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appunti di storia moderna, Appunti di Storia

appunti di stori moderna riguardanti la situazione storica nel primo dopoguerra.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 01/03/2021

Tonio1997
Tonio1997 🇮🇹

5

(1)

10 documenti

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Scarica appunti di storia moderna e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! G. G. Cenni su: Il primo dopoguerra Il secondo dopoguerra Colonialismo, decolonizzazione, neocolonialismo I materiali consultati: Atlante storico del mondo, Mondadori Camera Fabietti, Le dimensioni mondiali della storia, Zanichelli Omnia 97, De Agostini Internet: sito del Pontificio Istituto Missioni Estere Il primo dopoguerra Dopo la resa dell’Austria e poi della Germania si arriva allo sfaldamento della classe politica di queste nazioni e alla sua sostituzione. In Austria vediamo il disfacimento dell’impero e la indipendenza delle nazionalità oppresse. In Germania il Kaiser Guglielmo II viene travolto dalla sconfitta e scappa in Olanda lasciando una repubblica che si prende carico della pace. Nel 1919, con la pace di Versailles, vediamo un nuovo assetto dell’Europa: sono crollati l’impero zarista; l’impero germanico; l’impero austro-ungarico; l’impero turco. In più l’Europa cede allo strapotere economico e militare dell’America che diventa il punto di riferimento. Oltre a ciò il popolo inizia a rendersi conto del proprio potenziale e comincia una presa di coscienza anche grazie alla rivoluzione russa che cominciava in quegli anni (1917). Il trattato di Versailles impone condizioni capestro ai vinti. Ma quasi tutti il peso lo subisce la Germania a cui vengono sottratti i territori della Saar per un periodo di 15 anni alla fine dei quali ci sarebbe stato un plebiscito per decidere a chi sarebbero andati. Alla Germania viene inoltre imposto un disarmo quasi totale, è costretta a dichiararsi unica responsabile della guerra e si impegna al risarcimento di tutti i danni causati. Si ricostituisce la Polonia da terre prese a diversi stati e sorgono anche autonome la Lituania, l’Estonia, la Finlandia e la Lettonia. Migliore sorte tocca all’Austria a cui vengono tolti solo il Trentino, alto Adige, Trieste, l’Istria oltre agli altri territori resisi indipendenti come la Cecoslovacchia, la Jugoslavia. Le colonie dei vinti vengono affidate alla gestione di Francia ed Inghilterra, una gestione di fatto coloniale, che fa passare il potere da una nazione ad un’altra. L’Italia, che col Patto di Londra doveva ottenere la costa dalmata, si vede offesa pubblicamente dal presidente americano Wilson che pubblica un appello al popolo italiano in cui nega la capacità dei rappresentanti italiani a gestire la trattativa. Orlando e la sua delegazione abbandonano la conferenza e tornano in Italia dove ottengono la piena fiducia di popolo e parlamento. Durante questa assenza vengono spartite le colonie tedesche e l’Italia ne viene esclusa. Il governo di Orlando dura altri tre mesi e poi gli succede Nitti. Intanto il carovita e la grave disoccupazione danno il via a tumulti popolari che coinvolgono tutta l’Italia. Soprattutto al centro-sud si assiste alla occupazione di terre. Contemporaneamente a questi episodi “di sinistra” ha luogo l’occupazione di Fiume da parte di alcuni reparti dell’esercito sobillati da Gabriele D’Annunzio. Da un punto di vista politico gli equilibri stanno cambiando: si assiste ad una grande crescita dei socialisti e anche dei popolari che affrontano per la prima volta le elezioni. I liberali e i radicali conservano la maggioranza dei voti, ma non quella dei seggi. Nel 1920 Giolitti torna a capo del governo ma con grossi problemi. Senza l’appoggio dei capitalisti, senza l’appoggio dei socialisti, con l’appoggio parziale dei popolari. L’unica cosa che può fare è cercare una mediazione. La sua strategia mira così a impegnare i socialisti in una politica riformista, ridurre i popolari ad una posizione subalterna, utilizzare i fascisti come deterrente contro l’estremismo socialista senza troppe concessioni. Tale politica non riesce del tutto in quanto i socialisti non ci stanno, i cattolici neanche mentre i fascisti fingono di farsi usare ma riescono ad ottenere una ufficializzazione. Giolitti risolve la questione di Fiume facendo un patto con Mussolini che non interviene se non a parole, egli può cos’ inviare l’esercito fedele