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appunti di tecnologie meccaniche, Sintesi del corso di Tecnologie Meccaniche

appunti di tecnologie meccaniche

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 29/03/2023

silvia-pasqualato
silvia-pasqualato 🇮🇹

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Scarica appunti di tecnologie meccaniche e più Sintesi del corso in PDF di Tecnologie Meccaniche solo su Docsity! LE TECNOLOGIE MECCANICHE Sono i processi che permettono di trasformare grezzi o semilavorati in prodotti finiti. Comportano il passaggio dal progetto alla realizzazione fisica dell’oggetto. Sono la base per poter “produrre”. Anche un oggetto come una graffetta ha dei requisiti di progetto (funzionalità, forma, estetica). Devo allora fare scelte progettuali, risolvere eventuali problemi tecnologici… Esempio di scelte progettuali: materiale, sezione, diametro, finitura, processo produttivo, dimensione del lotto. I prodotti complessi hanno un certo numero di componenti, materiali e tecnologie da applicare, mentre quelli semplici solo un componente, un materiale e una tecnologia. Ciascun componente del prodotto deve essere realizzabile con materiali adatti ed assemblabile opportunamente. Due tipi di produzione:  per processo -> elementi originali difficilmente identificabili, prodotto non scomponibile.  Per parti o manifatture -> prodotto finale formato da componenti discreti (parti) in numero finito, divisa in fabbricazione (lavorazione (trasformazione)) e assemblaggio (giustapposizione). LE TRASFORMAZIONI Trasformazione : variazione nel tempo di una o più proprietà della parte, ottenuta attraverso opportuni processi elementari. Il passaggio da stato iniziale a stato finale segue una traiettoria di trasformazione che non è univoca ma va opportunamente scelta in base a strumenti, costi altri parametri. La trasformazione può essere di forma e dimensioni, di finitura superficiale (rugosità), di caratteristiche meccaniche, di stato, di temperatura… Grezzo/semilavorato -> prodotto di partenza che vogliamo trasformare altri materiali -> materiali richiesti per la trasformazione (oli, refrigeranti…) o da aggiungere al grezzo finito/semilavorato -> prodotto ottenuto dopo la trasformazione sfrido -> materiale in eccesso presente sul grezzo e asportato durante la trasformazione scarto -> prodotti finiti/semilavorati che non rispettano le specifiche imposte. Se ho variazione di massa, essa può aumentare, restare costante o diminuire; se ho ∆ M<0 ,ho uno sfrido che spesso corrisponde proprio a ∆ M . Le energie scambiate possono essere meccanica, termica, chimica, elettrica. I processi elementari si classificano in: fusione/solidificazione, deformazione elastica, deformazione plastica, frattura, miscelazione. Le informazioni invece possono essere tecnologiche o gestionali. Le risorse sono: > macchina -> fornisce l’energia necessaria per attuare la trasformazione > utensile -> permette il trasferimento di energia dalla macchina al grezzo/semilavorato > attrezzatura -> consente al grezzo/semilavorato di essere integrato nella macchina. Partendo dallo stesso stato iniziale, il risultato finale ottenuto può essere diverso, infatti si parla di variabilità del risultato (dovuta disturbi che non si possono azzerare). È importante che la variabilità del risultato sia contenuta nell’intervallo di tolleranza; se ciò non fosse verificato, il processo andrebbe migliorato o cambiato. PROCESSO DI FONDERIA È tra le tecniche più antiche di trasformazione, da’ forma al metallo partendo dallo strato liquido e versandolo in una forma (cavità) attraverso la colata, per poi aspettare che si solidifichi, i manufatti ottenuti si chiamano getti. Per estrarre il grezzo, distruggo la forma (che si dice “a perdere”) o apro la cosiddetta conchiglia (forma di solito metallica). Dalla fine dell’Ottocento, la fonderia ha assunto carattere industriale. Il processo inizia quindi con la creazione di una cavità (forma) che sia negativo del pezzo. Per creare oggetti cavi, nella forma introduco un oggetto detto anima dalla forma desiderata, che occupa il volume che deve restare vuoto. In fonderia posso usare solo alcuni materiali, cioè quelli con ottima fusibilità e colabilità.  