Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti Diritto Canonico, Appunti di Diritto Canonico

Appunti di diritto canonico per studenti frequentanti e completi per affrontare l'esame scritto di fine corso.

Tipologia: Appunti

2017/2018

In vendita dal 15/11/2018

Lucidip
Lucidip 🇮🇹

4.6

(23)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti Diritto Canonico e più Appunti in PDF di Diritto Canonico solo su Docsity! Il diritto canonico è un diritto non statale sovranazionale (insieme al diritto internazionale). Sovranazionale vuol dire che va oltre i confini di una determinata nazione o di un determinato stato. Regolamenta quindi la vita di tutti i fedeli di cristo (cattolici). È il diritto dell’ordinamento della chiesa cattolica. Il diritto canonico c’è ovunque ci sia un cattolico. Il diritto canonico ha un’estensione territoriale che è collegata alla presenza di un cattolico. Il diritto ecclesiastico è un diritto statale che regolamenta il fenomeno religioso, sia con norme unilaterali dello stato e sia con norme pattizie che derivano da accordi tra le confessioni religiose e lo stato. Il diritto ecclesiastico regolamenta anche il fenomeno della non credenza. Essendo il diritto di libertà religiosa previsto dalla nostra Costituzione, di conseguenza è previsto anche il suo aspetto negativo, cioè il diritto di non appartenere a nessuna confessione religiosa. Quando parliamo di diritto canonico facciamo riferimento solo ed esclusivamente all’ordinamento della chiesa cattolica. Il diritto canonico è un diritto confessionale. Chiesa – stato/città del Vaticano – Santa sede sono espressioni tra loro molto diverse. • CHIESA: non è l’edificio di culto ma con questo termine si indica il popolo di dio (gruppo di tutti i fedeli). Un tempo si diceva che il popolo di dio era composto dai cristi fidelis (fedeli in cristo. Si diventa fedeli in cristo con il battesimo. Quando si è fedeli si entra a far parte della chiesa cattolica. Il battesimo colloca immediatamente i fedeli nel popolo di dio. La chiesa è quindi l’insieme di tutti i battezzati. Il battesimo è un sacramento. I sacramenti sono incancellabili. Uno dei sacramenti è il sacramento dell’ordine (per chi diventa prete) e si dice che una volta diventato sacerdote si rimane tale. Come fa la chiesa a cancellare un sacramento dal momento che tutti i sacramenti, per definizione, sono per sempre? La chiesa ha emanato una norma interna che dice che la chiesa non può cancellare il battesimo ma può non contare una persona come battezzato. può far sì che la richiesta sia in ordine alla privacy di un soggetto. Questa richiesta di non essere annoverato tra i membri della chiesa comporta un rifiuto della religione cattolica. Questo ti mette nella posizione di essere scomunicato e quindi la chiesa non ti ritiene più un membro della chiesa (non puoi avere un funerale religioso, non puoi essere testimone in un matrimonio religioso ecc…). Questo fino a quando una persona si pente di quello che ha fatto e si ritorna in comunione con la chiesa. • STATO DELLA CITTA’ DEL VATICANO: è a tutti gli effetti uno stato e quindi si tratta di un ordinamento statuale. Nasce nel 1929 per risolvere la questione romana che sorse quando i sardo-piemontesi crearono l’unità d’Italia e quindi a farne i conti furono tutti gli stati dai quali era separata l’Italia (patti lateranensi 1929). I patti erano composti da due documenti: 1 uno era il trattato con il quale si disegna lo stato/città del vaticano e l’altro era il concordato con il quale si disponeva in ordine alla posizione dei cittadini italiani cattolici. • SANTA SEDE: con questa espressione si indica il pontefice e gli stretti collaboratori del pontefice. La responsabilità di ciò che dice la santa sede è il pontefice in persona. Di solito il pontefice quando rivolge messaggi agli stati utilizza la segreteria di stato, un organo della curia romana. Unioni civili: la chiesa è molto avversa rispetto a questo tema perché un punto fondamentale è quello della procreazione. La razza umana ha bisogno di esistere. Questa è una regola di diritto naturale. Il nostro ordinamento certamente è stato influenzato dal diritto della chiesa ma pian piano è andato in modo autonomo. Il diritto canonico è un diritto vigente da circa 2018 anni. Possiamo indicare la nascita del diritto canonico con la prima attività pubblica di cristo. La chiesa nasce nel 33 d.C. mentre le prime norme giuridiche sono i primi insegnamenti di cristo attraverso i vangeli. Un diritto con tutti questi anni è un diritto che ha visto di tutto e di più. Possiamo distinguere tra ius vetus, che va dall’anno 0-33 d.C. ed arriva al 12° secolo (intorno al 1130/1140). Questo è anche l’anno in cui possiamo collocare l’opera di Graziano, cioè il decreto del maestro Graziano. Questo decreto apre un nuovo periodo del diritto canonico. Dal 12° secolo inizia il periodo dello ius novum, fino ad arrivare al concilio di Trento (1545-1563). In seguito si apre un nuovo periodo per il diritto canonico che chiameremo ius novissimum (diritto canonico contemporaneo). Quando cristo diffonde la sua parola non era visto molto bene dall’impero romano, tanto che alla fine l’hanno fatto fuori. La prima chiesa era una chiesa clandestina. *La prima data importante in questo primo millennio di vita del diritto canonico è l’editto di Milano del 313 d.C. ad opera di Costantino. *Circa un secolo dopo cade l’impero romano d’occidente (476 d.C.). Si crea quella grande divisione tra occidente ed oriente. L’impero romano d’oriente continua a sopravvivere, mentre l’impero romano d’occidente non esiste più. Abbiamo quindi quella famosa differenza tra la chiesa latina, cioè la chiesa che generalmente ha avuto sede a Roma e ha vissuto la fine dell’impero romano d’occidente e la chiesa orientale, che ha sede a Costantinopoli ed è in comunione con la chiesa latina, che invece ha continuato a vivere all’interno dell’impero romano d’oriente (che cade nel 1473 d.C.). È chiaro quindi che la chiesa d’oriente rimane separata dalla chiesa d’occidente per moltissimo tempo ed acquista quindi delle caratteristiche tutte particolari. *Passando al periodo dello ius novum possiamo ricordare il concilio di Trento (1545-1563) 2 Esiste un organo collegiale (concilio ecumenico) nel diritto canonico ma non si conforma a principi democratici. Le fonti di produzioni le possiamo distinguere per autore: • Pontefice • Norme conciliari: hanno potere normativo solo se autorizzate dal pontefice (concilio ecumenico). • Norme che derivano dai vescovi: le norme episcopali. La conferenza episcopale italiano è l’organo composto da tutti i vescovi della nazione italiana. Possiamo dividere le fonti di produzione anche in base alla tipologia: • Fonti di diritto universale e fonti di diritto particolare: norme dirette a tutti o ad un particolare gruppo di cattolici. • Fonti di diritto divino e fonti di diritto umano: norme divine sono necessariamente universali mentre le norme umane possono essere sia universali (se emanate dal pontefice o concilio ecumenico) che particolari (se emanate dai vescovi o dal collegio dei vescovi). La fonte emanata dal pontefice è una fonte di diritto umano e deve comunque rispettare le fonti di diritto divino. L’ordinamento canonico è un ordinamento rigorosamente gerarchico. Le norme, fino a questo punto, provengono solo dall’autorità (pontefice, singoli vescovi o organo collegiale dei vescovi), Il diritto canonico ammette però che alla legge si possa aggiungere anche la consuetudine. Quindi, nel diritto canonico, fonte di produzione è anche la consuetudine. È un comportamento ripetuto nel tempo da un gruppo sociale (elemento oggettivo), il quale pone in essere questo comportamento con una particolare convinzione, cioè che sia obbligatorio. Questo però non basta perché se io vengo in un borgo tutti i giovani alle 17 prendono il the, questa non può essere considerata una consuetudine. Occorre l’opinio iuris ac necessitatis (elemento psicologico: la convinzione che si tratti di un comportamento giuridicamente rilevante e obbligatorio). La consuetudine non potrà mai andare contro la legge. è l’unica fonte che proviene dal basso. Ammettiamo una consuetudine secondo la legge (secundum lege), che evita ad un legislatore secondario di emanare regolamenti attuativi della legge ed una consuetudine oltre la legge (praeter legem) e va a regolare ciò che la legge non ha ancora regolato. Esiste anche una consuetudine contro la legge (contra lege), la quale non è ammessa negli ordinamenti secolari. Non puoi seguire un comportamento contro la legge e pensare che quel comportamento sia legge. 5 Il diritto canonico, invece, ammette tutti e 3 i tipi di consuetudine. Può ammettere la consuetudine contram lege solo ed esclusivamente contro la legge di diritto umano. Questo potrebbe essere un comportamento derivante dall’’interpretazione di un principio di diritto divino non completamente rispettato o parzialmente ignorato dal legislatore umano. Quindi la comunità di fedeli, ponendo in essere quel comportamento, va contro la legge umana ma rispetta ed applica un principio di diritto divino. Quindi, a determinate condizioni ed in seguito all’approvazione del legislatore, anche la consuetudine contro la legge umana può essere annoverata tra le fonti del diritto canonico. Distinguiamo: ▲ Fonti di diritto divino: che distinguiamo ulteriormente tra: A. Diritto divino naturale è un diritto meta positivo, cioè va oltre il fatto di essere positivo. Una norma positiva è una norma posta, scritta. Ha valore universale. Si tratta di quei principi che sono stati impressi nell’uomo e che sono alla base dell’ordine naturale. Sono un principio di diritto naturale nel senso che, generalmente, per la sopravvivenza della specie, un soggetto che appartiene ad una specie non uccide un soggetto della stessa specie. Quindi questi principi sono universali perché impressi dalla volontà di dio in quanto creatore. Questi principi ordinano l’assetto naturale dell’universo. Da questo deriviamo che sia un qualcosa di innato nell’uomo, quindi uguale per tutti e valido anche per chi non crede. Sono come una sorta di principi che l’ordinamento canonico riconosce perché sono universali. Un principio universale è l’unione dell’uomo e della donna, che chiamiamo matrimonio. Si tratta di principi che derivano dalla natura. Questo diritto è comune a tutti. B. Diritto divino rivelato (positivo) costituito dalle norme che sono state manifestate dalla rivelazione, cioè la manifestazione di dio nella storia. Queste norme sono ricavabili dall’antico testamento e dal nuovo testamento, nonché dalla tradizione apostolica. Tradizione apostolica vuol dire tutti quegli scritti che derivano dagli apostoli, e dai loro successori, che sono presi in considerazione dalla chiesa come diritto divino positivo. Che nesso esiste tra diritto divino naturale e positivo? Il diritto divino è immutabile e perfetto, altra cosa è la capacità dell’uomo di recepire e interpretare in norme il diritto divino. Quindi che rapporto c’è tra questi due diritti? In genere il diritto divino rivelato è una sorta di interpretazione ed esplicazione del diritto divino naturale. C’è poi l’interpretazione umana che traduce in norme obbligatorie e rende intelligibili questi principi che derivano dal diritto naturale e positivo nel corso della storia. Questa è un’interpretazione che avanza nel corso dei secoli attraverso il cammino della chiesa. La chiesa è l’insieme del popolo di dio ed è un soggetto che deriva direttamente 6 dal diritto divino, in quanto voluto da cristo nelle sacre scritture. Ma, pur essendo un soggetto di diritto divino, è destinato a camminare nella storia. ▲ Fonti di diritto umano (diritto ecclesiastico): sta in una posizione di inferiorità rispetto ai principi di diritto divino. Il diritto umano è un diritto prodotto principalmente dall’autorità, cioè da coloro che guidano e sono a capo della chiesa (che non ha conosciuto la democrazia). La fonte principale del diritto umano è la legge. Il diritto umano possiamo dividerlo in: A. Diritto umano universale B. Diritto umano particolare Il diritto umano si deve attenere ai principi di diritto divino e deve perseguire la finalità della salvezza dell’anima (savus animarum) e la finalità dell’unità della chiesa voluta da cristo. L’anima, infatti, si salva attraverso l’unità della chiesa. Nel diritto canonico, con il termine diritto ecclesiastico, si indicano le fonti del diritto umano, create cioè dall’uomo, in particolare dall’ékklesia (comunità, assemblea). ✓ Fonti di cognizione: fonti attraverso le quali possiamo conoscere il diritto. Cosa si intende per legge nel diritto canonico? Non esiste una definizione di legge nel codice di diritto canonico e nemmeno nella nostra costituzione. La nostra costituzione dispone solo le modalità di produzione della legge. Il codice di diritto canonico affronta invece questioni pratiche: produzione della legge, efficacia della legge, interpretazione della legge ecc…. La prima definizione della legge risale al 13° secolo ad opera di Tommaso D’Aquino (1225-1274). Tommaso dice che: “la legge è una disposizione della ragione diretta al bene comune promulgata da chi ha la responsabilità della collettività”. Da questa definizione cogliamo che stiamo parlando della legge umana. Se io faccio qualcosa che è prodotto della ragione, questa cosa è ragionevole, cioè rispetta i valori espressi dalla legge divina, naturale e rivelata. La ragionevolezza, per San Tommaso, è rapportare la legge al diritto divino, nel senso che la legge di diritto umano deve avere come requisito essenziale la coerenza con i valori fondamentali dell’ordinamento canonico. Cioè la concezione della vita così come viene illustrata dai principi di diritto divino. La seconda parte della defezione di San Tommaso fa riferimento a coloro che hanno la responsabilità della collettività dei cristi fidelis, cioè della chiesa. Dobbiamo aspettare il 16° secolo (1500) quando abbiamo una seconda definizione ad opera di Suarez (1548-1617). Suarez è un filosofo spagnolo. 