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Il governo Giolitti e la svolta democratica in Italia, Appunti di Storia

Il periodo storico dell'Italia post-unitaria, in cui la vita politica italiana attraversa una grave crisi. Si parla del governo Giolitti e della sua svolta democratica, che ha portato alla fine dell'esperimento politico autoritario e alla promozione di un compromesso sociale più avanzato e di centro-sinistra tra la borghesia liberale, i ceti produttivi settentrionali e i settori del mondo operaio rappresentati dai socialisti riformisti. Si affrontano i tre principali problemi dell'epoca: l'integrazione delle masse popolari nello Stato, la struttura economica e produttiva del paese e il divario tra il nord e il sud della penisola.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 15/12/2023

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Scarica Il governo Giolitti e la svolta democratica in Italia e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! GIOLITTI Negli ultimi anni dell'Ottocento la vita politica italiana attraversa una grave crisi. I governi che si succedettero tra il 1896 e il 1900 ebbero un indirizzo autoritario, ridimensionare il ruolo del parlamento a favore della Corona, e repressivo nei confronti della protesta sociale. Nel 1899 le forze di opposizione liberali riuscirono a far decadere un progetto di legge è limitare la libertà di stampa e associazione. Le lezioni del giugno 1900 fecero registrare un avanzata delle forze liberaldemocratiche (repubblicani e radicali) è socialiste (il partito socialista italiano nato nel 1892). Questo risultato segnò la fine dell'esperimento politico autoritario, ritenuto inadeguato a governare un paese in trasformazione e avviato a uno sviluppo in senso moderno. Il cambiamento di rotta fu confermato anche dopo l'attentato a Umberto I. Il suo successore Vittorio Emanuele III, nel febbraio 1901 incaricò l'esponente della sinistra storica, il Bresciano Giuseppe Zanardelli di formare il governo nel quale l'incarico di ministro degli interni, ossia il responsabile dell'ordine pubblico, fu affidato a Giovanni Giolitti. Giolitti era stato l'ispiratore del progetto politico che promuoveva un compromesso sociale più avanzato e di centro-sinistra tra la borghesia liberale, i ceti produttivi settentrionali e i settori del mondo operaio rappresentati dai socialisti riformisti. Giuseppe Zanardelli negli anni 80 dell'800 è riuscito a far approvare la normativa a tutela del lavoro femminile e minorile. Nella riforma elettorale del 1882 aveva varato il primo codice penale dell'Italia unita. L'esecutivo guidato da Zanardelli rappresentò una svolta nella storia dell'Italia post-unitaria: segnò la fine della fase di tentativi e reazionari e dei sogni di restaurazione autoritaria, stabilì per la prima volta una gerarchia dei problemi, stipulando un'agenda di priorità che poi Giolitti avrebbe sviluppato, favorì l'evoluzione del liberalismo verso una democrazia più moderna è aperta al valore della rappresentanza. Il primo obiettivo era quello di aumentare l'integrazione delle masse popolari nello Stato, riducendo il fossato tra le istituzioni e la società. Ciò necessita di riportare sia il movimento cattolico sia quello socialista alla partecipazione della vita politica attiva. Il suffragio era ancora troppo ristretto è rappresentativo esclusivamente sulle classi dirigenti liberali, élite ristretta che non riconosceva il ruolo delle forze socialiste e cattoliche ai margini della vita politica e istituzionale. Il secondo problema riguardava la struttura economica e produttiva del paese che faticava ad agganciare i processi di industrializzazione in corso nel resto dell'Europa. Bisognava promuovere lo sviluppo economico dalla consapevolezza che una classe operaia moderna avrebbe reso necessaria la definizione di un nuovo equilibrio politico, sociale e civile tra capitale e lavoro. Giolitti rispettò la promessa di mantenere il governo in una posizione di neutralità nei confronti dei conflitti sociali e di valorizzare il rapporto con i sindacati. Questo clima favorì l'aumento di salari per gli operai del Nord, un passaggio che costituiva la premessa per stabilire un nuovo patto sociale tra la borghesia industriale e il movimento socialista (la parte riformista). Su questo accordo si sarebbe fondata, sul piano politico, l' egemonia giolittiana, su quello economico, la possibilità di favorire la crescita economica del paese. Bisognava allargare la base sociale e la rappresentanza dello Stato,da un lato, l'organizzazione del proletariato mediante sindacati e partiti avrebbe favorito una migliore gestione dell'ordine pubblico, dall'altro, l'aumento dei salari avrebbe prodotto un incremento dei consumatori