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appunti di storia dell'arte- donatello, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

appunti di storia dell'arte moderna; libro+ appunti

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 22/08/2019

giulia-pat-8
giulia-pat-8 🇮🇹

4.3

(25)

32 documenti

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Scarica appunti di storia dell'arte- donatello e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! DONATELLO (1386-1466): inventò lo stile stiacciato basato su minime variazione millimetriche degli spessori e che non impedisce la creazione di uno spazio illusorio. Tra il 1402-04 sta a Roma con Brunelleschi, ma nel 1404 torna a Firenze per collaborare con Ghiberti alla porta nord del Battistero. I primi lavori artistici di Donatello ruotano intorno a due grandi cantieri: Duomo e Orsanmichele. Per la chiesa di Orsanmichele ha fatto San Marco (1), San Giorgio (2) e San Ludovico di Tolosa. Nel 1425 iniziò una collaborazione con Michelozzo con il quale avviò una bottega; i due lavorarono al monumento funebre di Giovanni XXIII e al Duomo di Prato. “Crocifisso” (1406, Basilica di Santa Croce): quest’opera viene criticata da Brunelleschi che rimproverò Donatello di aver messo in croce un contadino. Sfidato a fare di meglio Brunelleschi avrebbe scolpito in risposta il solenne crocifisso di Santa Maria Novella. Il confronto tra i due crocifissi dimostra le differenze tra i due padri del Rinascimento fiorentino. Il cristo di Donatello è costruito sottolineando la sofferenza e la verità umana del soggetto. Il corpo sofferente è composto con un modello energico è vibrante, che non fa concessione alla convenienza estetica: l’agonia è sottolineata dai lineamenti contratti, la bocca dischiusa, gli occhi semiaperti, la composizione sgraziata. Con quest’opera Donatello sembra polemizzare contro le eleganze di Ghiberti ma anche contro la compostezza di Brunelleschi. “Ludovico di Tolosa” (1423, museo di Santa Croce): venne commissionata dalla parte guelfa per la propria nicchia nella chiesa di Orsanmichele. Alla creazione della nicchia partecipò anche Michelozzo. Il santo è rappresentato come un giovane vescovo con mitria e bastone pastorale, nell’atto di benedire con la mano destra. Venne utilizzata una tecnica di fusione innovativa per una statua di tali dimensioni (2,6 m di altezza). “Abacuc” (1423-35, Museo dell’Opera, Firenze): è una statua di Donatello proveniente dalle nicchie del campanile di Giotto. Il profeta Abacuc è così poco idealizzato, con i tratti somatici irregolari, che i fiorentini lo soprannominarono “zuccone”. Il soggetto della statua non è identificato con certezza assoluta. Questa è forse la statua meglio riuscita di tutta la serie del campanile, annoverata tra i capolavori di Donatello. Il profeta è ritratto calvo, di una magrezza ascetica, con una lunga tunica, che sottolinea la maestosità della figura, ma anche il suo tormento interiore. La bocca semiaperta, gli occhi incavati e la calvizie penetrano la fisionomia del soggetto, superando con intenso realismo qualsiasi notazione grottesca. “Geremia” (1427-35, Museo dell’Opera, Firenze): è una statua di Donatello proveniente dalle nicchie del campanile di Giotto. Il soggetto della statua non è identificato con certezza assoluta. Il profeta è raffigurato come un uomo di mezza età con una capigliatura ricciuta e con la barba corta. L’opera è un capolavoro di penetrazione psicologica, con una significativa espressività del volto. La testa è piegata a sinistra, evidenziando la piega della bocca con il labbro all’ingiù, le sopracciglia corrucciate e i muscoli del collo in tensione. L’effetto generale di imponenza è dato dai gesti pacati e dal chiaroscuro del panneggio, che è mosso e vibrante. “Santi Stefano e Lorenzo” (1430-40, San Lorenzo): questo stucco decora la parete sinistra sulla porta dei Martiri nella Basilica di San Lorenzo. La sua forma è quadrata, sormontata da un semicerchio e circondata una cornice. Un primo contratto con Donatello risalì al 1428 quando iniziò a fornire i primi rilievi, compreso questo. Brunelleschi non fu contento dei lavori di Donatello perché andavano a rovinare l’essenzialità decorativa di cui si faceva promotore. La coppia di santi è trattata in modo simile agli evangelisti, cioè con figure isolate, rese con la bicromia bianco-azzurro arricchito con le aureole dorate. Santo Stefano è a sinistra ed è riconoscibile per l’attributo del sasso sulla testa, essendo stato lapidato. San Lorenzo è a destra ed è riconoscibile per la graticola con cui fu martorizzato. I due santi sono raffigurati come se stessero dialogando fra loro; l’accoppiamento fra Stefano e Lorenzo è tipica perché i due furono tra i primi martiri ad essere sepolti a Roma nella basilica di San Lorenzo. “David” (1408, Museo del Bargello): l’opera era inizialmente destinata a una tribuna esterna del Duomo, ma invece venne acquistata dalla signoria che la fece portare al Palazzo Vecchio. Importante era il significato che veniva attribuito al David come simbolo di Firenze. È rappresentato subito dopo la sconfitta del gigante Golia, la cui testa si trova ai suoi piedi. Le braccia sono estremamente lunghe ma sono presenti già elementi ripresi dal classico: le mani, il torso, la testa. La posa e l’atteggiamento sembrano esprimere fierezza e lo spostamento del peso sulla gamba destra, con il busto in torsione, denota la volontà di creare un effetto