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Appunti di Storia e Metodologia della Critica d'Arte + Domande Esame, Appunti di Arte

Appunti completi presi dalla lezione della professore Sandra Costa

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 29/09/2022

Matteo_Scorpioni
Matteo_Scorpioni 🇮🇹

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Scarica Appunti di Storia e Metodologia della Critica d'Arte + Domande Esame e più Appunti in PDF di Arte solo su Docsity! Critica 1 – 20.09 Tematica generale di approfondimento per il seminario: la fortuna critica in italia e in europa di un testo o di un autore italiano tra 19 e 20 secolo 3282682511: numero personale della costa Se le scriviamo una mail dobbiamo aggiungere il numero di telefono, così ci chiama Modalità di esame: orale 4 domande 1. Una di inizio “apparentemente facile”: argomento preferito Qui valuta qual è la competenza sul tema, l’abilità nel porre relazioni tra gli argomenti, come ci muoviamo all’interno 2. Domanda di analisi per vedere se abbiamo studiato puntualmente 3. Domanda di sintesi elaborare un discorso/connessione all’interno di elementi studiati insieme: per vedere quanto abbiamo capito 4. Domanda di orientamento bibliografico sul contesto dell’autore che scrive un determinato libro, le condizioni in cui è stato scritto, il motivo della sua rilevanza Compito e significato della critica d’arte Il fine della critica d’arte è l’interpretazione e la valutazione delle opere artistiche Questo lavoro è un risultato dinamico, una costante evoluzione di una ricerca di modelli (ferdinando bologna) critici/storici/metodologici Spesso la scelta di questi modelli è molto difficile e oggetto di polemica perché nessun metodo è neutrale, ma ha una dimensione ideologica (cassirer) Bisogna poi tener presente che come un artista ha una evoluzione artistica, anche i critici vivono passaggi evolutivi e maturano convinzioni metodologiche “evolutive” (bisogna pensare alla critica come qualcosa di permeabile e dinamico, in quanto estremamente legata ai contesti storici) A cosa serve La critica adempie una funzione mediatrice tra gli artisti e il pubblico – è all base della costruzione di un rapporto tra produttori e fruitori Obiettivi della critica Sostanzialmente la valutazione storica delle opere e di alcuni elementi come l’originalità dell’opera/del tema/delle forme/della tecnica – comprensione del modo in cui un’opera irrompe nel filo della storia proponendone delle soluzioni altre, più ricche In questo senso è fondamentale la dimensione di consapevolezza della storia che consente di capire quello che è l’eredità della tradizione, l’importanza del passato rispetto alla situazione contemporanea È un presupposto utilissimo perché evita di pensare che solo il mondo contemporaneo si sia posto dei problemi, in quanto in realtà ci sono temi ricorrenti che attraversano tutta la nostra cultura Rapporto tra la storia dell’arte e la critica d’arte La dimensione contemporanea tende a dire che il giudizio critico è sempre storico: la distinzione viene considerata convenzionale Nel tempo la critica d’arte si è arricchita di modalità e attori: si è attuato un allargamento progressivo nei confronti della storia dell’arte e degli strumenti con cui è stata fatta (ricettari, trattati, epistolari, dialoghi, e poi dalla grandissima varietà tecnica del 900: docufilm, documentari, tecnologia) Quando nasce la critica, qual è la storia di queste valutazioni/interpretazioni dell’operare artistico Inizia nel momento in cui inizia anche la letteratura artistica: generalmente si parla del cinquecento, anche se in realtà le radici sono decisamente più lontane Certo è che lo sviluppo della critica si collega direttamente alla concezione dell’arte come arte liberale e all’idea che possa esistere un pubblico di mezzo (punto fondamentale messo a fuoco dal Vasari, che si rivolge a un pubblico che non è composto da artisti ma neanche devoti) La critica d’arte non è mai neutra proprio perché interpreta Può essere anche militante, cioè vuole orientare il gusto (anche secondo una dimensione politica – esigenze ideologiche) Non si limita a testimoniare ma entra nella battaglia dell’arte (uno dei primi esempi di questa tendenza si trova in Bellori, 1680 critico ferocissimo contro il barocco di Bernini) Nel corso del 20sec si sviluppano metodologie diverse metodi endogeni/esogeni, formali, iconografico e iconologico, sociologico, psicanalitico, strutturalista, antropologico In realtà il gioco interessante è fare appello a tutti questi metodi per riuscire a leggere un’opera a 360 Rapporto difficilissimo nella definizione del perimetro dell’arte: qual è il confine tra arte e cultura (tra l’altro nel momento in cui ridefiniamo l’arte, dobbiamo riguardare alla produzione del passato in modo diverso – vedi la rivalutazione delle arti decorative) Il ruolo centrale dell’arte italiana Fino a tutto il 900 la storia dell’arte italiana ha avuto un ruolo fondamentale nella critica perché è diventata la palestra europea di tutta la metodologia della storia dell’arte Infatti l’uso dei grandi capolavori italiani per dimostrare il proprio approccio è stata una costante in tutta europa Certamente l’arte italiana è stata usata perché considerata l’eccellenza ma anche perché si considerava che tutti gli uomini di cultura li conoscessero – così l’arte italiana fino a tutto il 900 ha un posto centrale nella sperimentazione sui metodi (è interessante perché mentre fino a rinascimento e barocco è vero che la produzione artistica italiana è la più importante, dopo perde di rilevanza, ma a quel punto è la sua la storia a diventare importantissima) Costa 2 – 21.09 Definizione di arte tra 800 e 900 • 800: introduzione del termine monumento – (da memento, memoria) In realtà questa parola all’inizio indicava qualsiasi forma artistica e non solo la dimensione architettonica e urbanistica • Metà ottocento La definizione opera d’arte entra nell’uso corrente • Seconda metà dell’ottocento Si apre un dibattito fino ad allora non poi rilevante – nasce definitivamente la separazione tra arti maggiori e arti minori (arti applicate/decorative) Questo avviene perché con la rivoluzione industriale si separano i protagonisti della produzione delle opere – da un lato gli artisti, dall’altro l’inizio di una produzione proto- industriale Prima infatti gli atelier artistici erano polifunzionali, ora si separano in strutture più specializzate, in cui l’artigianato viene ripreso più che altro in industria • Prima guerra mondiale: primo momento di grande crisi per la cultura occidentale Nascono tutte le varie metodologie critiche e nel corso del 900 vengono inserite nuove definizioni - Arti della visione Termine che si focalizza sull’importanza della vista nella fruizione dell’opera (che non è più solo il quadro: bisogna ricordarsi che nel novecento la dimensione artistica si fa più interdisciplinare, basti pensare al cinema, all’idea sulle arti che si sviluppa nel 68 etc) - Beni culturali (definizione che ha origine negli anni 60 in Italia) Così vengono indicati tutti i manufatti che indicano la manualità dell’uomo, la cultura umana e vengono considerati patrimonio della collettività Questa definizione si amplia quindi al territorio e alle testimonianze della cultura minori e più umili Questo è il passo necessario per arrivare alla diffusione della nozione di patrimonio: collettivo, condiviso e protetto dalla comunità stessa Ferdinando Bologna: una proposta di metodo globale (uno dei grandi storici dell’arte fautori dell’importanza della cultura materiale, della museologia, dei beni culturali, della concezione di una storia dell’arte un po’ allargata – protagonista dell’innovativa collana “storia dell’arte” di Einaudi negli anni 70) Cerca di imporre grazie alla sua autorevolezza di studioso un diverso modo di concepire la metodologia della critica d’arte Propone di abbandonare le polemiche e le dispute tra le varie metodologie per riuscire a utilizzare tutte le diverse chiavi di lettura della critica per una lettura a 360 gradi Individua tre vie essenziali che hanno dato problemi interpretativi nella storia della critica: • L’immagine come rappresentazione naturale organizzata in iconografia – interpretazione concettuale dell’opera • L’elaborazione plastica: opera come manufatto senza distinzione tra concezione e mezzi di espressione – interpretazione formale • Contenuto globale – utilizza contenuti e forma per arrivare a una concezione della storia dell’arte come parte della storia della civiltà (unisce interpretazione concettuale e formale) Problemi del contenuto globale • Individuare i testi fondatori della disciplina Capire perché, quando e come si è costruito il discorso critico (la dimensione storica/di contesto è fondamentale per capire un fenomeno) • Come e quando sono stati integrati nello stesso discorso una narrazione storica e l’analisi formale di singole opere Cioè quando avviene il passaggio di focus dal che cosa un’opera d’arte rappresenta a come lo fa (Si può risalire all’attività di Diderot ai salon) • Come nasce e si sviluppa un vocabolario per caratterizzare gli artisti, la loro produzione e gli aspetti pratici dell’arte Tutta la critica d’arte è caratterizzata da questa ricerca delle parole per descrivere le opere, il ruolo che hanno nella società, le emozioni che fanno provare (La Costa aggiunge che non è solo una questione di lessico ma anche di struttura linguistica che nel corso del tempo diventa molto variegata e sempre più internazionale, europea) Alle origini della storia della critica d’arte Un primo tentativo di costruzione storica può essere individuato nei 10 libri di Vitruvio, de architectura Nell’antica Grecia si aveva una letteratura prodotta degli artisti e un tipo di scrittura caratterizzata dalla costruzione storica – aneddoti, allegorie – di cui uno dei principali esponenti fu Duride di Samo Importantissima fu poi l’opera di Plinio, la naturalis historia, in quanto rappresenta un grande tentativo di mettere in connessione natura e cultura Eredità di Plinio: - Il suo tipo di approccio si può già trovare negli scritti di Ghiberti del 1469 - Nel 1476 Plinio viene tradotto in italiano - Alla fine del 1500 viene pubblicata un’edizione commentata francese L’eredità di Plinio consiste nella considerazione di diversi aspetti dell’opera: vi troviamo indicazioni tecniche, storiche, critico descrittive (ekphrasis) ma anche una fondamentale dimensione topografica, che per la prima volta indica i centri di produzione dell’opera d’arte Medioevo Nel primo medioevo la letteratura artistica prende due diramazioni estremamente diverse - Quella del ricettario, dimensione assolutamente tecnica delle botteghe - Quella della dimensione filosofica di chi si occupa di estetica (tendenzialmente quindi prodotta dal clero) Si perde quindi il modo antico di pensare all’arte e si rimane con questi due filoni divergenti La presenza del discorso sull’arte è importante ma la dimensione è molto diversa dal mondo moderno e contemporaneo In questo mondo medievale, dove c’è una ricca produzione topografica (cioè a Costantinopoli e Roma) si continua a recuperare il discorso dell’ekphrasis senza però preoccuparsi che questa descrizione sia corrispondente alla realtà – divario enorme tra realtà e descrizione (esistono inoltre molte descrizioni che nascono come descrizioni immaginarie che pertanto vengono inserite in una produzione letteraria e non di critica storico/artistica) Come si diceva nasce anche una produzione che sarà fondamentale per tutto l’occidente latino: i ricettari È una produzione che tende a raccogliere tutta la tradizione delle botteghe d’arte all’interno di documenti che si rivolgono ai professionisti dell’arte – la letteratura artistica medievale è soprattutto questa, estremamente tecnica (anche perché spesso le tecniche artistiche sono complicatissime) Nel medioevo abbiamo due importantissimi autori di critica • Eraclio - de coloribus et artibus romanorum Nome che in realtà indica un lavoro collettivo: due volumi del 10sec, un terzo dell’alto medioevo L’autore diventa quindi funzionale a inserire la letteratura artistica all’interno di una dimensione di racconto • Teofilo Autore realmente vissuto, monaco probabilmente orafo, in quelle date arte maggiore per eccellenza) Scrive la schedula, enciclopedia tecnica dell’arte del primo medioevo (la trasmissione delle tecniche in medioevo avviene soprattutto all’interno del convento almeno fino al 400) Troviamo le ricette per quelle che sono le grandi opere del tempo: la grande pittura murale che decora conventi e palazzi e le miniature È un testo in prosa (più semplice da capire) anche se ha velleità letterarie forti Verso il mille la questione dell’arte comincia a essere inserita in diversi documenti: lettere, cronache, sermoni Questi documenti eterogenei dimostrano il progressivo aumento di un’attenzione per l’arte (chiaramente si parla principalmente di opere che si trovavano in chiesa – le uniche opere che possono essere visibili a tutti e quindi a cui si può fare riferimento) La lenta emancipazione degli artisti – tra 12sec e 13sec Alcuni artisti cominciano a cercare di scrivere dei trattati tecnici e ricettari senza essere necessariamente legati alla vita in convento (la scrittura avviene anche per affermare una posizione sociale) Livre de portaiture, Villard de Honnecurt – libro francese in cui sono contenute varie indicazioni sul canone proporzionale: mettendo l’uomo al centro delle sue ricerche è un libro che indica una piccola svolta verso l’antropocentrismo La speculazione sull’arte resta comunque generalmente appannaggio degli ecclesiastici Paradigmatica è l’opera Considerazioni sul bello di san tommaso d’Aquino per comprendere come l’arte può essere considerata importante anche per il lavoro del religioso Bisogna sempre tener presente che l’arte è bibbia pauperum – il discorso sull’arte assume quindi una dimensione di catechesi, assumendo la funzione di spiegazione al popolo della verità della bibbia (ricorda che i sermoni sul retro avevano le immagini per il popolo) L’elemento laico cerca di assumere un ruolo in modo progressivo (ma ce la fa molto tardi o isolatamente) Tutti questi aspetti sono anche strettissimamente collegati a due elementi del contesto politico e sociale  L’arte viene riconosciuta come strumento politico per sottolineare l’identità e il valore di una collettività cittadina o regionale Volontà di egemonia che si esprime attraverso la celebrazione dell’arte  Gli artisti cominciano ad interessarsi alle lettere, ai testi e a tutto quanto esprime testimonianza sulla loro arte perché vogliono assolutamente un riconoscimento sociale – non vogliono più essere artigiani legati alle corporazioni ma essere riconosciuti come intellettuali per la libertà (di movimento) Volontà di riscatto sociale che si esprime attraverso i testi Questi due elementi concorrono alla nascita di una nuova disciplina: la storia dell’arte Le condizioni necessarie per la sua nascita sono: - Inserire la riflessione sull’arte in una prospettiva storica sulla civiltà - Riconoscere lo statuto dell’artista come statuto di un’intellettuale – in questo senso è fondamentale l’idea che le arti visive facciano parte delle arti liberali e quindi della cultura Il primo a fare il salto dal ricettario al trattato, il primo testo di passaggio è il libro dell’arte di Cennino Cennini Il suo è il più vecchio dei tre trattati d’arte scritti nella prima metà del 400 Un elemento a cui bisogna prestare attenzione è la lingua in cui il libro è scritto, il volgare, che è significativo per comprendere che l’opera si indirizza a un pubblico diverso, anche quello degli artisti È un libro particolare in quanto contemporaneamente l’ultimo ricettario medievale e il primo trattato in cui si rivendica la dignità dell’arte - Si guarda alla vita delle botteghe con estrema attenzione - Ma è fondamentale idea dell’arte come inserita all’interno di un sistema culturale, mercantile ed economico Quest’ultima è una concezione estremamente moderna che inserisce l’arte come elemento dinamico all’interno della società Troviamo qui aspetti teorici che appaiono per la prima volta:  Affronta il problema del canone  Inserisce definizioni che non c’erano: stile moderno, maniera, fantasia – utilizza parole che non erano mai state usate per l’arte che riflettono anche una particolare concezione della creatività dell’artista Tra l’altro questo lessico che compare per la prima volta scritto era probabilmente il lessico comunemente usato nelle botteghe – testo come testimonianza di quella che era la riflessione interna alle grandi botteghe del periodo  L’artista non imita la natura ma la reinventa – riconoscimento della capacità creativa dell’artista che non è più solo capacità tecnica  “fantasia, con operazione di mano” – inserisce l’attività artistica tra quelle intellettuali che però resta collegata all’abilità della mano – prima definizione completa e quasi moderna dell’opera d’arte Probabilmente Cennini aveva delle competenze legate alla conoscenza della trattatistica antica, ma è complicato capire nello specifico come e cosa aveva letto/conosciuto Es: inserisce l’uomo nel circolo ma probabilmente non conosceva Vitruvio Lorenzo Ghiberti e i commentarii Con quest’opera entriamo pienamente all’interno della dimensione umanistica della storia della critica d’arte, di una consapevolezza di se dell’artista (ancora legata alla volontà di riscatto sociale e di dimostrazione della dimensione intellettuale) Quello di rattato incompiuto (1445-55) diviso in tre parti  Arte greca e romana L’arte antica viene concepita come prototipo dell’arte per eccellenza Qui troviamo riferimenti a Vitruvio e Plinio – prospettiva e anatomia (tormentone di tutta la trattatistica rinascimentale sulle arti, in quanto aggiungevano l’elemento matematico e scientifico alla dimensione dell’arte – la matematica era considerata arte liberale e innalzava così l’arte)  Biografie di artisti Con novità straordinarie A differenza di quanto era avvenuto precedentemente qui le biografie non vengono mai fatte su una base aneddotica ma raccontate sulla base di elementi relativi alle opere Inoltre Ghiberti usa le biografie degli artisti per chiarire le sue posizioni e le sue scelte artistiche Troviamo anche la prima autobiografia artistica della storia (bisogna ricordarsi che è in quel momento storico è l’artista più importante)  Una parte scientifica Con teoria delle proporzioni e leggi dell’ottica Non si tratta più di ricette ma di una vera e propria teoria della visione Qui nasce quel filone tosco-romano (etruscan revival: chastel) – toscanità come valore di eccellenza per l’arte in Italia Così entriamo pienamente nella concezione moderna della storia della critica d’arte Con i commentari di ghiberti abbiamo due cose da tenere presenti: 1) L’esaltazione di se stesso 2) L’idea di un’arte che è intellettuale Questo secondo punto implica un nuovo problema: dove gli artisti vanno a pescare queste competenze intellettuali Qui si propone un’educazione enciclopedica dell’artista – per la prima volta l’artista diventa uomo dalle molteplici conoscenze: ci si rende conto che le competenze strettamente tecniche non sono più sufficienti per creare l’Artista, per eccellere nell’ambito di un’arte che ha bisogno anche di competenze intellettuali Così nascono trattati e luoghi di insegnamento specificatamente dedicati alle arti – le accademie nascono per insegnare agli artisti tutta la dimensione culturale, più che quella tecnica La scrittura di Ghiberti è in volgare e molto appassionata L’autore oscilla tra quello che il racconto del cosa e la descrizione del come – con anticipo su Diderot inizia un percorso di straordinaria modernità: racconta le storie e i contenuti dei quadri e poi adatta questi contenuti alle necessità dell’ecfrasis – cerca di adattare quello che dice a quello che vede e non solo alla storia Inoltre da anche dei giudizi - Es: ambrogio lorenzetti e il chiostro dei frati minori a siena: giudizio non sulla storia ma sul modo in cui è stata dipinta – giudizio di stile che comincia ad essere inserito all’interno della critica d’arte Nel corso del 400 appaiono vite degli artisti nelle storie delle città, il che indica che c’è un interesse del pubblico Inoltre le vite degli artisti vengono inserita all’interno della “lotta dei campanili” – la dignitas della città, l’identità cittadina contribuiscono a elevare lo status degli artisti perché li inseriscono all’interno della rivalità tra i comuni Leon Battista Alberti Prima figura poliedrica che sarebbe riduttivo definire come artista (lui era principalmente architetto) Intellettuale a 360 di stampo umanista e rinascimentale Figura chiave: in grado di parlare da pari a pari coi committenti, coi principi, anche in latino – figura di intellettuale di autorevolezza assoluta e riconosciuta nel periodo che scrive trattati di qualsiasi genere e anche dei trattati famosissimi sull’arte  De pictura 1435: scritto in latino (accessibile ai committenti, a qualche principe, sicuramente non diffusione capillare) 1540 a basilea: prima edizione a stampa  Sulla pittura 1436: scritto in volgare Prima edizione a stampa: 1847! Guardando la storia editoriale del libro ci si rende conto che in realtà il fatto che tutti gli artisti contemporanei avevano letto i suoi scritti è piuttosto improbabile Le vicende del de pictura ci portano a un problema metodologico fondamentale, ovvero alla riflessione sui destinatari dell’opera e sulla sua reale diffusione (indizi forti sono sia la lingua che le date di stampa)  De re aedificatoria  De statua De pictura Secondo Alberti il pittore deve agire come il retore ciceroniano e delectare, docere e movere per riuscire a interessare il suo pubblico Attraverso la bellezza le opere devono avere un ruolo didattico sulla virtus del pubblico Concezione che deriva dall’ars oratoria (che si sviluppa in grecia con l’accesso alla politica delle classi più popolari) Qui abbiamo la teorizzazione di un’arte che deve avere un ruolo politico, morale e etico e attraverso il diletto deve arrivare a una didattica non solo religiosa ma anche anche etica (movere: spingere alla commozione) – di un’arte che ha un ruolo attivo all’interno della società Al di la di tutti i discorsi teorici/tecnici Abbiamo la prima chiarissima identificazione del pittore