità protettrice del mese di aprile, nessun carro trionfale trainato da cigni.Marte, Dio della guerra, è incatenato ai piedi e l'immagine simboleggia l'amore che sottomette la violenza e, allo stesso tempo, allude alla saggia amministrazione della città da parte di Borso d’Este. Tutto intorno si apre il giardino d'amore, con giovani intenti alla danza, alla musica e ai giochi. Aprile è anche il mese in cui si svolge il palo di San Giorgio, raffigurato sulla città posta a fondare il registro inferiore: una Ferrari ideale, con spazi architettonici articolati e pure nitidi, che richiamano i trattati quattrocenteschi sulla città. Borso d'Este è riconoscibile sulla destra, per la veste dorata e la posizione frontale 32 Marzo Aprile Incredulità di San Tommaso Gesù è in piedi sulla destra. Alza il braccio e apre la mano verso l’alto. Con la mano sinistra poi scosta l’abito per mostrare la ferita al costato. L’apostolo Tommaso invece si trova a sinistra ed è rivolto verso Gesù. La sua mano, in basso, regge un lembo del mantello. La mano destra, invece, si proietta in avanti per toccare la ferita al costato di Cristo. L’apostolo ha un aspetto giovane e lunghi capelli mossi che cadono sulla schiena. Indossa un lungo abito che arriva fino alle caviglie e un mantello avvolto intorno la spalla destra. Cristo invece ha un aspetto più maturo. Oltre ai capelli lunghi e mossi porta barba e baffi. Anche Gesù indossa una lunga veste e un ampio mantello. Inoltre entrambi calzano sandali di cuoio. Tommaso era un apostolo molto dubbioso e quando i compagni gli riferirono di aver visto il Messia risorto non credette. Così otto giorni dopo gli apparve Cristo che gli chiese di toccare la ferita. Tommaso allora lo riconobbe e pronunciò una forte professione di fede. L’Incredulità di San Tommaso è un episodio narrato nei Vangeli. Monumento equestre a Bartolomeo Collleoni Bartolomeo Colleoni monta impettito sul cavallo. Il condottiero tiene saldamente le redini con la mano sinistra mentre con la destra impugna il bastone di comando. Il busto è leggermente inclinato indietro e rivolto verso la sua destra mentre le gambe sono rigidamente affondate nelle staffe. Colleoni indossa un’armatura da parata come anche il cavallo che porta bardature preziose. Il capo inoltre è coperto da un elmo cesellato finemente L’uomo volge fieramente il capo alla sua sinistra. L’animale infine procede alzando la gamba anteriore sinistra e ruota la testa anch’esso verso sinistra. Bartolomeo Colleoni fu un condottiero che combatté con il suo esercito di mercenari per il Regno di Napoli e per la Serenissima. 35 SANDRO BOTTICELLI Il percorso artistico di Botticelli può essere considerato come lo specchio dei mutamenti culturali e politici che caratterizzano Firenze. Dopo un apprendistato presso la bottega di Filippo Lippi e successivamente di AndreaVerrocchio, il giovane pittore entra a far parte della ristretta cerchia di artisti, filosofi e intellettuali che si erano formati intorno alla famiglia Medici. Botticelli riesce a trasformare in immagini i principi neoplatonici e a dar vita a storie e personaggi. Attraverso linee fluide ed eleganti, colori limpidi e vibrazioni illuministiche, creò sfere sospese nel tempo e pervase da una aura di bellezza naturale. Con Botticelli si stabilisce anche un nuovo rapporto con l'antico che viene ora considerato come un mondo meraviglioso ma ormai raggiungibile Adorazione dei Magi In alto, al centro del dipinto Maria, seduta, porge Gesù Bambino all’adorazione di un magio. Al di sopra di lei, sulla sinistra, San Giuseppe è appoggiato ad una roccia e osserva la scena. Il Santo indossa un abito blu scuro coperto da un ampio mantello ocra. Inoltre, sulla pietra accanto a lui sono posati alcuni oggetti. Il magio che rende omaggio al Bambino indossa un abito nero riccamente ricamato con fili d’oro sulle spalle e sulla schiena. I suoi capelli sono grigi e corti e rivelano la sua anziana età. Il turbante è a terra come il suo dono contenente oro. Un altro magio, poi, di età matura, è inginocchiato ai piedi della Vergine. Nel vaso offre l’incenso e si trova al centro del dipinto. Il cappello è posato accanto a lui e regge il contenitore prezioso. Infine, il re magio più giovane si trova a destra. La corona dorata è ai suoi piedi. Si rivolge al compagno a sinistra e con la mano tiene il vaso contenente della mirra. Nella parte sinistra del dipinto sono stati inseriti anche i componenti della famiglia Medici. Uno di loro guarda verso lo spettatore. In lontananza, poi, giungono altre persone. A sinistra, sullo sullo sfondo, vi sono dei ruderi classici. Si alzano, infatti, alti pilastri che sorreggono archi a tutto sesto. In alto rimane anche una parte di trabeazione. Invece, sul rudere di muro lapideo a destra è appollaiato un pavone. Inoltre, tra le fessure del muro e sul terreno crescono erbe di varie specie. In basso, a destra, altri dignitari osservano la scena. Uno di loro molto giovane guarda direttamente verso lo spettatore. Infine, nel paesaggio di fondo scorre un fiume. Lo traversa un ponte a schiena d’asino. L’acqua scorre e serpeggia verso la montagna in lontananza. 36 Madonna del Magnificat Nel dipinto di Sandro Botticelli è rappresentata la Madonna con il Bambino tra gli angeli. La Vergine siede a sinistra del dipinto. Indossa una veste rossa coperta da un mantello blu scuro e finemente decorato. Il suo abbigliamento è particolarmente raffinato e intorno al collo è stretta una sciarpa preziosa. La fisionomia di Maria la identifica come una donna molto giovane e di estrema bellezza. Due angeli, a sinistra e a destra, reggono sul capo della Vergine una elaborata e sottile corona dalla quale si espandono sottili strisce velate e dorate. Sulle ginocchia della Vergine siede il bambino. Gesù è nudo ma avvolto in parte da un panno bianco. Il viso è rivolto verso l’alto e con la mano sinistra afferra un melograno insieme alla madre. Con la mano destra, invece, indica alcuni versi scritti sul testo che reggono i due angeli dalle fattezze rinascimentali. Inoltre, Maria allunga il braccio oltre le pagine e intinge una penna nel calamaio retto dall’angelo di destra. Al centro del dipinto si nota un paesaggio fluviale coperto da un cielo azzurro incorniciato da una finestra. Infine, sul capo di Maria si sprigiona una luce dorata rappresentata da raggi filiformi. Intorno al capo dei personaggi sacri si espandono dei sottili raggi dorati. La Natività mistica La produzione botticelliana successiva alla morte del Savonarola, impiccato e arso come eretico nel 1498, и l’espressione della lacerazione interiore dell’artista e delle incertezze che iniziavano ad angosciare la sua epoca. Questa pittura ha infatti carattere prevalentemente sacro, toni drammatici e appassionati ed и intrisa di doloroso misticismo. Le opere dipinte intorno al 1500, come la Crocifissione simbolica, le due Pietа di Milano e di Monaco e la Nativitа mistica, in nulla richiamano l’antico ideale botticelliano della bellezza pagana; dominate dalle linee spezzate e dai colori lividi e cupi, toccano al contrario punte di violenta tensione spirituale, tradotta stilisticamente in forme arcaicizzanti che rinunciano persino all’uso delle proporzioni.La Nativitа mistica è forse l’opera più devozionale di Botticelli, in quanto la scena è pervasa da un senso d’inquietudine e sembra preludere all’avvento dell’Apocalisse. Al centro della scena, Maria e Giuseppe sono in adorazione del Bambino, protetti da una tettoia di paglia, retta da tronchi, che fronteggia una grotta aperta sul bosco retrostante. Il Bambino è disteso al centro su un giaciglio coperto da un telo bianco. Il bue e l’asinello si trovano alle spalle della Sacra Famiglia.Accanto alla grotta, a sinistra, un angelo vestito di rosa mostra ai re Magi la grotta; a destra un secondo angelo vestito di bianco indica il Bambino a due pastori. Entrambi reggono in mano un ramo d’ulivo, simbolo di pace. 37 DOMENICO GHIRLANDAIO Tra gli artisti fiorentini Domenico Ghirlandaio è uno dei più apprezzati nell'aria. Egli porta alle estreme conseguenze il solito naturalismo di Masaccio, articolandone con sapienza gli impianti spaziali e prospettici e impreziosendoli di elementi descrittivi, perlopiù derivati dagli esempi fiamminghi ormai ben conosciuti in Toscana: il suo linguaggio è colto e di grande chiarezza costruttiva. Adorazione dei Magi Il dipinto del Ghirlandaio interpreta l’Adorazione dei Magi, un tema molto diffuso nell’arte Fiorentina del Quattrocento. Sono infatti celebri altre rappresentazioni dello stesso periodo come quelle di Botticelli del 1475 e di Leonardo del 1481-1482. Secondo la tradizione iconografica i tre Magi rappresentano le tre età dell’uomo. Infatti sono presenti un giovane, un uomo maturo e un anziano. Nel dipinto il re Magio anziano sembra che si stia voltando verso l’osservatore. Tutte le innovazioni dell’arte quattrocentesca fiorentina vengono rappresentati nell’Adorazione dei Magi Tornabuoni. Intanto, le figure sono dipinte con un sapiente chiaroscuro ed è presente la prospettiva aerea. Poi, si può apprezzare una resa molto efficace delle superfici lucide, come le armature dei soldati. Inoltre sul prato, Ghirlandaio, ha dipinto una natura morta che ricorda quelle fiamminghe. Molto ammirata era quella dipinta nel Trittico Portinari di Hugo van der Goes. Nature morte simili erano spesso inserite nei suoi dipinti per testimoniare il suo apprezzamento. Ghirlandaio si ispirò, probabilmente, alle adorazioni di Botticelli e di Leonardo. Del maestro è, infatti, la disposizione corporale delle figure poste dietro alla Sacra Famiglia. Le architetture, con la loro forma, rappresentano il mondo antico ormai in rovina mentre sta sorgendo un mondo nuovo.La forma tonda del dipinto del Ghirlandaio ha condizionato la composizione del dipinto. Le figure, infatti, sono disposte in modo circolare per non uscire dai i contorni della tavola. La Madonna e Gesù bambino sono poi racchiusi all’interno di un triangolo compositivo. I due Magi, inginocchiati in basso, sono invece disposti sulla base del triangolo. 40 PIETRO PERUGINO Nel complesso panorama della cultura figurativa del 400 si possono individuare due anime opposte, da un lato un linguaggio caratterizzato da solidità delle forme e impatto espressivo e dall'altro uno stile dolce e pacato. Secondo Vasari, perugino, si formò a Firenze, e l'appellativo di perugino gli sarebbe derivato dalla zona di provenienza. Fin dalle prime opere autonomi egli delinea il proprio stile personale, in cui si riconosce l'influenza dei grandi maestri del tempo: egli filtra il linearismo di Verrocchio con il linguaggio chiaro e monumentale di Piero della Francesca, in un tono complessivamente piano. Il rapporto con Botticelli è evidente nelle figure di studiata eleganza e nei colori impreziosita da una luce cristallina Consegna delle chiavi a San Pietro I personaggi della scena sono posti al centro del dipinto. Gesù è in piedi a sinistra, riconoscibile grazie alla aureola che porta sul capo. Indossa un abito porpora e un mantello blu. I suoi capelli sono lunghi e biondi, ondulati e ricadono dietro la schiena e sulle spalle. Con la mano destra porge le chiavi a San Pietro. L’apostolo, invece, è inginocchiato di fronte a Cristo, a destra. Indossa un abito blu e un mantello giallo che copre il corpo in basso, avvolto intorno al braccio destro. San Pietro ha un aspetto anziano, con capelli e barba bianchi. Infine, una grossa chiave pende al centro tra i due personaggi. A destra e a sinistra vi sono gli apostoli e otto altri personaggi contemporanei all’artista. Giuda si trova a sinistra, di spalle, con l’aureola sul capo. L’apostolo, inoltre, porta una veste gialla e un mantello blu. La grande piazza nella quale si svolge la scena è coperta da un lastricato geometrico. In secondo piano, a sinistra e a destra sono dipinti due gruppi di persone. Sullo sfondo, al centro, si trova un edificio dalle forme rinascimentali. Ai lati vi sono altri due edifici che ricordano il modello dell’arco di trionfo romano. Nel gruppo di sinistra, in secondo piano, è rappresentato l’episodio della moneta del censo. L’interpretazione della scena rappresentata a destra, invece, è più controversa. Potrebbe essere la tentata lapidazione di Cristo oppure la cattura del Redentore e frastornazione fra i suoi seguaci. L’edificio centrale rappresenta il tempio di Gerusalemme in forme rinascimentali. Invece, i due edifici ai lati si rifanno alle forme architettoniche dell’arco di Costantino. La scritta latina celebra papa Sisto IV per aver commissionato la costruzione della Cappella Sistina. Infatti, il pontefice viene paragonato a Salomone, costruttore del grande tempio di Gerusalemme. 