di solito una buona fusibilità si ha se la temperatura di fusione è massimo 1500/1600°C.  Il materiale deve riempire completamente la forma senza solidificarsi subito e senza che ci sia segregazione (separazione di parti della colata (vari elementi chimici presenti)) durante la solidificazione. La forma può essere di due tipi: - a perdere (transitoria) -> di solito in terra - non a perdere (permanente) -> di solito in conchiglia (per gravità sottovuoto, pressofusione) Alcuni problemi che si possono generare sono il ritiro in fase liquida, cavità di ritiro, ritiro in fase solida, tensioni di ritiro, formazione di cricche a caldo. Altri elementi da considerare sono: angoli di sformo o spoglie, raccordi su spigoli and angoli, accorgimenti per fori e sotto quadri (per i quali servono le anime). distanza massima tra raggio bordo piastra pari a circa 2,5 volte lo spessore), questo fenomeno viene detto effetto di estremità. Grado di influenza + effetto di estremità = zona protetta. L’effetto di estremità può essere aumentato usando raffreddatore esterno. Le materozze si collegano getto tramite un collare, che faciliti l’asportazione della materozza. Spesso si inserisce del refrattario per non separare materozza e getto durante la solidificazione. TENSIONI DI RITIRO Dopo la solidificazione, il materiale deve raffreddarsi fino a temperatura ambiente e ciò non avviene in modo omogeneo se le sezioni del getto sono diverse tra loro. Dal grafico tempo-temperatura posso disegnare la tangente alla curva, cioè la rappresentazione grafica della velocità di raffreddamento, ad un determinato tempo t0, va-vb, prima di t0, avrò va<vb (o viceversa). Se indichiamo con σgli sforzi, prese barre vincolate e di sezioni diverse vedrò che durante il raffreddamento avrò sforzi di compressione su una e trazione sull’altra, fino a t=t0, quando si invertono. Ad alte temperature è la barra sottile a subire trazione, mentre dopo t0 questi sforzi vengono subiti dalla barra spessa. Facendo la sovrapposizione degli effetti, cioè sommando istante per istante gli effetti di trazione compressione, vedo che gli sforzi sono più intensi a basse temperature. Avrò alla fine del processo sforzi di compressione nei componenti snelli e forze di trazione nei componenti massicci. Per compensare gli sforzi, avrò una deformazione (opposta agli sforzi impressi sulla forma) e la possibile a formazione di cricche. Per limitare al massimo le tensioni, faccio raffreddare il getto molto lentamente in modo che le velocità di raffreddamento delle varie sezioni siano sostanzialmente uguali. CRICCHE A CALDO Se il ritiro del pezzo è ostacolato da qualcosa (per esempio forma o conchiglia), le tensioni in prossimità di spigoli vivi aumentano gli sforzi e creano cricche a caldo. Per evitarle, posso usare raggi di raccordo al posto degli spigoli vivi. Per dimensionare le quote della forma, devo invece tener conto che ∆ L=L0∗∝∗∆T=L0∗rit% (questo ritiro è lineare, mentre quello volumetrico serve per dimensionare le materozze). Se prevedo lavorazioni per asportazione di truciolo, devo aggiungere del sovrametallo sul getto per far si che a temperatura ambiente abbia dimensione maggiore di quella finale voluta, per permettere le lavorazioni