7 territorio. La legge particolare riguarda una determinata comunità di cattolici stanziata in un determinato territorio. Soggetto passivo delle leggi Sono solo i battezzati nella chiesa cattolica. Parliamo di leggi umane perché quelle divine vincolano tutti. Le leggi ecclesiastiche vincolano solo i soggetti battezzati. Il soggetto, appena viene battezzato, è vincolato dalle leggi ecclesiastiche. Un neonato però non può capire nulla di queste leggi. Dobbiamo quindi parlare, nel diritto canonico, del problema dell’età. Si inizia ad essere vincolati alle leggi ecclesiastiche a 7 anni. È l’età in cui il diritto umano inizia a vincolare le persone in quanto inizia un’educazione cattolica che la chiesa ha ritenuto che il soggetto di 7 anni possa recepire e comprendere. Sono esclusi i soggetti che non hanno l’uso della ragione. Nel diritto canonico, se la maggiore età è fissata a 18 anni, abbiamo età differenti in cui il soggetto acquisisce determinate capacità d’agire durante la sua vita: • 7 anni è l’età per poter conoscere le norme di diritto umano (è l’anno in cui i ragazzini iniziano a seguire i corsi di catechismo per poter poi accostarsi all’eucarestia). • L’età matrimoniale è differente tra uomo e donna: 14 anni per la donna e 16 anni per l’uomo (la donna raggiunge prima la maturità psicofisica). • Altre differenziazioni di età per poter accedere a determinati istituti giuridici. Il diritto canonico tiene conto di elementi che appartengono allo sviluppo psicofisico delle persone. Nazione insieme di un popolo che ha in comune storia, religione, cultura (che lo può far identificare). Stato entità giuridica che non necessariamente corrisponde con il concetto di nazione in quanto non necessariamente raggruppano cittadini che condividono la stessa religione, cultura ecc…. Il canone 17 parla dell’interpretazione della legge. Con l’espressione “interpretazione” indichiamo l’applicazione della legge al caso concreto. Questo canone, quindi, ci indica quali sono i criteri dell’interprete per poter applicare la legge di diritto ecclesiastico. “Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto”. 10 Il 1° criterio è quello attenersi al significato proprio delle parole, considerato nel testo e nel contesto. Attenersi al significato comune delle parole contenute in un determinato canone e lette nel contesto in cui è collocato quel canone. Se devo interpretare un canone che riguarda l’istituto del matrimonio do il significato proprio delle parole a quel canone e tengo presente che quel canone è contenuto nel libro e nella sezione che riguarda il matrimonio. Il canone 17 continua dicendo che se rimanessero dubbie o oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli. Quindi, qualora la lettura delle norme contenute in un canone rimanga oscura, qualora dovessi leggerla con significato proprio del testo e contesto in cui è collocato il canone, dovremmo ricorrere ad altre norme che regolano la stessa materia. Prosegue poi dicendo che qualora non esistessero norme che regolano la stessa materia in altri testi, bisogna interrogarsi sul fine e le circostanze della legge. Quindi, il fine della legge è la ratio legis. Il canone 17 dice che bisogna, qualora fallisca il ricorso ai luoghi paralleli, indagare sulla cd. ratio legis, cioè il bene specifico tutelato dalla legge (il bene che attraverso quella disciplina si vuole tutelare). Affiancato al fine della legge bisogna indagare sulle circostanze dell’emanazione di quella legge. Come ultimo criterio vi è l’intendimento del legislatore, cioè le ragioni per cui il legislatore ha deciso di disciplinare quella materia. Perché le circostanze e l’intendimento del legislatore sono gli ultimi due criteri? Perchè quella legge deve essere destinata a durare nel tempo e andare oltre la contingenza in cui è stata emanata. Il canone 18 avverte che l’interpretazione delle leggi cd. odiose deve essere un’interpretazione stretta (non estensiva). Le leggi odiose sono quelle che stabiliscono una pena o quelle leggi che contengono restrizioni in ordine al libero esercizio dei diritti. Il canone 19, invece, è dedicato al cd. diritto suppletorio. Si tratta di quei criteri a cui occorre ricorrere quando una materia manca di un’espressa disposizione di legge. come facciamo ad applicare una disciplina ad una materia che non è disciplinata? Il diritto canonico indica dei criteri che suppliscono, cioè colmano le lacune del diritto. colma alla mancanza di una determinata disciplina. Questo canone illustra dei criteri che vanno utilizzati nell’ordine in cui sono indicati. *Il 1° criterio qualora manchi un’espressa disposizione di legge, sia universale che particolare, e manchi anche una consuetudine, è quello di ricorrere alle leggi emanate per casi simili. Quindi, indica come 1° criterio del diritto suppletorio il principio dell’analogia. All’analogia non è possibile ricorrere quando si tratti di norme penali o quando si tratta di norme inabilitanti e di norme irritanti. Le norme inabilitanti sono quelle norme che sanciscono l’incapacità di un soggetto per determinati atti. Le norme irritanti sono invece quelle norme che riguardano la nullità degli atti. Questo perché si estenderebbe la possibilità di annullare gli atti o di rendere incapaci le persone. 11 *Il 2° criterio è ricorrere ai principi generali del diritto, intesi e interpretati con equità canonica. Qualora fallisse il ricorso al 1° criterio bisogna ricorrere ai principi generali del diritto, cioè i principi generali sia del diritto canonico, sia del diritto civile e sia del diritto romano. Per equità canonica intendiamo quei criteri che fanno sì che io possa introdurre una norma che proviene da un altro diritto ma che non vada a confliggere con i principi a cui è ispirato l’ordinamento canonico. L’equità canonica significa che quel principio dovrà piegarsi al principio di umanità, misericordia e carità cristiana. Quindi, il diritto canonico accetta il meccanismo giuridico che emana da quel principio ma lo applica nel proprio ordinamento tenendo presenti i principi di umanità, misericordia e carità cristiana. *Il 3° criterio è ricorrere alla giurisprudenza e alla prassi della curia romana. Per giurisprudenza intendiamo l’insieme delle sentenze e delle decisioni dei giudici. Quindi, il diritto suppletorio può scaturire anche da principi emersi in sede giurisprudenziale. Di prassi si parla soprattutto nel diritto amministrativo. Sono le modalità in cui gli organi amministrativi risolvono le varie questioni all’interno dell’ordinamento canonico. Per curia romana intendiamo un importante apparato creato nei secoli dal pontefice per aiutarlo nel governo della chiesa. È un apparato di diritto umano (quindi non lo troviamo nelle sacre scritture) che potremmo paragonare all’insieme dei nostri ministeri. Questo apparato fa sì che possa aiutare il pontefice nelle varie materie. Al vertice di questo apparato esiste la segreteria di stato, la quale riceve le istanze dell’ordinamento canonico e poi distribuisce, a seconda della materia di cui si tratta, ai vari dicasteri della curia romana. *Il 4° criterio è quello di ricorrere alla comune e costante opinione dei dottori (dottrina). Cioè, la dottrina di maggioranza che costantemente interroga la legge in un determinato modo. Il diritto positivo umano è quindi coadiuvato da 3 strumenti: 1. Consuetudine (unica fonte che viene dal basso) 2. Diritto suppletorio (criteri scritti che vanno a colmare le lacune del diritto) 3. Interpretazione della legge La storia I sardo-piemontesi riuscirono ad unificare l’Italia il 17 giugno 1861. Vittorio Emanuele II però non riesce ad unificare la città Roma, Veneto, Trentino e Friuli. La prima capitale del regno d’Italia fu Torino (1861-1865). Dopodiché, dal 1865 al 1871, la capitale d’Italia fu Firenze. Dal nord (Torino) ci si stava spostando verso quella che era l’ambizione, cioè mettere come capitale Roma. C’era però un problema: il papa. Nel 1871 la capitale d’Italia diventa Roma grazie alla famosa breccia di porta pia. Riuscirono ad entrare nella città di Roma perché i francesi attaccarono i prussiani per proteggere il pontefice. Gli italiani approfittarono della situazione in quanto in quel momento non c’era nessun 12 (nonostante in questo periodo i pontefici risiedessero non all’interno delle mura leonine ma a Palazzo del Laterano). Nel 1309 la sede papale fu trasferita ad Avignone e questa civitas voluta secoli prima da Leone IV restò abbandonata per oltre un secolo. L’abbandono causò dei danni all’originaria chiesa voluta da Costantino (Chiesa San Pietro). La prima basilica in onore di San Pietro è collocata nella stessa posizione in cui si trova l’attuale San Pietro perché lì c’è la sua tomba. Solo recentemente hanno scoperto che le ossa ritrovate nell’ossario sono quelle di San Pietro. Il pontefice 50 anni dopo torna a Roma (1377) e a metà del ‘400 si prese in considerazione l’idea di un’eventuale ricostruzione integrale di San Pietro. Nicolò V, pontefice dal 1447 al 1455, volle riavviare la ricostruzione della basilica ma l’eventuale ampliamento e ricostruzione della basilica viene interrotta in quanto in quegli anni l’avanzata dei turchi fa sì che finisse l’impero romano d’oriente. Tra il 1471 e il 1484 Sisto IV avanzò la costruzione di una grande cappella che prese il nome di Cappella Sistina (inaugurata il 15 agosto 1483). Fu Giulio II agli inizi del 1500 che chiamò a Roma Raffaello e Michelangelo per affrescare la Cappella sistina (Raffaello) e gli appartamenti papali (Michelangelo). Dopo il papato di Borgia si cominciò la costruzione dell’attuale San Pietro (16°/17° sec). Lo stesso San Pietro ha la cupola posizionata esattamente in verticale con la tomba di San Pietro. Questa tomba nel 20° sec. fu ritrovata. Si tratta di una cassetta contente le ossa di San Pietro, che sembra corrispondano al periodo del martirio di San Pietro, ed in cui c’è un’incisione in greco che è stata decifrata e dovrebbe corrispondere alle parole “Petros eni”, cioè Pietro è qui, oppure secondo altri “Petros en irene”, cioè Pietro è in pace. Intorno a San Pietro nasce poi nel 1929 lo stato città del vaticano. È uno stato piccolissimo. È uno spazio che attraverso il concordato dei patti lateranensi è stato sottoposto alla giurisdizione dello stato italiano. Quindi, se in questo spazio commettiamo un reato, vengono i carabinieri italiani. Solo nella parte antistante la basilica circondata dal colonnato c’è la giurisdizione italiana. Se invece vado dietro la Basilica, l’autorità italiana deve chiedere l’autorizzazione alle autorità vaticane per poter entrare ed effettuare un arresto. Curiosità: Durante la seconda guerra mondiale lo stato vaticano fu l’unico squarcio di territorio italiano in cui la radio trasmetteva le voci. Infatti Radio Vaticana fu l’unica radio che né Hitler e né Mussolini hanno fatto tacere. Era una radio libera. 15 Domus sanctae Marthae Casa di Santa Marta, voluta da Giovanni Paolo II per ospitare i cardinali che andavano lì per partecipare ai concili mentre oggi è stata scelta come la dimora di Papa Francesco. Farmacia Vaticana trattandosi di uno stato straniero non c’è l’iva. Quali sono i criteri per acquisire la cittadinanza? ✓ Ius sanguinis: acquisizione della cittadinanza per il fatto della nascita da un genitore in possesso della cittadinanza ì. ✓ Ius soli: acquisizione della cittadinanza come conseguenza del fatto di essere nato in quel territorio. Nello stato città del vaticano le nascite non sono molto frequenti visto che la maggioranza della popolazione è costituita da preti e suore. Proprio per la scarsità della crescita della popolazione, questi due criteri non valgono. La cittadinanza dello stato città del vaticano si acquista attraverso il criterio della stabile residenza funzionale, cioè sono cittadini di stato città del vaticano quelle persone che risiedono stabilmente in quello stato e svolgono una funzione all’interno di quello stato. Sono generalmente persone che provengono da altri paesi e una volta entrati nello stato città del vaticano per svolgere una funzione stabile lì, allora le verrà data la cittadinanza. Il nostro ordinamento permette la doppia cittadinanza mentre altri paesi no. Es: sono cittadino turco e vado a lavorare in vaticano. La Turchia non ammette ciò e dunque perdo la cittadinanza turca. Però, alla fine dello svolgimento della mia funzione nello stato città del vaticano perdo anche quella cittadinanza. In quel caso si diventa cittadini italiani. Lo stato città del vaticano è molto organizzato ed è riconosciuto patrimonio mondiale culturale dell’umanità dall’Unesco. Questo stato batte moneta ma solo per quanto riguarda le monete destinate al collezionismo. Nello stato città del vaticano si utilizza l’euro, anche se non fa parte dell’UE. L’euro utilizzato in questo stato è battuto dalla zecca italiana. Questa stato però emette e produce propri francobolli. La lingua ufficiale è quella della chiesa, cioè il latino. Insieme al latino viene usato anche l’italiano. Stato città del vaticano è una monarchia assoluta nel senso che sovrano assoluto è il pontefice. L’ordinamento giuridico di stato città del vaticano è costituito dalle norme di diritto canonico e da altre norme che sono destinate agli aspetti organizzativi dello stato città del vaticano. 