come intellettuale inserito nell’attualità culturale del suo mondo e della sua città b) Il mondo dei committenti per forgiarne il gusto e “creare dei collezionisti consapevoli” Il 400 si chiude così con una serie di questioni ancora completamente aperte Il 500: la collaborazione tra artisti e letterati Questo secolo è uno dei momenti più importanti per lo sviluppo di tutte le diverse tipologie della critica d’arte Infatti qui troviamo strumenti di discorso e modalità dello stesso che si arricchiscono – il panorama diventa più vario e interessante, con evidenti opposizioni tra i vari letterati Nel sistema generale la teoria artistica generale si articola in un discorso bipolare  Da un lato troviamo un’attenzione sempre più forte a quelli che sono i problemi della forma Si comincia a sviluppare un modo di parlare d’arte, collegato a un nuovo lessico, che punta a descrivere le diverse modalità in cui la forma si esprime  L’altra è la via dei contenuti Si indica così un modo critico in cui si privilegia non tanto come una pittura è stata eseguita ma ciò che rappresenta. Così la narrazione diventa storica Bisogna ricordare che la pittura di storia a queste date è al vertice dei generi della pittura, la questione della narratività è fondamentale (per “pittura di storia” si indica quella di grandi dimensioni, e soprattutto che rappresenta l’uomo in azioni esemplari – è una pittura dal valore didattico e morale che ha come fine quello di proporre la virtus, l’exemplum (formalmente legata all’idea di decorum: adeguamento tra la forma e il soggetto)) In questo contesto è fondamentale lo sviluppo della stampa, che implica la moltiplicazione non solo dei trattati sulle arti e le tecniche ma anche una serie di testi (tra cui primo di tutti l’hypnerotomachia poliphili) che per le incisioni che propongono diventano delle forme diffuse di questa concezione di una pittura colta, le cui immagini possono rinviare a testi complessi e a una dimensione laica Fondamentale in questo senso è la circolazione di iconologia di Cesare Ripa È un testo che a 500 inoltrato propone una sorta di bibbia/prontuario ampiamente riconosciuto per divulgare ai diversi pittori immagini che sono fatte per comprendere dei valori simbolici Rappresenta delle allegorie che vengono codificate nei loro attributi e rese universalmente decifrabili L’intento è quello di organizzare un metodo di definizione delle immagini che possano rappresentare anche dei concetti morali Le edizioni arrivano sino alla metà del 1764/7: la forma cambia ma gli attributi sono sempre quelli È importante notare che questo è un testo in cui la dimensione intellettuale viene necessariamente completata dalle immagini Punto fondamentale di tutto il lavoro del 500 sulle arti: 1546 a Firenze, le lezzioni di Benedetto Varchi Siamo nell’ambito dell’accademia fiorentina (accademia intellettuale e non di disegno) In questa accademia Varchi tiene due lezioni legate alla creazione artistica e diventate famose perché vi si tratta della questione del parallelo sulle arti L’importanza delle lezioni è enorme in quanto legittima il discorso sulle arti come discorso culturale È il momento in cui finalmente la discussione esce dagli atelier e entra nei luoghi deputati alle riflessioni culturali più alte – il discorso non interessa più solo artisti e committenti ma anche umanisti, intellettuali e in generale le persone colte All’interno di questa legittimazione abbiamo due elementi di particolare interesse  L’attenzione al modo di creare e all’originalità dell’artista  La valorizzazione il ruolo degli artisti in quanto produttori di riflessioni e di idee e non solo di oggetti D’ora in avanti l’artista è considerato una persona in grado di intervenire nel dibattito urbano per proporre idee La questione del paragone, cioè del confronto tra le arti maggiori, trattata da Varchi Il tema del paragone è la conseguenza del primo dibattito, cioè quello che cerca di definire le arti maggiori tra come liberali o meccaniche Nei secoli precedenti le arti che si rifacevano alla scienza (leggi ottiche/matematiche) o alle lettere (ut pictura poesis) venivano considerate liberali La questione del paragone diventa il secondo scalino verso la valorizzazione degli artisti Varchi lo tratta in modo particolarmente interessante in quanto propone la “prima indagine sociologica” della storia dell’arte – chiede cioè ai grandi artisti fiorentini del periodo di rispondere alle sue questioni Qui ci troviamo di fronte a una serie di elementi fondamentali perché indurranno anche a un cambiamento delle tecniche artistiche  Leonardo, come abbiamo già visto, riteneva la pittura come la più intellettuale delle arti, che anche nella pratica più “immateriale” e meno faticosa rispecchia di più la dimensione e la figura dell’intellettuale  Michelangelo invece sostiene che la scultura è di “maggior giudizio mentale” Parla della scultura “per via di levare” cioè quella legata al marmo (secondo l’artista tutto il resto della scultura sarebbe una sorta di una sua sottospecie effemminata) Secondo Michelangelo quindi la scultura sarebbe di “maggior giudizio mentale” per l’impossibilità della correzione (la teoria di Michelangelo ebbe un’importante influenza rispetto alla produzione pittorica stessa: fu infatti utilizzato principalmente e celebrato come metodo l’affresco, descritto anch’esso come impossibile da correggere) Comunque, se gli artisti erano pronti a rivendicare in modo molto forte il loro ruolo, Varchi evita invece il dibattito teorizzando che le arti sono uguali tra di loro in quanto a) il loro fine, cioè l’artificiosa imitazione della natura, è identico b) tutte le arti hanno un unico padre che è il disegno Così nasce l’idea delle arti sorelle, nate tutte dallo stesso padre, il disegno, collegate tutte al principio di imitazione della natura e a questo fine del dilettare commuovendo Bisogna specificare che la fine del discorso di Varchi comunque vuole la poesia superiore alle arti visive – “la poesia parla allo spirito, la pittura agli occhi” Il disegno padre delle arti L’idea non è nuova, che lo fosse perché bisogna passare dal progetto/elaborazione grafica era un dato in qualche modo acquisito Ma il passaggio teorico è successivo, è un passaggio che ha avuto bisogno di chiarire quali erano i momenti della creazione – nasce l’idea che esiste un processo di invenzione che si divide in due grandi parti  Invenzione mentale – disegno interno (tanto che in un italiano più arcaico “ho disegno di fare” poteva sostituire “ho intenzione di fare”)  Esecuzione materiale – disegno esterno (questa doppia lettura del termine trova un corrispettivo in francese in cui dessein indica un progetto e dessin invece un oggetto grafico) Ciò che ci interessa di questo divario che inizia a nascere tra idea e esecuzione, che porterà nel tempo a privilegiare l’idea e a dare meno importanza al risultato reale privilegiando gli aspetti mentali, è che ha molte conseguenze che hanno a che fare con l’arte, la trattatistica e il mondo dei collezionisti – modificandone profondamente l’approccio Ad esempio fino ad allora il disegno era stato un procedimento propedeutico alla realizzazione delle opere: così rimaneva all’interno degli atelier/veniva dato ai committenti Nel momento in cui invece al disegno viene dato questo ruolo fondamentale  diventa anche oggetto di collezioni che nascono nel 500 Nel momento in cui noi privilegiamo l’aspetto mentale  Nella trattatistica diminuisce e sparisce la dimensione tecnica Si rivolge quindi a un pubblico molto più largo, non solo di artisti ma anche di letterati, persone colte, cortigiani  Nelle opere d’arte cominciamo ad avere uno straordinario rilievo dato dall’abbozzo, al non finito Questo per dire che il dibattito critico già nel 500 ha degli esiti fondamentali sia nella pratica delle arti che nell’ambito del collezionismo (esemplare in questo senso è la collezione dei disegni di Vasari, estremamente intelligente e moderna) La sua collezione e i commenti che ne fa sono talmente interessanti e intelligenti che ne fanno uno dei collezionisti più moderni di tutto il suo tempo A Roma fu spinto al pensiero di creare il volume sulle vite frequentando i saloni del cardinale Alessandro Farnese e conoscendovi Paolo Giovio o Paolo Giovio è una figura particolarmente interessante È un’intellettuale che a imitazione di Plinio si costruisce una villa sul lago di Como dove fa un museo ed espone una collezione di ritratti di uomini illustri, modelli di virtus (segue una tradizione già presente nell’antichità) È importante perché con Giovio l’artista viene legittimato pienamente tra gli uomini illustri e così con lui nasce l’idea di creare una riflessione tutta legata alle biografie degli artisti (non tanto una storia dell’arte ma una storia degli artisti) In questa cerchia che Vasari viene sollecitato a riflettere sulla scrittura delle vite Ad un certo punto viene richiamato a Firenze da Cosimo primo Era una Firenze che in quegli anni aveva appena iniziato una politica di esaltazione del proprio ruolo all’interno degli equilibri militari, culturali ed economici della penisola italiana, sottolineando tra le varie cose il proprio ruolo artistico culturale A differenza della Francia e gli altri paesi europei dobbiamo ricordarci che l’Italia non esiste, ma abbiamo invece una serie di piccolissimi territori spesso in contrasto tra loro all’interno dei quali l’arte è una sorta di strumento di guerra/potere I tempi erano pronti per una riflessione storiografica sulle vicende dell’arte della penisola In particolare ci si rende anche conto che il primo a proporre una narrativa di questo tipo darà poi un’impronta decisiva al modo generale di concepirla Proprio per questo motivo quindi sembra ci sia stata una sollecitazione molto forte a Vasari affinché riuscisse per primo a costruire le vite – è evidente quindi che le vite non sono oggettive: proprio qui nasce quell’interpretazione tosco-romana dell’arte italiana che rimarrà fondamentale per moltissimo tempo Così le vite del Vasari rimangono un momento fondante di un’interpretazione di geografia culturale, e qui iniziamo ad avere quella bipolarità tra scuola tosco romana e quella veneziana Tra l’altro questo sistema interpretativo avrà delle conseguenze estremamente durature e pratiche in quanto si instaurerà anche nell’abito delle scuole regionali determinando l’opposizione tra il colore e il disegno Le vite Abbiamo due edizioni diverse:  1550: le vite dei più eccellenti architetti, pittori e scultori  1568: le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori Queste due edizioni non sono uguali, quella del 68 propone delle vite ampiamente rimaneggiate e una struttura del testo molto più ricca e più completa Vasari nella stesura delle vite parte da una concezione biologica/evolutiva applicata all’arte Quindi secondo il Vasari l’arte nasce, si sviluppa e declina come ogni essere vivente Questa idea evolutiva fa si che Vasari divida la prima edizione delle sue vite in tre età - abbandono del medioevo - ingresso età moderna tramite il recupero dell’antico – consapevolezza della dimensione storica - apogeo espresso dall’arte di Michelangelo (non solo il grande rappresentate della cultura fiorentina ma il “divin michelangelo”, di cui viene riconosciuta la capacità demiurgica) si tratta quindi di una struttura molto complessa, ed è importante ricordarsi che è la prima opera ad averla, ad essere così ambiziose dal punto di vista di struttura e documentale Attenzione però, non bisogna pensare che tutta questa struttura sia completamente coerente, ad esempio ogni tanto da il primato alle forme ogni tanto al contenuto – però il tutto si mantiene all’interno di una dimensione che è quella della biografia d’artista Si compie con Vasari l’invenzione dal punto di vista storiografico della biografia d’artista così come c’erano state quelle dei poeti, degli altri uomini illustri, dei condottieri Le vite sono quindi un insieme di testi strutturati e organizzati tutti nello stesso modo secondo quella che noi possiamo chiamare “l’invenzione di un sistema biografico” Per Vasari la cosa più importante di tutte è dare rilievo e valore alla personalità dell’artista nel suo complesso Quindi di solito abbiamo un’introduzione, la descrizione di alcune opere, poi una serie di aneddoti In questa dimensione biografica entrano ragioni politiche e personali che inducono Vasari a assumere degli atteggiamenti identitari molto forti Per molti anni, Vasari è stato accusato di essere un narratore di storie inesatte, superficiali In realtà nel corso del 900 si è riscoperta la fortissima e fondamentale dimensione documentaria dell’autore Per questa sua impresa Vasari utilizza molti testi anteriori sull’arte Vasari e come lui tutti gli storiografi del 500 e 600 utilizzano la tradizione letteraria precedente con una libertà enorme (l’idea di plagio non esiste) per cui nelle vite troviamo un grande numero di pezzi tratti da altri testi o che ne recuperano le idee senza porsi il problema di citare la fonte In ogni caso c’è in Vasari una consapevolezza storica, della dimensione di evoluzione dell’arte e di giudizio dell’arte che prima non c’era I principi critici che troviamo all’interno di questa dimensione storica:  Questione del rapporto tra arte e natura  La ricchezza e l’originalità dell’invenzione  Il ricorso all’antico: quanto è padroneggiato/corretto/complesso  Questione del nudo – nonostante la controriforma e l’esigenza del decorum siamo in un periodo in cui la formazione al nudo vivente resta considerata assolutamente fondamentale per il pittore di storia  “facilità di mano” cioè far sembrare facile ciò che è difficile, naturale ciò che naturale non è Prima affermazione di quella che diventerà la sprezzatura (cioè il polo italiano “prestezza” vs la “diligenza”) All’interno delle vite abbiamo non solo lo sviluppo di un lessico che diventerà fondamentale nei secoli successivi ma anche una serie di spunti per temi che continueranno ad essere trattati per secoli – naturalismo, importanza data al contenuto, classicismo, la sopravvalutazione del concetto di forma in confronto a quello del colore Un altro punto importantissimo a cui fare attenzione è che per la prima volta Vasari si rivolge al pubblico di mezzo – si entra così in una dimensione di fruizione della letteratura artistica completamente diversa da quando i ricettari erano essenzialmente rivolti agli artisti e le opere in latino rivolte non ai professionisti ma ai committenti Il pubblico di mezzo è quella categoria di persone che si era manifestata per la prima volta nelle lezzioni di Varchi – non professionisti d’arte, né d’artisti, ne committenti ne devoti, ma un pubblico colto che guardava alle opere perché era interessato alle forme estetiche dell’arte Abbiamo così un pubblico non necessariamente interessato alla tecnica ma più interessato alla storia Vasari stesso riconosce questa dimensione “teorica”, sostenendo che il libro può essere letto anche dagli artisti ma per rilassarsi, non per imparare La seconda edizione è testimonianza dei problemi che erano nati in seguito alla pubblicazione della prima – esiste una dimensione di riflessione molto forte che si concentra soprattutto sul problema del declino che dovrebbe caratterizzare la contemporaneità Abbiamo un’importante differenza tra prima e seconda edizione, cioè che la seconda è illustrata – ma in realtà con i soli ritratti degli artisti di cui si parla, il che è particolarmente significativo per rendersi conto che è pienamente una storiografia legata agli artisti piuttosto che all’arte (si parla quindi dell’artista che è inserito all’interno di una concezione retrospettiva della storia e di una volontà di memoria) Una metafora biologica (che riprende un modello antico a cui molti avevano fatto riferimento anche nell’umanesimo) Come si accennava Vasari concepisce l’arte come un organismo che affronta le principali fasi della vita 1) Giovinezza: 400 2) Maturità: 500 Nella periodizzazione ci sono sicuramente alcune forzature: la più evidente riguarda Leonardo che cronologicamente apparterrebbe alla fase precedente viene inserito nell’età matura dell’arte (tra l’altro è il Vasari a creare quella triade Leonardo-Michelangelo-Raffaello che sarà poi fondamentale per tutte le storie dell’arte) La biografia si presenta anche come un modello etico, perché naturalmente l’artista è modello sociale e professionale In particolare possiamo individuare due tipologie di artisti - quello “professore”, ben inserito e riconosciuto all’interno del contesto sociale - l’artista saturnino, altissimo ma non un modello di vita da seguire (tra l’altro il modello dell’artista professore e socialmente rispettabile risulta evidente dalla scelta delle modalità di autorappresentazione del Vasari stesso in un autoritratto) Si dice inoltre che con Vasari nasce il primo vero testo di critica d’arte Non è ancora una critica militante ma nasce la dimensione propriamente critica nella storiografia Questa dimensione è caratterizzata da tre elementi  Attenzione per il dato cronologico in questa concezione retrospettiva della storia vasari cerca le date e di inserire in una maniera veritiera le indicazioni sulle biografie  Attenzione alla contemporaneità dei processi in atto – ovvero al contesto  Attenzione all’interpretazione del dato formale in chiave storica e psicologica (rispetto alla tradizione del ricettario è una novità incredibile, il progetto è incredibilmente ambizioso) Gli aspetti più nuovi all’interno di questa narrazione biografica  La ricerca documentaria le vite si configurano come un testo pioniere della critica perché c’è una dimensione documentaria quasi filologica che prima era assolutamente inesistente  Metodo classificatorio (quasi un’anticipazione del 900) Si cerca di dare un ritmo e una struttura, all’evoluzione delle forme Però Vasari non riesce a risolvere tutte le questioni dell’arte (es disegno vs colore) Non dobbiamo chiedere al Vasari una soluzione lineare e a tutti i problemi dell’arte – spesso ci sono contraddizioni irrisolte, lasciate coesistere L’importanza del lettore Vasari lo considera parte attiva del suo contesto – “recettore critico” Il lettore è capace di comporre il proprio giudizio in base a ciò che conosce e a ciò che ha letto Questo lettore è quel famoso pubblico di mezzo che abbiamo già citato Al lettore Vasari si rivolge più volte Nella prefazione spiega che si è ingegnato a scrivere, ma la sua professione non è quella e quindi chiede benevolenza nel caso il testo non fosse poi così fluido (in realtà è una captatio benevolentia, cioè semplicemente una forma retorica tipica del tempo) Rapporto tra Vasari e l’ecfrasis – cioè la descrizione letteraria di un’immagine pittorica/plastica, il discorso che viene fatto sulle immagini per raccontarle Nella narrazione ecfrastica di vasari ci sono molti aspetti interessanti  la narrazione spesso è collegata all’elogio della buona imitazione della natura  è evidente l’idea di progresso dell’arte verso una sorta di perfezione, progresso ritmato non solo dalle opere ma dalla personalità degli artisti (fino al divin michelangelo) Tutta questa concezione vasariana si incontra a metà tra la prima e la seconda edizione delle vite con la corrispondenza molto forte che Vasari ha con Borghini Borghini era uno degli intellettuali più importanti di Firenze, in particolare di fiducia del granduca Accompagnò Vasari al momento della redazione della seconda edizione delle vite, in piena controriforma ipercattolica Il ruolo di Borghini è proprio quello di richiamare Vasari all’attenzione, in quanto la seconda edizione viene considerata testo esemplare per Firenze e il ducato, e devi quindi essere inattaccabile Borghini dice a Vasari che la biografia non deve occuparsi troppo di tutti quegli aneddoti tipici della prima edizione ma deve invece basarsi sulle opere, le informazioni devono essere il più complete possibile, per l’arte contemporanea bisogna aggiungere il luogo in cui si possono vedere, e in generale bisogna procedere a una verifica oculare dei fatti studiati Quindi con Borghini si apre una concezione filologica completamente diversa (la dimensione del tradunt, narrazione che passa senza verifica storia, viene abbandonata definitavente) Quindi con il passaggio dalla prima alla seconda edizione, con l’allargamento di un’interesse a tutta la penisola, ci addentriamo in un filo molto moderno della storiografia (la critica spesso fatta alla seconda versione è che sembra meno coesa della prima – si nota infatti uno scarto di mano, degli inserimenti forzati) Il problema principale nel passaggio dalla prima alla seconda edizione è cosa succede alla struttura piramidale che fondava la base teorica della prima La prima edizione si ferma infatti a Michelangelo come apogeo dell’arte Nella seconda edizione questa struttura piramidale viene in parte abbandonata: si continua in un progresso in cui ci sono delle indicazioni diverse, in cui ad esempio compaiono alcuni artisti viventi Quindi nell’edizione del 68 abbiamo una quarantina di vite in più – abbiamo la dimensione veneziana e poi vengono inseriti anche notizie di artisti viventi italiani e stranieri Inoltre, con la nascita dell’accademia di Firenze nel 1563 anche la figura dell’accademico entra a far parte delle vite Quindi la piramide torrentiniana viene calmierata da questo nuovo interesse Nei testi di Vasari c’è spesso una volontà di costruire la narrazione su ciò che si vede attraverso un’ecfrasis decisamente convincente Il problema è capire se rifletta veramente l’opera, e approfondendo la questione si scopre che spesso in realtà è falsa Un esempio clamoroso è la descrizione di Vasari della gioconda (che quando scriveva Vasari era in Francia) Lionello Venturi spiega come l’interpretazione realistica del Vasari sia praticamente ridicola in quanto descrive un’opera secondo elementi che non esistono (cioè la ciglia) Questo perché Vasari è ancora legato alla descrizione della natura e non all’opera Vasari concepisce due modalità d’artista  l’artista saturnino (nati sotto il segno di saturno)  l’artista inserito nella società Per questioni anche politiche Vasari vuole assolutamente sottolineare l’importanza di quest’ultimo, che assume degli aspetti fondamentali  artista pragmatico legato all’atelier  artista dalle qualità morali e sociali  artista che frequenta le