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Appunti di storia moderna integrati con il libro "Storia Moderna" di Giorgio Spini, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Descrizione dei principali avvenimenti che caratterizzano la storia moderna, dalla scoperta dell'America a Napoleone

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 12/03/2023

giulia-corradi
giulia-corradi 🇮🇹

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Scarica Appunti di storia moderna integrati con il libro "Storia Moderna" di Giorgio Spini e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! 1 STORIA MODERNA 04/10/2021 La datazione storiografica tradizionale e consolidata fa iniziare la “STORIA MODERNA” tra la fine del ‘400 e la prima metà del ‘500, periodo in cui ci fu la scoperta delle Americhe (1492), venne avviata la riforma protestante con la pubblicazione delle 95 tesi di Martin Lutero a Wittenberg (1517) e venne elaborata la teoria copernicana eliocentrica. Le principali date che la storiografia indica invece come conclusive di questa fase (spartiacque tra storia moderna e storia contemporanea) sono le seguenti:  1789, Rivoluzione francese;  1815, Congresso di Vienna;  1848, moti insurrezionali in tutta Europa;  1914, scoppio della prima guerra mondiale. La storia del continente da Colombo fino alla prima guerra mondiale si può riassumere con la conquista del pianeta non dal punto di vista militare/strategico ma dal punto di vista economico, tecnologico e culturale che coronano l’Europa come entità vincente. Nella sfera europea si inseriscono anche gli Stati Uniti, che nascono dall’Impero Britannico e condividono con il continente una fortissima comunanza di ideali. → storia moderna = storia del successo degli europei che iniziano a guardarsi intorno e conquistano il mondo. L’Europa ha una fisionomia molto unitaria e forte che riesce nel mondo della conquista: ciò è reso possibile dalla disponibilità di esercito, moneta e controllo dei confini. La ricchezza più importante al tempo era la terra con annessa la tutela della proprietà privata e della trasmissione di essa. Alcuni tra gli stati più importanti: Sacro Romano Impero Repubblica di Venezia Regno di Francia Regno di Spagna Stato Chiesa. L’elaborazione di un sistema culturale che comprende ed assimila le diversità è l’arma immateriale che l’Occidente europeo utilizza per emergere → è una questione più culturale che militare, poiché prima di conquistare una popolazione bisogna studiare come pensano/come ragionano i suoi abitanti. *CAPITOLO 1, LO STATO MODERNO E LA NUOVA TECNICA MILITARE : alla fine del XV secolo, prendono piede le nuove strutture dello stato moderno, specialmente nelle grandi monarchie nazionali della Francia, dell’Inghilterra e della Spagna, in cui si sviluppano nuove tecniche militari caratterizzate dall’utilizzo della fanteria e dall’impiego di artiglierie di sempre maggiore precisione. Al centro della costruzione di questa Europa moderna vi sono la capacità di questa parte del mondo di costruire complessi politico-territoriali molto ampi e avanzati. Alcuni esempi: - confederazione svizzera > dall’originario nucleo di lingua germanica, i cantoni svizzeri già dai primi del ‘400 tendevano ad estendere il loro dominio sui paesi vicini di lingua francese ed italiana, minacciando quindi i duchi di Milano, di Savoia e Borgogna; - ducato di Borgogna > comprendeva un ampio territorio tra il Rodano ed il mare del Nord, dai Paesi Bassi, con le ricchissime città delle Fiandre, fino alla Franca Contea. Vecchi avversari dei re di Francia, i duchi di Borgogna dovevano per forza urtare contro le nascenti tendenze assolutistiche della corona di Francia: il vincitore della guerra dei Cento Anni, Carlo il Temerario di Borgogna, capeggiò una lega di feudatari ribelli, detta Lega del Bene Pubblico, contro il nuovo sovrano Luigi XI. L’esito dello scontro fu a favore di Luigi XI, per cui la Borgogna passò nelle sue mani; - stato francese > intorno alla metà del XV secolo, l’estensione dei domini francesi era assai limitata: Calais era degli inglesi, Avignone dei papi, dal Rodano in poi c’era la Savoia e poi la Borgogna. Fu Luigi XI a portare sotto il diretto dominio della corona la maggior parte del territorio francese, riorganizzando l’apparato tributario, assoggettando la Chiesa e sottomettendo l’irrequieta nobiltà feudale alla corona in modo più stretto; - stato spagnolo > la penisola iberica alla metà del XV secolo non era affatto unitaria: contava i quattro regni cristiani della Castiglia, del Portogallo, della Navarra e dell’Aragona. Un primo tentativo di unificazione fu il matrimonio tra Isabella di Castilla e Ferdinando d’Aragona (1479), a cui poi segue comunque un periodo in cui i due territori rimasero giuridicamente distinti l’uno dall’altro. Nemmeno religiosamente il territorio poteva dirsi unitario, data la grande presenza di Mori e di Ebrei. Fu Ferdinando il Cattolico ad intraprendere l’unificazione della Spagna e la sua trasformazione in un paese retto da una monarchia assoluta di tipo moderno. Egli organizzò una Santa Hermandad unica, con un tribunale molto severo (l’Inquisizione), impose il suo assolutismo anche sulla chiesa, cacciando dal paese tutte le minoranze, costituite essenzialmente da ebrei, considerati nemici dello stato; 2 - stato inglese > appena uscita sconfitta dalla guerra dei Cento Anni, l’Inghilterra vede l’inizio di un nuovo conflitto: la guerra delle Due Rose (1455-1485), uno scontro tra partigiani della ripresa della guerra e partigiani del mantenimento della pace, che metteva in scontro le due case di Lancaster e York, simboleggiate rispettivamente da una rosa rossa e da una rosa bianca. Solamente nel 1485 Enrico VII Tudor (l’ultimo erede dei Lancaster) pacifica le due fazioni sposando Elisabetta di York, incominciando l’opera di consolidamento interno. Egli restaurò l’ordine all’interno del regno, diminuendo l’autorità del Parlamento, tenendo sotto controllo la Chiesa, estendendo il proprio dominio in Irlanda e cominciando a sviluppare la flotta mercantile e quella da guerra. 05/10/2021 Le scoperte geografiche Tra la fine del ‘400 ed i primi 20 anni del ‘500, vi fu la scoperta di parti di mondo fino ad allora sconosciute. In Europa in quel periodo, oro, schiavi e spezie erano tre generi scarsamente presenti: l’oro era necessario per avere accesso al mercato internazionale (acquisto di beni, ad esempio petrolio). Gli affari con il medio oriente erano invece riconducibili alle spezie, che ovviamente si pagavano con l’oro. Gli schiavi infine, erano necessari come manodopera gratuita, protagonisti di un fiorente commercio con l’Africa: in una città molto ricca e fiorente come ad esempio Napoli, circa il 10% della popolazione era nera per cui il numero di schiavi si può approssimare a 12 mila unità. Le spezie servivano per conservare gli alimenti, per camuffare e mascherare gli odori insopportabili degli alimenti in via di degradazione. Per trovare questi tre generi, prima del 1453 (caduta di Costantinopoli, che entra nel dominio ottomano), era molto semplice: a partire dal 1453, tuttavia, la via per l’oriente comincia a farsi difficile. → per cui, nel contesto di fine ‘400 troviamo delle necessità materiali. Gli uomini di questo tempo apportano delle innovazioni fondamentali, che rendono più sicura e affidabile la navigazione nelle caravelle: tra queste abbiamo l’introduzione del timone fisso attraverso il quale la nave può essere orientata e diretta in maniera più sicura, poi si è lavorato sulle vele, ingrandite e dotate di alberi più stabili per donare velocità alla caravella. In seguito, si sono apportate delle modifiche alla chiglia, in modo che mantenesse stabile la nave durante la navigazione. Vela e chiglia rendevano possibile una navigazione contro vento. Altra innovazione riguarda il miglioramento delle carte nautiche, dette portolani: queste disegnano in maniera più accurata le coste ed il fondale. Viene infine introdotto l’astrolabio, strumento per la navigazione che attraverso il sole e le stelle è in grado di fornire informazioni riguardo alla posizione della nave in base alla latitudine nord-sud (dopo due secoli di innovazioni sarà in grado di fornire anche la posizione est-ovest). La scoperta dell’America Cristoforo Colombo fece molta difficoltà a trovare uno “sponsor”, ossia un re che finanziasse il suo progetto, che consisteva nel ripercorrere la via del viaggio di Marco Polo arrivando in Oriente ma navigando verso Occidente. Il suo obiettivo era quello di cristianizzare la popolazione giapponese. Isabella di Castiglia fu colei che finanziò il suo viaggio, a causa del suo intento di cristianizzazione. La Spagna infatti aveva appena intrapreso la politica della Riconquista, mirata alla diffusione e alla penetrazione del cristianesimo ovunque non ci sia, a partire dall’eliminazione dal paese di islamici ed ebrei. → Cristoforo Colombo parte dalle Azzorre il 9 se embre del 1492 ed arriva alle Bahamas (presumibilmente) il 12 ottobre. La descrizione della popolazione e del territorio fatta da Marco Polo, a questo punto, era completamente diversa da quanto poteva constatare Colombo: egli trova una popolazione non belligerante, trova rifornimenti di cibo ed una discreta accoglienza. Al suo ritorno, Colombo riesce ad organizzare tre altri viaggi, non rendendosi conto di aver varcato terre fino ad allora sconosciute. Amerigo Vespucci parlò per la prima volta di nuovo mondo per indicare le terre visitate da Colombo. I viaggi di questo periodo (1492-1522) - i portoghesi arrivano a Capo Verde. Vasco da Gama, esattamente dieci anni dopo arriva in Madagascar fino in India - gli spagnoli, includendo Cristoforo Colombo, scoprono il nuovo mondo ed arrivano in Brasile nel 1500. Magellano, portoghese sponsorizzato dalla Spagna, parecchi anni dopo, 1519-1522, circumnaviga il globo. Il globo terrestre diventa noto, nelle sue dimensioni reali; si era chiarito che esisteva un numero di popolazioni assai diverse dislocate in parti molto distanti tra loro. Seppur conducendo i viaggi per le stesse motivazioni, i portoghesi si accontentavano di avere delle piccole colonie mentre gli spagnoli, più ricchi e potenti, occupavano tutto il territorio alla maniera dei romani e fondando i cosiddetti vicereami spagnoli, dal Messico in giù. Essi erano molto attratti dal sud America in quanto esistevano regni molto evoluti e popolati da grandi civiltà, come quelle dei maya, degli inca e degli aztechi. Qui erano presenti miniere di metalli preziosi molto importanti, in particolare a Potosì (Bolivia) vi erano 5 Guerra dei cavalieri, 1521: guidati da Von Hutten, i cavalieri attaccano il vescovado di Treviri, uno dei tre vescovadi elettori dell’imperatore (insieme a Magonza e Magdeburgo) per impossessarsi dei beni. Essi volevano occupare le terre dei cattolici, ma non riuscirono nell’intento. Lutero condannò questa rivolta. Rivolta dei contadini tedeschi, 1524-1525: guidati da Thomas Muntzer e Michele Gaismair in territori che sono oggi italiani (Alto Adige), i contadini si rivoltano con il loro feudatario, che in questo caso sono i vescovi. Le parole di Lutero quindi scatenano una ventata rivoluzionaria che dura dal 1521 al 1525. Il primo ad appoggiare Lutero e a dichiararsi pubblicamente luterano fu Alberto di Brandeburgo, futuro re di Prussia. Dopo di lui, a cascata, ce ne furono molti altri. Di fronte ad un conflitto, in pieno ‘500, si ricorre ad uno strumento in grado di coalizzare delle forze: si costituisce una lega. Nel 1526 e nel 1529 viene attivata la Dieta (Lega) di Spira, che coalizzava i cattolici e le forze legate all’editto di Worms. Dall’altro lato abbiamo invece la Lega di Smalcalda. Carlo capisce di dover trovare un accordo, immaginando una nuova confessione: una specie di credo. > Confessio Augustana, 1530: l’autorità delle scritture conta più di quello che dice la chiesa. Si accetta l’idea che siamo giustificati per fede e si guarda alla dottrina dei sacramenti. Per Lutero diventa meno importante la predicazione, che per lui comporta il monopolio della dottrina; egli insiste nel dire che la scrittura ti dice ciò che cerchi e non c’è un’interpretazione autentica della scrittura, in quanto è molto personale. Carlo V è stanco del continuo conflitto contro i protestanti che dura oramai da 30 anni, alla fine abdica e divide l’impero, accettando la pace con i principi protestanti. In questa pace viene affermato che i singoli abitanti dei territori non possono più scegliere la loro fede ma vengono ritenuti cattolici o protestanti in relazione alla scelta del loro principe: se si abita a Brandeburgo o in Sassonia si diventa automaticamente protestanti, se si abita in Baviera si rimane invece cattolici. 1548, divisione territoriale tra principati cattolici e protestanti di vario tipo (luterani, calvinisti, anglicani), che non riconoscono il pontefice. Con la pace del 1555 cessano le guerre tra cristiani cattolici e protestanti. Con la pace del 1559 l’impero si divide, una parte va al figlio Filippo II e l’altra a Massimiliano (fratello di Carlo). - Filippo II si prende la Spagna, il ducato di Milano e tutto il nuovo mondo; - Massimiliano si prende il Sacro Romano Impero originario, dal mare del nord fino allo stato pontificio. CAPITOLO 6, L’impero di Carlo V Carlo V d’Asburgo nacque il 24 febbraio 1500 a Gand (nell’attuale Belgio) da Filippo il Bello e Giovanna la Pazza. Il nonno paterno era Massimiliano I d’Asburgo, imperatore del Sacro romano impero; il nonno materno era Ferdinando II d’Aragona (detto Ferdinando il Cattolico), re di Spagna. Nel 1506 ereditò dal padre (Filippo il Bello) i Paesi Bassi, il Lussemburgo, l’Artois e la Francia Contea; 1516 ereditò dal nonno materno (Ferdinando II) il regno di Spagna, con i domini italiani e le colonie americane; nel 1519 ereditò dal nonno paterno (Massimiliano I) la corona austriaca. Infine nel 1519 aggiunse a tutti questi possessi e a tutti questi titoli quello di imperatore del Sacro romano impero, in seguito a un’elezione rimasta famosa per le lunghe trattative fra gli elettori e perché l’altro aspirante alla dignità imperiale era Francesco I di Francia. Carlo V si proponeva di restaurare l’autorità imperiale sull’Europa. Il suo progetto però era destinato a fallire, perché c’erano reali motivi di debolezza. In primo luogo i suoi possessi, troppo dispersi, mancavano di coesione, non solamente perché lingua, costumi e privilegi erano diversi, ma anche per l’effettiva distanza che li separava gli uni dagli altri e che costringeva il sovrano a viaggi frequentissimi e spossanti. Fu quindi costretto a delegare i suoi poteri a reggenti (Margherita d’Austria, sua zia, e Maria d’Ungheria, sua sorella, nei Paesi Bassi; Adriano di Utrecht, futuro papa Adriano VI, in Spagna). In secondo luogo c’erano l’ostilità della Francia e la minaccia dei Turchi ottomani; infine la difficile questione della Riforma protestante, in Germania. Ma lo scontro più impegnativo fu quello con la Francia di Francesco I. La guerra in Italia tra Carlo V d’Asburgo e Francesco I (*storia italiana, appunti 09/11): in base al Trattato di Noyn (1516) alla Spagna era stato attribuito il Regno di Napoli e di Sicilia e ai Francesi il Ducato di Milano. Ma il Ducato di Milano controllava i porti liguri – Genova in particolare – che mettevano in comunicazione la penisola iberica e la Pianura padana. Se per Carlo V era vitale il controllo di questo corridoio strategico, per Francesco I era vitale impedire 6 che esso cadesse in mani spagnole. Nel 1521 Carlo V scese in Italia per riconquistare Milano: sconfisse i Francesi a Pavia (1525) e prese il re Francesco I come ostaggio. Il re francese fu deportato in Spagna e costretto a firmare il trattato di