16 Es: fu emanata una direttiva dall’UE riguardante alcuni aspetti finanziari. Le direttive sono atti normativi dell’unione i quali una volta emanati gli stati membri si impegnano a fare una legge secondo l’indicazione della direttiva. Lo stato città del vaticano adeguò la propria legislazione a questa direttiva, pur non facendo parte dell’UE, prima di molti altri stati dell’UE. È uno stato molto partecipe. Lo stato città del vaticano è stato creato e voluto dal trattato del Laterano nel 1929 per dare una sorta di indipendenza al pontefice e non interferenza da parte di nessuno stato. Ci sono anche organi di governo e legislativi, anche se il pontefice può evocare a sé qualunque funzione. Questo stato è detto “patrimonial state” in quanto tutto ciò che si trova all’interno dello stato città del vaticano è di proprietà del pontefice (il sovrano assoluto). La chiesa è un’entità sovranazionale mentre lo stato città del vaticano è un’entità territoriale. La chiesa è costituita dal popolo di dio (i cristi fidelis: lo si diventa con il battessimo). Tra tutti i battezzati, nel popolo di dio ci sono però delle distinzioni: 1. Ci sono i laici (battezzati che non hanno il sacramento dell’ordine) e ci sono gli ordinati, cioè coloro che hanno preso il sacramento dell’ordine. Tra il popolo di dio occorre però distinguere un gruppetto di persone di sesso maschile che hanno preso il primo grado dell’ordine. Dunque, aggiungiamo ai laici quelli che chiamiamo chierici (ministri). Le donne non possono accedere al primo grado dell’ordine. Evinciamo ciò dal diritto rivelato: gli apostoli, cioè le persone di cui si è circondato Gesù, sono tutti uomini. La norma è di diritto divino in quanto trae la sua origine dalle sacre scritture, che sono scritture di diritto rivelato. Resta poi un’ultima sezione di popolo, ovvero quelli che hanno deciso di abbracciare una vita consacrata. Il canone 573 fa riferimento allo stato di vita consacrata in cui ci sono persone, ragazzi, uomini o donne che hanno deciso di seguire l’esempio di cristo più da vicino e si danno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa. Sono persone che pongono in essere un comportamento il più vicino possibile all’insegnamento di cristo. Possono aderire a istituti di vita consacrata o società apostoliche attraverso la professione dei cd. consigli evangelici, cioè povertà, obbedienza e castità. Aderendo a questi istituti il soggetto intende perseguire un modello di vita il più vicino possibile agli esempi che cristo ha dato alla sua vita e che possiamo ricavare dal nuovo testamento. La radice di questi istituti è certamente divina in quanto si ispirano alla vita di cristo ma l’esistenza di questi istituti non è di diritto divino perché nelle sacre scritture non si parla mai di istituti di vita 17 Quindi, il canone 330 ci dice che come il pontefice è il successore di Pietro, allo stesso modo l’insieme dei vescovi sono i successori dei singoli apostoli. L’insieme degli apostoli (collegio episcopale) è il successore del collegio apostolico, come i singoli pontefici sono successori di Pietro, con una importante differenza: per il collegio apostolico si parla di successione organica mentre per i pontefici la successione avviene per volontà divina (successione personale), nel senso che come Pietro fu scelto da Cristo, i singoli pontefici nella storia sono scelta sì dal conclave (dall’insieme di cardinali) ma guidati dallo spirito santo. Noi dovremo sempre tener presente che la suprema autorità della chiesa risiede in due diverse figure che sono strettamente congiunte: ✓ Pontefice ✓ Collegio episcopale Questo trova una sua ragione anche storica e teologica, nel senso che san Pietro è contemporaneamente apostolo (facente parte del collegio apostolico) e scelto da cristo come fondatore della chiesa e quindi primus inter pares. Allo stesso modo, il pontefice è vescovo della città di Roma e quindi è successore di un apostolo e nello stesso tempo è poi scelto dallo spirito santo (cristo) come pontefice. Quindi, il pontefice è Pietro apostolo e Pietro fondatore della chiesa. IL PONTEFICE Canone 331 “Il vescovo della chiesa di Roma in cui permane l’ufficio concesso dal signore singolarmente a Pietro, primo degli apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del collegio dei vescovi, vicario di cristo e pastore qui in terra della chiesa universale”. In sostanza questo canone ci dice che il romano pontefice è a capo del collegio dei vescovi. È una potestà ordinaria (non delegata). Il romano pontefice una volta eletto da cristo, fondatore della chiesa, risulta a capo del collegio dei vescovi (successori del collegio apostolico). È in terra, vicario di cristo ed allo stesso tempo pastore della chiesa universale. A capo delle chiese particolari stanno i singoli vescovi mentre a capo della chiesa universale sta il pontefice. Nello stesso tempo è vescovo di Roma e quindi pastore della chiesa particolare di Roma, in quanto Pietro era un apostolo come gli altri. 20 Fra i vescovi, il pontefice assume una posizione di primato in quanto eletto personalmente come successore di Pietro. I grandi elettore del pontefice sono i singoli cardinali guidati dallo spirito santo. Il canone prosegue affermando che: “Egli perciò, in forza del suo ufficio ha potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e universale sulla chiesa”. ✓ Ordinaria: cioè una potestà che non è delegata, in quanto è stato scelto direttamente per azione dello spirito santo. ✓ Suprema: cioè non c’è potestà religiosa o umana superiore alla potestà pontificia. “prima sedes a nenime iudicatur” la sede pontificia non viene giudicata da nessuno. ✓ Piena: cioè che riguarda sia la fede che la morale. ✓ Immediata: cioè che non ha bisogno di mediazione, cioè di passare attraverso la gerarchia della chiesa. Può rivolgersi direttamente al vescovo o al sacerdote. Non ha bisogno di intermediari. ✓ Universale: cioè che riguarda sia la chiesa universale che le chiese particolari. Questo perché la chiesa universale è composta dall’insieme delle chiese particolari. Il pontefice risulta potestà suprema della chiesa, nonché potestà suprema dello stato della città del vaticano. Nel pontefice convivono sia il potere legislativo, sia il potere esecutivo e sia quello giudiziario. Una caratteristica particolare del pontefice è prevista dal canone 749, una disposizione che fu introdotta dal concilio vaticano I che si tenne nel 1869-1870 (interrotto dall’ingresso dei sardo-piemontesi nella città di Roma). Fu introdotto nell’ordinamento canonico il dogma dell’infallibilità del pontefice. Il canone ci dice che: “Il sommo pontefice, in forza del suo ufficio, gode dell’infallibilità nel magistero quando, come padre e dottore supremo di tutti i fedeli, che ha il compito di confermare i suoi fratelli nella fede, con atto definitivo proclama di tenersi una dottrina sulla fede o sui costumi”. Infallibilità pontificia significa che quando il pontefice parla di fede o costumi è infallibile. Introduce dei dogmi che non possono essere contraddetti. Questa infallibilità va ristretta a determinate scelte operate dal pontefice in cui egli evidenzia che si avvale del dogma dell’infallibilità. [Pio XII ha introdotto tale norma]. Il canone richiede dei requisiti in ordine all’infallibilità: sono quelli per cui il pontefice deve far capire, attraverso lo scritto o la parola, che si tratta di una dottrina sulla fede o sui costumi disciplinata dal pontefice con atto definitivo. Dal testo occorre che traspaia la volontà del pontefice di introdurre un dogma sulla fede o sui costumi che si avvale dell’infallibilità pontificia. Es: 15 agosto è l’assunzione della vergine. La vergine è stata assunta in cielo, in corpo e anima. Cioè non ha passato le vicende di una normale mortale. 21 In ordine all’infallibilità, anche il collegio dei vescovi gode dell’infallibilità del magistero quando sono radunati nel concilio ecumenico e quando conservano il legame di comunione fra loro e il successore di Pietro, cioè il pontefice (cioè quando il collegio episcopale è in sintonia con il pensiero del pontefice). Il pontefice viene eletto da un collegio di cardinali. Questa tradizione risale circa all’11° sec. (circa 1050-1060). Il cardinale è genericamente un vescovo a cui il pontefice attribuisce una sorte di titolo nobiliare che è quello di cardinale. Il titolo nobiliare, all’epoca in cui si consolidò questa usanza, era di coloro che avevano responsabilità diretta in diversi settori del governo della chiesa. Ancora oggi il pontefice viene eletto da un collegio di cardinali. Come stabilisce il canone 349: “i cardinali della santa romana chiesa costituiscono un collegio peculiare, cui spetta provvedere all’elezione del romano pontefice”. I cardinali sono sparsi in tutto il mondo e il titolo di cardinale lo acquisisce il soggetto che una responsabilità peculiare in qualche campo dell’ordinamento canonico. L’elezione del pontefice è disciplinata dal testo “universi dominicis gregis” del 1996. L’elezione del pontefice avviene nel conclave, ad opera dei cardinali, che si radunano nella cappella sistina. L’espressione conclave per alcuni deriva da “cum clave”, cioè si chiudevano dentro a chiave fino a che non vi era l’elezione del pontefice. Si riducono nella cappella sistina i cardinali che hanno meno di 80 anni, nel più assoluto isolamento esterno e con l’obbligo del segreto. Le votazioni avvengono a scrutinio segreto e sono previsti per la prima votazione la maggioranza dei 2/3 dei presenti e in subordine, dopo un numero elevato di votazioni infruttuose, gli elettori possono decidere a maggioranza assoluta o in alternativa vanno al ballottaggio i due candidati chehanno acquisito più voti. In origine l’elezione del pontefice era compiuta dai vescovi delle diocesi vicino a Roma (diocesi suburbicarie). A questi si aggiungevano gli ecclesiastici romani di maggiore autorevolezza. Nicolò II nel 1059 stabilì che queste persone divennero cardinali. Da questo deduciamo che l’elezione del pontefice avviene ad opera dei cardinali, che non necessariamente devono essere vescovi. Chi può essere eletto papa? Per capire ciò occorre vedere le caratteristiche di Pietro. Può essere eletto papa un soggetto di sesso maschile. È necessario che sia battezzato. Inoltre, è possibile che sia un laico, in quanto Pietro non aveva nessun tipo di ordinazione nel momento in cui fu scelto per edificare la chiesa (era un semplice apostolo). 22 Collegio episcopale successione organica (dal momento che deve essere nominato dal pontefice o da un collegio di vescovi, ma sempre approvato dal pontefice, viene creato attraverso l’opera del pontefice). Il collegio episcopale, insieme al pontefice, rappresenta l’autorità suprema della chiesa in quanto riproduce la figura delle sacre scritture. Cristo scelse i 12 che formano il collegio apostolico, tra cui Pietro eletto come capo della chiesa. Gli altri 11 andarono a creare le chiese particolari, tutte poi unificate dalla figura di Pietro. Il collegio episcopale succede in modo organico al collegio apostolico. IL COLLEGIO EPISCOPALE È l’insieme dei vescovi di tutto l’ordinamento canonico che rappresentato l’insieme delle chiese particolari. Questo prende anche il nome di concilio ecumenico nel momento in cui viene autorizzato dal pontefice ad esercitare la potestà legislativa. Risulta essere l’organo supremo dell’ordinamento canonico, insieme al pontefice. È come se le decisioni sulla chiesa fossero prese dall’originario collegio apostolico e da Pietro, come capo della chiesa. Il diritto canonico deve rispettare questa possibilità che prevede che al vertice della chiesa ci sia non solo il pontefice ma anche il collegio episcopale come successore organico del collegio degli apostoli. Il collegio episcopale ha piena e suprema potestà al pari del pontefice. La maggior rilevanza data al collegio episcopale risale al concilio vaticano II ed in particolare alla costituzione lumen gentium. Il collegio episcopale è composto da coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine nel grado dell’episcopato. Il collegio episcopale si trova in rapporto di gerarchia e comunione con il pontefice. ✓ Gerarchia perché il pontefice, come indicato dalle sacre scritture, è a capo dell’insieme dei vescovi ✓ Comunione perché il pontefice in realtà è un vescovo della città di Roma. La rilevanza maggiormente data al collegio episcopale è dovuta al concilio vaticano II, a tal punto che nel codice del 1917 il collegio episcopale non era nemmeno menzionato. Il concilio vaticano II ha elaborato, attraverso il lumen gentium, tutta questa teoria sulla successione organica e sull’importanza del collegio episcopale. 