a freddo. Qf=(Qn+/-sovrametallo)+(Qu+/-sovrametallo)*rit% Qf= quota finale, Qn=quota nominale Il +/- indica che aumento la quota se aggiungo il sovrametallo all’esterno, mentre la riduco se aggiungo sovrametallo all’interno (per esempio nei fori). Per poter estrarre il pezzo della forma, le superfici perpendicolari al piano di divisione delle staffe devono essere opportunamente inclinati, cioè vanno creati sformi e spoglie. Per le cavità in terra, si usano modelli in legno o metallo. Anche gli angoli di spoglia (come ritiro% e sovrametallo) sono tabellati in base al materiale. Anche i raggi di raccordo sono fondamentali e vanno aggiunti su angoli e spigoli, sia per limitare le tensioni che per evitare che la terra si stacchi all’estrazione del modello. I raggi sugli angoli sono i più ampi possibili, mentre sugli spigoli di solito il valore è pari a quello del sovrametallo (per rendere minimi gli sprechi ma anche per permettere lavorazioni). Per realizzare fori inserisco nella forma un’anima (sempre in terra (ma diversa dalla forma)) le cui dimensioni tengono conto di ritiri e sovrametalli, per poter inserire l’anima aggiungo le cosiddette portate d’anima. Quando il foro si raffredderà, si stringerà attorno all’anima, la quale si romperà. Le portate da anima sono sia quelle del modello, sia quelle della forma, sia quelle dell’anima stessa. Anche i sottosquadri vanno spesso realizzati, essi sono angoli acuti tra la superficie esterna e le altre pareti (esempio incassi a coda di rondine oppure ). Se usassi modello della forma del sottosquadro, avrei ovvi problemi durante l’estrazione. Realizzo il modello come se il sottosquadro non esistesse, poi aggiungo delle portate d’anima in corrispondenza delle porzioni da lasciare vuote e creo un’anima adeguata. Le portate d’anima non entrano in contatto con il metallo fuso. SISTEMI DI COLATA I canali di colata sono le canalizzazioni che permettono l’introduzione del metallo liquido nella forma. Nella colata in gravità non ci sono sistemi che pressurizzano il liquido, ma il metallo viene semplicemente versato nel bacino, da qui nel canale e poi nel piede (una specie di bacino), dal quale si divide poi attraverso i vari attacchi per arrivare nella zona del getto. Il canale è un tronco di cono per evitare turbolenze che ingloberebbero bolle d’aria nel metallo. La colata può essere: - diretta: il canale porta direttamente al getto, comporta il problema delle gocce fredde (schizzi rubinetto) e dell’erosione della forma. - In sorgente: l’attacco del canale di colata apre sul fondo della forma, il riempimento è più graduale e l’erosione è minore. - In piano: l’attacco di colata è sul piano di divisione delle staffe, riduce il salto della colata diretta e riduce la complessità di quella in sorgente. Dal punto di vista pratico è spesso la via migliore. DIMENSIONAMENTO DEI SISTEMI DI COLATA Lo scopo è riempire completamente e rapidamente la forma, pur evitando flussi veloci e turbolenze, senza che la scoria (presente nel metallo fuso) entra all’interno, facendo sì che il fluido si distribuisca contemporaneamente nelle varie parti del getto, sempre controllando il gradiente termico. Il canale deve permettere di riempire la forma entro il tempo di solidificazione del metallo ed entro il tempo critico (dopo il quale la forma comincia cedere). Elementi del sistema: bacino, canale, canale distributore, attacchi, trappole/filtri/pozzetti. Trappole, filtri e pozzetti servono di solito per le scorie, che vanno fermate nel bacino di colata e nel canale distributore sfruttando il fatto che galleggino o precipitino. I sistemi possono essere pressurizzati o non pressurizzati, a cambiare sono i rapporti tra le sezioni di canale di colata, canale