Madrid (1526) con il quale, in cambio della libertà, s’impegnò a concedere a Carlo V Milano e la Borgogna. Tuttavia, una volta liberato, Francesco I non rispettò gli accordi; disse che il trattato di Madrid gli era stato estorto. Diede quindi vita a un’alleanza antiasburgica, la Lega di Cognac (1526) cui aderirono l’Inghilterra di Enrico VIII, il papa Clemente VII (della famiglia Medici), Firenze, Milano e Venezia. L’imperatore allora con il suo esercito, formato in gran parte dai Lanzichenecchi luterani, giunse sino a Roma e la saccheggiò. Intanto cresceva la protesta per la sorte del papa che si era dovuto rifugiare in Castel Sant’Angelo praticamente ostaggio delle forze imperiali. Si giunse così al Trattato di Barcellona (1529). Con questo trattato Carlo V si impegnò a far restituire al papa tutte le terre che gli erano state sottratte, si impegnò a ripristinare in Firenze il governo dei Medici e ottenne in cambio il riconoscimento dei suoi possessi d’Italia e l’incoronazione imperiale dalle mani del papa (1530), che avrebbe consacrato definitivamente il suo ruolo e il suo prestigio. Nello stesso anno (1529) Carlo V e Francesco I firmarono la pace di Cambrai: l’imperatore rinunciava alle pretese sulla Borgogna, mentre il re di Francia gli riconosceva il possesso di Milano, a capo del quale restò Francesco II Sforza, con la condizione che alla sua morte sarebbe stato annesso agli Spagnoli. Nel 1535 morì Francesco II Sforza e Milano passò agli Spagnoli. Si riaccese la lotta con la Francia, che ne uscì sconfitta anche per l’intervento, a fianco dell’imperatore, del re d’Inghilterra Enrico VIII. Il re di Francia riuscì comunque a firmare una pace favorevole a Crépy nel 1544: Milano alla Spagna, Savoia e parte del Piemonte alla Francia. Nel 1547 il re di Francia Francesco I morì. Il suo successore Enrico II riprese la guerra contro Carlo V. La guerra fu sospesa nel 1556, allorché Carlo V abdicò, affidando la corona d’Austria al fratello Ferdinando I e la corona di Spagna con tutti i suoi domini al figlio Filippo II. La guerra riprese nel 1557 tra il re di Francia Enrico II e il re di Spagna Filippo II. La battaglia di San Quintino (1557) condotta da Filippo II di Spagna vide la definitiva sconfitta dei Francesi sanzionata dalla pace di Cateau-Cambrésis (1559), con la quale la Francia rinunciò a ogni pretesa sui territori italiani e sancì il dominio spagnolo in Italia. Carlo V dovette da subito scontrarsi con la difficile questione della Riforma protestante, in Germania. La Riforma si era trasformata da movimento di contestazione religiosa in movimento di contestazione sociale e politica. I principi tedeschi aderirono infatti alla Riforma per contrastare i progetti di accentramento politico dell’imperatore. Malgrado i tentativi di riconciliazione da lui promossi, si giunse allo scontro armato tra Carlo V e i principi protestanti, uniti nella Lega di Smalcalda. L’imperatore li sconfisse nella battaglia di Mühlberg (1547), ultimo successo contro i protestanti. Se ne rese conto lo stesso Carlo V, che nel 1555 risolse il conflitto con i principi protestanti tedeschi con la Pace di Augusta. La Pace di Augusta sancì la divisione della Germania tra cattolici e luterani e affermò l’obbligo per i sudditi di seguire la confessione del loro sovrano. L’anno successivo Carlo V abdicò. *CAPITOLO 7, LA RIFORMA LUTERANA: le proposte di Lutero riguardano una serie di riforme del culto e degli ordinamenti ecclesiastici. Con tali riforme, il latino veniva abolito nella messa e sostituito dalla lingua volgare; nella messa stessa, una parte preminente veniva tenuta dalla lettura della Bibbia e dalla sua spiegazione con un sermone. Inoltre, Lutero riduceva i sacramenti da sette a due soltanto, ossia il battesimo e l’eucaristia. Sorgeva a questo punto la questione dei rapporti con lo Stato: in quest’ambito, il cristiano doveva ubbidire allo Stato, che tuttavia rimaneva al di fuori della sua vita spirituale > abbiamo quindi una separazione tra potere civile e sfera religiosa. La rivolta dei cavalieri e la guerra dei contadini: la riforma rappresentava un tale sconvolgimento spirituale da scatenare fermenti di rivolta da tempo latenti nella società germanica, specie fra i contadini e la piccola nobiltà. Questi ultimi avevano inizialmente acclamato la protesta di Lutero contro la Chiesa ufficiale, ma quando videro che la Riforma andava ad avvantaggiare solo le città libere, scoppiò un’ampia rivolta. La rivolta dei cavalieri scoppiò nel 1522-1523, nei territori di Treviri, Württemberg e della Baviera, guidata da Franz Von Sickingen e da Ulrich Von Hutten, che guidarono i cavalieri all’assalto delle proprietà ecclesiastiche. Nel 1525 scoppiò allora la rivolta dei contadini: essi trovavano insufficienti le riforme luterane per riportare la Chiesa all’originaria purezza dei tempi apostolici. Si formò quindi un grande gruppo di anabattisti (=ribattezzatori), agitatori religiosi con idee radicali che si opponevano alla Chiesa tradizionale. Questa rivolta religioso-sociale divampò in breve tempo in tutta l’alta Germania, dalla Renania alla Svezia e in Austria. 18/10/2021 1538, i principi cattolici del Sacro Romano Impero si riuniscono in una lega, la Lega di Norimberga. Si arriverà alla battaglia di Mühlberg nel 1547. 7 1531, lega di Smalcalda: sconfitta militare del mondo protestante. Nel 1547, Carlo V vince la battaglia di Muhlberg, ma da lì a pochi anni dovrà̀ abdicare. Nel 1548 ci sarà̀ un “interim di augusta” ovvero un testo conciliante con gli stessi principi della pace augustana. Carlo V stanco di questo conflitto, alla fine abdica e dividerà̀ l’impero accettando la pace con i principi protestanti. In questa pace si afferma un principio fondamentale = i singoli abitanti dei vari territori non possono più̀ scegliere la propria fede ma devono scegliere di essere o cattolici o protestanti in relazione alla scelta del proprio principe. Questa spaccatura non si ricompose mai più̀. Anche la pace del 1648 viene a sancire la divisione territoriale tra principati cattolici e principati protestanti di vario tipo che non riconoscono il pontefice ma che hanno un proprio primate. 1545, Concilio di Trento, tentativo di risolvere il problema della spaccatura tra cristiani e luterani. 1548, interim di Augusta, testo conciliante con principi simili a quelli della confessione Augustana. 1555, cessano le guerre tra protestanti e cattolici all’interno del Sacro Romano Impero, e nel 1559 lo stesso impero si spacca. Abdicazione di Carlo V (Filippo II si prende la spagna e il nuovo mondo - il fratello Massimiliano si prende il SRI originario). I problemi li avrà Massimiliano con le riforme. 1555, la Repubblica Veneta rimane uno stato indipendente. La terraferma veneziana si estende fino al fiume Adda. Filippo Melantone, portavoce di Lutero, colui che scrisse la Confessio Augustana → confessione che verteva sul primato della scrittura, sulla salvezza, su una nuova dottrina di sacramenti. La Dieta di Augusta (1555) regolò i rapporti tra i Cattolici ed i Luterani. L’assemblea formulerà il principio eius regio, cuius religio: il principe tedesco fa quindi valere sui propri sudditi la sua scelta religiosa. In questo modo gli Stati si identificano immediatamente → reservatum ecclesiasticum, uno degli articoli della Dieta di Augusta, in base al quale i beni ecclesiastici di chi fosse passato alla riforma, dovevano rimanere di proprietà romana. Il periodo del Rinascimento (1494-1560) termina con: - una pace religiosa che sancisce l’indipendenza dei principati protestanti (dentro il Sacro Romano Impero) - la fine dell’egemonia quasi planetaria di Carlo V, con l’abdicazione dell’imperatore - pace di Cateau Cambresis, in cui di fatto si dà una prevalenza alla componente spagnola in Europa. Huldrych Zwingli: pensa a Lutero come a un allievo (discepolo) di Erasmo da Rotterdam, poiché era considerato un buon cattolico (Zwingli commette l’imprudenza di pensare che anche Lutero sia un buon cattolico). Egli arriva ad eliminare le immagini sacre e la messa, eliminando quindi l’eucarestia, a promuovere una liturgia molto semplificata che consiste nella lettura ed in un brevissimo commento della Bibbia ed abolire il celibato ecclesiastico. L’opera più importante: Commentario della vera e della falsa religiosa, 1525 (opera di teologia). Si sofferma molto sul sacramento dell’eucarestia. Per lui il pane ed il vino devono essere intesi come simboli, come un ricordo, non come un qualcosa che possa richiamare la presenza di Cristo. Giovanni Calvino: è un francese che opera a Ginevra, città che diventerà poi la capitale del Calvinismo (che arriverà anche in Francia del nord, con gli ugonotti, ed in Olanda). Ebbe una educazione molto umanistica, raffinata, era un uomo del Rinascimento, un teologo che prende dal luteranesimo uno spunto molto importante: predestinazione (sola fide, solamente attraverso la fede). Il Calvinismo diventerà religione dei territori più ricchi d’Europa (Olandesi). La sua concezione prevede che vengono mantenuti due sacramenti: il battesimo, sacramento in cui il neonato entra in una comunità, in un gruppo, e l’eucarestia, in ricordo dell’ultima cena. Concilio = metodo più semplice per discutere di alcune questioni → 1545-1563, Concilio di Trento (città imperiale, del Sacro Romano Impero). Dal punto di vista dottrinale, questo concilio fissò il numero di sacramenti a sette. Il papa venne dotato di infallibilità quando parla ex cattedra, come fosse Pietro (il primo rappresentante di Dio in terra). Il concilio istituisce i seminari, luogo di formazione dei giovani sacerdoti > necessità di disporre di un clero su scala europea. Inoltre, condannò il cumulo dei benefici. Infine, stabilì che il vescovo, i parroci e chiunque altro godesse di un beneficio, doveva vivere e risiedere dove questo beneficio era presente. È il tentativo di riorganizzare la chiesa, la quale in questi anni si munisce di un potentissimo esercito di chierici e di nuovi ordini religiosi, che dal 1530 si formano e continuano ad operare all’interno della chiesa. L’ordine più importante fu quello dei gesuiti, riconosciuti da Roma nel 1540 professando l’obbedienza al papa. 10 Boemia. Questi 4 grandi feudatari, signori territoriali, hanno il privilegio di eleggere l’Imperatore → ecclesiastici: Arcivescovi di Colonia, di Treviri e di Magonza. Famiglia degli Asburgo: famiglia nobile germanica, della quale ricordiamo una regina importantissima: Maria Teresa d’Asburgo. Questa famiglia aveva dei possedimenti propri: Austria, Carinzia, Tirolo, Boemia; il nucleo dell’impero era tra Praga e Vienna e comprendeva a sud il Tirolo. Alcuni esponenti di questa famiglia: 1493-1519 > Massimiliano d’Asburgo 1519-1555/1556 > Carlo V Fino al 1806 si contano 14 imperatori, Arciduchi d’Austria ed imperatori del Sacro Romano Impero. Territori degli Asburgo: Ducato della Carinzia, Carniola, Feudo del Tirolo (Trento e Bressanone), Boemia (che dal 1547 diventa uno stato ereditario degli Asburgo d’Austria fino al 1918), Ungheria (che diventa territorio ereditario dal 1687 fino al 1918), Transilvania (che diventa ereditaria dal 1699 in poi). Dal 1713 al 1745 vi è l’unione tra l’Austria e l’Ungheria --> Impero Austro-Ungarico. A Nord, ci sono gli stati tedeschi: il Brandeburgo, meglio noto come regno di Prussia, la Baviera (che dal 1806 costituirà un regno), la Sassonia, Wittemberg. Il Brandeburgo ed il feudo del Tirolo hanno in comune la lingua, per cui la Bibbia in entrambi i casi è in tedesco. Inoltre, all’interno del Sacro Romano Impero ci sono decine di città libere, chiese e monasteri che costituiscono un feudo per loro conto. 1166, l’Arciducato d’Austria diventa un vassallo imperiale, l’Impero esisteva dal 962 con la dinastia degli Ottoni. 1273, Rodolfo d’Asburgo legò le sorti di questo territorio agli Asburgo, ottenendo il titolo imperiale. Massimiliano (fino 1519) conferì ai territori ereditari austriaci una forte coesione statale; la sua idea era quella di uno stato austriaco sotto il grande ombrello del Sacro Romano Impero 1518/19, [SRI esisteva da 5 secoli, territori austriaci erano molto frammentati]. Voleva mantenere tutte le individualità e le confessioni religiose. Impero Ottomano: impero tollerante, molto più di alcuni stati europei. Difatti, chiunque fosse emigrato verso l’Impero Ottomano e avesse potuto praticare un mestiere e un lavoro, era ben accetto. Gli ottomani non discriminarono mai né sulla razza, né sulla religione; dettero incarichi di governo importanti anche a non turchi perché aventi competenze significative. L’impero finisce dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1919, quando verrà smembrato e preso sotto il controllo dell’Inghilterra. Solimano il Magnifico e Salim II furono i sultani che regolarono i rapporti con l’Europa. *CAPITOLO 2, L’EUROPA CENTRO-ORIENTALE: alla fine del XV secolo, quando in tutta Europa c’era stato un processo di eliminazione delle strutture medievali e di formazione dello stato moderno, il Sacro Romano Impero era ancora caratterizzato dalla mancanza di un’organizzazione statale e da un processo continuo di arretramento, col distacco di sempre più numerose porzioni di territorio alla periferia dell’Impero. A questo sgretolamento territoriale corrisponde la sua paralisi politica per la mancanza di un saldo potere centrale: la successione al trono imperiale avveniva infatti mediante l’elezione da parte dei sette grandi elettori dell’Impero (tre ecclesiastici, gli arcivescovi di Treviri, Colonia e Magonza, e quattro laici, gli elettori di Boemia, Brandeburgo, Sassonia e del Palatinato Romano). A partire dal 1437, la successione dell’Impero è diventata prerogativa di una sola casa, quella degli Asburgo, signori del ducato d’Austria. La potenza economica della Germania ha una solida base grazie a: ♦ sviluppo mercantile e artigiano, grazie alle città del sud come Norimberga, Augusta, Ulma, Strasburgo ♦ potenza marinara delle città del mare del Nord e del Baltico, come Amburgo, Brema, Lubecca ♦ cospicua produzione mineraria e agricola del territorio tedesco. Le città tedesche trovano la tutela dei propri interessi economici nella formazione di leghe tra di loro: tra queste ricordiamo la Lega Sveva dell’Alta Germania e la Lega Anseatica tra le città della Bassa Germania. Gli Asburgo d’Austria: avevano iniziato la loro ascesa al momento dell’assunzione al trono imperiale di Rodolfo d’Asburgo (1273) e di suo figlio Alberto I (1298). Successivamente il titolo venne trasmesso alla casa di Lussemburgo, ma gli Asburgo poterono comunque contare sul possesso del ducato d’Austria, che nel tempo si ingrandì con l’acquisizione di Trieste, Gorizia e del Tirolo. Dopo la morte dell’ultimo dei Lussemburgo, nel 1437 gli Asburgo risalivano con Alberto II, che riunì sotto di sé anche le corone di Boemia e Ungheria → impero Austro-Ungarico. Gli Asburgo fondavano il loro dominio sulla loro abilissima diplomazia, che aveva alla base una ben organizzata Cancelleria Imperiale. Inoltre, sposando Maria, figlia di Carlo il Temerario, Massimiliano d’Austria (imperatore dal 1493 al 1519) riuscì ad acquistare anche le Fiandre, con le loro ricchissime città mercantili. > lo stato austriaco è da sempre un mosaico di popoli di diverse lingue e diverse civiltà. L’impero ottomano: creato dai Turchi nel XIV e XV secolo, comprendeva l’Asia Minore, l’ex impero bizantino, la Serbia 11 e la Bulgaria. Era un impero assolutista: il sultano, con i suoi vizir (ministri) e i suoi pascià (governatori) era in grado di imporre la sua illimitata volontà a tutti i sudditi. La potenza dell’impero ottomano consisteva nella possente forza militare, caratterizzata da disciplina e bellicosità. Non esisteva una civiltà ottomana, come non esisteva una vera e propria cultura araba: i turchi non ritenevano importante stabilire una lingua o una religione comune a tutti, chiunque avesse pagato il tributo previsto dal Corano avrebbe potuto continuare a mantenere la propria religione. 