25 Il tutto è dovuto dalla cd. traditio, la consegna. In diritto canonico è la consegna ripetuta degli insegnamenti. La consegna avviene in primo luogo da cristo nei confronti degli apostoli. I discepoli prima di morire consegnarono ai propri successori le verità e gli insegnamenti di cristo. La stessa scrittura, prima che diventasse tale, fu opera di traditio. Cioè, materialmente, prima chela scrittura divenne tale, essa fu opera di traditio, cioè fu la consegna delle verità di generazione in generazione fino a che qualcuno decise di scriverla. Da questo deduciamo che la sacra scrittura e la tradizione sono, da una parte, strettamente connesse fra di loro ma dall’altra parte la tradizione nel corso dei secoli contribuisce a svelare continuamente significati diversi e nuovi delle sacre scritture. La tradizione è l’elemento dinamico che consente di svelare nel corso dei secoli il vero significato della scrittura. Il potere pieno, supremo e universale spetta al pontefice, che esprime l’unità della chiesa, e al collegio episcopale che rappresenta l’universalità della chiesa, cioè la somma delle chiese particolari nel mondo. Il pontefice, a pieno titolo appartiene al collegio episcopale come rappresentante della chiesa di Roma. Nel momento in cui il collegio episcopale esercita le sue funzioni, il pontefice si pone in una posizione di superiorità, a tutela dell’unità della chiesa. Il canone 330 esprime benissimo il rapporto tra pontefice e collegio episcopale. Il canone 337, invece, stabilisce che: “il collegio dei vescovi esercita in modo solenne la potestà sulla chiesa universale nel concilio ecumenico”. Questo vuol dire che il collegio episcopale nel momento in cui esercita la potestà suprema della chiesa prende il nome di concilio ecumenico perché in quel momento il concilio ecumenico rappresenta l’unità in quanto esercita la potestà suprema sulla chiesa. Il canone 337, al punto 2, afferma che: “questa potestà è esercitata dal concilio ecumenico se tale potestà è indetta o liberamente recepita dal pontefice”. Quindi, occorre che il pontefice indica o recepisca le decisioni del concilio ecumenico, ma ciò non toglie che queste decisioni siano identiche a quelle del pontefice. Il pontefice convoca il collegio e ne dirige i lavori: • Stabilisce l’ordine del giorno • Assume la presidenza del collegio • Dispone l’eventuale trasferimento, sospensione o scioglimento dell’assemblea Secondo il canone 338 “il pontefice approva, conferma e promulga le decisioni del concilio”. L’attività del concilio ecumenico può essere effettuata solamente ad intervalli scanditi dalla volontà del pontefice. 26 L’esistenza del collegio risponde a soddisfare l’esigenza di una collaborazione organica e sistematica tra papa e vescovi (che esisteva tra Pietro e gli altri apostoli). Nel diritto canonico esistono tanti istituti collegiali, ma dobbiamo distinguere gli istituti collegiali di diritti divino da quelli di diritto umano. Il collegio cardinalizio è disciplinato dal canone 349. Questo canone “i cardinali aiutano il pontefice sia singolarmente che collegialmente. Nel momento in cui i cardinali agiscono collegialmente si parla di concistori, cioè riunioni dei cardinali voluti e presieduti dal pontefice”. Questi concistori possono essere ordinari (ogni tanto il pontefice decide di avvalersi dell’opinione del concistoro) o straordinari (quando esistono particolari necessità affinché il pontefice ricorra ad esso. Il collegio cardinalizio è composto da cardinali e questo deriva da un titolo dato dal pontefice. Quindi, il cardinale non è un grado dell’ordine ma un titolo nobiliare creato nell’11° secolo. Paolo VI nel 1965 con il motu proprio apostica sollecitudo introduce una novità, cioè l’istituzione del sinodo dei vescovi. Questo non è un organo permanente ma svolge la sua attività in modo occasionale e temporale. Non è permanente in quanto per necessità viene convocato e quindi non fa parte della struttura gerarchica della chiesa. È formato dai vescovi che provengono da varie regioni del mondo ed è convocato dal pontefice affinché il sinodo svolga, in primo luogo, una funzione di aiuto al pontefice in ordine a determinate questioni. Le assemblee del sinodo dei vescovi possono essere ordinarie o straordinarie. I vescovi che prendono parte al sinodo vengono designati dalle singole conferenze episcopali nazionali. Il sinodo dei vescovi non ha una potestà piena e suprema ma si limita a dare consigli e informazioni al pontefice. Di recente abbiamo assistito al sinodo sulla famiglia, svolto nel 2014-2015. È stato un sinodo i cui risultati sono precipitati in un documento, il cd. amoris letitia (un documento del pontefice, emanato da Papa Francesco). Il sinodo dei vescovi ha sostanzialmente una funzione consultiva del pontefice. È il pontefice poi che emana un documento che rende conto del lavoro del sinodo stesso. Il sinodo della famiglia coinvolse tutti i vescovi del mondo. Ha trattato di argomenti particolarmente cari a tutti noi. Ad esempio: • Unioni civili, che non possono essere accolte nell’ottica del diritto canonico. • Divorzio: comporta la scomunica automatica il divorzio, dal momento che ti avvali di una legge civile per separare ciò che Dio ha unito, ti pone automaticamente fuori dalla comunione con gli altri cristiani. I divorziati non possono accedere ai sacramenti della penitenza. 27 chiesa latina è impossibile diventare sacerdoti se non si rispetta la regola del celibato. Il diacono assiste i vescovi e i presbiteri durante le funzioni liturgiche e può amministrare il battesimo e conservare e distribuire l’eucarestia, nonché può assistere ai matrimoni e leggere la sacra scrittura durante le messe. Il diaconato provvisorio è destinato all’accesso al ruolo di presbitero (deriva dal greco e vuol dire anziano). ✓ Permanente: si tratta della scelta di un singolo soggetto di sesso maschile che deve avere almeno 25 anni e si deve impegnare al celibato perpetuo. Quindi, è possibile che una persona rimanga per sempre diacono, senza accedere al presbiterato. Il diaconato permanente è destinato all’evangelizzazione di quelle parti della terra dove può svolgere la sua funzione. ♦ La novità del concilio vaticano II è che ha esteso la figura del diaconato permanente anche a soggetti sposati che abbiano compiuto almeno 35 anni e che abbiano il consenso della moglie affinché possano accedere al diaconato permanente. Quale è stata la ragione per cui il concilio vaticano II ha voluto estendere la possibilità di aderire al diaconato permanente? • Carenza di vocazione PRESBITERATO Rappresenta il secondo grado dell’ordine. È un sacramento specifico che corrisponde alla figura di cristo re, profeta e sacerdote. Il presbiterato deriva necessariamente dalla figura di cristo come sacerdote, cioè come mattone essenziale per l’edificazione della chiesa. I presbiteri, per quanto riguarda la chiesa latina, sono tenuti al celibato. Si tratta di un sacramento perpetuo e permanente, per cui nel caso vogliano lasciare la veste devono essere autorizzati dalla santa sede, la quale non può togliere il sacramento dell’ordine ma può sospenderli dall’amministrazione delle cose divine. EPISCOPATO Rappresenta il grado dell’ordine più elevato. Nell’ordinamento canonico il vescovo è un prelato che sotto la diretta autorità del romano pontefice ha il governo ordinario di una diocesi, con un’autorità superiore a quella dei presbiteri che deriva dell’ordinazione episcopale, che avviene ad opera del pontefice o da una commissione di altri vescovi, confermata poi dal pontefice. 30 Se il presbitero è soprattutto ministro della parola ed esercita la funzione di sacerdote generalmente per una piccola comunità (quella raccolta nella parrocchia), il vescovo invece è a capo di una porzione del popolo di dio (quella che risiede nel territorio di una diocesi). Un vescovo è legislatore per quanto riguarda la sua competenza. FONTI DI COGNIZIONE DEL DIRITTO CANONICO Tra esse troviamo il codice di diritto canonico del 1917 e del 1983. Prima del codice del 1917 c’era il corpus iuris canonici, che costituiva il corpo normativo della chiesa cattolica, pubblicato ufficialmente nel 1582 ed è la grande fonte di cognizione del diritto canonico precedente all’epoca della codificazione. Questo corpus era composto da documenti e fonti di cognizioni molto importanti che risalgono a secoli prima. La prima fonte di cognizione che possiamo considerare tale è costituita dal Decreto di Graziano. Dice Dante “colui che l’uno o l’altro foro aiutò sicché piacque in paradiso” (canto 10°). I due fori sono: ▲ Foro esterno rapporto che il cristiano ha con l’autorità ▲ Foro interno il rapporto che il cristiano ha, attraverso la chiesa, con la divinità. Graziano, attorno alla metà dell’11° secolo, decide di compilare un libro: “concordatia discordantia canonum” (concordanza dei canoni discordanti) dal momento che graziano era una maestra di teologia all’università di Bologna. Mette mano a quest’opera utilizzando la tecnica dei glossatori, cioè confrontando i canoni, facendo delle asserzioni suffragate dalla citazione di testi autorevoli. Quando si presentavano due canoni discordanti Graziano metteva di fianco a ciascuno dei canoni le opinioni più autorevole e a seconda di quale opinione prevaleva sull’interpretazione di uno dei due canoni, indicava il canone da seguire per una determinata materia. Graziano mette mano a quest’opera e apre la strada ad una riordinazione del diritto canonico. Seguono all’opera di graziano 5 raccolte: 1. Liber extra: emanata dal Papa Gregorio IX nel 1234. L’autorità pontificia prende l’opera di graziano e la chiama decreto. Aggiunge un liber extra e sancisce il divieto di ricorrere ad altre fonti che non siano il decreto o il libro extra. Abbiamo un’enorme razionalizzazione del diritto canonico in quanto si obbliga il vescovo di Monaco a decidere, in qualità di giudice, con le stesse norme utilizzate dal vescovo di Lisbona. 31 Nel corso dei secoli continua ad arricchirsi il decreto di Graziano con: 2. Liber sextus: emanato da Bonifacio VIII nel 1298. Chiamato così perché Graziano aveva divido la sua opera in 5 libri e quinti viene aggiunto questo libro. Nel tempo continua l’arricchimento del decreto magistris graziani con: 3. Le Clementinae: pubblicate da Clemente V. 4. Extravagantes: emanate da Giovanni XXI nel 1317 e si aggiungono alle altre opere. 5. Extravagantes communes: una raccolta privata di decretali realizzata da Giovanni di Chappuis. Tutte queste opere si vanno a sovrapporre ai 5 libri di graziano, rispettivamente dedicati al: • Giudice • Giudizio • Clero • Matrimonio • Delitto Con l’emanazione del Liber Extra viene emanata dal pontefice una bolla (uno dei modi in cui i pontefici possono legiferare) chiamata Rex Pacificus che attribuisce alla collezione di Graziano e al liber extra forza di legge e il carattere di esclusività. Come mai dal 14° secolo aspettano il 1582 per pubblicare il corpus iuris canonici? Perché abbiano una enorme massa di norme che arriva con il Concilio di Trento (una controriforma al protestantesimo: la risposta della chiesa cattolica). Il concilio di Trento fu un momento fondamentale per la storia della chiesa e del diritto canonico. Basta pensare che il credo è stato elaborato dal concilio di Trento. Il corpus iuris canonici doveva quindi necessariamente tenere conto di tutti i documenti che sono fuoriusciti dal concilio di Trento. Arriviamo poi nel 1869 al concilio vaticano I, conclusosi nel 1870. In questo concilio non succede un granché: viene affermato il principio dell’infallibilità pontificia ma il concilio deve chiudersi prima del previsto per la presa di Roma da parte dei sardo-piemontesi. Nel concilio, per la prima volta, si apre un dubbio sull’opportunità di mantenere come fonte di cognizione il corpus iuris canonici. Alcuni sostenevano che questo non rispondesse più alle esigenze del tempo ed inoltre non era più una fonte completa perché erano passati più di 2 secoli e mezzo in cui comunque c’era stata produzione legislativa da parte della chiesa. 32 Il codice non va ad abrogare le leggi che derivano dai concordati, cioè gli accordi fra la chiesa e gli stati. i concordati vengono stipulati nell’ordinamento internazionale e per tanto, per poter renderli efficaci negli ordinamenti statali occorre una legge di esecuzione. Questa legge prende il testo stipulato fra governo e stato straniero (chiesa) e la rende esecutiva nel nostro ordinamento. Le confessioni diverse da quella cattolica (es. luterani) non hanno tradizionalmente la posizione che ha la chiesa cattolica all’interno dell’ordinamento internazionale. Per cui, la legge che rende efficace le confessioni diverse da quelle cattoliche si chiama legge di approvazione. La santa sede invece è stata tradizionalmente riconosciuta soggetto di diritto internazionale. Quando si parla di questo pensiamo alla Convenzione di Vienna. Ad esempio, nel codice di diritto canonico c’è scritto che un uomo e una donna possono sposarsi quando la donna abbia compiuto 14 anni e l’uomo ne abbia compiuti 16. Questa norma rimane nel codice, riguarda tutti i cattolici, ma nel 1984 c’è stato un nuovo concordato con la chiesa (che ha sostituito il concordato del 1929) e qui c’è scritto che la chiesa prende atto della legislazione in materia matrimoniale dell’ordinamento italiano. Questa norma quindi non va ad abrogare la norma del codice di diritto canonico, anche se norma successiva, ma fa sì che si introduca un matrimonio illecito, ma valido. Nel 1929 c’è il nuovo concordato. Nasce lo stato della città del Vaticano. Nel 1946 si ha il referendum relativo alla scelta tra monarchia e repubblica. Cader il regime monarchico. Dopodiché, il 1° gennaio 1948 entra in vigore la costituzione della repubblica italiana. Quando uno stato cambia la forma di governo può decidere di ignorare completamente il suo passato. Quindi, la repubblica italiana poteva decidere di cambiare completamente ciò che era stato deciso nella precedente monarchia, quindi di cambiare anche i rapporti con la chiesa cattolica. La nuova repubblica però non ha deciso di rinunciare i cd. patti lateranensi, tanto è vero che questi vengono richiamati nell’art. 7 della Costituzione: “lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, i dipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai patti lateranensi. Le modificazioni dei patti, accettati dalle due parti, non richiedono un procedimento di revisione costituzionale”. 