accademie Vasari diventa interpreta il rapporto difficile tra l’artista iscritto alle accademie e le corporazioni (di solito le accademie erano una scappatoia dalle regole delle corporazioni – problema dell’autonomia dell’artista, testimoniato spesso dalle vite) Fondamentale è poi l’eredità del modello vasariano – una delle più grandi e complesse di sempre Infatti tutti adottano questo modello biografico, che viene immediatamente riutilizzato a livello italiano e internazionale  Baglione, Bellori, Baldinucci  paesi bassi: Mander, Lairesse  germania  spagna  gran bretagna  francia: Felibien, Dezailler d’Argenville Quindi fino a metà settecento la forma della biografia diventa la preponderante La storia dell’arte si da un format, una tipologia che verrà ripresa che grande successo per almeno due secoli La riflessione del manierismo L’accademia del disegno di Firenze 1563: un archetipo istituzionale Nasce come il luogo in cui compiutamente le arti diventano emancipate da quello che era uno spirito artigianale o da quelle che erano le limitazioni delle corporazioni – l’accademia si rende garante del valore intellettuale del lavoro dell’artista che ne fa parte: esservi inserito vuol dire guadagno di tipo sociale e economico Per un secolo quella di Firenze rimane modello incontrastato Quella di Francia nasce con un secolo di ritardo prendendo esplicitamente a modello quella di Firenze (tanto che lo dichiara nello statuto9  Creata da Cosimo I e ha come presidente Michelangelo  Scopo: tramite l’accademia si procede alla valorizzazione ma soprattutto a un controllo politico dell’arte  Moltissimi artisti chiedono di essere iscritti: Palladio, Tiziano, Tintoretto  Il ruolo: promuovere, controllare l’ortodossia, ma la cosa forse più interessante per noi è che l’accademia viene incaricata di redigere le liste per la protezione delle opere d’arte fiorentine Nasce così una lista di opere che non possono essere esportate, varcare i confini del ducato – idea di protezione del patrimonio artistico Questa attività quasi burocratica si sviluppa con una straordinaria modernità: artisti di ogni stile vengono protetti, la data per essere sottoposti a una revisione era quella di trent’anni (periodo molto breve)  In accademia insegna perfino Galileo Galilei (già condannato e esiliato) – insegna gli elementi legati alla storia naturale e alla concezione del collezionismo All’interno dell’accademia si sviluppa quel famoso dibattito tra disegno interno e disegno esterno Quindi qui nasce l’idea che bisogna dare e sottolineare il valore intellettuale dell’arte dando all’arte una dimensione quasi ideologica che trova nel disegno la sua espressione più facile – il disegno interno (zuccari) diventa espressione ideale della concezione dell’artista (dibattito che sarà fondamentale per quello tra colore e colorito) Tendenze critiche a Venezia: Ludovico Dolce Momento di opposizione fortissimo all’arte di Michelangelo e alla concezione vasariana in una dimensione filoveneziana Ludovico Dolce era di famiglia patrizia veneziana, orfano presto, affidato a doge Loredan, studi tradizionali a Padova, torna a Venezia e mette a frutto la sua educazione letteraria  Firenze: accademia neoplatonica – importanza dell’idea – disegno interno  Padova: maggior importanza all’eredità di Aristotele – attenzione alla sensibilità delle cose, agli aspetti sensibili della realtà – colore Quindi il patriziato veneziano (i committenti) erano particolarmente aperti alla dimensione più naturalistica, più sensibile delle cose Dolce a Venezia inizia un’attività di mediazione culturale: lavora per un editore, scrive di tutto e si interessa anche a quei formati della cultura più maneggevoli, di più piacevole approccio per un pubblico un po’ più largo, tanto che non scrive un trattato ma il dialogo della pittura intitolato l’aretino La forma dialogica è già una di quelle moderne, è la forma che semplifica il trattato (personaggi per tesi antitesi e sintesi) L’arentino è scritto nel 1557 -immediata risposta veneziana alle prime edizioni delle vite di Vasari Questo dialogo fa riferimento a Pietro Aretino, intellettuale veneto di famiglia patrizia, personaggio dall’ego smisurato, fa due gaffes enormi con Michelangelo: gli scrive di inviargli un bozzetto qualunque purché firmato e continua proponendogli di essere a disposizione per consigli Lì nasce un dibattito che ha ragioni estetiche e personali Attorno a testa dimensione antimichelangiolesca Ludovico Dolce costruisce un dialogo che riuscirà a opporre Tiziano a Michelangelo e il colorito veneziano al disegno interno fiorentino – a opporre all’idea la natura e la sensibilità Per l’utilizzo del termine in quei tempi si capisce che è un testo che rimanda sicuramente all’estetica neoplatonica Al concetto che l’idea è tutto sommato superiore alla realtà e che l’idea ha una realtà assolutamente fondante  Tempio della pittura Indica la concezione di fondo di un’arte sia governata da una serie di esigenze/conoscenze e artisti che ne costruiscono la struttura portante Concezione anche assolutamente alta e liberale della pittura Questo trattato è un altro momento fondamentale di superamento del modello vasariano Lomazzo andava contro di lui sostituendo alla dimensione biografica una dimensione molto attenta all’iconografia, a formule retoriche collegate, a tutto quello che il concilio aveva proposto: verosimiglianza, decoro, armonia tema e figure Nel testo la pittura è costruita come un tempio in cui ci sono sette (simbologia astrologica/alchemica) colonne = grandi artisti “governatori dell’arte” Questi sono: Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Mantegna, Polidoro da Caravaggio e Gaudenzio Ferrari L’inserimento degli ultimi tre artisti è particolare Rispetto a Gaudenzio Ferrari dobbiamo considerare che fu il maestro di Lomazzo, quindi la scelta è da leggere come il tentativo di inserire la sua scuola all’interno delle grandi tradizioni (Gaudenzio Ferrari è il grande regista del sacro monte del Varallo, dove per fare una sorta di barriera fisica alle zone di contatto con il protestantesimo vengono erette delle cappelle/vie crucis che dovevano avere impatto sul fedele tramite le conversioni inversive: realismo dell’esperienza devota) Inoltre nasce con Lomazzo questa idea forte del valore della figura serpentinata È proprio lui a dare la prima definizione di figura serpentinata – parla di Michelangelo, dicendo come il contrapposto rinascimentale viene esasperato in queste figure caratterizzate dall’avere le spalle girate in un modo e le gambe dal lato opposto in cui si aggiunge questa dimensione di allungamento/artificio/maniera Con la figura serpentinata ci troviamo di fronte a un tema molto importante e abbastanza complesso Il problema del rapporto tra arte e natura, che è un problema costante che attraversa tutta la trattatistica fino all’ottocento, e di cui ogni tendenza critica ha offerto una sua interpretazione  Umanesimo L’arte è scimmia della natura, c’è un’endiadi tra arte e scienza  Manierismo L’arte è artificio, invenzione artificiosa Non necessariamente derivata dalla natura, può essere in sé fonte di conoscenza, non è necessariamente derivata dalla scienza – si rompono alcuni dei legami più scontati e tradizionali che avevamo ricevuto L’arte diventa consapevole esercizio formale in cui molto spesso il termine collegato alla qualità è quello di dire “arte è nascondere l’arte”, la vera arte è quella di far sembrare facili degli esercizi tecnici difficilissimi L’artificio diventa una delle caratteristiche dell’arte apprezzate a queste date – arte ormai percepita come fonte di conoscenza, uguale alla scienza per cultura e difficoltà, soprattutto perché sono state inserite delle dimensioni letterarie – arte come testo ambizioso che unisce testi artistici precedenti, testi filosofici, tenta di trovare una teoria generale dell’arte Bisogna inoltre ricordare che Lomazzo è un autore decisamente ambizioso in quanto probabilmente è l’ultimo che cerca di fare una teoria generale dell’arte e dare anche dei consigli tecnici, l’ultimo a mettere insieme due dimensioni antagoniste: quella del trattato teorico e quella del manuale pratico La dimensione teorica di questo trattato è la testimonianza di quanto secondo Lomazzo le arti fossero liberali A questo punto abbiamo una serie di trattati che sono a volte in contrasto tra di loro ma che hanno una visione comune che prima non c’era – l’idea che l’artista è un genio L’idea dell’artista come uomo geniale che si afferma nella trattatistica italiana del 500 ha una serie di conseguenze teoriche, pratiche e mercantili che sono importantissime  Se ciò che è importante è la mano dell’artista geniale e non il lavoro che l’artista compie, allora il giudizio sull’opera viene dato in base a delle caratteristiche diverse rispetto alla finitezza, alla diligenza – così abbiamo l’accettazione (collezionistica) dell’incompiuto, dell’abbozzo e dello schizzo, oltre all’accettazione delle tecniche più rapide e immediate Questo perché queste ultime sembrano più vicine all’espressione prima dell’idea  Inoltre c’è l’idea che le tecniche si imparano ma spesso non si dice dove si sono imparate (es: vulgata di Michelangelo che ha imparato tutto nel giardino dei medici) Con quest’idea dell’artista di genio e lo sviluppo della controriforma abbiamo un problema che avrà una serie di conseguenze forti nella struttura sociale successiva Se da un lato l’artista è genio, da considerarsi intellettuale e non più un artigiano qualunque Dall’altra parte abbiamo una controriforma che ci dice che i preti e chi entra negli ordini non può più fare ciò che vuole, e così tutte quelle sinecure ecclesiastiche che venivano spesso date agli artisti come pagamento/testimonianza di prestigio non possono essere più date Viene tolto quindi questo uso delle sinecure ecclesiastiche – per sostituirle si fanno entrare gli artisti di grande pregio all’interno degli scalini più bassi della nobiltà, e si danno dei monumenti che sono legati a questi (vedi il cavalier d’arpino, il cavalier bernini) – il cavalierato è la forma più tipica del riconoscimento di un artista che perché considerato intellettuale e fondamentale nel ruolo della società ne viene fatto rientrare all’interno Riassumendo, nel cinquecento Dal punto di vita letterario  Trattato  Biografia  Dialogo Dibattito sulle scuole  Asse tosco-romano del disegno  Dimensione veneziana del colorito  Formula lombarda: particolare perché propone un’arte particolarmente intellettuale che offre molta importanza ai temi, all’iconografia, alla dimensione culturale e intellettuale Nel 600  Attori molto più numerosi: classi sociali e culturali più ampie e diversificate  Contesto molto più vasto: se fino al 500 si era parlato tra italiani, nel corso del 600 il discorso sull’arte diventa internazionale, vi si inserisce con grande potenza la Francia e in generale all’inizio vede in avanscoperta quelli che erano i paesi cattolici (nei protestanti e calvinisti c’era una reticenza forte nei confronti dell’immagine, della decorazione) Si comincia quindi ad avere dei dibattiti sui diversi modi nazionali, a cui seguono nuove questioni che scendono in campo  Arte italiana/francese/fiamminga (sempre questioni di mercato) Abbiamo quindi questioni diverse rispetto a quelle che abbiamo visto nel 500 – riferibili inoltre alla straordinaria fortuna che ha nel 600 il fenomeno del collezionismo aristocratico e borghese (mentre prima riguardava solo le grandi famiglie) Nel corso del 600 dal punto di vista quantitativo il fenomeno del collezionismo esplode in tutta l’Europa cattolica, portando con se esigenze diverse: parlare in modo diverso, inserire un discorso sulla collezione in quanto tale, sulla pratica collezionista e sul modo in cui i dipinti vanno organizzati Uno dei temi fondamentali che separano 500 e 600 è l’ingresso all’interno della storiografia di due elementi  Scrittori che non sono artisti, neanche dei dotti ma semplicemente dei collezionisti – collezionista come autore  Discorso di tipo diverso: non tocca più le singole opere/tecniche ma quello che verrà chiamato “fare galleria” cioè l’acquisto, la conservazione, il restauro e la disposizione nel palazzo delle opere d’arte – l’opera non è più da sola, è inserita in una relazione politica/estetica/sociale con le altre opere collezionate Le accademie a partire dal 600 diventano luogo istituzionale per la formazione culturale dell’artista: buona parte dei dibattiti di cui parleremo si fanno o dentro o contro l’accademia – accademie come luogo imprescindibile per il dibattito sull’arte Primo su tutti è il concetto di scuola – Agucchi mette in luce l’importanza fondamentale del concetto di scuola per riuscire a dare una interpretazione corretta di artisti e movimenti La sua è una scuola aperta, permeabile, in cui si possono ricevere delle suggestioni che arrivano da altre scuole e artisti e in cui la circolazione di opere e uomini è considerata fondamentale In Agucchi però troviamo ancora quell’idea di progresso e percezione che era già stata portata in avanti da Vasari – tanto che avremo esempi di perfezione: primo su tutti il bolognese Annibale Carracci L’autore è caratterizzato da due tendenze critiche congiunte  Dimensione dell’iconografia, dell’importanza del contenuto – chiaramente conosce tutta quella dimensione iconologica tipica della teoria artistica precedente (vedi Cesare Ripa)  La seconda dimensione da un’importanza di grande rilievo all’ecfrasis, di cui utilizza tutte le possibilità (ad esempio arriva a descrivere il dato visivo tramite il tatto parlando della venere dormiente di Carracci) Troviamo in questa dimensione l’amore dell’intellettuale e del letterato per la costruzione di un discorso che renda l’idea dell’opera d’arte e della pittura – un discorso che deve tradurre per verba la pittura, non solo le forme ma anche l’effetto che la pittura fa Con Aducchi poi anniamo una teorizzazione precisa del principio dell’electio, fondamentale per la teoria artistica del 600 Per capire la genesi del termine bisogna tornare alla mimesis greca, che diventa imitatio della natura in latino ma che in questa sua derivazione può avvenire secondo dei sistemi diversi La scelta dell’electio come metodo di imitiatio privilegiato è profondamente legata alle conseguenze del concilio di Trento – con la necessità dell’arte di fare una selezione delle cose da imitare basate sul decoro e la bienseance (prima l’electio era stata principalmente legata alla selezione della bellezza) Così Aducchi sostiene che tutti gli artisti che si limitano a rappresentare tale e quale la natura, cioè principalmente Caravaggio e i caravaggeschi, meritano poca lode – in quanto il merito non è nell’imitazione della natura ma nell’electio: il saper scegliere cosa imitare della natura, e la scuola di Carracci diverrà l’esempio perfetto di questa dimensione La via dei contenuti ci porta a una dimensione ideale e concettuale sempre più importante (già lo era in Lomazzo, idea, tempio della pittura – idea dell’artista perfetto) Nel corso del 600 il termine idea viene spesso utilizzato nei titoli per sottolineare la dimensione intellettuale dell’arte, sempre con questa volontà di rivendicare la concezione alta dell’arte di inserire l’arte all’interno delle pratiche nobili – così era nobile produrla, occuparsene, scriverne e collezionarla All’interno di questa concezione ideale generica assumerà un valore molto importante la congiunzione tra idea e electio – avremo tutta una produzione artistica e storiografica che si occupa molto del classicismo: mette in avanti gli aspetti di decorum e bienseance che fanno di chi si occupa d’arte un intellettuale completo Questo sottolineare l’importanza dell’ideale classico l’abbiamo soprattuto con Giovanni Pietro Bellori (1613-96) Bellori è un personaggio fondamentale, in quanto produce l’altro grande testo sulle biografie d’artisti dell’epoca moderna – le vite de pittori, scultori et architetti moderni Se per titolo e genere può far sembrare il libro simile al lavoro di Vasari, l’opera e l’attitudine di Bellori sono in realtà completamente opposte:  Con Bellori nasce per la prima volta la “critica militante” – inaugura cioè la dimensione di un critico che non vuole essere storico, imparziale, non si interessa della situazione generale ma che concepisce il suo modo di scrivere come sostegno a una determinata forma artistica e come azione per la formazione del gusto del pubblico Il critico comincia a somigliare a quella figura che abbiamo oggi, di qualcuno che prende posizione nell’arte del suo tempo e cerca di modificarne tendenze e il modo con cui il pubblico le guarda  Diverso anche il numero delle vite, l’ampiezza del periodo storico trattato Bellori è figlioccio di Francesco Angeloni, un sapiente collezionista antiquario romano – la tradizione dice fosse suo nipote ma probabilmente si era semplicemente formato nella sua casa – quindi Bellori aveva avuto accesso a una determinata cultura, a determinati circuiti sociali, alla presenza e lettura di documenti che la maggioranza delle persone non avrebbe avuto l’occasione di procurarsi Bellori è il tipico scrittore classicista che da all’opera un valore etico e morale, che interpreta lo sviluppo dell’arte secondo una dimensione erudita, ideale, morale (inoltre siamo a roma, nello stato pontificio, luogo in cui si sente più che altrove la dimensione cattolica) Questa sua formazione lo porta ad avere competenze abbastanza buone nella pittura, nell’arte e nella conoscenza del patrimonio archeologico e monumentale di Roma – si narra delle passeggiate che faceva con Poussin osservando le antichità romane Quindi è un’autore caratterizzato da:  una competenza artistica (dimensione contemporanea)  a cui se ne aggiunge una più rara, quella storica e archeologica (dimensione storica)  una competenza tecnica, nella prassi dell’arte molti pensano che Bellori fosse anche un dilettante, che avesse quel minimo di competenze tecniche che gli consentivano di valutare l’’opera anche dal punto di vista della prassi – tanto che il padre Sebastiano Resta lo annota sulla sua copia delle vite del Baglione Nel circuito di Bellori troviamo poi tanti artisti contemporanei importanti come ad esempio Domenichino – ci inseriamo completamente all’interno di una pittura classicista, di storia, che da valore ai contenuti Il tutto condito da una precoce attitudine di Bellori alla carriera letteraria Tutto il lavoro di Bellori è quindi una produzione intellettuale dedicata in gran parte all’arte e agli artisti 1) L’idea della pittura 1664 2) Le vite 1672 3) Una serie di scritti su Raffaello 1696 Le vite È il testo che per eccellenza apre alle vicende del critico militante Guardando la copertina è importantissimo notare come nella roma dei Barberini, dei papi, dedica l’opera a Colbert, uno straniero, anche in contrasto con la politica pontificia, che se ne sta a Parigi, che sovrintende all’accademia di belle arti per Luigi 14 Con questa dedica Bellori rompe una lunga tradizione filo-cardinalizia romana e si insidia in una posizione di attualità assolutamente fondamentale Questo succede perché c’era l’accademia di Francia a Roma – di cui il testo di Bellori costituisce il capitolo teorico Nell’accademia c’erano i pensionaire cioè i borsisti, gli artisti migliori che avevano vinto il prix de Rome, il premio più ambito all’accademia francese Questi artisti sono finanziati per imparare una pittura classica in grado di rappresentare il potere (galleria farnese, opere del Domenichino) È proprio questa necessità a stare alla base delle riflessioni sull’arte di Bellori (ad esempio, non è che non capisce Caravaggio ma si rende conto che è inutile per rappresentare il potere francese) Per cui si costruisce un sistema estetico che ha nell’electio il suo fondamento teorico – fino ad essere la base per la scelta delle vite d’artista che verranno immesse da Bellori (nota di metodo: nella storiografia e soprattutto nell’ambito dell’anicent regime è importantissimo non solo quello che si dice ma anche quello che non si dice – ad esempio Bellori che non parla della scultura, cioè del barocco di Bernini – è un silenzio assordante che cancella la dimensione barocca Quindi le vite di Bellori coi loro silenzi sono un esempio di un modo di fare storiografia nel tempo) Bellori sostiene infatti che prima di lui la pittura stava morendo, stretta tra la malinconia di Barocci che si era fermato ad Urbino e il fare di Caravaggio che si era accontentato della natura – e in questa narrazione è proprio Annibale Carracci ad essere inviato per salvare la pittura Tutta la sua vita viene interpretata nella dimensione del salvataggio della pittura all’interno di una dimensione classica e romana della virtus e dell’electio (lettura e interpretazione sicuramente parziale, tanto che Malvasia poi leggerà Carracci come lombardo, analizzandone la pittura pre-romana)  Indicativa è poi la narrazione della vita di Caravaggio A differenza di quanto spesso si sostiene Bellori in realtà lo capisce ma non si rende conto che non possa essere funzionale agli ideali di una pittura francese Inoltre Caravaggio aveva sui pensionaires un fascino straordinario (bisogna anche pensare che in un’epoca di tradizione manierista era molto più facile imitare Caravaggio per la mancanza di prospettive, architettura, fondali, dimensione matematica) ed era un fascino che doveva essere stroncato nell’ottica di una produzione artistica utile al regime Questa linea dei contenuti che si delinea con Bellori avrà grande eredità e successo e verrà spesso ripresa all’estero come in Italia In ogni caso però in Italia farà nascere una serie di scritti in opposizione, una piccola ondata di malcontento – bisogna ricordare che l’Italia è sempre policentrica quindi le varianti delle diverse culture nei territori italiani favoriscono la nascita delle polemiche Comunque quello di Bellori rimane il testo chiave del 600 per capire la via dei contenuti A fianco della via dei contenuti abbiamo la via del fare – derivazione della lunga tradizione legata alla praxis Nel seicento abbiamo la presenza di una dimensione del fare che ogni tanto emerge Questa via del fare chiarisce che le forme artistiche hanno delle regole e leggi che non si possono necessariamente tradurre solo in contenuti e in iconografia Già nel rinascimento il primato delle ragioni estetiche