41 La decorazione della Cappella Sistina L'opera più rappresentativa di Sisto IV è la cappella Sistina: essa venne realizzata tra il 1477 e il 1480 da una ristrutturazione trecentesca. Per la realizzazione degli affreschi lungo le pareti venne incaricato nel 1481 Pietro Perugino, aiutato da Pinturicchio, e solo successivamente furono incaricati a lavorarci anche Domenico Ghirlandaio e Sandro Botticelli. L'impresa viene realizzata in un tempo sorprendentemente breve, essendo conclusa nel 1483: essa ha rappresentato un momento importantissimo per il rinnovamento della cultura artistica della città e la sintesi dell'arte quattrocentesca in Italia centrale. Essa sarà il punto di partenza fondamentale per l'opera di Michelangelo e Raffaello. Il progetto iconografico I soggetti del ciclo, predisposti dai teologi della corte papale, vertono su due temi centrali: la suddivisione della storia dell'umanità in due grandi fasi (quella dell'antico testamento e quella del nuovo), e il ruolo storico del papato, celebrato attraverso l'affermazione della continuità tra le antiche leggi e la religione cristiana. L'infallibilità del pontefice espressa in uno dei Pinti del ciclo, la consegna delle chiavi a San Pietro di Pietro Perugino, nel quale si afferma la sua diretta investitura divina. La decorazione delle pareti si sviluppa su tre registri orizzontali: in quello inferiore sono dipinti finti drappi, sui quali si sarebbero sovrapposti 10 arazzi realizzati su cartone da Raffaello.nel registro intermedio si trovano i 12 riquadri affrescati con le storie di Mosé e le storie di Cristo ed, in quello superiore, ritratti di papi. Le storie di Mosé, disposte lungo le pareti sud, narrano gli episodi salienti delle vicende del popolo di Israele, dal viaggio in Egitto al testamento di Mosé mentre le storie di Cristo, sulla parete nord, comprendono momenti chiave della vita pubblica di Cristo, dal battesimo all'ultima cena. Il programma figurativo della cappella sarà proseguito da Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV, con la decorazione della volta e la grandiosa scena del giudizio universale di Michelangelo 42 Ritratti dei Battesimo di Cristo Ultima Testamento e morte di Viaggio in Tempietto di San Pietro in Montorio Lo studio di Bramante su tempi e monumenti antichi fu messo a frutto in quest’opera commissionata nel 1502 dal re di Spagna per ricordare il luogo del martirio dell’apostolo. Il tempietto ha: - una ragione storico-commemorativa poiché sorge sul luogo dove si credeva che fosse stato crocifisso San Pietro - e una ragione storica poiché rappresenta la chiesa fondata da Pietro. La costruzione a due piani ha la forma di un cilindro. In basso è circondato da 12 colonne, dallo stile dorico, che poggiano su un basamento a gradini. In alto una balaustra con colonnine circonda il tamburo su cui poggia la cupola. Bramante riprende volutamente la classica forma rotonda dei tempi romani. La decorazione è limitata e si ricollega in parte al passato come nei tempi greci. Il tempio è quindi una delle massime espressioni dello stile rinascimentale, interpretato come il ritorno in vita dell’arte classica. La nuova Basilica di San Pietro Nel 1505 papa Giulio II aveva deciso di demolire il vecchio edificio costantiniano del IV secolo. Così nel 1506 affida la ricostruzione della Basilica di San Pietro a Bramante, che si cimenta nella progettazione di un’imponente struttura che sarebbe diventata il simbolo di tutta la cristianità. Il disegno prevedeva un grande edificio con una pianta a croce greca inscritta in un quadrato con un’abside sormontato da una cupola centrale, con 4 cupole più piccole e 4 torri. I piedritti e gli archi che avrebbero dovuto sostenere la cupola furono eretti ma, prima che la struttura fosse completata, il progetto fu radicalmente alterato da Michelangelo e da Carlo Maderno, fu quest’ultimo a completare la Basilica nella forma attuale a pianta rettangolare. 45 LEONARDO DA VINCI (1452-1519) Nato: 1452 Vinci, Firenze Morto: 1514 Amboise, Francia Attività: pittore, architetto, ingegnere, scienziato Vita: Nato a Vinci nel 1452, si formò dal 1469 a Firenze nella bottega del Verrocchio. Diventa pittore indipendente nel 1472 e nel 1482 si trasferisce a Milano, presso Ludovico Sforza. Nel 1499, dopo l’invasione francese del Ducato di Milano, fugge dalla città e si ripara a Firenze. Nel 1513, dopo l’elezione del papa Leone X, Leonardo si trasferisce a Roma dove spera di avere buoni ed importanti incarichi. Nonostante l’amicizia con Bramante, Leonardo non venne mai consultato né coinvolto nella costruzione della Basilica di San Pietro. Né gli vennero offerti incarichi pittorici: Raffaello era in quel periodo l’astro nascente. Nel 1517 lascia l’Italia per la Francia, dove viene chiamato da Francesco I, che gli offre la residenza di Cloux. Intessi: Leonardo fu un caso unico tra i suoi contemporanei -> si considerava un “uomo senza lettere”. Significa che non conosceva né il greco né il latino: una condizione comune a molti artisti, ma che comportava, a chi come lui non si occupava solo di pittura, l’impossibilità di leggere le opere degli antichi direttamente nella loro lingua. Leonardo comunque si fidò sempre molto poco delle verità riconosciute dagli antichi come tali -> fu tra i primi a riconoscere il valore dell’esperienza intesa come sperimentazione e studio scientifico della realtà. Questo principio venne da lui applicato a tutti i campi di studio da lui approfonditi: medicina, botanica, astronomia, zoologia, meccanica. Disegno: numerosi sono i disegni di Leonardo che ci sono pervenuti e molti i fogli su cui l’artista ha lasciato schizzi, abbozzi e figure che accompagnava agli scritti. Gli aspetti fondamentali della poetica figurativa dell’artista sono: - Contrapposto: bilanciamento delle masse corporee che hanno subito una torsione -> rotazione secondo due sensi opposti; - Sfumato: consiste sia nel passaggio graduale e impercettibile dall’ombra alla luce (ottenuto sfumando il segno della pietra nera), sia nella perdita graduale della precisione dei contorni, che di conseguenza non sono più netti e continui ma sono delineati da infinite linee spezzate. 46 Annunciazione Questo quadro è uno dei primi esempi degli esordi pittorici fiorentini di Leonardo. La tavola dell’Annunciazione è divisa orizzontalmente in due parti da un basso muretto che delimita un giardino: al di qua si svolge l’evento miracoloso, al di là un ampio paesaggio fluviale e marino rivela lontane montagne perse nella foschia. L’angelo, con le ali ancora spiegate, è proteso verso la vergine che, seduta appena fuori dalla propria casa e seduta davanti ad un leggio, rivela la sorpresa alla vista dell’angelo sollevando il braccio sinistro. Tra il giardino dell’Annunciazione e lo sfondo col paesaggio, si aggiunge un filtro sfregiato da varie essenze arboree: olmi, cipressi e abeti -> contribuiscono a rendere più intima la scena in primo piano -> viene lasciato aperto solo lo spazio necessario per inquadrare un’alta montagna poco lontana da una città portuale. La nuvola che avvolge l’ultimo tratto del monte sta ad indicare la grande altezza del monte stesso, e che dal basso ci è impossibile da vedere (Leonardo scriverà di geo-meteorologia). Nel giardino principale ci sono una grande varietà di erbe e fiori che costituiscono il tappeto erboso di fronte alla Vergine -> Leonardo scrisse molti studi di botanica. Il manto rosso dell’angelo e quello azzurro di Maria sono drappeggiati in modo del tutto naturale e testimoniano la maestra di Leonardo nello studio della realtà. Ci sono però dei problemi nel dipinto (indecisioni e distorsioni): il braccio destro della vergine stranamente articolato, la poca altezza delle sue gambe sotto le ginocchia, il confondersi del verde del cipresso di destra. Si afferma che la visione del dipinto di traverso renderebbe le distorsioni più piccole come correzioni ottiche. Adorazione dei Magi La tavola venne realizzata per i monaci agostiniani di San Donato a Scopeto, presso Firenze. Rispetto ai pittori del passato che avevano dipinto l’Adorazione in uno spazio chiuso, Leonardo colloca la scena all’aperto. La Vergine e il Bambino, al centro della composizione, sono attorniati dai Magi (in basso, inginocchiati), dai pastori (due gruppi a destra e a sinistra) e dagli angeli (dietro le rocce). In secondo piano ci sono gruppi di fanciulle e cavalieri impegnati in un furioso combattimento. La tavola, nella metà superiore di sinistra, è occupata da un edificio in parte in rovina e in parte in costruzione. Le rovine alludono alla distruzione del tempio di Gerusalemme o all’incompiutezza della rivelazione nell’antico testamento -> rivelazione che sarebbe stata completa solo con la venuta di cristo (l’edificio che si comincia a costruire). La costruzione prospettica della tavola è sottolineata da due alberi al centro, non sono soltanto pretesti geometrici, ma anche elementi simbolici che alludono al destino del bambini: l’alloro (davanti) raffigura il trionfo sulla morte con la resurrezione, la palma dietro raffigura il martirio sulla croce. Il dipinto, preceduto da numerosi disegni preparatori, è rimasto incompiuto a motivo della partenza di Leonardo per la Lombardia. 47 La dama con l’ermellino L’opera è uno dei dipinti più belli di Leonardo Da Vinci, simbolo dello straordinario libello artistico da lui raggiunto durante il suo primo soggiorno milanese (1482-1499). Si ignorano ancora oggi le circostanze della commissione. Nel 1488 Ludovico il Moro ricevette il prestigioso titolo onorifico di cavaliere dell’Ordine dell’Ermellino dal re di Napoli. La donna viene identificata con la giovane amante del Moro, Cecilia Gallerani, e si basa sul rimando che rappresenterebbe l’ermellino, infatti oltre che simbolo di purezza e di incorruttibilità, in greco il suo nome allude al cognome della ragazza. I tipici ritratti quattrocenteschi riprendono lo schema: a mezzo busto e di tre quarti. Leonardo decide di concepire una duplice rotazione, con il busto rivolto a sinistra e la testa a destra. Vi è corrispondenza tra il punto di vista di Cecilia e dell’ermellino; l’animale sembra infatti identificarsi con la fanciulla, per una sottile comunanza di tratti, per gli sguardi dei due, che sono intensi e allo stesso tempo candidi. Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra (Leonardo, per esprimere un sentimento, preferiva accennare alle emozioni piuttosto che renderle esplicite). Viene dato grande risalto alla mano, investita dalla luce, con le dita lunghe e affusolate che accarezzano l’animale, testimoniando la sua delicatezza e grazia. L’abbigliamento della donna è curato ma non sfarzoso (assenza di gioielli), l’unica è la collana di granati simbolo di amore fedele. Tipicamente all’epoca i vestiti avevano le maniche un po’ più elaborate e adornate da nastri. Sant’Anna Il dipinto raffigura Sant’Anna, la Vergine ed il bambino che gioca con un agnello. I quattro personaggi sono immersi in un ambiente naturale e contro uno sfondo di acque e montagne azzurrate che virano nel celeste, sfumano nel bianco e si perdono nel cielo. Nello spazio erboso la Vergine siede sulle gambe della madre e si protende verso il Bambini, trattenendolo affettuosamente. Il piccolo Gesù, curvo verso destra, stringe giocosamente l’agnellino trattenendolo per un orecchio e bloccandolo con la gamba sinistra, mentre volge la testa verso la madre, rispondendo al suo tenero richiamo. In questo quadro si vedono le tecniche fondamentali di Leonardo: - Contrapposto: bilanciamento delle masse corporee, ad esempio la Vergine ha le gambe rivolte a sinistra e il busto a destra; - Sfumato: passaggio graduale dall’ombra alla luce, sia nella perdita graduale della precisione dei contorni che non sono più netti e continui, ma delineati da infinite linee spezzate. 