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appunti diritto canonico prof. Lugli (frequentanti), Dispense di Diritto Canonico

programma frequentanti prof. Lugli a.a. 2018/2019

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 11/03/2019

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

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Scarica appunti diritto canonico prof. Lugli (frequentanti) e più Dispense in PDF di Diritto Canonico solo su Docsity! 1/10/2018 Il diritto canonico è un diritto confessionale (il diritto della chiesa cattolica), non statale e soprattutto vigente.
 Esempi di diritto non statale: diritto romano, che non è più vigente, e diritto internazionale: è un diritto le cui fonti non sono fonti dell’ordinamento dello Stato italiano. 
 Allo stesso modo le fonti dell’ordinamento canonico non sono fonti dell’ordinamento italiano, è l’ordinamento della Chiesa cattolica. 
 È un diritto sovranazionale: ovvero un diritto che si sovrappone ai diritti di ogni nazione. 
 Allora la stessa caratteristica è quella del diritto canonico: è il diritto dell’ordinamento della Chiesa cattolica, è quindi il diritto di coloro che appartengono alla Chiesa cattolica. Ma è vero che vale solo per i cattolici? NO, perché è un diritto naturale. Chi sono coloro che appartengono alla Chiesa cattolica? 
 È sbagliato dire lo Stato Città del Vaticano. Appartengono alla chiesa tutti coloro che hanno ricevuto il battesimo. Diritto naturale: si applica a tutti perché è insito nella natura umana
 Diritto divino rivelato: non si applica a tutti perché non tutti l’hanno conosciuto - Il diritto canonico è il diritto della Chiesa cattolica, e per Chiesa dobbiamo intendere l’insieme dei christi fideles, ovvero i fedeli di Cristo. Sono fedeli di Cristo tutti coloro che hanno ricevuto il sacramento del battesimo. Quindi il diritto canonico è il diritto della chiesa cattolica, cioè il diritto che regolamenta i rapporti tra i battezzati fra di loro e tra i battezzati e l’autorità ecclesiastica. - Il diritto ecclesiastico (diritto canonico umano) invece è un diritto dello Stato italiano [quindi non ha la caratteristica di non essere un diritto statuale come il diritto canonico] che regola il fenomeno sociale e religioso. 
 Il diritto ecclesiastico nel nostro ordinamento ha una caratteristica che può essere di origine unilaterale da parte dello stato: viene emanata una normativa sulla presente libertà religiosa nell’ordinamento statuale, oppure può essere di origine pattizia: cioè è il frutto di accordi tra lo Stato e le Chiese. E noi, nell’ottica dell’ordinamento italiano dobbiamo parlare in un’ottica di laicità e pluralismo, quindi non esiste solo la Chiesa cattolica ma esistono anche le altre confessioni religiose: non è nostra materia, ma esiste un concordato con la Chiesa cattolica ma moltissime intese con le confessioni inverse alla cattolica, quindi il nostro ordinamento, dopo la costituzione ha cercato di dare questa opportunità di offrire una legislazione bilaterale concordata non solo alla chiesa cattolica ma alle altre confessioni religiose. 
 
 → Nel diritto canonico si studia un ordinamento diverso da quello statale, il diritto ecclesiastico è un diritto che ha le sue fonti nell’ordinamento statale. N.B. limite del diritto canonico umano: non deve contrastare il diritto divino e soprattutto si adatta alle varie realtà essendo sia particolare che universale.
 (Di ciò abbiamo prova dalle Conferenze Episcopali Nazionali, che hanno potere legislativo solo di diritto particolare) Il diritto ecclesiastico comparato è la comparazione tra i diritti statuali che regolamentano il fenomeno religioso. All’interno dell’UE non tutti gli Stati hanno la medesima politica ecclesiastica, non tutti si avvalgono per esempio dell’Istituto del concordato delle intese, non tutti gli Stati condividono la medesima idea di laicità: nel di 1 42 nostro ordinamento c’è un concetto di laicità caratterizzato da alcuni elementi che fanno si che il fenomeno religioso sia visto comunque in modo positivo, anche se non è il nostro terreno. In altri ordinamenti, come quello francese, la laicità limita altre cose come l’esposizione di simboli religiosi, il velo islamico ecc... Il diritto ecclesiastico comparato si occupa di queste tematiche. Parlando di diritto canonico, bisogna chiarire bene cosa si intende per Chiesa, Santa Sede e Stato della Città di Vaticano. • Per Chiesa intendiamo il popolo di Dio, ovvero l’insieme dei battezzati. L’espressione nasce con il Concilio Vaticano II, prima venivano individuati come l’insieme dei christi fideles. Si entra a far parte del popolo di dio con il battesimo → sacramento, caratteristica di essere incancellabile 
 NB: sbattezzo; movimento nato in Spagna quando people dice ma se sono stato battezzato da piccolo e ora non voglio wwjd?
 → chiesa ha emanato norma interna: non posso cancellare il battesimo ma posso fare sì che la tua richiesta sia in ordine alla tua privacy, ovvero che non si sappia che sei stato battezzato 
 → la chiesa non ti considera più parte di essa, vieni scomunicato e cazzi vari a meno che non ti penti e torni in comunione con la chiesa • Santa Sede: Sede, dimora in primo luogo del Papa e dei suoi stretti collaboratori. Esiste un canone che dispone prima sede anemine judicatum, che vuol dire la Prima sede, cioè la figura del pontefice, non viene giudicata da nessuno, vuol dire che sopra il Pontefice non c’è nessuna autorità umana, perché nel nostro diritto c’è il fatto che dobbiamo fare i conti con Dio. I soggetti della Santa Sede vengono ricompresi nella Curia Romana, cioè una sorta di ministeri che si occupano di varie materie nel governo della Chiesa. 
 Il canone 361 dice che “con il nome di Santa Sede Apostolica o Santa Sede si intendono nel codice non solo il Sommo Pontefice ma anche gli Organismi della Curia Romana.” • Stato città del vaticano: ordinamento statuale, nato nel 1929 come soluzione della cosiddetta ‘questione romana’, dopo breccia di porta pia il pontefice si rinchiude dentro le mura leonine. L’ordinamento canonico è un ordinamento confessionale, cioè della confessione religiosa, che ha una parte che l’uomo ha ricevuto da Dio, e questa parte si chiama diritto divino. 
 Il diritto divino sarà la super costituzione del diritto canonico, saranno i principi supremi del diritto canonico. L’uomo nei secoli ha prodotto tanto diritto, ma questo diritto deve sottostare ai principi del diritto divino. Che io ci creda o non ci creda, non importa: il diritto divino è fatto così. C’è un principio di diritto divino, e quel principio di diritto divino non può essere scalfito. Diritto canonico ha un codice, cioè ha conosciuto l’epoca della codificazione. 
 Il codice attuale è il codice di diritto canonico del 1983, l’ultimo, e il codice di diritto canonico non è diviso in articoli ma è diviso in canoni. 
 L’insieme di più canoni costituisce un articolo, ma quelli che noi chiamiamo articoli sono canoni. Canone deriva dal greco e significa una cosa giusta, dritta, quindi una regola. di 2 42 sono complici, il patto di tradurre episodi tipici o evangelici in regole giuridiche non è stato, nel corso dei secoli, semplicissimo. L'interpretazione del diritto divino, la tradizione del diritto divino in regole giuridiche è un’opera molto difficile che è avvenuta durante secoli attraverso la traditio, che è quel cercare di far precipitare nelle regole giuridiche la parola di dio. La chiesa è un istituzione voluta da Dio la quale cammina nel secolo, percorre una strada umana, ma non per questo non è un'istituzione divina. Qual è la base della nascita della chiesa ? 
 "Pietro su questa pietra io edificherò la mia chiesa" vuol dire che Cristo fonda la chiesa, istituzione voluta da dio, per diritto divino rivelato non naturale, e pone a capo della chiesa Pietro, vicario di cristo in terra, il quale sarà il primo pontefice, tutti gli altri sono i successori di Pietro e saranno i capi supremi del popolo di dio. L'interpretazione delle norme del Vangelo avviene attraverso la traditio, la quale è il lavoro fatto dagli uomini per interpretare le regole del diritto divino nel corso dei secoli. Ecco perché noi ci troviamo di fronte a regole che sono cambiate nel corso dei secoli. 
 La traditio è quel lavoro umano di cercare di comprendere il meglio possibile le regole di diritto divino nel corso della storia. È un opera affidata alla Chiesa; la stessa Chiesa si è trovata negli ultimi tempi a chieder scusa per alcuni episodi, ma ciò non toglie che il valore dell'istituzione della chiesa nel l'ordinamento canonico sia importantissimo in quanto istituto voluto da cristo. Fonti del diritto canonico (diritto umano/divino). Dobbiamo partire dal presupposto che il diritto canonico è un diritto confessionale, cioè che si fonda su delle verità rivelate dalla suprema autorità divina cioè Dio. 
 Le fonti di diritto divino sono reperibili nell'Antico Testamento ebraico che risale al III secolo a.C. in più nel Nuovo Testamento è costituito dai 4 Vangeli; tra le fonti del diritto divino dobbiamo aggiungere gli Atti degli apostoli, le Lettere di Paolo e l'Apocalisse di S.Giovanni. Accanto alla fonte del diritto divino rivelato e scritto dobbiamo anche aggiungere la fonte di diritto naturale (cioè le regole con cui è stato scritto l'universo e sono contenute all'interno dell'essere umano). Accanto al diritto divino dobbiamo accostare il diritto umano che viene chiamato ius umanum vel ecclesiasticum che vuol dire "diritto umano o ecclesiastico". 
 Quando si parlerà di diritto ecclesiastico starò parlando di diritto divino umano, la disciplina universitaria del diritto ecclesiastico è un nome che è stato dato all'insegnamento del diritto ecclesiastico in Italia. 
 Il diritto canonico nasce prima del diritto italiano, il diritto ecclesiastico per il diritto canonico vuol dire diritto canonico umano, per il diritto italiano il diritto ecclesiastico è il diritto statale che regolamenta il fenomeno religioso. Il diritto umano può avere determinate caratteristiche, può essere diritto universale (quel diritto che riguarda tutta la chiesa cattolica) oppure diritto particolare (quel diritto che riguarda porzioni della chiesa). 
 Il diritto umano si trova in una posizione subordinata rispetto al diritto divino, che è sempre universale. 
 Il diritto divino è da considerarsi come la costituzione del diritto canonico, il diritto umano di 5 42 invece saranno delle leggi umane che dovranno necessariamente rispettare il diritto divino. 
 