1° co. dell’art. 7 Cost. stabilisce la regola della divisione degli ordini. Questo vuol dire che l’ordine spirituale appartiene alla chiesa mentre l’ordine materiale appartiene allo stato. ad esempio, la materia del matrimonio era importante anche per lo stato. Del matrimonio abbiamo notizia tramite gli archivi parrocchiali. Nel 1959 Giovanni XXIII convoca il concilio vaticano II. È passato poco tempo dal 1870. Giovanni XXIII ritiene che sia necessario mettere a contatto il vangelo con il mondo moderno. Nel concilio vaticano II avviene una vera e propria rivoluzione perché vengono emanati documenti molto importanti che danno poi al legislatore successivo qualche difficoltà. Questi documenti vengono emanati annunciando dei principi che però devono essere tradotti in regole giuridiche e questo non è molto semplice. 35 Tra i documenti emanati ricordiamo: • Lumen gentium: è una costituzione che sottolinea la vera uguaglianza tra tutti i fedeli. • Dei verbum: è una costituzione che parla del valore delle sacre scritture e delle fonti di cognizione che si possono ricavare da esse. • Gaudiam et spes: costituzione sulle relazioni tra la chiesa e le comunità politiche, nonché, in parte, anche sul matrimonio. Vengono poi emanati moltissimi decreti: • Ad gentes: riguardante le attività missionarie della chiesa. • Cristus dominus: decreto che dà avvio all’istituzioni delle conferenze episcopali. • Inter mirifica: decreto che riguarda i mezzi di comunicazione sociale, in quanto la chiesa ha bisogno di comunicare e lo fa attraverso una serie di ripetitori. Uno dei mezzi di comunicazione è Radio Vaticano. Il concilio vaticano II introduce nell’ordinamento della chiesa molte novità ma anche molte modifiche e si pone una questione: se fosse opportuno o meno dare all’ordinamento canonico una sorta di costituzione, cioè, poche norme che indichino i principi fondamentali a cui si debba attenere l’ordinamento canonico. Questo progetto prende il nome di lex ecclesiae fundamentalis e doveva essere suddiviso in 3 capitoli: • 1° capitolo dedicato al popolo di dio ed articolato in 2 artt. rispettivamente dedicati ai fedeli e alla gerarchia; • 2° capitolo dedicato ai cd. munera, cioè agli uffici di insegnare, santificare e governare; • 3° capitolo dedicato alle relazioni della chiesa con il mondo civile, cioè ai rapporti della chiesa con gli ordinamenti civili in quanto l’ordinamento canonico è un ordinamento sovranazionale diverso da quelli civili in quanto ordinato da una rigorosa gerarchia all’interno dell’ordinamento canonico. Queste norme dovevano contenere i principi di diritto canonico a cui l’autorità doveva rimettersi. Le norme di diritto umano 8eccelsiastico) dovevano rispettare questi principi. Questa lex ecclesiae fundamentalis non vide mai la luce perché l’ordinamento canonico non ha bisogno di una costituzione in quanto esiste già una norma di rango superiore costituita dal diritto divino. Anzi, darsi una sorta di costituzione significherebbe imprigionare il diritto divino che è perfetto, rivelato, naturale ed immodificabile. Per l’uomo non è completamente comprensibile, tanto è vero che si avvale delle continue nuove interpretazioni (le traditio). La gran quantità di costituzioni, decreti e documenti emanati dal concilio vaticano II mette in pericolo il codice del 1917. Per cui, all’indomani del concilio 36 vaticano II, si comincia a parlare della necessità di adeguare il codice del 1917alle novità introdotte da questo concilio. Quindi, si comincia a pensare alla revisione del codice Pio Benedettino. Nel 1980 si crea una commissione cardinalizia allargata a vescovi affinché si potessero concludere i lavori per dar vita all’attuale codice del 1983. Viene così promulgato il codice del 1983 ed anche in questo caso viene istituita una commissione per l’interpretazione autentica del codice. Il codice viene promulgato nel 1984. Nel 1990 Giovanni Paolo II promulga, con la costituzione apostolica sacri canones, il codice delle chiese orientali. L’attuale codice del 1983 è diviso in 7 libri: ✓ 1° libro: norme generali ✓ 2° libro: popolo di dio (novità del concilio vaticano II anziché chiamarli cristi fidelis li chiama popolo di dio) ✓ 3° libro: funzione di insegnare della chiesa ✓ 4° libro: funzione di santificare della chiesa ✓ 5° libro: beni temporali della chiesa ✓ 6° libro: sanzioni nella chiesa ✓ 7° libro: processo In ordine alle sanzioni nella chiesa l’ordinamento penale della chiesa si avvale di due tipi di sanzioni: • Pene inflitte ferendae sententiae: si tratta di pene che vengono inflitte con una sentenza portata dal giudice; • Pene latae sententiae: pene in cui si incorre per la semplice azione delittuosa (es. scomunica metterti fuori dal popolo di dio). La scomunica può avvenire in tutti e 2 modi: o ci può essere una dichiarazione di scomunica oppure può avvenire in quanto compi un atto per il quale tu ti poni subito al di fuori dell’ordinamento della chiesa (es. divorzio). Ci sono poi altri casi in cui sarà il pontefice a scomunicare direttamente, con una dichiarazione o sentenza, la persona che ha commesso un reato contro la chiesa. IL MATRIMONIO Il matrimonio è disciplinato nel libro 4° dell’attuale codice al titolo 7° intitolato il matrimonio, a partire dal canone 1055. Canone 1055 “il patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità della vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla 37 matrimonio consentendo eccezionalmente lo scioglimento dello stesso attraverso un’antica tradizione delle chiese orientali. Ma il matrimonio risulta comunque un contratto sacramentale e pertanto indissolubile. La chiesa orientale pur dichiarando indissolubile il matrimonio (indissolubile perché cristo lo ha definito come sacramento), fa una eccezione nel caso dell’adulterio, consente in quel caso lo scioglimento del matrimonio. NB: Per la chiesa latina il matrimonio è SEMPRE indissolubile, la chiesa orientale CONSENTE RARAMENTE e in determinati casi lo scioglimento del matrimonio. Il secondo paragrafo del canone dispone: Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento. Mentre nel paragrafo primo del canone si parla di patto matrimoniale, nel secondo paragrafo di parla tranquillamente di contratto matrimoniale. La prova l’abbiamo nella versione latina: nel primo paragrafo del canone 1055 si parla di matrimoniale foedus, nel secondo paragrafo del canone 1055 si parla di matrimonialis contractus. Nello stesso canone 1055 è richiesta la diversità di sesso tra i due coniugi. A proposito della diversità di sesso, oggi è possibile fare cosa? Oggi è possibile cambiare sesso un uomo può diventare donna e una donna può diventare uomo. Il canone dice tra un uomo e una donna quando avviene che l’uomo diventa donna o viceversa cosa avviene nell’ordinamento? Es: Alfredo che diventa Alfredina rimane uomo tutta la vita o per il nostro ordinamento può avere sulla carta di identità può avere scritto Alfredina? Si può. A quel punto Alfredina è una donna e si vuole sposare con Giuseppe, lo può fare? In comune lo può fare perché c’è un atto di rettificazione del sesso. Nel diritto canonico siccome Alfredo è stato battezzato come tale non può sposarsi con Giuseppe un individuo battezzato come uomo non può sposarsi come donna. Ermafroditismo: persona che nasce con entrambi i sessi. In questo caso come si risolve il problema? la scienza medica deve accertare quale dei due sessi è prevalente rispetto all’altro e poi si affrontano delle terapie ormonali o chirurgiche per favorire la preminenza di un sesso rispetto ad un altro, in questo caso la chiesa riconosce il sesso che la scienza ritiene prevalente per il soggetto in questione. La chiesa sancisce: • L’impossibilità di un matrimonio tra persone dello stesso sesso • L’impossibilità del matrimonio dove almeno una delle due persone abbia cambiato sesso • La possibilità di matrimonio di una persona che nata con la presenza dei due sessi venga poi terapeuticamente portata ad incarnare uno dei due sessi. 40 Lo scopo del matrimonio è quello di creare un totius vitae consortium cioè un’intima comunità di vita e di amore coniugale. Tutte le norme del matrimonio sono tese ad un principio: Principio del favor iuris: vuol dire che il matrimonio si dovrà considerare sempre valido fino a prova contraria. Perché dovrà essere considerato sempre valido fino a prova contraria? Il matrimonio è un sacramento, i sacramenti sono uno dei mezzi per la salvezza delle anime. La salvezza delle anime insieme all’unità della chiesa costituiscono i fini dell’ordinamento canonico, e al fine di conseguire la salvezza dell’anima i sacramenti vi contribuiscono. Il matrimonio essendo elevato da cristo come sacramento contribuisce alla salus animarum e per tale ragione gode del favor iuris cioè del favore del diritto per cui il matrimonio dovrà essere considerato valido fino al momento in cui si ottiene la prova della sua nullità. Dobbiamo distinguere il: • MATRIMONIO IN FIERI matrimonio atto, è il matrimonio che avviene nel momento della stipulazione del contratto matrimoniale, nel momento della celebrazione si stipula il contratto matrimoniale l’uomo e la donna dicono sì, lo voglio. • MATRIMONIO IN FACTO ESSE rapporto matrimoniale. Il matrimonio è destinato a produrre degli effetti fra i coniugi ed eventualmente tra coniugi e figli, vive nel tempo questo matrimonio si definirà come matrimonio rapporto. È regolato esclusivamente dall’ordinamento canonico il momento in cui si forma tutto il contratto matrimoniale. Dopodiché il rapporto matrimoniale è regolato anche dall’ordinamento statale. Dovremo distinguere delle patologie del matrimonio atto che possono anche portare alla nullità, ma possono anche aversi delle patologie nel matrimonio rapporto es. adulterio, tradimento. Il fatto che la chiesa non ammetta il divorzio non vuol dire che non consideri certe situazioni familiari, perciò anche la chiesa ha dei rimedi per sanare certe situazioni nel caso di matrimonio rapporto. CANONE 1056: “le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità che nel matrimonio cristiano conseguono a dare peculiare stabilità in ragione del sacramento”. INDISSOLUBILITÀ: il matrimonio è indissolubile, nel senso che è impossibile che ogni autorità umana ed ecclesiastica possa sciogliere il matrimonio purché il matrimonio sia stato contratto validamente. Casi di scioglimento del matrimonio che sono stati celebrati nella storia: • Il matrimonio può essere sciolto quando non è consumatoc.d. matrimonio rato e non consumato. Si stipulavano degli accordi per far sposare tra i parenti es. la figlia di un principe con il figlio di un altro principe, si impediva che la coppia convivesse fino a quando l’accordo non veniva onorato. Nel caso in cui l’accordo non 41 venisse onorato era possibile chiedere al pontefice la dispensa del matrimonio rato (celebrato) ma non consumato. Il matrimonio gode di un favor iuris, significa che il matrimonio celebrato validamente si considera valido. C’è un caso in cui il matrimonio validamente celebrato può essere sciolto, è il caso di in consumazione; prende il nome di matrimonio rato e non consumato, lo scioglimento può avvenire solo ad opera della dispensa del pontefice. [Il matrimonio combinato non è un matrimonio necessariamente destinato al fallimento, ci sono solo degli accordi tra famiglie affinché la figlia sposi un determinato ragazzo.] C’è la possibilità di sciogliere il matrimonio contratto validamente che però non sia stato consumato. La faccenda implica un’antica questione del XII secolo, ci si interrogò sul momento in cui si perfeziona il contratto matrimoniale. Il contratto matrimoniale si perfeziona nel momento del valido scambio del consenso, o il contratto si perfeziona nel momento della consumazione, cioè dell’unione dei due coniugi? Esiste matrimonio quando pur celebrato validamente, con lo scambio del consenso, ma non è stato consumato? Oppure esiste solo quando è stato celebrato e consumato? Potenzialmente pesa la procreazione, sarebbero altrimenti escluse le coppie sterili o anziane che potrebbero certamente consumare ma non procreare. Quando si perfeziona il matrimonio? Il matrimonio è bullo? No è possibile scioglierlo L’indissolubilità del vincolo avviene dopo la consumazione. Nel XII secolo si contrapponevano due scuole: • Scuola di Bologna, si riteneva che il matrimonio si perfezionasse con la dazione della cosa. Paragonava il matrimonio ad un contratto reale che su perfezionava con la dazione della cosa. Un matrimonio rato ma non consumato non può definirsi un matrimonio. • Scuola di Parigi, che sottolineava il carattere consensuale del matrimonio pur non ritenendo indifferente la consumazione del matrimonio fra coniugi. Momento fondamentale era lo scambio del consenso. Un matrimonio rato ma non consumato è un matrimonio valido che in seguito (in caso di consumazione) potrà essere sciolto e dichiarato nullo da parte del pontefice con un provvedimento di carattere amministrativo sul matrimonio rato e non consumato. Per la scuola di Bologna il matrimonio celebrato e non consumato non era un matrimonio; per la scuola di Parigi il matrimonio celebrato e non consumato era un matrimonio, ma non ritenendo indifferente il momento della consumazione, la scuola di Parigi riteneva che il matrimonio poteva essere sciolto in virtù di un atto della santa sede perché non aveva perseguito il suo fine. 42 Questo istituto sottolinea ancora una volta la