50 RAFFAELLO SANZIO (1483-1520) Nato: 1483 Urbino Morto: 1520 Roma Attività: pittore, architetto Vita: Raffaello nasce a Urbino, dove ha modo di educarsi nella bottega paterna e dove entra in contatto con le opere della corte dei Montefeltro. Dai primo modi vicini a quelli di Perugino, Raffaello si volge successivamente all’esperienza leonardesca. Nel 1504 si reca a Firenze attratto dalla presenza di Leonardo e Michelangelo, volendone studiare le loro opere. Raffaello rimane fino al 1508 quando, su invito di papa Giulio II e con l’appoggio di Bramante, si trasferisce a Roma. Qui, a contatto con gli esponenti di punta della cultura letteraria della corte pontificia, stimolato dalla nuova architettura di Bramante, dalla pittura di Michelangelo e dal confronto con le più elevate manifestazioni dell’arte classica, si compie definitivamente la sua maturazione artistica. Raffaello morirà prematuramente a Roma nel 1520. Stile: L’arte di Raffaello cerca di rappresentare l’armonia e la grazia di un mondo ideale. Le composizioni sono ordinate ed equilibrate. I corpi hanno forme perfette, mentre i volti esprimono sentimenti semplici e spontanei. Le figure da lui disegnato sono precisate da una linea di contorno inizialmente n0on continua, ma realizzata con numerosi tratti che in parte si sovrappongono, mentre i volumi sono definiti da un tratteggio ondulato. Lo sposalizio della Vergine Lo stile del primo Raffaello è molto simile a quello del già affermato Pietro Perugino, tanto da rendere impossibile distinguere fra un dipinto giovanile di Raffaello o uno di Perugino. Tuttavia col tempo acquista presto una propria autonomia e lo fa con un’opera che sembrerebbe mostrarlo ancora molto legato al maestro, cioè Lo sposalizio della Vergine, eseguito nel 1504 per la Chiesa di San Francesco a Città del Castello. Lo schema compositivo della tavola di Raffaello è ispirato alla Consegna delle chiavi di Perugino per la presenza di due gruppi di personaggi, per l’introduzione del tempio a pianta centrale sul fondo, per l’intelaiatura prospettica sottolineata, per la griglia della pavimentazione della piazza. Altre similitudini sono la scelta del soggetto, la forma centinata della tavola, gli atteggiamenti di alcune figure, la porta aperta del tempio che lascia intravedere la prosecuzione del paesaggio. Perugino affolla la tavola di personaggi, al contrario Raffaello dispone le figure secondo una curva che lascia vuoto lo spazio antistante il sacerdote. A destra ha voluto un maggior movimento che si contrappone alla calma del lato opposto dove ci sono le graziose figure femminili che accompagnano la Vergine. Tale movimento è sottolineato ed accentuato da San Giuseppe che sembra venire in avanti, e dal giovane in primo piano che spezza una verga con il ginocchio (figura presente anche in Perugino ma in secondo piano). Le figure sotto il porticato sono evidenti artifici per consentire a chi osserva di definire una scala di rapporti che rende il tempio misurabile, cosa che Perugino non fa 51 Madonna del prato Raffaello, durante il periodo fiorentino, manifesta in molte raffigurazioni delle Madonne le sue composizioni piramidali (estensione spaziale di quelle triangolari) e del linguaggio dei gesti e degli affetti, di cui Leonardo per primo si era servito. Questa Madonna, immersa nel verde calmo di un prato, è in posa contrapposta: la gamba destra si distende lungo una diagonale, mentre la gamba sinistra è piegata e portata indietro. Alla massa azzurra si contrappone quella rossa della veste. La testa di Maria, ruotata a sinistra e lievemente inclinata, è una sorta di sole raggiante contro il celeste tenue del cielo. La Vergine sorregge il bambino che si protende e prende la piccola croce che San Giovannino, inginocchiato di fronte a lui, gli porge. La precognizione del martirio e la sua accettazione da parte di Gesù sono suggerite dalla croce tenuta dai due bimbi, ma all’effusione del sangue allude anche il rosso dei papaveri e delle fragole in primo piano. Gli sguardi tengono assieme emotivamente i tre personaggi, ma c’è anche il legame fisico delle mani, che rinsaldano la struttura piramidale compositiva. Deposizione Nel 1504 la nobile perugina Atalanta Baglioni commissionò la pala della deposizione per la sua cappella nella Chiesa di San Francesco al Prato a Perugia. Con questo dipinto Atalanta intendeva ricordare allo stesso tempo l’assassinio del figlio Federico Grifonetto (1500) e il dolore proprio e della nuova Zenobia Sforza. Lo sfondo di un paesaggio profondo, dominato a destra dal Golgota con le tre croci (collina appena fuori Gerusalemme), il corpo morto del Cristo viene portato al sepolcro. Il suo busto si appoggia a quello di Giuseppe d’Arimatea, vestito d’azzurro e con indosso un turbante, mentre le gambe attraversano diagonalmente quelle di Nicodemo, il giovane in abito rosso e verde dalla chioma ondulata e mossa dal vento, inclinato in direzione opposta a quella di Giuseppe per bilanciare e distribuire meglio il peso di Gesù, del quale Maria Maddalena sostiene la mano sinistra. Partecipano commossi al trasporto San Giovanni e San Pietro. A destra la vergine sviene per il forte dolore (immagine figurata del dolore di Atalanta Baglioni) e sostenuta da tre donne. Nicodemo (che secondo la tradizione vede i lineamenti di Grifonetto Baglione) è il tramite figurativo tra il gruppo di coloro che trasportano il Cristo e quello delle donne a destra, partecipando allo stesso tempo ad entrambi i gruppi. I corpi del quadro sono atteggiati secondo le azioni che i vari personaggi compiono e i gesti rispecchiano i sentimenti di ciascuno di essi: dal dolore trattenuto, alla forte commozione, al pianto che riga di lacrime il volto di Maddalena. 52 Ritratto di Leone X con due cardinali Il dipinto raffigura papa Leone X seduto davanti a uno scrittoio, coperto da un tappeto rosso, su cui sono appoggiati un campanello da camera e un prezioso codice miniato, che egli sta osservando con l’aiuto di una lente d’ingrandimento, Gli sono accanto i cugini cardinali Giulio de’ Medici (il futuro papa Clemente VII) e Luigi de Rossi. Lo sguardo di Leone X è quello di un uomo intelligente, curioso e indagatore, abituato alle raffinatezze della cultura fiorentina (era figlio di Lorenzo de Medici), Le sue mani sono delicate e quasi femminili, il volto e la corporatura sono quelli di chi vive nell’agiatezza. Un solo colore domina nel quadro: un caldo rosso, più volte variato nella tonalità per adattarlo a raffigurare stoffe di diversa specie. I motivi ornamentali del campanello includono simboli araldici medicei. Il libro miniato è una Bibbia aperta alla pagina iniziale del Vangelo di Giovanni (allusione al suo nome di battesimo). Tuttavia il papa sfoglia il codice alla rovescia e la pagina che sta per essere scoperta è l’ultima del vangelo di Luca, alcuni passi del quale potevano essere usati come pretesto giustificativo della dispendiosissima costruzione della nuova Basilica Vaticana. Trasfigurazione Anno: 1518-1520 Luogo: Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano, Roma. L’opera riunisce nello stesso dipinto due distinti racconti evangelici: nella porzione superiore la trasfigurazione di Cristo, in quella inferiore la liberazione di un ragazzo indemoniato. La trasfigurazione è il mutamento che Cristo subì sul monte Tabor quando si mostrò ai discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni nella sua natura divina, splendente di luce. I discepoli, a questa vista, caddero a terra impauriti. I vangeli narrano che poi, scendendo dal monte, Cristo abbia guarito un bambino posseduto dal demonio. Raffaello fa riferimento agli studi di Leonardo (soprattutto all’adorazione dei magi) e fa suoi gli studi di fisionomia, il linguaggio dei gesti, il colloquio degli sguardi e il trasparire dei sentimenti. C’è una forte contrapposizione tra due due parti: la prima è calma e solare, la seconda concitata e tempestata dalla luce. La tavola è ambientata all’alba in modo da poter sfruttare meglio i contrasti luce/ombra. Il Cristo è già un sole che illumina la vetta del monte e i suoi capelli sfrangiati si confondono con il chiarore abbagliante della nube che sta per avvolgerlo. 55 MICHELANGELO BUONARROTI (1475-1564) Nato: 1475 Arezzo Morto: 1564 Roma Attività: pittore, scultore, architetto Vita: Michelangelo nasce nel 1547 a Caprese, cittadina di Arezzo. A Firenze compì i suoi primi studi finché, nonostante l’opposizione del padre, andò a bottega da Domenico Ghirlandaio. Il giovane artista si formò soprattutto copiando gli affreschi di Giotto e di Masaccio rispettivamente in Santa Croce e al Carmine. Egli si applicò molto nello studio della scultura degli antichi frequentando l’ampia collezione medicea. Dopo le prime esperienze fiorentine come scultore si trasferì a Roma nel 1496 per far ritorno a Firenze nel 1501, ormai famoso. Nel 1505 papa Giulio II lo invitò di nuovo a Roma e, fino al 1536, Michelangelo si dedicò a varie imprese artistiche. Morì nel 1564 a Roma, all’età di ottantanove anni. Stile: Michelangelo riteneva che lo scopo dell’arte fosse l’imitazione della natura, solo l’indagine della natura avrebbe potuto consentire di arrivare alla bellezza. Era convinto che l’artista dovesse scegliere dalla natura i particolari migliori e che la sola fantasia potesse immaginare una bellezza superiore a quella esistente in natura. Esiste per lui un modello di bellezza che ogni artista concepisce nella propria mente, cioè un modello ideale al quale conformare ogni propria creazione. Il perfetto corpo umano, specchio della bellezza divina, è inizialmente per Michelangelo quanto di più bello ci sia nel creato. Michelangelo, divenuto profondamente religioso con la caduta dei tradizionali valori cristiani (a causa della riforma protestante e del sacco), cominciò a ritenere del tutto secondaria la bellezza fisica rispetto alla bellezza interiore -> artista al servizio della Chiesa. Più l’artista è devoto, più riuscirà a infondere credibilità e fede alle proprie figure -> così sapranno commuovere e ispirare. Durante gli ultimi anni di vita, Michelangelo si convinse che la bellezza esteriore distolga addirittura l’uomo dalla spiritualità. Disegno: alla base di ogni attività artistica c’è il disegno, che consiste nel rendere evidente e concreta l’idea che l’artista ha nella mente. Nei disegni giovanili egli ricorre essenzialmente alla penna e al tratteggio sottile e incrociato, al fine di modellare un’immagine di consistenza scultorea. I disegni della maturità mostrano invece il graduale abbandono del tratteggio, troppo forte e incisivo, per appropriarsi di una tecnica più dolce, morbida e leggera, quello dello sfumato, la cui resa è più pittorica. 56 La pietà di San Pietro Nel 1948 il cardinale Jean Bilheres, volendo lasciare un ricordo di sé a Roma, incarica il giovane Michelangelo di scolpire un gruppo marmoreo rappresentante la pietà. Il tema, molto diffuso in Europa ma poco in Italia, consiste nel rappresentare la Vergine Maria che tiene fra le braccia il corpo senza vita di Gesù deposto dalla croce. Michelangelo, nella sua opera, attua uno schema piramidale. Nell’opera la Vergine è una fanciulla dal volto appena velato di tristezza che, così come teneramente l’aveva tenuto in grembo da bambino, sorregge amorevolmente il corpo giovane del figlio. L’ampio gesto del suo braccio sinistro, portato verso l’esterno, è un invito a chi guarda a provare per Gesù il suo stesso dolore. La fascia che le attraversa diagonalmente il busto mette ancora più in risalto la sua giovane figura. Il panneggio dalle ombre della veste e del velo sono i mezzi di cui l’artista si serve affinché, per contrasto, il corpo nudo, liscio e perfetto del Cristo abbia maggior risalto. Gesù ha la testa rovesciata indietro, il bacino si piega in corrispondenza dello spazio fra le gambe di Maria, il suo braccio sinistro accompagna la postura del corpo, mentre quello destro ricade abbandonato verso terra. Michelangelo propone di contemplare degli esseri giovani e senza imperfezioni nei quali si riflette la bellezza di Dio. La giovinezza della Vergine sta a indicarne la purezza. David Al suo ritorno a Firenze da Roma, nel 1501 l’Opera del Duomo incarica l’artista di scolpire per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore una statua di David, mettendogli a disposizione un enorme blocco di marmo che giaceva inutilizzato, ma che era stato già in parte sbozzato da uno scultore fiorentino oltre quarant’anni prima. L’incarico quindi presentava un problema tecnico in più, considerando che Michelangelo partiva in svantaggio -> ma comunque l’artista ne ricavò qualcosa di stupefacente. La scultura ritrae l’eroe biblico, Davide, un giovane pastore e futuro re d’Israele, nel momento che precede l’azione, cioè l’annientamento di Golia. La sua fronte è leggermente aggrottata in un atteggiamento che indica concentrazione e valutazione delle proprie forze rispetto a quelle dell’avversario. I suoi muscoli sono in tensione e le mani, nervose e scattanti con le vene in superficie, sono pronte a far roteare la fionda. Per le qualità morali che questo nudo incarna, rappresentando pienamente quei principi di libertà e indipendenza che i fiorentini stessi vedevano nelle proprie istituzioni repubblicane, fu deciso che la statua fosse collocata non più nel Duomo ma davanti a Palazzo Vecchio, sede del potere cittadino, diventandone il simbolo. 