25/10/2021 FILIPPO II (1556-1598) > lista re di Spagna:  Filippo III 1598-1621  Filippo IV 1621-1665  Carlo II 1665-1700 L’Impero di Filippo II di Spagna è molto assolutistico e molto personale, in quanto il sovrano intrepreterà in maniera personale l’Assolutismo della seconda metà del ‘500. Ebbe la necessità di avere un collegamento, per quanto possibile veloce, con i propri domini → ad esempio, da Lisbona a Madrid ci volevano 4 giorni, da Bruxelles a Madrid 10 giorni, da Milano a Madrid 14 giorni, da Roma a Madrid 24 giorni. La pratica dell’assolutismo si avvale di una serie di consigli: Filippo II istituì 14 consigli con funzioni esecutiva, legislativa e giudiziaria. Aveva cioè a disposizione queste piccole deputazioni (=consigli) che svolgevano funzioni essenziali alla pratica di governo. Aveva inoltre a disposizione 6 consigli territoriali, di territori che lui riteneva essenziali: consigli di Castiglia, Aragona, Catalogna, Valencia, Baleari, Sardegna. Dal 1559 (pace di Cateau Cambresis) verrà istituito il Consiglio d’Italia, insieme ai consigli di:  1580, Consiglio delle Indie, del nuovo mondo.  1582, Consiglio del Portogallo.  1588, Consiglio delle Fiandre. Il più importante è il consiglio delle Indie, dal quale dipenderà per secoli la politica coloniale e di sfruttamento del nuovo mondo da parte degli Spagnoli. Inoltre, Filippo II disponeva anche di consigli dipartimentali, chiamati “consigli per affari speciali”: dipartimento dell’inquisizione, che contava 21 tribunali, dipartimento degli ordini militari, dipartimento della crociata, dipartimento delle finanze (camera della finanza), dipartimento di stato (politica estera), dipartimento di guerra ed un piccolo dipartimento che si occupava dei lavori pubblici e dei boschi. Nessun altro stato europeo disponeva di un’organizzazione statale così evoluta come quella spagnola. Premessa: gli scambi internazionali, nell’Europa moderna, si facevano in monete d’argento o d’oro, il valore delle quali si fissava in base al peso delle medesime. Il possedere molto argento o molto oro consentiva allo Stato di batter moneta e quindi di comprare molto. Nella società post-industriale, i beni in vendita erano relativamente disponibili sul mercato, perché la produzione era molto flessibile. Nell’Antico regime, la quantità di beni disponibili sui mercati era, in linea di massima, sempre uguale a sé stessa, producevano cioè sempre la stessa quantità di grano. I beni in vendita (l’offerta) era sempre uguale, ma, se c’era più denaro circolante ed i beni rimanevano gli stessi, il costo di quegli stessi beni aumentava molto. Dunque, comperare il grano, il vino, l’olio, prima e dopo dell’arrivo del metallo prezioso, comportava un aumento di pressi molto elevato = inflazione. Il regno di Filippo, da un lato acquisì molta materia prima (oro ed argento), ma nello stesso tempo causò (prima in Spagna e dopo in tutta Europa) un’ondata inflattiva molto lunga che scaturì in una situazione di povertà molto lunga. Filippo II sperperò gran parte di questa ricchezza nella politica militare, senza però risultati apprezzabili. A monte di questo sfruttamento, vi è il monopolio della Spagna per quanto riguarda l’estrazione e la distribuzione dei metalli. Filippo II individua infatti un ceto che possa fare il mestiere dell’estrazione: un ceto che comprendeva spagnoli in grado di dimostrare la propria “limpieza de sangre” (quindi con genitori e parenti necessariamente spagnoli). Viene istituita quindi la Casa de Contratación, il quale ufficio verificava lo stato civile di chi aveva intenzione di andare nel Nuovo Mondo. La Repubblica di Venezia, nella seconda metà del 500, 600 e 700 rimane uno stato ricco, soprattutto perché riesce ad avere una produzione di base di ciò che poteva servire in terraferma. Venezia aveva accumulato una tale ricchezza, finanziaria e materiale, che le consentì di poter continuare la sua esistenza in maniera molto agiata. Acquisì delle 12 conoscenze di tipo finanziario di come gestire aziende, di come costruire navi, ecc. Subisce quindi l’inflazione come gli altri stati, ma possiamo dire che la supera senza troppo danni essendo uno stato molto solido. *CAPITOLO 11, L’ETÁ DI FILIPPO II: la prima metà del XVI secolo è caratterizzata dal duello tra le corone di Spagna e di Francia per l’egemonia sulla penisola italiana: la Francia, per equilibrare la potenza degli Asburgo, aveva cercato appoggio nell’Impero Ottomano mentre la Spagna trovava appoggio nell’Inghilterra dei Tudor. La morte di Enrico II di Valois, seguita immediatamente dallo scoppio di una crisi interna della Francia, mette però quest’ultima fuori combattimento per circa quarant’anni: è allora la Spagna di Filippo II d’Asburgo (1556-1598), figlio di Carlo V, ad emergere come massima forza politica del continente europeo. Filippo II si avviava a fare un Impero centralizzato, sotto la sua mano furono cancellati gli ultimi residui di autonomia locale: tutte le decisioni si accentravano infatti nel Consiglio di Stato del re, da cui dipendevano gli altri Consigli amministranti. Inoltre, Filippo spostò la capitale dell’Impero a Madrid, che aveva funzione di centro burocratico, dove fece costruire la sua residenza, l’Escorial, metà reggia e metà convento. Nella seconda metà del XVI secolo, una crisi economica scatenata dall’inflazione e dall’assurda politica finanziaria provoca la rovina dell’industria spagnola, cui segue anche la rovina finanziaria dello Stato. Non restava dunque altro rimedio che estrarre sempre più argento dalle Americhe, ma neppure quello bastava per compensare le spese militari e il fasto della corte: nemmeno la pace di Cateau Cambresis permetteva alla Spagna di sollevarsi, in quanto la pace con la Francia lasciava comunque aperta la partita con la Turchia per il dominio del Mediterraneo. Difatti, tra gli obiettivi di Filippo II vi erano quelli di riprendere l’espansione nell’Africa centrale e di difendere le coste spagnole dalla pirateria turca ed algerina: tra gli episodi più famosi vi sono la difesa dell’isola di Malta, attaccata dagli ottomani e difesa dalla flotta ispano-genovese, e l’offensiva poderosa dei turchi sull’isola di Cipro. Sotto consiglio del pontefice Pio V, si formò allora la Lega Cristiana, che univa la Spagna, Venezia ed altri minori stati italiani; questa lega formò una potente flotta, sotto il comando di Don Giovanni d’Austria, e si scontrò a Lepanto con i turchi, che ne uscirono sconfitti e persero ogni possibilità di controllare il Mediterraneo. Per quanto riguarda i Paesi Bassi e i rapporti con la Spagna durante il regno di Carlo V, questi erano pacifici nonostante le dure esazioni di denaro compiute periodicamente in questo territorio. Filippo II però, aggravò questa situazione riducendo le autonomie locali, gravando d’imposte i borghesi e iniziando una guerra di sterminio contro i seguaci della Riforma. L’imposizione di un regime di governo centralista e dispotico portò all’esasperazione popolare, che sfociò in violenze di folla contro le chiese cattoliche ed il clero, con l’instaurazione in molte città delle Fiandre il culto pubblico calvinista (1567). In risposta, Filippo II mandò a governare il duca d’Alba, che instaurò un regime di feroce repressione militare, mentre il peso delle imposte veniva ulteriormente aggravato nel paese. Di fronte a questa ottusa brutalità, Guglielmo il Taciturno, che aderiva al calvinismo, comincia la lotta per la liberazione dei Paesi Bassi dalla Spagna, riuscendo a strappargli la parte settentrionale che comprendeva l’Olanda e la Zelanda. Seppur sembrassero paesi già persi per la Spagna, Alessandro Farnese, duca di Parma, riuscì a risollevare il sentimento religioso dei cattolici fiamminghi e quindi a rendere incompatibile la loro presenza a fianco dei calvinisti → le province meridionali dei Paesi Bassi proclamavano ad Arras, nel 1579, la loro fedeltà a Filippo II mentre l’Unione di Utrecht (composta da Olanda, Zelanda, Gheldria, Utrecht, Groninga, Overyssel e Frisia) si dichiara indipendente e si riunisce intorno alla nuova Repubblica delle Province Unite. Questa si organizza sin da subito come centro commerciale, grazie al porto di Amsterdam, gestisce la sua flotta destinata a diventare la migliore del tempo e trasferisce al nord le tradizionali industrie delle telerie, delle ceramiche, delle tipografie e dei diamanti. Politica imperialistica di Filippo II e guerra con l’Inghilterra: Filippo II era convinto di essere stato inviato da Dio a distruggere l’eresia e ristabilire il cattolicesimo. Così, si era deciso ad instaurare in tutta Europa l’egemonia della Spagna come strumento di restaurazione religiosa, adottando una politica imperialistica e conquistatrice. Un caso particolare è quello contro l’Inghilterra: le flotte corsare inglesi, con l’appoggio di Elisabetta I, continuavano a tormentare i convogli spagnoli recanti oro ed argento dall’America. Ciò nonostante, Filippo II non si era mai deciso a muovere guerra all’Inghilterra in quanto, avendo sposato Maria Stuart, la morte dell’ultima Tudor gli avrebbe aperto la strada verso il trono inglese. Elisabetta era però continuamente esposta ad intrighi e complotti da parte dei Guisa e della Santa Sede, che volevano sopprimerla, sostituirla con Maria Stuart e far tornare in Inghilterra il cattolicesimo romano: anche spinta dall’opinione pubblica inglese, Elisabetta consentì alla decapitazione di Maria Stuart nel 1587. Filippo II poteva allora legittimamente aspirare a diventare il re d’Inghilterra, in quanto vedovo di Maria Stuart: allestì l’Invincibile Armata, con il quale si batté con gli inglesi nel 1588 nel canale della Manica. La flotta spagnola si trovò però di fronte a navi inglesi più agili e maneggevoli, che adottarono una tattica di guerra rivoluzionaria, che consisteva 15 *CAPITOLO 7.9, ENRICO VIII E LO SCISMA D’INGHILTERRA: il re Enrico VIII governa in Inghilterra dal 1509 al 1547. Malgrado la durezza del suo assolutismo, egli rimase sempre un re assai popolare, grazie alla partecipazione dell’Inghilterra alle lotte tra Francia e Asburgo che avevano assunto un’importanza internazionale. Nonostante sia sempre rimasto dalla parte del papa al momento della riforma protestate, tanto che ottenne il riconoscimento da parte di Leone X di Defensor Fidei, Enrico VIII venne a trovarsi coinvolto in un aspro conflitto con il papato. Egli aveva sposato per ragioni politiche Caterina d’Aragona, zia di Carlo V, ma stanco del suo matrimonio e irritato dal fatto che non ne fosse uscito un figlio maschio (ma solo una femmina, Maria), decide di voler sposare Anna Boleyn. Nonostante il papa fosse contrario, egli annullò il suo matrimonio nel 1533 e l’anno successivo, nel 1534, fece votare l’atto di supremazia, con il quale si auto dichiarava capo supremo della nuova chiesa di Inghilterra, cessando ogni rapporto con la chiesa di Roma (e cessando quindi anche ogni rimessa di denaro alla corte romana). Con questo, Enrico VIII non aderiva affatto alla Riforma protestante: al contrario, le forme esteriori del culto ed i dogmi venivano conservati, le uniche differenze furono l’uso della lingua inglese nelle cerimonie ecclesiastiche e l’abolizione progressiva dei conventi. Infine, le immense proprietà terriere andarono in parte alla corona e in parte alla nobiltà inglese. A succedere Enrico VIII fu il figlio Edoardo VI (1547-1553), e successivamente Maria Tudor, la quale portò avanti un’opera di restaurazione del cattolicesimo e di accanita persecuzione dei protestanti (fino al 1558). Infine salì al trono Elisabetta, figlia di Enrico VIII e di Anna Boleyn, considerata pertanto indegna di occupare un trono reale. Tuttavia, spiccò subito per la sua eccezionale abilità politica: riuscì a trovare un compromesso nella questione religiosa (ribadendo la separazione da Roma della Chiesa Anglicana) e portando l’Inghilterra a divenire un paese dotato di fiorenti industrie tessili e di una vasta rete di traffici con l’estero. 08/11/2021 La dinastia Stuart è tanto importante per la storia d’Inghilterra, perché in quegli anni avvengono le due rivoluzioni inglesi: la rivoluzione di Oliver Cromwell e la rivoluzione che porterà alla promulgazione del Bill of Rights. → Maria Stuart è regina di Scozia dal 14 dicembre 1542 al 24 luglio 1567 ed è una delle grandi donne della storia moderna, che ebbe una sfortuna incredibile perché trovò sulla sua strada Elisabetta I Tudor, dalla quale essa andò per rifugiarsi e dove invece trovò la reclusione totale. Maria Stuart era una regina cattolica, ma l’Inghilterra era ormai un paese riformato, seguendo i principi della chiesa anglicana (anche se la dottrina era uguale a quella cattolica). La regina di Scozia viene rifiutata dalla regina d'Inghilterra Elisabetta I e dal parlamento, che sostenevano la chiesa anglicana. Inoltre, Maria Stuart non riesce, nonostante le sue relazioni in tutta Europa, a trovare un appoggio e fu decapitata l’8 febbraio 1587. Per la prima volta, il diritto umano infrange una regola e un’investitura allora voluta da Dio > i re e le regine erano infatti consacrate da Dio. Alla morte di Elisabetta I, nel 1603, Giacomo I, unico figlio di Maria Stuart, sale al trono inglese fino al 1625. Si tratta di un uomo fortemente osteggiato dai calvinisti, cioè i puritani, che sono molto presenti, in Inghilterra nel partito della gentry. Durante il suo regno assolutistico, avviene un fatto di estrema importanza, cioè l’emigrazione a causa religiosa di alcuni puritani e altri protestanti verso il Nuovo Mondo. Si tratta dei famosi padri pellegrini, che fonderanno gli Stati Uniti d’America. Non si tratta di un’emigrazione di protesta, ma vi è anche la volontà di Giacomo I di fondare nel nuovo mondo un qualsiasi tipo di civiltà. La prima colonia inglese di una certa entità fu realizzata nel 1607, sul fiume James e venne chiamata Jamestown in onore del re d'Inghilterra Giacomo I. Queste aree, a nord degli Stati Uniti (scoperte dai fratelli Caboto), potevano apparire come un territorio inospitale e, invece, erano adatte agli sviluppi di civiltà (affare del secolo per gli inglesi). Gli inglesi andarono muniti di carte costituzionali, cioè un mandato reale e parlamentare, e formarono un governo sulla falsariga di quello che vi era in patria (vi era un governatore, con potere limitato). Gli inglesi, al contrario degli spagnoli, non andarono nel Nuovo Mondo solo per colonizzare, ma vi portarono la cultura inglese (es. università di Harvard nasce per dare un’educazione avanzata ai coloni). Gli abitanti del Nuovo Mondo, fino alla rivoluzione americana, si consideravano inglesi tanto quanto i cittadini dell'Inghilterra. Qui si sviluppò a pieno la libertà, che si sentiva mancare nel Vecchio Continente. Dal 1625 al 1649 governa Carlo I Stuart, subito prima dello scoppio della rivoluzione ad opera di Cromwell, che culmina con l’instaurazione in Inghilterra di una repubblica, sotto la tutela per l’appunto di Oliver Cromwell, che assunse il titolo di Lord Protettore. Avviene una guerra civile a metà 1600, tra chi sostiene l’assolutismo, cioè la monarchia, e chi sostiene il parlamento, anglicano e riformato. I cattolici sostengono l’assolutismo del sovrano, come nel resto d’Europa, mentre i sostenitori del parlamento immaginano una monarchia di tipo costituzionale, limitata nei suoi poteri da quella del parlamento. Alla fine della storia, in Inghilterra, vince il partito parlamentare. Nella seconda metà del 1600, l’Inghilterra insegnerà a 16 tutta Europa e a tutto il mondo che si può uscire