centralità e l’importanza del consenso. CANONE 1058: “tutti possono contrarre il matrimonio se non ne hanno la proibizione dal diritto”. Questo canone è importante perché introduce un diritto in capo a tutte le persone a contrarre matrimonio. Non possono contrarre matrimonio solo determinate persone che rientrano in determinate categorie. ✓ È un diritto garantito a tutti e dunque è un diritto universale, con alla base un principio di diritto naturale. ✓ Il diritto particolare non potrà incidere sulla possibilità data a chiunque di contrarre matrimonio. Potrà disciplinare alcuni aspetti dell’istituto matrimoniale garantendo il diritto a tutti di contrarre matrimonio. Il diritto particolare non potrà produrre norme restrittive in rodine al diritto garantito a tutti di poter contrarre matrimonio. Il diritto soggettivo (ius connubi: diritto di contrarre matrimonio) si giustifica in ordine alle funzioni che svolge il matrimonio fra i due soggetti. Le funzioni vengono chiamate ratio. Quindi, il matrimonio risulta essere un diritto per: • Ratio naturalis: perché deriva dal diritto naturale e quindi il matrimonio è destinato alla procreazione. Per il diritto naturale ogni specie risponde all’esigenza della sopravvivenza. • Ratio medicinalis: è contra morbum peccati. Questo perché il matrimonio consente l’unione fra uomo e donna inquadrata all’interno del sacramento matrimoniale. È quindi il rimedio al morbo dei peccati perché all’interno del matrimonio non solo è consentito ma si deve cercare di procreare. Secondo la chiesa, l’unione sessuale tra uomo e donna dovrebbe avvenire all’interno del matrimonio e quindi non era legittimo consumare al di fuori del matrimonio. • Ratio sacramentalis: il matrimonio svolge una funzione sacramentale, cioè il sacramento consente di perseguire più facilmente la cd. salus animarum (salvezza dell’anima). Il fatto che contrarre matrimonio sia considerato un diritto in capo a tutti i battezzati fa considerare che si presume la possibilità di contrarre matrimonio e tale presunzione è una presunzione che si può dare solo a prova contraria. La prova contraria, cioè la possibilità che sia negato il diritto a contrarre matrimonio, avviene solo nel caso si sia in presenza di un impedimento dirimente, cioè una situazione di fatto che impedisce la valida celebrazione del matrimonio (es. essere già sposati, essere fratello e sorella, non avere la 45 giusta età per contrarre matrimonio ecc…), e purché i nubendi abbiano la capacità a contrarre matrimonio. Per capacità a contrarre matrimonio intendiamo che i soggetti abbiano la capacità per poter esprimere un valido consenso. Quindi, per capacità ad esprimere un valido consenso pensiamo alla capacità d’agire. • Per capacità giuridica intendiamo il fatto di essere soggetto di diritto • Per capacità d’agire intendiamo il poter disporre liberamente della propria sfera giuridica. Anche per il matrimonio si parla di capacità d’agire. In particolare, dal momento che il matrimonio è un contratto consensuale, il canone 1095 ci dice chi non può esprimere un valido consenso in ordine al matrimonio: CANONE 1095: “sono incapaci a contrarre matrimonio: 3.1.Coloro che mancano di sufficiente uso della ragione: coloro che mancano di capacità naturale e quindi, secondo il canone, coloro che mancano della capacità di poter capire sia cosa sia il matrimonio e sia cosa comporta il rapporto matrimoniale. Quindi non hanno la possibilità di valutare né il matrimonio in fieri né quello in facto. Il canone si riferisce a quelle persone affette dalle grandi psicosi: schizofrenia, epilessia e manie depressive. Secondo il codice del 1917 rientrano in questa categoria le persone che mancano totalmente dell’uso della ragione (cd. amentia, cioè la demenza). La differenza che si faceva valere tra amentia e dementia è che nell’amentia il soggetto era completamente privo di intelletto, mentre nella dementia vi era un insufficiente uso della ragione per capire sia il contratto matrimoniale sia quello che comporta il contratto matrimoniale (il cd. rapporto matrimoniale). 3.2.Coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente: si riferisce a quei soggetti che hanno patologie tali per cui non riescono a configurare nella loro mente quali siano i diritti e i doveri nascenti dal matrimonio. È un grave difetto di discrezione del giudizio. Si tratta sempre di persone che possono configurarsi astrattamente l’idea matrimoniale ma che non possono configurarsi con quelli che sono gli obblighi della vita matrimoniale in quanto non sono in grado di condurre una vita matrimoniale (es. persone down). 46 Astrattamente prefigurano quello che è il negozio matrimoniale ma non sono in grado di assumersi obblighi e diritti derivanti da tale istituto. 3.3.Coloro che per cause di natura psichica non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio: si riferisce a coloro che comprendono sia il matrimonio in fieri che quello in facto esse ma non possono assumersi gli obblighi e i diritti essenziali del matrimonio. Per es. il caso dell’omosessualità. Rientra in una patologia di natura mentale. Ci sono altre tipologie psicologiche: • Narcisismo: persona che capisce esattamente cos’è il matrimonio ma il suo egoismo estremo fa sì che non possa mettere in pratica i diritti e gli obblighi matrimoniali. • Ninfomania: persone che non riescono a trattenere i propri impulsi e quindi non possono formare un rapporto matrimoniale. • Satirismo: persone (di sesso maschile) dipendenti dal sesso. Queste 3 ipotesi previste dal canone 1095 vanno ad incidere sul contenuto essenziale del matrimonio. I casi di incapacità previsti dal canone 1095 devono verificarsi in un momento antecedente rispetto alla celebrazione delle nozze. Il contenuto essenziale del matrimonio è rappresentato dalla sostanza del matrimonio e possiamo riassumerlo nei cd. bona matrimonii, cioè i beni del matrimonio: • Bonum prolis: il cd. bene della prole. • Bonum sacramenti: cioè il fatto che il matrimonio sia un sacramento. • Bonum fidei: cioè il cd. bene della fedeltà tra i coniugi. • Bonum coniugum: il cd. bene della reciproca assistenza e crescita comune tra i coniugi. [Infine viene aggiunta la Sacramentalità del matrimonio] Che differenza c’è tra bonum sacramenti e sacramentalità del matrimonio? Il fatto che il matrimonio sia un sacramento comporta il contributo alla salvezza dell’anima. Sottolineare la sacramentalità del matrimonio comporta l’indissolubilità del matrimonio. Il contenuto del contratto matrimoniale è predeterminato e previsto dal diritto. È per sua natura immodificabile dalle parti. Quindi, qualsiasi modificazione apportata dalle parti al contenuto essenziale del contratto matrimoniale 47 matrimonio. Qualora ci fosse necessità, lo ius connubi (il diritto di contrarre matrimonio) supera questi divieti. Impedimenti dirimenti: libro 4°, in particolare capitolo III del titolo VII prende il nome di “impedimenti dirimenti in specie”. A partire dal canone 1083 troveremo la disciplina specifica degli impedimenti dirimenti. Il primo impedimento contemplato nel canone 1083 è l’impedimento dell’età: “l’uomo prima dei 16 anni compiuti e la donna prima dei 14 pure compiuti non possono celebrare un valido matrimonio”. Il primo impedimento consiste nella celebrazione del matrimonio prima del compimento degli anni 16 per l’uomo e degli anni 14 per la donna. L’età scelta dal diritto canonico indica presumibilmente il raggiungimento psico-fisico dell’uomo e della donna (maturità che consente di essere capaci di comprendere il matrimonio contratto e il matrimonio rapporto ed essere capaci di poter procreare). L’impedimento dell’età è di diritto umano perché è un’età che il legislatore ha scelto e quindi è possibile darne dispensa nel senso che sarà possibile autorizzare un infra-quattordicenne/infra-sedicenne purché sia accertata la maturità psico-fisica. La capacità di unirsi in matrimonio si raggiunge con la maggiore età, ad eccezione dell’emancipazione per cui il giudice può accertare la maturità psico- fisica dei due ragazzi ed autorizzarli a contrarre matrimonio ad anni 16. La CEI (che raggruppa i fedeli della nazione italiana) nel 1983, con la delibera n. 10, ha stabilito una regola di diritto particolare che stabilisce che: “per la lecita celebrazione del matrimonio l’età dei nubendi è di anni 18”. Nel 1984 vi è il nuovo concordato. Nel caso di mancato rispetto di questa norma siamo in presenza di una sanzione. Il matrimonio sarebbe valido ma avviene non nel rispetto di una norma di diritto particolare. Quindi, nell’ottica dell’ordinamento canonico, due persone che non hanno compiuto la maturità ma che hanno compiuto 16 anni e non hanno avuto nessun procedimento di emancipazione. Questo matrimonio è valido ma illecito (in quanto va contro la circolare della CEI). Per l’ordinamento italiano invece non ha nessun tipo di valore. La seconda ipotesi può essere quella di due persone in cui il ragazzo ha 16 anni e la ragazza 14 anni. Questo matrimonio risulta valido per l’ordinamento canonico e non per quello italiano. Se contraggo matrimonio canonico nel rispetto dell’età prevista dal codice ma a dispetto dell’età prevista dalla circolare della CEI, io contraggo un matrimonio valido ma illecito. Ci troviamo di fronte ad un caso di impedimento impediente. Il canone 1083, par. 2: “la CEI è libera di fissare un’età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio”. 50 Il canone 1084 prevede l’impedimento da impotenza: “l’impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell’uomo e sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio”. Impotenza copulativa (impotenza coeundi) vuol dire incapacità ad avere un rapporto sessuale e quindi affianchiamo ad essa l’impotenza procreativa (impotenza generandi). Il codice prende in considerazione solo l’impotenza copulativa, antecedente e perpetua: ✓ Antecedente al matrimonio ✓ Perpetua, cioè non può essere derivante da un episodio al matrimonio e opportunamente curato per cui l’impotenza viene meno. Come mai l’ordinamento canonico non prende in considerazione l’impotenza procreativa ma solo quella copulativa? L’ordinamento canonico distingue un’actio umana (possibilità dell’uomo e della donna di unirsi) e un’actio naturae (actio della natura e quindi ascrivibile al diritto naturale: è quella che fa sì che dall’unione possa scaturire la procreazione). L’ordinamento canonico ha sempre ritenuto che l’uomo e la donna possono essere padroni solo dell’actio umana. L’actio naturae non deve essere oggetto di intervento umano. Noi siamo padroni di governare solo ed esclusivamente l’actio umana. Nel caso di una persona sterile che può porre in essere l’actio umana, l’ordinamento canonico consente il matrimonio perchè i due soggetti non possono intervenire sull’actio naturae. Il concetto che sottostà all’impedimento di impotenza è che l’ordinamento canonico si accontenta del fatto che sia posta in essere un’azione umana. Il 1° paragrafo parla del canone di impotenza assoluta o relativa: • Assoluta: nei confronti di chiunque; • Relativa: solo nei confronti di un determinato soggetto. Il 2° paragrafo afferma che: “se l’impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo”. Vuol dire che se c’è del dubbio sull’impotenza maschile o femminile, l’impedimento non può essere rilevato e il matrimonio non può essere dichiarato nullo. Questo risponde al principio del favor matrimonii. Sisto V nel 1587 con un breve, una tipologia di atto pontificio, chiamato “cum frequenter” (le prime due parole del decreto) dichiara nulli con effetto retroattivo in Spagna, e poi estendendoli a tutto il mondo cattolico, tutti i matrimoni contratti da eunuchi e spadoni. • Eunuchi: deriva dal greco e vuol dire “custode del letto”. Nasce dalla tradizione araba di custodire l’arem. Si tratta di un soggetto che nasce 51 con caratteri maschili, atrofizzati o talmente ridotti, per cui è incapace di procreare. • Spadoni: persone che vengono castrate prima dell’inizio della maturità, quindi alla fine dell’età adolescenziale. Questa pratica rispondeva all’esigenza di mantenere la voce acuta tipica dei bambini. Nella Spagna vigeva un particolare istituto che prevedeva che il patrimonio andasse solo al figlio primogenito o, in assenza, andasse alle persone più prossime al defunto. Certe nobili donne spagnole decidevano di sposarsi con eunuchi o spadoni affinché fossero certe di non poter generare prole. Questo anche perché, in molti casi, sia l’eunuco che lo spadone non perdevano la capacità erettile. Con queste unioni avveniva una copula saziativa ma non una copula fecondativa. Sisto V ritiene queste unioni contro natura perché si tratta di unioni da cui non poteva nascere alcun frutto. Quindi, per Sisto V, la copula saziativa che non poteva essere fecondativa era semplicemente un vizio perché portava solo piacere e non procreazione. Con il decreto “Cum Frequenter” dichiara nulli tutti i matrimoni celebrati e impedisce per il futuro che venissero celebrati matrimoni tra eunuchi/spadoni e donne. Il decreto è importante perché Sisto V basa la nullità di questi matrimoni sul fatto che manca non la copula ma l’emissione di verum semen (seme vero: che veniva elaborato dalle ghiandole testicolari). Però ci poteva essere una copula, quindi l’unione dell’uomo della donna con emissione di altro tipo di liquido. Questo decreto venne applicato costantemente nel corso dei secoli. L’interpretazione costante della giurisprudenza fu quella del tribunale della Rota Romana, cioè il tribunale di ultima istanza per le cause di nullità matrimoniale. La sacra Rota Romana interpretò costantemente che ci fosse impotenza anche solo qualora mancasse la copula procreativa. Dopo la seconda guerra mondiale, e soprattutto dopo il regime nazista, si pose un grosso problema: fu pratica del nazismo quello di operare la vasectomia nei soggetti maschi di razza non pura (non ariana). La vasectomia impedisce la formazione di vero seme. Si creò un problema di ammettere al matrimonio o meno quelle persone che erano state sottoposte a vasectomia e che quindi potevano porre in essere una copula satisfattiva che però certamente non poteva generare prole. La Sacra Rota Romana continuò però a sostenere che per non rientrare nel caso di impotenza occorreva l’emissione di verum semen. 