sull’osservanza dei canoni iconografici aveva avuto qualche esempio fondamentale o Uno di questi è la vicenda dell’assunzione della vergine di Mantegna nella Cappella Ovetari Mantegna viene portato al processo per non aver rispettato l’iconografia (non aveva fatto otto apostoli) – l’avvocato parla di esigenze di forma e spazio Come già si diceva questa via è percorsa da Caravaggio e Salvator Rosa Le ragioni di Caravaggio  sono esposte da Vincenzo Giustiniani che nella sua lettera sui modi pittorici ci riporta l’esempio dei fiori (difficili da dipingere tanto quanto una figura umana)  Caravaggio aveva rifiutato quello che era il valore della conta delle teste e della pittura di storia concentrandosi sulla qualità della tecnica e del fare, non più una questione di soggetto  l’affermazione rovescia tutte le tesi del momento e si oppone alla gerarchia dei generi derivata dalla nobiltà del soggetto  collega la qualità dell’arte con la manifattura, con il fare dell’artista  in uno dei sui tanti processi romani Caravaggio sulla dimensione della qualità apprezza Annibale Carracci – Caravaggio viene trascinato a processo da Baglione perché lo aveva insultato, a un certo punto gli viene chiesto chi ritenesse un artista valente, lui risponde Carracci perché pur essendo il suo stile diversissimo la sua manifattura è di una qualità elevata Questo apprezzamento della qualità del fare in realtà si trova tradotto anche in ambito collezionistico In questo senso è molto significativa l’analisi del contesto critico che sta intorno alla cestina di frutta di Caravaggio Caravaggio la fa per il cardinal dal Monte, uno dei più intelligenti e discussi cardinali di roma, attentissimo all’attualità artistica Dal punto di vista intellettuale si ricollega alla lunga tradizione del murus greco-romano, cioè quella di regalare piccoli mosaici rappresentanti fiori e frutta Il cardinal dal Monte la commissiona per regalarla a Federico Borromeo, che lo ringrazia scrivendogli una lettera eccezionale: lui è felicissimo di aver ricevuta l’opera ma che la qualità è così alta che lui è molto imbarazzato perché non riesce a trovarvi un quadro da accostarvi Vicenda molto interessante per evidenziare come di fatto la questione della qualità manifatturiera si insinui anche in una dimensione più segreta del collezionismo (più segreta perché traspare quasi solo nelle lettere, testi più difficili da intercettare) Questa via del fare, così importante per Caravaggio, tocca anche un altro personaggio Marco Boschini Veneziano, storiografo e artista (competenza tecnica, bottega di Palma il giovane) Boschini è un personaggio polivalente: teorico dell’arte, commerciante d’arte e conoscitore professionista – figura nuovissima nell’ambito del 600, veniva chiamato a stimare le collezioni, potremmo definirlo un agente/mediatore d’arte (chiaramente la dimensione teorica che da a se stesso gli da più legittimità nell’ambito del mercato) Tra i suoi clienti abbiamo importantissimi duchi, siamo in un ambito molto alto del collezionismo Boschini scrive la carte del navegar pittoresco dedicandola a Leopoldo de Medici per spiegargli tutto quello che era importante nella pittura veneta Trasferisce i dibattito nella dimensione di Venezia, abbandonando il classicismo e il primato dell’idea Dal titolo complesso possiamo iniziare a mettere a fuoco dei punti importanti dell’opera stessa  La forma è dialogica, recuperata per mettere in avanti posizioni già assimilate  Il riferimento al senator venetian deletante mette in luce l’importanza del conoscitore d’arte di avere una base tecnica  Professor di pittura – il termine “professor” implica il ruolo intellettuale del pittore  L’utilizzo del dialetto veneto ci porta invece a una dimensione di rivendicazione Secondo Boschini, che in questo senso non si allontana troppo dalla trattatistica del tempo, la pittura è imitazione della natura, ma può anche migliorarla e ci può essere l’idea di electio La differenza sostanziale è che se in Bellori tutto viene dalla mente in Boschini tutto viene dalla realtà – si parte dalla realtà e da essa si può arrivare a un certo concetto ideale È interessante notare che i testi di Boschini sono una risposta veneziana all’ideale classico non solo per il modo di tipo di rappresentazione della pittura ma perché le pitture ormai non vengono più giudicate rispetto al contenuto, non solo rispetto alla qualità ma rispetto alle emozioni che riescono a suscitare – l’opera di Boschini consiste in una delle prime volte che vediamo parlare dell’empatia che determinati contenuti possono risvegliare nello spettatore La carta del navegar è importante per  Il rilievo che viene dato alle valutazioni tecniche dell’opera d’arte e del fare  L’idea di un’opera che deve svegliare delle emozioni in chi la guarda In questo senso si dice che boschini fa riferimento all’emozioni suscitate dalla musica (è inoltre importante notare che si tratta di una forma di letteratura periegetica: tratta della visione reale e sul luogo dell’opera d’arte, rispetto a cui è fondamentale la scelta dello strumento dialogico – i protagonisti camminano per Venezia e guardano le opere – entriamo così in una dimensione diversa da quella storica e schematica di Bellori) In ogni caso è importante ricordare che il valore dell’occhio del conoscitore non è certo una prerogativa di Boschini  Leopoldo di Toscana lo sottolinea dicendo che “non si guarda mica i quadri con le orecchie” Da questa affermazione emerge in modo esplicito l’importanza dei “dilettanti” e conoscitori – l’apprezzamento più importante da dare a un collezionista, la dimensione di prassi  Le fontaine contro l’ut pictura poesis Les mots et les couleurs ne sont choses pareilles, ni les yeux sont pareilles à les oreilles Quello che l’autore vuole dire è che il fare è diverso, per quanto il contenuto possa essere uguale Boschini è veneziano e si oppone alle idee dell’asse tosco-romano Così continua sulla dimensione di Dolce, sostenendo che si, il disegno è fondamentale, ma ciò che dona la vita è il colorito – queste idee saranno riprese in Francia da Roger de Piles – Boschini avrà quindi un riflesso internazionale importante La questione del colorito avrà una dimensione sempre più interessante e dibattuta perché dal 600 in avanti gli spettatori dell’arte cominciano ad essere molto più numerosi e ad appartenere a classi sociali più varie – c’è un pubblico che appartiene alla concezione di medicoritas Il valore che viene dato al dibattito sul colore è anche legato all’idea che mentre il disegno è difficile da capire il colore, essendo sensibile, è comprensibile da tutti Sulla via del fare e della prassi ci sarà anche un apporto fondamentale del francese Roger de Piles Ambasciatore di luigi 14 (forse addirittura una sua spia), grande conoscitore di pittura, agente del re, poco ortodosso, a un certo punto cooptato dall’academie royale con il ruolo istituzionale, inventato appositamente per lui, di amateur honoraire Alla fine della sua vita diventa colui che l’accademia per la prima volta chiama a fare da interfaccia tra gli artisti che producevano e i committenti che commissionavano le opere – cerca di sintonizzare i rapporti tra produzione e acquisto sviluppando il gusto degli acquirenti e suggerendo agli artisti quali erano le scelte vincenti Prima le cose erano state più complicate – è da tenere a mente che de Piles prende parte ad uno dei più grandi dibattiti critici del 600: quello tra poussinisti e rubenisti, che sottintendeva sia il dibattito tra disegno e colore che quello tra antichi e moderni Dibattiti seicenteschi  Prestezza (fuoco degli italiani) e diligenza (fiamminga) Non è solo un dibattito sul modo di fare ma anche sullo stile nazionale, dibattito che oppone pittura italiana e quella del nord  Dibattito tra pussinisti e rubenisti o Poussin: artista per eccellenza di Bellori, rappresenta l’ideale classico e diventa portabandiera del disegno come forma prima di questo ideale classico Ruben: amatissimo a Parigi (anche perché Richelieu ne aveva una collezione straordinaria), diviene il paradigma del colore e del colorito I rubenisti, alla pittura filosofica di Poussin, ideale e difficile, contrappongono l’esaltazione dei sensi di Rubens, la sua dimensione più straordinariamente pittorica Questo dibattito avrà un’eco diversa che possiamo cercare di trasferire alla Francia – quello tra disegno e colore si connota nella critica francese anche come il dibattito tra l’antico e il moderno – dibattito che porterà a mettere in campo la ragione da un lato e i sentimenti dall’altro, interpretazione razionale contro la dimensione soggettiva ed emotiva Quindi con Roger de Piles nasce in Europa il dibattito sulle scuole nazionali La dottrina accademica Per tutto l’ottocento si è pensato che l’academie fosse la responsabile di tutta la dottrina accademica che si era sviluppata in francia Questione critica maggiore: da un lato abbiamo l’immagine di un’accademia rigidissima, dittatoriale e monoblocco Dall’altra ricerche più recenti dicono che la situa era più libera, fluida nell’ambito del dibattito accademico Ancora oggi questione irrisolta – tirannide di levraine o luogo di scambio e dibattito? Pregiudizi messi alla base di questa dottrina - Sacralizzazione dell’antico - Idea che la gerarchia dei generi fosse scritta nel marmo - L’accademia dipendente completamente dai poteri politici – emanazione del potere reale a cui si era completamente sottomessi Oggi molti sono convinit che quesa non fosse la realtà ma dei pregiudizi di lettura ottocentesca per opporre ancient regime e istituzioni post-rivoluzionarie Per noi buona parte di quest’immagine è dovuta al grande lavoro di Felibien – il principale storiografo francese sull’arte del 600, segretario perpetuo dell’academie, buona parte di questi stereotipi vengono da lui Lui è il segretario dell’accademia, incaricato da Colbert di trascrivere e pubblicare l’emento dottrinale più importante dell’academie e cioè le conferenze, che costituiscono un punto metodologico e critico di fondamentale interesse per l’istituzione della critica d’arte e della francia Si stabilisce qui che - Per parlare d’arte bisogna parlare davanti all’opera – analisi dal vero dei quadri, in questo caso quelli dlela collezione reale che al momento delle conferenze vengono trasprtati nelle sale dell’accademia per poter essere visti mentre un professore declamava il suo discorso (preparato e scritto dai professori/artisti, manoscritti creativi) critico - Nella dimensione reale di queste conferenze dell’academie c’era un’introduzione e discorso del professore seguito da altre due parti: dibattito e conclusione – per cui noi abbiamo il manoscritto della conferenza ma del dibattito e della discussione finale c’è rimasto ben poco – se il discorso è fondamentale in quanto separa artisti e artigiani, il dibattito può essere pericolosissimo (vedi querelle del colorito) perché può dare una visione più debole di un corpo di mestiere – vuole offrire l’immagine di una corporazione: c’è bisogno di unità – quindi lui fa quello che fa un bravo segretario: attenzione alle parole, trancia la dimensione del dibattito e fa si che l’intervento sia “monolitico”, in cui l’accademia risulta avere una sola posizione e voce Oggi sappiamo che era una deformazione politica Ma proprio queste pubblicazioni hanno costruito il mito di un’academie monolitica, tirannic, gestita in modo dittatoriale Oggi sappiamo che invece c’era un dibattito abbastanza aperto e questa volontà di inserire una pluralità di saperi tra le competenze degli artisti: prima fra tutti la prospettiva e l’anatomia, pilastri fondamentali dell’approccio critico e pedagogico dell’academie + dimensione erudita: idea che la storia religiosa e la mitologia dovessero essere ben conosciute dagli artisti che dovevano in modo autonomo immaginare le loro storie, con l’idea di un’importanza fondamentale offerta al disegno che viene considerata la parte piu importante delle arti C’è però nello sviluppo dell’azione critica dell’academie una dimensione molto particolare e interessante che ci fa capire che ci siamo spostati geograficamente e nelle esigenze culturali La frnacia rimpiazza il modello di michelangelo con Raffaello – più politicamente corretto, artista di corte, arte classica che si adatta meglio alle esigenze della corte Il modello critico a cui fare riferimento diventa lui - cambiamento deciso e forte Nel 600 a livello di istituzioni che parlano d’arte abbiamo - le accademie: firenze roma, royale ma ognuna con un suo discoro e un suo linguaggio – pluralità di dibattiti il teatro della critica è più ampio intervengono anche degli attori nuovi tra i contributi più importanti dobbiamo considerare qulli dei conoscitori – le ragioni loro sono diverse l’accademia mira a -dare una visione intellett dell’arte -idea di complessità culturale -sottolineare come le arti siano parte integrante della cultura di un determinato periodo I collezionsisti invece, che appartengono a un collezionismo aristocratico hanno problemmi più terra terra - come si acquista un quadro - come distinuere una copia dall’originale - come si conserva e restaura, - come si ripone e dove si espone problemi legati all’acquisto, alla conservazione, alla valorizzazione dell’opera d’arte atteggiamento psicologico spregiudicato: ricerca del buon affare, idea di un’investimento che deve durare nel tempo Che cosa abbiamo di diverso - dimensione del gusto “individuale” - principio di qualità vs idea di contenuti - indicazione fondamentale: idea del principio di piancere in base alla varietas – il piacere nascerebbe dall’accostamento all’interno delle collezioni di stili e soggetti differenti varietas vs stretta gerarchia dei generi e pittura di storia promossa dell’istituzione accademica per noi uno dei più interessanti persongaggi del 600 è Giulio Mancini non è un critico, non è artista ma entra di prepotenza nel campo dell’arte e nel collezionismo artistico dello stato pontificio per la sua situazione: è il medico dei pontefici e degli artisti dell’accademia – personaggio che grazie alla sua professione può avere accesso alle collezioni di roma in un modo anche abbastanza spregiudicato ci ha lasciato il manoscritto di un testo fondamentale per tutta l astoria critica del 600 – considerazioni sulla pittura testo fondamentale perché - nonostante sia rimasto manoscritto lunghissimamente sappiamo che ce n’erano molte copie che giravano per la coorte pontificia e addirittura a milano cosa c’è qui è qualcosa di assolutamente nuovo perché racconta le esigenze a cui deve fare attenzione il collezionista, le priorità che deve avere l’uomo di gusto, come il collezionista deve organizzare le sue pitture il punto fondamentale è che lui parla di una categoria di cui fino ad allora pochi avevano parlato – non parla di collezioni dinastiche ma di gentiluomini/aristocratici che intendono farsi una collezione, comprare buone occasioni, valorizzare la collezione secondo i principio dell’uomo di gusto – sempre livello di collezionismo alto ma personaggi che giravano nela coorte elementi critici assolutamente nuovi nasce l’abbozzo di quella figura di conoscitore che diventerà famosissima nell’800 – competenze legate all’occhio, al riconoscimento della qualità, alla capacità di fare delle distinzioni geografiche, di stabilirne la scuola, l provenienza, la tecnica Consideraioni completate da elementi critici di straordinaria importanza – kegati non all’acquisto ma al “fare collezione”: dove espongo, come espongo, come faccio vivere in modo collettivo la mia collezione – Mancini è uno dei primi a spiegare come dev’essere allestita nelle sale di un palazzo una collezione d’arte e come essa possa essere divisa seconod tmi, soggetti o anche il pubblico che guarderà queste opere (sale pubblice o appartamenti privati, tipi di allestimento diversi Lo scritto di mancini è uno dei primissimi in cui si parla in modo espliciti della possibilità di dividere la pittura in scuole: tentativo precoce di dividerela storia dell’atre in settori di sviluppo (un luogo per ogni tevere: a seconda dei luoghi del palazzo diversi tipi di pitture – paesaggi: logge, ritratti: anticamere perché la galleria dei ritratti chiarisce allo spettatore qual è la linea politica del casato, - natura morta: pranzo, periodo post tridentino, vanitas come lussuoso ed esuberante memento mori – questa divisione di generi e luoghi verrà in gran parte seguita, tema che avrà grande successo (dal testo: vengono sostituiti i paraventi con le pittura, che spesso vengono disposte dal soffitto al pavimento) Bisogna tener presente che questo sistema è molto più economico dei precedenti – pittura come paramento dei palazzi come scelta economica Mmolto diversa la figura di Vincenzo Giustiniani Due grandi rappresentanti della critica fatta dai collezionisti ma si pongono senza soluzione di continuità Il marchese Giustiniani è il banchiere di ? – uno degli uomini più ricchi di roma, lignaggio di grande importanza, è anche uno degli uomii più fortunati dal punto di vista collezionistico: a roma entra in concorrenza coi ricchi proprietari terrieri, magari ricchi quanto lui ma in quanto proprietari terrieri con meno disponibilità liquida Questa ricchezza “liquida” renderà molto più facile riuscire a cogliere al volo tutte le buolne occasioni del mercato romano Si trova nel posto ideale nel omento giusto In più è colto, intelligente e ha una vena poco ortodossa: legge galileo – uomo a cui i confini tradizionali dello stato della chiesa non bastano per tenere ferme le sue operazioni culturali In pochi anni riesce a farsi una collezione straordinaria – è il più importante dei collezionisti di caravaggio del tempo - san matteo e l’angelo - amorino (coperto da tendina verde, non per il nudo ma perché avrebbe anientato la bellezza degli altri quadri della collezione) collezionista attentissimo, opere di altissima qualità, attenzione alla museografia Atteggiamento collezionistico di grande libertà che di fatto è l’esempio evidente di una cultura aperta, che si interessava ad elementi non necessariamente ortodossi Anche qui la collezione diventa elemento per affermare lo status del collezionista Ma accanto a questa collezione, a differenza degli altri lui scrive Scrive dei testi assolutamente fondamentali per la nascita di una critica d’arte diversa Scritti che espongono in maniera agile (in lettere) le sue idee sui generi, sul modo di conservare, acquistare e in generale sul valore estetico delle opere Discorso sulla propria collezione (come tutti i grandi collezionisti del suo tempo, anche se di solito in ambito di collezioni dinastiche) – collezione che diventa forma di memoria e autocelebrazione: galleria giustinianea (umor pecante = si vizio virtuoso ma di certo non ottimo cristiano) In questo contesto possiamo immaginare le discussoni alla base delle teorie di giustiniani sulle arti Si tratta di un modello epistolare, a un amico in realtà residente a roma (1610-20) Lettere che nascono come lettere fittizie, veri e propri trattatelli: discorso sulla pittur, sulla scultura, sull’architettra Quindi lettere che nascono espressamente per essere divulgate, per accendere un dibatito nelle stesse accademie private di cui giustiniani aveva un esempio proprio nel suo palazzo Costa 11 Il 17sec e lo sviluppo del mercato Cambiamento sociologico importante nell’ambito della dimensione economica dell’arte – si sviluppa il mercato artistico che porta a una serie di conseguenze sociali dell’artista, di produzione, di collezionismo Ma anche un influsso importante dal punto di vista della critica e della libertà dell’artista rispetto alla critica istituzionale – perché si sviluppa una sorta di possibile autonomia dell’artista rispetto al committente Prima i committenti avevano nome e cognome, nel momento in cui si sviluppa il mercato i committenti diventano “potenziali”, l’artista produce più per un ceto che per un singolo La frammentazione delle tendenze critiche e dell’approccio dei critici all’arte – più libertà degli artisti all’interno di un panorama più variegato Sviluppo di una categoria: agenti, mercanti, conoscitori – non ancora categoria professionale ma sempre più importante – mediatori dell’arte: il fatto che i collezionisti vi si debbano confrontare – testi (corrispondenze) Tutto questo avviene in un equilibrio molto precario: gli artisti cambiano genere, possono lavorare per committenti o per il mercato – entrare e uscire dal mercato era molto frequente Nell’ambito della critica istituzionale invece si continua a ribadire che il vero maestro/professore lavora soltanto per i mecenati in seguito a delle committenze precise (in realtà non è più vero) La realtà è molto più articolata del discorso critico perché quest’utimo è in sostanza un discorso retorico il cui obiettivo è quello di sottolineare l’aspetto intellettuale dell’artista Storie dell’arte locali Oltre a una bipolarità tra critica istituzionale e critica dei conoscitori abbiamo anche una frammentazione locale del discorso sulle arti Nel 500 avevamo avuto una bipolarità tra disegno e colore: l’asse tosco-romano vs venezia Nel 600 si sviluppano delle storie dell’arte locali perché l’arte diventa oggetto di emulazione, di potere – quindi le singole città, i singoli territori cercano di esprimere il valore della propria arte e dei propri artisti Citiamo il canonico Malvasia – nelle vite dei pittori bolognesi parla di una storia della ricezione perché comincia a parlare di cose che non riguardano solo la bio dell’artista ma anche dello spettatore parla del giudizio universale, bisogna giudicare ‘artista anche in base a quella che è la sua penetrazione della cultura contemporanea Malvasia non solo apre alla ricezione e giudizio del pubblico, ma indica anche dei procedimenti di valutazione misurabili Quante stampe sono state fatte, quante opere collezionate Forma di approccio alla critica d’arte che possa essere considerata razionale – tentativo di oltrepassare la dimensione pura del gusto per andare a vedere qual è l’impatto di un artista nella cultura del suo tempo Nel tempo si svilupperà un’antagonismo tra la lettura di Carracci proposta da Malvasia o Bellori Questa dim delle storie dell’arte locali ha anche il polmone del mercato: le opere d’arti si spostano – bisogna sapere dove sono le opere d’arte, dov’è l’originale (nel 600 si sviluppa l’idea chee la vera