dall’assolutismo come era stato praticato e capito nell’Europa continentale. Dopo la seconda rivoluzione, l’Inghilterra divenne una monarchia parlamentare. → Il parlamento inglese era formato da una camera alta e una camera bassa, cioè la gentry (piccola nobiltà e borghesia nascente che rivendicano dei diritti, che otterranno nella seconda rivoluzione). La storia d'Inghilterra è completamente diversa rispetto alle storie degli altri paesi europei, ad eccezione delle Province Unite del Nord e di Venezia. Nel resto d’Europa, vi era solo l’assolutismo. Comincia a porsi, da metà 1600, una differenza tra Europa insulare ed Europa continentale che è presente ancora oggi. Da queste differenze, è possibile anche capire perché l’Inghilterra è anche la patria della Rivoluzione Industriale. L’Inghilterra fu anche il nemico principale di Napoleone. Oliver Cromwell entra nella storia dell’Inghilterra quando viene chiamato dal parlamento, nel 1643. Egli è un puritano indipendente (questi costituiscono un partito all’interno del parlamento) e una delle cose importanti che ha fatto è stato mettere in piedi un New Model Army, cioè un nuovo modello di esercito, un esempio di reclutamento locale tra i piccoli borghesi inglesi puritani (cioè la parte che costituisce l’ossatura economica del paese e che costituisce un gruppo sociale che fa fatica ad accettare l’assolutismo, non tanto perché filosoficamente contraria all’assolutismo, quanto piuttosto perché questo impedisce il loro sviluppo - un imprenditore inglese di metà 1600, immagina di non dover avere vincoli feudali; tutta Europa, durante l’antico regime, è costretta all’interno di un gigantesco e capillare vincolo feudale, secondo il quale una parte delle proprietà di ogni persona e una parte di ogni atto di proprietà sono gravate e vanno offerte a tutto ciò che necessita di risorse, come ospedali, uffici di difesa, ecc). La gentry non desidera questi vincoli feudali, chiamate anche gravezze (bloccano la vendita e l’acquisto e, quindi, la libertà). I sovrani, quindi, non si occupano dei servizi da offrire alla popolazione, ma del proprio erario (chi paga le tasse). In seguito a questa situazione, scoppia un conflitto. Dal febbraio del 1649, l’Inghilterra si dichiara una repubblica: il Commonwealth. In seguito alla proclamazione della repubblica, la camera dei Lords viene soppressa. Il Parlamento inglese, dal 1653 al 1658, cioè il periodo di maggiore fioritura del Commonwealth, presenta un tentativo, padre del quale è James Harrington, di fondazione dei diritti civili sulla proprietà, cercando di allargarli a tutti i ceti. Si pensò al suffragio universale, con circa 3 secoli di anticipo rispetto al resto d’Europa. Questa era solo una teoria, che però non avvenne. Nel 1659, Cromwell morì senza aver posto delle solide basi costituzionali e la persona che riuscì a traghettare l’Inghilterra al futuro sovrano fu il generale Monk, che convocò un nuovo parlamento in grado di richiedere la presenza degli Stuart. Nel 1660 arriva Carlo II, il quale fu particolarmente moderato all'inizio. Mantenne il Navigation Act, con il quale si escludevano tutte le navi mercantili non inglesi dal commercio con l’Inghilterra. Nel 1662 propose un nuovo atto di uniformità, con il quale obbligo tutti i religiosi in Inghilterra ad accettare la dottrina anglicana. Carlo II morì senza eredi e si pensò che il successore potesse essere il fratello, Giacomo duca di York, sovrano cattolico. Ciò non era gradito al parlamento inglese, che nel 1673 votò un altro Test Act, per cui chiunque avesse voluto entrare in parlamento doveva preventivamente fare un giuramento anticattolico. Tra il 1679 e il 1681, il parlamento propose una legge che vietava a un cattolico di salire al trono d'Inghilterra. Carlo II si era opposto a queste leggi, senza riuscire ad imporre un cambiamento. Il sovrano successivo, che rimane al trono da 1685 al 1689, è Giacomo II, che cercò di attuare una politica più prudente e di conciliazione facendo una cosa che poi si rivelò utilissima, cioè dando in sposa al protestante Guglielmo d'Orange la propria figlia, Maria. Egli lasciò che la dinastia Stuart si spegnesse nelle mani degli Orange, che erano protestanti e quindi non avevano problemi a giurare quello che il Test Act gli chiedeva loro. Il parlamento inglese invita quindi un Orange, imparentato con gli Stuart, in Inghilterra a prendere la corona, allontanando dall'isola i legittimi reali, cioè gli Stuart, considerati troppo filo-cattolici. Guglielmo d’Orange è messo di fronte ad un vero e proprio contratto, cosa inaudita nella storia europea, nel quale veniva offerto il regno d'Inghilterra in cambio delle libertà del parlamento. Questa è la seconda rivoluzione inglese, non esito di guerre o proteste, ma di una volontà parlamentare ispirata al contrattualismo moderno (filosofia politica, largamente inglese, che si sviluppa in Europa tra 1500-1600): questa consegnò la famosa Bill of Rights, cioè la carta dei diritti, una pietra miliare della storia del costituzionalismo moderno. Dal 1689 in poi, l’Inghilterra non fu più la stessa. Il dettato della legge è superiore al volere del sovrano. Tutti sono sottoposti alla legge. 17 BILL OF RIGHTS I. Che il preteso potere di sospendere dall’osservanza delle leggi, o dall’applicazione delle leggi, per autorità regia, senza il consenso del parlamento, è illegale. II. Che il preteso potere di dispensare dall’osservanza delle leggi, e dall’esecuzione delle leggi, per autorità regia, come è stato fatto di recente, è illegale. III. Che la commissione per costituire una corte di commissari per cause ecclesiastiche e ogni altra commissione o corte di simile natura sono illegali e dannose. IV. Che la raccolta di denaro ad uso della corona, sotto pretesto di prerogativa, senza concessione del parlamento, per un periodo più lungo, o in modi diversi da quelli da esso fissati, è illegale. V. Che è diritto dei sudditi rivolgere petizioni al re, e ogni arresto e processo per questo sono illegali. VI. Che radunare o mantenere un esercito permanente nel regno i tempo di pace, senza il consenso del parlamento, è illegale […]. VIII. Che le elezioni dei membri del parlamento devono essere libere. IX. Che la libertà di parola, e i dibattiti o i procedimenti in parlamento, non debbono essere posti sotto accusa o contestati in nessun tribunale o luogo al di fuori del parlamento. *CAPITOLO 15, LA RIVOLUZIONE INGLESE: se l’età della regina Elisabetta ha visto l’affermazione dell’Inghilterra nel campo della politica internazionale, l’età della guerra dei Trent’Anni assiste allo scoppio di una lunga crisi interna al regno inglese: in primo luogo, ciò fu la causa del conflitto tra la corona, intesa a governare assolutisticamente, ed il Parlamento, inteso a sua volta ad imporre il proprio controllo sui pubblici affari. In secondo luogo, si aggiungevano gli aspetti religiosi ed economico-sociali: in particolare, per quanto riguarda la religione, era emerso il partito dei Puritani, che volevano operare un radicale distacco della Chiesa Anglicana da ogni residuo cattolicheggiante, iniziando dall’istituzione episcopale. L’abilità e il prestigio di Elisabetta avevano sempre evitato che tale situazione degenerasse, cosa che avvenne con i suoi successori Giacomo I (ricordato per la passività con il quale gestì la politica estera, come la guerra dei Trent’Anni e la smobilitazione della flotta a danno dei mercanti inglesi) e Carlo I Stuart, che cerò di imporre un regime assolutista ai propri sudditi. Quando tentò di imporre le sue vedute anche alla Scozia, però, i calvinisti di quest’ultima insorsero minacciando l’invasione dell’Inghilterra (1640). Carlo I fu dunque costretto a convocare il Parlamento, per procurarsi i mezzi finanziari per fronteggiare gli scozzesi, il quale però assunse un atteggiamento così ribelle che fu sciolto quasi subito (corto parlamento) e furono indette nuove elezioni, con la costituzione di un lungo parlamento. Quest’ultimo limitò fortemente i poteri della corona, gettando le basi del regime parlamentare e costituzionale inglese: in questo periodo di urto fra sostenitori del potere monarchico e sostenitori del Parlamento, anche l’Irlanda si ribellò, con lo scoppio di una vera e propria guerra civile. Da una parte vi erano i “cavalieri”, ossia i partigiani del re appoggiati dall’alta nobiltà e dall’altra parte c’erano le “teste rotonde”, ossia i partigiani del parlamento appoggiati dalla borghesia cittadina londinese. La situazione cambiò solo quando entrò in scena Oliver Cromwell, che come membro del parlamento ebbe il compito di reclutare un corpo di cavalleria. Con una brillante vittoria a Marston Moor nel 1644, egli creò un vero e proprio esercito di Nuovo Modello, reclutando solo persone che credessero fermamente negli ideali religiosi del puritanesimo, e che di conseguenza si sarebbero battuti con decisione contro i sostenitori della monarchia. Cromwell si trovò a dover affrontare diversi avversari: - il re Carlo I, che cadde prigioniero nel 1646 e venne decapitato nel 1649; - la nuova corrente democratica dei Livellatori, che erano ispirati dal documento da loro redatto “Accordo del Popolo”, il quale proclamava l’esistenza di diritti naturali ed imprescindibili in ogni uomo. Cromwell diffidava di questo loro radicalismo democratico, in quanto temeva che dal suffragio universale derivasse un attentato alla proprietà privata, per questo represse fortemente questa tendenza; - la rivolta in Irlanda, stroncata con sanguinose repressioni; - la rivolta in Scozia, anch’essa soppressa con la violenza. Nel 1649, l’Inghilterra venne trasformata in una repubblica o Commonwealth: la Scozia, l’Inghilterra e l’Irlanda furono perciò unificate sotto un unico Parlamento. Il problema adesso era quello di riassettare internamente il paese, cosa che Cromwell non riuscì veramente a fare: insediò un parlamento composto di membri da lui stesso nominati e assunse il titolo di Lord Protettore d’Inghilterra, con cui la sua persona si veniva ad avvicinare in qualche modo alla figura di un sovrano. Agli insuccessi in politica interna corrispondevano però successi nella politica estera: venne sviluppata infatti una grande flotta da guerra, destinata a proteggere l’espansione commerciale dell’Inghilterra su tutti i mari. Nonostante la Repubblica non sopravvisse alla morte di Cromwell (1658), l’Inghilterra assunse e mantenne questo statuto di grande potenza marittima e commerciale, il consolidarsi del ruolo del Parlamento negli equilibri costituzionali e politici nel regno e nella stessa coscienza del popolo e l’affermazione definitiva dei principi di libertà religiosa per cui si era battuto l’esercito parlamentare. 20 l’imperatore; Ferdinando I riesce ad avere la meglio sui Boemi, sconfitti nella battaglia della Montagna Bianca. Il palatinato passa nelle mani del duca di Baviera (cattolico). Si apre la seconda fase del conflitto, la fase danese, che vede l’ingresso della Danimarca di Cristiano IV a fianco dei riformati nel fronte antiasburgico. La fase svedese porta anche la Svezia di Gustavo Adolfo nei campi di battaglia, interessato al dominio dei mari del Nord. Infine, anche la Francia entra in guerra nell’ultima fase, dimostrandosi però incapace di portare la pace. La pace di Westfalia si compone di due trattati: nel 1648 a Munster si firma un contratto di pace tra le potenze cattoliche e gli Asburgo, a Osnabruck tra i protestanti e gli Asburgo. La pace stabilì che, per quanto riguarda la questione religiosa, tramonta la volontà degli Asburgo di riportare l’Europa ad avere un’unica grande religione, ossia quella cattolica: quindi viene riconosciuta la massiccia presenza del protestantesimo. Inoltre, gli Asburgo non riescono a prevalere all’interno del sacro romano Impero come dinastia che avrebbe potuto unificato. La Germania rimane invece governata dalla dieta imperiale. *CAPITOLO 13, L’ETÁ DELLA GUERRA DEI TRENT’ANNI: la guerra dei Trent'anni è un conflitto che scoppia nel 1618 e termina nel 1648, che si sviluppa in più fasi. La guerra viene combattuta nell'Europa centro-settentrionale e nel Mare del Nord e la motivazione principale che lega i diversi conflitti che hanno luogo è solo una, la questione religiosa: infatti, si può definire questo evento come lo scontro tra cattolici (Spagna e Austria) e protestanti (Stati tedeschi, Danimarca, Svezia); a questo, si unisce anche la secolare rivalità tra la casata degli Asburgo e il Regno di Francia. La prima fare della guerra si combatte tra il1618 e il 1625 ed è definita fase boemo-palatina; in questo caso, gli scontri scoppiano all'interno del territorio imperiale, quando in Boemia cresce il dissenso nei confronti dell'imperatore Ferdinando Il d'Asburgo, noto per la sua intolleranza nei confronti dei protestanti. I ribelli si rifiutano di riconoscere il nuovo regnante ma vengono soppressi militarmente dall'esercito imperiale. La seconda fase (periodo danese) ha luogo tra il1625 e il 1630 ed è strettamente collegato alle vicende appena concluse in Germania. La Lega cattolica, capeggiata dagli Asburgo, intende continuare questo conflitto religioso verso il Nord, così il re di Danimarca dichiara guerra all'Impero: il tentativo è stato vano, in quanto anche in questo caso, l'esercito cattolico sovrasta quello danese; alla sconfitta protestante, inoltre, si aggiunge pure la restituzione dei beni ecclesiastici ai cattolici (incamerati dopo il 1552). Preoccupato della situazione, il re di Svezia, con l'aiuto dei principi di Brandeburgo e Sassonia, dà inizio alla terza fase della guerra (periodo svedese, 1630-1635). In meno di un anno la Germania si trovò sotto il dominio svedese; una volta ritirati i principi tedeschi la Svezia si trova a dover affronta re da sola l'esercito imperiale. A questo punto, entra in gioco la Francia (periodo francese, 1635-1648) che ottiene importanti vittorie militari contro la casata degli Asburgo. Dopo trent'anni, la guerra termina con il trattato di Westfalia,(1648) che decreta la fine degli ideali di egemonia asburgica e cattolica sull'Europa: infatti, oltre non aver ottenuto il controllo del Sacro Romano Impero, la famiglia austrica si vede costretta a prendere accordi di pace sia con i cattolici, sia con i protestanti (fine dell'età della Controriforma). → il ritorno della pace in Europa era in contrasto con la situazione italiana di questo periodo: devastazioni belliche, carestie e pestilenze avevano ridotto sensibilmente la popolazione italiana. Inoltre, il collasso dell’impero spagnolo aveva trascinato nella decadenza la città di Genova, e ciò si era ripercosso negativamente nella vita economica. L’Italia era ormai un paese quasi esclusivamente agricolo per di più di una agricoltura quasi sempre povera ed arretrata. 