distributore e attacchi di colata. In quello pressurizzato le sezioni via via diminuiscono, in quello non pressurizzate invece aumentano. La sezione di strozzatura è la sezione più piccola (corrisponde a quella del canale di colata nel sistema non pressurizzato e a quella degli attacchi nel sistema pressurizzato). Questa sezione è quella che va dimensionata, perché le altre si ricavano coi rapporti. => Scriviamo un bilancio di portata: Q γtr = V tr ma Qm=Ss*v => Ss= Qm v = V tr∗v . Dove Q= peso del getto, g= peso specifico del metallo, tr= tempo di riempimento, V= volume del getto (con materozze), Ss= area sezione di strozzatura, v= velocità del metallo nella sezione di strozzatura. Nella formula Ss= V tr∗v , so che V è noto, mentre tr si calcola come tr=3,2∗√Qoppure tr=o ,32∗s∗Q0.4 , dove Q= peso del getto, s= spessore medio del getto. Nota bene: le due formule del tr sono empiriche, non dimostrabili ma ricavate dalla pratica. La prima formula di tr serve per i casi generici, mentre la seconda si usa con pezzi di geometria nota su cui è facile ricavare lo spessore medio (per esempio con le piastre). Nota bene: se il tr che trovo non è nel minore del tempo critico e di inizio solidificazione, nella formula inserisco uno di questi due. =>Nella formula di Ss inserisco il minore tra tr, tcritico, tsolidificazione. Anche il tempo di solidificazione ts ha due formule: ts=km*M^1,71 o ts=ks*s^1,71 (scelgo prima o seconda come faccio con quelle di tr). La velocità v nella formula di Ss si calcola invece usando il principio di Bernoulli: v=c∗√2 gHm dove c= perdite di carico, Hm=altezza del pelo libero. Nota bene: v deve sempre essere <=1m/s, per evitare turbolenze ed inclusioni. - Soffiature -> presenza di bolle di gas non evacuate, le cavità sono sferiche e con superficie interna liscia. - bave di piccolo spessore -> giochi negli accoppiamenti della forma, si creano di più a temperatura alta (il metallo è più fluido e meno viscoso). - Bave spesse ed estese -> eccessiva spinta metallostatica, non contrastata dal fissaggio delle staffe. - distacco di sabbia -> erosione su alcune parti della forma, scarsa coesione della sabbia o scarsa permeabilità locale, si può creare ad esempio quando estraggo il modello dalla sabbia da formare, oltre che nei casi sopra elencati. - Fratture a freddo -> eccessive tensioni di ritiro durante il raffreddamento in fase solida - Cricche -> eccessive tensioni di ritiro in corrispondenza di parti (mal) raccordate, spesso corrette con saldatura. - Riprese -> congiunzione di due vene fluide a temperatura troppo bassa o con superfici ossidate - buccia d'arancia -> terra mal rigenerata, problema “estetico” dell'elevata rugosità. - Pezzo incompleto -> solidificazione anticipata di una parte (di solito è di spessore sottile). DEFORMAZIONE PLASTICA Le tre modalità principali di deformazione sono trazione, compressione e taglio. Nelle prime due le forze sono perpendicolari delle superfici, nella terza sono parallele. Le tre prove omonime servono a fornire dati sul comportamento del materiale sottoposto alle tre di formazioni. La prova di compressione “schiaccia” il provino tra due stampi piani e fornisce dei dati del tipo sforzo-deformazione (come la prova di trazione); serve di solito per processi di stampaggio massivo. La prova di torsione usa provini cilindrici cavi, con sezione centrale ridotta (scarico); le due estremità sono collegate a due mandrini, uno fisso e uno che ruota; nel grafico rappresentante la deformazione angolare e lo sforzo τ di taglio, avendo il modulo di taglio G come coefficiente angolare. Se uso un approccio “tecnologico produttivo”, parto dalle proprietà del materiale per sviluppare gli attori (macchine, attrezzature, utensili) necessari