a sgomberare Fiume. A metà del 1920 avviene un fatto che compromette irreparabilmente le sorti della democrazia italiana: gli operai della Federazione Italiana Operai Metallurgici scendono in sciopero e arrivano alla occupazione delle fabbriche nel nord- Italia. Travalicando il significato operaio della lotta si arriva alle soglie della rivoluzione, ma i socialisti si tirano indietro lasciando allo sbaraglio gli operai. Giolitti non interviene per forzare la fine delle occupazioni e lascia che si spegnano spontaneamente. Tale sconfitta da vigore alla controffensiva della borghesia che si avvale della collaborazione dei fascisti che utilizzano le “squadre d’azione” contro sindacati, partiti, organizzazioni socialiste e anche cattoliche. Lo stato è ormai compromesso col fascismo che assume la veste ufficiale di difensore della borghesia. Nel 1921 a Livorno si riunisce il congresso nazionale socialista che segna l’uscita dal partito di Bordiga e Gramsci e con la nascita del Partito Comunista d’Italia. Intanto i fascisti aumentano il loro peso politico e dopo una campagna elettorale con decine di morti, nelle elezioni del 21 conquistano 35 seggi. Al posto di Giolitti viene Bonomi e Facta. I fascisti spadroneggiano ovunque senza alcun intervento dello stato. La fine del 1921 vede il trasformarsi del movimento dei fasci in Partito Nazionale Fascista. La violenza assume una tale forza che i movimenti di sinistra affrontano anche l’idea di appoggiare un governo borghese purché questo si impegni a difendere le minime libertà dei lavoratori. A metà del 1922 viene proclamato uno sciopero unitario di protesta per la difesa della legalità, il PNF minaccia il governo e comincia una offensiva fascista su larga scala. Nell’ottobre del 1922 comincia la Marcia su Roma che vede la presa del potere da parte dei fascisti. Vittorio Emanuele III non proclama lo stato di assedio e affida il governo a Mussolini che quindi con un colpo di mano arriva al potere. Colonialismo, decolonizzazione, neocolonialismo “Colonialismo è quella politica prevalentemente europea di conquista e dominio diretto di territori asiatici, africani ed americani, nominalmente a scopo di civilizzazione, di fatto per sfruttarne le risorse mantenendo le rispettive popolazioni in uno stato di sottomissione. Iniziato con le grandi esplorazioni e la Conquista spagnola del continente americano (1500), giunge al suo apogeo a cavallo tra il 1800 e il 1900, per esaurire la sua spinta dopo la seconda guerra mondiale, quando viene sostituito da un sistema di pressioni e controlli indiretti (specialmente di carattere economico e finanziario) esercitati, spesso tramite le società multinazionali, dalle nazioni occidentali su quelle del cosiddetto Terzo Mondo (neocolonialismo)”. Con la fine della guerra comincia anche la fine degli imperi coloniali. Le nazioni europee che avevano conquistato la quasi totalità dell’Africa, del Sud-America e del Sud-Est asiatico, compreso il continente indiano, devono risollevare la loro economia, non possono così tenere sotto controllo le colonie sempre più irrequiete e sono costrette nel corso del tempo a cedere l’indipendenza, spesso in seguito a rivolte. Già dalla “Grande guerra” l’Inghilterra aveva ceduto il predominio mondiale all’America e non è un caso che con la fine della seconda guerra mondiale e il declino economico si ritrovi insieme alle altre nazioni europee colonialiste (Francia, Olanda, Belgio, Portogallo, Germania) a cedere le colonie che non necessariamente trovano la vera indipendenza. Il mondo infatti è diviso in due blocchi contrapposti e c’è sempre la dipendenza politica, militare o economica da uno di questi. Oltre a ciò, alla dipendenza da un’altra nazione spesso subentra la dipendenza da un potere economico gestito da multinazionali appoggiate dagli stessi ex colonizzatori. Inghilterra Colonia Indipendenza Egitto 1922 India 1947 Pakistan 1947 Birmania 1947 Ceylon 1948 Malesia 1957 Ghana 1957 Nigeria 1960 Kenya 1962 Portogallo Colonia Indipendenza Guinea Bissau 1974 Mozambico 1975 Angola 1975 Francia Colonia Indipendenza Tunisia 1956 Marocco 1956 Guinea Francese 1958 Camerun 1958 Senegal 1958 Madagascar 1958 Algeria 1962 Olanda Colonia Indipendenza Indonesia 1949 Belgio Colonia Indipendenza Congo 1960 Talvolta l’indipendenza viene concessa per prevenire ribellioni e quindi per poter cercare di mantenere un controllo economico (neocolonialismo). Nella