 La traditio, metodo per la traduzione della parola di Dio in precetti di tipo giuridico, è la trasmissione di verità e precetti attraverso il magistero della Chiesa. Allora l'intermediario necessario tra il diritto divino e la trasmissione di norme di diritto canonico è la Chiesa (cioè l'insieme dei christi fedelis e in particolare questo compito viene svolta dalle autorità ecclesiastiche). 
 La chiesa è rigorosamente organizzata in modo gerarchico, il diritto canonico non riconosce istituti sopra di sé perché il diritto canonico si deve attenere alle sacre scritture. 
 Quindi questa traditio avviene per mezzo della Chiesa ed è appunto quell'opera di far emergere quei principi di diritto divino principi giuridici che andranno a costituire l'ordinamento canonico. Il diritto divino lo possiamo, a questo punto, definire immutabile, eterno e fisso (perché non può subire nessun tipo di cambiamento, perché è stato fissato, fotografato i quel momento), la traditio è invece la conoscenza del diritto divino che si realizza in modo dinamico (= nel corso dei secoli). 
 Allora significa che il diritto divino non può essere cambiato ma la conoscenza del diritto divino sarà progressivo nel corso dei secoli e quindi possiamo aggiungere che la Chiesa è istituzione di diritto divino destinata però a camminare nel secolo. 
 Se dobbiamo fare una sorta di gerarchia delle fonti del diritto canonico dobbiamo mettere in cima alle fonti il diritto divino e poi a seguire il diritto umano, all’interno del quale a sua volta prevale il diritto universale umano sul diritto particolare umano e via dicendo. 
 Non esiste all'interno dell'ordinamento del diritto canonico una definizione di legge ma dobbiamo ricorrere a due importanti definizioni: - San Tommaso d'Aquino 1225-1274 - teologo, filosofo, padre della chiesa - intende la legge come la disposizione della ragione diretta al bene comune e promulgata da chi ha la responsabilità della collettività. 
 Da questa definizione possiamo osservare 2 cose: la legge deve avere come caratteristica la ragionevolezza (= il rispetto delle regole del diritto divino) e che Tommaso d'Aquino vede nell'autorità (cioè colei che promulga la legge) il responsabile della collettività, con questa espressione siamo ancora lontani da una visione rigorosamente gerarchica della chiesa. - Francisco Suarez 1548-1617 - teologo, filosofo e giurista spagnolo - definisce la legge canonica come un comando della legittima autorità per il bene dei sudditi che deve essere comune (cioè generale), perpetuo (cioè la legge umana rimane in vigore fino a quando non viene abrogata espressamente o tacitamente) e sufficientemente promulgato (cioè ci devono essere i mezzi per farla conoscere in modo adeguato). [la lingua ufficiale della chiesa è il latino] di 6 42 Cronologia del diritto canonico. 
 Si può suddividere il diritto canonico in tre grandi periodi: 1. Ius vetus, dal 33 d.C. al XII sec., in particolare intorno al 1130-40, l’anno in cui possiamo collocare il Decretum di Graziano.
 Prima Chiesa era una chiesa clandestina, fatta di simboli e nascosta dall’Impero romano. - 313 d.C. EDITTO DI MILANO, Costantino: riconosce il cristianesimo come religio licita; naturalmente assieme ad altre religioni, non era più perseguitata. - 476 d.C. Cade l’Impero romano d’Occidente, si crea la grande divisione tra occidente e oriente, cadrà nel 1473 (chiesa latina/chiesa orientale), giuridicamente rilevante perché il papato rimane a Roma, ma a Costantinopoli i patriarchi..
 
 → Oggi lo scisma non c’è più [lo vedremo], sono in comunione con la Chiesa latina. Cioè gli Ortodossi sono una chiesa autocefala (ha un proprio capo ma è in comunione con la Chiesa latina). Giovanni Paolo II ha promulgato il Codice delle Chiese Orientali, [sono fratelli quasi gemelli dei cattolici]. I Copti (i Cristiani d’Egitto, molto perseguitati recentemente) sono in comunione con la Chiesa latina, cioè la chiesa che fa capo a Roma. Il Cristianesimo quindi si compone di una parte latina e di una parte orientale che sono in comunione con Roma. 
 Ci sono delle differenze, per esempio i preti ortodossi si possono sposare (fino a determinate cariche), i preti latini invece no. 
 Come mai questa differenza? Cosa significa che non si possono sposare? Che tipo di regola è il celibato, cioè il fatto che non ci si possa sposare? Come mai, se sono in comunione, quelli latini non possono e quelli ortodossi sì? Ciò perché è un tipo di regola particolare, quindi di diritto umano. Il celibato non è regola di diritto divino, ma di diritto umano. Se fosse di diritto divino dovrebbe essere rispetta anche dalla Chiesa Ortodossa.
 I sacerdoti sono tutti uomini. Tutti di sesso maschile. La Chiesa Anglicana però ha introdotto il sacerdozio femminile. 
 Gli Anglicani hanno vestito le donne [“vestire l’abito” è un’espressione!]. Il sacerdozio maschile è però una regola di diritto divino che deriva dal Vangelo, nella parte in cui ci viene detto che Gesù scelse tutti gli apostoli uomini e non fu una scelta facile, ci dice sempre il Vangelo: “non scelse neppure sua Madre”. Questa scelta fa sì che la gerarchia ecclesiastica sia fatta solo da uomini. Non è che le donne non abbiano posto, ne hanno eccome, anche importante se si pensa alla figura di Maria Vergine, però non possono far parte della gerarchia ecclesiastica. Possono donare la loro vita negli ordini monastici come lo possono fare anche gli uomini [c’è differenza tra un frate e un sacerdote]. 2. Ius novum, dal XII sec. al Concilio di Trento 1545-1563, che apre un nuovo periodo del diritto canonico.
 1582, nasce il Corpus Iuris Canonici, che risulta la fonte di cognizione del diritto canonico fino al 1917, quando viene pubblicato il primo Codex Iuris Canonici.. 3. Ius novissimum, diritto canonico contemporaneo.
 1869-1870: Concilio Vaticano I (tutti i vescovi del mondo affluiscono a Roma e coadiuvano il pontefice a elaborare testi normativi e fondamentali per il diritto canonico). Termina nel 1870 perché c’è la Breccia di Porta Pia e il pontefice è costretto a scappare dentro le mura leonine.
 1917: Codex Iuris Canonici.
 1962-1965: Concilio Vaticano II, aperto da Giovanni XXIII, grandi rivoluzioni nella di 7 42 La fonte di diritto umano (diritto ecclestiastico, diritto della chiesa cattolica che si acquista tramite il battesimo) è coadiviuata da tre strumenti: • consuetudine (canone 5), ultimo livello di ricorso di interpretazione • diritto suppletorio • interpretazione della legge 
 Canone 5 (Consuetudine):
 §1. Le consuetudini sia universali sia particolari vigenti al presente contro le disposizioni di questi canoni, che sono riprovate dagli stessi canoni di questo Codice, sono soppresse del tutto, né siano lasciate rivivere in futuro; anche le rimanenti si ritengano soppresse, a meno che non sia disposto espressamente altro dal Codice oppure siano centenarie o immemorabili; queste appunto, se a giudizio dell'Ordinario non possono essere rimosse a causa di circostanze di luoghi e di persone, possono essere tollerate.
 §2. Le consuetudini fuori del diritto finora vigenti, sia universali sia particolari, sono conservate.
 
 Il diritto canonico quindi ammette tutti e 3 i tipi delle consuetudini: 
 1. secundum legem (si pone secondo la legge); 
 2. preter legem; (si pone oltre la legge) 
 3. contra legem (si pone contro la legge). 
 Li ammette tutte e 3 ma soprattutto quelle contra legem=contro le leggi umane, ciò è ammesso quando si tratta di espressione di un diritto divino. 
 La consuetudine si compone di un elemento oggettivo ( costituito dal ripetersi di un comportmento) e uno soggettivo ( convinzione nella comunità che pone in essere quel comportamento che quel comportamento sia giuridicamente rilevante).
 Il comportamento di una comunità pone in essere una regola conforme al diritto divino e pertanto capace di abrogare una legge ecclesiastica umana, quindi a colmare una lacuna nell'ordinamento il quale non è stato capace di regolare secondo i principi del diritto divino, ma li ha ignorati e la consuetudine della comunità riesce a reintrodurre una normativa conforme al diritto divino. [nel nostro ordinamento sono ammessi solo le consuetudini secondo la legge e oltre la legge ma non quelle contro la legge]
 La consuetudine deve essere espressiva per forza di un diritto divino. Canone 17 (Interpretazione):
 Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all'intendimento del legislatore. 
 
 Interpretazione della legge: attività di applicazione della legge al caso concreto.
 Quali sono i criteri dell’interprete per poter applicare le leggi ecclesiastiche=diritto canonico umano? 1. Attenersi al significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto, bisogna attenersi al significato comune e proprio delle parole. 2. Se rimanessero dubbie o oscure si deve ricorrere ai luoghi paralleli, cioè ad altre norme che regolano la stessa materia. 3. Qualora non esistessero norme che regolano la stessa materia in altri testi bisogna interrogarsi sul fine (ratio legis, bene specifico tutelato da quella disciplina dal legislatore) e sulle circostanze della legge (deve andare oltre la contingenza in cui la legge è nata). di 10 42 Canone 18 (Interpretazione leggi odiose): 
 Le leggi che stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o che contengono un'eccezione alla legge, sono sottoposte a interpretazione stretta.
 L’interpretazione delle leggi cosiddette odiose deve essere stretta e mai estensiva.
 Leggi odiose: leggi che stabiliscono una pena o contengono restrizioni in ordine al libero esercizio dei diritti all’interno dell’ordinamento canonico. Canone 19 (Diritto suppletorio): 
 Se su una determinata materia manca una espressa disposizione di legge sia universale sia particolare o una consuetudine, la causa, se non è penale, è da dirimersi tenute presenti le leggi date per casi simili, i principi generali del diritto applicati con equità canonica, la giurisprudenza e la prassi della Curia Romana, il modo di sentire comune e costante dei giuristi.
 