alle trasformazioni, per poi fissare un obiettivo e ottimizzare i parametri di processo in funzione di esso. L'approccio “costruttivo” fissa un coefficiente di sicurezza e in base a quello e al materiale stabilisce attraverso calcoli le forze massime sopportabili prima della rottura. La deformazione può essere a caldo (perché la resistenza interna diminuisce ad alte temperature), a freddo (se voglio ottenere già un prodotto finito) o a tiepido; in inglese sono hot, cold and warm. - Lavorazioni a freddo -> avvengono a temperatura ambiente (20 ° C), siccome trasferisco energia per deformare, il pezzo può saldarsi leggermente. - Lavorazioni a tiepido -> si scalda il materiale circa alla temperatura di ricristallizzazione (circa 0,4*Tfusione). - Lavorazione a caldo -> si scalda il materiale sopra la temperatura di ricristallizzazione, cioè il 1000-1200 ° per acciai, 430 ° per alluminio, 600-800 ° per gli ottoni. La pressione diminuisce all'aumentare della temperatura, mentre la tattilità aumenta (la duttilità è l'integrare del grafico δ−ε), a freddo ho elevati sforzi e quindi lavoro componenti piccoli, a caldo lavoro oggetti molto più massivi ma ho spesso formazione di scaglie dovuta all'ossidazione. La ricristallizzazione è il rimpiazzo di una struttura cristallina a grani deformati con una in cui i grani non abbiano tensioni o distorsioni; nella deformazione a caldo, posso avere ricristallizzazione dinamica (cioè durante il processo) o statica (cioè appena dopo il processo). Quella dinamica dipende soprattutto dalla temperatura, mentre quella statica è influenzata anche da deformazione ε e dalla velocità di deformazione ε °. In generale, ad influenzare la resistenza meccanica sono temperatura e velocità di deformazione. Aumentando la temperatura, il carico di rottura scende, mentre sale aumentando ε °(a caldo). L'influenza di ε °diventa davvero rilevante soprattutto al di sopra della temperatura di ricristallizzazione e di pari passo diventa quasi ininfluente la deformazione in sé (la curva si appiattisce). A caldo più aumento ε °e più aumentano gli sforzi e la resistenza del materiale (infatti a caldo il materiale ha un comportamento viscoplastico, cioè in parte viscoso: la densità aumenta di pari passo con ε ° ¿ . A freddo, noto che al contrario εha molta più influenza di ε ° , la cui curva si appiattisce, posso quindi fare più passaggi ma con elevata velocità (esempio stampaggio progressivo). Le lavorazioni per deformazione plastica sono: - laminazione -> di sbozzatura, di semifinitura, di finitura. - Estrusione -> diretta, inversa, per urto, posso avere anche qui finiti o semilavorati. - Trafilatura -> di fili, di barre, di tubi. - Forgiatura -> fucinatura, stampaggio, operazioni successive. - Lavorazioni lamiere -> piegatura, imbutitura, taglio. Uso forgiatura di primo grado per avere semilavorati da lavorare ancora o prodotti finiti. MACCHINE PER LO STAMPAGGIO Comprendono magli e presse, entrambi hanno una parte fissa (su cui posiziono il materiale) e un organo mobile (che esercita sul materiale la forza necessaria alla deformazione). I magli si descrivono in base all'energia disponibile, le presse in base alla forza disponibile. In generale, caratteristiche tecniche oltre ad energia e forza sono anche rendimento, colpi al minuto, tempo di contatto sotto carico, velocità sotto carico. Altra classificazione: macchine ed energia delimitata (magli, per essere vite), a corsa delimitata (presse ad eccentrico e a ginocchiera), a forza delimitata (presse idrauliche), servopresse. Nei magli, la parte mobile e la mazza e quella fissa l'incudine. Il maglio a semplice effetto trasferisce l'energia grazie alla caduta libera della mazza; quello doppio