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appunti di storia moderna, Appunti di Storia

riassunti di vari argomenti di storia

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 07/02/2023

nicole-martini-5
nicole-martini-5 🇮🇹

6 documenti

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Scarica appunti di storia moderna e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! La seconda rivoluzione industriale La nuova fase dell’economia ebbe inizio con un’improvvisa crisi di sovrapproduzione che, scoppiata nel 1873, continuò a far sentire i suoi effetti nei due decenni successivi, caratterizzati da una prolungata cauta dei prezzi. In realtà la caduta dei prezzi fu, più che un sintomo di crisi, un prodotto delle trasformazioni organizzative e delle innovazioni tecnologiche che permisero di ridurre progressivamente i costi di produzione. Il settore dell’economia europea in cui la caduta dei prezzi si fece sentire con maggiore intensità e con effetti più drammatici fu senza dubbio quello agricolo. Quando i progressi della navigazione a vapore, determinando un notevole abbassamento dei costi di trasporto, consentirono ai prodotti dell’agricoltura nordamericana di raggiungere l’Europa, tutta l’agricoltura europea, ne ricevette un colpo durissimo. Questo ribasso avvantaggiò i consumatori delle città, ma provocò la rovina di molte aziende agricole piccole e grandi: e quindi disoccupazione, fame, miseria e crescente nelle campagne, soprattutto in quelle dove le tecniche produttive erano rimaste più arretrate. Conseguenza immediata della crisi fu l’intensificarsi dell’emigrazione verso le aree industriali e verso i paesi d’oltreoceano, soprattutto l’America del Nord, ma anche verso il Brasile e l’Argentina. Fu anche per far fronte alle conseguenze della crisi agraria e per venire incontro alle pressioni dei grandi proprietari, e degli agricoltori in genere, che i governi europei finirono per imboccare la strada del protezionismo. Tutte le nuove tariffe adottate dai vari Stati stabilivano dazi elevati per numerosi prodotti agricoli, in particolare per i cereali. Ma le politiche protezionistiche ebbero anche come obiettivo la tutela delle produzioni industriali dai rischi della concorrenza estera: tutti gli Stati europei adottarono nuove misure protezionistiche, a cominciare dalla Germania nel 1879, seguita dalla Russia, dall’Italia e dalla Francia. Solo la Gran Bretagna, patria del liberoscambio e primo paese esportatore del mondo, restò estranea la tendenza generale, ma ne fu doppiamente danneggiata in quanto vide ridursi gli sbocchi di mercato per le sue merci e dovette assistere allo sviluppo delle industrie nei paesi concorrenti, protetti dalle barriere doganali. Nell’ultimo decennio del secolo, le industrie tedesche e statunitensi riuscirono a superare quelle inglesi nella produzione di acciaio e si assicurarono un vantaggio in settori nuovi e strategicamente importanti come quello chimico ed elettrico. L’abbandono del liberismo non fu l’unico modo per aggirare le crescenti difficoltà create alle imprese dal regime di prezzi calanti. Nacquero così grandi consociazioni per il controllo finanziario di diverse imprese; consorzi fra aziende dello stesso settore che si accordavano sulla produzione e sui prezzi; infine, vere e proprie concentrazioni, trust, fra imprese prima indipendenti. Un ruolo decisivo, in questi processi, fu svolto dalle istituzioni finanziarie. Solo le grandi banche potevano assicurare i flussi di denaro necessari alla crescita dei colossi industriali per i quali i profitti, per quanto elevati, non erano sufficienti a ricostruire in tempi brevi il capitale d’investimento. Fra banche e imprese si venne a creare uno stretto rapporto di compenetrazione: le imprese dipendevano sempre più dalle banche per il loro sviluppo e le banche legavano in misura crescente le loro fortune a quelle imprese. Questo intreccio fra industria e finanza fu definito dagli economisti marxisti “capitalismo finanziario”. Durante la seconda metà dell’800 e nei primi anni del ‘900 si affermò in Europa e in Nord America un processo, la seconda rivoluzione industriale, che fece sentire i suoi effetti con una diffusione capillare, mutando le abitudini, i consumi e i comportamenti di milioni di individui. Le nuove tecniche di fabbricazione consentirono di produrre grandi quantità di acciaio a costi relativamente modesti. Da allora l’acciaio vide crescere la sua produzione a ritmi rapidissimi e trovò infinite applicazioni nei campi più svariati. L’industria chimica abbracciava una grandissima varietà di produzioni: dalla carta al vetro, dai medicinali ai concimi, dai saponi ai coloranti, dagli esplosivi al cemento, dalla gomma alla ceramica. Sotto la spinta incessante di nuove scoperte e invenzioni, intorno al 1870 fu sperimentata per la prima volta in Gran Bretagna e soprattutto in Germania, la produzione dei coloranti artificiali, i cui principi furono alla base di molti successivi sviluppi della chimica organica. Nel 1875 un chimico svedese, Alfred Nobel, depositò il brevetto della dinamite. Nel 1888 l’invenzione dello pneumatico da parte dello scozzese John Boyd Dunlop aprì nuovi orizzonti all’industria della gomma. Fra l’89 e il ’92, furono realizzate in Francia e in Gran Bretagna le prime fibre tessili artificiali, derivate dalla cellulosa. La