15/11/2021 La Francia La dinastia che governa la Francia dal 1328 al 1589 è quella dei Valois (sovrano più importante > Carlo VIII, iniziatore della lotta franco-imperiale fra i Valois e gli Asburgo. L’obiettivo era quello di diventare imperatore del Sacro Romano Impero, perseguito anche dal suo successore Francesco I). Nel 1547, Francesco I muore e subentra Enrico II, successivamente Carlo IX e infine Enrico III (1574-1589). → ciò che consentiva ad un sovrano di candidarsi alla carica imperiale era il fatto che il sovrano non avrebbe perso la sua carica originale, in questo caso la corona di Francia (se ci fosse riuscito, Francesco I sarebbe rimasto re di Francia e avrebbe avuto, sulla carta, anche la gestione dell’impero asburgico). La corona passa poi nelle mani dei Borbone, che restano in carica dal 1589 al 1793, quando Luigi XVI verrà ghigliottinato. Il primo re dei Borbone fu Enrico IV, poi Luigi XIII, Luigi XIV, il quale ebbe un regno tra i più lunghi di quelli della storia moderna (1715-1774), e infine Luigi XVI. Dopo la pace di Cateau Cambresis (1559), in Francia muore Enrico II e un anno dopo, anche Francesco II. Essendo tutti i possibili eredi venuti a mancare, si instaura in Francia un periodo di reggenza da parte di Caterina de Medici, poiché i legittimi sovrani erano ancora molto piccoli. Caterina de Medici si trova a governare una Francia molto divisa, tra cattolici (attorno alla famiglia dei Guisa) e ugonotti (ossia i calvinisti, attorno alla famiglia dei Borbone). Tra queste due 21 famiglie ci sono state ben otto guerre di religione, estremamente sanguinose. → lo scenario: i Guisa ca olici erano appoggia dalla Spagna di Filippo II, mentre i Borbone erano sostenu dall’Inghilterra di Elisabetta I. La reggente Caterina de Medici cerca di essere imparziale: all’inizio appoggiò i Guisa emanando un editto di tolleranza, a favore degli ugonotti, i quali avrebbero potuto praticare il culto fuori dalle mura cittadine. A questa fase di apertura, non corrisponde però una benevolenza politica dei Guisa nei confronti di Caterina, in quanto essi non avrebbero confesso niente agli ugonotti. Per cui, Caterina de Medici si allea con i Borbone, in modo particolare con Margherita di Valois, la sorella di Carlo IX. Questa situazione degenerò nella notte del 24 agosto del 1572, chiamata notte di San Bartolomeo, durante la quale circa tre mila ugonotti furono massacrati dai cattolici. Questa guerra civile continua anche dopo la morte di Carlo IX (1574), quando si apre una rivalità per il trono francese. I cattolici sostengono Enrico di Guisa, gli Ugonotti sostengono Enrico di Borbone, ma il legittimo re sarebbe dovuto esser Enrico III di Valois. Le due parti si scontrano in una guerra, dal 1585, chiamata guerra dei Tre Enrici. Nel 1588, Enrico di Guisa viene assassinato su ordine di Enrico III, che viene assassinato a sua volta da un monaco: sale quindi Enrico di Borbone. Pochi anni dopo la conversione di Enrico di Borbone al cattolicesimo (1593), i francesi e gli spagnoli tornarono in termini di cooperazione ed amicizia, firmando il trattato di Vervins, il quale ribadisce il trattato di Cateau Cambresis. Per arrivare alla pacificazione tra cattolici e ugonotti, Enrico di Borbone emana un editto, che avrebbe potuto garantire la situazione degli ugonotti in Francia senza scontentare i cattolici → editto di Nantes. Alla base di questo documento c’è l’idea della libertà di coscienza, che deve potersi esprimere anche materialmente e visibilmente sul territorio. EDITTO DI NANTES I. Ordiniamo che la religione cattolica, apostolica, romana sia reintrodotta e ristabilita in tutti i luoghi di questo Regno e dei paesi di nostra obbedienza dove l’esercizio ne sia stato interrotto. II. Per non lasciare alcuna occasione di disordini e di discordia tra i nostri sudditi, abbiamo permesso e permettiamo ai seguaci della religione cosiddetta riformata di vivere e dimorare in tutte le città e luoghi di questo nostro regno e paesi di nostra obbedienza senza essere inquisiti, vessati, molestati, o costretti a fare alcunché in materia di religione contro la loro coscienza o, per causa di religione, esser perseguiti nelle case e nei luoghi dove vorranno abitare, purché si comportino per il resto secondo quanto è contenuto nel nostro presente editto. III. Noi abbiamo anche permesso a tutti i signori, gentiluomini e altre persone, regnicoli o non, professanti la religione cosiddetta riformata e aventi nel nostro regno e nei Paesi di nostra obbedienza alta giurisdizione e feudi, come in Normandia, o in proprietà o in usufrutto, per intero o per metà o per la terza parte, di praticare l’esercizio del culto di detta religione in una delle loro case e nei luoghi ove esercitano l’alta giurisdizione o posseggono feudi, obbligandosi ad indicarla ai nostri magistrati. […] IV. Proibiamo espressamente a tutti i seguaci della detta religione di praticarla […]fuori dei luoghi permessi e concessi col presente editto. V. Dichiariamo tutti coloro che professano o professeranno la religione cosiddetta riformata capaci di occupare ed esercitare ogni stato, dignità, ufficio e carica pubblica qualsivoglia, regia, signorile o delle città del nostro regno, paesi, terre e signorie di nostra obbedienza, nonostante tutti i giuramenti a ciò contrari, […]». *CAPITOLO 11.4, LE GUERRE DI RELIGIONE IN FRANCIA: una secolare inimicizia esisteva tra i regni confinanti d’Inghilterra e di Scozia, per cui i Tudor d’Inghilterra avevano finito per legarsi di alleanze e di parentado con gli Asburgo di Spagna, mentre gli Stuart della Scozia si stringevano completamente alla Francia dei Valois. Una principessa francese, Maria, era stata unita al re di Scozia Giacomo V con un matrimonio da cui era nata una figlia, Maria Stuart, la quale si da bambina era stata sposata al primogenito di Enrico di Valois, Francesco II. La figlia primogenita di Enrico VIII d’Inghilterra, Maria la Cattolica si era sposata con Filippo II di Spagna. Anche in Francia le idee calviniste avevano preso posto nei ceti più sofferenti della popolazione, esasperati dal fisco regio e la piccola nobiltà rovinata dall’inflazione. La morte di Francesco II e l’ascesa al trono di suo fratello Carlo IX, debole anch’egli, interamente succube della madre Caterina dei Medici non fece che peggiorare la situazione. Si arrivò così allo scoppio della guerra civile tra le opposte fazioni. Provocati infatti da un’aggressione compiuta dai seguaci dei Guisa contro una comunità protestante nel 1562, i calvinisti francesi, o ugonotti, impugnarono le armi e da allora in poi la guerra di religione continuò ad infuriare per interi decenni. Anche in Scozia il popolo si sollevò, imponendo la 22 Riforma religiosa, e davanti alle resistenze di Maria Stuart, finì per cacciare la regina, la quale cercò scampo riparando oltre il confine nel regno d’Inghilterra (1567). Come se questo non bastasse, la Francia vide lo scoppio di una guerra per la corona in seguito alla morte di Carlo IX (1574): la corona sarebbe passata ad Enrico III, figlio di Enrico II e di Caterina de Medici, ma ad opporsi furono gli ugonotti, capeggiati da Enrico di Borbone, e la Lega Cattolica, capeggiata da Enrico di Guisa. Questo duello triangolare, che prese il nome di “guerra dei tre Enrichi”, sboccò nell’assassinio di Enrico di Guisa, ad opera di Enrico III, il quale venne a sua volta pugnalato da un frate domenicano. La corona francese veniva quindi trasmessa ai Borbone nel 1589. Dal punto di vista cattolico, però, Enrico di Borbone non poteva salire al trono, essendo calvinista. Filippo II cercò dunque di sfruttare la situazione per indurre la Lega Cattolica a conferire la corona di Francia ad una sua figlia, per cercare di ridurre la Francia alle condizioni di dipendenza dalla Spagna. Tuttavia, Enrico di Borbone godeva di una larga popolarità per le sue abilità dimostrate nelle precedenti battaglie, così decise di abbandonare il calvinismo e di farsi cattolico. Per cui, cadeva ogni legittimo pretesto da parte di Filippo II e della Lega per contestare il diritto dei Borbone alla corona di Francia: lo stesso Filippo II fu costretto a firmare la pace di Vervins nel 1598, in cui riconosceva ufficialmente il nuovo re Enrico IV di Francia. Pochi giorni dopo questa pace, Enrico IV concede agli ugonotti l’Editto di Nantes, che sanciva la libertà di culto e di uguaglianza dei diritti civili tanto ai cattolici quanto agli ugonotti. Inoltre, l’editto di Nantes lasciava agli ugonotti la possibilità di tenere una serie di piazzeforti, come ad esempio la Rochelle, e di mantenere il loro esercito armato, facendo di costoro una specie di potenza autonoma. 16/11/2021 La ricchezza della Francia, secondo Enrico IV e Maximilien de Béthune, duca di Sully, ugonotto a cui Enrico affida compiti, stava nell’agricoltura. Per cui, Enrico IV appoggiava una dottrina economica fisiocratica: per questo motivo ha cercato di cambiare il volto alla Francia agricola con la costruzione di molti canali per l’irrigazione e con la bonifica dei terreni paludosi e territori umidi non adatti alla coltura. In altre parole, la Francia in questo periodo investe moltissimo nell’agricoltura, come d’altronde stavano facendo l’Inghilterra e alcuni stati italiani, come il Granducato di Toscana e la repubblica di Venezia. Grandi bonificatori di terra furono anche i benedettini, che avevano immensi patrimoni fondiari con una grande quantità di campi paludosi da portare a coltura. La legge di Paulette definisce l’ereditarietà delle cariche dei funzionari statali, che fino ad allora erano acquistabili (venalità delle cariche), nelle mani di una sempre più potente classe ereditaria che divenne nota come la “nobiltà di toga”. Un importante uomo politico nella Francia del tempo è il cardinale Richelieu, molto abile nel rafforzamento della monarchia assolutistica francese, che grazie a lui fu assai più potente rispetto a quella del precedente sovrano, Enrico IV di Borbone. Con il suo più stretto collaboratore, il duca di Sully, ridusse la potenza della nobiltà e favorì lo sviluppo della borghesia. Egli aveva anche istituito la figura dell’intendente, ossia un rappresentante diretto del re nelle circoscrizioni che ricoprivano il territorio francese. Tra i propositi di Richelieu alla guida dello Stato c’erano il rafforzamento del potere del re transalpino e la volontà di fare della Francia la più grande potenza d’Europa. Per raggiungere il primo obiettivo, Richelieu si scontrò sia con i nobili sia con i protestanti, e cioè con i calvinisti francesi chiamati ugonotti. I nobili, infatti, volevano aumentare il loro potere: contro di essi Richelieu usò, quando necessario, la forza. Richelieu lavorerà anche per Luigi XIII, il cui regno è caratterizzato dalla lotta contro l’Austria e dall’affermazione della predominanza militare francese in Europa, in particolare nella Guerra dei Trent’anni. Quando Luigi XIII morì nel 1643, a causa della minore età di Luigi XIV, Mazzarino assunse la reggenza della Francia assieme alla regina madre Anna d’Austria (della quale, secondo alcuni storici, era l’amante). Le controversie sulla politica del cardinale e la debolezza della reggenza sfociarono in due guerre civili, note come le Fronde, movimenti di opposizione alla politica del Cardinale, che riuscì abilmente a sconfiggere con l’appoggio del giovane Luigi XIV e della reggente Anna d’Austria, rafforzando l’autorità regia. Mazzarino seda con la forza la fronda parlamentare (organo giudiziario) e la successiva fronda nobiliare, contraria alla norma della Paulette che avrebbe scalzato la nobiltà feudale. Diminuisce così il peso nobiltà e della nobiltà di toga, facendo strada all’assolutismo mai contrastabile da altri poteri. Alla morte del cardinale Mazzarino (1661), prese il potere Luigi XIV, segnando la fine delle grandi rivolte nobiliari, parlamentari, protestanti e contadine che avevano segnato i decenni precedenti. Luigi impose l’obbedienza a tutti gli ordini della popolazione e il controllo anche sulla religione, condannando il giansenismo nel 1660 e il protestantesimo, revocando l’Editto di Nantes nel 1685 con l’Editto di Fontainebleau. L’economia francese viene risanata dall’opera di Jean-Baptiste Colbert, che crede che la ricchezza non dipenda più dall’agricoltura bensì dalla quantità d’oro nei forzieri dello stato; è necessario quindi, per arricchire il paese ed aumentarne la potenza, incrementare le esportazioni (apportatrici di nuova moneta) e diminuire le importazioni (che fanno perdere moneta a vantaggio dei concorrenti). → si tratta di un modo di pensare oggi superato ampiamente, anche se non totalmente (il mercantilismo nella sua 25 nuovamente l’esportazione olandese in Francia. Negli anni che seguono alla pace di Nimega (1678) si assiste al trionfo incontrastato della potenza di Luigi XIV in Europa. Questa pace aveva sancito che i territori della Fiandre e della Franca Contea sarebbero andati alla Francia (sottratti alla Spagna): il Re Sole crea organi appositi o Camere di riunione, tribunali speciali istituiti per scoprire quali fossero state le dipendenze di province e città cedute alla Francia, in modo da avere il pretesto legale a sempre nuove annessioni. Grazie al loro operato Luigi XIV acquistò, fra l'altro, Strasburgo (1681) e nello stesso anno anche Casale Monferrato, una porta di accesso della pianura padana. Per quanto riguarda la politica religiosa di Luigi XIV: da una parte l’obiettivo era quello di assoggettare alla corona la chiesa francese, dall’altra di ristabilire l’unità religiosa della Francia nel cattolicesimo sopprimendo il protestantesimo francese. Le pretese di dominio del re sulla chiesa francese si incontravano con le tendenze gallicane, favorevoli cioè ad una forte autonomia della chiesa e dell’episcopato francesi rispetto all’autorità papale. Questa politica culminò della Dichiarazione dei quattro articoli (1682), stesa per ordine del re da una commissione di ecclesiastici francesi, nella quale, oltre a ribadire il principio dell’assoluta indipendenza del potere sovrano dalla autorità del pontefice, si faceva richiamo alla dottrina del Concilio di Costanza intorno ai limiti della potestà spirituale del papa rispetto al concilio ed al corpo universale della chiesa. Per mirare al secondo obiettivo, una serie di editti vessatori mirò a rendere la vita impossibile ai protestanti; si ricorse in un secondo momento alle “dragonnades”, cioè all’acquartieramento forzato di truppe violente e sfrenate nelle case degli ugonotti, che cercassero di sottrarre alle famiglie protestanti i figli per educarli nel cattolicesimo, garantendo larghi privilegi a coloro che avessero abiurato la propria religione. Nel 1685 veniva abolito completamente l’Editto di Nantes. Le conseguenze della revoca dell’Editto di Nantes si dovevano rivelare estremamente dannose per la Francia. L’Olanda, l’Inghilterra, il Brandeburgo, la Svizzera andavano a gara ad accogliere questi abili lavoratori, che con la loro intraprendenza, i loro capitali, le loro capacità tecniche andavano a rinforzare il potenziale economico dei paesi che li ospitavano. La persecuzione degli ugonotti irritava i paesi protestanti, come la Svezia, la Svizzera, l’Inghilterra, contribuendo all’isolamento politico della Francia > dall’ostilità degli stati protestanti, offesi dalla revoca dell’Editto di Nantes, e dalla rinnovata potenza asburgica, nasceva così nel 1686 la LEGA DI AUGUSTA, diretta a fronteggiare la strapotenza francese, cui aderivano l’Austria, la Spagna, sempre più inquieta per il possesso dei Paesi Bassi, l’Olanda e la Svezia. A queste potenze poi si aggiunse anche l’Inghilterra di Guglielmo d’Orange: la guerra della lega di augusta durò dal 1688 al 1697. La lotta, che si combatté per lunghi anni sui Pirenei, sul Reno e nei Paesi Bassi dimostrò che la potenza militare francese non conosceva rivali in Europa. Tuttavia, le vittorie francesi non bastavano a compensare lo stato di sempre più grave esaurimento finanziario ed economico nel quale il paese stava precipitando. Colbert aveva tentato di riformare il sistema fiscale francese, la guerra però, con le sue spese sempre crescenti, dimostrava dolorosamente come le riforme del Colbert non fossero affatto riuscite a curare il male. Luigi XIV cercò quindi di arrivare alla pace: con la pace di Ryswik (1697), si impegnava a restituire tutte le città e i feudi occupati dopo la pace di Nimega con la politica delle Camere di riunione. CAPITOLO 16, La civiltà del Seicento in Europa e la formazione dei grandi imperi coloniali Alla metà del Seicento, il ritmo della vita economica si è venuto ad accelerare poderosamente: l’Olanda, l’Inghilterra e, in misura ridotta, la Francia dominano il commercio, l’industria e la finanza del continente. La fisionomia economica dell’Europa è ancora prevalentemente agricola, ma già stanno emergendo per l’appunto commercio e industria, la quale sta abbandonando progressivamente il carattere artigianale per assumere una fisionomia capitalistica. Allo sviluppo della produzione industriale corrisponde lo sviluppo del traffico commerciale, motore della “silenziosa rivoluzione” nelle abitudini di vita degli europei, che cominciarono ad assumere caffè, tè, cacao, zucchero, tabacco, mais, pomodoro e, più tardi, le patate. L’intensificarsi dei traffici esigeva ormai strumenti sempre migliori nel campo della tecnica economica e finanziaria: nascevano così il mercato delle assicurazioni, un nuovo sistema bancario, dato da società per azioni e grandi banche, e le borse. Ed insieme a questi, la nascita di un nuovo modo di analizzare la produzione e il governo della ricchezza, che prenderà il nome di economia politica. → La crescente importanza dell’industria e del commercio porta i governi europei ad indirizzare la propria politica economica in senso protezionistico, che si riassume nella dottrina economica del MERCANTILISMO. Ogni stato cioè cerca di promuovere l’esportazione di manufatti nazionali e di sbarrare la strada con divieti e barriere doganali all’importazione dei manufatti altrui. Ogni stato cerca di attirare nel proprio territorio materie prime, generi alimentari, operai specializzati, tecnici, ecc.; ci fu quindi la formazione di grandi compagnie privilegiate, promosse in Olanda, in Inghilterra, in Francia, in Svezia per il commercio con i paesi esteri e le colonie. Lo stato riserva ad esse un trattamento di favore con l’apporto di capitali, con l’esenzione totale o parziale dai tributi, con la concessione del monopolio del commercio e dello sfruttamento coloniale in questa o quella parte del mondo. 