57 Sagrestia Nuova di San Lorenzo Michelangelo realizzò la sacrestia che sarebbe stata destinata ad accogliere le tombe della famiglia dei Medici. La sagrestia nuova, così chiamata per distinguerla da quella edificata da Brunelleschi, ha come la vecchia una pianta composta da due quadrati adiacenti, uno più grande e l’altro più piccolo. Entrambi gli spazi sono coperti da cupole emisferiche su pennacchi. Le proporzioni della sacrestia brunelleschiana vengono alterate, a favore di un maggiore slanci verso l’alto, con l’introduzione di un attico fra l’ordine inferiore e le grandi lunette sottostanti alla cupola. Dei sepolcri previsti nella sacrestia nuova solo due vennero realizzati: quelli di Lorenzo duca d’Urbino e di Giuliano duca di Nemours, rispettivamente nipote e fratello di papa Leone X. Le architetture delle due tombe sono distinte da quella della sacrestia, per esse sceglie un marmo bianco e volutamente le stringe in uno spazio poco ampio e non profondo, dove appaiono quasi compromesse e come permute dal rivestimento murario in pietra che si interpone tra esse e le paraste che le affiancano -> tale rivestimento assume pertanto la funzione di superficie neutra di passaggio. Sui plastici sarcofagi, dai coperti ellittici, giacciono le allegorie del Giorno e della Notte (tomba di Giuliano) e dell’Aurora e del Crepuscolo (tomba di Lorenzo). Piazza del Campidoglio Nel 1537, come primo atto ufficiale della volontà di sistemare la Piazza del Campidoglio, papa Paolo III decide di trasferirvi il monumento equestre di Marco Aurelio. Il colle capitolino dal 200 ospitava la sede del governo cittadino ed erano presenti due edifici: di fronte il Palazzo Senatorio, a destra il Palazzo dei Conservatori. Nel 1539 Michelangelo è incaricato di realizzare il piedistallo del monumento equestre. Ai due edifici esistenti, dopo la morte di Michelangelo, ne fu aggiunto un terzo a sinistra, il Palazzo Nuovo. Michelangelo interviene nel Palazzo Senatorio progettando una grande scala a due rampe contrapposte. Conclusa la scala Michelangelo non si occupa più dell’edificio, il cui completamento viene affidato ad altri. Basilica di San Pietro Anno: dal 1506. Michelangelo dal 1547 Luogo: Roma. Dopo la scomparsa di Bramante, molti artisti gli succedettero in qualità di architetto della Basilica di San Pietro. Nel 1547 Paolo III affida il ruolo di architetto a Michelangelo. Lui decide di ridimensionare l’intervento, abbattendo le aggiunte di Antonio da Sangallo, elimina dal progetto i deambulatori e compatta le strutture proponendo una pianta centrale, limpida nella concezione e dall’interno luminoso. Michelangelo stesso spiega che Bramante pose la prima pietra, non confusionaria, ma chiara, luminosa e bella. E che lui stesso ha cercato di riportarla a com’era stata originariamente pensata, distruggendo ciò si discostava dall’idea originale. 60 GIORGIONE DA CASTELFRANCO (1477-1510) Nato: 1477 Castelfranco Veneto Morto: 1510 Venezia Attività: pittore Vita: Giorgione nasce a Castelfranco Veneto ma si trasferisce presto a Venezia, dove frequenta fin da Giovanissimo la bottega di Giovanni Bellini. Da lui impara ed eredita l’attenzione per il colore e la rappresentazione dei paesaggi. Si dimostrerà molto capace, tanto da aprire una sua bottega che diventerà uno dei principali punti di riferimento artistico e culturale della città. In essa si formeranno anche Tiziano Vecellio, che nei confronti del maestro rimarrà sempre debitore di una straordinaria sensibilità per il colore. Giorgione dipinge quasi esclusivamente per una committenza patrizia, del quale condivide i gusti raffinati e gli ideali umanistici -> preferisce i soggetti mitologici rispetto a quelli religiosi. Stile: Le sue composizioni presentano spesso uno schema tipico, una figura o un gruppo ristretto di figure vengono ritratti in un paesaggio che si allunga molto in profondità. Giorgione adotta nelle sue tele un uso nuovo della luce, cioè che pervade tutta la scena senza soffermarsi a definire chiaramente gli oggetti. Per conferire al colore maggiore rilievo, l’artista evitava il disegno preparatorio e dipingeva direttamente sulla tela. Anche nella scelta dei soggetti della rappresentazione le opere di Giorgione presentano innovazioni importanti, soprattutto nell’interpretazione del paesaggio e del nudo femminile. Nelle sue opere il colore crea e definisce le forme, prevalendo sul disegno e sulla linea di contorno. Mediante le variazioni del tono, cioè del grado di luminosità di un determinato colore, Giorgione riesce a dare l’illusione della profondità spaziale. I soggetti dei suoi dipinti sono spesso di difficile interpretazione, ma è evidente l’interesse che l’artista nutre per il paesaggio e la natura. Pala di Castelfranco L’opera venne commissionata a Giorgione dal condottiero Tuzio Costanzo, che intendeva arricchire la cappella di famiglia dentro al Duomo. La tavola presenta un’interpretazione assolutamente nuova di un tema ricorrente, quello di una sacra conversazione con la Vergine in trono fra santi (in questo caso Nicasio a sinistra e Francesco a destra). E’ significativo notare come la scena non sia ambientata come tradizione in un interno, ma sullo sfondo aperto di un ampio e dolce paesaggio agreste. Il trono marmoreo, le alte predelle e la balconata che separa la piazza dalla natura non hanno alcuna caratterizzazione di tipo architettonico, ma sembrano solo dei puri volumi geometrici, frutto di una visione simbolica e scenografica, come se si trattasse di un allestimento teatrale, quindi ricco ma provvisorio. La vergine veste i colori delle tre virtù teologali: l’abito verde (speranza),il mantello rosso (carità), il velo bianco (fede). La prospettiva di Giorgione è una prospettiva dipinta, cioè data dal colore piuttosto che dalle sole regole matematiche e geometriche -> le tonalità calde e fredde giustapposte danno all’osservatore l’idea della profondità spaziale. Questa tecnica è un’evoluzione delle teorie del colore veneziane e di quelle fiorentine del disegno, fu adottata maggiormente e ne furono i fondatori Bellini e Mantegna ed è conosciuta col nome di pittura tonale. Ogni personaggi è modellato con masse di colore. 61 La tempesta Il dipinto rappresenta un paesaggio agreste con sullo sfondo, oltre un ponticello di legno, un piccolo borgo fortificato in procinto di essere investito da un temporale (una tempesta appunto) che si annuncia all’orizzonte con un fulmine che squarcia i bassi nuvoloni grigio-azzurri del cielo accendendo per un istante di luce le bianca mura cittadine e le chiome degli alberi più lontani. Il quadro è ricco di simboli e riferimenti, allora assai diffusi e apprezzati nei colti ambienti veneziani. Nel dipinto tutto è simbolico e niente è sicuro, alcune interpretazioni: - la donna semi-nuda che allatta potrebbe essere Eva con il piccolo Caino, la figura maschile appoggiata all’asta e vestita con abiti tradizionale veneziani dell’epoca potrebbe essere Adamo, il ruscello il Tigri (uno dei rami del fiume del paradiso), le rovine che emergono dalla vegetazione sarebbero il simbolo della morte, la città lontana l’Eden e la tempesta simboleggerebbe Dio. - La donna è Venere e l’uomo è Marte, nei panni di una zingara e di un soldato, a questo punto il fulmine sarebbe Giove. Anche in questo quadro comunque il soggetto principale è il colore. Giorgione riesce a creare l’illusione di un orizzonte infinito come quello reale e di far sì che l’occhio vi si disperda come guardando l’orizzonte nella realtà. I tre filosofi I misteriosi personaggi rappresentati: due in piedi e uno seduto, sono stati nel corso degli anni avvicinati alle più varie interpretazioni: - Pitagora e i suoi maestri Ferecide di Siro e Talete di Mileto; - I Re Magi, come sembra apparire all’analisi radiografica del dipinto che ha rivelato l’originaria presenza di copricapi regali; - Rappresentano un’allegoria delle tre età della vita: giovinezza, maturità e vecchiaia. - Dei tre personaggi solo il giovane guarda verso il fondo della grotta: nel buio Giorgione ha voluto probabilmente simboleggiare il mistero nascosto nel cuore delle cose, nella natura che circonda i tre uomini. Questa incertezza interpretativa non deve essere assolutamente letta come una mancanza di chiarezza da parte dell’autore, perché la raffinata committenza veneziana dell’epoca amava circondarsi di dipinti pieni di allusioni e di simbologie così complesse da risultare spesso misteriose e volutamente incomprensibili. Dal punto di vista tecnico le figure dei tre personaggi appaiono prive di disegno e per staccarle dal fondo Giorgione giustappone colori caldi contro colori freddi e, all’interno di ciascun odi essi, tonalità chiare contro tonalità scure. In questo modo è possibile è possibile ricreare anche il senso della prospettiva che stabilisce una gerarchie di distanze legate alle tonalità del colore, che vanno via via schiarendosi, fino a perdersi nella foschia dell’orizzonte. 62 Venere di Urbino L’opera è stata commissionata da Guidobaldo II della Rovere, signore di Urbino. Il dipinto raffigura una giovane donna semidistesa su un letto in primo piano. Rispetto alla Venere Dormiente di Giorgione, la Venere di Urbino presenta caratteristiche diverse: - L’ambientazione non è all’aperto ma è all’interno di una ricca casa patrizia. Gli unici accenni alla natura sono dati dalle fronde di un albero che si intravedono attraverso un’apertura colonnata; - La Venere di Tiziano non è sola: sullo sfondo sono raffigurate due serve, una in piedi e una inginocchiata, intenta a cercare in un cassone gli abiti da portare alla padrona. - Ai piedi del letto dorme un cagnolino acciambellato, simbolo della fedeltà coniugale. - L’atteggiamento delle due donne è completamente diverso: quella di Giorgione appare quasi inconsapevole della propria nudità, quella di Tiziano, al contrario, ne è perfettamente cosciente e anche orgogliosa. Lei infatti fissa l’osservatore con uno sguardo deciso, senza alcun tipo di disagio nel mostrarsi. I colori del dipinto creano molto contrasto tra loro e la luce ambrata riesce a rendere evidente la forma del corpo femminile, dolce e decisa allo stesso tempo. I colori creano quindi il volume, all’altezza della donna più caldi, fino ad arrivare a quelli freddi in secondo piano. L’ambientazione complessiva, all’interno delle tranquille mura domestiche, ci conferma che la ragazza è, a dispetto del nome, una donna vera e non una dea. Pietà L’opera è l’ultimo dipinto noto di Tiziano, lasciato incompiuto per il sopraggiungere della morte e ultimato dall’allievo Palma il Giovane. Il dipinto, pensato dall’artista per la propria tomba, in realtà non vi fu mai collocato. La scena rappresentata è molto drammatica: - A sinistra, in piedi, Maddalena è disperata ed urla con rabbia il proprio dolore; - Al centro si contrappone alla dinamicità della Maddalena la tranquillità e la compostezza di Maria che guarda il figlio morto; - A destra vi è Nicodemo, che sorregge Cristo con un braccio; - All’estrema destra, appoggiata ad un piedistallo marmoreo a forma di testa leonina, si intravede una tavoletta rappresentante lo stesso Tiziano e il figlio Orazio in devoto atteggiamento di preghiera verso una rappresentazione allegorica della Madonna: I colori del dipinto sono cupi e impastati, in alcuni punti applicati addirittura con le dita. La luca livida conferisce ai personaggi una connotazione spettrale, le pennellate sono rapide e imprecise, l’atmosfera generale è quella del tetro incombere di un’immane tragedia. La lunga fiaccola lucente innanzata dal piccolo angelo in volo riempie di bagliori dorati il catino a mosaico sullo sfondo, ridando simbolicamente luce, vita e speranza. Nel doppio prostrarsi (di Nicodemo e delle due figure in preghiera nella piccola tavoletta) è racchiuso tutto il testamento morale del quasi novantenne Tiziano: forte e semplice al tempo stesso. 65 CORREGGIO (1489-1534) Nato: 1489 Correggio, Reggio Emilia Morto: 1534 Correggio Attività: pittore Vita: il suo pseudonimo è il nome del suo paese natale, indice di come la sua formazione artistica sia intimamente connessa con il luogo di origine. La sua posizione provinciale lo esclude geograficamente sia dalle nuove tendenze del rinascimento fiorentino/romani, sia dal cromatismo veneziano. Nonostante ciò, il Correggio riesce comunque a maturare una straordinaria tecnica pittorica. Stile: La ricchezza dei temi e soggetti delle sue opere sono generalmente presi dalla mitologia classica. I mossi giochi di luce e gli scorci prospettici preludono al rifiuto dell’equilibrio dei canoni della classicità, aprendo la strada ai linguaggi più lirici e decorativi tipici del manierismo. Camera della Badessa Dopo aver ricevuto le prime commissioni nella città natale, viene convocato a Parma per lavorare all’affresco della Camera della Badessa, nel convento di San Paolo -> commissionata dalla badessa Giovanna Piacenza. L’opera consisteva nella decorazione della volta della sala con un finto pergolato di legno, ricoperto da una fitta vegetazione, nel quale si aprono sedici ovati dai quali si affacciano, sullo sfondo luminoso del cielo, vari putti intenti a giocare. Le loro membra grassocce e la pelle rossastra danno un senso di gioiosa tenerezza e rimandano ad una visione della natura pura e incontaminata, estranea a qualsiasi desiderio di idealizzazione. Alla base di ciascuno dei sedici spicchi sono presenti altrettante lunette concave, al cui interno sono dipinte varie figure allegoriche tratte dalla mitologia classica. Sulla cappa del camino rappresenta Diana sul carro, la dea latina della caccia e delle selve, simbolo di castità e natura incontaminata -> chiaro omaggio alla committente. Il dipinto rappresenta la dea vestita di una semplice tunica bianca che conduce il suo carro verso le nuvole. Cupola di San Giovanni Evangelista Il risultato ottenuto con la camera della badessa desta scalpore nell’ambiente parmense, ed è per questo che gli viene subito commissionata un’altra opera. Le difficoltà tecniche per la realizzazione dell’affresco snella cupola sono la scarsa illuminazione e la particolare deformazione che l’esasperata visione prospettica richiedeva. Al bordo inferiore sono disposti gli Apostoli in atteggiamento solenne, circondati da nubi che vanno piano piano a dissolversi al centro lasciando spazio ad uno squarcio di luce sfolgorante, coronato da una moltitudine di cherubini festanti. Su questo sfondo luminoso si staglia,, sospesa nel vuoto, la maestosa figura di Cristo, nell’atto di scendere verso l’ormai vecchio San Giovanni. L’apostolo emerge a mezzo busto dal limite di imposta della cupola, con le mani aperte verso il cielo e lo sguardo rapito dalla divina visione. La sensazione che l’opera ci dà non è tanto mistica quanto invece scenografica, grazie alla fantasia del Correggio. La sapiente graduazione dei colori, da quelli freddi delle nubi a quelli caldi del centro, e la diversità dei chiaroscuri, molto accentuata negli apostoli e quasi assente per Cristo, conferiscono un senso di grande profondità all’affresco. Lo spazio architettonico è scisso da quello prospettico, che ci illude che la struttura sia molto più alta di quanto non sia in realtà. 66 Natività L’opera, commissionata nel 1522 per una cappella privata in una chiesa a Reggio Emilia, venne ultimata solamente nel 1530. Il dipinto è uno dei notturni più celebri del cinquecento, destinato ad essere studiato e ripreso nei secoli a venire. Al centro della scena, su un giaciglio di fieno, una Vergine poco più che bambina abbraccia amorevolmente il piccolo Gesù dal quale si sprigiona una luminescenza accecante, che oltre a rischiarare il volto della madre, si propaga tutt’intorno. Una contadinella a destra è spaventata e si para con una mano la luce. Un giovane pastore volge lo sguardo verso il compagno più anziano, appoggiato a un lungo bastone, invitandolo a inginocchiarsi a sua volta. In alto, sopra la capanna, un coro d’angeli canta. La composizione, nell’insieme, armoniosamente equilibrata, conferisce alla narrazione un ritmo pacato e sereno, nel quale la straordinarietà dell’evento convive con la naturalità del quotidiano. Per esempio alla luminosità divina del bambini è contrapposto il tenue schiarirsi del cielo all’orizzonte -> soprannaturale manifestazione del divino e realtà fisica del paesaggio. Cupola del Duomo di Parma – Assunzione in cielo di Maria L’affresco consiste nella scenografica decorazione della cupola del Duomo di Parma (con l’Assunzione in cielo di Maria) e dei sottostanti pennacchi (nei quali rappresenta i quattro patroni della città). Con le nubi in primo piano, Correggio dà vita a uno spazio prospettico di incredibile profondità, collocando una serie concentrica di ulteriori strati di nubi, la rende abitata da una moltitudine di profeti, sibille, santi, beati, angeli e cherubini in atto di muoversi concitatamente, quasi avvitandosi verso la sommità della cupola stessa. I personaggi sembrano quindi roteare nel cielo immaginario ideato dall’artista, e anche la Vergine vi partecipa, con gli occhi e le braccia levati in alto verso il soprannaturale volo che la porterà al centro del dorato vortice di luce. Il movimento dato dall’opera era al di fuori dello stile classico e venne quindi criticato. Piuttosto rispecchia il prototipo barocco, con quasi un secolo d’anticipo, visto che l’immaginazione supera la realtà e il bello viene dato proprio trasgredendo la natura e mettendo a nudo gli aspetti più strani e stravaganti. Tiziano fu uno dei pochi ad apprezzarla profondamente. 67 MANIERISMO Il manierismo è una corrente artistica che si sviluppa in Italia nel corso del 1500, in un periodo in cui molti artisti presero come riferimento principale per le loro opere il linguaggio di artisti del calibro di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, ma dandone una nuova rielaborazione. Era un periodo in cui gli artisti italiani stavano cercando in tutti i modi di liberarsi dalle strutture tecniche e stilistiche tipiche del 1400. Il termine “maniera” era già presente nel lessico della letteratura, ma viene ripreso da Vasari nelle Vite, dove parla di “maniera moderna”: termine con il quale vuole definire una precisa fase dell’arte in cui gli artisti italiani dominano perfettamente tutti i mezzi tecnici utili nell’arte per poter essere in grado di descrivere la natura e rappresentare i sentimenti degli uomini. Il termine “maniera”, dunque positivo nell’opera del Vasari, che afferma l’assoluta conoscenza delle regole per potersi muovere liberamente all’interno di esse, si trasforma nel corso del 1600 nel termine “manierismo” che assume una connotazione negativa. Infatti questi nuovi artisti hanno smesso di prendere a modello la natura e si ispirano esclusivamente a Leonardo, Michelangelo e Raffaello, finendo solo per copiarli e per copiarsi tra di loro, senza mai aggiungere qualcosa di nuovo o di creativo. Solo nel 1900 avviene una rivalutazione dell’arte manierista, quando le opere vengono interpretate in termini di tensione, irrazionalismo, crisi, con l’intento di suscitare inquietudine. Un’opera manierista ricerca: - Grazia: eleganza, dolcezza e facilità dell’esecuzione, che consente di portare a termine un lavoro con grande maestria e celerità. Con facilità d’esecuzione dipende dall’esercizio del disegno, dall’aver copiato a lungo e dall’essere capaci di disegnare a memoria qualunque soggetto, senza che l’opera finita riveli la fatica e la difficoltà del lavoro. - Licenza della regola: è la possibilità di essere liberi all’interno delle regole, che però ha dei limiti, che non faccia confusione o guasti l’ordine. Ogni artista può infrangere quelle regole per far sì che il suo quadro abbia un’espressività migliore. Il segreto del 1500 è usare in modo personale le regole senza infrangerle, rendendo l’osservatore come spettatore di un naturalismo vero, è ancora il principio della natura che guida. - Virtuosismo: padronanza assoluta dei mezzi tecnici. - Eleganza e dolcezza: raggiunte ricorrendo a una composizione sinuosa, avvitata e alla rappresentazione di corpi spesso allungati e snelliti, allo stesso modo di come veniva fatto durante l’età ellenistica. - Leggera distorsione della prospettiva. - Luce: serve ad evidenziare le espressioni e i movimenti. - Grande varietà nelle pose dei soggetti e delle espressioni. - Inusuale, bizzarria, eccentrico, capriccio. 70 PONTORMO (1494-1556) Nato: 1494 Pontormo, Empoli (Firenze) Morto: 1556 Firenze Attività: pittore Vita: Allievo di Andrea del Sarto, ebbe commissioni da parte dei Medici a partire dal 1519, quando venne incaricato di un dipinto murale per una villa dei Medici. Successivamente lavorò ad altre importanti commissioni. La sua vita fu triste e povera, era un asociale (stando alle fonti), di carattere scontroso e volubile -> venne poco compreso dai suoi contemporanei che spesso lo sottostimarono sia come uomo sia come artista. Disegno: Nonostante tutto, la sua arte è di altissima qualità e tenta di mettere insieme la ricerca volumetrica di Michelangelo con l’effetto luministico dello sfumato di Leonardo. Deposizione L’opera riassume perfettamente tutti i temi manieristi. La scena ha un’ambientazione innaturale e i personaggi sono disposti secondo una tragica composizione teatrale. Ogni corpo è esageratamente esile, snodato, allungato -> accrescendo l’impressione di slancio e grazia. I gesti sospesi si concentrano verso il groviglio di mani intrecciate, vero centro della composizione, attorno a cui le figure si dispongono secondo un circolo sottolineato dal corpo abbandonato di Cristo. Gli sguardi pieni di stupore di alcuni personaggi sono rivolti in più direzioni all’esterno del dipinto. I vestiti, senza alcuna consistenza, appaiono come incollate ai corpi, come se fossero semplicemente dipinte sul corpo (busto del giovane in rosa, giovane in verde). I colori sono utilizzati nei toni più chiari del rosa, del giallo, del celeste e del verde, e le ombre appaiono inesistenti, tanto che il Vasari dice che le tinte impiegate sono così chiare da non distinguere le parti di luce da quelle di ombra. Questo che per Vasari era stravaganza, è oggi il fascino maggiore del dipinto -> l’indice della capacità evocatrice e della sapienza nell’uso del colore dell’irrequieto Pontormo e del suo spirito complesso e tormentato. ROSSO FIORENTINO (1495-1540) Nato: 1495 Firenze Morto: 1540 Fontainebleau Attività: pittore Vita: Fu allievo di Andrea del Sarto, successivamente lavora a Firenze e in Toscana. Si spostò a Roma nel 1523, dove rimarrà fino al 1527, data del sacco, per rifugiarsi a Venezia -> quest’evento segnò una svolta nella maturazione dell’artista, nelle cui opere entrò una tematica più cupa. Nel 1530 venne chiamato da Francesco I, re di Francia, in veste di pittore ufficiale di corte -> lavorò molto per la reggia di Fontainebleau. Nel 1540 muore, forse suicida, secondo alla testimonianza del Vasari. Disegno: disegnatore esperto e raffinato, contributo di vitale importanza per le origini del manierismo. 71 Deposizione La tavola è attraversata verticalmente e trasversalmente dalla pesante croce; a essa si appoggiano tre scale di legno inclinate secondo direzioni diverse: sono questi gli elementi che definiscono geometricamente lo spazio. - Parte inferiore: questa zona è pacatamente dedicata al dolore e alla sua rappresentazione. La Vergine ammantata di blu e sorretta dalle pie donne, Maddalena inginocchiata di spalle e rivestita di un abito rosso, San Giovanni piangente. - Parte superiore: questa zona è piena di concitata animazione. Tre uomini, coordinati da Nicodemo che si protende dalla sommità del braccio trasversale della croce, stanno deponendo il Cristo. Alla mortale immobilità del corpo di Gesù si contrappone la vociante foga degli uomini, precariamente inerpicati sulle scale, tesi nel simultaneo sforzo di sorreggersi e di calare a terra le spoglie di Gesù. Una luce improvvisa (forse di un fulmine) accende e quasi sbianca alcuni risvolti dei vestiti, accrescendo la sensazione di tragedia sospesa. I contorni appena accennati delle colline scure e la stesura omogenea di un cielo che va incupendosi verso l’alto non serve a calmare la visione, anzi la composizione appare ancora più tormentatamente oppressiva. Pietà L’opera risale al periodo francese ed è stato commissionato dal connestabile di Francia. Il quadro ha un formato rettangolare, sottolineato in alto dal margine del sepolcro scavato nella pietra. E’ composto da cinque figure: - Gesù appoggiato su grandi cuscini rossi, il suo corpo è piegato; - San Giovanni, inginocchiato a destra e di spalle, lo sostiene; - Maria ha sulle ginocchia, coperte da un manto viola, il braccio di Gesù. Maria è sostenuta da una pia donna; - Maddalena, accoccolata a sinistra, tiene sollevalte le gambe di Gesù. Ogni personaggio sembra adattarsi con fatrica all’angustia del formato del quadro. Grazie all’oscurità dello sfondo, la luce intensa che colpisce le figure, risalta gli accostamenti di colore che non erano mai stati sperimentati prima. 