sostanza non cambia nulla: da una sottomissione politica con risvolti economici si passa ad una sottomissione economica con risvolti politici. Con l’aggravante della mancanza di quel minimo di legalità che la nazione colonizzatrice bene o male garantiva. Questo lo abbiamo visto in quei colpi di stato generati da interessi economici come nell’ex Congo Belga dove le multinazionali finanziarono e realizzarono l’avvento cruento al potere del regime di Mobutu. Basti pensare anche alle nazioni che hanno ottenuto in Africa l’indipendenza dal 1963 all’86: su 45 paesi, 30 hanno visto almeno un colpo di stato. La povertà di questi paesi è stata acuita da vari fattori: l’esportazione delle materie prime e l’importazione dei prodotti finiti crea uno scompenso nella bilancia degli scambi; la monocoltura imposta in molti paesi dalle condizioni del mercato internazionale o dalle multinazionali stesse impedisce il decollo dell’economia, con l’aggiunta del fatto che una economia basata sulla produzione di un solo bene risente drammaticamente delle pressioni del mercato, il calo del consumo di certi prodotti o la concorrenza di altre nazioni mette il paese alla mercé del mercato con conseguenze fatali. Inoltre la monocoltura riduce l’autosufficienza e aumenta la dipendenza dalle importazioni con il conseguente aumento della povertà. Ma il processo di autodeterminazione dei popoli non è terminato. Esistono tuttora territori mantenuti dalle potenze occidentali per vari scopi. C’è chi li usa per esperimenti nucleari (Francia), chi come base d’appoggio per la conquista dell’Antartide (Inghilterra), chi come trampolino in casa del nemico (USA). Francia Nuova Caledonia, Isole Mattew, Isole Mahoré, Guadalupa, Polinesia Francese, Martinica, Inghilterra Isole Sandwich, Isole Falkland, Georgia Australe, Gibilterra, Isole Vergini, Portogallo Macao Danimarca Groenlandia (?) USA Guantanamo, Spagna Melilla, Ceuta Possiamo dire che il problema del neocolonialismo ci tocca da vicino anche se si tende a ignorare il problema. In Europa stiamo incominciando a ragionare in maniera sovranazionale e la tendenza è quella della globalizzazione del mercato. Le multinazionali ragionano in termini mondiali e lo stesso dobbiamo fare anche noi. Il benessere delle nazioni europee dipende anche dal benessere dei paesi del terzo mondo. Da Internet: Pontificio Istituto Missioni Estere. mercoledì, giugno 03, 1998 Il "neocolonialismo economico" argomento di un convegno New Delhi (Asia News, Ucan) - Gli effetti del colonialismo passato e presente in Asia sono stati al centro del convegno Dal colonialismo alla globalizzazione: 500 anni dopo Vasco de Gama, tenutosi nelle scorse settimane a New Delhi. I 95 partecipanti, provenienti da 26 diversi paesi, hanno prodotto un documento finale, nel quale denunciano la globalizzazione come "una forma attuale di colonialismo, sebbene qualitativamente differente da quello degli ultimi 500 anni". Dopo aver affermato che l'economia attuale guarda solo al profitto, nel documento si sottolinea che "la maggior parte delle economie del Sud del mondo sono determinate da pochi paesi del Nord, i G-7, e da organizzazioni internazionali come il Fondo monetario internazionale (Fmi), la Banca Mondiale e l'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), che essi controllano". I partecipanti al convegno non hanno mancato di evidenziare le gravi responsabilità dei governanti dei paesi del Sud, vicini alle organizzazioni internazionali e lontani dal popolo. Come risultato della situazione, "la povertà è aumentata in Asia e in Africa". Tra i problemi maggiori vengono individuati la mancanza di adeguate strutture sanitarie e sociali in molti paesi, la disoccupazione e il pesantissimo debito estero di molte nazioni del Sud. "Crediamo che cambiamenti nazionali ed internazionali siano necessari per contrapporsi alla situazione. Organismi come l'Fmi, la Banca Mondiale e il Wto devono diventare più rappresentativi includendo i paesi in via di sviluppo nei loro processi decisionali. Il commercio mondiale deve diventare equo. Il dialogo Nord-Sud deve essere rivitalizzato", si dichiara. Il documento si conclude con una serie di impegni e proposte, la più importante delle quali riguarda la creazione di una rete di collegamento tra le varie persone e organizzazioni non governative impegnate nella difesa dei popoli del Sud del mondo.
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