evitando una terribile crisi di sovrapproduzione. Per l'affermazione di questo programma erano necessarie due condizioni: nel partito socialista i riformisti dovevano isolare la corrente massimalista evitando progetti rivoluzionari e promuovere un'azione riformistica volta a migliorare concretamente le condizioni dei lavoratori; la borghesia italiana doveva tollerare di perdere almeno una piccola parte dei suoi privilegi. Il terzo problema era il divario tra il nord e il sud della penisola. Nell'opinione pubblica stava emergendo il tema della questione meridionale. Nel corso del governo Zanardelli si approvano leggi speciali per Napoli volte a favorire l'industrializzazione della zona. Nel settembre 1902 Zanardelli volle visitare la Basilicata diventando così il primo presidente del Consiglio dell'Italia unita a recarsi nel meridione. Questo contribuì, nel 1904, alla stipulazione della legge speciale sulla Basilicata con lo scopo di favorire il credito agrario e di bonificare i boschi e i terreni. L'ultimo atto politico promosso da Zanardelli fu quello di tentare l'approvazione di una legge sul divorzio, ma non ebbe successo. dopo la morte di Zanardelli, Giolitti assunse la guida dell'esecutivo stabilendo un dialogo con il socialista riformista Turati, si impegnò a sostenerlo dall'estero. Ciò consentì di trovare la maggioranza per realizzare una serie di riforme di carattere sociale a tutela della vecchiaia, degli invalidi e di infortuni professionali, del lavoro femminile e minorile. Vennero tollerati gli scioperi e le manifestazioni, mentre le cooperative cattoliche e socialiste trovarono un loro primo riconoscimento. Il programma di Giolitti dovette far fronte a una posizione che proveniva da tre fronti diversi: socialisti, cattolici e nazionalisti. I socialisti erano divisi in tre orientamenti principali, i riformisti, guidati da Turati, credevano nell'iniziativa parlamentare e si battevano per realizzare un piano di riforme sociali che avrebbero migliorato la condizione dei lavoratori, all'interno dello stesso partito militavano anche altre due correnti: i massimalisti e i cosiddetti sindacalisti rivoluzionari, entrambi accusavano i riformisti di essere svenduti al grande capitale e giochi del parlamentarismo borghese, mossi dalla smania di conquistare posti di governo. I massimalisti non si accontentavano bensì puntavano direttamente all'obiettivo, ossia l'instaurazione del socialismo. I sindacalisti rivoluzionari ritenevano che, per raggiungere questo obiettivo, si sarebbe dovuto programmare lo sciopero generale dei lavoratori. Nell'aprile 1904, al congresso socialista di Bologna, i riformisti perso la loro guida del partito per i deludenti risultati che stava raggiungendo il programma di riforme del governo Giolitti da loro sostenuto. soprattutto il Meridione continuava a essere in condizioni difficili caratterizzato da pressione governative dei prefetti, criminalità organizzata e voto clientelare. già a partire dal 1902 una serie di scioperi e disommosse di contadini repressi delle autorità di governo avevano rafforzato la loro nuova posizione di maggioranza. Nel settembre 1904 episodi di violenza come l'eccidio di Buggerru dimostrarono come la proposta giolittiana di una neutralizzazione del conflitto sociale valeva per le classi operaie attive nel settentrione ma escludeva il proletariato meridionale. lo sdegno indusse a proclamare il primo sciopero generale che durò dal 16 al 21 settembre 1904 e poter contare sul sostegno della maggioranza massimalista del partito socialista. lo sciopero paralizzò l'attività produttiva dell'Italia ma si rivelò senza successo, perché Giolitti ebbe l'accortezza di attendere che il moto esaurisce la sua spinta propulsiva, in questo modo evitò che degenerasse la situazione. le manifestazioni operaie avevano spaventato l'opinione pubblica borghese, ma Giolitti dimostrò come una grande mobilitazione di massa potesse essere gestita grazie al fermo controllo della forza pubblica e al ruolo di guida delle forze sindacali riconosciute. il Presidente del Consiglio prozio alla scioglimento anticipato delle camere nella convinzione che successe Luigi Luzzati che realizzò una riforma scolastica che rese obbligatoria la frequenza fino a 12 anni e sottrasse le scuole elementari dalle gestione dei comuni comuni per attribuirle allo Stato così da avere le risorse necessarie per compiere una serie di interventi strutturali, Giolitti utilizzò il governo Luzzatti per cercare di avere l’approvazione dei socialisti grazie al tema politico della concessione del suffragio universale maschile, Luzzatti elaborò una proposta che allargava il corpo elettorale,senza arrivare però alla concezione del suffragio universale, Giolitti volle quindi