 Dedicato al cosiddetto diritto suppletorio (legge umana), cioè quei criteri a cui occorrere quando una materia manca di una espressa disposizione di legge.
 Come facciamo ad applicare una disciplina ad una materia che non è disciplinata? Il diritto canonico indica criteri che suppliscono: 1. Qualora manchi un’espressa disposizione di legge sia universale sia particolare e manchi pure una consuetudine, bisogna ricorrere alle leggi emanate per casi simili (principio della anologia).
 All’analogia non è possibile ricorrere quando si tratti di norme penali e anche quando si tratta di norme inabilitanti (sanciscono l’incapacità di un soggetto per determinati atti) e irritanti (riguardano la nullità degli atti). 2. Qualora fallisse il ricorso per norme di casi simili, bisogna ricorrere ai principi generali del diritto intesi con equità canonica.
 Sia principi generali del diritto canonico, sia civile, sia romano; dato che sono principi generali di più diritto vi è il criterio di equità canonica, cioè criteri che fanno sì che io possa introdurre norme di altri diritti ma che non vadano a cozzare coi principi che hanno ispirato l’ordinamento canonico.
 es. I romani non conoscevano dio, come fare a inserire diritto canonico? Devo leggerlo con equità canonica, cioè quel principio dovrà legarsi al principio di umanità, misericordia e carità cristiana. 3. Qualora i precedenti due criteri non avessero avuto successo, bisogna ricorrere alla giurisprudenza e alla prassi (organi amministrativi che risolvono questioni) della curia romana (apparato di diritto umano creato nei secoli dal pontefice per aiutarlo nel governo della chiesa, paragonabile all’insieme dei nostri ministeri e con al vertice la Segreteria di Stato che riceve le istanze dell’ordinamento canonico e distribuisce a seconda della materia di cui si tratta ai vari dicasteri della curia romana). 4. Qualora fallissero tutti i criteri, si ricorre alla dottrina, ovvero la comune e costante opinione dei dottori, che costantemente interpretano la legge in un determinato modo.
 