effetto ha un'ulteriore accelerazione, impressa da un fluido in pressione; quello a contraccolpo ha la particolarità di avere anche l'incudine mobile. Per sapere quanta energia la mazza trasferisce al pezzo, uso la variazione di quantità di moto della mazza, oltre alla variazione di energia di mazza e incudine. M*v1=(m+M)v2 ΔΕ 1= m(v2 2 −v1 2 ) 2 ∆ E2= M v2 2 2 ΔΕ=ΔΕ1+ΔΕ 2 sviluppando le tre equazioni, ottengo alla fine che ∆ E= −1 2 mv1 2∙ 1 1+ m M , dove ho che m=massa mazza, M=massa incudine, v1=velocità di caduta della mazza. −1 2 mv1 2 è quindi l'energia cinetica, quanta di essa viene trasferita dipende dal secondo termine. Il caso ideale è quello con 1 1+ m M =1 , cioè con m M →0¿trasferirei tutta l'energia). Per fare ciò dovrei avere m ->0 (ma tenderebbe a zero anche l'energia cinetica), oppure avere m -> ∞ ¿cioè nella pratica, avere un’incudine con massa molto elevata). Di solito M è circa 15-10 volte m. Le presse vite (o bilanciere) usano una filettatura per mettere in movimento la traversa mobile. Il disco orizzontale funge anche da volano; i due dischi verticali possono essere messi a contatto uno alla volta con quello orizzontale e in base a ciò cambia il verso di rotazione di quest'ultimo; una delle due rotazioni avvita la vite, l'altra la svita. Il gruppo volano-vite-slitta viene quindi prima accelerato e poi riportato al punto morto superiore. 3. Sbozzatura/fucinatura -> deformazione preliminare (non sempre presente) 4. Stampaggio -> operazione al maglio o alla pressa 5. tranciatura delle bave -> rimozione delle bave attraverso un'altra pressa. Lo stampaggio permette di incrementare le caratteristiche meccaniche del pezzo, poiché le fibre si orientano per aumentare la resistenza (sono fortemente deformate e incrudite). Forgiatura -> stampaggio di pezzi massivi con stampi aperti (solitamente piani e con geometria semplice). FORZA ED ENERGIA DI STAMPAGGIO La formula per la forza è Fmax=δm∙ S ∙(1+2 f b s )∙ η Dove: - δ m=¿resistenza media dello stampato alla deformazione - S=¿superficie del pezzo sul p.d.s., più superficie della bava - f=¿coefficiente d'attrito (nota bene: gli stampi sono sempre d’acciaio) - b , s=¿larghezza e spessore della camera scartabava (b è il tratto “stretto” della camera) - η=¿ coefficiente che dipende dalla geometria del pezzo, dipende dal rapporto lunghezza/larghezza media. Per ricavare δm, la formula è δ=K ' ∙ ε ∘m, dove K’ e m sono tabellati (ricavati sperimentalmente) e dipendenti dal materiale e temperatura di stampaggio, mentre ε ∘è data da ε ∘= v hm , dove v= velocità di discesa dello stampo, hm= altezza media dello stampato. Calcolo δ per il pezzo e per la bava (differiscono perché ho temperature diverse) e trovo poi δm= δ p∙ Sp+vb ∙ Sb S dove Sp, Sb, S sono le aree di pezzo, bava (50%) e totale. (solitamente K’p<K’b e mp<mb). Dalla forza posso poi ricavare l'energia: E=∫ 0 c F ∙dh dove c= corsa di stampaggio (dal punto di contatto al punto morto inferiore). Nella curva di F, ho un forte incremento nel momento in cui si forma la bava. Siccome però l'integrale della E non si riesce a calcolare analiticamente, devo ricorrere ad una forza media e calcolare E come E=Fmedia*corsa. Fmedia=λ ∙ Fmax=(0,15 :0,25)∙ Fmax. (λ è basso con geometrie semplici e corse elevate, mentre è alto per geometrie complesse e corse ridotte). LAMINAZIONE Quella piana è un processo che riduce una delle tre dimensioni di un corpo a forma di parallelepipedo, trascinando l'oggetto attraverso due cilindri rotanti in senso opposto e ad assi paralleli. Riducendo lo spessore, almeno una delle dimensioni (la lunghezza) aumenta. Nota bene: quando si parla di laminazione all'esame, non si intende solo quella piana (la più semplice), ma anche delle altre (per esempio quella obliqua per i tubi); la cosa in comune sono i cilindri rotanti. I prodotti ottenibili possono essere diversi: prismi di varie forme, lamiere nastri, tubi (forati o tubi veri e propri), profilati. In base a larghezza e spessore classifico i prismi in bidoni, bramme, billette, blumi; i primi hanno spessore minore di 50 mm. I profilati hanno varie geometrie: Lo spintore appoggia la barra sui rulli e la spinge all'inizio; sulla superficie deformata a contatto col rullo ho una forza di attrito; detto ϕ l'angolo d'ingresso (tra punto di contatto e centro del cilindro e asse verticale) ho la componente di attrito Tcos ϕ, poiché c'è anche una forza Psenϕ, la barra procede se Tcosϕ≥Psenϕ, cioè T p ≥ tan ϕ; chiamo f il coefficiente d'attrito, definita f come f=T/P, la condizione di trascinamento è f ≥ tan ϕ . Se non è verificata, o aumento il coefficiente d'attrito dei cilindri (ma peggioro la rugosità del pezzo) oppure riduco l'angolo ϕe (quindi il rapporto di laminazione Ho/Hf) e faccio più passaggi. La gabbia di laminazione è formata da un motore, trasmissione, ruote dentate, giunti cardanici, cilindri rotanti; le ruote dentate servono a “sdoppiare” la rotazione di un singolo albero. La luce tra i cilindri è regolabile traslando una traversa mobile. - Calibri aperti -> cil. sagomati e con sagoma distribuita su entrambi - calibri chiusi -> cil. sagomati e con sagoma solo su uno dei due Per ottenere certe geometrie, devo mettere insieme (in successione) vari cilindri (e quindi varie gabbie di laminazione); una successione di gabbie è detta treno di laminazione. PRODUZIONE DI TUBI A tre fasi: colata continua -> forato -> finitura Il forato è un tondo con foro al centro; le dimensioni sono 1-3 m di lunghezza e anche 250 mm di diametro (sono quindi molto grandi), forati e finiti si ottengono per laminazione. I processi per forati sono Mannesmann Stiefel e presso foratore. Laminatoio obliquo (Mannesmann): - la barra mentre avanza è messa in rotazione dai cilindri con assi sghembi a sezione tronco-conica (i cilindri ruotano nello stesso verso). - la forma dei cilindri tronco-conici schiaccia progressivamente il materiale, aumentando gli sforzi - il materiale al centro si rompe e solo allora interviene la punta di calibrazione (che appunto calibra il foro ma non lo genera) - i cilindri hanno motori e catene cinematiche indipendenti - il foro al centro si forma perché c'è compressione sulla congiungente i punti di contatto e trazione perpendicolare ad essa; poiché il pezzo ruota, il centro della barra subisce alternativamente compressione e trazione e quindi si rompe per fatica (anche perché gli sforzi sono crescenti). Il processo Stiefel è concettualmente uguale ma usa dischi tronco conici al posto dei cilindri. Il laminatoio presso foratore modifica la geometria esterna del pezzo con cilindri folli (non motorizzati). Posso ottenere forati anche con la pressa a forare, che crea una sorta di estrusione inversa. I laminatoi servono anche per la finitura dei tubi e possono essere a passo di Pellegrino, continui, a spinta o riduttori stiratori. Laminatoio a passo di Pellegrino: - il forato è montato su un mandrino, che dà il moto avanti e indietro e razionale. - il diametro interno e quello del mandrino coincidono. - il materiale del forato viene “schiacciato” sul mandrino per calibrare i diametri interno ed esterno. - La sezione dei cilindri motorizzati è a “fagiolo” (come una camma) e ciò permette l'alternanza di fasi di lavoro e non lavoro senza fermare i cilindri. - Durante la fase di non lavoro, il mandrino spinge di nuovo avanti il forato e lo ruota - è un processo un po’ lento non troppo preciso. Laminatoio continuo: - anche qui c'è un mandrino che