72 JACOPO TINTORETTO (1518-1594) Nato: 1518 Venezia Morto: 1594 Venezia Attività: pittore Vita: Affascinato fin da bambino dai colori del laboratorio paterno, a quindi anni frequenta la bottega di Tiziano. Fondamentale per la sua maturazione artistica è il contatto con la scuola di disegno fiorentina e romana, avvenuta attraverso originali e stampe. Intorno al 1550 è a capo di una fiorente bottega, dove lavora per le importanti confraternite di San Marco e di San Rocco. Non mancano comunque molte commissioni private per affreschi e ritratti, che l’artista produce continuamente e per la quale è molto richiesto. Nella primavera del 1854 Tintoretto viene colto da una febbre alta che in pochissimo tempo lo conduce alla morte. Disegno: Nei propri dipinti usa il colore soprattutto per accendere di luce il disegno, staccando i personaggi e gli oggetti da qualsiasi contesto reale e proiettandoli nello spazio scenografico di una fantasia che prefigura già la futura sensibilità barocca. I suoi disegni sono realizzati a tratti nervosi, con una linea non cintinua, data dalla somma di trratti curvilinei/paralleli/sovrapposti -> dimosta che i suoi modelli non erano vivi e che si trattava solitamente di manichini. Miracolo dello schiavo Il soggetto del dipinto è tratto dal miracolo di San Marco che, secondo la tradizione, interviene rendendo invulnerabile uno schiavo il cui padrone pagano, dopo averlo sorpreso a venerare le reliquie del Santo, aveva comandato che venisse ucciso. La scena si svolge, come in un allestimento teatrale, sotto una sorta di pergola bordata di edera (alto), tra un edificio colonnato (sinistra) e delle rovine (destra), con sullo sfondo una piazza e un recinto che si affaccia su un rigoglioso giardino. I personaggi principali sono tre: - Lo schiavo a terra fra i tre torturatori e gli strumenti del martirio spezzatisi per intercessione divina; - In cielo appare San Marco, in posizione ancora arretrata, dunque visibile sono a chi osserva il dipinto , non a chi è rappresentato; - Un vecchio ben vestito, forse il padrone dello schiavo, siede in atteggiamento stupito mentre un uomo gli mostra l’ascia, utilizzata per la tentata uccisione, spezzata; La folla che assiste al prodigio è percorsa da un moto violento, le persone a sinistra si sporgono a destra per cercare di vedere meglio, mentre le persone a sinistra si ritraggono meravigliati/inorriditi. Il colore dà al disegno credibilià e forza: in primo piano è consistente e pastoso, verso lo sfondo è più tenue e incerto, conferendo l’idea dello sfondamento prospettico. La vera protagonista del dipinto è comunque la luce: cupa nei pressi dell’atto drammatico per evidenziare la tragicità del momento, vivace sullo sfondo, divinamente innaturale intorno a San Marco in volo. 75 Crocifissione Tintoretto è un uomo di fede sincera, concentra le proprie energie artistiche nel riuscire a suscitare tramite la luce le emozioni e i sentimenti di chi osserva le sue opere. Così, quando egli si dedica alla realizzazione di grandi tele a sfondo religioso, egli si trova in linea con la dottrina della controriforma. Questa prevedeva che in campo artistico si realizzassero opere medianti le quali, nei credenti, rafforzassero l’abitudine di avere sempre presenti i principi della fede. L’opera, pullulante di personaggi intenti alle più varie attività, risulta apparentemente caotica, come se il dramma della morte di Cristo si propagasse non solo intorno a lui, ma anche in mezzo a coloro che osservano il quadro. Ai piedi di Cristo, solitario nel suo soprannaturale alone di luce dorata, spicca per drammaticià il gruppo compatto dei dolenti, realizzati non tanto nella ricerca delle forme ma sull’intento di indagarne i sentimenti. La sensazione generale che si ricava dal quale è quella di una tragedia imminente e irreparabile, sottolineata dal cielo che si gonfia di nubi minacciose all’orizzonte. Ultima Cena La grande tela, pur riprendendo un tema comune alla pittura del tempo, presenta alcune importanti innovazioni. La prima è l’ambientazione, cioè all’interno di una specie di osteria popolare, la seconda è la composizione, con la mensa disposta trasversalmente e fortemente scorciata dalla prospettiva: lo si nota dal tavolo della cena, il piccolo tavolo di servizio e dal pavimento in piastrelle. In questo modo l’artista crea una grande griglia all’interno della quale inserire e far interagire i personaggi. La luce, la protagonista assoluta del dipinto, proviene per la maggior parte da una lampada ad olio appesa al soffitto, le cui due fiamme percorrono irregolarmente tutto l’ambiente, conferendo un realismo sincero e profondo alla scena, che permette allo spettatore di percepire atmosfere e odori tipici di una taverna veneziana di quel tempo. A questa luce si sovrappone quella, quasi fluorescente, degli Apostoli. Intorno a Gesù il chiarore si fa più intenso e deciso, perché non si tratta di una semplice aureola, ma di una fonte luminosa autonoma e forte, che conferisce al personaggio un rilievo di sicura soprannaturalità. Ognuna di queste luce entra in rapporto con le altre, accentuandole o smorzandole, al fine di ritagliare i personaggi dall’ombra, o viceversa, di sprofondarceli. In questa visione colore e disegno diventano elementi secondari, e difatti il colore è spesso così impastato da sembrare monocromo, mentre il disegno, nonostante il forte impianto prospettico, tende a perdersi nell’incertezza di uno spazio senza più reali dimensioni. 76 PAOLO VERONESE (1528-1588) Nato: 1528 Verona Morto: 1588 Venezia Attività: pittore Vita: La sua prima formazione avviene nell’ambiente veronese, dove l’ancora giovane pittore entra in contatto con il classicismo di Mantegna, con il manierismo di Giulio Romano, con le invenzioni pre-barocche di Tiziano. Può dunque vantare una solita preparazione pittorica e un grande amore per l’Antico. Nel 1553 si trasferisce a Venezia, alla quale rimarranno legate le sue vicende artistiche e umane. Morirà a Venezia nel 1588, dove sono ancora conservate le sue spoglie. Disegno: Nei dipinti preferisce la giustapposizione di più colori alla graduazione tonale di una stessa tinta, per riuscire ad ottenere un risultato più luminoso e squillante, con la quale si completa l’abolizione del nero e del bianco. Secondo lui per creare la luce è necessario accostare colori complementari, in modo che si esaltino a vicenda e eliminando il chiaroscuro che invece li incupirebbe. Cena in casa di Levi Con il pretesto di rappresentare qualche scena biblica, Veronese descrive dei suntuoso banchetti del suo tempo sullo sfondo di realistiche prospettive urbane. Nel dipinto, lungo quasi tredici metri, è raffigurato un ricchissimo porticato di gusto rinascimentale, sotto la quale è disposto il tavolo del banchetto al quale si siedono personaggi che, per i loro atteggiamenti e i loro abiti, appartengono più al ricco patriziato veneziano che alla tradizione evangelica. La città sullo sfondo non è Venezia, ma sono architetture classiche nel quale si ritrova il gusto manierista per un disegno nitido e preciso. La prospettiva dell’opera non è univoca e si individuano almeno tre punti di fuga diversi. Nelle intenzioni iniziali del Veronese e del suo committente, il dipinto avrebbe dovuto rappresentare un’ultima cena, ma la troppa libertà presa da Tiziano gli costò un processo al Tribunale della Santa Inquisizione, a causa della presenza di: buffoni, giullari, ubriachi, tedeschi, scurrilità. Lui si difese dicendo che “noi pittori prendiamo la libertà che hanno poeti e matti” -> alla fine gli venne imposto soltanto di cambiare il titolo al quadro. Adorazione dei Magi Il dipinto è ambientato fra antiche rovine con sullo sfondo i resti grandiosi di un porticato che richiama l’aspetto di un arco di trionfo romano. Sulla destra la povera capanna in legno e paglia della Natività è stata costruita fra quel che rimane di un imponente colonnato classicheggiante. Un caldo cono dorato di luce divina percorre diagonalmente l’intera scena, illuminando con grande intensità la giovane e dolcissima Maria e il piccolo Gesù. L’equilibrata accuratezza della composizione è ulteriormente sottolineata e ingentilita dalla consueta vivacità del colore di Veronese, che nel vestiario dei personaggi alterna sempre colori caldi e colori freddi, introducendo qua e là anche vivaci guizzi di luce, ottenuti mediante tocchi sapienti di colori puri. 77 Galleria di Palazzo Farnese Nonostante le stimolanti esperienze dell’Accademia, per Annibale l’ambiente emiliano risulta troppo angusto e per questo nel 1595 si trasferisce a Roma. Nella capitale affina la propria conoscenza dei classici e studia da vicino Michelangelo e Raffaello. Successivamente, nel 1600, venne incaricato nella realizzazione degli affreschi per la galleria di palazzo farnese, il ciclo pittorico più noto della carriera artistica di Annibale. Si tratta di una complessa figurazione a carattere mitologico. Come soggetto principale aveva gli Amori degli Dei, un tema molto caro anche alla cultura rinascimentale. Sulla volta a botte Annibale crea l’illusione di nove dipinti appesi, con le loro cornici, come a raffigurare una sorta di sfarzosa pinacoteca. Questa appare a sua volta incorniciata e sorretta da statue e medaglioni, che pur essendo solamente dipinti, assumono un rilievo efficace da ricordare molto da vicino le soluzioni ideate dal Correggio nelle sue cupole. L’illusione complessiva che si viene a creare è così realistica e suggestiva da aver rappresentato uno dei principali punti di riferimento per tutta la successiva pittura barocca. Al centro della volta spicca il grande affresco del Trionfo di Bacco e Arianna, in cui è raffigurato il festoso corteo nuziale tra i due personaggi, che avanzano su due carri trainati rispettivamente da un paio di tigri e da due bianchi arieti. Nel ciclo di affreschi, Annibale riesce a far convivere sia l’equilibrata compostezza di una raffigurazione classica sia il gusto barocco per le prospettive fantastiche, evocatrici di suggestioni ottiche (finti quadri appesi) e di spazi illusori (il soffitto aperto sul cielo). 80 CARAVAGGIO (1571-1610) Nato: 1571 Milano Morto: 1610 Porco Ercole, Grosseto Attività: pittore Vita: Michelangelo Merisi nasce nel 1571 da una famiglia originaria di Caravaggio, un piccolo centro agricolo vicino Milano. La prima formazione è legata all’ambiente lombardo ma è ipotizzabile che egli sia venuto in contatto anche con il colorismo veneto, al quale è debitore per la sua particolare sensibilità per la luce e le ombre, caratteristiche che diventeranno i temi inconfondibili della sua pittura. Nel 1592 si trasferisce a Roma, dove entra in contatto con il Cavalier d’Arpino presso la cui bottega lavora per qualche tempo distinguendosi subito per la straordinaria bravura nel dipingere nature morte e scene di genere. Grazie al suo talento entra nelle graie del cardinale Francesco Maria del Monte, ambasciatore del Granduca di Toscana a Roma, uomo di vasta cultura e raffinato collezionista d’arte. Caravaggio è da sempre stato un uomo violento ed irrequieto e a causa del suo carattere fiero e ribelle è continuamente coinvolto in risse e loschi affari. Nel 1606, a Roma, al termine di un litigio più violento degli altri, Caravaggio arriva ad uccidere uno degli avversari, rimanendo ferito a sua volta. Inizia quindi la sua avventurosa e tragica fuga da Roma che lo portano a Napoli e poi subito a Malta (1607) -> dove lavora per i Cavalieri dell’Ordine. A causa di varie scaramucce Caravaggio è costretto nuovamente a fuggire e si nasconde in Sicilia. Nel 1609 è a Napoli dove viene ferito in un agguato e infine a Porto Ercole (Grosseto), dove nel 1610 muore, solo e disperato, stronzato dalla malaria e dalla fatica. Stile: La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo, espresso nei soggetti e nelle atmosfere nei quali la capacità di dare ai corpi una forma tridimensionale è evidenziata dall’illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi che escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri in cui viene disegnato lo sfondo, che passa quindi in secondo piano rispetto ai soggetti. Evidenti forti contrasti di luci e ombre, concepita come: apparizione simbolica / fatto drammatico nell’intensità dei gesti. Testa di Medusa Il cardinale Francesco Maria del Monte gli commissionò diverse opere durante il suo soggiorno a Roma, tra le quali questa. Si tratta di una tela incollata sopra uno scudo circolare di legno di forma leggermente convessa e rappresenta con sconvolgente realismo la testa mozzata e sanguinante della gorgone Medusa, che al posto dei capelli ha un viscido intrico di serpenti aggrovigliati. L’espressione della creatura, colta nel preciso istante in cui la testa viene tagliata, è di pauroso sgomento -> mai un ritratto era stato così crudo e impietoso. Canestra di frutta Il dipinto venne realizzato per il cardinale del Monte, che aveva inserito all’interno della sua collezione privata. Il soggetto, una natura morta con una semplice canestra di frutta, non rappresenta che un pretesto mediante il quale Caravaggio può osservare minuziosamente la realtà, indagandone ogni aspetto. Nonostante l’apparente semplicità, la composizione è studiatissima in ogni sua parte: il cesto occupa un ideale semicerchio avente per diametro il lato inferiore del dipinto. Risolve il problema della profondità prospettica facendo 