26 Dalle colonie inglesi, nelle quali furono attive le minoranze religiose radicali fuggite dall’Inghilterra degli Stuart e poi di Cromwell, vennero a elaborarsi principi di democrazia e libertà religiosa, mentre nelle colonie olandesi si sperimentarono forme e metodi di sfruttamento coloniale e di capitalismo finanziario che avrebbero segnato profondamente il capitalismo europeo. Insieme a tutto ciò, il Seicento fu il secolo dello sviluppo della scienza moderna basata sul metodo sperimentale di Galileo, dello sviluppo di un pensiero politico, con le idee Hobbes e Locke, e dello sviluppo del giansenismo, una corrente del cattolicesimo intransigente ed antigesuitica della Chiesa cattolica. CAPITOLO 18, La guerra di successione spagnola Gli ultimi decenni del Seicento rappresentano per l’Italia una fase di regresso; economicamente la concorrenza dei grandi paesi industriali ha nettamente superato l’attività dei piccoli stati italiani; spiritualmente, la penisola sembra immersa in una sorta di torpore. Nel campo della vita religiosa, intellettuale, politica, l’Italia può offrire ben poco di simile ai paesi più progrediti dell’Occidente. La sua vita religiosa, tutta esteriorità e conformismo, non conosce nulla di simile alle lotte spirituali ed alla vivacità creativa del cattolicesimo francese o del protestantesimo inglese. La sua cultura rimane in genere arretrata, lontana dalle correnti vive dell’intelligenza europea. La letteratura rimane artificiosa, convenzionale, retorica. Per quanto riguarda Venezia, la rottura della pace con l’Impero Ottomano si verificò proprio nel 1645, cioè nel momento medesimo in cui si iniziavano le trattative di pace che dovevano sboccare nei trattati di Westfalia. Guerra di Candia (1645-1669): nel 1645 i turchi aggrediscono il maggiore dei possessi veneziani del Levante, l’Isola di Candia, l’antica Creta della Grecia classica. Nel 1669 Venezia è costretta a fare la pace e ad abbandonare l’isola. Guerra della Santa Lega (1683-1699): Venezia aderisce alla Santa Lega, stretta nel 1683 tra l’Austria, la Russia e la Polonia contro i Turchi. Le forze veneziane cacciano il nemico dalla Dalmazia, si impadroniscono delle isole ionie di Cefalonia e Zante, sbarcano nella Morea. La Pace di Carlowitz del 1699 riconosce a Venezia la sua conquista della Morea ed il possesso delle isole Ionie e della Dalmazia. Guerra austro-veneto-turca (1711-1718): rotta la pace tra i turchi e l’Austria, Venezia è nuovamente trascinata nel conflitto. Con la Pace di Passorowitz del 1718, rinuncia nuovamente alla Morea, pure conservando le Isole Ionie. Nel corso del secolo XVII la Spagna non ha fatto che perdere lembi sempre più vasti dei suo dominio. Nel 1648 ha dovuto riconoscere l’indipendenza dell’Olanda, ha sancito il distacco del Portogallo e la perdita del Rossiglione e della Cerdagne. Quello della Spagna era un fiscalismo vorace ed assurdo, un governo corrotto ed impotente, un’aristocrazia negata a qualsiasi lavoro produttivo, hanno finito per distruggere ogni residua possibilità economica. Filippo IV ha lasciato come erede Carlo II. L’impero spagnolo comprendeva tutta la Spagna, metà dell’Italia, Paesi Bassi spagnoli, l’Ameria del sud ad eccezione del Brasile portoghese e di qualche caposaldo olandese. Da ei dipendono il Messico, parte delle Antille, l’isola di Cuba, la Florida e la California. L’oro e l’argento sono i prodotti delle piantagioni coloniali coltivate dai greggi di schiavi negri, rappresentano la più colossale riserva di ricchezza del mondo. Alla successione spagnola pretende in primo luogo per il nipote Filippo Duca d’Angiò, Luigi XIV; si oppongono a lui le pretese dell’imperatore d’Austria Leopoldo I, che avanza la candidatura di un suo figlio, il principe Carlo, quelle dell’elettore di Baviera, che sostiene quelle del proprio figliolo Giuseppe Ferdinando, di Vittorio Amedeo II di Savoia, del re Pietro I del Portogallo. Giuseppe Ferdinando di Baviera muore improvvisamente mentre lo stato di salute di Carlo II si aggrava e l’orgoglio della nobiltà spagnola reclama dal morente una decisione che salvi l’unità dei domini spagnoli. Erede universale della sua corona e di tutti i suoi possessi sarà il duca di Angiò con nome di Filippo V che però dovrà impegnarsi a rinunciare definitivamente ad ogni pretesa alla successione di Francia. Ciò indusse potenze europee a rinnovare la loro coalizione e scatenare la GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA (1701- 1714). Anima della coalizione è Guglielmo II d’Orange, fautore della guerra alla Francia in difesa degli interessi commerciali inglesi; a lui si allineano l’Olanda, allarmata per i propri interessi economici e l’imperatore asburgico Leopoldo I. Con la Francia restano solo le forze spagnole, nonché i tre residui candidati alla successione di Spagna, cioè Vittorio Amedeo II, il re del Portogallo e l’elettore di Baviera. La superiorità delle forze anglo-olandesi spazza via dai mari le flotte francesi e costringe il Portogallo ad imitare il duca di Savoia ed abbandonare il Re Sole. I Paesi Bassi spagnoli sono occupati dal Marlborough. Napoli, Sardegna e Sicilia cadono nelle mani degli alleati, che si impadroniscono della Lombardia. Particolarmente tragica si è fatta la situazione finanziaria del Re Sole che non riesce più a trovare i mezzi necessari per continuare la guerra. L’Inghilterra, viceversa, riesce ad alimentare magnificamente la lotta grazie al nuovissimo strumento, creato dai sui whigs: la Banca D’Inghilterra. L’orgoglioso Re Sole si rivolge adesso al suo popolo per esporgli come sia necessario continuare a combattere per salvare la Francia. Il paese, spronato nel suo patriottismo, risponde con slancio magnifico all’appello, consentendo al re di organizzare nuovi eserciti e sbarrare la via all’invasore. Col mutare della situazione politica all’interno dell’Inghilterra stessa, ove la regina 27 Anna Stuart, succeduta a Guglielmo III, appoggia il partito tory ed apre immediatamente trattative di pace con la Francia, il trono imperiale passa a Carlo IV (1711-1740). Col TRATTATO DI UTRECHT (1713) Inghilterra, Olanda, Prussia, e Savoia fanno pace coi Borbone di Francia e di Spagna, Carlo IV insiste ancora nella guerra ma poi firma la pace con il TRATTATO DI RASTADT (1714). I due Borbone riescono ad ottenere termini di pace conservando a Filippo V la corona di Spagna, con tutti i suoi vasti domini coloniali. In Inghilterra l’opposizione dei whigs strepita contro il governo dei tories, accusandolo di avere tradito gli interessi inglesi e rinunciato ai frutti delle vittorie del Marlborough. Le stipulazioni di Utrecht e Rastadt, tuttavia, nel loro complesso rappresentano ugualmente un trionfo dell’Inghilterra > bilancia delle potenze, cioè la creazione di un equilibrio sul continente europeo tale da impedire a qualsiasi potenza di farsi egemone e minacciare la sicurezza delle isole britanniche di ogni conflitto fra le corone d’Europa. Filippo V ha dovuto impegnarsi a rinunciare ad ogni pretesa alla successione al trono francese ed i Borbone hanno dovuto consentire ad un tale ingrandimento degli Asburgo. La casa d’Austria ottiene i regni di Sardegna e di Napoli, il ducato di Milano, ingrandito con Mantova. Ciò che interessava all’Inghilterra era il dominio dei mari, la conquista dei grandi spazi economici, l’apertura dei mercati alla prodigiosa iniziativa dei suoi industriali e dei suoi commercianti. L’Inghilterra ha già raggiunto lo scopo di garantire la sicurezza delle proprie isole da ogni tentativo di invasione. Essa è riuscita a garantire anche il regime costituzionale uscito dalla rivoluzione del 1688, impegnando i Borbone a smettere di aiutare i discendenti di Giacomo II Stuart ed a riconoscere la legittimità della successione protestante al trono inglese. L’Inghilterra dunque si assicura la penetrazione dei suoi manufatti industriali in tutto questo immenso impero, prende nelle proprie mani il più lucroso commercio portoghese. Fortissimi capitali olandesi sono stati attratti ad investirsi in azioni della Banca di Inghilterra e delle grandi Compagnie coloniali inglesi. Le porte della America spagnola si chiudono con una clausola del trattato di Utrecht, per cui Filippo V accetta di permettere che ogni anno un vascello inglese vada a commerciare nelle sue colonie sudamericane e di lasciare agli inglesi il monopolio della tratta dei neri per le piantagioni americane. Il vascello di permesso e la tratta dei neri non sono che dei pretesti, con cui da ora innanzi gli inglesi potranno facilmente mascherare un colossale traffico contrabbandiero, dispetto alla legislazione protezionistica tuttora vigente nelle colonie della Spagna. Da questo momento in poi, la preponderanza inglese sull’Europa e la fortuna del capitalismo britannico sono ormai assicurate. CAPITOLO 20, La guerra di successione austriaca La crisi bellica a partire dal 1740 presenta diversi aspetti. Da un lato, essa non è altro che una ripresa del classico duello anglo-francese, per il controllo delle grandi fonti di ricchezza economica. Dall’altro, non è che la prosecuzione dei soliti litigi dinastici tra le maggiori case regnanti d’Europa. Essa appare nettamente divisa in due diversi cicli politico-militari: la GUERRA DI SUCCESSIONE AUSTRIACA (1740-48) e la GUERRA DEI SETTE ANNI (1756-63). La guerra di successione austriaca scoppia in conseguenza di una crisi dinastica, apertasi nella casa d’Asburgo per la morte dell’imperatore Carlo VI, senz’altri eredi che la giovane Maria Teresa. L’imperatore ha cercato prima di morire di garantire la successione in tutti i suoi domini a Maria Teresa, con una Pragmatica Sanzione, ottenendone esplicita garanzia dalle altre potenze. Ma ciò non vale ad evitare che, appena morto Carlo VI, la Francia impugni validità di questo atto e muova guerra a Maria Teresa, mirando ad una spartizione completa degli stati austriaci. L’elettore Carlo Alberto di Baviera aspira a cingere la corona imperiale, il re di Prussia Federico II reclama per sé la Slesia, Carlo Emanuele III di Savoia punta su i Borbone di Spagna e di Napoli. Il pericolo gravante sulla casa d’Asburgo ed il conflitto di interessi commerciali con la Francia e la Spagna, inducono l’Inghilterra e l’Olanda a schierarsi con Maria Teresa. Ma i successi inglesi della guerra di Successione spagnola non si rinnovano e la Gran Bretagna deve accontentarsi di salvare il trono a Maria Teresa con una serie di modifiche territoriali, a vantaggio dei suoi avversari. Nella pace di Aquisgrana (1748), viene confermata l’unità dei domini austriaci e riconosciuta a Francesco I di Lorena la dignità di imperatore del Sacro Romano Impero. L’Austria deve però sacrificare la Slesia a Federico II di Prussia e cedere Parma ai Borbone. La guerra dei sette anni fu un conflitto di vaste dimensioni che fra il 1756 e il 1763 oppose Gran Bretagna e Prussia a Francia e Austria e loro alleati (Russia, Svezia, Polonia, Sassonia e più tardi la Spagna). Combattuta in quattro continenti, affermò la supremazia militare della Prussia in Europa, la preponderanza dell’Inghilterra sui mari e il suo dominio in America e in India, introdusse decisamente la Russia nella politica degli Stati occidentali, segnò infine la decadenza dell’Austria davanti all’affermata superiorità della Prussia e quella della Francia davanti all’Inghilterra, che le succedette nel dominio di vasti territori extraeuropei. Nel decennio successivo al trattato di Aquisgrana (1748), che al termine della guerra di secessione austriaca, aveva cementato l’alleanza tra Austria e Gran Bretagna, l’amicizia tra i due Stati era stata minacciata da insanabili divergenze d’obiettivi, poiché Londra mirava a definire con la Francia il 30 La colonizzazione inglese del Nord America è sorta per impulso di privati capitalisti e di profughi per motivi religiosi, anziché del governo britannico. Il governo britannico, dalla restaurazione in poi, aveva mirato ad inquadrare le colonie in un organico sistema imperiale, basato sui principi mercantilistici e sulla subordinazione degli interessi degli agricoltori americani a quelli industriali e commerciali delle metropoli. Il malcontento della Nuova Inghilterra, di cui la corona aveva ristretto la tradizionale autonomia, derivava dal fatto che i governatori inglesi avevano imposto un governo di nomina regia, anziché eletti dagli abitanti stessi. Nelle colonie anglicane il controllo della metropoli si urtava con le aspirazioni di autonomia degli americani: conseguentemente, in queste colonie ci fu la diffusione dei principi di autogoverno. Tra queste, emergeva soprattutto la Virginia, che essendo la più antica delle colonie contava una classe dirigente locale formata da proprietari di piantagioni, abbastanza ricca da procurarsi libri e contatti con l’Europa e quindi aperta all’influsso della cultura illuministica. Tuttavia, in questo primo periodo, ogni attrito fra le colonie e la metropoli, passava in seconda linea davanti alla necessità comune di combattere contro la Francia. Nella grande guerra dei Sette anni (1756-63), infatti, che aveva opposto la Gran Bretagna alla Francia, i coloni inglesi avevano attivamente sostenuto la loro madrepatria. L’esito del conflitto, conclusosi con la totale vittoria dei Britannici, era stato tale da liberare le colonie dalla minaccia francese. I coloni, che godevano di proprie assemblee rappresentative (pur sottoposte al controllo della corona), di notevoli libertà e di una classe dirigente di prim’ordine, sopportavano sempre meno il loro status di sudditi e aspiravano a una condizione di parità con i cittadini inglesi e ad avere una propria rappresentanza nel Parlamento di Londra. Il governo inglese, che si sentiva rafforzato dalla recente vittoria sulla Francia, intese invece ribadire il vincolo coloniale. Tra il 1763 e il 1765 vennero inasprite le tasse nelle colonie e fu resa permanente la presenza di un