 N.B. Il divieto del ricorso all’analogia è indicato nel canone 19 per quanto riguarda le norme penali, ma viene richiamato anche per quanto riguarda le leggi irritanti e inabilitanti (stabiliscono l’incapacità di una persona). Non è che il diritto canonico voglia imporsi: poniamo che una persona di una confessione religiosa diversa da quella cattolica-cristiana contragga un matrimonio, in quel momento quella persona pone in essere un atto di diritto naturale. 
 Non è la Chiesa Cattolica ad aver inventato il matrimonio, nelle Sacre Scritture vediamo di 11 42 che il matrimonio è un contratto di diritto naturale elevato da Cristo a dignità di sacramento, però per prima cosa rimane un contratto di diritto naturale. 
 Quindi qualsiasi persona nel mondo che contrae matrimonio, nel momento in cui uno decide di contrarre matrimonio, pone in essere quella che è una regola della natura. 
 Le specie sopravvivono perché creano prole e questa è una regola naturale. 
 Allora questa regola naturale è recepita da diritto canonico ed elevata a sacramento, cioè ad uno di quegli atti che aiutano alla salvezza dell’anima, ma la regola di diritto naturale è per esempio posta in essere anche da persone che appartengono ad altre confessioni religiose. Allora qualora queste due persone siano sposate secondo un’altra confessione religiosa, decidano poi di convertirsi ecco che ci sono una serie di istituti che considerano che quel matrimonio possa essere ritenuto un matrimonio rilevante [diciamo per il momento] anche per l’ordinamento canonico. 
 In quest’ottica dobbiamo pensare che il diritto divino vincola anche coloro che non sono battezzati. Il diritto divino ci fa dire che è per forza necessitato e che in particolare modo la Chiesa (istituto di diritto divino destinato a camminare nei secoli) e le sue istituzioni sono necessariamente ispirate al diritto rivelato. Fonte di cognizione: il Corpus Iuris Canonici. Ogni materia si avvale di tale distinzione delle fonti: fonti di produzione (atti normativi che ci dicono come si crea il diritto), fonti di cognizione (documenti attraverso i quali possiamo conoscere il diritto, sono documenti cartacei, elettronici.., tutto ciò da cui possiamo conoscere il diritto). 
 Bisogna partire dalla data del Concilio di Trento (1545-1563): la risposta della chiesa cattolica alla chiesa protestante. 
 Con Concilio Vaticano intendiamo tutto l’episcopato mondiale presieduto dal pontefice, dove si prendono decisioni su cose importanti che riguardano la chiesa.
 A fronte di ciò, nel 1580 viene promulgato da Gregorio XIII il corpus. 
 La chiesa in sostanza, dopo la riforma protestante decide di darsi un assetto dogmatico e giuridico in risposta alla riforma protestante, quella che sui libri di storia chiamiamo “controriforma”, ma invece per la chiesa cattolica si chiama “riforma”, come se Lutero non fosse esistito. Il Concilio Vaticano I viene interrotto bruscamente dalle vicende della conquista da parte dei sardo-piemontesi di Roma. 
 Infatti nel 1870 con la breccia di Porta Pia i sardo-piemontesi conquistano la città di Roma e completano così l’unificazione del nascente regno d’Italia. 
 Durante il Concilio Vaticano I nasce un’idea, che subito viene abbandonata, di dare al diritto canonico lo strumento di cui tutti i diritti civili si erano ormai dotati: i codici. 
 I codici sono stati introdotti da Napoleone che esportò, durante le sue conquiste, l’esperienza giuridica del codice. 
 Il codice in sostanza che tipo di strumento è? È uno strumento che raccoglie in modo sintetico e breve la legislazione di un determinato settore giuridico (civile, penale..). Perché nasce questa idea? Perché fino ad allora di quale fonte di cognizione si avvaleva la chiesa? Qual era la fonte che nel XIX sec, prima del codice la chiesa usava? 
 → Il CORPUS IURIS CANONICI, 1580 (poi sostituito dal codice del ’17), a fronte del corpus iuris civilis.
 Fino al 1917 però la fonte di cognizione è costituita dal corpus iuris canonici; solo con il concilio vaticano II si giungerà infine al code del 1983. 
 di 12 42 apostolici sedis.
 Il codice era suddiviso in canoni e cinque libri articolati in parti e sezioni: 1. Norme generali; 2. Persone; 3. Cose; 4. Processo; 5. Delitti e pene. Il codice del 1917 riguarda solo la chiesa latina e fuori dal codice troviamo le leggi liturgiche, non si prendono in considerazione le norme che derivano dal ruolo internazionale della Santa Sede e non contiene le norme di origine concordataria, cioè gli accordi stipulati dalla Santa Sede con i singoli Stati. La Chiesa è un soggetto di diritto internazionale per cui i concordati vengono stipulati nell’ordinamento internazionale e per renderli efficaci negli ordinamenti statali ci vuole una legge di esecuzione che prende il testo stipulato tra governo e Chiesa e la rende esecutiva nell’ordinamento.
 La legge che rende efficaci le intese dello stato con le confessioni diverse da quella cattolica si chiama legge di approvazione mentre la Santa sede è stata riconosciuta come soggetto di diritto internazionale con la Convenzione di Vienna. Regno d’Italia 1861 - viene unificata l’Italia attraverso un processo che è costato la sovranità dei singoli stati in cui era suddivisa l’Italia, a metà strada si sono imbattuti nello Stato Pontificio che andava dal Lazio alle Marche. Era lo stato del Papa che aveva una sovranità territoriale oltre che spirituale. In questo processo di unificazione si imbatterono anche nello Stato Pontificio che venne annientato dai sardo-piemontesi e in quello Stato rimane solo la Città di Roma. 
 10 anni dopo, nel 1871, quando i francesi dovettero fare i conti con i Prussiani ed entrarono a Roma per concludere il processo di unificazione, avvenne la braccia di Porta Pia, ovvero le forze del Regno d’Italia entrarono da porta pia nelle porte di Roma. Allora il Pontefice si ritirò all’interno dell’allora dette Mura Leonine, ovvero in quel complesso di mura che oggi viene chiamato Stato Città di Vaticano. Ma la sovranità d’Italia comprendeva anche le mura in cui il Pontefice si ritirò, e quindi si ritrovò ad essere un suddito del Re d’Italia, ma il regno emanò le Leggi delle Guarentigie, ovvero leggi che garantivano al pontefice un trattamento pari a quello dei capi di Stato e dei sovrani. 
 Nel 1868: Pio IX emanò un atto che si chiamava “non expedit” ovvero “non opportuno”, ovvero un atto rivolto ai cattolici d’Italia in cui li si invitava a non partecipare alla vita pubblica del Regno d’Italia, ma non ebbe grande fortuna. 
 Quindi si verificò una situazione di stallo dal 1871 fino al 1922, finché si verificò la Marcia su Roma, quando il Re consegnò il governo nelle mani di Mussolini e iniziò il ventennio (che finì nel ’43). Mussolini vide nell’opportunità di risolvere la Questione romana, quindi questa questione con il Papa, un’opportunità di avere un grande successo sia interno ma soprattutto internazionale. 
 Così nel 1929 riuscì a stipulare i Patti lateranensi, che si chiamano così perché vengono firmati al palazzo del Laterano, che è a Roma ma che gode della extraterritorialità, e “patti” perché sono tre: trattato, convenzione finanziaria e concordato. 
 Quindi venne creato lo Stato della Città di Vaticano che consente al pontefice di avere un territorio piccolo indipendente e sovrano che gli consente di governare serenamente la Chiesa, cioè governare serenamente il Popolo di Dio ed essere ospite di un altro stato non gli avrebbe permesso di governare con la stessa serenità e indipendenza. 
 I Patti lateranensi vengono stipulati per conto della Santa Sede, quindi per conto Pio XI l’11 febbraio 1929 dal Cardinale segretario di Stato Pietro Gasparri e da Benito Mussolini composti da: - trattato di diritto internazionale, dove si accordano nel tracciare i confini dell’attuale città del vaticano di 15 42 - Convenzione finanziaria, si accordano sulle condizioni economiche che devono regolamentare la vita dello stato città del vaticano, perché essendo uno stato enclave ha bisogno di rifornitore elettriche, idriche, ecc. - Concordato lateranense, che riguarda solamente la posizione dei cittadini cattolici italiani, che introduce determinate materie comuni sia all’ordinamento canonico che statale (es. matrimonio concordatario, insegnamento della religione cattolica nelle scuole, assistenza spirituale nelle strutture tipo carceri, ospedali, …)
 Allo stesso tempo ribadisce il concetto che lo stato italiano ha come religione ufficiale la religione cattolica, diventa uno stato confessionale; introduce l’assegno di congrua per i sacerdoti che non hanno introiti.
 N.B. I concordati hanno valenza solo nazionale ma il codice dice che per il diritto canonico universale sono fatte salve le norme di diritto particolari non contrastanti con il codice e le leggi concordatarie (es. età del matrimonio). Mussolini ottiene un grande prestigio interno e internazionale, internazionale perché risolve la questione romana ma risolve anche la posizione del Pontefice nell’ordinamento internazionale, che da quel momento viene considerato non solo il Capo spirituale della Chiesa cattolica, ma anche il Capo di uno stato vero e proprio, che è lo Stato della Città del Vaticano. La Chiesa tradizionalmente ha avuto rapporti internazionali e ancora oggi siede come osservatore a un posto alle Nazioni Unite, quindi ha una posizione anche nell’ordinamento internazionale. 
 Poi Mussolini si era avvicinato progressivamente alla Chiesa cattolica fino ad arrivare alla conclusione e alla risoluzione della questione romana nel ‘29, attraverso determinati provvedimenti che aveva preso prima: per esempio nel 23 appoggiò e firmò la riforma Gentile che è la riforma dell’ordinamento scolastico, che prevedeva l’insegnamento obbligatoria della religione cattolica all’interno della scuola primaria. L’insegnamento della religione all’interno della scuola ha avuto vicende contrastate, oggi vige un criterio di non obbligo, di poter scegliere se avvalersi o no dell’ora di religione. 
 Con il concordato del ‘29 vennero presi poi provvedimenti a favore della Chiesa cattolica: venne introdotto il matrimonio concordatario, venne introdotto l’insegnamento della religione cattolica anche nelle scuole medie e superiori (che prima con la riforma gentile del 23 era solo alle elementari) e venne riconosciuto ai religiosi il sostegno di congrua: ovvero qualora i religiosi non raggiungessero un congruo sostentamento (uno stipendio dignitoso) lo Stato italiano si è occupato dal ‘29 fino alla riforma dell’84 ad aggiungere il denaro mancante al congruo sostentamento del clero. Mentre nel 1929 venne applicata la legge dei culti ammessi nello stato, che prevedeva una posizione non allineata con quella della Chiesa cattolica per le religioni diverse dallo Stato ( già chiamarli culti ammessi è come chiamarli culti tollerati nell’ordinamento dello Stato). 1943: cade il fascismo e comincia l’ambiguo governo Badoglio con la repubblica di Salò.
 1946, 2 giugno: referendum per scegliere tra repubblica e monarchia > i regnanti vanno in esilio in Portogallo. Primo presidente: De Nicola 1948: Costituzione; si decide di mantenere l’assetto creato da Mussolini riguardo ai rapporti con la chiesa; l’art. 7 della Costituzione statuisce che i l’ordine spirituale spetta alla Chiesa mentre quello materiale allo Stato, e poi aggiunge una formula che prevede la possibilità di modificare i patti, cosa che è avvenuta con il nuovo Concordato (accordo di Villa Madama) dell’84.
 Ancora oggi il nostro sistema non è separatista puro in quanto i rapporti vengono regolati dei Patti Lateranensi: sono materie considerate di competenza sia statale sia della chiesa. 
 es. matrimonio. di 16 42 Nel 1959, durante il Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII ritiene che il Vangelo debba trovare punto di contatto con il mondo moderno.
 Avviene una vera e propria rivoluzione perché vengono emanati dei documenti che contengono principi che debbono essere tradotti in regole giuridiche.
 Costituzioni: • Lumen gentium: afferma vari temi e sottolinea vera uguaglianza tra tutti i fedeli • Dei verbum: valore delle sacre scritture e delle fonti di cognizione da esse ricavabili • Et spes: relazione tra chiesa e comunità politiche e sul matrimonio Decreti: • Ad gentes: sulle missioni • Cristus dominus: da avvio alla istituzione delle conferenze episcopali • Inter mirifica: riguarda i mezzi di comunicazione sociale; radio vaticana durante la guerra non è mai stata messa a tacere. Introduce molte novità: si è pensato di creare una costituzione dell’ordinamento canonico, poche norme che indichino i principi fondamentali ai quali l’ordinamento carico si deve attenere, tale progetto prende il nome di Lex ecclesie fundamentali, che doveva essere suddiviso in tre capitoli: 1. Popolo di Dio: articolato in due articoli relativi ai fedeli e alla gerarchia 2. Munera: insegnare, santificare, governare 3. Relazioni della chiesa con il mondo Non vide mai la luce in quanto dare una costituzione avrebbe significato imprigionare il diritto divino e per l’uomo non è perfettamente comprensibile avvalendosi di nuove interpretazioni; sarebbe stato contrario dunque al principio canonico per cui la fonte principale è il diritto divino naturale e rivelato. Ciò mette in pericolo il codice del 1917 per cui dopo il Concilio Vaticano II si parla della necessità di adeguare il codice alle novità introdotte da tale concilio attraverso una revisione: nel 1980 si crea una commissione cardinalizia allargata con vescovi affinché essi potessero concludere il lavoro per dare vita all’attuale codice del 1983; viene nominata anche una commissione per l’interpretazione autentica.
 Nel 1984 viene promulgato l'attuale codice di diritto canonico, in cui si dichiara espressamente che la ratio delle norme del codice del 1983 deve essere ispirata ai principi del Concilio Vaticano II. L’attuale codice è diviso in sette libri: 1. Norme generali; 2. Popolo di dio; 3. Funzione di insegnare della Chiesa (munus docendi); 4. Funzione di santificare della Chiesa (munus sanctificandi); 5. Beni temporali della chiesa; 6. Sanzioni nella chiesa. 7. Processo; due tipi di sanzioni: poenae inflictae ferendae sententiae, pene infitte con una sentenza portata dal giudice, e latae sententiae, in cui si incorre per la semplice azione delittuosa.
 es. la scomunica avviene o attraverso dichiarazione di scomunica oppure attraverso il compimento di un atto da scomunica tipo il divorzio. Il Concilio Vaticano II è un momento particolarmente importante si modernizzazione della Chiesa, vengono prodotti moltissimi documenti. Esempio: prima del Concilio Vaticano II tutte le messe venivano celebrate solo in latino (tranne la predica), mentre il Concilio promuove un’opera di modernizzazione quindi si prevede che le messe vengano svolte di 17 42 Come il pontefice è successore di Pietro, allo stesso modo l’insieme dei vescovi è successore dei singoli apostoli scelti da Cristo (collegio episcopale successore del collegio apostolico).
 San Pietro è contemporaneamente apostolo e scelto da Cristo come fondatore della Chiesa e primus inter pares. Allo stesso modo il pontefice è vescovo della città di Roma, successore di un apostolo e scelto da Cristo.
 → Pontefice= Pietro apostolo + Pietro fondatore della Chiesa. Va tuttavia fatta una distinzione: - Il pontefice è scelto dal conclave guidato dallo Spirito Santo (successione personale) e è a governo della chiesa universale - I vescovi sono ordinati dal Papa, oppure da una commissione composta da tre vescovi purché poi l’ordinazione venga confermata dal Pontefice (successione organica) Di questo abbiamo prova nell’istituto della elezione del pontefice, che avviene ad opera di cardinali che vengono ispirati dallo spirito santo; l’elezione dei vescovi avviene tramite il pontefice o commissioni di vescovi che devono essere approvate dal pontefice.
 N.B. il collegio episcopale prende il nome di collegio ecumenico quando esercita la funzione legislativa. Canone 331: Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.
 È intitolato al romano pontefice, a capo del collegio del vescovi, sulla terra vicario di Cristo e allo stesso tempo pastore della chiesa universale, come i singoli vescovi sono pastori delle chiese particolari.
 Il Papa detiene il primato in quanto eletto successore di Pietro. Il pontefice ha potestà: - ordinaria: non è delegata, ovvero non data da altra autorità umana, in quanto scelto direttamente per azione dello spirito santo - suprema: non c’è potestà umana o religiosa superiore a quella pontificia → prima sede a nemici iudicato - piena: riguarda sia la fede sia la morale - immediata: non necessita di passare attraverso alla gerarchia della chiesa, non necessita di intermediari, può rivolgersi ad un vescovo come ad un chierico - universale: riguarda sia le chiese particolari sia la chiesa universale. Canone 749: 
 §1. Il Sommo Pontefice, in forza del suo ufficio, gode dell'infallibilità nel magistero quando, come Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli, che ha il compito di confermare i suoi fratelli nella fede, con atto definitivo proclama da tenersi una dottrina sulla fede o sui costumi.
 §2. Anche il Collegio dei Vescovi gode dell'infallibilità nel magistero quando i Vescovi radunati nel Concilio Ecumenico esercitano il magistero, come dottori e giudici della fede e dei costumi, nel dichiarare per tutta la Chiesa da tenersi definitivamente una dottrina sulla fede o sui costumi; oppure quando dispersi per il mondo, conservando il legame di comunione fra di loro e con il successore di Pietro, convergono in un'unica sentenza da di 20 42 tenersi come definitiva nell'insegnare autenticamente insieme con il medesimo Romano Pontefice una verità che riguarda la fede o i costumi.
 §3. Nessuna dottrina si intende infallibilmente definita, se ciò non consta manifestamente. 
 