dinamico. “David”(1440, Museo del Bargello): la statua ha gli attributi sia dell’eroe biblico, simbolo delle virtù civiche e del trionfo della ragione, sia del dio Mercurio, dio dei commerci. L’eroe è raffigurato in piedi con un cappello a punta decorato da una ghirlanda di alloro, i capelli sono lunghi e sciolti, il volto rivolto verso il basso, il corpo nudo; è appoggiato sulla gamba destra, mentre la gamba sinistra è poggiata sulla testa di Golia. Il corpo è quello di un fanciullo gracile ma armonioso e leggero, con una postura fiera e disinvolta. Nella mano destra tiene la spada e in quella sinistra nasconde il sasso con cui ha stordito il rivale. Il corpo del David è ritratto nella sua perfezione e potenza; il viso non è solo pensieroso ma trasmette una sensazione di superiorità, con uno sguardo consapevole. Infine la testa di Golia è un capolavoro specialmente per la sua forte espressività. “Monumento al Gattamelata” (1443-53, Padova, Piazza del Santo): statua eretta in onore del condottiero della Repubblica Veneta Erasmo da Narni, detto Gattamelata. Il monumento non nacque come cappella funebre ma l’opera si manifesta come la prima opera pubblica puramente celebrativa. Nella statua sia il cavallo che il cavaliere sono ritratti con connotazioni psicologiche che arricchiscono l’opera. Il cavallo: la figura dell’animale è fremente ed è attraversata da un’evidente tensione. Le proporzioni del cavallo sono leggermente superiori di quelle del cavaliere e ciò è stato interpretato come un effetto voluto per accentuare l’impresa del comando del condottiero. L’espediente di appoggiare lo zoccolo alzato su una sfera serve per garantire un equilibrio all’opera. Il condottiero: il Gattamelata è fiero e severo ed ha in mano il bastone del comando. La sua armatura fu reinventata da Donatello formandone una che non corrisponde alle armature in uso in quel tempo. Il condottiero fissa un punto lontano e tiene in mano il bastone del comando in posizione obliqua che fa da contrappunto alle linee orizzontali del cavallo. Il Gattamelata avanza a volto scoperto perché la presenza di un elmo avrebbe reso il guerriero nulla più di una macchina da guerra. Il suo volto esprime invece la determinazione di chi affronta la battaglia. L’effige si ispira alla ritrattistica romana, soprattutto per lo sguardo che esprime potenza, determinazione, forza di volontà e lealtà. “Attys” (1440, Museo del Bargello, Firenze): non si conoscono documenti sulla collocazione originaria e sulla commissione. Le capsule di papavero sul cinturone simboleggiano il sonno, ma sono anche la figura della famiglia Bartolini Salinbeni, anche se una possibile commissione di questa famiglia è tutta da dimostrare. Il titolo dell’opera è convenzionale e rispecchia la più diffusa fra le molteplici interpretazioni. Ritrae un bambino paffutello che sembra inscenare una danza con le braccia in aria e con l’ondeggiamento delle spalle. L’atteggiamento è gioioso e vitale. Ha numerosi attributi tra cui le ali richiamano amore (Eros), mentre i gambali richiamano Attys, (servitore eunuco che guida il carro di Cibele). Tra le proposte si sono succeduti Priapo, Mercurio, Cupido, Ercole, Eros. Ciascuna indicazione si avvale del riscontro di alcuni attributi. “Maddalena” (1455, Museo dell’Opera del Duomo): fu commissionata per il Battistero di Firenze nel 1453, epoca in cui Donatello era anziano e la propria malattia e vecchiaia favorirono sicuramente la concentrazione su temi legati all’aldilà. Destò molto la sensibilità dei fiorentini a causa dello scabro realismo. Non si sa quale fu la destinazione originale ma si sa che nel 1500 si trovava nel Battistero, come attesta un pagamento da parte dell’Arte di Calimala. Maria Maddalena è rappresentata negli anni della vecchiaia, quando pellegrinò digiunando nelle foreste della Francia. Già famosa per la sua bellezza venne completamente avvolta dai suoi capelli. La sua storia era il miglior esempio di ascesi, ottenuta attraverso il rifiuto del mondo e la preghiera. L’esile figura è rappresentata in piedi. Il volto è scavato, gli occhi infossati e la magrezza rivela i muscoli. I lunghi capelli sono intrecciati intorno ai fianchi e rendono il corpo scheletrico una massa informe. Le mani sono quasi giunte ma non si toccano, come se ella fosse colta nell’atto di iniziare un’ulteriore supplica. La bocca è dischiusa e lascia intravedere i denti; lo sguardo è fisso e angoscioso. Sembra percepire nella Maddalena la vicinanza della morte, aspetto che fa di quest’opera il capolavoro del naturalismo più vero. “La Deposizione”(1460-66, San Lorenzo, Firenze): il “Pulpito della Passione” è uno dei due Pulpiti di San Lorenzo a Firenze. Donatello ne curò la progettazione e il disegno, ma forse le altre fasi vennero curate dagli aiutanti. I due pulpiti sono legati a numerosi problemi: difficile valutazione dell’autografia, committenza e funzione originaria. La sistemazione attuale, sull’alto di 4 colonne, risale a molti anni dopo la morte di Donatello. Il Pulpito della Passione è quello conservato nella navata sinistra. I lati maggiori contengono due/ tre scene ciascuno, più una per ciascuno dei due lati minori, per un totale di sette scene. Il “Compianto” (cioè la Deposizione) è ambientato nello stesso luogo della Crocifissione, ma con le croci ancora in alto che lasciano intravedere solo i piedi e gli arti inferiori dei condannati. Una forte cesura
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