critica d’arte si fa davanti all’originali – i testi devono dare indicazione di dove siano le opere) La definizione di un lessico dell’arte e della critica Sistematizzazione di un lessico tecnico - Vocaboòlario toscano dell’arte del disegno: sistema il lessico degli atelier con tanto di spoglio delle fonti Quindi il 600 amplifica l’interesse per le arti Si pone a cerniera tra rinascimento e lumi Discorsi sull’arte molto vari Prima esigenza di rigore Difficile libertà critica che nasce e cresce grazie alla presenza di un mercato autonomo dell’arte il settecento nuovi attori panorama dell’arte sempre più ricco e variegato Nel corso del 700 si sancisce in modo definitivo il concetto di autonomia dell’arte All’interno di una riscoperta dei valori classici (neoclassicismo) e rivalutazione del bello (belle arti) Consenso verso la ragione, l’equilibrio, l’armonia – arte antica Nasce e si sviluppa l’estetica – c’è e si sviluppa un consenso legato all’idea di una conoscenza non attraverso la ragione ma attraverso i sensi – l’arte produce conoscenza attraverso i sensi: cognitio sensitiva – indipendenza assoluta rispetto alle altre forme di conoscenza Quindi legittimità di un discorso che si basa sulla percezione (indipendenza dell’arte) Esaltazione dell’occhio fondamentale In questo contesto filosofi, scrittori e poeti iniziano a confrontarsi con i segni di un mondo, quello delle arti visive, in rapida evoluzione – iniziano a scrivere per questo mondo (Nel 700 iniziamo ad avere delle riviste più o meno culturali che si indirizzano ad un pubblico di vasti interessi culturali, non specializzato in arte che però vuole poterne parlare – così si scrive di opere e attualità artistica anche in forma di articolo di giornale) Una parte di questi scrittori continua a raccontare il “cosa” è rappresentatp Gli intellettuali più sensibili rispondono con la scrittura alle mutazioni iconografiche di pittura e scultura che gradualmente si sottraggono al racconto mitologico religioso storico o letterario – critica che sempre di più si interessa alle maniere espressive, alle forme, all’armonia dell’opera d’arte piuttosto che al discorso narrativo – spostamento fortissimo alla Francia Sorpasso definitivo: il centro della critica e del dibattito sulle arti non è più l’Italia ma la Francia La Francia inaugura il sistema dei salon – le prime esposizioni d’arte ricorrenti, libere, gratuite, aperte a tutti, urbane, laiche Con questa dimensione del salon come esposizione di opere d’arte contemporanea si sviluppa una critica d’arte che è veramente quella che concepiamo oggi – militante, nel dibattito contemporaneo, che cerca di influire sul gusto generale, su chi salirà nella gerarchia accdemica, sul sistema economico dell’arte (non solo francese ma anche europeo – vedi critiche di Diderot al collezionismo estero che “rubano” la cultura francese al popolo) Ricorda che gli artisti vincitori vengono immediatamente musealizzati al museo di lussemburgo, poi morti vanno al louvre Quindi i salon determinano un diverso approccio alla critica d’arte e di farla: più aggressivo, più legato all’attualità, in una dimensione in cui non si esita ad opporsi alla critica istituzionale L’esaltazione della vista Si considera orai che i sensi siano fonte di conoscenza C’è l’idea che mentre la parola parla una lingua l’immagine è comprensibile a tutti – la vista sostiene un linguaggio universale Si ritorna al ut pittura poesis – l’immagine ha un linguaggio diverso, più naturale, più comprensibile Questa importanza della vista la troviamo nell’enciclopedie di diderot e d’alambert La dimensione figurativa e quella dell’immagine sono veramente importantissime In questo senso nasce una dimensione fondamentale: l’’imparare a vedere Milizia, storico e critico italiano illuminista dice che ci sono modi per imparare a vedere, che la vista si esercita come una lingua, bisogna esercitarla a vedere, a capire cosa fa il bello e cosa fa il brutto Un’altra delle dimensioni fondamentale della critica alle attività artistiche – attenzione alle teciche, alla dimensione del mestiere Dopo quel discorso assolutamente ideale, l’imlluminsmo porta a rivalutare non solo i sensi ma anche la prassi Tutti gli elementi di prassi diventano raccontati ed espressi nel corso della riflessione critica L’attenzione tecnica nell’enciclopedie sarà una dimensione portnte di tutta la critica del 700 I salons di Diderot Uno dei granid intellettuali fr, di caratura internazionale, ambiguo perché scrive la correspondence literaire per gli abbonati a quella di Grimm poi in realtà se la piglia proprio ci collezionisti internazionali Il diderot illuminista considera l’arte come un mezzo di sviluppo per la società L’educazione all’arte e tramite l’arte è per lui un momento fondamentale per elevare il popolo, le citoyen a una consapevolezza più alta Siamo in una dimensione politica Dal punto di vista della critica – rapporto tra soggetto e oggetto: la questione della fruizione – bello non è l’oggetto in se ma nel rapporto con chi lo giarda – come l’opera viene guardata: come sono le forme, come le vedo, che emozioni suscitano I salon, la parte più moderna della critica 700esca francese, sono scritti per la correspondance litteraire di Grimm: una corrispondenza manoscritta che l’editore grimm invia a tutti gli abbonati in europa (i grandi potenti: zar in russia, gli orange) Il manoscritto non subisce censura – quella reale era importantissima in quegli anni Vantaggio dupilce: non ho censura e non perdo tempo Ambiguità: “i collezionisti stranieri depredano la francia” e poi gli consiglia quali sono i quadri migliori Ricorda: i manuali dicono che diderot ha influenzato il pubblico parigino – in realtà non è vero perché i salon sono stati pubblicati molto postumi La dimensione di una cultura materiale della critica d’arte ci impone di considerare - Una conoscenza immediata dei salon per l’aristocrazia europea - Una conoscenza mediata e postuma per il popolo parigino Il pubblico si era formato su idee vicine – l’abate Dubois (?) scrive una serie di cose sul gusto e su come si forma che vengono pubblicate e tradotte nel giro di pochissimi anni - Autonomia di linguaggio dell’opera - Rapporto con concezione ed emozione per il giudizio Nel 700 si sviluppa una critica più liera, immediata e autonoma rispetto alle esigenze istiuzionali dell’accademia in cui si considera che il dibattito sulle arti contemporanee Divario che inizia a formarsi e sempre maggiore tra l’italia che guarda sempre all’indietro, ai grandi maestri del rinascimento, ai valori sicuri della sua arte più solida e la francia che si lancia in una valorizzazione anche mercantile dell’arte contemporanea, a cui la critica da supporto e legittimità Poi nel corso del secolo possiamo parlare della rivoluzione romantica, di cui siamo ancora gli eredi Svolta radicale: si capovolgono le concezioni fondamentali dell’opera d’arte, quelle che hanno accompagnato la critica Il valore dell’opera non è più nell’imitazione della realtà ma nell’espressione di se Costa 12 Recupera gli appunti (o la registrazione) dei primi 15/25 minuti A inizio 800 la nascita dell’estetica e la riflessione di Hegel portano all’idea che le arti di ogni epoca siano apprezzabili Secondo le teorie hegeliane, infatti, l’arte è espressione dello spirito per immagini Per cui l’arte viene concepita come filosofia, seppure inferiore – in ogni caso espressione di razionalità in una dimensione di un valore autonomo Per la prima volta l’arte si distacca dal bello naturale, in quanto la bellezza artistica si rifà allo spirito e non alla natura Questa è una cesura intellettuale epocale che sarà anche poi la dimensione teorica fondamentale per la nascita di movimenti come il simbolismo e l’impressionismo Per la prima volta il bello artistico è il bello artificiale/intellettuale (e non naturale) Hegel fa quindi da spartiacque tra  quella che era tutta la teoria precedente in cui in grosso modo l’arte era mimesis della natura l’idea di un’arte artificiale intellettuale, libera da quelle che sono le immagini della natura Hyppolite Taine si inserisce in questa dimensione e la sviluppa ulteriormente Nonostante sia una figura fondamentale per la storia dell’arte lui non era propriamente storico dell’arte, ma storico e filosofo francese In parole povere si potrebbe dire che prende le idee di Hegel e le sposta sulla terra: concepisce l’opera d’arte come indipendente, altra cosa rispetto alla natura, ma sempre collegata alla realtà delle cose, a chi la guarda e la crea – l’opera diventa un evento storico, psicologico, collegato alla teoria della percezione, che viene prodotto all’interno di un contesto In sostanza per Taine l’opera è autonoma rispetto alla natura ma realizzata all’interno di un contesto esterno, storico, e interno, psicologico Questa analisi, nonostante Taine sia stato accusato di essere meno alto di Hegel nel linguaggio e nella riflessione, ha un grande merito: quello di aver ricondotto la critica d’arte a una sorta di realtà delle cose, di aver portato il dibattito su un piano veramente concreto Così ci troviamo di fronte al cambiamento radicale nell’approccio alla critica d’arte, cioè alla nascita della metodologia della critica d’arte (legata ovviamente alla nascita della disciplina della storia dell’arte) Cos’è una metodologia, quali sono i suoi caratteri peculiari? La metodologia si differenzia perché il metodo si può insegnare e si può imparare – è una competenza che si può acquisire La nascita delle metodologie rinvia a una serie di elementi fondamentali, di condizioni storiche che la determinano  L’esigenza della creazione di metodi che si possano insegnare e imparare  Necessità legata all’interesse popolare e giornalistico che si stava riscontrando nei confronti del mondo dell’arte  Il tentativo di attribuire razionalità allo studio dell’arte, una dimensione scientifica/oggettiva a quella che fino ad allora era stata l’assoluta soggettività dell’occhio Nasce così quell’esigenza metodologica che si svilupperà con grande successo dalla metà dell’800 in avanti e che coinvolgerà tutto il 900 Riassumendo: Fino ad ora abbiamo parlato di storia dell’arte e di dibattiti interni ad essa Il passaggio dalle arti meccaniche alle arti liberali  Ut pictura poesis  Arte e scienza  Disegno “padre delle arti” Il paragone delle arti: eredità del 16sec  Il dibattito sul primato inizia con Alberti e Leonardo  Benedetto Varchi  C’era un altro punto: recupera le slide Questioni critiche del 17sec  Prestezza o diligenza  Poussinisti o rubinisti  Allargamento dei confini “les serpents de mer”  L’arte come mimesis  L’arte come espressione  Il contenuto, la forma e la critica Da ora in avanti parleremo di 800 e 900, ci avvicineremo con maggior attenzione a quelle che sono le metodologie e non più la storia dell’arte e le biografie d’artisti ma come delle correnti di pensiero hanno cercato di sviluppare un determinato modo di concepire il discorso sull’arte Ci stiamo avviando verso un percorso che sta diventando più accidentato: se fino ad oggi abbiamo avuto una linearità, con l’8/900 ci avviamo a un dibattito sulle arti e sul modo di avvicinarsi alle arti che è molto aperto alla discussione, molto spesso polemico, in cui la polemica spesso riveste caratteri nazionalistici, e questo dibattito fino al 1970 circa rimarrà irrisolto: ci aspetta quindi un secolo e mezzo di lotte su cosa sia la storia dell’arte, l’arte e su come bisogna guardarla – una serie di questioni fondamentali, e spesso ancora irrisolte, che grosso modo si diffondono in tutta la cultura occidentale Questa dimensione di forte dibattito in un modo o nell’altro tende a fare due cose  Dare legittimità alla presenza della storia dell’arte nelle università come disciplina autonoma  A trovare delle forme che possano dare una dimensione scientifica alla ricerca che per sua essenza è antropocentrica Tutto quello che vedremo da oggi in avanti può essere globalmente diviso in due grandi blocchi  Metodologie endogene Cioè che si occupano di tutto quello che sta all’interno della cornice – forma, colore, materia, tecnica, finito/non finito – tutto quello che è relativo alla dimensione tecnica e formale dell’opera  Metodologie esogene La critica che anzi che guardare solo quello che sta dentro alla cornice si preoccupa di più di quello che sta fuori – contesti storici, soggetto, committente, funzioni, dimensioni, collocamento spaziale Dimensione che mette l’opera non al centro di sé stessa ma di un contesto culturale, religioso e politico senza cui sarebbe impossibile avere una giusta percezione dell’opera Per noi oggi è evidente che le due metodologie possono essere positivamente avvicinate per avere un’idea a 360 gradi di quella che è la creazione, ma in realtà per lungo tempo è stato molto difficile conciliarle (basti pensare che ancora oggi c’è una reticenza verso l’insegnamento di iconologia ma anche sociologia) Quindi noi ci occuperemo di questo doppio binario che nasce nel corso dell’800 Tra l’altro fa bene ricordare che anche la storia dell’arte, come tutte le storie, si collega al suo tempo Quindi le prime metodologie della critica sono essenzialmente endogene Bisogna però notare che parlare di visivo all’inizio dell’800 è già una novità, in quanto consiste nel mettere in avanti la dimensione della percezione La critica della forma – dimensioni di analisi critica che si sviluppano nell’Europa dell’800 che hanno come punto di maggior interesse la dimensione formale La critica della forma si sviluppa con connotazioni diverse nei due secoli  Nell’800 assistiamo allo sviluppo de “la critica dei conoscitori” – che avviene si attraverso l’occhio ma ha elementi scientifici in sé  Nel 900 si arriva alla teoria della pura visibilità e all’apporto della teoria delle forme Tornando all’apporto dell’Ottocento e alla critica dei conoscitori Durante il secolo si modificano i concetti stessi legati a quella che era la “connoisseurship” che veniva applicata in precedenza – nell’800 la critica dei conoscitori tende a cercare di attribuire una dimensione scientifica e non soggettiva all’analisi dell’opera, uscendo un po’ da quell’idea di conoscenza come intuizione e occhio Morelli e Cavalcaselle sono per noi due figure fondamentali perché  recuperano l’idea che la critica di un’opera vada fatta con la conoscenza dell’opera d’arte nella sua dimensione originale e materiale (a costo anche di sacrifici personali)  promuovono l’idea di ricostruire filologicamente il corpus della pittura italiana Filologia diventa tra l’altro un temine fondamentale in arte e implica due tipi di operazioni: - ricercare la dimensione documentaria relativa all’opera (cioè i testi in cui viene citata) - riportare le opere alla loro struttura originaria: togliere le sovrapposizioni che i secoli hanno apportato ai monumenti e alle opere (chiaramente operazione problematica) Tutto questo con una dimensione che diventa internazionale perché si comincia ad andare a vedere la pittura italiana in tutti i luoghi in cui è conservata – abbiamo così una mappatura delle opere italiane al di fuori dei confini nazionali Quindi in sostanza a una critica completamente soggettiva della passione e emozione romantica la storiografia dell’800 con Morelli e Cavalcaselle oppone una critica legata a una dimensione filologica e geografica Giovanni Morelli Riconsiderato dalla critica in tempi più recenti, è stato oggetto di molti dibattiti anche per la particolarità della sua figura Lui è di origine francese, di famiglia ugonotta che si trasferisce in Italia anche per evitare la dimensione religiosa in Francia La cosa che a noi interessa in particolare è che Morelli non è filosofo, giurista e neanche letterato – è un medico: studia scienze naturali e medicina prima a Monaco e poi a Parigi, dove scopre questa passione per l’arte In Italia prende parte ai moti del 48, diventa deputato nel 61, nel 73 è senatore Nell’ambito della storia dell’arte è quanto di meno ortodosso possiamo immaginare Scriveva, sotto lo pseudonimo di Ivan Lermolieff, parole molto aggressive su tutti i grandi critici, facendosi così la fama di personaggio iracondo Proprio questo carattere ha fatto sì che molto spesso sia stato cancellato da parte della critica successiva, tradotto con moltissimo ritardo e letto con poca attenzione Nonostante la rivalutazione di Morelli sia recente lui ha il vantaggio di aver lanciato nell’ambito dell’arena Europea la dimensione del metodo, annunciato da Morelli stesso come un metodo scientifico e naturalistico Per noi lui è molto importante in quanto è uno dei primi a inserire nella critica la questione della conservazione del patrimonio, che per lui diventa patrimonio nazionale (ricordiamoci che l’Italia aveva trovato la sua unità pochissimi anni prima) Questo “nazionalismo” ci introduce a un nuovo tema a due facce  Da un lato c’è la rivendicazione del valore delle opere d’arte italiane  Dall’altro il patrimonio assume valore identitario, conservato e protetto non solo come bene comune ma anche come fonte identitaria Una delle grandissime qualità di Cavalcaselle è stata quella di porre tutta la sua energia a servizio di una prima catalogazione delle opere d’arte italiane (andandole a cercare nelle chiese sperdute, nelle collezioni etc) È poi importante ricordare che gli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia sono stati difficilissimi per il patrimonio italiano perché le leggi di tutela dei singoli stati non valevano più ma il nuovo stato non aveva ancora leggi per evitare l’emorragia delle opere italiane verso l’estero Il lavoro di Cavalcaselle in questo contesto assume una rilevanza ancora più forte Per Cavalcaselle il disegno diventa metodo critico fondamentale nonché strumento per la memoria) Con questo riesce a individuare le particolarità stilistiche delle opere che vede e a commentarne gli aspetti tecnici, di conservazione e la dimensione formale che a lui interessa di più (ricorda che è sempre una metodologia di analisi endogena) Ricordandosi che vive fino al 1890, viene da porsi una questione: perché non usa la fotografia? (tra l’altro anche dopo di lui altri critici continueranno a usare lo schizzo come metodo prioritario) In realtà Cavalcaselle utilizzerà moltissimo la fotografia per documentare i restauri, quindi come strumento oggettivo per analizzare il prima e il dopo Però per aiutare la memoria utilizza il segno perché ritiene che sia più opportuno scrivere all’interno dello stesso linguaggio – l’atto critico che si fa attraverso il disegno è più immediato, la descrizione letteraria è un passaggio successivo che tende ad allontanarsi della verità del quadro Queste sono intuizioni estremamente moderne che rientrano bene in questa dimensione moderna del conoscitore Il suo metodo sarà filologico (oggi ci sembra anche esageratamente filologico) Cavalcaselle cerca di creare dei corpus di opere di artisti che siano filologicamente corretti, con la volontà quindi di togliere tutte quelle opere che non sono originali o che sono dubbie Questo metodo filologico viene rivolto da Cavalcaselle anche alla conservazione dei monumenti e delle opere d’arte – propone quindi di togliere tutte le cose che sono state aggiunte nel tempo per la ricostruzione della loro forma originaria – tendenza che evidentemente rispetto all’architettura è una questione estremamente complicata Certo è, in ogni caso, che questo rigore filologico porta Cavalcaselle a studiare gli originali, a guardarli all’interno di un corpus – questa attitudine lo porta a un’attenzione molto forte non solo nei confronti delle forme ma anche della storia Sulla parte londinese della vita di Cavalcaselle  Ricordiamo che cavalca l’onda primitivista offrendo un grande studio a quella che è la loro analisi  Si dice che fosse diventato così bravo nell’analisi critica delle opere da fare qualche falso Sopravvive all’esilio inglese e ritorna in Italia dopo aver proposto una ricostruzione dell’arte italiana fino a Raffaello, con un’ampiezza cronologica molto più larga rispetto a quella di Vasari, che partiva da Cimabue, partendo invece dai primi esiti dell’arte paleocristiana Fondamentale per noi è però il suo lavoro da ispettore del ministero – ispeziona, va su posto, si rende conto dello stato delle cose, dirige e struttura gli interventi di salvaguardia e tutela del patrimonio All’interno di questa mansione, come si accennava prima, Cavalcaselle inizia una guerra col ministero dicendo che questa ispezione doveva essere fatta da uno storico dell’arte Nel 1862, un anno dopo lo spostamento della capitale a Roma, Cavalcaselle redige due memorie per il ministro della pubblica istruzione  Sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti di belle arti  Sulla riforma dell’insegnamento accademico Emiliani nota come Cavalcaselle ha offerto un primo esempio di metodo nella gestione delle belle arti Nota infatti come lo storico abbia unito diverse dimensioni: quella politica e giuridica, quella organizzativa e quella tecnico/scientifica – così facendo per la prima volta propone un metodo completo non per l’analisi ma per la gestione delle opere di un paese che si era appena unito Un’altra dimensione di grande valore e modernità del lavoro di Cavalcaselle riguarda le sue teorie sulla conservazione delle opere d’arte Secondo lui l’opera dev’essere lasciata nel suo stato originale, secondo un rigore filologico Questo però a volte implica il problema di una lettura frammentaria, una difficoltà di lettura perché l’opera è rovinata/incompleta A quella che era l’abitudine precedente di ricomporre le opere nella loro verosimiglianza di originale Cavalcaselle propone un metodo completamente diverso, filologico ma attento alla fruizione dell’opera – siccome il pubblico poteva avere difficoltà nella lettura, a lato dell’opera si proponeva di mettere una copia integrata che ne restituisse l’integralità (che poi è quello che oggi si fa con la realtà aumentata – intuizione estremamente moderna) Nello stesso tempo comincia a immaginare che le opere d’arte potrebbero essere raccolte in musei regionali in cui le opere si inscrivono A questo punto abbiamo la nozione di patrimonio culturale nazionale che viene inserito all’interno di programmi didattici nella scuola laica – l’opera diventa strumento di un progresso civile Per capire il suo atteggiamento analizziamo le vicende del complesso di Assisi, che lui