 Quando il pontefice parla dalla cattedra di Pietro, quindi quando assume toni e espressioni tali per cui introduce o spiega una delle verità della chiesa, che vengono chiamati dogmi, in quel momento si avvale della sua infallibilità.
 MA i toni devono essere in modo chiaro, tanto che spesso dice espressamente ‘in questo momento stiamo rivelando una verità…’ Il pontefice deve far capire attraverso lo scritto della parola che si tratta di una dottrina sulla fede e sui costumi.
 Non tutto ciò che dice il pontefice è ricoperto da ciò; occorre che traspaia un dogma che si avvale di infallibilità pontificia. Risulta dogma della chiesa l’assunzione della vergine. Anche il collegio dei vescovi gode della infallibilità del magistero quando sono radunati nel concilio ecumenico e quando conservano il legame di comunione tra loro e il pontefice. Canone 349: I Cardinali di Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere all'elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale. Il pontefice viene eletto dal collegio dei cardinali, è una tradizione risalente all’undicesimo secolo.
 Il cardinale è una figura creata attorno al XV sec, ed è genericamente un vescovo al quale il pontefice ha attribuito un titolo nobiliare, dal momento che aiutava il pontefice nel governo della Chiesa. N.B. un cardinale non vale più di un vescovo, è solo un titolo. Canone 332 (elezione del pontefice):
 §1. Il Sommo Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l'elezione legittima, da lui accettata, insieme con la consacrazione episcopale.
 Di conseguenza l'eletto al sommo pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale potestà dal momento dell'accettazione.
 Che se l'eletto fosse privo del carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo.
 §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti. 
 Dispone che il romano pontefice ottiene la potestà piena e suprema della Chiesa con elezione legittima ad opera del collegio cardinalizio, all’interno del conclave, nella cappella Sistina, da lui accettata e ottenuta la consacrazione episcopale. Se il pontefice viene eletto in ultima istanza per volontà dello Spirito Santo, può essere eletto romano pontefice chiunque sia battezzato, di sesso maschile, dotato della ragione, non scismatico (che non crea fratture o altre correnti) e non eretico (colui che mette in dubbio i dogmi della Chiesa). 
 Si viene a delineare un’incompatibilità tra questa regola contenuta nel codice, cioè con i requisiti per essere eletto Papa e quello che dispone il canone, cioè che sia eletto pontefice qualunque persona purché sia un vescovo. Le norme sono compatibili dal momento che consideriamo come norma principale quella che da la possibilità a chiunque rispetti i requisiti del canone 332 di diventare pontefice, di 21 42 ma per ricomporre quell’unione per cui il pontefice deve far parte del collegio dei vescovi, come Pietro faceva parte di quello degli apostoli, colui che viene eletto senza essere stato prima fatto vescovo, deve prima ricevere l’ordine episcopale affinché possa poi decidere se accettare o meno l’incarica di sommo pontefice. 
 Il canone 332 ci dice dunque che ottiene la potestà ordinaria e piena attraverso una legittima elezione. Il 2^ comma del canone 332 stabilisce che in caso il romano pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia validamente manifestata e liberamente, non si richiede che qualcuno la accetti. 
 Desumiamo quindi che tutte le rinunce, invece, dei vari gradi dell’ordine devono essere approvate o dall’organo superiore o dal pontefice. Canone 333 (potestà del pontefice): 
 §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.
 §2. Il Romano Pontefice, nell'adempimento dell'ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio. §3. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice. Il codice nella sezione dedicata al sommo pontefice, ci indica che il pontefice, nella sua opera di governo, insegnamento e munus santificandi, viene aiutato dai vescovi e dai cardinali. 
 Quelli che aiutano il pontefice nel governo della Chiesa sono soprattutto i cardinali che sono a capo dei dicasteri che compongono la curia romana. 
 Questo ci fa intendere che l’istituzione della curia romana è un’istituzione di diritto umano e non di diritto divino, altrimenti il codice avrebbe indicato la curia romana come un’istituzione voluta da Dio. 
 Il legislatore divino ha voluto solo indicare come organi divini il sommo pontefice e il collegio episcopale (figure che rivestono la suprema autorità). Nel governo della chiesa universale, il pontefice è aiutato da vari organismi che guidano insieme al pontefice la chiesa universale; questi organismi sono chiamati dicasteri e formano quella che viene chiamata la curia romana. La curia romana è un’istituzione di diritto umano, nel senso che non c’è traccia nelle sacre scritture di un’organizzazione del governo della Chiesa. 
 La curia romana è un organismo fortemente composito che si articola in uffici, consigli, tribunali, congregazioni... e noi possiamo vedere soltanto i principi generali. 
 La curia romana non è un istituto di diritto divino, ma umano (formalizzato da Sisto V), e come tale la potestà ordinaria e propria spetta solo al pontefice. La potestà vicaria potrà essere esercitata solo quando il pontefice autorizzerà ad esercitare tale potestà. 
 Ogni dicastero è guidato da un cardinale prefetto oppure da un arcivescovo nominati dal pontefice, e durano in carica 5 anni fino al 75esimo anno di età. 
 La gerarchia ecclesiastica si struttura nei 3 gradi dell’ordine; non c’è l’ordine dei cardinali. Cardinale è un titolo nobiliare che nasce ai tempi della nascita della curia romana per cui veniva attribuito un titolo nobiliare ad un vescovo affinché potesse aiutare il pontefice nel di 22 42 È formato da vescovi che vengono da varie regioni del mondo, è convocato dal pontefice affinché si svolga in primo luogo una funzione di aiuto in ordine a determinate questioni.
 Le assemblee possono essere ordinarie o straordinarie e i vescovi che ne prendono parte vengono designati dalle singole conferenze episcopali nazionali.
 Il sinodo non ha potestà piena e suprema ma si limita a dare consiglio al pontefice → ne deriva una funzione consultiva.
 Ha trattato argomenti cari a tutti come le unioni civili e il divorzio (novità: è possibile che nelle cause di divorzia vi sia un coniuge incolpevole e dunque si può pensare ad un percorso di ritorno con la chiesa senza scontrarsi con la scomunica). Conferenze episcopali nazionali e non statali. Canone 447 (conferenze episcopali nazionali e non statali):
 La Conferenza Episcopale, organismo di per sé permanente, è l'assemblea dei Vescovi di una nazione o di un territorio determinato, i quali esercitano congiuntamente alcune funzioni pastorali per i fedeli di quel territorio, per promuovere maggiormente il bene che la Chiesa offre agli uomini, soprattutto mediante forme e modalità di apostolato opportunamente adeguate alle circostanze di tempo e di luogo, a norma del diritto. È un organismo permanente, assemblea di vescovi di una nazione che rappresentano un collegamento tra Chiesa universale e particolare e possono avere un potere legislativo nell’ambito del territorio in cui esse operano.
 es. la CEI ha potere legislativo in ordine ai fedeli italiani stanziati sul territorio, potere di carattere ecclesiastico/umano e limitato territorialmente. Ogni deliberazione deve essere valida con due terzi degli aventi diritto nel volto della conferenza episcopale. Ogni decisione ha efficacia dopo l’atto di recognitio proveniente dalla Santa sede, gli atti vengono pubblicati nei notiziari delle conferenze episcopali di diritto ecclesiastico. 
 Esiste una conferenza episcopale della comunità europea che non ha potere legislativo ma svolge uno studio che riguarda l’integrazione; è presente un segretariato permanente a Bruxelles. Organizzazione dei ministri. I gradi del sacramento dell’ordine sono: diaconato, presbiterato ed episcopato.
 N.B. è sbagliato utilizzare il termine ‘sacerdote’ perché tutti e tre hanno funzioni sacerdotali.
 Il diaconato è il primo dei tre gradi dell’ordine; l’istituto ha avuto importanti riforme in seguito al Concilio Vaticano II con due documenti di Paolo VI: il primo nel 1967 ‘sacrum diaconatum ordinem’ e poi nel 1972 ‘ad pascendum’.
 Il diaconato viene conferito dal vescovo mediante l’imposizione delle mani: sulla base delle delibere del Concilio Vaticano II può essere provvisorio o permanente.
 È provvisorio quando il diaconato si colloca come una tappa per accedere al presbiterato; un soggetto che abbia compiuto almeno 23 anni può impegnarsi al celibato perpetuo ricevendo il primo grado dell’ordine, il diacono assiste i vescovi e i presbiteri durante le funzioni liturgiche e può amministrare il battesimo e conservare e distribuire l’eucarestia nonché assistere i matrimoni e leggere le sacre scritture durante le messe.
 Il diaconato permanente, introdotto dal Concilio, è la scelta di un singolo soggetto di sesso maschile di almeno 25 anni che si impegna al celibato perpetuo.
 La figura del diacono è estesa anche ai soggetti sposati che abbiano compiuto almeno 35 anni e che abbiano il consenso della moglie affinché possano accedere al diaconato di 25 42 permanente (il Concilio ha allargato il diaconato per carenza di vocazioni).
 Il diaconato permanente è destinato alla parte della terra dove vi è più bisogno di evangelizzazione in terra di missioni dove i sacerdoti devono fare grandi distanze e non possono evangelizzare bene e assistere al matrimonio.
 Il diaconato provvisorio è invece destinato all’accesso al presbiterato.
 Presbitero significa anziano e rappresenta il secondo grado dell’ordine.
 Il presbiterato è un sacramento specifico che corrisponde alla figura di Cristo sacerdote e viene dato dal vescovo, dunque attraverso lo spirito santo. È considerato un mattone essenziale per la costruzione della chiesa. I presbiteri per la chiesa latina sono tenuti al celibato e trattandosi di un sacramento è perpetuo e permanente quindi in caso di sospensione (lasciare la veste) devono essere autorizzati dalla Santa sede; anche per il primo sono sospesi dalla amministrazione delle cose divine. L'attività del presbitero è finalizzata a servizio della comunità cristiana all'interno della diocesi in cui il presbitero prende servizio. 
 Le funzioni sono: - la funzione del presiedere la liturgia - La funzione di essere guida della comunità; anche inteso come essere a disposizione della chiesa servendo la comunità. - la funzione di essere ministro della parola di dio Queste tre funzioni sono state riviste nel concilio Vaticano II, nel lumen gentium (guidare la comunità corrisponde alla figura del cristo re e sottolinea anche l’aspetto del servire la comunità), ma sopratutto nel presbiterorum ordinis del 1965. 
 Il grado più elevato è quello dell’episcopato. Nell’ordinamento canonico il vescovo è un prelato che sotto la diretta autorità del romano pontefice ha il governo ordinario di una diocesi con una autorità superiore a quella dei presbiteri che deriva dalla ordinazione episcopale che avviene ad opera del pontefice e da una commissione di altri vescovi confermata poi dal pontefice. Il presbitero è ministro della parola e amministra comunità piccole come parrocchie, il vescovo è a capo di una porzione di popolo di Dio che risiede nel territorio della diocesi.
 Nell’ordine dell’episcopato, il vescovo viene nominato direttamente dal pontefice o da una commissione di vescovi che ordina un altro vescovo, ma questa ordinazione deve essere confermata dalla Santa sede. 
 La consacrazione episcopale conferisce al vescovo le funzioni di insegnare, santificare e governare. 
 Il vescovo è a capo della diocesi, dove vi è una porzione del popolo di dio affidata alle cure pastorali del vescovo, che viene coadiuvata dai suoi presbiteri all'interno della diocesi. 
 C'è un ulteriore porzione di popolo di Dio all'interno delle diocesi particolarmente strana per il nostro ordinamento giuridico, ma che può far sorgere qualche dubbio, ovvero il cappellano militare al quale è affidata la cura dei militari. La cosa strana del cappellaio militare è che possiede un grado dell'esercito. Il cappellano militare ha come compito di fornire assistenza spirituale ai fedeli cattolici presenti nelle forze armate. 
 In conclusione il vescovo ha una funzione esecutiva, giurisdizionale e legislativa; la funzione legislativa viene esercitata a livello delle conferenze episcopali nazionali. 
 di 26 42 Il matrimonio. 
 Il matrimonio è un istituto di diritto divino naturale, disciplinato a partire dal libro IV, titolo 7, a partire dal can. 1055.
 Canone 1055: 
 §1. Il patto matrimoniale con cui l'uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento.
 → matrimoniale fedus
 §2. Pertanto tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento. → matrimonialis contractus 
 Il matrimonio è un patto (incontro di volontà-contratto) che ha le caratteristiche: • Contratto consensuale; se fosse solo un contratto si potrebbe sciogliere, ma dal momento che è un sacramento è per sempre (finché morte non vi separi). • Sacramento; patto tra uomo e donna elevato da Cristo a sacramento, se contratto validamente non può essere sciolto da nessuno. 
 Uno dei modi per contrarre matrimonio valido nel nostro ordinamento è il matrimonio concordatario, il quale si compone di un matrimonio atto, regolato dal diritto della Chiesa, e di un matrimonio rapporto, regolato dal diritto dello Stato. 
 Tanto è vero che, benché il matrimonio sia un sacramento e quindi sia per sempre, lo Stato italiano offre anche a coloro che si sposano in Chiesa lo strumento del divorzio. Non ammissibile per la Chiesa, però è una possibilità che offre lo Stato (il matrimonio per il diritto canonico resta perfettamente valido, lo strumento è dato dallo Stato perché i coniugi non vanno più d'accordo). È possibile separarsi, tentare una riconciliazione e se questa non è possibile sciogliere gli effetti civili del matrimonio canonico, così che gli sposi che divorziano sono perfettamente liberi di risposarsi ma solo per lo Stato italiano, perché quel matrimonio canonico lo Stato non può cancellarlo, solo la Chiesa può farlo. Quindi contraggono un nuovo matrimonio esclusivamente civile, e per la Chiesa questi si troveranno in una situazione difficile. I divorziati saranno quindi fuori dalla Chiesa, scomunicati, perché nel diritto canonico esiste la possibilità di scomunica se uno pone in essere determinati atti. Quali sono le caratteristiche del contratto matrimoniale? • Capacità delle parti • Consenso delle parti • Oggetto, con nascita di reciproche obbligazioni; è predeterminato dal canone 1055.
 → Bona matrimonii=beni del matrimonio. L’esclusione di uno di essi porta alla nullità.
 Bonum prolis
 Bonum sacramenti
 Bonum fidem
 Bonum coniugum • Specifica forma: quando si deve intendere perfezionato? Il matrimonio avviene unicamente tra uomo e donna che stabiliscono fra di loro la comunità per tutta la vita → consortio tatium vitae, al fine di procreare e per il bene dei coniugi.
 di 27 42 Contraendo il matrimonio, vi sono situazioni di fatto che possono impedire la valida o la lecita celebrazione del matrimonio.
 Non basta che i soggetti vogliano e manifestano correttamente il consenso, occorre che non esistano situazioni di fatto prese in considerazione dal diritto che impediscano la celebrazione (IMPEDIMENTI) 1. Dirimenti: creano la nullità del matrimonio, unici ad essere presi in considerazione dal codice dell’84 che ne fa un elenco tassativo. 2. Impedienti: circostanze di fatto che impediscono la lecita celebrazione del matrimonio → il matrimonio è valido ma illecito, ciò porterà una sanzione a chi celebra il matrimonio 
 Impedimenti dirimenti in genere: - Canone 1077:
 §1. L'Ordinario del luogo può vietare il matrimonio ai propri sudditi, dovunque dimorino, e a tutti quelli che vivono attualmente nel suo territorio, in un caso peculiare, ma solo per un tempo determinato, per una causa grave e fin tanto che questa perduri.
 Es. Persone che se si sposano creano scandalo - Canone 1078 (Dispensa sugli impedimenti): 
 §1. L'Ordinario del luogo può dispensare i propri sudditi, dovunque dimorino, e quanti vivono attualmente nel suo territorio, da tutti gli impedimenti di diritto ecclesiastico, eccetto quelli la cui dispensa è riservata alla Sede Apostolica.
 §2. Gli impedimenti la cui dispensa è riservata alla Sede Apostolica, sono
 1) l'impedimento proveniente dai sacri ordini o dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso di diritto pontificio;
 2) l'impedimento di crimine, di cui al can.1090 (uccisione del coniuge).
 §3. Mai si dà dispensa dall'impedimento di consanguineità nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale. Esistono anche figure ostative al matrimonio diverse dagli impedimenti, come per esempio questioni di tipo liturgico tipo il divieto di celebrare matrimoni nel periodo che va dall’avvento al natale, oppure dalle ceneri a pasqua (quaresima).
 N.B. lo ius connubis (diritto a sposarsi) supera questo divieto. Libro IV: contiene la disciplina dei sacramenti; titolo VII, cap.III: Impedimenti dirimenti in specie: - Canone 1083 (impedimento dell’età):
 §1. L'uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio.
 §2. È diritto della Conferenza Episcopale fissare una età maggiore per la lecita celebrazione del matrimonio. 
 Il numero scelto fissa l’età che presumibilmente indica il raggiungimento della maturità psico-fisica.
 Conferenza episcopale italiana nel 1983 con la delibera n.10 ha stabilito una regola di diritto particolare che per la lecita celebrazione del matrimonio per i fedeli italiani l’età si alza ai 18 anni.
 N.B. se non la rispetto il matrimonio rimane valido, ma illecito.
 → Tramite dispensa ci si può sposare prima se si ritiene raggiunta la maturità psicofisica, poiché si tratta di un impedimento di diritto umano. di 30 42 - Canone 1085 (vincolo matrimonio precedente): 
 §1. Attenta invalidamente al matrimonio chi è legato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non consumato.
 §2. Quantunque il matrimonio precedente sia, per qualunque causa, nullo o sciolto, non per questo è lecito contrarne un altro prima che si sia constatata legittimamente e con certezza la nullità o lo scioglimento del precedente.
 → conferma che il matrimonio si perfeziona semplicemente con lo scambio del consenso tra le parti
 → il canone si riferisce alla prima ipotesi di matrimonio, ovvero quello tra battezzati; per sposarsi di nuovo possono solo aspettare decreto pontificio, consumare e poi interviene causa di nullità, o se due di fede diversa dovrà essere sciolto.
 → È una regola di diritto divino dal momento che il matrimonio è elevato a sacramento perciò NON è dispensabile. - Canone 1087: Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono costituti nei sacri ordini.
 non possono contrarre matrimonio coloro che hanno preso gli ordini sacri, ovvero il diaconato, il presbiterato, e l’episcopato.
 Come si concilia questo canone con il diaconato permanente? Perché chi accede al primo ordine del diaconato è destinato al presbiterato, mentre se è permanente ci accedi in età matura.
 → Diritto umano: È possibile accedere ad una dispensa riservata alla Santa Sede che permette a chi ha ricevuto l’ordine di contrarre matrimonio. - Canone 1088: Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati da voto pubblico e perpetuo di castità emesso in un istituto religioso = chi abbraccia uno stile di vita consacrata.
 stato di vita consacrata + voto pubblico = suore
 Come fa Lucia a sposarsi? Perché Fra Cristoforo le dice che ha emesso il voto in una situazione di pericolo, quindi non vale.
 → impedimento di diritto umano e pertanto dispensabile. - Canone 1084: §1. L'impotenza copulativa (impotentia coeundi) antecedente e perpetua, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa (nei confronti di un determinato soggetto)*, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio.
 §2. Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto sia per dubbio di fatto, il matrimonio non deve essere impedito né, stante il dubbio, dichiarato nullo. (→ si rifa al favor matrimonii)
 §3. La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio, fermo restando il disposto del can. 1098.
 Il codice non prende in considerazione l’impotentia generandi= a procreare.
 L’ordinamento distingue un’actio umana (possibilità per l’uomo e per la donna di unirsi nella carne) e un’actio naturae, ascrivibile al diritto naturale è ciò che fa sì che dall’unione scaturisca la procreazione.
 Gli esseri umani possono essere padroni sono dell’actio umana mentre quella naturae è regolata dal divino, perciò è quella umana che viene vista come impedimento.
 [*1587 Sisto V con il Breve Cum Frequente dichiara nulli con effetto retroattivo in Spagna tutti i matrimoni contratti con eunuchi (= custode del letto; soggetto che nasce con caratteri maschili atrofizzati o ridotti che lo rendono incapace a procreare) e spadoni (persone che vengono castrate di solito prima dell’inizio della maturità, pratica che rispondeva all’esigenza di mantenere la voce acuta tipica dei bambini) e li impedisce per il futuro. In Spagna esisteva un particolare istituto ereditario che prevedeva che il patrimonio andasse al figlio primogenito o in assenza ai più prossimi al defunto; allora le donne per essere certe di non generare prole e mantenere money di 31 42 sposavano eunuchi e spadoni, considerando che il più delle volte mantenevano la capacità erettile. In questi casi avveniva una copula saziativa ma non una copula fecondativa. 
 Sisto V ritiene queste unioni contro natura perché erano unioni da cui non poteva nascere alcun frutto, quindi la copula saziativa era semplicemente un vizio che portava solo piacere e non procreazione. 
 Il decreto di Sisto V è importante perché basa la nullità di questi matrimoni sul fatto che manca non la copula ma l’emissione di verum semen (già all’epoca avevano capito che il vero seme veniva dalle ghiandole vestibolari); nel corso dei secoli venne applicato costantemente per cui venivano dichiarati nulli i matrimoni in cui veniva a meno, indipendentemente che si trattasse di eunuchi o spadoni, l’elemento della copula creativa e in particolare fu l’interpretazione costante della allora Sacra Rota Romana che considerò la copula creativa. Dopo il regime nazista e della WW2 si pose un grosso problema - considerando la pratica di vasectomia sulle ‘razze non pure’ - all’interno della giurisprudenza perché la sacra rota romana continuò a sostenere che per non entrare nel caso di impotenza occorresse l’emissio verum semen. 
 Si arriva finalmente al decreto del 1977 ad opera della sacra congregazione della dottrina e della fede per cui sottoposta ad un quesito la sacra congregazione sancisce che l’impotenza rende sì nulla il matrimonio e consiste in una incapacità antecedente e perpetua assoluta e relativa di compiere la copula coniugale ma ritiene che non sia necessaria nel caso di copula fra uomo e donna l’emissione di verum semen; in questo modo dopo secoli si risolve definitivamente una questione nata alla fine del XVI secolo.
 N.B. con il Concilio Vaticano II tutti i bona del matrimonio vengono messi sullo stesso piano, il bonus prolis non è più all’apice.]
 → l’impotenza è un impedimento di diritto naturale divino - Canone 1089: Non è possibile costituire un valido matrimonio tra l'uomo e la donna rapita o almeno trattenuta allo scopo di contrarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga spontaneamente il matrimonio.
 Il canone è datato perché prevede che sia solo la donna quella ad essere rapita; qualcuno ha detto ‘è possibile estenderlo sia a uomo che donna’? NO perché le norme che portano nullità e invalidità non possono essere interpretate in modo estentivo, al pari delle norme penali. - Canone 1090: (impedimento da delitto) 
 §1. Chi, allo scopo di celebrare il matrimonio con una determinata persona, uccide il coniuge di questa o il proprio, attenta invalidamente a tale matrimonio.
 §2. Attentano pure invalidamente al matrimonio tra loro quelli che cooperano fisicamente o moralmente all'uccisione di un coniuge.
 Il canone prevede una differenza con l’analogo impedimento nel nostro ordinamento, nel quale non occorre aver consumato il reato ma basta averlo tentativo.
 → impedimento di diritto umano (introdotto all’epoca per evitare il far west) - Canone 1086 (impedimento da disparità di culto): 
 §1. È invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e l'altra non battezzata.
 §2. Non si dispensi da questo impedimento se non dopo che siano state adempiute le condizioni di cui ai can.1125 e can.1126.
 §3. Se al tempo della celebrazione del matrimonio una parte era ritenuta comunemente battezzata o era dubbio il suo battesimo, si deve presumere a norma del can.1060 la validità del matrimonio finché non sia provato con certezza che una parte era battezzata e l'altra invece non battezzata. 
 di 32 42 coniugum); 
 3. Esclusione delle proprietà essenziali del matrimonio (unità fra i coniugi cioè il bonum fidei e l’indissolubilità del matrimonio cioè il bonum sacramenti). - ERRORE OSTATIVO (ostativo è difetto≠errore-vizio)
 I. Canone 1096 (errore sull’identità del negozio matrimoniale → errore di diritto): 
 §1. Perché possa esserci il consenso matrimoniale, è necessario che i contraenti almeno non ignorino che il matrimonio è la comunità permanente tra l'uomo e la donna, ordinata alla procreazione della prole mediante una qualche cooperazione sessuale.
 §2. Tale ignoranza non si presume dopo la pubertà.
 N.B: il canone 1096 ci dice cosa due persone normali devono sapere del matrimonio
 Errore essenziale circa l’identità del negozio e delle sue proprietà essenziali, ovvero che è un’unione permanente finalizzata alla procreazione.
 II. Canone 1097 (errore sull’identità dell’altro nubente):
 §1. L'errore di persona rende invalido il matrimonio.
 §2. L'errore circa una qualità della persona, quantunque sia causa del contratto, non rende nullo il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa direttamente e principalmente.
 Ipotesi possibile nei casi di matrimoni per procura.
 III. Canone 1097 (errore sulle proprietà essenziali del matrimonio).
 §2. L'errore circa una qualità della persona, quantunque sia causa del contratto, non rende nullo il matrimonio, eccetto che tale qualità sia intesa direttamente e principalmente.
 Anziché il soggetto ignori completamente le proprietà matrimoniali, il soggetto ignora almeno una delle proprietà essenziali.
 Es. differenza tra ignorare il bonum sacramenti e la proprietà dell’indissolubilità: uno è voluto, l’altro no perché totalmente ignorata. Vizi del consenso. Sono caratterizzati dal fatto che la volontà esiste ma è in un certo senso deviata/viziata.
 Sia il vizio sia il difetto devono essere eccepiti, ma in presenza di un difetto c’è sicuramente la dichiarazione di nullità, mentre in presenza di un vizio non è certo perché bisogna provare ad es. nel caso del dolo che la qualità nascosta sia tanto grave da turbare la vita matrimoniale. - Canone 1098 (DOLO):
 Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell'altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente. 
 Dolo bonus (es. Falso mestiere) ≠ DOLO MALUS: uno dei nubenti ha, intenzionalmente, ingannato con raggiri o tacendo l'altro soggetto riguardo a qualità o aspetti che riguardano la propria persona e che possa perturbare gravemente la futura vita coniugale.
 Caratteristiche del dolo: deve provenire dall’esterno (o dall’altro coniuge o da persone diverse dall’altro coniuge), deve generare un inganno (che deve cadere su una qualità che possa perturbare gravemente il matrimonio).
 es. nascondo di essere impotente - Canone 1103 (VIOLENZA MORALE=vis vel metus):
 È invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.
 Un'azione, anche non volontaria o indiretta, che ponga il nubente nella scelta di sposarsi al fine di evitarla. L'azione deve essere dell'altro nubente o di un terzo, ma di 35 42 necessariamente un comportamento umano, il timore che ne sorge deve essere grave.
 es. Mafioso che ti dice ‘ti conviene uscire con mia figlia’
 La violenza morale esiste anche in ordine a situazioni soggettive, considerando le influenze ambientali. - Canone XXX (ERRORE-VIZIO):
 