superarlo e si propose in parlamento a favore di una riforma integrale del voto che consentisse a tutti i maschi maggiorenni (anche analfabeti) di partecipare alle elezioni, questa mossa provocò la caduta del governo Luzzatti e determinò il suo ritorno al potere il programma di governo che vide socialisti votare a favore prevedeva l’introduzione del suo universale maschile e la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita con la nascita dell’Ina, l’intenzione era di ottenere le risorse per realizzare un sistema di sicurezza sociale per i lavoratori ma il progetto dovesse essere abbandonato a causa dell’opposizione dei privati. Il modo con il quale Giolitti promosse il governo Luzzatti e poi se ne sbarazzò segnò il culmine della sua influenza politica politica e della sua abilità manovriere e trasformistica in parlamento, consideravano quella spregiudicatezza che lo contraddistingueva una sorta di dittatura parlamentare priva di un autentico disegno politico che non fosse appunto ma mantenere del potere per il potere, nei giornali nacque l’antigiolittiani che veniva descritto come un soggetto capace di essere liberale e modernizzatore al Nord e di promuovere invece a sud le peggiori pratiche corruttive pur di mantenere in vita la maggioranza parlamentare fin quando però riuscì a garantire all’Italia una crescita economica dovuta appunto all’industrializzazione queste critiche rimasero comunque minori. LA PRIMA INDUSTRIALIZZAZIONE E LA QUESTIONE MERIDIONALE: nel corso dell’età Giolittiana si realizzò la prima ondata dell’industrializzazione italiana il paese inizia a spostarsi dalla periferia al centro del sistema capitalistico, il processo non si sviluppò in modo omogeneo in tutta la penisola ma certamente produsse cambiamenti strutturali come: • il contributo dell’industria la formazione del prodotto interno lordo che salì •i settori industriali trainanti furono il chimico/metallurgico/alimentare/tessile/minerario •aumentarono operai impiegati nell’industria L’imprenditori si organizzarono in un fronte comune per tutelare i propri interessi fondando l’associazione industriale italiana antenata dell’attuale Confindustria cui aderirono circa 2000 aziende, la fondazione di questa Confindustria fece emergere una classe imprenditoriale giovane e dinamica che diffusero un’etica del profitto e un interesse per l’innovazioni tecnologiche di tipo europeo anche se in incentrati sempre su un modello familiare di sviluppo capitalistico. Questa crescita produttiva si ottenne contraddicendo la teoria economica liberale, poiché avvenne ribadendo l’utilizzo di politiche protezionistiche cui si aggiunse poi un intervento dello Stato è un contributo del capitale bancario, la scelta di alzare le tariffe doganali per proteggere lo sviluppo dell’industria siderurgica consentì di prosperare al riparo della concorrenza straniera e di accumulare quel capitale iniziale, indipendente dall’estero, in grado di aiutare altri settori, gli investimenti pubblici consentirono la costruzione di infrastrutture stradali successivamente si sviluppò anche il settore idroelettrico che serviva a produrre l’energia necessaria a sostenere la crescita industriale della siderurgia. questo sviluppo industriale si concentrò in particolare nel cosiddetto triangolo industriale: Torino, Milano, Genova, prediligendo la produzione di ghisa/ acciaio, la meccanica di precisione e il comparto automobilistico con la nascita ad es della Fiat. l’industrializzazione toccò marginalmente zone del Veneto della Toscana dell’Umbria ma il meridione rimase escluso nonostante ciò il governi dell’età giolittiana emanò leggi speciali per lo sviluppo industriale anche di Napoli dell’Abruzzo e per la creazione di apposite arie tra Messina e Reggio Calabria, possiamo dire che lo sviluppo industriale del Nord comportò il sacrificio del sud che continuò a a fornire manodopera a basso prezzo attraverso un continuo movimento migratorio. La convinzione che la crescita del meridione non dovesse essere separata da quella del settentrione e che soltanto l’Italia nel suo insieme avrebbe tratto un vantaggi a livello globale costituì l’asse portante della cosiddetta “questione meridionale” tema che interessò esponenti della destra conservatrice, liberali, e socialisti, tale questione venne affrontata come fatto storico positivo che aveva salvato il sud da un destino di arretratezza, gli interventi di questi anni denunciarono una serie di caratteristiche del nostro meridione: • arretratezza e tendenza al parassitismo (l’imposizione della propria presenza come necessaria) proprio della grande borghesia agraria e meridionale •frammentazione dei partiti e delle associazioni sindacali • disponibilità alla corruzione •ruolo crescente