52 mentre la valenza di diritto naturale varrà per entrambi. Maria, per poter sposare Luigi, ha dovuto recarsi presso l’ordinario del luogo (vescovo di Milano) insieme a Luigi. Luigi ha dovuto dare al vescovo di Milano le apposite garanzie. Perché è Luigi ha fare ciò? perché è lui il cattolico e quindi Maria non riconosce nell’ordinario del luogo nessun tipo di autorità. Luigi ha dovuto garantire che non avrebbe mai abbandonato la fede cattolica e impegnarsi affinché tutti i suoi figli siano battezzati ed educati nella chiesa cattolica. In presenza della parte non cattolica è previsto che queste promesse siano tempestivamente comunicate all’altra parte, la quale possa rendersi consapevole della promessa e degli obblighi della parte cattolica. Infine, l’ordinario del luogo, dovrà istruire entrambe le parti sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio. Canone 1126: “spetta alla Conferenza Episcopale sia stabilire il modo in cui devono essere fatte tali dichiarazioni e promesse, sempre necessarie, sia determinare la forma per cui di esse consti nel foro esterno e la parte non cattolica ne sia informata”. Il canone 1126 prevede che le singole conferenze episcopali possono stabilire per ogni nazione la forma in cui viene celebrato questo tipo di matrimonio. Per quanto riguarda l’Italia, la celebrazione del matrimonio tra un cattolico e un non cattolico avviene secondo il rito proprio ordinario dei matrimoni, con un’unica differenza: il soggetto non cattolico non riceve l’eucarestia. Il canone 1087 prevede un impedimento derivante dal sacro ordine: “attentano invalidamente in matrimonio coloro che sono costituti nei sacri ordini”. Il canone dice che non possono contrarre matrimonio coloro che hanno preso gli ordini sacri (diaconato, presbiterato, episcopato). Non per tutti e 3 gli ordini però vale la stessa cosa. Per questo impedimento è possibile ricorrere alla dispensa riservata alla santa sede che consente ai sacerdoti di chiede di essere sospesi ad itineris. Questa però risulta essere una dispensa riservata alla santa sede che consente, per chi ha ricevuto l’ordine e vuole sposarsi, di contrarre matrimonio religioso. Si tratta di un impedimento di diritto umano, e per tanto dispensabile direttamente dalla santa sede. Il canone 1088 prevede un impedimento da voto di castità e stabilisce che: “è invalido il matrimonio di coloro che sono vincolati da voto pubblico e perpetuo di castità emesso in un istituto religioso”. Chi emette voto pubblico e perpetuo di castità emesso in un istituto religioso? Chi abbraccia uno stile di vita consacrata (es: suore; Lucia de “I promessi sposi”). Anche in questo caso siamo in presenza di un impedimento di diritto umano, e per tanto dispensabile. 55 Il canone 1089 riguarda l’impedimento del cd. ratto delle sabine e prevede che: “non è possibile costituire un valido matrimonio tra l’uomo e la donna rapita o almeno trattenuta allo scopo di contrarre matrimonio con essa”. Si tratta del cd. ratto delle sabine. Coloro che hanno rapito le sabine e poi le hanno fatte unire in matrimonio. Questo canone riporta un impedimento che nel corso dei secoli succedeva. La donna veniva trattenuta contro la sua volontà dall’uomo affinché acconsentisse ad unirsi e sposarsi con quell’uomo. Questo canone prevede che sia solo la donna ad essere rapita. Oggi il canone potrebbe essere interpretato includendo all’interno di essi anche il rapimento di uomo. È possibile fare ciò? No! Tutte quelle norme che comportano o la nullità degli atti o i casi di incapacità non possiamo interpretarli estensivamente. Il canone parla di donna e questo impedimento può operare solo nel caso in cui la donna sia rapita dall’uomo. Il canone continua affermando che: “qualora la donna venga separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero può scegliere spontaneamente di contrarre matrimonio”. La donna ha diritto al ripensamento e può quindi sposarsi. Il canone 1090 riguarda l’impedimento da delitto e prevede che: “chi allo scopo di celebrare il matrimonio con una determinata persona, uccide il coniuge di questa o il proprio, attenta invalidamente a tale matrimonio”. L’ipotesi è la seguente: io sono sposato con Carmela ma amo follemente Maria. So che l’unico modo per l’ordinamento canonico di sposare Maria è far fuori Carmela. Oppure, se Maria è sposata, faccio fuori suo marito in modo tale che lei diventi vedova. Una volta fatto fuori il matrimonio posso celebrare un valido matrimonio? No! Siamo in presenza di un impedimento occulto (impedimento da delitto). Il canone però prevede una differenza con l’analogo impedimento nel nostro ordinamento, cioè l’impedimento per cui non occorre aver consumato il reato ma è sufficiente aver tentato. Ci si chiede se il canone 1090 introduce un impedimento di diritto umano o di diritto divino. L’ipotesi è la seguente: la persona uccide, sconta la pena ma una volta scontata l’impedimento sussiste comunque. Si tratta di un impedimento di diritto umano in quanto non c’è nessuna base teologica che affermi ciò. Il canone 1091 riguarda l’impedimento da consanguineità: “nella linea retta della consanguineità è nullo il matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi e sia naturali”. 56 Il grado di parentela possiamo distinguerlo in 2 categorie: • LINEA RETTA: intendiamo i rapporti di parentela tra ascendenti e discendenti (es. papà e figlio); • LINEA COLLATERALE: intendiamo i rapporti di parentela tra fratello e sorella/ zio e nipote ecc…. Si individua una persona che è parente di entrambe o di tutte le parti coinvolte; si contano o i passaggi oppure le persone, e in quel caso se ne toglie una. Es: tra me e mio cugino il capostipite comune è il nonno. Nonno ha avuto 2 figlie: Silvia e Chiara e Silvia ha avuto 2 figli siamo parenti di 4° grado. In linea retta si tratta di un impedimento di diritto divino naturale indispensabile. Il canone, par. 2, afferma che: “nella linea collaterale il matrimonio è nullo fino al 4° grado incluso”. In questo caso però, non trattandosi di impedimento di diritto divino naturale è possibile dare dispensa. In linea collaterale è possibile dare la dispensa fino al 4° grado. Il canone 1078, al punto 3, stabilisce che: “mai si dà dispensa dall’impedimento di consanguineità nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale”. Prevede i casi in cui la dispensa è riservata alla Santa Sede o all’ordinario del luogo. Il canone 1092 riguarda l’impedimento di affinità e stabilisce che: “l’affinità in linea retta rende nullo il matrimonio in qualunque grado”. L’affinità è il rapporto che si ha con i parenti del proprio coniuge. È nullo il matrimonio solo fra me e il papà di mio marito. Occorre essere in presenza di un matrimonio valido, anche non consumato. Si tratta di un impedimento di diritto umano perché non c’è nessun legame parentale fra me e i parenti in linea retta di mio marito. Dunque, sarà possibile la dispensa da parte dell’ordinario del luogo. Il canone 1093 riguarda l’impedimento di pubblica onestà: “l’impedimento di pubblica sorge dal matrimonio invalido in cui vi sia stata vita comune o da concubinato pubblico e notorio; e rende nulle le nozze nel primo grado della linea retta tra l’uomo e le consanguinee della donna, e viceversa”. Siamo in ipotesi di un matrimonio invalido oppure di un pubblico e notorio concubinato (es. convivenza). Es. 1: ho sposato Maria ma il mio matrimonio è invalido. Es. 2: non ho sposato Maria ma vivo insieme ad essa. 57 sostenuta sia nel momento intellettivo che in quello volitivo. Manca completamente la volontà di contrarre matrimonio. Es: ogni volta che viene rappresentato al cinema/teatro un matrimonio, quello non viene considerato come un contratto valido. Un altro caso di difetto del consenso è quello della SIMULAZIONE . Per simulazione io manifesto una volontà non diretta a contrarre un determinato contratto che risulta contratto apparente, ma diretta a contrarre un altro tipo di negozio. Il caso che può succedere è il seguente: mio papà mi vuole regalare una casa e simulano una compravendita, cioè fanno finta che la casa venga scambiata dal padre alla figlia con il corrispettivo di una somma. In realtà il papà quella somma non la vuole. Si tratta quindi di una donazione e non di una compravendita. Loro apparentemente stipulano un negozio ma ne vogliono un altro. La simulazione nel diritto canonico consisterà nel far finta di stipulare un matrimonio ma in realtà non lo vogliono. Occorre distinguere, in ordine all’oggetto, tra: • Simulazione totale: posso non volere il matrimonio completamente; • Simulazione parziale: posso volere il matrimonio solo in riferimento a determinati bona matrimonii. Es. Simulazione Totale: arrivo da un paese extra UE e sono in una situazione particolare in quanto non ho né lavoro e né permesso di soggiorno. Trovo una signora che mi propone di fare un matrimonio con lei affinché io dopo un tot. di tempo potrò acquisire la cittadinanza italiana. Io e questa signora però non abbiamo nessuna intenzione di avere un matrimonio. Es. Simulazione Parziale: voglio sposarmi per acquisire uno status sociale ma escludo la possibilità di avere figli. Lo faccio solo perché quella donna mi può inserire in un circuito di conoscenze che mi può essere vantaggioso dal punto di vista professionale ma non ho nessuna intenzione di avere figli o stringere con la donna un consorzio di vita. Occorre anche distinguere, in ordine alle parti, tra: • Simulazione unilaterale: si ha quando uno solo dei coniugi riterrà di escludere uno dei bona matrimonii. In questo caso il coniuge che 60 simula ha la possibilità che la sua simulazione sia conosciuta o meno dall’altro coniuge. • Nel caso in cui la simulazione sia conosciuta dall’altro coniuge, il matrimonio sarà invalido per entrambi i coniugi; • Nel caso in cui la simulazione non sia posta a conoscenza dell’altro coniuge, il matrimonio sarà invalido per chi simula e putativo per l’altra parte (cioè creduto valido). Abbiamo la cd. ipotesi di RISERVA MENTALE. Il matrimonio putativo produrrà gli effetti proprio del contratto matrimoniale in ordine alla parte che non era a conoscenza della simulazione dell’altra parte. • Simulazione bilaterale: si ha quando entrambi i coniugi si accordano sull’esclusione totale di avere un matrimonio o sull’esclusione parziale di alcuni dei bona matrimonii. Il canone che riguarda la simulazione è il canone 1101 il quale dispone che: “il consenso interno dell’animo si presume conforme alle parole o ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio”. Vuol dire che quello che manifesto esternamente con parole o segni, il diritto lo presume conforme a quello che io invece ho deliberato nel mio animo. Si presume conforme alle parole o ai segni perchè è vero che il matrimonio è un contratto consensuale per cui, generalmente, il consenso viene manifestato con delle parole, ma possiamo essere in presenza di persone che non hanno l’uso della parola e dell’udito e quindi in questo caso si utilizzano segni idonei a minestrare il consenso. Par. 2: “se una o entrambe le parti escludono con un proprio atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente”. Quindi, se una o entrambe le parti escludono il matrimonio stesso o un elemento/proprietà essenziale contraggono invalidamente. ✓ Gli elementi essenziali sono i bona matrimonii. ✓ La proprietà essenziale del matrimonio è la sacramentalità. Es: sposo Tizio il quale insiste affinché ci sposiamo in chiesa, mal che vada ci sarà il divorzio. In questo caso si esclude la proprietà essenziale della sacramentalità/indissolubilità. Si contrae un matrimonio invalido in quanto si esclude una proprietà essenziale. Per quanto riguarda i bona matrimonii abbiamo: ▲ Bonum coniugum: ti sposi ma escludi la reciproca crescita e assistenza all’interno del matrimonio (es. ti sposi per ragioni di carriera); ▲ Bonum prolis: ti sposi escludendo prima del matrimonio la possibilità di avere figli con la donna che sposi; 61 ▲ Bonum fidei: ti sposi escludendo di essere fedele a quella donna. Siamo in presenza di simulazione quando l’esclusione di uno dei bona matrimonii o di una delle proprietà essenziali sia sorretta da un atto positivo di volontà. Quindi, non basta un generico atteggiamento di sfavore o critica alla struttura del negozio matrimoniale canonico. Es: mi sposo e uno mi dice: “che bello, adesso avrete dei bambini” ma io rispondo “ci penseremo più avanti”. Questo non è un caso di esclusione del bonum prolis ma si tratta di un atteggiamento di generica critica alla struttura matrimoniale. Occorre un atto preciso teso ad escludere uno dei bona matrimonii o una proprietà essenziale del matrimonio stesso. Perché il diritto canonico richiede un atto preciso per escludere uno dei bona matrimonii o una proprietà essenziale? Per il principio del favor matrimonii. Possiamo indicare 3 ipotesi differenti di esclusione: • Esclusione del matrimonio stesso • Esclusione delle finalità del matrimonio: esclusione del bonum prolis e del bonum coniugum, cioè il bene dei figli e della reciproca assistenza e crescita dei coniugi. • Esclusione delle proprietà essenziali del matrimonio: qui indichiamo l’unità fra i coniugi, cioè l’obbligo di fedeltà (bonum fidei) e l’indissolubilità del matrimonio (bonum sacramenti). Tra tutte queste ipotesi di difetti del consenso possiamo dire che: ▲ Attengono alla sfera volitiva del soggetto lo IOCUS e la SIMULAZIONE. ▲ Non prescindono dalla volontà del soggetto l’INCAPACITA’ e la VIOLENZA FISICA. L’ultimo caso riguarda l’ERRORE, che è in parte difetto del consenso e in parte vizio del consenso. • Errore vizio: si tratta di un vizio del consenso. • Errore ostativo: si tratta di un errore che crea la mancanza del consenso e quindi integra un difetto del consenso. 