 Diverso dall'errore ostativo, che invalida automaticamente il matrimonio ed è un difetto, si basa sull'errore di una qualità essenziale di una persona che il nubente considera fondamentale e che lo ha effettivamente spinto a sposarsi.
 es. Non c’è mai stata la volontà di essere fedele, 
 Caso in cui la qualità è stata determinante del consenso, unica ragione per cui mi sono sposato, ecco che l’errore-vizio potrebbe far sì che il matrimonio venga annullato (ipocondriaco che vuole sposare medico) Il matrimonio è consensuale, sacramentale e formale. Formalità nel matrimonio. Quando siamo in presenza di contratti formali significa che l’assenza della forma porta all’invalidità del contratto.
 Es. compravendita: possibile tacita se è tipo al bar, ma immobiliaria scritta. Il contratto matrimoniale non nasce alle origini come formale, nasce tradizionalmente come consensuale; dal momento che è così insito nella natura umana non ha bisogno di forma.
 MA questo creò alcuni problemi: la forma serve come prova del matrimonio, con la forma rimane traccia di quel contratto; l’assenza di forma consente di eventualmente ripetere quel contratto perché non c’è la certezza di un precedente contratto matrimoniale → poligamia. Il famoso Concilio di Trento del XIII stabilisce la forma del matrimonio diventi obbligatoria, cioè requisito necessario per la validità del matrimonio (forma stabilita ad validitatem, non solo ad probationem) Si stabilisce che il matrimonio deve essere celebrato in una delle forme previste dal diritto canonico: forma ordinaria, forme straordinarie. → le forme sono tipizzate, cioè previste dal diritto Una delle forme previste dall’ordinamento canonico è necessaria per la validità del negozio matrimoniale nel diritto canonico. FORMA ORDINARIA: Canone 1108:
 §1. Sono validi soltanto i matrimoni che si contraggono alla presenza dell'Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di essi che sono assistenti, nonché alla presenza di due testimoni, conformemente, tuttavia, alle norme stabilite nei canoni seguenti, e salve le eccezioni di cui ai can.144, can.1112, §1, can. 1116 e can. 1127, §§2-3.
 §2. Si intende assistente al matrimonio soltanto colui che, di persona, chiede la manifestazione del consenso dei contraenti e la riceve in nome della Chiesa. Per la forma ordinaria si richiede perciò: - I due ministri, che sono i nubendi e gli attori del contratto - il vescovo, parroco, sacerdote o diacono delegato da uno di essi o addirittura un laico (essendo amministrato dagli stessi sposi) che assiste. di 36 42 - Inoltre è richiesta la presenza di almeno un testimone per parte, che se non sono qualificati sono testes comunes. E se il prete non è un vero prete? E se è stato scomunicato latae sententiae?
 [scomunica: si arriva a scomunica automatica per il semplice fatto di aver posto in essere un atto non approvato dall’ordinamento canonico (latae sententiae); provvedimento del pontefice o dell’ordinario del luogo (ferendae sententiae)] → MATRIMONIO PUTATIVO: entrambe le parti non sono a conoscenza dell’invalidità del matrimonio è quindi in loro favore esiste l’istituto del matrimonio putativo, basato sul principio del favor matrimonii che ci costringe a scegliere sempre la validità del matrimonio per il principio salus animarum, che è una delle finalità della Chiesa assieme all’unità. Canone 144 (supplenza della giurisdizione della chiesa): §1. Nell'errore comune di fatto o di diritto, e parimenti nel dubbio positivo e probabile sia di diritto sia di fatto (sulla validità di un atto), la Chiesa supplisce (in favore di quell’atto), tanto nel foro esterno quanto interno, la potestà di governo esecutiva. Si parla di atti del foro esterno e interno: atti che riguardano i rapporti fra i singoli fedeli e l’autorità ecclesiastica; rapporti fra singolo fedele e la sfera che attiene alla fede del singolo fedele (singoli sacramenti o fatti delittuosi e peccaminosi del fedele. → nel dubbio la Chiesa supplisce Canone 1314: La pena per lo più è ferendae sententiae, di modo che non costringe il reo se non dopo essere stata inflitta (occorre sentenza dell’autorità); è poi latae sententiae, così che vi s'incorra per il fatto stesso d'aver commesso il delitto, sempre che la legge o il precetto espressamente lo stabilisca (sempre purché il fatto criminoso sia previsto dalla legge). Dove ci si sposa? Canone 1115: I matrimoni siano celebrati nella parrocchia in cui l'una o l'altra parte contraente ha il domicilio o il quasi-domicilio o la dimora protratta per un mese, oppure, se si tratta di girovaghi, nella parrocchia in cui dimorano attualmente; con il permesso del proprio Ordinario o del proprio parroco, il matrimonio può essere celebrato altrove. Non è vietato celebrarlo in altri luoghi, ma il parrocco deve dare opportuna delega al parroco del posto in cui ci si vuole sposare. Chi deve osservare la forma ordinaria? Canone 1117: La forma qui sopra stabilita deve essere osservata se almeno una delle parti contraenti il matrimonio è battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, salve le disposizioni del canone 1127§2. 
 Canone 1118: §1. Il matrimonio tra cattolici o tra una parte cattolica e l'altra non cattolica battezzata sia celebrato nella chiesa parrocchiale; con il permesso dell'Ordinario del luogo o del parroco potrà essere celebrato in altra chiesa o oratorio.
 §2. L'Ordinario del luogo può permettere che il matrimonio sia celebrato in altro luogo conveniente.
 §3. Il matrimonio tra una parte cattolica e l'altra non battezzata potrà essere celebrato in chiesa o in un altro luogo conveniente. E se voglio scegliere il parroco?
 Il matrimonio sarà validità ma illecito perché è stato contratto in luogo diverso dalla dimora di uno dei due nubendi.
 Perciò si incorre in sanzioni in capo a chi ha assistito illecitamente a quel matrimonio. di 37 42 §2. Il matrimonio celebrato sotto condizione passata o presente è valido o no, a seconda che esista o no il presupposto della condizione. → ammessa condizione su un fatto passato o presente §3. Tuttavia non si può porre lecitamente la condizione di cui al §2, se non con la licenza scritta dell'Ordinario del luogo. Secondo la previsione codiciale, il consenso matrimoniale non può essere sottoposto ad alcuna condizione che riguardi un evento futuro (c.d. condicio de futuro), a motivo dell’effetto sospensivo che essa necessariamente conferirebbe a tempo indeterminato al consenso medesimo, nell’attesa (che potrebbe anche essere perpetua) che il vincolo diventi effettivo ed operante nel momento in cui si realizzi l’evento dedotto in condizione. Qualora apposta, tale condizione renderebbe perciò invalido il matrimonio, anche se l’evento dedotto dovesse poi realizzarsi. Ad esempio: si configura una condizione di futuro (e, quindi, la nullità del vincolo) nel caso in cui un uomo si sposi subordinando il proprio consenso nuziale alla circostanza che la sua futura moglie si dedichi esclusivamente all’attività di casalinga; oppure nel caso in cui taluno dei due promessi sposi subordini il proprio consenso nuziale al successivo trasferimento della residenza coniugale necessariamente in un determinato luogo; oppure al conseguimento da parte del futuro coniuge di una certa eredità. 
 È invece possibile apporre al matrimonio una condizione relativa ad un evento presente (c.d. condicio de praesenti) ovvero passato (c.d. condicio de praeterito), ma ignoto all’apponente al momento della celebrazione. Tali condizioni sono definite «improprie», poiché l’evento o il fatto da cui si intende far dipendere la validità del consenso è in realtà già accaduto, sebbene sconosciuto all’interessato al momento del matrimonio; di conseguenza esse non determinano la sospensione dell’efficacia del consenso né tanto meno la differiscono in un tempo futuro ed incerto. Pertanto, ricorrendo tali diverse ipotesi, il matrimonio è valido o invalido a seconda che quanto dedotto in condizione esista o meno nella realtà oggettiva al momento della celebrazione. → il fatto posto in condizione deve riguardare quegli elementi che costituiscono i fini oggettivi del matrimonio e pertanto non possono essere messi in condizione fatti e circostanze talmente frivole da essere irrilevanti ai fini del contratto matrimoniale. Inoltre come può essere apposta validamente la condizione? 
 → essendo elemento accessorio del contratto devo esprimerla tramite apposita manifestazione di volontà. Scioglimento del vincolo matrimoniale. ≠ nullità con sentenza, è il caso di presenza di vincoli matrimoniali che possono in determinate ipotesi essere sciolti. • Canone 1697 e ss. (provvedimento di grazia del pontefice): si parla di dispensa a matrimonio rato e non consumato quando si fa riferimento ad un matrimonio giuridicamente valido tra due battezzati o tra due persone di cui una necessariamente battezzata, e al quale non si sia conseguito un atto potenzialmente idoneo alla generazione della prole.
 In tale ipotesi rimane esclusiva prerogative del romano pontefice dichiarare lo scioglimento del vincolo coniugale con un provvedimento che prende il nome di dispensa, con un procedimento che parte dal tribunale diocesano ma che porta la richiesta di dispensa al romano pontefice.
 Si tratta di un provvedimento totalmente discrezionale, che non è appellabile, integrato di 40 42 da un atto specifico che prende il nome di dispensa, e si parla di un atto di grazia concesso dal pontefice. • Canone 1143 (Privilegio paolino) privilegio a favore della fede: 
 §1. Il matrimonio celebrato tra due non battezzati, per il privilegio paolino si scioglie in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata.
 §2. Si ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuol coabitare con la parte battezzata o non vuol coabitare pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa per separarsi.
 