81 sporgere leggermente la base della canestra al di qua del piano sul quale è appoggiata, e allontanando la percezione dello sfondo inondandolo di una luce calda e diffusa. Alla natura morta viene riservata una particolare attenzione: alcune foglie di vite sono accartocciate e non fresche, le foglie della pesca sono forate e rovinate, la mela al centro appare intaccata, le foglie di limone sono maculate, nei grappoli d’uva alcuni acini sono schiacciati o mancanti. Questo desiderio di voler rappresentare una realtà oggettiva, priva di qualsiasi correzione e abbellimento, costituisce una delle caratteristiche dell’arte caravaggesca poiché diventa la metamorfosi del suo modo di osservare la realtà umana, sempre dominata dalla bruttura e dall’incombere della morte. Bacco Il dipinto risale al termine di una fase nella quale Caravaggio aveva realizzato vari altri ritratti di adolescenti abbigliati all’antica con l’aggiunta di nature morte, come nel caso del Ragazzo con canestra di frutta e Bacchino malato. In quest’opera precisa il giovane, adagiato su un triclinio, è parzialmente avvolto in un lenzuolo, ad imitazione di una veste romana. In più indossa una ghirlanda di tralci di vite che fungono da corona, adagiata sui capelli neri e riccioluti. Il volto, ruotato di tre quarti, è percorso da un leggero rossore, che ne rende l’espressione ancora più enigmatica e trasognata. Tra l’indice e il pollice regge con delicatezza una coppia di vetro, colma fino all’orlo di vino rosso. L’atmosfera del dipinto, forse commissionata dal cardinale Del Monte, è fosca, cosicché il gioco del travestimento finisce per diventare una sorta di rappresentazione mistica dove il ragazzo alluderebbe allo stesso Salvatore ed il drappo d’uva sarebbero chiari simboli della passione di Cristo. Vocazione di San Matteo L’opera è stata commissionata per la decorazione della Cappella Contarelli, all’interno della Chiesa di San Luigi dei Francesi, la chiesa romana costruita nell’omonima piazza. Il dipinto raffigura il momento in cui, secondo la tradizione evangelistica, Gesù sceglie il gabelliere Matteo quale suo Apostolo: - A destra vi sono Cristo, appena entrato, che tende risolutamente il braccio destro in direzione del futuro apostolo; - Lo accompagna San Pietro, ritratto quasi di spalle, che ribadisce il gesto del maestro indicando a sua volta il prescelto; - Matteo, seduto al tavolo insieme a quattro compari, è colto nel momento in cui, stupito dall’inaspettato invito, reagisce con un gesto molto naturale, accennando interrogativamente a se stesso con l’indice della mano sinistra, per capire se si stesse rivolgendo proprio a lui; - Dei cinque personaggi al tavolo solo Matteo e i due giovani di destra si accorgono della presenza di Cristo. Il vecchio in piedi con gli occhiali e l’altro giovane sono occupati a contare i propri 82 Estasi di Santa Teresa La statua rappresenta Santa Teresa d’Avila in estasi mistica, nell’atto cioè di essere sopraffatta dalla soprannaturale visione di Dio. La religiosa scriveva “l’anima mia si riempie ti una grande luce, mentre un angelo sorridente mi ferisce con una freccia pungente d’amore”. Il Bernini scolpisce la santa immaginandola semidistesa su una coltre di nuvole, mentre un angelo sorridente sta per trafiggerle simbolicamente il cuore con una freccia. Dietro c’è una cascata di raggi dorati, illuminati da un’apposita finestra nascosta. La collocazione e gli atteggiamenti dei personaggi sono studiati e accentuati, come si trattasse di attori su un palcoscenico -> che in realtà lo è, perché ai lati della cappella sono presenti due finti balconcini dai quali le statue raffiguranti i vari membri della famiglia Cornaro, committente dell’opera, assistono all’estasi della santa. Il confine tra realtà e finzione è sempre più incerto. L’intensa espressione del volto, la liscia nudità dei piedi e lo scomposto e quasi eccessivo agitarsi delle vesti rimandano ancora una alle parole della santa “Dio infonde nuova vita, non soltanto nelle potenze dell’anima, ma anche nei sensi del corpo”. Ed è proprio al corpo che l’artista dedica la massima attenzione, indagandone le emozioni e sottolineandole la sensualità. Baldacchino di San Pietro Il baldacchino fu costruito per volere di Papa Urbano VIII e doveva avere proporzioni e caratteristiche tali da potersi inserire in modo armonico e proporzionato sopra l’altare maggiore, nell’immenso spazio vuoto sottostante alla cupola di Michelangelo. Volendo evitare una struttura in muratura, l’artista inventa una tipologia nuova e complessa che riunisca in sé anche la suggestione di un baldacchino in legno e tessuto. Su quattro piedistalli rivestiti di marmi colorati e di stemmi pontifici a rilievo, si ergono colonne in bronzo dorato. Ciascuna di esse è costituita da tre rocchi incastrati e sovrapposti, decorati in successioni con scanalature, fronde di alloro (simbolo di gloria), lucertole (resurrezione) e api. Le grandi colonne a spirale danno alla struttura un grande slancio verticale. Alla sommità le colonne sono coronate da imponenti capitelli sui quali s’impostano a loro volta quattro dadi. La trabeazione appare leggera e preziosa e termina inferiormente imitando le falde pendenti di un baldacchino mosso dal vento. La copertura infine è frutto della collaborazione con Borromini. Il baldacchino costituisce uno degli esempi più significativi di come l’arte barocca riesca a far interagire armonicamente fra di loro i diversi linguaggi della scultura e dell’architettura utilizzando forme, materiali e proporzioni che falsano volutamente la percezione della realtà. 85 FRANCESCO BORROMINI (1599-1667) Nato: 1599 Lugano, Svizzera Morto: 1667 Roma Attività: architetto Vita: Si recò da giovanissimo a Milano per apprende l’arte dell’architetto. Fu fin da subito attivo nella fabbrica del Duomo ed ebbe occasione di conoscere le prime opere di Bramante. Successivamente si trasferì a Roma dove lavorò alla dipendenze di Carlo Maderno e successivamente di Bernini, al quale fu sempre ostile per il diverso modo di concepire l’architettura. Borromini, sempre riflessivo, problematico e dedito allo studio, accumulò nella sua biblioteca oltre mille libri, molti dei quali a tema architettura. Questo ci fa capire quanto fosse intellettualmente curioso e animato da un vivo desiderio di apprendere. Egli però era esclusivamente architetto, contrariamente al Bernini che era anche scultore e pittore. Borromini quindi si libera dal costume rinascimentale secondo il quale l’artista doveva essere universale -> nasce il concetto di specializzazione, consistente nel concentrare tutte le proprie capacità in un unico campo nel quale si tende ad essere eccellenti. A partire dal 1634 l’artista diventa un architetto indipendente e produsse anche un gran numero di disegni dei quali fu gelosissimo, in quanto li considerava come suoi figli. Tale amore lo porta anche a distruggerne molti incendiandoli qualche tempo prima di morire. Borromini morirà suicida a Roma, dopo una notte di disperazione e sofferenze, nel 1667. Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane Borromini costruisce, per i padri trinitari, la l’ala del dormitorio, il chiostro e la Chiesa di San Carlo. Il piccolo porticato interno colonnato, eseguito tra il 1637-37, ha una pianta rettangolare e si compone di un doppio ordine di colonne. Quelle inferiori, di ordine tuscanico, hanno l’abaco prolungato, quelle superiori sono invece trabeate. Gli angoli del rettangolo di base ospitano coppie di colonne sulla quale insistono porzioni di muro convesse. La forma convessa introdotta nel chiostro diventa il motivo dominante della chiesa. Questa, iniziata nel 1638, ha una pianta costituita dal succedersi di rientranze e sporgenze. Quattro arconi riconducono la struttura alla perfetta importa ovale della cupola. Basilica di San Giovanni in Laterano Borromini, su commissione di Papa Innocenzo X, fu chiamato per l’intervento di trasformazione della basilica perché la chiesa minacciava di crollare. Il Borromini conciliò le esigenze statiche con quelle di conservare l’antica basilica, secondo il desiderio del pontefice. Egli trattò la chiesa come una reliquia, racchiudendola in un prezioso reliquiario in muratura. Infatti ne rinforzò le strutture inglobandole nelle nuove, ma rendendole visibili a tratti. 86 PIETRO DA CORTONA (1597-1669) Nato: 1597 Cortona, Arezzo Morto: 1669 Roma Attività: pittore e architetto Vita: Nato a Cortona da una famiglia di modesti artigiani, si forma inizialmente presso il pittore fiorentino Andrea Commodi, che nel 1611 lo conduce a Roma. E’ in questo contesto che Pietro seppe dare un autonomo impulso al proprio tirocinio, dedicandosi con passione allo studio dell’arte classica e della pittura di Raffaello. Il contatto coi rappresentanti della cultura antiquaria del tempo consolidò in breve la fama di Pietro, rendendolo l’artista prediletto di varie famiglie importanti romane. Lavorò senza interruzione a Roma, dove morì nel 1669. Trionfo della divina provvidenza Cortona fornice un contributo al rinnovamento della pittura decorativa ad affresco, proponendo un nuovo stile e una rielaborazione della cultura classicista, arricchisce la narrazione di effetti scenografici e fa un uso efficacissimo del colore. L’affresco, che si trova nella volta del salone di Palazzo Barberini, rappresenta simbolicamente la divina provvidenza che, al centro di una complessa e movimentata allegoria, fa incoronare dall’eternità lo stemma gentilizio della famiglia. Questo, caratterizzato da tre api dorate entro una ghirlanda d’alloro (simbolo di concordia e operosità nella gloria) è sorretto dalle Virtù teologali (fede, speranza e carità). Sulle orme dei grandi esempi di Correggio e Carracci, Cortona riesce a creare l’illusione di una straordinaria profondità prospettica, gettando le basi per quello che sarà uno dei temi decorativi fondamentali della pittura murale del 600/700. La novità della realizzazione è tale che la consistenza materiale del soffitto pare dissolversi. GUIDO RENI (1575-1642) Nato: 1575 Bologna Morto: 1642 Bologna Attività: pittore Vita: Fece le sue prime esperienze presso il pittore fiammingo Denijs Calvaert. Nel 1595 si avvicina all’Accademia degli Incamminati e seguì gli insegnamenti dei Carracci. Nel 1600 era a Roma, dove poté studiare le opere di Annibale Carracci, Caravaggio, Raffaello e le opere antiche. Nel 1603 torna a Bologna, si sposterà spesso a Roma per lavoro. Muore nel 1642 a Bologna. Stile: Guido Reni crede che il pittore debba imitare la realtà, però non quella quotidiana (come Caravaggio), ma una “ideale”, creata selezionando quanto di più bello offriva la natura stessa. Lui ricerca quindi la bellezza ideale e non quella che ha solitamente sotto gli occhi. Strage degli innocenti In questo dipinto, realizzato per la Chiesa di San Domenico a Bologna, possiamo riscontrare quanto lo studio delle sculture e delle architetture antiche di Roma e le opere di Raffaello siano stati utili per Reni. La scena raffigurata si riferisce al racconto evangelico secondo il quale il re Erode, per avere la certezza di sopprimere il piccolo Gesù, decretò la morte di tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni: gli innocenti, appunto. - La parte alta della tela è lasciata agli edifici e al cielo, attraversato dalle nuvole. A sinistra si erge una fortificazione, mentre a destra, su piani più avanzati., sono mostrate due architetture a ordini sovrapposti, unite da una superficie muraria interrotta da archi. Intanto dal cielo due angioletti distribuiscono le palme (simbolo del martirio). 