viene incaricato di restaurare Propone di rimuovere dalla basilica superiore il coro rinascimentale in modo da recuperare il transetto del Duecento e dare una visione originale dell’opera Secondo l’autore è importante che il pubblico sia educato a leggere l’opera anche attraverso i suoi danni – non solo quindi la lettura dell’opera originale (di cui già in un certo senso parlavano Lanzi e Malvasia) ma anche attraverso i danni del tempo Questo implica un cambiamento di sguardo molto importante pensando che la Roma 700esca aveva vissuto e prosperato sull’invenzione dell’antico (da un frammento di costruiva un’intera statua) L’intervento di Assisi inizia nel 1871 – è da ricordare che Assisi, con Giotto, viene considerata la culla dell’arte italiana, e inoltre siamo in cui periodo in cui è fondamentale l’interesse per i primitivi: Assisi è quindi un luogo di particolarissimo valore simbolico Sappiamo che le pitture di Giotto si andavano degradando In questa situazione di degrado progressivo Cavalcaselle propone una serie di interventi “moderni” che puntano al consolidamento e non al rifacimento – si applica per elaborare quindi degli interventi improntati al rispetto dell’originale In questo contesto chiede e ottiene di utilizzare la fotografia come documento storico che possa dimostrare e monitorare gli interventi di restauro, e quindi possa dare un’immagine del prima e del dopo (questa dimensione documentaria della fotografia diventa fondamentale, tanto che qualche anno dopo Ricci dice che la catalogazione dev’essere fatta da schede e fotografie – a partire da Cavalcaselle la fotografia diventa strumento fondamentale non della critica ma della storia documentaria dell’opera d’arte) Nel 1863 redige un memorandum sulla fotografia, anche questo rivolto all’organizzazione ministeriale, che è sostanzialmente una proposta di gestione del patrimonio Secondo Cavalcaselle la fotografia aiuta nella didattica nell’ambito accademico in quanto - consente di rispettare le proporzioni delle figure all’interno dell’opera - è estremamente efficace per il confronto iconografico Inoltre è poi un parametro essenziale di controllo e studio per il restauro In questo modo, nel suo lavoro, unisce due strumenti dalle caratteristiche profondamente diverse  Disegno: mano e occhio completamente soggettivo, selezione del dato  Foto: più obiettivo, riproduzione meccanica Crea così una doppia dimensione che arricchisce l’analisi delle forme Da lui in avanti avremo una grande attenzione per la fotografia come strumento per l’analisi Il valore della copia – diventa modo per consentire di lasciare intatto l’originale e consentire comunque al pubblico una visione più semplice e chiara dell’opera  È proprio in relazione all’esigenza di rispetto delle parti originali dei monumenti e delle pitture che viene indicato il valoro della copia  I restauratori, durante il loro tirocinio possono realizzare copie – alcune di queste possono mettersi a confronto con l’originale danneggiato per facilitarne la lettura  La copia viene completata nelle parti mancanti, l’originale viene lasciato intatto Secondo Ferdinando Bologna Cavalcaselle è stato per l’800 quello che è stato Lanzi per il 700 Cioè il capostipite di una corrente di pensiero che passerà per Adolfo Venturi, Toesca, Longhi e tutti i longhiani – corrente caratterizzata da un percorso attento alla realtà delle forme endogena In fondo abbiamo un duplice modo di interpretare Cavalcaselle  Quello di Bologna: Cavalcaselle attento alle forme e alla traduzione del dato formale nella critica d’arte  Quello di Emiliani: Cavalcaselle come primo a inserire nella critica d’arte qualcosa che si rivolgeva a uno stato, a una dimensione più globale del patrimonio culturale – dimensione di tutela, organizzativa, gestionale La teoria della pura visibilità Entriamo ancora di più nell’ambito di un discorso teorico che potremmo definire europeo A livello geografico abbiamo un cambiamento essenziale dei poli di interesse che avviene nei primi anni dell’800: uno è sempre Roma, l’altro si sposta dalla Francia verso i paesi di lingua tedesca – la teoria della pura visibilità si sviluppa in un asse italo-tedesco (tanto che si parla di “tedeschi-romani”, cioè di intellettuali di nazionalità e lingua tedesca che vivono in Italia tra Roma e Firenze) Quella della pura visibilità è una teoria che sarà poi fondamentale per quelli che diventano gli studi di storia dell’arte del 900 I suoi primi teorici sono Fiedler, Hildebrand e von Marées La visione diventa il punto di partenze di tutta la loro analisi (chiaramente endogena) Costa 14 Torniamo a Fiedler Secondo lui definire l’arte come espressione di bellezza è riduttivo Scopo dell’arte non è la bellezza e neanche la rappresentazione della natura Quindi i punti importanti di Fiedler sono in sostanza due  Un’ideale di bellezza non può divenire norma della produzione artistica: si devono eliminare i pregiudizi che ostacolano la valutazione autonoma dell’opera d’arte  Dimensione scientifica/culturale sottolineata dal fatto che l’opera non è più concepita come oggetto di piacere ma come un linguaggio al servizio della conoscenza Nelle date in cui vive tutti i musei si stanno organizzando per obbedire a nuovi criteri cronologici, di catalogazione e divisione per scuole considerati fondamentali per un approccio conoscitivo e didattico (vs principio di varietas dell’ancient regime) Questo fatto è indicativo per dire che il pensiero di Fiedler è sì nuovo, ma anche perfettamente integrato alla modalità gestione dei patrimoni culturali del tempo, guidata dall’idea di progresso razionale delle conoscenze e non solo più piacere estetico Nel momento in cui l’arte non è più l’imitazione della natura, è evidente che il linguaggio dell’arte viene concepito come attività autonoma e a sé stante – è all’interno di quel linguaggio e non più quello naturale che l’artista opera Idea di arte che crea e produce la realtà – non è specchio della realtà ma realtà essa stessa (nota però che, per le date in cui siamo, si parla comunque di figure e non forme) Arte come libera invenzione, al di là del concetto di imitazione, al di là anche dell’idea che l’artista è arbitrario – artista “libero e creativo” In questo processo, per acquisire autonomia dell’opera, abbiamo una critica dell’estetica che diventa un elemento fondante e implica una rottura difficilissima  Si rompe il kalos kai agatos, cioè l’idea che l’arte per essere etica deve rappresentare il bello  Si abbandona anche l’idea che a parlare di arte in modo prioritario possano essere i filosofi (e gli scienziati) – si possono farlo ma non con i loro schemi Prende forma quindi una nuova visione dell’arte L’idea è quella di creare dei metodi specifici di creazione e di analisi dell’opera d’arte Si deve smettere di vedere l’arte attraverso la natura, bisogna piuttosto imparare a vedere la natura attraverso l’arte – capovolge l’ordine Dimensione che si situa all’interno anche del panorama artistico contemporaneo (gli impressionisti, pensa all’articolo de le Figaro contro) Critica anche Winckelmann per il privilegio accordato al concetto di bellezza (oltretutto quella classica) Fidler considera pericolosa quest’idea che Winckelmann aveva di una bellezza relativa al mondo greco classico in quanto implicava una scorretta attenzione esclusiva In questo momento il mondo mediterraneo e nordico stanno cominciano ad imporsi anche dal punto di vista artistico – per la prima volta l’arte transalpina viene confrontata con quella italiana (o vedi la mostra di Manchester) Non c’è solo il contrasto con Winckelmann ma anche una dimensione di allargamento di un ambito culturale geografico che porta verso l’abbandono delle concezioni di bellezza tipiche del mondo antico Per Fiedler l’arte non è scienza, non è filosofia, ma ha pari dignità L’autonomia e la legittimità di discorso sull’arte vengono sempre sottolineate Opere chiave di Fiedler  1876 sul giudizio delle opere d’arte figurativa  1878 ce n’era un’altra In questa dimensione di novità, per una delle prime volte abbiamo nella storia della critica d’arte moderna la presenza di una dimensione collettiva di pensiero Fino ad ora abbiamo visto grandi personaggi che lavoravano per conto loro – ma non c’era una dimensione di “movimento”, ne esplicito ne implicito Con quelli che vengono chiamati i tedeschi-romani ci avviamo verso una dimensione di un dibattito, di una circolazione collettiva di idee e giudizi che fa della pura visibilità una delle prime teorie che si sviluppano all’interno di un gruppo Poi avremo la “scuola di Vienna” che scuola non è, ma ha questa circolazione di idee all’interno di una determinata coinè critica Si potrebbe parlare di coinè = quando si ha in comune non tanto una dimensione politica quanto la lingua, la religione, i miti – in epoca moderna indica luoghi di condivisione intellettuale 1. Hans von Marèes Conosce Fiedler a Roma, anche lui all’interno di questi tedeschi romani Si interessa di uno degli aspetti proposti da Fiedler – rapporto tra artisti e natura 2. La stessa riflessione viene proposta da Hildebrand Artista anche lui sull’asse tosco-romano: vive a Firenze dove Fiedler va a vivere con lui, poi insegna all’accademia a Monaco Principi neoclassici, legati alla dimensione della scultura antica Arte legata all’antico, alla dignità dell’arte Quindi questi tre offrono alla critica d’arte una dimensione teorica che Cavalcaselle e Morelli non avevano a questo livello – tutta la cultura di lingua tedesca è caratterizzata da questa dimensione di tipo teorico e filosofico  Approfondimento di tutte delle problematiche del visivo  Spostamento, poi confermato, della centralità in Europa del dibattito critico (da italia-italia a italia-francia a paesi di lingua tedesca)  Dimensione di attenzione alle forme che verranno recuperate anche con l’apporto del primo Novecento Apporto fondamentale: in tutta Europa la storia dell’arte diventa una disciplina in cerca di riconoscimento istituzionale  In Francia per la prima volta viene riconosciuta come disciplina all’ecole del Louvre 1882 – solo più tardi in Sorbona  In Italia la prima cattedra è data a Adolfo Venturi Nel 1901 in Italia la disciplina è inserita nelle scuole secondarie La dimensione comincia quindi a diventare istituzionale (non è più il singolo che dice quello che pensa – c’è un’idea di cultura dei cittadini e insegnamento e quindi omogeneità) Ma nonostante ciò al suo interno continua la grande separazione tra autonomia del linguaggio artistico e la via dei contenuti – continua quindi la contrapposizione tra significato e autonomia del linguaggio L’eredità di Fiedler: arriva al 900 tramite due concezioni opposte  Benedetto Croce  Wolfflin I due sono in contrasto tra di loro, Croce non ama affatto Wolfflin, che considera un gran “narratore” Però entrambi hanno questa grande attenzione nei confronti di Fiedler (croce lo conosce perché parlava tedesco quindi vi si interessa già dal 1911, data precocissima) Siamo nell’ambito della teoria delle forme, di un’analisi endogena, della cultura italiana della fine dell’Ottocento/inizio Novecento Benedetto Croce Non è uno storico dell’arte o un critico d’arte, non vi si vuole inserire dal punto di vista disciplinare ma ha comunque un’influenza enorme su tutta la critica e la cultura italiana fino alla seconda guerra mondiale, che sarà invasa da “l’idealismo crociano” che diventerà in molti casi una chiave di lettura privilegiata per analizzare le varie correnti dell’analisi delle opere d’arte (ad esempio, l’iconologia si scontra con l’idealismo crociano e quindi vede una battuta d’arresto in Italia) L’opera d’arte secondo croce è creazione per intuizione Quindi se l’opera è intuizione, l’intuizione è individuale allora l’opera è irripetibile Rifiuto della gerarchia dei generi – bisogna inserire la creatività in una dimensione diversa La teoria dell’identità di intuizione-espressione L’idea di Croce è che l’immagine che deriva dall’intuizione è già presente nella coscienza dell’artista Questo apre a un problema molto serio: la dimensione di prassi/tecnica e di esecuzione è completamente svalutata – la svalutazione del momento dell’estrinsecazione Il concetto di tecnica è completamente estraneo alle idee di croce – questione del processo, del divenire, del fare dell’opera d’arte che rimane questione irrisolta (persino Longhi metteva in guardia) Abbiamo delle proposte di studio dell’arte su cui dobbiamo riflettere  L’idea che storia dell’arte e letteratura vadano di pari passo ut pictura poesis che ricompare in fasi alterne in croce il suo idealismo tronca l’analisi di tutta quella dimensione di prassi  Per lui è importante solo la singola opera d’arte  Croce uomo del classico Il medioevo per croce non esiste, il barocco neanche – grande rappresentante di una cultura artistica, occidentale, pseudo-romana che determina un’estrema restrizione del campo al classico Condanna l’arte contemporanea, definendola di scarso interesse In realtà però lui lavora nei primi anni delle avanguardie, che ignora completamente – incomprensione totale di quella che è la tendenza del contemporaneo Secondo Croce tutto quello che non si esprime per figura è inconcepibile Costa 15 (25/10) Torniamo a Wolfflin Nel pieno della Prima guerra mondiale scrive i concetti fondamentali della storia dell’arte Individua delle bipolarità che non considera in senso precisamente storico ma come coppie di concetti universali che si sviluppano ciclicamente nell’ambito della storia dell’arte Le coppie sono cinque concetti che hanno avuto una grande fortuna didattica in quanto molto semplici da maneggiare A queste teorie di Wolfflin sono state fatte diverse critiche - Esagerata schematizzazione concettuale ovviamente per arrivare a questa bipolarità Wolfflin taglia tutto ciò che non vi può rientrare completamente - Storia dell’arte senza nomi problematica perché non dava conto del passaggio degli uomini da una zona all’altra, cioè dell’interconnessione tra le culture e lo scambio continuo tra esse – si concentrava su un’idea culturale/razziale/geografica delle forme L’intuizione metodologica più importante di Wolfflin è il tentativo di abbozzare una storia dell’arte che sia in realtà storia del vedere, storia della visione Visione che cerca di raccontare come indipendente da condizioni esterne L’idea della possibilità di creare una storia della visione è molto interessante in quanto implica una grande attenzione alla figura dello spettatore Si incomincia qui ad avere una serie di intuizioni che porteranno nella critica degli anni ‘30 del 900 a un’attenzione metodologica e critica per tutte quelle che sono le forme di visione dello spettatore Wolfflin ci dice che le forme hanno una logica interna Lo sviluppo dell’arte rimane essenzialmente libero, indipendente dalle influenze che possono dipendere le condizioni sociali di vita, le disposizioni psicologiche degli individui L’arte ha una vita e evoluzione che le sono proprie Tutto questo è stimolato dai processi artistici più che dalla dimensione del contesto e dalla psicologia dell’artista Gli artisti non possono produrre in qualsiasi forma in qualsiasi tempo e luogo – ci sono forme che hanno pertinenza a un certo tempo e luogo Qui vediamo una cosa che in questo periodo storico è molto “alla moda” nell’ambito della ricerca internazionale: l’idea che il sistema di crescita che si stava studiando in quegli anni nell’ambito della biologia e delle scienze naturali di evoluzione organica potesse essere applicato all’arte Questo pensiero implica che il generale precede il particolare (artisti e singole opere) Importante è notare questo parallelismo con l’ambito delle scienze naturali perché ci riporta a una dimensione di ricerca di rigore di metodo di scientificità tipica del periodo Arriviamo a una serie di problemi “i principi fondamentali” viene pubblicato nel 1915, mentre la Germania era in guerra (che corrisponde poi all’ultima guerra del risorgimento italiano) Così da parte di Wolfflin abbiamo una rottura molto forte con l’Italia Iniziano ad essere riadattate e riorganizzati dei modi di concepire e discutere sull’arte anche secondo un conflitto nord-sud, che in un certo senso andavano a rispecchiare la bipolarità del fronte Nasce l’idea che ci siano delle visioni del mondo e dell’arte che possono essere in conflitto e che sono legate a caratteristiche nazionali, che cominciano a essere considerate da Wolfflin come costanti legate al sangue e al suolo (alla genetica della razza?) Tanto che il termine razza compare negli scritti di Wolfflin, quando esso afferma che “la razza germanica ha il pittorico nel sangue” (Wolfflin sostiene che anche se il barocco è nato in Italia l’adozione vera spetta al nord) Una storia senza nomi sembra quanto di meno eroico ci sia – “storia dell’arte senza eroi, senza la presenza fondante dei grandi capisaldi” Questo però, questa visione antieroica attribuita a Wolfflin è possibile solo se ci si dimentica delle considerazioni sulla razza (c’è la razza migliore?) In realtà la razza migliore per Wolfflin c’è, tanto che lui sarà tra coloro che fondano l’unione di battaglia per la cultura tedesca nel 1929, emanazione diretta del partito nazionalsocialista voluta da Rausenberg Questo è uno dei motivi che ha determinato uno sguardo sospettoso della contemporaneità nei confronti di Wolfflin Possiamo riassumere le critiche a Wolfflin in due tipologie molto diverse - una storica e attuale legata al sostegno che Wolfflin ha dato alla dimensione nazionalsocialista della cultura tedesca - l’altra è quella di una esagerata schematicità (quindi una ragione strettamente “metodologica” e teorica, a prescindere dalle considerazioni storiche e politiche) Tutto questo porta l’autore a riflettere su quella che chiama la dimensione spirituale dell’arte? Ci porta poi a un altro punto di vista interessante Il rifiuto di distinguere tra arti maggiori e minori È un rifiuto spesso considerato come tipico di chi voleva raggiungere una storia dell’arte obiettiva Se pensiamo a quello che succederà in Italia con Bottari e il fascismo è esattamente la stessa cosa – abbiamo un’indubbia omogeneità di vedute tra Italia e Germania tra anni 20 e 30 Si considera che entrambe fanno parte dell’identità nazionale Wolfflin considera che lo studio delle arti minori sia essenziale per verificare il passaggio da uno stile all’altro – anche perché c’è una dimensione meccanica di riproducibilità, volgarizzazione delle arti minori che ne consente un’analisi più obiettiva Coloro che si sono scagliati con maggiore determinazione contro Wolfflin sono stati i primi sociologi dell’arte - Atteggiamento legato alla cultura tedesca e alla sua ideologia (i primi sociologi dell’arte sono tutti di stampo marxista) - Ma ancora di più a un modo di vedere l’arte incompatibile Dal lato di Wolfflin “lo spirituale” Da quello dei sociologi dell’arte invece l’idea era che l’arte si esprimesse in una dimensione esogena, collegata ai sistemi di produzione e di acquisto, al rapporto tra società e cultura Hauser poi critica fortemente il concetto di psicologia unitaria che implicherebbe la mancanza di contrasto sociale – mentre in un organismo biologico c’è sempre unitarietà e simbiosi, in un organismo sociale c’è il concetto di contrasto e non tenerne conto è un limite metodologico enorme Comunque, alcuni aspetti non tanto delle idee ma del metodo di Wolfflin verranno recuperati nell’ambito della scuola di Vienna e in particolare Riegl - Opposizione allo storicismo romantico - Attenzione alle categorie della storia - Idea della storia dell’arte come storia della visione, da analizzare con regole proprie che non sono quelle dell’estetica – distacco dall’estetica Se la teoria della pura visibilità e quelle di Wolfflin sono i primi grandi pilastri delle tendenze formalistiche, abbiamo altre scuole che si sviluppano nel primo 900 Si sviluppano in un modo geograficamente più vasto Il primo contributo particolare è di un singolo intellettuale, Focillion, che per questioni legate alla sua vita avrà un’influenza fortissima non solo in Francia e Europa ma anche in America – è tra i primi intellettuali a creare dei ponti tra la critica europea e quella nascente in usa Focillion è un uomo che vive a cavallo tra 8 e 900, che per la cultura novecentesca avrà un’importanza fondamentale, “alla Croce/Wolfflin” Avrà almeno due grandi personaggi che si rifaranno a lui: - Kubler (la traduzione la scriveva andrea emiliacci uno dei grandi museologi italiani – proprio per questa dimensione dell’importanza alle forme e alla mano) - ? Rispetto all’idealismo crociano con Focillion abbiamo pur sempre un’analisi formale, una storia della visione, ma in questa vita delle forme è importantissimo il ruolo della mano e quindi della prassi “La vita delle forme” è l’opera metodologicamente fondamentale di Focillion 1934 (stessa data dell’operetta di Madrid) Organizza un’idea del cambiamento delle forme anche in base alle tecniche – che ci riporta alla sua dimensione in cui l’arte è strettamente legata alla manualità Grazie alla sua attività di insegnamento porta la dimensione metodologica del vedere nelle università americane – insieme a Panofsky, consiste nell’anello di congiunzione tra vecchio e nuovo continente Focillion poi non guarda solo la questione della tecnica La sua dimensione metodologica è collegata all’idea che il ruolo del critico sia quello di concentrarsi sulla dimensione qualitativa delle opere – via della prassi e non dei contenuti (in polemica quindi con Malle) A questa primissima generazione di studiosi che si concentrano sugli aspetti formali si aggiunge una serie di rappresentanti in cui il primo e più importante è Adolfo Venturi Importate perché non solo fa ritornare questo circolo sulla forma in Italia e nell’ambito disciplinare (che si era allontanato verso la Germania e l’estetica) ma anche perché da vita a una scuola che sarà importantissima in Italia – con Adolfo Venturi si ha l’inizio di quella metodologia di analisi formale che in Italia avrà dei rappresentanti importantissimi Venturi ha quella che era la formazione tradizionale in Italia dello storico d’arte Inizia il suo percorso in accademia, che gli conferisce  Competenza tecnica  Manualità che gli consente di capire il valore delle immagini e di usare il disegno come metodo critico: per la memoria, come appunto Il fatto che venturi fosse allievo di Cavalcaselle ha per noi una rilevanza forte: trasporta la critica d’arte della fine dell’800 metodo dei conoscitori, nel 900 nelle università Critica d’arte è anche l’impegno etico – la critica d’arte militante non è solo quella che si spende per la formazione del gusto ma anche quella che tiene alla tutela della memoria, delle opere, dell’accessibilità e della didattica Venturi aveva detto che l’Italia era indietro perché non aveva le riviste che gli altri paesi avevano già e diffondevano in Europa con grande successo anche economico, quindi cerca di crearla lui Con grande lungimiranza capisce come la rivista fosse uno strumento formidabile per comunicare e divulgare, in quanto tramite essa era possibile raggiungere un pubblico non raggiungibile con la monografia e sensibilizzarlo all’attualità dell’arte (Questo discorso è confrontabile con il sole 24h della domenica: inserto culturale – per essere al corrente dell’attualità ma che non aveva il tempo di leggersi cose specifiche) L’idea di Venturi era di offrire una sintesi di buona qualità scientifica che potesse dare una dimensione abbastanza corretta di quelli che erano i dibattiti internazionali e il rapporto degli storici Riviste allo stesso tempo europee nel concetto ma di sostegno all’attività e all’arte nazionale Costa 25 29.11 C'è un’evoluzione nel pensiero di Freud, quindi sarebbe sbagliato pensare che ci sia un’unica teoria psicanalitica proposta da Freud: abbiamo piuttosto una riflessione continua che accompagna lo studioso e che tocca diversi elementi. Quindi l’arte come espressione di conflitti, come indagine dell'inconscio, come appagamento di desiderio prima e mezzo di consolazione poi, l’arte direttamente collegata a tutto quello che noi potremmo definire un procedimento di sublimazione, l'arte che è sempre in equilibrio tra il principio del piacere e il principio di realtà e che consente all’artista di viaggiare tra queste due dimensioni, e l'arte che secondo Freud trova le proprie radici addirittura nel pensiero magico dell'uomo. 1897: siamo alla fine del 19esimo secolo e Freud, che aveva questa formazione classica straordinaria, trova che la grande tragedia greca e in particolare la tragedia di Sofocle e il mito dell'Edipo Re possa essere una dimensione fondamentale per spiegare un legame tra la psicanalisi e anche l'arte, quindi l'arte diventa per Freud un sistema per esprimere in modo socialmente accettabile tutta una serie di pulsioni, tra cui quelle del complesso di Edipo, che altrimenti sarebbero socialmente punibili. Da qui una concezione dell’arte come luogo dove esprimere i conflitti della psiche senza incorrere nella repressione sociale, in una sorta di allontanamento dalla socialità. Il complesso di Edipo viene sviluppato da Freud a partire dalla dimensione della tragedia Greca. 