della malavita organizzata •scarsa autonomia della società civile •sacrificio tributario sopportato. GUERRA E SUFFRAGIO UNIVERSALE: il quarto governo guidato da Giolitti fu sognato da due eventi in particolare: la ripresa della politica coloniale con l’avventura di Libia, e l’allargamento del suffragio esteso a tutti gli uomini. La scelta di rilanciare la politica coloniale italiana dipese dalla crescita del movimento nazionalista che assunse una dimensione politica sempre più definita, secondo cui appunto il paese doveva recuperare la sua politica imperialista e colonialista, tale messaggio cresceva soprattutto nella piccola media borghesia mobilitando masse di scontenti che Giolitti si propose di piegare ai propri fini di consolidamento del potere è ebbe l’occasione nel settembre 1911 quando trascinò l’Italia in guerra contro l’impero ottomano per il possesso della Libia, fu una scelta affrettata che però gli consentì di ottenere con una sola mossa ben cinque risultati: •recuperare consenso tra ceti borghesi facendo leva sull’orgoglio imperialista •riaffermare il prestigio internazionale dell’Italia •riequilibrare i rapporti di forza nel Mediterraneo •dividere il fronte socialista che si sarebbe appunto diviso in favorevoli/ contrari o neutralisti • rinsaldare i legami con l’opinione pubblica cattolica che avrebbe potuto presentare la guerra come una crociata civilizzatrice contro l’Islam. Come previsto il fronte socialista si divise di fronte alla prova della guerra: la corrente massimalista all’interno del quale stava emergendo la figura di Benito Mussolini riconquistò la guida del partito, essi cavalcarono l’opzione pacifista ottenendo l’espulsione di chi si era espresso a favore della guerra, proseguiva così la scomposizione del campo socialista. La guerra della Libia durò un anno, determinando spese ingenti e molte morti, nel dicembre 1911 l’Italia aveva occupato i principali centri costieri mentre nell’entroterra era impegnata a combattere la guerriglia delle popolazione beduine contro le quali effettuò un efferata repressione, nell’ottobre 1912 costrinse l’impero ottomano alla pace con il Trattato di Ouchy dove appunto si afferma il fatto che le province della TripoliTania e Cirenaica la sovranità italiana nelle province della Tripolitania e della Cireneica,che si estese anche ad alcune isole del Mar Egeo. La guerra italo turca costituì un evento significativo per almeno tre ragioni: •anticipò le cause della prima guerra mondiale perché accelerò le crisi dell’impero ottomano e contribuire a risveglio nei Balcani dei nazionalisti serbi •Costituì laboratori di sperimentazione di armamenti utilizzati poi nella prima guerra mondiale(aeroplani,radio automobili motociclette) •rappresentò un momento di eccezionale mobilizzazione della stampa che svolse un ruolo attivo nel formare l’opinione pubblica a sostegno del conflitto,sotto questo punto di vista Giovanni Pascoli tenne un importante discorso che avvicinò ancora di più l’opinione pubblica italiana essendo incentrato sui temi del “riscatto nazionale” e della “nazione oppressa”. All’ indomani della conquista Giolitti procedette a realizzare suffragio universale maschile che era un punto cruciale nel suo programma originario, nel maggio 1912 promosse l’approvazione di una nuova legge che ampliò il diritto diritto di voto a tutti i maschi anche analfabeti di età di 30 anni o maggiori di 21 che avevano la licenza elementare, e il parlamento bocciò un emendamento per garantire il voto anche alle donne, si trattò comunque di un enorme cambiamento democratico perché i cittadini aventi diritto di voto passano da 3 milioni a 8 milioni e mezzo. Per prepararsi alle elezioni del 1913, Giolitti avendo la consapevolezza che il provvedimento varato avrebbe avvantaggiato i socialisti e indebolito il controllo sul sistema clientelare costruito, si premunì di allargare le sue alleanze verso l’elettorato cattolico e si accordò nel 1912 con il presidente dell’unione elettorale cattolica, il conte Ottorino Gentiloni, con cui stipulò un apposito patto,sebbene il Papa non aveva revocato l’emendamento che privava ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche.Il patto Gentiloni stabilì che in cambio del finanziamento delle scuole private, della difesa dell’insegnamento cattolico negli gli istituti pubblici e della non introduzione del divorzio in Italia, i cattolici avrebbero votato nei collegi i liberali legati a Giolitti. Le elezioni del 1913 segnarono l’avanzamento del fronte progressista (socialisti, riformisti e radicali) e anche il funzionamento del patto ,infatti, su 304 deputati 228 entrarono in parlamento con il contributo decisivo dell’elettorato cattolico.
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