 Con tale terminologia si intende quello speciale potere di origine divina rivelato da Cristo all’apostolo Paolo, così come si evince dalla Sacra Scrittura, e quindi trasferito al Romano Pontefice quale Vicario di Cristo. Secondo tale privilegio, finalizzato ad agevolare la conversione alla religione cristiana, i matrimoni celebrati tra non battezzati possono essere sciolti allorquando taluno di essi riceva successivamente il battesimo abbracciando appunto tale religione, ma si veda ostacolato nel suo cammino di fede dall’atteggiamento del coniuge che non intende aderire alla Chiesa cattolica, ovvero non vuole coabitare con lui, ovvero non vuole coabitare con lui senza indurlo a peccare o senza maltrattarlo a causa della conversione. Ne consegue che, per superare il contrasto tra la regola dell’indissolubilità e il bene della fede (di qui anche la denominazione «privilegio della fede»), che rappresenta di per sé un valore superiore da tutelare, il coniuge convertitosi al cattolicesimo può passare a nuove nozze con una persona cattolica, liberandosi automaticamente («ipso iure») dal precedente vincolo coniugale, senza necessità di alcun specifico provvedimento da parte dell’autorità ecclesiastica. Tale situazione va comunque verificata tramite un veloce e sommario procedimento, che consiste nell’interpellazione rivolta al coniuge non convertito al fine di verificare se voglia ricevere anch’egli il battesimo o se almeno intenda continuare una convivenza pacifica senza offesa per il Creatore («sine contumelia Creatoris»). In caso di risposta negativa ovvero di ingiustificato silenzio, il coniuge convertito acquista – come si diceva – il diritto a contrarre nuovo matrimonio. • Canone 1148 (privilegio petrino):
 §1. Il non battezzato che abbia contemporaneamente più mogli non battezzate, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, se per lui è gravoso rimanere con la prima di esse, può ritenerne una qualsiasi licenziando le altre.
 Lo stesso vale per la moglie non battezzata che abbia contemporaneamente più mariti non battezzati.
 §2. Nei casi di cui al §1, il matrimonio, dopo aver ricevuto il battesimo, deve essere contratto secondo la forma canonica, osservando anche, se necessario, le norme sui matrimoni misti e le altre disposizioni del diritto.
 §3. L'Ordinario del luogo, considerata la condizione morale, sociale ed economica dei luoghi e delle persone, curi che sia provveduto sufficientemente alle necessità della prima moglie e delle altre licenziate, secondo le norme della giustizia, della carità cristiana e dell'equità naturale.
 