1907: una decina di anni dopo Freud pubblica un saggio importante, che si intitola "Il poeta e la fantasia", che è un saggio teorico in cui Freud sviluppa dal punto di vista della teoria questa idea dell'arte come appagamento sostituivo, cioè come sistema per far slittare un desiderio tabuizzato in un dimensione che invece sia socialmente accettabile. Quindi la cosa che ci interessa è che l'arte come appagamento sostituivo comincia a interessare sia chi crea che ci guarda, c'è una sorta di dimensione unita e continua tra l'artista e il fruitore, e indubbiamente questa intuizione è di grande importanza per noi oggi. In che cosa consiste l’arte? L'arte consente all'uomo di soddisfare delle pulsioni, che non sarebbero accettabili dalla società (per Freud essenzialmente pulsioni sessuali, ma anche di violenza). Quindi permette di accettare queste pulsioni trasformandole in un modo che è accettabile. 1905: "Il motto di spirito". In questo libro Freud inizia una riflessione che tocca tre poli: l'arte, il motto di spirito e il sogno, e organizza questa riflessione spiegando che come per l'arte, anche nel motto di spirito il messaggio può essere deformato ma non più di tanto, perché altrimenti si interrompe la relazione con l'altro polo ,che è lo spettatore. Mentre nel sogno la deformazione può essere più forte, nel motto di spirito e nell'arte, che sono comunque prodotti sociali, che si basano sulla comunicazione, ci deve essere una deformazione limitata della realtà, e naturalmente sia l’arte che il motto di spirito secondo Freud sono sempre condizionati dal contesto storico-culturale. Le pagine più importanti che riguardano la sublimazione sono forse quelle che troviamo nella psicobiografia di Leonardo da Vinci, nel 1910. Si vede come nei primi anni del 900 Freud, in tutta un serie di testi comincia a parlare dell'arte e del suo rapporto con l’inconscio. È già stato detto che oggi questo testo è stato estremamente ridotto nella sua importanza dalle ricerche più attuali, ma però rimane un punto forte nella storia della critica d'arte, perché è la prima psicobiografia di un artista che abbiamo, quindi apre anche una sorta di genere letterario. La sublimazione viene espressa anche in questo testo su Leonardo, è quella che sposta una pulsione da un istinto sessuale reprensibile, a una dimensione creativa e artistica accettabile. Quindi qual è il ruolo dell’arte? È quello di cercare un equilibrio instabile, una via di possibile compromesso tra il principio di piacere (che magari è inaccettabile) e il principio di realtà (che è quello del compromesso che sia idoneo a sfogare la frustrazione e allo stesso tempo a non creare un problema di tipo sociale). Il principio di realtà è quindi quello che consente a una pulsione di trovare delle vie indirette di espressione e ovviamene l’arte è una di queste vie indirette per accogliere il principio di piacere. 1913: un’altra definizione di Freud importante che dice che l'arte costituisce una sorta di regno intermedio tra il desiderio, l'istinto e il mondo della fantasia. Attraverso la fantasia e attraverso al creatività si possono appagare dei desideri che altrimenti sarebbero proibiti. Sempre in questi anni, tra la fine dell'800 e il primo decennio del 900, nel 1913 Freud scrive un saggio molto interessante, che si chiama Totem e tabù, in cui mette in relazione direttamente l’arte con la magia, e ci parla del cosiddetto artista mago, e ci dice che le radici dell’arte si possono addirittura rintracciare in una sorta di atteggiamento magico e animistico che aveva caratterizzato l'uomo primitivo. L'idea è che grazie all'illusione artistica, l’artista ha il potere di evocare le stesse reazioni affettive della realtà. Qui dobbiamo aprire una parentesi, perché nel 1913 dei neuroni specchio non si sapeva niente, tutta questa dimensione di cui ci parla Freud è una dimensione di pensiero intellettuale, è una sorta di ipotesi intellettuale, che ha avuto una sorta di verifica scientifica dalle ultime ricerche recenti. Quindi l’artista è mago perché nell'immagine artificiale è capace di evocare le stesse reazioni affettive che si possono avere di fronte alla realtà (anche qui c'è il problema anche dell'icnologia dell'informale). Freud parla della magia delle immagini, e in questa magia lui ha un erede ultimo che è Friedberg, e dedica al potere delle immagini tutta una parte molto ampia. Freud dice che l'operazione magica può avere una dimensione figurativa e quindi si trasformano in immagini, pupazzetti, bamboline, i bisogni pulsionali. L'arte si collega direttamente per Freud al desiderio ed è proprio la ricerca di soddisfare il desiderio che accomuna il sogno, la fantasia, il gioco, la magia e l’arte, cioè il principio di piacere, e il desiderio del piacere accomunano tutta una serie di pratiche, sociali e non, che sono queste Quindi torniamo a ribadire che per avere un’idea reale di ciò che Freud pensa dell’arte più che leggere il Leonardo è più interessante vedere testi che mettono in relazione l’arte con altri poli di ricerca del piacere Se il primo periodo di riflessione di Freud è legato a questa dimensione della ricerca di appagamento del piacere, e dell’arte come strumento, nel 1929 questa dimensione cambia completamente Abbiamo un testo “disagio della civiltà” – l’arte, ormai non è più collegata a una dimensione di ricerca del piacere, è piuttosto uno strumento di consolazione rispetto al dolore della vita: si modifica l’approccio Cosa sta succedendo perché Freud modifichi così profondamente il suo pensiero?  C’è stata la Prima guerra mondiale, che ha portato a una dimensione di crisi collettiva  Inoltre, Freud invecchia, quindi c’è questa dimensione da un lato di quello che potremmo chiamare “il pessimismo dell’età” A questo punto cambia tutto L’arte diventa una “religione laica” (vedi quello che succede ai musei oggi, dimensione architettonica del tempio) Ha funzione di consolazione simile a quella della religione – rispetto al dolore della vita ci si rivolge all’arte come una sorta di religione laica, l’arte diventa un sistema per sottrarsi al dolore Uno snodo complicato della teoria artistica di Freud è il rapporto fra bellezza, arte e sessualità (critica classica a Freud: ricondurre tutto a delle pulsioni sessuali) In realtà le dichiarazioni di Freud su questo punto sono abbastanza limitate  Carattere sessuale nella bellezza e nella fruizione della bellezza: idea di una sorta di connessione tra il piacere estetico e il piacere sessuale  Idea che il concetto di bello trovi la sua origine all’interno di un’eccitazione sessuale Ovviamente, in questa battaglia tra le metodologie che avviene nel 900, abbiamo due elementi di critica da tenere presenti  Critica esterna: di cui il più grande rappresentante è Hauser (sociologia dell’arte legata all’ideologia marxista) – sottolineava con grande pertinenza i limiti dell’approccio psicanalitico  Critica interna alla psicanalisi: dibattito che nasce tra gli allievi stessi di Freud che si distaccano dal maestro proponendo una dimensione diversa per quanto riguarda l’arte: riflessione, dimensione teorica che porta a sviluppare rapporti diversi tra uomo arte e psiche Rispetto ai successori di Freud, noi parleremo di Jung e Kris Qual è la grande differenza tra i due  Freud: medico, non storico dell’arte  Jung: psicanalista – l’arte è vista all’interno di una dimensione prioritariamente psicanalitica/antropologica  Kris: storico dell’arte che si occupa di psicanalisi – storia dell’arte analizzata in virtù di quell’approccio psicanalitico che si era sviluppato con Freud Quindi abbiamo due caratteristiche di effetto metodologico molto diverse Le critiche di Jung a Freud La critica interna più forte che verrà portata a Freud è l’idea che l’uomo non dove più essere pensato come un sistema chiuso, autonomo indipendente – ma deve essere messo all’interno di una dimensione relazionale: le relazioni umane diventano oggetti di pulsione Non bisogna sottovalutare la dimensione sociale, quella antropologica delle pulsioni e non si possono più ridurre le pulsioni a espressione di desideri individuali Secondo Jung (principale differenza con Freud) l’arte non è un aspetto individuale ma un aspetto collettivo della società – l’artista è un messaggero ai contemporanei, è colui che per delle vie della psiche ha accesso a una sorta di inconscio collettivo e lo esprime ai suoi contemporanei (dimensione antropologica) Per Jung poi è assolutamente sbagliato e riduttorio definire le pulsioni dell’uomo solo dal punto di vista di dimensione sessuale e complesso di edipo Jung – una lunghissima vita che gli ha fatto attraversare due guerre mondiali, nazismo Jung conosce Freud a Vienna – dimensione tedesca della cultura Diventa presidente dell’associazione psicanalitica internazionale Pochi anni e Jung rompe con la dottrina Freudiana – non si occupa più di psicoanalisi – definisce le proprie ricerche come “ricerche di psicologia analitica” Il tutto con un atteggiamento abbastanza ambiguo nei confronti del nazismo Secondo Jung  tutti i singoli della collettività devono essere presi in conto per capire il bagaglio di immagini che gli uomini utilizzano per l’arte  la pulsione non è più solo sessuale (vi aggiunge i concetti di desiderio di morte, violenza) entra in gioco una teoria della libido energetica/psichica (siamo nel 1928, un anno prima del disagio della civiltà) Dimensione dinamica di energia (abbastanza in linea con le ricerche a lui contemporanee, pensa a Nietzsche) “libido = valore energetico, suscettibile di comunicarsi a una sfera di attività senza essere un istinto specifico” La dimensione artistica diventa molto più vasta e più aperta Jung sottolinea che lo scopo eventuale non è capire la storia dell’autore ma piuttosto di cogliere il significato dell’opera Jung sposta quindi l’attenzione su un ambito completamente diverso da quello di Freud Le premesse psicologiche collegate alla vita dell’artista possono essere prese in considerazione solo nella misura in cui possono essere utili per la comprensione dell’opera – poli opposti  Individuale e artista  Collettivo e opera Costa 25 30/11 Jung Elementi di grande interesse perché si distacca dalla psicanalisi di Freud e definisce la sua metodologia come psicologia analitica La grande differenza con Freud è che per Jung si possono comprendere i temi dell’inconscio solo in relazione alla dimensione collettiva, all’inconscio collettivo per cui l’artista sarebbe una sorta di interprete/vate  Entriamo quindi in una dimensione della storia della critica d’arte particolarmente vicina al contemporaneo: concezione antropologica di inconscio collettivo, di presenza di singoli collettivi all’interno delle società  Il distacco da Freud in questo senso è molto grande – anche perché l’artista viene visto in modo completamente diverso: è colui che ha accesso agli archetipi dell’inconscio È quello che riesce a individuare le forze (forza = concezione di energia della vita e elementi dinamici di Jung) che guidano l’uomo  Tra queste c’è la libido – il principio di piacere che guiderebbe l’uomo in tutte le sue scelte Però la libido, per Jung, non è legata strettamente alla sessualità, il suo concetto di principio di piacere è molto più articolato e sfumato – troviamo la dimensione sessuale ma anche la religione, l’odio, la violenza: una dimensione di pulsioni e energie molto più articolate  Altra dimensione di fondamentale importanza è il fatto che per Jung ciò che è realmente significativo non è vedere qual è la storia psicanalitica dell’artista ma piuttosto di cogliere il significato dell’opera Ci si sposta dalla biografia dell’artista verso l’analisi dell’opera (come altre tendenze critiche) Se riusciamo a capire l’opera in tutta la sua interezza, non necessariamente riusciamo a risolvere anche la questione del vissuto dell’artista Esiste un’autonomia dell’opera che a un certo punto diventa valida in sé stessa L’inconscio  Per Freud: dimensione “di rimbalzo”” = nasce da una rimozione  Per Jung: radice da cui emergono forze ed energie – radice collettiva da cui emergono situazioni individuali Questa dimensione che attribuisce all’opera d’arte una sua autonomia e un valore intersoggettivo alla creazione, che non è più solo risposta individuale al dolore della vita o a una libido, è per noi modernissima – concezione dell’arte che va oltre l’individuo, l’opera assume un significato psicologico collettivo e diventa espressione di un linguaggio emotivo, di energia emotiva, che è valido per tutta l’umanità Quindi l’opera diventa il luogo in cui si manifesta l’inconscio collettivo, grazie all’attività di artisti che sono concepiti come coloro che hanno accesso all’inconscio collettivo e che lo possono interpretare e rendere visibile grazie alle opere Nel 1922 sosterrà che “la vera opera trae il suo significato dall’essersi liberata dagli aspetti personali” – l’opera d’arte è quella che si libera del creatore e può assumere un significato per tutti quanti (lo stesso Marx dirà che la cosa che più stupisce è l’esistenza di opere capaci di emozionare in modo universale) Nella mente di Jung nasce una sorta di bipolarità tra quello che è il pensiero verbale e il pensiero immaginativo Per addentrarci in questa dimensione ricorda che da Freud in avanti la psicanalisi è stata considerata una disciplina “letteraria” – importanza della parola e dello scritto Nel pensiero di Jung (che all’inizio del 900 era conosciutissimo – Vasari, Bellori, Felibien: tutta l’Europa ormai aveva proposto e promosso biografie d’artista ben prima della psicobiografia di Freud) Secondo Kris è un genere caratterizzato da stereotipi, ovvero da formule non vere ma verosimili che rispondono a delle caratteristiche costanti, che troviamo nella letteratura greco-romana, poi nel rinascimento, e in tutte quelle società in cui l’arte è riuscita ad essere considerata come espressione intellettuale/liberale  Giovinezza dell’eroe  Elementi che lasciano presagire fin dall’infanzia questa virtù  Scoperta del talento, che avvicina la figura dell’artista alla figura dell’eroe  L’artista che viene riconosciuto tramite le sue imprese (Giotto)  L’idea che esista una dimensione “divina” del genio, esiste una sorta di grazia divina per il talento geniale (vedi l’introduzione della vita di Annibale Carracci scritta da Bellori “piacque alla grazia divina inviare in terra il talento di Annibale)  Dimensione della magia dell’immagine, che fa innamorare narciso, che fa confondere gli uccellini che vanno a beccare l’uva – immagine che ha il potere di sostituirsi alla realtà Organizzata questa dimensione teorica, Kris si rivolge alla sua ricerca più conosciuta a uno scultore psicotico del 700 Analizza in che modo l’opera e la psiche dell’artista dialogano nell’ambito della creazione Per noi è importante dal punto di vista metodologico: per la prima volta unisce nella ricerca due metodologie diverse  Analisi di storia dell’arte: individuazione della qualità, forma artistica e processo creativo  Analisi psicanalitica Quindi è con questa ricerca che dal punto di vista metodologico abbiamo il tentativo di unire attenzione formale e psicologica, intessendo dei criteri diversi L’idea, la domanda alla base di tutto questo è – perché un uomo diventa un artista anzi che uno psicotico qualsiasi, quale è la funzione dell’opera d’arte quando sono in atto conflitti personali pesanti Franz Xavier Messerschmidt Artista tedesco, ha fatto il grand tour, il viaggio a Roma, è andato a vedere le grandi capitali e nel 1769 viene nominato professore di scultura all’accademia imperiale di Vienna (siamo nella seconda parte del 700 a Vienna, alta aristocrazia viennese e corte imperiale) Si parla quindi di un artista dalla carriera eccellente e riconosciuta, con una funzione istituzionale importantissima Questo artista risulta particolarmente interessante per Kris per la dimensione psicotica che non lo aveva intralciato nella sua fama d’artista (In un memoriale all’imperatrice Maria Teresa il primo ministro spiega perché non gli venne data la cattedra: personalità “paranoica” – l’artista, quindi, può lavorare ma non può insegnare) Messerschmidt produce figure che sono degli autoritratti “travestiti” in cui racconta le espressioni umane, di una dimensione psicologica impegnativa e di una modernità assoluta Quindi le sue sono opere d’arte che si sviluppano all’interno della più consapevole tradizione artistica e vogliono rappresentare i mutamenti del volto in risposta alle esperienze della vita e del dolore – costituiscono uno studio della fisiognomica inserito all’interno della situazione psicologica dell’artista Kris fa rientrare la psicosi dell’artista nel quadro della schizofrenia L’artista si diceva perseguitato dal “demone delle proporzioni” che era invidioso della sua opera La divina proporzione è un segreto di dio che l’artista sfida Secondo Kris la creatività assume per Messerschmidt forma apotropaica: lo studio di sé allo specchio Quindi questi autoritratti sarebbero sistemi di autoguarigione vs demone della proporzione – la paranoia viene riassorbita Quindi siamo in una dimensione molto particolare in cui si comincia a riflettere su un tema molto spesso irrisolto – il modo in cui gli impulsi, i desideri dell’inconscio riescono a essere espressi in maniera consapevole Con Freud, Jung e Kris abbiamo illustrato alcune delle tendenze che hanno avuto un’importanza fondamentale nel corso del primo 900 perché hanno distolto l’attenzione della critica dalla semplice analisi delle forme o dei contenuti portando il campo del dibattito nella dimensione della psiche e eventualmente della psicologia, aprendo la storia della critica d’arte non solo a un’attenzione dei processi creativi ma anche alla questione della ricezione, dello spettatore Nel momento in cui l’opera d’arte diventa comunicazione insieme al gesto e alla parola allora c’è sempre qualcuno a cui viene rivolta Importanza sempre crescente del pubblico, del fruitore Tutta la dimensione psicanalitica è stata fortissimamente criticata – da tutti i fronti – perché: per paura, per volontà di mantenere i propri territori disciplinari È stata criticata sia da tutta quella lunga tradizione collegata ai conoscitori, all’analisi delle forme, alla parte più tradizionale della scuola di Vienna, sia dalla sociologia dell’arte La storia sociale dell’arte A un certo punto, nell’ambito dell’analisi della cultura, si aprono dei campi di interesse nuovi e si frammenta la questione di un’analisi compiutamente formale per spostare l’attenzione su quelli che sono i procedimenti produttivi che stanno alla base della creazione dell’opera d’arte L’analisi si concentra sul mecenate, sul collezionista, sul mercante d’arte, sulle istituzioni di formazione – assistiamo alla nascita e all’evoluzione di una serie di ricerche caratterizzate da questa dimensione esogena cioè dal fatto che si occupano non solo dell’opera d’arte creata ma anche del contesto di creazione e funzione Quindi abbiamo una dimensione di attenzione molto più vasta, si addentra nel sociale e studia non solo l’opera d’arte in sé ma gli usi sociali che ne vengono fatti Come l’iconologia, anche la storia sociale dell’arte ha avuto inizi difficilissimi, in Italia in particolare (ma anche in altri paesi) Prima generazione Si sviluppa soprattutto nel secondo dopoguerra, è humus di tante rivendicazioni su una diversa gerarchia del sapere, un diverso approccio teorico alle discipline tipiche degli anni 70 In questo primo slancio della sociologia dell’arte c’è una dimensione ideologica marxista molto forte – uno dei freni alla ricezione nei paesi di stampo cattolico delle teorie dei primi sociologi L’idea è che la cultura può essere vista analizzata e studiata secondo una metodologia collegata alle scienze sociali – si possono analizzare le opere d’arte al di la della dimensione estetica fino ad allora prevalente Cosa separa lo storico dell’arte dal sociologo dell’arte?  