cambia il diametro interno. - cilindri di laminazione a coppie sfasate di 90 ° schiacciano il forato sul mandrino. - ogni gabbia è motorizzata, mentre il mandrino è folle. Banco a spinta: - simile al laminatoio continuo, ma con cilindri folli e mandrino che spinge il forato - ovviamente la luce dei cilindri diminuisce man mano, come sempre - il diametro interno è sempre quello del mandrino - di solito ogni gabbia ha tre cilindri a 120 ° (non 2 a 180°). Laminatoio riduttore stiratore: - non ha spina o mandrino per calibrare il diametro interno - le gabbie hanno tre cilindri a 120 ° e sono sfasate di 60 ° rispetto a quella precedente. - Modificando la velocità di ogni gabbia, posso far “stirare” il materiale tra le gabbie. - Solitamente la velocità delle gabbie è crescente, richiede un continuo raffreddamento. - Deep-drawing : più simile allo stampaggio, si hanno sollecitazioni di compressione. Il processo è simile alla punzonatura, ma la lamiera viene solo deformata e non tagliata; per questo motivo, il gioco è maggiore dello spessore della lamiera (solitamente del 10%). Oltre alla matrice e al punzone, c'è sempre il prelamiera. Gli oggetti ottenuti possono essere con o senza flangia, a seconda che il processo si fermi prima o dopo che tutta la lamiera sia nella matrice. Gli strati di sforzo sono molto articolati e variano nel tempo. Con più step la lamiera si può riposizionare con lo stesso orientamento (imbutitura diretta) o orientamento diverso (imbutitura inversa). Per predisporre un'operazione di imbutitura, vanno calcolati: - forma e dimensioni della lamiera di partenza (circolare, quadrata, rettangolare, sagomata…) - calcolo di rapporto di imbutitura e numero di passaggi - dimensionamento di punzone e matrice (ma anche con anche raggi di raccordo, oltre al gioco) - pressione e forza del prelamiera - forza di imbutitura - energia necessaria Per stabilire il numero di passaggi, confronto Do Df con un valore di riferimento, se il rapporto è inferiore, basta un solo passaggio, altrimenti ne servono di più; Do è il diametro della lastra o anche dell’imbutito precedentemente ottenuto. Con solidi assialsimmetrici, la lamiera iniziale è un disco di diametro D, il cui spessore si suppone resti costante; detto SI la sezione e ∑ Si lo sviluppo della sezione, ricavo D: D=√ 4π ∑ Si=1,128√∑ Si; in realtà lo spessore varia e posso usare un D più piccolo dell'1-5%. Il rapporto di imbutitura è β= D d (diametro sul disco su diametro punzone), mentre βtot è il rapporto tra il diametro iniziale il diametro del pezzo finito, per il primo passaggio ho β max=1,7−2 , per i passaggi successivi i valori sono circa 1,33-1,25-1,15 (se non faccio ricottura). Il β max si calcola con la formula β max=β idC1C 2C3C 4C 5C6 , dove Ci<=1 e: - β id=¿il rapporto massimo ideale, pari a quello del primo passaggio - C1=¿tipo di lubrificazione - C2=¿raggio rp del punzone rispetto allo spessore S - C3=¿raggio rm della matrice rispetto allo spessore S - C 4=¿diametro (disco o imbutito precedente) rispetto allo spessore - C5=¿tipo di isolamento (se il disco è vincolato al nastro di lamiera, esso non è isolato e la lamiera non fluisce liberamente - C6=¿ numero del passaggio in corso (più è alto, più il coefficiente diminuisce). Ovviamente queste verifiche si ripetono solo se nei vari passaggi β>βmax . I difetti più comuni sono la grinzatura e la rottura. Le grinze sono sulla flangia ma possono entrare tra matrice e punzone: per evitarle, aumento la forza del premilamiera, che però aumenta attrito e tensioni. Questo aumento di trazione porta ad assottigliamento eccessivo e quindi a rottura. Va quindi trovata una via di mezzo per evitare i due problemi.
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