87 LUIGI VANVITELLI (1700-1773) Nato: 1700 Napoli Morto: 1773 Caserta Attività: architetto Vita: Il padre è un vedutista olandese naturalizzato italiano, e il figlio Luigi inizia la propria attività artistica seguendo le orme paterne. Il successo però non lo raggiunge come pittore, quanto come architetto. Formatosi a Roma nell’ambiente di Carlo Fontana entra in contatto con il già affermato Juvara, del quale potrebbe esser stato anche allievo. Nel 1726 viene nominato primo architetto della Fabbrica di San Pietro. Successivamente, a fianco del razionalismo illuminista e della figura dell’architetto legata allo stile classico, incomincia a delinearsi anche quella dell’ingegnere, quindi non solo esperto di composizione e effetti scenografici, ma dovrà conoscere anche la fisica, matematica e geometria. Reggia di Caserta A Napoli, il sovrano Carlo III di Borbone, aveva intrapreso una vigorosa azione di riassetto politico ed economico dello stato. E’ in questo contesto che si inserisce la realizzazione della nuova e grandiosa Reggia, un palazzo che non doveva avere niente da invidiare alle altre regge europee. Vanvitelli non fu responsabile solo dell’aspetto architettonico della r e g g i a , m a a n c h e d e l l a risistemazione urbanistica intorno e dell’immenso parco -> simbolo del rinnovato stato borbonico. - Il palazzo appare come un massiccio parallelepipedo a pianta rettangolare, il cui spazio interno è diviso da due bracci ortogonali che intersecano i corpi principali delle facciate nel punto medio, dando origine a quattro cortili rettangolari. Le facciate interne hanno un paramento bugnato al piano terreno e intonaco liscio a quelli superiori, nei quali si allinea una serie di finestroni. Il perno centrale e punto di snodo di tutto l’edificio è il grande atrio ottagonale dove i due bracci mediani si incontrano dando origine a delle prospettive molto scenografiche. Da questo atrio, definito al piano terra da un’intersezione di volte a botte, si apre a destra il Salone d’onore, largo diciotto metri: ornato in marmo, si compone di una rampa centrale che si divide in due altre rampe a partire dal pianerottolo. Il punto di attacco è simbolicamente presidiato da due giganteschi leoni in marmo bianco. - Sul retro della reggia si estende, per oltre 120 ettari, un immenso parco. Vanvitelli, per la sua realizzazione, ha dovuto affrontare il problema dell’approvvigionamento delle acque necessarie al funzionamento delle cascate artificiali e delle fontane -> ha fatto costruire un apposito acquedotto che attraversa la campagna per vari km. In corrispondenza del centro della facciata si diparte un lunghissimo viale interrotto da fontane, vasche e cascate, in una successione che sembra prospetticamente infinita. Ai lati ci sono decine di vialetti nascosti tra la vegetazione che conducono ad altri ornamenti come statue e fontane. Tutti gli elementi naturali diventano come artificiali, ad esempio i fiori e le piante sono posizionati in maniera estremamente geometrica. Il paesaggio che ne deriva è quello di un prezioso fondale di teatro. 90 GIAMBATTISTA TIEPOLO (1696-1770) Nato: 1696 Venezia Morto: 1770 Madrid Attività: pittore Vita: Figlio di un modesto mercante, frequenta fin da ragazzo varie botteghe di artisti, senza però mai avere un vero maestro. Egli si ricollega infatti non ai suoi contemporanei, ma alla tradizione cinquecentesca dei coloristi veneti. Già dai suoi esordi veneziani, l’artista messe in evidenza la propria predilezione per luce e prospettiva, che saranno i suoi principali punti di riferimento e che lo porteranno a decorare palazzi e chiese in giro per l’Europa. Non abbandonerà mai lo stile neoclassico e la causa del declino della sua arte è proprio questa: il suo stile verrà reputato inconsistente e sorpassato. Quadraturismo: Per i suoi affreschi Tiepolo parte sempre dall’architettura all’interno della quale essi andranno ad inserirsi. Egli sfonda prospetticamente gli spazi, immaginando ambienti luminosi e profondi popolati da personaggi della mitologia classica. Grazie alle regole matematiche e geometriche molto più affinate e precise, la prospettiva del settecento tende a trasgredire la realtà stessa, inventando diversi punti di vista che, per quanto verosimili, sono al limite e sfidano la natura. Banchetto di Antonio e Cleopatra La scena risulta incorniciata da un arco a tutto sesto retto da colonne e pilastri, dipinte così bene da sembrare reali. Antonio e Cleopatra sono raffigurati seduti, ai lati opposti di una tavola riccamente imbandita. La presenza di due punti di fuga crea una visione dal sotto in su, che sottolinea la teatralità della scena, che si svolge su un piano rialzato rispetto al pavimento del salone. La veridicità dell’atmosfera viene creata grazie al massimo rilievo che viene dato alle vesti e ai personaggi di secondaria importanza, come ad esempio il nano di corte ritratto di spalle o ai servitori di colore. Cleopatra è colta nell’atto di sciogliere una perla nel vino al fine di impreziosirlo in onore di Antonio -> il gesto, la pienezza delle forme e le vesti ricche e suntuose rendono il prototipo della dama settecentesca. In tutti i quadri di Tiepolo è evidente la presenza di una luce fresca e brillante che avvolge gesti e personaggi in un’atmosfera di perenne mattino, questo grazie all’accostamento di colori complementari. 91 Residenza di Würzburg Tiepolo partecipa alla decorazione pittorica del monumentale Scalone d’onore nella residenza di Würzburg. La grande volta del soffitto, spalancata su un cielo ingombro di nuvole, è decorata da scene allegoriche con l’Olimpo e la personificazione delle quattro parti del mondo (Europa, Asia, Africa, America) che rendono simbolicamente omaggio al principe-vescovo. Il tema è così generale da consentire alla fantasia di Tiepolo di sbizzarrirsi in una delle rappresentazioni più ricche e scenografiche di tutta la cultura rococò europea. Religione, mito leggenda e gusto per l’esotismo si mischiano con sapienza in un susseguirsi di figure appariscenti e bizzarre. L’inverosimiglianza delle scene si sposano con la teatralità dell’effetto, dando alla scena complessiva un senso di sfolgorante luminosità. Il sacrificio di Ifigenia Il tema, epico-leggendario, rappresenta l’istante in cui la miracolosa comparsa di una cerbiatta fa comprendere che la Dea Artemide rinuncia al sacrificio della fanciulla, sacrificio che un indovino aveva suggerito al di lei padre Agamennone al fine di placare l’ira della dea che Agamennone aveva offeso. La scena è inquadrata da quattro colonne ioniche che sorreggono una trabeazione. Sulla sinistra la vaporosa nube rosa che sorregge Cupido e la cerbiatta sembra essere davanti alle colonne, quindi oltre il quadro e verso lo spettatore. La luce è protagonista: il freddo azzurro del cielo rischiara le tinte aranciate dei personaggi sullo sfondo, mentre la nube e le colonne in primo piano solo illuminate da una luce frontale. 92 Eton Collage Il dipinto, realizzato durante il periodo inglese, rappresenta la monumentale cappella dell’antico college di Elton, l’istituto privato superiore più prestigioso d’Inghilterra. La struttura al di là del Tamigi emerge con evidenza dal panorama delle altre costruzioni, imponendosi subito per il suo fuoriscala. In primo piano alcuni personaggi attendono il proprio turno per essere traghettati all’altra riva del barcaiolo che manovra con tranquillità un unico, lungo remo. Anche qui l’atmosfera è di un luminoso mattino limpido la cui luce esalta le architetture, sia il paesaggio all’orizzonte, mentre in primo piano a sinistra domina l’ombra. Il soggiorno in Inghilterra, non fa che rinvigorire la concezione canalettiana di una pittura tesa al rilievo oggettivo della realtà -> cambiando gli edifici e i paesaggi, ma non cambia l’atmosfera, sempre tersa come dopo un temporale primaverile. 95 FRANCESCO GUARDI (1712-1793) Nato: 1712 Venezia Morto: 1793 Venezia Attività: pittore Stile: Figlio e fratello di pittore, Francesco si forma in ambiente veneziano, attingendo però dall’esperienza illusionistica di Tiepolo. Guardi usa la camera ottica con più moderazione e le sue prospettive tornano ad essere interpretate, quindi filtrate attraverso la fantasia, e non descritte come quelle di Canaletto. I contenitori delle architetture, ad esempio, perdono la nitidezza del disegno tipico di Canaletto, l’uso dei colori cambia radicalmente e l’atmosfera che ne deriva è idealizzata e pittoresco e quindi la realtà viene interpretata sul piano del sentimento e della fantasia. Molo con la Libreria, verso la Salute La tela rappresenta lo stesso soggetto e lo stesso punto di vista di uno eseguito qualche decennio prima dal Canaletto. La tela del Guardi ricalca quella dell’altro maestro in modo così meticoloso da far pensare a una copia vera e propria o alla perfetta conoscenza del lavoro di Canaletto. La prospettiva del Guardi però appare subito più indefinita e scenografica. La basilica della Salute e la cupola e il campanile della Chiesa del Redentore sembrano quasi perdersi fra le nebbie dell’orizzonte. L’effetto che ne deriva è quello di una luce vibrante e di uno spazio più profondo e suggestivo di quello chiaro e razionale di Canaletto. Un’altra differenza sono i personaggi rappresentati a fianco della Zecca e della libreria: il Guardi si limita a suggerirceli con rapide macchie di colore, mentre Canaletto ce li descrive indugiandovi quasi con scientifica meticolosità. Laguna vista da Murano La piccola tela, realizzata negli ultimi anni di vita dell’artista, rappresenta alcune case, sulla destra, che si affacciano su una piazzetta assolata in riva al mare, sul cui lastricato si proiettano le lunghe ombre di altre case, sulla sinistra, che restano comunque al di fuori della scena. Due figure femminili sulla destra si affaccendano intorno alla tinozza del bucato; due signori discorrono tranquillamente presso la riva; altri personaggi si trovano sulle imbarcazioni. In lontananza si estende il dolce paesaggio lagunare. Guardi sa dunque cogliere un suggestivo squarcio di vita quotidiana nella luce vibrante del tramonto dorato, lontano dagli splendori delle architetture patrizie cittadine. Ne deriva un’atmosfera di magico incantamento, frutto di una sensibilità artistica estremamente personale e romantica. 96 ILLUMINISMO La seconda metà del Settecento e i primi anni dell’Ottocento sono periodi di grandi e radicali cambiamenti in vari campi del sapere. Fondamentali sono le scoperte di Galileo Galilei e di Isaac Newton, la cui diffusione del pensiero scientifico al popolo aveva prodotto in molti la convinzione che la scienza avrebbe finalmente potuto portare la felicità tra gli uomini. La realizzazione delle nuove macchine, soprattutto in Inghilterra, aumentava esponenzialmente e molti grandi proprietari si arricchirono. Chi invece prestava il proprio lavoro (proletario) vivevano una vita molto disagevole ed erano estremamente poveri e malsani. Contemporaneamente a questo processo, si fecero spazio nuove idee ottimistiche, maturate assieme alla convinzione di una sicura felicità per l’uomo che, non più soggetto alla durezza del lavoro fisico, era aiutato anche dai continui progressi della scienza. L’ottimismo veniva dalla fede nelle capacità intellettive degli uomini i quali, con la sola ragione, sarebbero stati in grado di liberarsi dalle vecchie idee, dai pregiudizi, dall’ignoranza e dalla superstizione. Le tenebre contro cui gli uomini combattevano sarebbero state rischiarate dalla luce della ragione -> da ciò il termine illuminismo -> “il secolo dei lumi”. GIOVAN BATTISTA PIRANESI (1720-1778) Nato: 1720 Venezia Morto: 1778 Venezia Attività: incisore e architetto Vita: Educato a Venezia secondo la tradizione architettonica lagunare, della scenografia, aveva raggiunto Roma nel 1740 e 1743 aveva pubblicato un insieme di incisioni di fantasia, permettendogli di imporsi come disegnatore e incisore di grandissime capacità tecniche. Stile: Durante il periodo del Neoclassicismo la tesi principale era quella che la purezza dell’arte fosse stata raggiunta solo dagli antichi greci e che i romani l’avessero corrotta -> Piranesi era dell’opinione che i romani non dovessero nulla ai greci, ai quali anzi erano superiori. Piranesi, sbigottito di fronte all’imponenza delle rovine di Roma, dava vita a un’archeologia visionaria (l’unica che potesse rievocare quel che non poteva più tornare) applicando l’identico tipo di rappresentazione grafica, una prospettiva ingegnosamente dilatata. Egli perveniva a immagini improbabili, magniloquenti e falsate nel documentare le meraviglie della tecnica costruttiva romana. Per Piranesi non esistono regole poiché la fantasia e la creatività hanno con continuità modificato l’architettura e gli ornamenti nel corso dei secoli, tanto che neppure negli edifici classici è dato di riscontrare il rispetto delle regole: ciò che vale per un edificio non necessariamente vale per un altro. In tal modo Piranesi è portato ad accogliere tutte le manifestazioni dell’arte dell’antichità e a fonderle assieme in modo eclettico. Santa Maria del Priorato Piranesi viene incaricato, nel 1764, di restaurare la chiesa. L’architetto si interessò alla creazione di una piazzetta a essa antistante e curò la progettazione nei minimi dettagli. Da tale accurata progettazione derivò un edificio dove gli ordini architettonici classici sono rielaborati in modo eclettico, specie nella facciata che pare un’enciclopedia dell’ornamentazione, fantastica ma rigorosa al tempo stesso. Il portale è affiancato da immagini simboliche ed è sormontato da decorazione che trasformano la finestra preesistente in una specie di motivo centrale di un sarcofago. Con questa chiesa, Piranesi affermava la propria libertà inventiva in un insieme ordinato di elementi decorativi eterogenei. 97
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