Storico: l’analisi del dipinto vuole portare alla paternità, all’attribuzione Dimensione qualitativa collegata a un giudizio personale che dalla scuola di Vienna, dai conoscitori dell’800 in poi è sempre giudizio personale ancorato a una analisi dei documenti, filologica, positivista  Sociologo della cultura Analisi che utilizza le metodologie sociali: quantitative, fondate sull’analisi statistica di molti dati (i questionari di Bourdieu – analisi quantitativa, metodologia della sociologia) Questa metodologia quantitativa porta il fatto che tutto l’atteggiamento di valutazione dell’opera d’arte in sé sparisce dall’analisi sociologica Tutto quello che è la valutazione personale e soggettiva tende a sparire nell’ambito della valutazione sociologica Nella sociologia abbiamo un cambiamento fondamentale tra la prima e la seconda generazione  Dopoguerra anni 50: massacrata da moltissimi critici della tradizione  Cambiamento di titolo nella seconda generazione: non si chiama più “la sociologia dell’arte” cioè “sociologia dei procedimenti artistici” (Becker) Con questo cambiamento di etichetta tutta la scuola di Chicago rende infinitamente più accettabile quella che è la portata nuova del suo discorso Quindi abbiamo sociologi della cultura che non si occupano più solo di arte: Bourdieu, Becker – intervengono in campi più ampi La dimensione sociale porta a delle scelte diverse di analisi e ricerca Si rompe la dimensione estetica e del bello che era stata così importante Si indaga rispetto a temi che non sono collegati all’estetica e al capolavoro, ma che sono prioritari per i sociologi perché esplicitano in modo più compiuto il contesto di creazione o dell’orizzonte di attesa del pubblico Anche la sociologia dell’arte, come la psicoanalisi, è stata accusata di lasciare irrisolta la questione della qualità Uno degli elementi di maggiore criticità nella prima sociologia dell’arte è stata la dimensione ideologica marxista – quindi di aver ridotto a questa ideologia il discorso sull’arte Negli anni 50 siamo ormai entrati nel pieno di un dibattito fortissimo, ormai internazionale e non solo europeo (usa) – dimensione politica/ideologica molto forte Tra anni 50 e 70 le opposte fazioni, scienze umane vs scienze sociali, si oppongono in una lotta sul metodo veramente importante: tocca le università e le diverse nazioni europee Dal 50 in avanti abbiamo questo sfasarsi degli insegnamenti tradizionali – alcune nazioni (come la Francia) andranno verso lo studio sociale, altre rimarranno verso le scienze umane L’appello di Ferdinando Bologna chiude questo momento di lotta Nel momento in cui noi parliamo di dimensione sociale abbiamo una attenzione che viene portata in modo molto forte al committente da un lato e allo spettatore dall’altro – si chiude quel cerchio fino ad allora limitato a un solo pezzo, al rapporto tra l’artista e la sua opera Il palcoscenico delle arti, quando uno le guarda dal punto di vista del sociologo, è molto più affollato – vicino ai grandi protagonisti cominciamo ad avere una serie di comparse e di istituzioni che si rilevano poi fondamentali Fino a quelle che abbiamo visto finora è la dimensione metodologica della critica d’arte che da maggior importanza al pubblico – poi sarà superata dalla metodologia della critica d’arte basata sull’economia (recente e criticabile) Anche le istituzioni artistiche – luoghi di promozione, distribuzione, scambio – diventano oggetto dell’analisi sociologica – atelier, accademie, museo L’opera viene vista come il luogo in cui trovano espressione formale delle relazioni sociali – di potere, religione, legate alla cultura e eventualmente anche alla lotta di classe Le immagini diventano il luogo in cui si incontrano e spesso si scontrano delle dimensioni ideologiche non solo dell’immagine ma della società Uno dei grandi luoghi in cui la storia sociale dell’arte trova un suo sviluppo è l’Inghilterra, che era stata poi anche la patria adottiva di molti esiliati durante la Seconda guerra mondiale Aveva accolto molti grandi storici e storici dell’arte Forse grazie a questa sorta di pragmatismo anglosassone si sviluppano indagini di natura socioeconomica Analisi tra la dimensione della tradizione estetica e dei nuovi interessi, legati alla dimensione sociale ed ideologia e quella economica Si allarga il campo della disciplina – con la sociologia dell’arte più ancora che con altre metodologie del 900 Arnold Hauser 1892-1978 Scrittore, filosofo, storico dell’arte ungherese Oggi fortissimamente ridimensionato Legato alla dimensione marxista della visione dell’arte, è assolutamente convinto che l’opera sia il prodotto di forze sociali e origine di effetti sociali, che abbia sempre un valore ideologico e che questa dimensione ideologica dell’arte si possa esprimere in una maniera più o meno consapevole “storia sociale dell’arte” È un libro come quello della letteratura artistica di Schlosser – ambizione assoluta: dalla preistoria al Novecento Tentativo sintetico di discutere la produzione artistica in una dimensione sociale, in una dimensione che è quella del contesto storico Idea ancora più ambiziosa di discutere la produzione artistica nel suo complesso – poesia, letteratura, teatro – cercando di ritrovare dei fili conduttori della creatività di un secolo, cercando di riorganizzare le diverse caratteristiche disciplinari all’interno di un panorama in cui si incontrano e si scontrano gli orizzonti d’attesa degli artisti con quelli dei mecenati, dei committenti e dei fruitori I difetti:  troppo schematico  talvolta contraddittorio  quando si legge da specialisti non ci si ritrova Quindi una storia in parte schematica e in parte superficiale, facilmente attaccabile ma che rimane comunque uno dei grandi tentativi di dare senso all’arte all’interno della società L’idea è quella di studiare le condizioni materiali e ideologiche di creazione dell’arte – cercando un filo comune tra la creatività che unisce tutte le arti di un determinato periodo Hauser fu massacrato dalla critica del suo tempo, perché fu accusato di aver fatto una metodologia della storia dell’arte senza averne dato le implicazioni teoriche – ha fatto una storia dell’arte nuova e diversa senza aver fatto un’introduzione metodologica È partito direttamente con una narrazione storica senza esplicitare i criteri di analisi, i metodi della sua ricerca In risposta Hauser scrive un altro libro “teorie dell’arte” (secondo la costa un volume interessantissimo: grande obiettività analizza i pro e i contro delle singole metodologie) Di nuovo viene accusato di aver fatto soltanto metà del lavoro: ha parlato di teoria ma non ha esemplificato la sua teoria Viene in sostanza accusato di essere bipolare, di aver fatto una storia dell’arte e una storia della critica senza unire mai le due cose Nascono una serie di critiche fortissime alla sociologia dell’arte (soprattutto in Italia, in cui forse l’unico che vi si avvicina è Argan) La dimensione più importante che possiamo attribuire ad Hauser è quella ideologica (è la prima volta che appare questo termine) Arte come partecipe di una sorta di lotta di classe Secondo Hauser (e forse è proprio questa la dimensione che disturba in un’Italia in cui l’idealismo crociano rimane fondamentale fino alla metà del secolo) c’è una mancanza di una vera libertà per l’arte rispetto all’ideologia Tutta la produzione artistica è connotata in modo più o meno conscio da una dimensione ideologica che secondo Hauser tocca sia il passato che il presente Non esiste neanche un passato stabile dell’arte – le correnti sono scoperte, riviste e rivalorizzate a seconda dello sguardo ideologico di chi le guarda – lo sguardo ideologico è anche quello dello spettatore che giudica: ogni generazione giudica le opere secondo le proprie intenzioni artistiche e la propria ideologia L’opera d’arte si configura per Hauser come luogo in cui si scontrano ideologicamente interpretazioni diverse di realtà e società La sociologia fa molta fatica anche a dare delle risposte a dimensioni di riconoscimento della qualità dell’artista – fa fatica a riconoscere i rapporti tra qualità e popolarità, qualità e riconoscimento dell’artista, confonde l’importanza sociologica di un’opera con il suo valore artistico Hauser aumenta l’ambito disciplinare, il numero dei fattori che devono essere presi in considerazione e considera che la dimensione storico artistica forse non è quella prioritaria Nello studio della produzione artistica si devono prendere in considerazione anche elementi antropologici e di sociologia Triplice condizionamento dell’opera: psicologia, sociologia, storico-artistica È una dimensione difficile da sostenere in quegli anni, in cui i caratteri delle diverse discipline sono considerati molto forti Si carica la storia dell’arte di valenze molto forti e grandi che dal punto di vista accademico non erano molto facili da gestire C’è in tutta questa dimensione un elemento che ha avuto una importanza fondamentale che è l’elemento di studio e valutazione dal punto di vista sociale di tutti i fenomeni legati alla ricezione: evoluzione della fruizione di un’opera d’arte nel tempo Altri limiti  I cambiamenti sociali e stilistici sono talora contrapposti in modo artificioso  Una sincronia troppo rigida tra fattori materiali culturali economici e artistici La prima sociologia d’arte viene accusata di essere troppo rigida, schematica, di non aver proposto una realtà dinamica e permeabile del fare artistico Con tutta questa dimensione ideologica, sociologica, la sociologia e Hauser (ma più i suoi successori) entrano in collisione con alcune idee che erano state fondanti e fondamentali  Genio  Capolavoro Questi due concetti assumono una dimensione diversa Per Hauser il genio è Michelangelo, è colui che sente l’esigenza di condurre da solo le sue opere dall’inizio alla fine Unire arte colta, arte popolare e arte di massa – perché l’idea di sociologia dell’arte è che tutte queste convivano insieme ma offrano soluzioni diverse a diversi tipi di pubblici Hauser si occupa anche di pittori meno noti, di pittori importanti per caratteristiche storiche più che per la loro straordinaria qualità estetica Un’altra indicazione forte che compare nello studio di Hauser è quella dell’analisi di una dimensione “borghese” non aristocratica dell’arte e dei suoi formati (attenzione alla materialità dell’arte in un contesto diverso: formati piccoli, modesti, traduzione in formati modesti di quella che era la grande tradizione) Attenzione che lo porta all’analisi della pittura olandese e a cercare di capire quali sono le vie di circolazione tra alto e basso nella produzione artistica Hauser dice che spesso l’arte popolare arriva in ritardo, semplifica modelli aristocratici – riceve il proprio input da modelli aristocratici Un’arte che quindi viene fatta in ceti, da persone che creano e usufruiscono insieme di ciò che fanno – arte che si struttura (dimensione rurale) prodotta e fruita nello stesso circuito Tutta questa dimensione porta a pensare ad una sorta di contrasto tra un’arte colta (individuale, in cui si esprimerebbe l’artista) e una più impersonale, che perde i nomi dei personaggi e creatori perché si colloca in una dimensione popolare, normalmente anonima In questo normalmente anonimo abbiamo un problema fondamentale che riguarda buona parte della ricerca di storia dell’arte La ricerca è enormemente facilitata dall’alta qualità, dalla rilevanza del collezionista – diventa molto più difficile nella dimensione della mediocritas: analizzare, studiare, verificare da un punto di vista archivistico la produzione anonima e fatta per ceti popolari è difficile perché spesso non abbiamo neanche archivi conservati Quindi questa dimensione che interesserebbe moltissimo la sociologia dell’arte, per il passato è difficile da conseguire – è più semplice per le epoche contemporanee Quindi forma e contenuto non sono considerate come apice del dibattito sulle arti ma come elementi tra gli altri di valutazione dell’opera Quindi fin ora due livelli collegati all’opera in se  Fase 3 (esogena): committenti Contesto sociale, contesto di produzione, ambiente culturale ed economico in cui si è sviluppata l’opera d’arte Forse questa metodologia critica è quella che si avvicina di più a quel metodo globale auspicato da Ferdinando Bologna nell’enciclopedia dell’arte Einaudi Una sorta di compromesso che tende a unire tradizione (italiana) e innovazione (sociologia) con uno sguardo che però rimane sempre attento al rapporto forma-contenuto e qualità – che però non è più il fine dell’analisi ma un elemento tra gli altri Quindi Bandinelli si pone tra il giudizio storico e giudizio critico Il giudizio storico e scientifico deve contenere una dimensione di qualità – non solo formale/estetica ma che tenga conto anche del contenuto e del rapporto fra opera d’arte e il suo tempo Quindi una qualità artistica che nel pensiero di Bandinelli si libera da una dimensione prettamente estetica ma acquisisce sfumature più complesse legate al rapporto forma contenuto e tra opera e il contesto in cui viene prodotta e fruita I due grandi esponenti della riflessione sulla storia sociale dei procedimenti artistici sono propriamente due sociologi: Bourdieu e Becker Sono tra i sociologi della cultura (e non storici dell’arte) che si sono interessati di più alla figura dell’artista Approccio sociologico alla ricerca che guarda con grande attenzione tutta quella che è la dimensione antropologica e etnografica Anche qui allargamento straordinario di campo disciplinare perché abbiamo discipline sorelle che intervengono nel dibattito Si occupano di istituzioni o di struttura dell’arte – si occupano di sistemi, l’arte entra a far parte di un sistema sociale e culturale: entrambi si occupano di questo inserimento dell’arte all’interno della cultura e della società Bourdieu Professore al college de france Pur essendo inserito nel sistema francese, lo scardina, ne guarda i difetti senza nessun compiacimento Vuole capire quelle che sono le eventuali limitazioni, le possibilità di azione reale degli artisti nell’ambito della società – l’artista lavora e vive in un contesto sociale, tutti gli atti che fa sono all’interno di un campo sociale In un modo o nell’altro già l’artista concepisce il rapporto che c’è tra lui e la società Per Bourdieu l’opera è un prodotto ideologico – ha sempre un’ideologia, sempre in movimento: l’opera ha la sua, lo spettatore ne ha un’altra culturalmente determinata L’opera per Bourdieu viene creata tutte le volte che c’è la nascita di un rapporto con chi guarda, che implica che ci sia un’analisi e una lettura dell’opera e quindi un procedimento ideologico (ideologia di chi crea, ideologia di chi espone, ideologia di chi guarda) Tutto ciò all’interno di una dimensione che diventa importantissima che è quella della ricezione: arte come comunicazione, arte come rilettura costante del suo essere, del suo messaggio, a seconda dello spettatore Secondo Bourdieu il gusto è un segno culturale, il gusto serve per consolidare la diseguaglianza sociale – come per consolidare la diseguaglianza sociale servono i musei Bourdieu lavora su due tipi di concetti  La questione della distinzione  La questione del capitale culturale La distinzione Nell’arena dello status (hauser) la distinzione è fenomeno essenziale Si ottiene in tre modi  Caratteristiche ereditarie (Francia: quarti di nobiltà)  Capitale materiale: maggiore fragilità, non fisso  Capitale culturale: considerato da Bourdieu il più facile di tutti, quello su cui ci vuole una costante attenzione perché l’educazione è la forma più fragile di eredità che si può tramandare – è quello su cui stato e nazione possono intervenire meglio L’idea è che tramite l’educazione bisogna lavorare sull’eredità del capitale culturale delle nuove generazioni e promuovere la “legge del bisogno culturale” La legge del bisogno culturale dice che a differenza dei bisogni naturali, che se soddisfatti si placano Il bisogno culturale procede secondo una scala inversa: più vengo esposto alla cultura e più ne ho bisogno A partire da questa legge, che si collega al concetto della distinzione, Bourdieu stabilisce che scuola e museo e famiglia devono lavorare in stretta simbiosi perché nessuno di questi tre poli da solo riuscirebbe a riempire questo bisogno  Scuola lunga  Famiglia attenta all’educazione  Museo consapevole del fatto che non può riprodurre stereotipi del passato perché riprodurrebbe anche le disparità sociali ma che deve intervenire in senso etico all’interno della cultura di una generazione Qui andiamo molto lontano da quella che è l’analisi delle singole opere – siamo in una discussione teorica sul valore dell’arte, sul rapporto tra arte e progresso e sul rapporto tra arte e istituzioni Il tutto all’interno di una visione al tempo stesso estremamente teorica e nello stesso momento utilizza strumenti “empirici” – cioè della ricerca sul campo Bourdieu non teorizza e basta – compie la più grande distribuzione di questionari, di analisi di dati mai tentata negli anni 60 (riviste studentesche, dibattito gerarchia delle arti) Rispetto all’artista Concetti dati per scontati della tradizione estetica: idea che l’artista è geniale, individuale, solo nella sua torre d’avorio Studia come viene riconosciuto il talento dell’artista: dai premi alla musealizzazione delle opere Tutto all’interno di una nazione (Francia) che in fin dei conti era ancora molto legata alla tradizione (focillion, male – grandi storici dell’arte ) Ci approcciamo alla dimensione di rottura più forte di Bourdieu Tra 64 e 67 gli viene richiesto dal ministero della cultura francese di fare un rapporto sullo stato dei grandi musei francesi e sulla loro fruizione Incarico ufficiale, istituzionale, in un momento fondamentale per la revisione culturale generale (ricorda che sfocia nel maggio 68) L’idea sottintesa del ministero della cultura francese era far vedere a Francia e Europa quanto fossero bravi e aperti i musei francesi, museologia d’avanguardia e interessante (da pochissimo era nato l’icom che aveva sede a parigi) Bourdieu procede all’analisi su musei come il Louvre, ma anche su musei di provincia, attraverso una serie di questionari e un confronto con altri stati nazionali (manca l’Italia che non aveva nessuna indagine di questo tipo) Analizzava il pubblico dei musei, scoprire quali erano i pubblici di riferimento, quali erano le caratteristiche culturali di questi pubblici, in che modo il museo agiva per il progresso, per la promozione della cultura di questi pubblici Il risultato fu devastante perché all’uscita di questo rapporto, che diventa immediatamente famosissimo, i musei francesi vengono ritratti come luoghi istituzionali che rafforzano il privilegio di classe, propongono arte e ideologia della classe dominante, sono un luogo antidemocratico in cui gli utenti tipici diventano gli “adolescenti latinisti che suonano il pianoforte”  Tutti i francesi studiano musica, ma perché uno suoni pianoforte vuol dire che la sua famiglia è ricca (dimensioni della casa parigina) Dimensione privilegiata da un punto di vista generale della cultura  Latinista: mentre in Italia era obbligatorio in Francia era un’opzione a scelta – inserire il figlio in una classe difficile di latino era una scelta culturale che rinviava a famiglie particolarmente attente all’educazione umanistica Il museo risulta come luogo del permanere e del rafforzarsi dei privilegi di classe Ancora oggi il testo di Bourdieu ha ancora elementi di grandissima attualità (vedi discorsi sui musei inclusivi etc) Elemento importante è quello di una metodologia critica e un approccio all’arte che esce della sfera stretta degli intellettuali ma deve toccare tutta la società fin dalla più tenera infanzia – conoscenza dell’arte che si deve sviluppare e consolidare dai tempi della scuola Bourdieu venne accusato in modo forte di aver distolto la critica d’arte da una dimensione ideale Peggio (meglio) ancora è riuscito a farlo Becker – perché appartiene alla scuola di Chicago, a una sociologia della cultura statunitense completamente priva della dimensione idealizzata/romantica dell’artista eroe, genio, fortemente individuale nella sua volontà Anche Becker sociologo della cultura, grande musicista, suonatore di jazz Scrive “i mondi dell’arte” Come tutti gli americani ha una prosa facile, piana I mondi dell’arte è uno dei grandi volumi di riferimento del 21sec perché fa un discorso r iferito all’arte contemporanea, ma il discorso che fa può essere recuperato anche per l’arte moderna In questo palcoscenico dell’arte si affollano una serie di comparse, personaggi “di spalla” che sono considerate fondamentali per la realizzazione dell’opera (da chi fa i colori e le cornici, a chi si occupa del trasporto) L’artista non è più solo, vate, eroe solitario – ma è qualcuno che fa parte di una categoria di professionisti che lavora e attorno a lui ci sono un insieme di altre categorie senza il cui lavoro l’artista non potrebbe compiere la sua creazione Quindi capiamo che questa concezione apre la strada a riflessioni sulla dimensione collettiva della produzione e della fruizione dell’arte Mentre nella tradizione occidentale abbiamo la firma dell’artista come marchio dell’originalità e qualità e tutta la dimensione critica, che per secoli si era rivolta alla definizione della paternità dell’opera Tutto questo scade nel modo di vedere e concepire l’arte di Becker In tutto ciò importanza istituzionale dei luoghi e degli enti (accademie: luogo classico di indagine per i sociologi) Il museo non solo espone l’arte contemporanea ma grandi curatori spesso l’arte la fanno: stabiliscono cosa è arte e cosa no Una serie di problemi etici messa sul tavolo in modo difficile da digerire Bisogna tenere presente che con Becker abbiamo un’ultima definizione “umanistica” del ruolo dell’arte e dell’artista – dimensione fortissimamente antropocentrica, concetto dell’uomo, giudizio e azione al centro
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