esercito di 10 mila uomini. Una legge sul bollo (Stamp act), introdotta nel 1765, venne sentita come una vera prevaricazione: con questa si imponeva un pagamento di una tassa di bollo per tutti i documenti relativi ad affari commerciali o giudiziari nelle colonie d’America. Il brillante avvocato della Virginia Patrick Henry espresse il generale malcontento sostenendo che non si era tenuti a ottemperare a leggi imposte da un Parlamento in cui non si era rappresentati. L’aspirazione generale dei coloni americani non era dunque l’indipendenza nazionale, ma la piena partecipazione alla cittadinanza inglese. Il governo inglese, però, non fece alcuna concessione e scelse una politica di forza. La risposta dei coloni fu a sua volta improntata all’intransigenza. Ebbero inizio manifestazioni di piazza, venne messo in atto il boicottaggio delle merci inglesi, si costituirono organizzazioni illegali che si denominarono Figli della libertà. Alla violenza si giunse quando il 5 marzo 1770 i soldati inglesi uccisero cinque persone a Boston. Nel 1773 fu imposta una nuova legge sul tè che ledeva gli interessi di commercianti e consumatori (Tea act), e sempre a Boston un gruppo di coloni radicali travestiti da Pellirosse diede l’assalto a tre navi inglesi gettandone a mare il carico. Una vera e propria svolta fu determinata da quelle che gli Americani giudicarono «leggi intollerabili» ovvero i Coercitive acts, con i quali il Parlamento inglese aboliva le libertà locali e accentrava tutto il potere nelle mani delle autorità politiche e militari inglesi. La reazione dei coloni fu la convocazione a Filadelfia nel settembre 1774 del primo Congresso continentale, formato da 56 delegati, che proclamò nulli i Coercitive acts, impose il boicottaggio generalizzato contro le merci inglesi e formulò una dichiarazione dei diritti dei coloni. Dopo che nell’aprile 1775 le truppe inglesi si furono scontrate a Lexington, nel Massachusetts, con gruppi ribelli, il 10 maggio il Congresso continentale organizzò la resistenza. A questo punto la rivoluzione nel 1773 si trasformò in ribellione armata. Non erano ancora del tutto spente le speranze di conciliazione con la Gran Bretagna, ma cresceva sempre più il numero di coloro i quali non volevano più la parità con i cittadini inglesi ma l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Il comando dell’esercito americano fu affidato a un ricco coltivatore della Virginia, con esperienze militari, George Washington. Il 17 giugno 1775 le truppe americane e inglesi si scontrarono nella battaglia di Bunker Hill (persa dai coloni), e in dicembre il re Giorgio III fece proclamare ribelli gli Americani. La ribellione era ormai divenuta rivoluzione e guerra di liberazione nazionale. Un immenso successo e consenso ottenne un pamphlet dell’immigrato inglese Tom Paine, intitolato “Senso comune”, nel quale si denunciava la monarchia inglese come tirannica, si glorificava l’ideale repubblicano e si chiamavano gli Americani a lottare per la loro indipendenza. La rescissione formale dei rapporti con l’Inghilterra avvenne nel 1776. In aprile il Congresso continentale invitò ciascuna delle ex colonie a costituire propri governi; successivamente, il 4 luglio, esso approvò la Dichiarazione di indipendenza redatta dal virginiano Thomas Jefferson, in cui veniva solennemente giustificata la rottura definitiva con la Gran Bretagna, si sanciva la forma repubblicana del nuovo paese, si affermava che ogni individuo aveva per natura il diritto alla libertà e alla felicità, si proclamava il principio che i governi dovevano poggiare sul consenso dei governati e, secondo una concezione liberale e borghese della politica e dei rapporti sociali, si cancellava la nobiltà di sangue. La grande maggioranza degli ex coloni approvò la dichiarazione, ma una minoranza rimase fedele alla Gran Bretagna e prese le armi al suo fianco. La rivoluzione americana sollevò grande entusiasmo in Europa e numerosi volontari vennero ad arruolarsi nelle file dell’esercito americano, come il nobile francese Marie-Joseph marchese di La Fayette e 31 il patriota polacco Tadeusz Kosciuszko. Dopo gravi difficoltà dovute alla superiore efficienza delle truppe inglesi, l’esercito americano ottenne una vittoria importante a Saratoga Springs nell’ottobre 1777. Le condizioni della vittoria finale furono però create dall’intervento nel conflitto a fianco degli Americani della Francia nel febbraio 1778, della Spagna nel 1779 e dell’Olanda nel 1780. Determinante fu in particolare l’aiuto dei Francesi, desiderosi di vendicarsi della sconfitta subita nel 1763. La guerra si concluse di fatto nell’ottobre 1781, in seguito alla grande vittoria conseguita dalle truppe franco-americane a Yorktown, in Virginia, dove il generale inglese Charles Cornwallis fu costretto alla resa. La pace, favorita nell’aprile 1782 da un voto del Parlamento britannico contrario al proseguimento della guerra, venne firmata (a Parigi con le ex colonie e a Versailles con gli Stati europei intervenuti) il 3 settembre 1783. In base a essa la Gran Bretagna riconobbe l’indipendenza delle ex colonie costituitesi negli Stati Uniti d’America. […] Noi teniamo per certo che queste verità siano di per sé stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati eguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi Diritti inalienabili, che tra questi vi siano la Vita, la Libertà ed il Perseguimento della Felicità. Che per assicurare questi diritti sono istituiti tra gli Uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati. Che quando un qualsiasi Sistema di Governo diventa distruttivo di questi fini, è Diritto del Popolo di alterarlo o di abolirlo e di istituire un nuovo Governo, ponendone il fondamento su questi princìpi ed organizzandone i poteri in una forma tale che gli sembri la più adeguata per garantire la propria sicurezza e la propria Felicità. […] Ma quando una lunga serie di abusi e usurpazioni, che perseguono invariabilmente il medesimo obiettivo, manifesta il disegno di ridurli sotto un assoluto Dispotismo, è loro diritto, è loro dovere rovesciare un simile Governo e provvedere nuove Garanzie per la loro futura sicurezza. […] Pertanto noi, Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, riuniti in Congresso Generale, nel Nome e con l’Autorità del buon popolo di queste Colonie facciamo solenne e pubblica dichiarazione Che queste Colonie Unite sono, e di diritto debbono essere, Stati Liberi e Indipendenti; che esse sono svincolate da ogni obbedienza alla Corona inglese […] Lettura Dichiarazione di Indipendenza: viene introdotto il principio di uguaglianza tra gli uomini e stabilita l’incontestabilità del diritto alla vita. Vengono poi istituiti i governi, in cui vigeva il diritto di opposizione nel caso in cui tale governo avesse violato le norme stabilite. La forma di governo stabilita era quella repubblicana. 29/11/2021 RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Si tratta di una rivoluzione che si pone su un livello totalmente diverso rispetto alle altre, perché non è un rivoluzione politica (non si parla di diritti o di doveri) ma una rivoluzione che ha a che fare con il progresso materiale della vita degli uomini. Fino alla rivoluzione industriale, in Europa si moriva di fame e di epidemie. Si tratta perciò di un evento che è stato talmente importante, secondo gli economisti e gli storici, che è stata immaginata una teoria economica dello sviluppo economico, basata sulla prima rivoluzione industriale del 1760 avvenuta in Inghilterra. In seguito a questa, cambia radicalmente il mondo del lavoro e la vita delle persone. Negli anni 60-70 furono avviati tanti lavori di tipo storiografico che hanno centrato la loro attenzione nelle fasi dello sviluppo economico: queste non sono avvenute in tutti gli stati nello stesso momento, ma partono in Inghilterra. Molto probabilmente partono perché esiste, già disponibile, uno strumento tecnologicamente nuovo e avanzato che permette qualche innovazione. È difficile pensare ad un rivoluzione industriale senza un oggetto che la identifichi: nella prima rivoluzione industriale, si tratta dell’energia termica (pompa, telaio); nella seconda vi è l’elettricità e nella terza lo è l’informatica. Le fasi dello sviluppo economico inglese, e successivamente mondiale, sono: 1. società tradizionale, che ha un tasso di crescita demografica molto contenuto, ma che ha anche consentito di accumulare ricchezza (il risparmio/l’accumulo originario di ricchezza è il pane della rivoluzione industriale, se non ci fosse stato, insieme all’accumulo di conoscenza, non ci sarebbe stata la rivoluzione); 2. fase di transizione, cioè le precondizioni della rivoluzione industriale (ogni rivoluzione industriale è territoriale). Le precondizioni sono un ceto imprenditoriale (imprenditore = figura che riesce a creare il lavoro, grazie alle sue idee), un accumulo di ricchezza (l’agricoltura inglese non era di tipo feudale), dei luoghi di scambio (come i mercati), delle istituzioni finanziarie (banca) e l’attivazione import-export, cioè l’attività propriamente commerciale; 3. fase di take-off, cioè quando si assiste al momento di decollo industriale. Insieme a tutte le precondizioni, si ha un’accelerazione dello sviluppo economico ed un miglioramento delle condizioni sociali. Ciò comporta la trasformazione dell’economia, quindi che la produzione industriale della proto industria (prima dell’industria) aumenta notevolmente. Ciò avviene grazie all’introduzione dell’energia termica. Nel corso di anni, si inizia a 32 produrre molto di più per unità temporale e di luogo. Tutta la civiltà del momento ne ha un beneficio (ricchezza crea ricchezza, molto più accumulo, più investimenti, più lavoro, più guadagni, più cibo, più salute). La fase di decollo porta poi a numerose rivoluzioni, come quella sociale (inurbamento mai visto in precedenza - le vecchie famiglie patriarcali si sono disgregate a favore di nuclei familiari ridotti, che vivono in città o nei sobborghi delle città; arrivano anche gli immigrati nelle città e ciò permette condizioni migliori di quelle che potevano avere nelle campagne); 4. fase di maturazione, quando si arriva ad acquisire i risultati della rivoluzione. Nel momento in cui viene soddisfatta la domanda, è necessario presentare un'offerta nuova, migliore o chiudere. La società impiega un tempo, di decenni, per acquisire i benefici del decollo; 5. fase di ripartenza, che presenta delle caratteristiche simili alla prima fase. La società ha maturato i benefici e sta meglio rispetto a prima ed è quindi necessario aumentare gli stessi benefici. Si riparte, quindi, non necessariamente con una rivoluzione ma con un’innovazione tecnologica nuova. La prima rivoluzione ha un tasso di tecnologia buono, ma non straordinario (capire che l’energia termica può servire a molti scopi, non solo quello di scaldare e si arriva all’energia cinetica); la seconda rivoluzione è, invece, ad alto contenuto tecnologico. Si tratta della rivoluzione dell'elettricità, che come forma di energia richiede un tasso di esperienza tecnologica più elevato. Con la rivoluzione industriale, si inizia a parlare di lavoro salariato: interi gruppi sociali possono contare con sicurezza sul salario mensile, per la prima volta nella storia. Ciò offre la garanzia della programmazione, cosa che in campagna non era possibile (il lavoro si basava anche sul tempo atmosferico). Cambia anche la visione della vita sociale. La rivoluzione industriale viene notata dalla popolazione, non tanto per la presenza delle fabbriche ma per l’organizzazione del lavoro. Precedentemente, la famiglia contadina lavorava da sola (con figli e animali) e con quella forza lavoro si coltivava quanto si poteva; il lavoro post rivoluzione industriale, è diverso. Non si compie in casa, ma in un luogo dove le persone vanno a lavorare, cioè gli opifici, piccoli capannoni che raccolgono più persone. Inizialmente, si inizia a produrre quei beni di cui la società aveva più bisogno: lana, cotone, ecc. Era necessario capire come organizzare il lavoro: ciò significa, ad esempio, che per tessere è necessario il filato, che non è in natura, quindi va prodotto; se non si riesce a produrlo, non è possibile far funzionare tanti telai. Era, quindi, inutile avere il telaio meccanico (si applica l’energia cinetica che il calore ti da), se non hai i gomitoli di lana da far lavorare. Gli inglesi sono stati molto abili e riuscirono ad organizzare la produzione del filato e del tessuto in maniera coordinata. Questa è un’acquisizione di primo piano, non banale: era necessario capire come operare l’opificio e gli inglesi ci sono riusciti. Questa fu solo una delle produzioni, che cambiò la vita a milioni di persone: la possibilità di vestirsi maggiormente significa ammalarsi di meno e avere una prospettiva di vita più lunga. → si tratta di una catena: l’economia di un territorio è legata a tanti fattori. Per la prima volta, le classi più povere sono riuscite a risparmiare del denaro, poi investito dei generi di prima necessità (abiti, posate, ecc. > più igiene, le lamiere per le abitazioni - permettevano abitazioni più asciutte e più calde). La malattia del colera, la malattia della miseria, grazie alle condizioni della salute pubblica, è meno diffusa. Un altro segno eloquente della prima rivoluzione industriale è il treno a vapore (caldaia a carbone). Possiamo immaginare il livello di inquinamento di una macchina del genere, che espelle fumi altamente tossici. Il treno è l’immagine della rivoluzione industriale, in quanto miracolo ingegneristico e possibilità di qualcosa che prima non era stato concepito, cioè la mobilità sociale. Gli uomini non lavorano più la terra (non appartengono al padrone, al feudo, ma hanno la libertà di muoversi). Senza mobilità non vi sarebbe stata la rivoluzione, perché la manodopera doveva spostarsi. La rivoluzione industriale, com’è arrivata nel resto d’Europa? Non essendo una rivoluzione politica, è facile da diffondere (si diffondono le innovazioni tecnologiche). Il Belgio è stato il primo paese a beneficiare degli effetti della rivoluzione, seguito dalla Francia del nord. Le rivoluzioni industriali sono quindi trasferibili e imitabili. Conta molto il vantaggio di arrivare come secondi, quindi, nella storia della rivoluzione industriale, può aver goduto di più chi non aveva creato la rivoluzione, ma chi l'ha importata e applicata, apportando dei miglioramenti (senza spendere per la progettazione). Il cosiddetto “late-comer”, in questa economia, è avvantaggiato. Alcuni territori europei non sono minimamente stati toccati dalla rivoluzione, come la Spagna, l’ex Sacro Romano Impero e i territori degli Asburgo. L’Italia del nord, la zona di Napoli, ecc. accolgono le innovazioni che provengono dall’Inghilterra, perché vi erano le precondizioni necessarie. La rivoluzione industriale arriva anche in Giappone e negli Stati Uniti, dove lo sviluppo è stato esponenziale. La prima rivoluzione permette anche degli effetti collaterali positivi, come:  lo sviluppo dei codici di commercio: i codici civili e penali erano già molto sviluppati in Europa, ma si iniziano a realizzare anche quelli commerciali, perché la rivoluzione favorì enormemente lo scambio. Si sviluppa un 35 + Art. 9. Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla legge; + Art.10. Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge; + Art.11. La libera comunicativa dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge; + Art.12. La garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino ha bisogno di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata; + Art.13. Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese di amministrazione, è indispensabile un contributo comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini, in ragione delle loro sostanze; + Art.14. Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione e la durata; + Art.15. La società ha il diritto di chieder conto ad ogni agente pubblico della sua amministrazione; + Art.16. Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione; + Art.17. La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previa una giusta indennità. *Thomas Hobbes e il giusnaturalismo: il giusnaturalismo hobbesiano ipotizza l’esistenza di un patto sociale e di un’unione tra gli uomini per una migliore convivenza civile (il giusnaturalismo di Locke invece parla di un patto di sottomissione più che di unione; quindi l’uomo deve ribellarsi). Il giusnaturalismo presenta dei tratti comuni: l’esistenza di una legge di natura, universale; il patto tra gli individui che concordano a dare il potere ad un’unità sovrana; la negazione dell’idea che il sovrano è scelto da Dio; l’autonomia e la necessità di una sfera politica. La costituzione di uno stato nasce quindi dall’idea del contratto sociale tra chi governa e chi è governato. Il fine del contratto è la conservazione dei diritti naturali (libertà, individualità, vita) e imprescrittibili dell’uomo (proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione ). 06/12/2021 La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino viene emanata il 26 agosto 1789: l’idea è quella di farla precedere alla costituzione francese, che ancora non vi è e che sarebbe stata una costituzione monarchica. La Costituzione francese descrive compiutamente l’organizzazione del potere e dello stato. Si mette come preambolo della costituzione la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che è la visione su cui si baserà la costituzione. Dopo la rivoluzione, la situazione finanziaria francese, che aveva convinto il re a convocare gli stati generali, non era stata risolta. Come risolverlo? Vi sono due vie: la via fiscale, che comporta un inasprimento delle imposte e la sottomissione ad un'imposta di più persone (consiste nell’accettazione di quelle proposte che, prima della convocazione degli stati generali, i controllori generali della finanza francesi avevano proposto al re Luigi XVI e che lui aveva rifiutato); la seconda via è quella di ricorrere alla proprietà ecclesiastica. Si adotta un provvedimento generalizzato di demanializzazione della proprietà ecclesiastica. Il buco finanziario era attorno ai 5 miliardi di lire, spesi in guerre contro l’Inghilterra. La proprietà ecclesiastica, sottratta dalle regole del mercato dalla manomorta, è vastissima e la si mette nel mercato, secondo quanto insegnato dagli illuministi (giurisdizionalismo). La si mette a disposizione della mano pubblica, ma si tratta di un’operazione finanziaria gigantesca e, per fare ciò, è necessario molto tempo, cosa che non era a disposizione (lo stato aveva bisogno dei soldi il prima possibile). Assistiamo perciò ad un processo di cartolarizzazione: lo stato emana una moneta fiscale/titolo di credito, cioè una moneta cartacea con una valore scritto, chiamati assegnati; se si volevano acquistare i beni ecclesiastici, non si utilizza la normale moneta, cioè i franchi, ma si utilizzano gli assegnati, cioè la moneta cartacea. Lo stato francese, quindi, guadagnava il doppio (si pagano gli assegnati, garantiti dai beni ecclesiastici, e si paga la terra). Gli assegnati, in pochi anni, persero il 60% del loro valore. La popolazione quindi comincia ad investire nei beni ecclesiastici, perché sembrava un affare importante: i francesi non hanno nulla in contrario ai monasteri, ma è difficile sostenere i religiosi, dato che lavorano poco per il benessere delle loro comunità. I parroci, invece, erano più autorevoli e si occupavano del benessere delle comunità. I francesi faranno un documento molto importante, cioè la Costituzione Civile del Clero, 36 che organizza il clero della Francia rivoluzionaria, individuando 83 episcopati (vescovi) eletti dai cittadini. Il parroco viene designato dalle assemblee distrettuali, stipendiato e quindi fedele alla rivoluzione. Nell’estate del 1791, il re Luigi XVI e la moglie Maria Antonietta scappano, in quanto, tra il 5-6 settembre 1789, gli era stato chiesto di firmare il decreto di abolizione dell’antico regime, che lui non firmò, come atto di ostilità. Il re fu costretto a trasferirsi a Parigi, lasciando Versailles, segno e luogo dell’antico regime. In questo contesto, il re aveva maturato l’idea di scappare e andare da uno dei sovrani europei, disposto ad accoglierlo, ad offrirgli un esercito e a cercare di riportare sul trono di Francia il legittimo occupante. Il re sperava di lanciare una controrivoluzione e recuperare i suoi antichi poteri. Il re e la regina furono, però, scoperti in questa fuga, avvenuta tra il 20 e il 21 giugno 1791. Il tentativo fallì per l'immediato intervento della Guardia nazionale comandata da La Fayette, che arrestò il re e la famiglia reale a Varennes, verso il Belgio. Da quel momento la rivoluzione prende una piega diversa. Con l’atto di tradimento, inequivocabile da parte del re, è chiaro che l’area più rivoluzionaria, cioè la parte giacobina e sanculotta, a questo punto, è legittimata a pensare che la Francia possa diventare una repubblica, cioè abbandoni la monarchia dei Borbone. Questo non è un pensiero peregrino, ma è esattamente quello che hanno fatto i coloni americani. La scusa è il tradimento del re, che viene processato: vi è un tribunale francese che condanna alla ghigliottina il re legittimo per tradimento della nazione. Luigi venne arrestato ufficialmente il 13 agosto 1792, dopo essere stato deposto due giorni prima. Il 21 settembre 1792, l'Assemblea Nazionale dichiarò che la Francia era una Repubblica; il deposto Luigi XVI da allora venne chiamato ufficialmente "cittadino Luigi Capeto". Il 5 dicembre la Convenzione nazionale decise di processare il sovrano e il 10 venne presentato un Atto enunciativo dei crimini di Luigi, tra i quali l'alto tradimento. Luigi XVI pensò che nessuno avrebbe avuto la forza di ordinare la sua condanna a morte, che invece ottenne una maggioranza sufficiente il 17 gennaio 1793. Il giorno della decapitazione, Luigi XVI, dopo essere stato tenuto prigioniero nella Torre del Tempio, venne portato sul luogo delle esecuzioni in carrozza e non sulla carretta dei condannati (unico privilegio che gli venne concesso per evitare le umiliazioni della folla ma anche per ragioni di sicurezza). La carrozza passò per le strade di Parigi, tra due ali di folla, definite dalle fonti come silenziose. Il 21 gennaio 1793 il re venne ghigliottinato in Piazza della Rivoluzione, l'attuale Place de la Concorde. La moglie, Maria Antonietta, lo seguì sulla ghigliottina il 16 ottobre 1793. Inizia così la fase repubblicana, che non porta ulteriori libertà o maggiore consenso popolare, ma anzi durerà solo pochi anni e sarà molto sanguinaria. Alla morte di Robespierre, vanno al potere i moderati, che si riconoscono nel Direttorio. La fine della rivoluzione francese condurrà al potere il Generale Bonaparte, nel 1804. *CAPITOLO 25, LA RIVOLUZIONE FRANCESE: alla fine del Settecento la Francia era il paese più fittamente popolato del continente. Economicamente, la Francia era seconda soltanto all’Inghilterra, grazie ad un’agricoltura tradizionalmente fiorente, un’industria notevolmente sviluppata e a una vigorosa attività marinara e commerciale. Tuttavia, sotto altri aspetti, la Francia era ancora un paese arretrato: il re di Francia continuava ad essere il padrone assoluto, per grazia di Dio, dei beni e delle vite dei propri sudditi. In Francia l’indolenza del re Luigi XV e quella del suo successore Luigi XVI avevano lasciato perpetuarsi una struttura amministrativa antiquata e corrotta e un sistema sociale basato sul privilegio. Nobiltà e clero conservavano privilegi esorbitanti, come quello di non pagare le imposte se non in misura ridottissima, di tenere propri tribunali feudali nei loro domini, di imporre ai contadini gravosi tributi in denaro e in natura con prestazioni d’opera gratuite. Il caos raggiungeva l’apice nel campo della pubblica finanza: i monarchi francesi avevano dovuto imporre forti contributi ai propri sudditi, per le guerre affrontate durante tutto il ‘700 e per le spese esorbitanti della corte. Ma poiché nobiltà e clero erano praticamente esenti da queste imposte, tutto il carico fiscale si riversava sul resto dei cittadini o terzo stato. Pur così prospera economicamente, la Francia, dal punto di vista finanziario, era ai limiti della bancarotta. L’unico rimedio consisteva in una radicale riforma delle strutture politiche e sociali del paese. Una tale riforma cominciava ormai a penetrare in seno agli stessi ordini privilegiati del clero e della nobiltà, portando in loro una profonda divisione fra i sostenitori di quell’andazzo tradizionale di cose, battezzato Ancien Regime, ed i partigiani delle nuove idee di eguaglianza, di umanità e di libertà. → SOCIETÁ FRANCESE: da secoli la nobiltà francese era divisa fra i nobili di spada, discendenti dalle casate feudali, e i nobili di toga, composti dagli alti magistrati dello Stato. I rapporti fra la grande nobiltà e la piccola nobiltà delle province, ovvero la massa dei cadetti dell’aristocrazia non erano di sicuro distesi; non meno divisi erano gli ecclesiastici, fra l’alto clero, che reclutava membri dell’aristocrazia e con lei solidale nelle idee e negli interessi, e il basso clero, quasi sempre reclutato nel terzo stato. La massa enorme del terzo stato, unanime nel proprio sdegno e nella propria richiesta di riforma, era formato da contadini, su cui tutti i pesanti carichi venivano a gravare, dalle imposte del re alle decime del clero, dai censi alle corvées della nobiltà. I campagnoli francesi conducevano una vita in genere assai misera, avevano uno spirito di ribellione e il desiderio di raggiungere un tenore di vita più sopportabile. Erano rare le grandi fabbriche. In pochi centri soltanto, come Parigi, esistevano notevoli masse operaie. Di tutto il terzo stato, la parte più colta era la borghesia degli affari e delle professioni liberali. Attiva, intraprendente, non di 37 rado assai ricca, essa era al tempo stesso sufficientemente colpita nei propri interessi dal sistema politico-sociale vigente e sufficientemente forte e preparata per reagire. Proprio dalla borghesia partì la rivoluzione. Probabilmente, un sovrano più abile avrebbe potuto salvare lo Stato dalla bancarotta, tuttavia Luigi XVI era scarso d’intelligenza e si lasciava dominare interamente dall’aristocrazia di corte e dalla regina Maria Antonietta, amante del lusso. I ministri delle finanze o controllori generali si succedevano l’uno all’altro senza trovare un compromesso: Jacques Necker (1732-1804), aveva tentato nel 1781 di mettere sull’avviso il re del carico insopportabile delle spese della corte, tuttavia venne immediatamente licenziato dal re. Il suo successore fu Calonne, il quale fece salire alle stelle il deficit del bilancio e finalmente, ridotto agli estremi, propose una riforma fiscale, per cui anche la nobiltà e il clero avrebbero dovuto sottostare al pagamento delle imposte. Ma venne travolto ugualmente dallo sdegno della corte. Un terzo controllore, il Lomenie De Brienne, fu costretto in breve a presentare proposte non dissimili, con l’immancabile risultato di un licenziamento immediato. > per attuare una tale riforma finanziaria non bastava la volontà del re e dei suoi ministri, ma occorreva l’assenso degli Stati Generali, cioè dell’assemblea dei rappresentanti della nobiltà, del clero e del terzo stato, che i sovrani del Medioevo convocavano ogni qualvolta volessero ottenere contribuiti finanziari dai propri sudditi. A peggiorare ulteriormente la situazione, si aggiungevano la carestia e la disoccupazione. Davanti ad una situazione tanto burrascosa il re cedette alle pressioni dei privilegiati richiamando Necker e convocando gli stati generali per il maggio 1789. Questa insolita convocazione apparve all’opinione pubblica progressista come l’occasione tanto attesa di un rinnovamento generale delle strutture del paese. L’assemblea stessa si aprì il 5 maggio 1789 nella reggia di Versailles; tuttavia, le modalità non furono molto chiare, si dovevano tenere separatamente le sedute dei tre stati, attribuendo a ciascuno di loro un voto oppure le deliberazioni dovevano essere prese da un’unica assemblea attribuendo un voto a ciascun deputato? Col primo sistema, nobiltà e clero uniti avrebbero messo in minoranza il terzo stato, mentre con l’altro sistema il terzo stato avrebbe avuto la maggioranza, in quanto contava da solo 600 deputati contro 550 degli ordini privilegiati. La corte favoriva, ovviamente, la prima soluzione. Ma il Terzo Stato insistette perché le sedute fossero tenute congiuntamente e invitò anche gli altri ordini a riunirsi con lui in un’unica assemblea. Una parte dei deputati del clero accettò l’invito e l’assemblea così composta dichiarò di rappresentare l’enorme maggioranza numerica della nazione, e assunse senz’altro il nome di Assemblea Nazionale. Essa si trasferì in un locale adibito al gioco del pallone e quivi giurò solennemente di non sciogliersi mai più → giuramento della Pallacorda. La volontà dei rappresentati della nazione si era imposta dunque al diritto divino del re. La corte e la regina spinsero quindi Luigi XVI a reagire con la forza, ma i fautori delle idee liberali o patrioti, risposero alla minaccia di un colpo di stato della corona con estrema energia. Il 14 luglio essendosi sparsa la voce che dalla Bastiglia s’erano puntati i cannoni sulla città, i parigini presero le armi e se ne impadronirono, massacrando il governatore. Veniva armata infine una milizia volontaria o guardia nazionale, composta da borghesi e comandata dal Lafayette. Al re non rimase che sanzionare il fatto compiuto, licenziando le truppe e richiamando il Necker al governo. L’assolutismo regio aveva ricevuto un colpo mortale. I patrioti si impadronivano delle amministrazioni municipali ed armavano la Guardia Nazionale, mentre i contadini assaltavano i castelli della nobiltà e ne bruciavano gli archivi, per distruggere le pergamene su cui stavano scritti gli aborriti patti feudali. L’assemblea nazionale costituente, nel corso della notte del 4 agosto, votava l’abolizione delle immunità fiscali del clero e della nobiltà, la soppressione di ogni privilegio particolare, la cessazione delle corvées e dei diritti feudali, in cambio di un risarcimento in denaro da parte dei contadini. Il 26 agosto l’assemblea votava una DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO. Luigi XVI si rifiutò di sanzionare il decreto di abolizione dei privilegi feudali e la Dichiarazione dei diritti, ma il popolo di Parigi esasperato anche dalla carestia, marciò sulla reggia di Versailles, trattenuto soltanto dall’intervento della Guardia Nazionale del Lafayette. Il re, perciò, fu costretto a trasferirsi nella capitale, insieme con l’Assemblea Nazionale Costituente, e a restare così, da allora in poi sotto la pressione costante delle folle parigine. L’Assemblea Nazionale Costituente: la maggioranza dei rappresentanti del terzo stato era composto da borghesi. Gli scopi dell’assemblea erano molteplici: 1. distruggere i privilegi, in modo specifico i privilegi che gravavano sulla terra (servitù prediali) e quelli che gravavano sugli uomini (servitù della gleba). Ci vuole quindi un’eguaglianza davanti alla legge e perciò l’abolizione del tribunale ecclesiastico; 2. aprire gli accessi a qualsiasi forma d’impiego; 3. sopprimere il diritto esclusivo alla caccia e alla pesca, da sempre considerate attività dei nobili.
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