chimica ebbe un ruolo decisivo anche nel settore alimentare con l’invenzione di nuovi metodi per la sterilizzazione, la conservazione e l’inscatolamento dei cibi, e con lo sviluppo delle tecniche di refrigerazione. Per tutto il mondo industrializzato, la possibilità di conservare cibi deperibili e di trasportarli a grande distanza dai luoghi di produzione significava la liberazione definitiva dal rischio delle carestie. Risultato di lunghi studi ed esperimenti, il motore a combustione interna o a scoppio vide una prima realizzazione ad opera del tedesco Nikolaus Otto che, nel 1876, costruì un motore a quattro tempi. Successivamente due ingegneri tedeschi, Gottilieb Daimler e Carl Friedrich Benz, riuscirono, separatamente, a montare dei motori a scoppio su autoveicoli a ruote, realizzando così, nel 1885, le prime automobili. Il combustibile usato era un distillato del petrolio che prese poi il nome di benzina, mentre, nel 1897, un ingegnere tedesco, Rudolf Diesel, inventò il motore a gasolio che porta ancora il suo nome. Questo sviluppo limitato fu tuttavia sufficiente a dare un impulso decisivo all’estrazione del petrolio, soprattutto negli Stati Uniti dove, alla fine dell’800, era concentrata la metà della produzione mondiale. La diffusione dei prodotti petroliferi, usati anche come lubrificanti e come combustibili da riscaldamento e da illuminazione, era però ostacolata dagli alti costi di produzione: il prezzo del petrolio era molto più alto di quello del carbone, che rimaneva il combustibile di gran lunga più diffuso. L’elettricità divenne una nuova e straordinaria fonte di energia tra il 1860 e il 1880, quando fu possibile realizzare congegni in grado di trasformare il movimento di un corpo entro un campo magnetico in corrente elettrica, di immagazzinarla, di trasmetterla e distribuirla a grandi distanze, di utilizzarla per l’illuminazione o il riscaldamento o di trasformarla in movimento. Ma l’invenzione decisiva per lo sviluppo dell’industria elettrica fu la lampadina a filamento incandescente, ideata dallo statunitense Thomas Alva Edison nel 1879. Nacquero così, le prime centrali termiche, capaci di fornire energia elettrica soprattutto all’illuminazione privata. A partire dall’800, comunque, l’energia elettrica cominciò a essere adoperata anche per i mezzi di trasporto e per gli usi industriali: essa fornì alle fabbriche una nuova forza motrice e rese possibili nuove lavorazioni nella chimica e nella metallurgica. Contemporaneamente si fece strada l’idea di ricorrere per la produzione di elettricità, anziché le macchine a vapore, all’energia idraulica che sfrutta la caduta, naturale o artificiale, dei corsi d’acqua. La costruzione di centrali idroelettriche ebbe impulso, nell’ultimo decennio del secolo, soprattutto in quei paesi che erano poveri di carboni ma ricchi di bacini idrici. Sempre legate all’elettricità furono altre novità: il telefono, inventato nel 1871 dall’italiano Antonio Meucci e perfezionato pochi anni dopo in Nord America dallo scozzese Alexander Graham Bell; il grammofono, ideato da Edison nel 1876; e infine il cinematografo, sperimentato in Francia nel 1895 dai fratelli Louis e Auguste Lumière. Negli ultimi decenni dell’800 la medicina si trasformò in una disciplina scientifica abbandonando le pratiche empiriche di tradizione. Questa trasformazione si basava su quattro princìpi: la diffusione di pratiche igieniste e la conseguente adozione di efficaci strategie di prevenzione e contenimento delle malattie epidemiche; lo sviluppo della microscopia, che consentì di identificare i microrganismi responsabili di alcune malattie infettive, i progressi della farmacologia che permise la sintesi e l’estrazione di numerose sostanze in grado di modificare il corso naturale delle malattie; la nuova ingegneria sanitaria, che rese possibile, con la costruzione dei grandi “policlinici”. Partendo da osservazioni empiriche e dati statistici inoppugnabili e portando una serie di interventi dimostratisi poi efficaci, gli igienisti riuscirono a diffondere alcune pratiche preventive e a imporle, nonostante l’ostilità di gran parte della medicina “accademica”, all’attenzione dei poteri pubblici. Il rispetto dell’igiene si diffuse gradualmente anche negli ospedali, luoghi spesso di contagio e di infezione più che di cura, con l’adozione di alcune pratiche, che oggi a noi paiono elementari. Parallelamente il francese Louis Pasteur e il tedesco Robert Koch identificarono dei microrganismi come agenti di alcune gravi malattie infettive: la peste, il colera e la tubercolosi. Una scoperta che, dimostrava anche come le condizioni ambientali non fossero di per sé sufficienti a provocare l’insorgere del male, che fu usata dai medici per svalutare l’importanza dei fattori igienici. Già nel 1846, la scoperta degli effetti anestetici dell’etere dietilico aveva aperto la strada alla pratica dell’anestesia chirurgica. Nel 1860 fu la volta dell’acido acetilsalicilico, che dal 1875 avrebbe costituito la base della più diffusa fra le medicine dei nostri tempi, l’aspirina. Sempre al 1875 risale la sintesi del diclorodifeniltricloroetano (noto come Ddt), un potente insetticida che consentì progressi decisivi nella lotta contro la malaria. Grazie a scoperte come queste, si sviluppò rapidamente una nuova industria
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