 Caso di due persone di cui una o entrambe sono battezzate in una chiesa cristiana non cattolica, il matrimonio può essere sciolto per il privilegio petrino qualora la parte cristiana decida di abbracciare la religione cattolica e riceva battesimo all’interno della chiesa cattolica.
 
 Con tale terminologia (da più parti ritenuta comunque impropria) si intende quella speciale autorità vicaria di gode ancora il Romano Pontefice, quale successore di di 41 42 Pietro, in forza della quale un matrimonio può essere sciolto in favore della fede (c.d. «favor fidei»), analogamente a quanto si verifica con il privilegio paolino. Tale possibilità di scioglimento si configura nei casi di matrimoni intercorsi tra un infedele e una parte cristiana battezzata in una confessione non cattolica (che non hanno perciò carattere sacramentale, come lo hanno invece quelli tra due persone battezzate nella Chiesa cattolica), allorquando la parte convertita al cattolicesimo non possa più convivere con l’altra. A tale potere  del Pontefice si ricollega, in via similare, quello relativo allo scioglimento delle unioni poligamiche o poliandriche. In tal modo, l’uomo che abbia più mogli tutte non battezzate che si converta al cattolicesimo dovrebbe rimanere con la prima di esse. Tuttavia, qualora ciò risulti difficile, può trattenere con sé quella che preferisce, abbandonando le altre. Analogamente nel caso della donna che abbia più mariti e che successivamente si converta alla fede cattolica. di 42 42
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