62 1. Deve provenire dall’esterno: può provenire o dall’altro coniuge o da persone diverse dall’altro coniuge; 2. Deve ingenerare un inganno: l’inganno deve cadere su una qualità che possa perturbare gravemente il matrimonio. Un’ulteriore ipotesi di vizio del consenso è prevista dal canone 1103 afferma che: “è invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall’esterno”. Facciamo riferimento alla VIOLENZA MORALE. Si tratta sempre di una violenza proveniente dall’esterno ma gli elementi necessari affinché si possa parlare di violenza morale sono: Es: inizio a lavorare in uno studio molto importante. Il capo dello studio chiede se voglio stare insieme a sua figlia perché sta sempre sola. Io esco con lei perchè comunque il capo mi ha fatto capire che avrò grandi possibilità di avanzamento di carriera. Questo è un timore personale. Il timore non arriva dall’esterno ma è il frutto di mie considerazioni personali. Es: un mafioso mi dice: “o state insieme o avrai gravi conseguenze”. Se accetto quelle condizioni il matrimonio è certamente viziato da violenza morale. Da questi esempi ricaviamo che il concetto di violenza morale è relativo in ordine a: • Situazioni oggettive • Situazioni soggettive: per queste situazioni dobbiamo far riferimento al contesto sociale in cui si trova una determinata persona. Le influenze ambientali sono quindi molto importanti. Ultimo caso di vizio del consenso è l’ERRORE VIZIO. Si tratta di un errore su una qualità dell’altra parte. La qualità dell’altra parte deve essere una qualità essenziale ai fini del matrimonio, cioè le qualità espresse dal contenuto vincolato del matrimonio e dalle caratteristiche peculiari del matrimonio. Es: mi sposo e poi scopro che mio marito ha sbagliato nel considerare la qualità della fedeltà come fondamentale. C’è il caso in cui la qualità dell’altro coniuge è posta come condizione del matrimonio. Es: io sono un soggetto che ha molta paura delle malattie e quindi devo assolutamente sposare un medico. In questo caso la qualità è posta come determinante del consenso. Ho bisogno esclusivamente di una persona che mi rassicuri dal punto di vista della salute. Quando la qualità è stata determinate del consenso, vuol dire che quella qualità è stata l’unica ragione per cui io ho sposato quella persona. Ecco che 65 l’errore vizio potrebbe far sì che il matrimonio venga annullato, cioè quando l’errore cade o su una qualità essenziale del matrimonio dell’altra persona oppure quando questa qualità è posta come determinante del consenso. Se la qualità è determinate, in assenza di essa non avrei MAI contratto matrimonio. Il matrimonio lo possiamo definire come un contratto consensuale, sacramentale e formale. • Formale: vuol dire che la forma è richiesta per la validità del negozio. Quando siamo in presenza di contratti formali, siamo in presenza di contratto nei quali l’assenza della forma porta all’invalidità del contratto. Es: compravendita. La mattina al bar compro sempre la brioche e gli do l’euro. qui c’è un accordo tacito basato sul fatto che io vado sempre in quel bar. Posso fare la stessa cosa nel momento in cui decido di comprare un appartamento? No, perché nella compravendita immobiliare è necessaria la forma scritta obbligatoria. Il matrimonio, alle origini, non nasce come contratto formale ma come contratto consensuale, in cui non è necessaria la forma. Questo però creò alcuni problemi. La forma, sostanzialmente, serve come prova. Con la forma rimane traccia di quel contratto. L’assenza di forma consente invece di ripetere, eventualmente, quel contratto perché non c’è la certezza data dalla forma di un precedente contratto matrimoniale. Questo poteva creare diversi problemi: creava il problema della poligamia. La chiesa cattolica ha sempre voluto combattere lo stato di poligamia. Il Concilio di Trento stabilisce che la forma del matrimonio diventi obbligatoria, quindi diventi requisito necessario per la validità del matrimonio. Quindi è una forma stabilita ad validitatem (finché il matrimonio possa essere valido). 66 Per forma intendiamo una delle forme previste dalla legge canonica. Nel Concilio di Trento si stabilisce che il matrimonio deve essere celebrato in una delle forme previste dal diritto canonico. • Forma ordinaria • Forme straordinarie Le forme sono tipizzate, cioè sono previste dal diritto. quindi, un matrimonio è valido, se celebrato secondo una delle forme previste dall’ordinamento giuridico canonico. Il Concilio di Trento prevedeva la possibilità, nei casi in cui non fosse possibile celebrare il matrimonio in una forma ordinaria, di tipizzare le varie forme di valida celebrazione del matrimonio. FORMA ORDINARIA È prevista a partire dal canone 1108, libro 4°, titolo 7°, capitolo 5°. Il canone 1108 stabilisce che: “sono validi solo i matrimoni celebrati dinnanzi all’ordinario del luogo o dinanzi al sacerdote o davanti ai diaconi delegati dal sacerdote o dall’ordinario del luogo, in qualità di assistenti”. Per la valida celebrazione del matrimonio occorre l’assistenza di testimoni qualificati, cioè il vescovo, il sacerdote oppure i diaconi (ma da essi delegati). Il matrimonio è un sacramento che viene contratto dagli stessi sposi. Gli attori del matrimonio sono i due nubendi. Il parroco, l’ordinario o il diacono delegato sono testimoni qualificati. Il canone 1108 richiede la presenza di almeno 2 testimoni, cioè almeno un testimone per parte. La prima forma ordinaria prevista dal Concilio di Trento è la presenza dei due nubendi che sono i ministri del matrimonio di diritto canonico, davanti ad un testimone qualificato ed in presenza di almeno 2 testimoni che se non sono qualificati li chiamiamo testimoni comuni. Questione del prete finto o scomunicato perché ha posto in essere un atto contro l’ordinamento canonico: Es: il sacerdote è stato scomunicato e quindi è sospeso da tutta l’attività liturgica e sacramentale perché ha commesso un atto che l’ha scomunicato. La scomunica avviene in 2 modi: 1. Compiendo un atto che non è approvato dall’ordinamento canonico (latae sententiae). 67 FORME STRAORDINARIE Esiste la forma coram solist testibus, cioè davanti ai soli testimoni. Questa è prevista in due casi: • Imminente pericolo di morte: qualora anche uno dei due nubendi rischi di morire precocemente è possibile contrarre matrimonio davanti ai soli due testimoni; • Impossibilità di rivolgersi ad un ministro di culto e che duri almeno un mese: nel caso in cui non sia possibile reperire il sacerdote. La successiva presenza del sacerdote farà sì che venga comunque stilato l’atto del matrimonio e sarà prova del matrimonio stesso. Un’altra forma è il matrimonio segreto. Non si vuole comunicare il proprio matrimonio nella comunità in cui i due soggetti vivono. La segretezza del matrimonio non rimane per sempre. In un determinato momento, per varie ragioni, è opportuno mantenere la segretezza del proprio matrimonio. Es: casi in cui tra le due famiglie c’è astio; caso di inaspettata gravidanza ecc… L’ipotesi di matrimonio segreto è anche quando c’è un matrimonio di coscienza, cioè quel matrimonio posto in essere al fine di tacitare la coscienza di almeno uno dei due soggetti che contraggono matrimonio. Nel senso che vogliono regolarizzare la posizione nei confronti della chiesa ma non vogliono ancora manifestare in pubblico la loro unione. Esiste poi la forma del matrimonio per procura. Il matrimonio per procura è un matrimonio che avviene tramite un procuratore. In caso di matrimonio per procura, se il mandante, prima che il procuratore contrasse in suo nome, revoca il mandato o è colpito da infermità di mente, il matrimonio è invalido anche se il procuratore avesse ignorato la revoca del mandato dell’infermità di mente del mandante e anche qualora l’altra parte ignorasse cosa fosse capitato al mandante. Es: io do procura a X di andare in un certo paese e contrarre matrimonio i cui effetti sorgono in capo a me. Se nel frattempo cambio idea, ma non riesco a comunicarlo al mio rappresentante, quel matrimonio è contratto invalidamente in quanto manca il mio valido consenso. Questo istituto sottolinea ancora una volta la centralità e l’importanza del consenso. EFFETTI CHE PRODUCE IL CONTRATTO MATRIMONIALE 70 Il contratto matrimoniale produce nei confronti dei coniugi, sotto il profilo sacramentale, una comunione coniugale che dovrebbe favorire la crescita umana e cristiana di entrambi i coniugi. Gli effetti prodotti dal matrimonio sono effetti regolati sia nel diritto statale che nel diritto canonico. Sotto il profilo contrattuale gli effetti del matrimonio comportano la creazione di un vicolo perpetuo ed esclusivo. • Perpetuo: può essere interrotto solo dalla morte di uno dei due coniugi; • Esclusivo: c’è l’esclusività del rapporto tra marito e moglie (non ci dovrebbe essere né altra donna e né altro uomo). Sotto il profilo contrattuale in capo ai coniugi nascono dei diritti e dei doveri sia in capo alla parte femminile e sia in capo alla parte maschile in modo assolutamente paritario. Entrambi i coniugi sono tenuti ad un: ♦ Dovere di assistenza ♦ Dovere di collaborazione ♦ Dovere di coabitazione È però possibile che i due coniugi rimangano per lungo tempo impossibilitati a coabitare. Questi diritti e doveri li dobbiamo prendere come tendenziali. Dato che il matrimonio è finalizzato alla procreazione, tra gli effetti del matrimonio c’è il dovere dei coniugi nei confronti dei figli previsto dal canone 1136: “i genitori hanno il dovere gravissimo e il diritto primario di curare, secondo le proprie forze, l’educazione della prole, sia fisica, sociale e culturale, sia morale e religiosa”. Questo canone impone l’educazione cattolica dei figli. Questa educazione della prole consiste nell’impartire il battesimo entro le prime due settimane e consiste nel garantire che i figli ricevano l’eucarestia. Si stabiliscono le prime due settimane per il battesimo perché non siamo tutti cittadini italiani. Il cattolicesimo invece è un diritto che va anche in paese come l’Africa, dove la mortalità infantile è ancora molto alta. Garantire il battesimo nei primissimi giorni di vita del neonato vuol dire somministrare un sacramento che è sinonimo di salvezza. Gli effetti del matrimonio rendono i figli legittimi: i figli nati all’interno del matrimonio vengono considerati dal diritto canonico figli legittimi. I requisiti per quanto riguarda la legittimità dei figli sono: • Il fatto che ci sia un matrimonio • Che il padre sia il marito • Che la madre sia la moglie • Che il figlio sia nato in costanza di matrimonio Di questi 4 requisiti solo 2 possono provarsi con estrema facilità: 71 1. La presenza di un matrimonio 2. Che il figlio provenga dalla madre Posso invece avere problemi relativamente al fatto che il marito sia il padre. In ordine al fatto che il marito sia il padre c’è, nel diritto canonico, una presunzione di paternità quando l’uomo è il marito della moglie. L’altro punto che crea problemi è che il figlio sia nato in costanza di matrimonio. Si presumono figli nati in costanza di matrimonio i neonati nati almeno 180 giorni dopo il matrimonio. 180 giorni in quanto prima di 6 mesi non è possibile partorire un bambino che possa sopravvivere. Si presumono nati dentro il matrimonio quei neonati che nascono entro 300 giorni dallo scioglimento della comunione di vita fra i coniugi. 300 giorni è il massimo tempo in cui può protrarsi una gravidanza con esito positivo e vitale per il bambino. Dal momento che nel matrimonio si parla di contratto, occorre accennare gli ELEMENTI ACCESSORI: • Modo: modalità di adempiere le obbligazioni; • Termine: termine temporale; • Condizione: porre delle condizioni al contratto. Es: ti pagherò quando la nave arriverà dall’Asia. Se la nave arriverà dall’Asia adempirò alla mia obbligazione. Quale di questi 3 elementi non può applicarsi al contratto matrimoniale? Il termine e il modo. Rimane il problema della condizione. La condizione è una qualsiasi circostanza aggiunta al negozio per volontà del contraente. Circostanza dalla quale dipende la validità dello stesso negozio. Più precisamente la condizione è una circostanza futura e incerta, aggiunta al negozio giuridico e dalla quale dipende la validità del negozio. Naturalmente, la condizione ha tantissime definizione in quanto si tratta di un evento futuro e incerto, possibile o impossibile. Es: dico “firmo questo contratto se domani mattina vedo degli UFO in Piazza Duomo”. È tendenzialmente impossibile. Un altro tipo di condizione è quella meramente potestativa. Es: firmo il contratto solo se mi va di farlo. Nel nostro ordinamento è possibile condizionare un matrimonio? No. 72
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved