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Lezioni Giurisprudenza Commerciale: Imprenditore, Attività, Regime e Contratti - Prof. Mer, Appunti di Diritto Commerciale

Lezioni sui vari aspetti del regime giuridico relativo agli imprenditori, compresi i requisiti obbligatori come l'iscrizione al registro delle imprese, la tenuta delle scritture contabili e la soggezione al fallimento. Vengono anche discusse le attività professionali svolte in forma collettiva, l'imprenditore agricolo e le attività essenzialmente agricole. Inoltre, vengono trattati i contratti non personali e la cessione di questi ultimi, nonché la figura dell'imprenditore occulto e il suo impatto sulla responsabilità dei debiti aziendali.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 16/06/2019

miriam-nardi
miriam-nardi 🇮🇹

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Scarica Lezioni Giurisprudenza Commerciale: Imprenditore, Attività, Regime e Contratti - Prof. Mer e più Appunti in PDF di Diritto Commerciale solo su Docsity! 1° LEZIONE, 05/10/2016 Preappello nella sessione dei fuoricorso a febbraio. Quiz a risposta multipla. Se si passa e si continua a frequentare si sostiene in orale solo la seconda parte (società di capitali) in preappello. Iscriversi in e-learning 3 assenze Libri: i 2 libri di Gargano, il libro di Chiappetta e i documenti in e-learning. Da settimana prossima “complemento di diritto commerciale” del prof 2 futuri seminari (per 1 CFU) di 6 ore l’uno, uno in tema di titoli di credito e uno di bilancio di esercizio delle società di capitali DIRITTO COMMERCIALE COME CATEGORIA: è la parte del diritto privato generale che si occupa dell’impresa e delle società; nel nostro ordinamento il diritto commerciale è fatto rientrare nel codice civile (5° libro); nei sistemi dualistici invece il diritto commerciale ha un corpo normativo a parte e non viene fatto rientrare all’interno del codice civile (è contenuto nel codice di commercio)-->questo avviene ad esempio in Francia; in Italia invece abbiamo un unico codice. Nei sistemi dualistici si possono avere codici civili che durano per molto tempo, mentre il codice di commercio cambia con regolare frequenza: in Italia abbiamo avuto, nel 1800, 2 differenti codici di commercio ed un unico codice civile, questo fino all’unificazione del 1942. Nei sistemi dualistici il diritto commerciale viene considerato “lex specialis” rispetto al diritto civile classico. Tradizionalmente, rientra nel diritto commerciale il diritto di contratto di impresa, il diritto di società, il contratto d’impresa, il fallimento e i titoli di credito. Ma cos’è il diritto commerciale? Per capirlo è necessaria una parentesi storica. Il diritto commerciale come si conosce viene fatto risalire all’inizio del Medioevo (1100-1200, con forte espansione nel 1300): coincide quindi con la ripresa del mercato in Europa e il risveglio commerciale. Al risveglio economico e all’affermarsi della classe dei mercanti, si mette in moto la costruzione di un ordinamento giuridico, partendo dall’impronta romana e sviluppando quest’ultima quando essa non risulta più sufficiente--> “lex mercatoria”. Si è quindi di fronte ad un diritto speciale--> “Tavola Amalfitana”, raccolte di usi di commercio e regole dei veneziani, genovesi,lucchesi... : regole che si applicano ai soggetti che si occupano di commerci. La lex mercatoria viene ad essere una legge trans- nazionale, che si applica al soggetto in quanto appartenente ad una determinata classe indipendentemente dal luogo in cui ci si trova. Si passa poi all’accumulazione precapitalistica, fino a giungere all’effettivo capitalismo, dal 1700 in poi. Il diritto commerciale diventa dunque diritto del capitalismo, con l’affermarsi della borghesia, commerciale ma anche industriale. -->siamo nell’epoca in cui inizia ad affermarsi l’idea della codificazione. L’epoca delle codificazioni porta con sè il riconoscimento di uno status giuridico alla borghesia: codice civile e codice di commercio sono indiscutibilmente codici borghesi (con distinzione tra la borghesia fondiaria a cui fa riferimento il codice civile, e borghesia commerciale a cui fa riferimento il codice commerciale). Da questo punto di vista la diversità è radicale: nel c.civile viene in considerazione la proprietà e la ricchezza conseguente, e il contratto di vendita è lo strumento principe con cui si trasferisce la proprietà. Nel c.commerciale la proprietà conta pochissimo, mentre fondamentali sono i contratti come strumento di scambio e produzione. E i rapporti tra i due codici? Il codice di commercio del 1882 afferma che in caso di screzio tra i due codici a prevalere doveva essere il codice di commercio (con conseguente restrizione del codice civile, che si applicava solo tra soggetti non commercianti). Ai nostri giorni il diritto commerciale è il diritto privato dell’economia, è il diritto che regola e regolamenta i processi di scambio e produzione di beni e servizi. Il diritto commerciale non è tutto il diritto del commercio (regolamentato in parte dal diritto commerciale e in parte dal diritto civile), nell’ambito del diritto commerciale ci sono anche norme che regolamentano le attività del terziario avanzato e la produzione dei beni immateriali (diritto d’autore, brevetti, marchi..) Si può dunque dire che, storicamente, il diritto commerciale è quell’innovazione giuridica e quegli istituti introdotti nel sistema del diritto privato per regolamentare le esigenze economiche. È dunque lex speccialis che con il tempo rientra a far parte del tessuto del diritto privato stesso. In questo viene ricompreso anche il fatto che non è più solo diritto privato, ma anche pubblico dell’economia (materia anti-trust: disciplina pubblicistica funzionale a garantire parità di accesso e libera concorrenzialità nel mondo economico; esiste anche l’imprenditoria statale). Nella trattazione di diritto commerciale parleremo di diritto di società, diritto di credito, contratti d’impresa. La codificazione del 1942: il codice di commercio viene inserito all’interno del codice civile (in base al cosiddetto “socialismo giuridico”)-->unificazione dei codici per semplificare normativamente il sistema, inoltre si eliminano contrapposizioni sociali e di classe tra imprenditori e non imprenditori. --> il ministro della giustizia, di stampo fascista, decide di unificare la materia e fondere in un unico codice i due precedenti codici. Unendo diritto civile e commerciale bisogna stabilire quali regole prevarranno-- >commercializzazione del diritto civile--> abbiamo l’uscita del Paese da una situazione di arretratezza economica e la conseguente mobilità della ricchezza. -->viene meno la specialità del diritto commerciale rispetto al diritto civile. Quando c’erano 2 codici, gli usi commerciali prevalevano sul diritto civile. Nell’attuale sistema tutti gli usi, commerciali o non, sono subordinati rispetto al diritto generale. In questo sistema, un ruolo centrale è affidato all’imprenditore. 2° LEZIONE, 06/10/2016 Nozione giuridica di imprenditore: il riferimento è al 2082 c.c. Dal punto di vista economico è imprenditore l’attivatore del sistema economico: la definizione combina il fattore economico e il fattore produttivo con la finalità di creare ricchezza, sopportando anche il cosiddetto “rischio di impresa”, accettando di conseguenza il rischio di un ipotetico fallimento, nel caso di insolvibilità. L’imprenditore fa propri anche gli utili, cioè il profitto. Egli inoltre dirige la produzione (è il capo dell’impresa). Dal punto di vista giuridico, c’è in questo caso corrispondenza tra il concetto imprenditoriale e giuridico di “imprenditore” --> è imprenditore chi esercita un’attività economica al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi NB: l’imprenditore produce ricchezza, crescendo l’utilità di beni, svolgendo funzione intermediaria, oppure creando materialmente qualcosa ex novo. Colui che non produce o non scambia beni o servizi non è imprenditore-->lo speculatore differenziale (soggetto che non compera o vende titoli azionari ma specula sull’andamento dei titoli in borsa) non è un imprenditore, ma uno scommettitore. -->altri esempi: società che svolgono intermediazione immobiliare. Il 2082 non dice cos’è l’impresa, dice solo chi è l’imprenditore: scelta normativa che individua come architrave del sistema la nozione di imprenditore e non di impresa.--> “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” Perchè un soggetto che produce o scambia beni e servizi possa essere considerato imprenditore devono necessariamente ricorrere alcuni presupposti: 1)professionalità del soggetto --> professionalità come stabilità, non occasionalità. L’attività deve essere svolta in modo stabile o continuativo. C’è professionalità anche se c’è periodicità nello svolgimento dell’attività (la periodicità non esclude la stabilità dell’attività imprenditoriale: si pensi ad un’attività balneare che svolge il proprio servizio esclusivamente nel periodo estivo). Si può ricordare che l’attività professionale non deve essere necessariamente l’attività principale del soggetto, può essere anche limitata nel tempo, questo non va ad enficiare la professionalità -->il 2093 c.c (“le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali. Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate. Sono salve le disposizioni della legge”) distingue tra enti pubblici economici (svolgono in via esclusiva un’attività parametri e criteri, anche sulla base della logica che dovrebbe salvaguardare i minimi di tariffa (adesso però tutte le professioni intellettuali stanno entrando in un’ottica mercantilistica). Le professioni intellettuali non protette sono quelle che non prevedono l’iscrizione ad un albo professionale (pubblicitari, soggetti che svolgono indagini di mercato o demoscopiche): possono essere svolte da chiunque e possono essere svolte anche senza un contratto d’opera intellettuale-->il legislatore non dice che tutti i professionisti intellettuali devono concludere un contratto d’opera intellettuale, questo è necessario solo per alcune tipologie di professioni d’opera intelelttuale. Il professionista intellettuale non protetto può essere o meno imprenditore: se ha deciso di esercitare l’attività utilizzando contratti diversi da quello d’opera intellettuale (appalto ad esempio) il soggetto svolge un’attività imprenditoriale. Se conclude un contratto d’opera intellettuale è sottrato al regime d’impresa. Le professioni intellettuali possono essere svolte anche collettivamente: come si ha un’impresa collettiva e l’esercizio collettivo dell’attività d’impresa, così possono esserci attività professionali svolte in forma collettiva. -->associazioni professionali e società di professionisti (che pongono problemi di economia di scala e logiche imprenditoriali). La legge 183/2011 (legge di stabilità per il 2012) all’art10, prevede la riforma degli ordini professionali e la società tra professionisti. La legge 247/2012 introduce la disciplina dell’ordinamento forense e prevede le associazioni di avvocati La legge 4/2013 è relativa alle professioni non organizzate (non protette, no regime ordinistico) in ordini o collegi. Per professione non organizzata in ordini o collegi si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o comunque con il concorso di questo con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti ad albi o elenchi ai sensi dell’art2229 cc, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative. La nozione di imprenditore è omnicomprensiva (2082): qualunque tipo di produttore professionale di beni e servizi IMPRENDITORE COMMERCIALE --> svolge attività individuate dal legislatore come attività commerciali. AGRICOLO --> l’istituto dell’imprenditore agricolo è introdotto nel 1942, prima non esisteva perchè si riteneva che chi coltiva non fa altro che godere del proprio bene (logica della borghesia fondiaria). Il legislatore del 1942 dice invece che se l’attività agricola è finalizzata al mercato e non all’autogodimento del bene, deve essere considerata attività imprenditoriale Abbiamo uno statuto generale del c.c applicabili a qualunque tipo di impresa e la disciplina specifica dell’imprenditore agricolo e quella dell’imprenditore commerciale. alcune norme sono comuni alle due tipologie di imprenditore -->art 1368 c.2, norme del libro V sull’impresa generale (2082-2184), 2555 e seguenti per l’esercizio dell’impresa (agricola e non agricola), norme di diritti di privativa (ditta, insegna, marchi, brevetti,invenzioni industriali, 2575 e seguenti), 2595 e seguenti si applicano a tutti gli imprenditori. La disciplina dell’imprenditore agricolo è contenuta negli artt.2135-2187 c.c La disciplina dell’imprenditore commerciale è contenuta negli artt.2188-2221 c. CIVILE--> la distinzione ha portato al dibattito sull’eventuale ipotetica esistenza di una terza categoria, l’imprenditore civile. Colui che esercita un’attività d’impresa nè agricola nè commerciale. Si applica solo la disciplina dell’imprenditore in generale. -->il problema dell’imprenditore civile è di interpretazione, è sistematico: riconduzione di determinate attività che non rientrano nè nella definizione di impresa agricola nè di quella commerciale. Quella dell’imprenditore civile sarebbe dunque una categoria in negativo; in realtà riguardo al tema, la giurisprudenza si esprime in modo diverso: interpretazione estensiva del perimetro dell’imprenditore soprattutto commerciale in modo tale da far rientrare nella categoria quelle situazioni di per sè ambigue, in modo tale da far rientrare o nella categoria dell’imprenditore agricolo o nella categoria dell’imprenditore commericiale. Alla fine, nella categoria dell’imprenditore civile rientrerebbero: le attività svolte da associazioni e fondazioni. • La disciplina dello statuto generale d’impresa (legge 180/2011): nasce per dare attuazione ad una comunicazione europea del 2008 (“Small Businness Act”: politica di attenzione di imprese di piccole e medie dimensioni). È una legge-quadro che individua le norme generali di riforma, e questo si nota soprattutto leggendo l’art1 c.2 -->la legge quadro fa riferimento anche alle competenze concorrenti delle Regioni (lettere E-F-G). Individuzione all’art2 di principi generale (G-H-L comma5 art2: accesso al credito per le imprese, condizioni eque e non vessatorie, misure che semplificano la successione d’impresa). Imprenditore commerciale: 2195. Il primo comma parla di imprenditore soggetto all’obbligo di iscrizione al registro delle imprese (prima del ’42 l’obbligo era solo per gli imprenditori commerciali). Il comma 2 dice che le disposizioni dell’impresa commerciale si applicano a tutti gli imprenditori che fanno riferimento al comma1: è imprenditore commerciale chi svolge determinate attività ed è soggetto all’obbligo di iscrizone al registro. Le attività in questione sono: 1)attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi: attivtà industriale anche dal punto di vista economico, attività di creazione e produzione di beni e servizi. Il requisito della intermediazione nell’acquisto e di trasformazione del bene non è necessario. L’imprenditore che compra il ferro e lo trasforma in tondini svolge un’attività certamente di commercio, ma anche di produzione di beni-- >questo non è necessario. È imprenditore anche chi produce un metallo o estrae un minerale, quindi anche chi svolge attività primaria: attività industriale di produzione di beni e servizi. Il concetto di industriale è duqnue ampio. Anche le attività di produzione di servizi è industriale. Per interpretazione concorde anche la produzione di servizi ha carattere industriale. Il requisito dell’industrialità è assunto dal legislatore non in senso tecnico-economico, ma come contrapposto al concetto di agricolo. È industriale qualsiasi soggetto che svolge produzione di beni e servizi che non siano connessi all’attività agricola 2)attività intermediaria nella circolazione dei beni (non dei servizi, che non prevedono intermediazione): l’attività è commerciale in senso proprio, di colui che svolge un commercio. La giurisprudenza, per ovviare a lacune utilizzate per introdurre la figura dell’imprenditore civile, considera l’attività di intermediazione in senso proprio un requisito non fondamentale. Es: le società finanziarie, che svolgono alcune volte funzioni intermediarie, altre volte hanno un patrimonio proprio e lo prestano-->non c’è intermediazione nella circolazione del denaro, tuttavia per unanime interpretazione siamo di fronte ad un’attività di intermediazione 3)attività di trasporto per terra, per acqua e per aria: questa è attività di produzione di servizio, con contratto di trasporto. La specificità dell’individuazione è finalizzata ad evitare dubbi circa il fatto che queste attività siano di carattere commerciale ed imprenditoriale. 4)attività bancaria o assicurativa: l’attività bancaria è un’attività di intermediazione. 5)altre attività ausiliarie delle precedenti: i broker assicurativi. Nello svolgere un’attività sussidiaria di un altra attività il soggetto è imprenditore ed è distinto rispetto al soggetto da cui dipende per l’attribuzione dell’attività. Il regime giuridico dell’impresa commerciale?3 differenti aspetti: 1)obbligo di iscrizione al registro delle imprese 2)obbligo di tenuta delle scritture contabili 3)soggezione al fallimento (2221) 4° LEZIONE, 12/10/2016 Impresa agricola, piccolo imprenditore 2135 cc (modificato nel 2001): imprenditore agricolo --> “è imprenditore agricolo chi esercita una di queste attività: coltivazione del fondo, selvicoltura,allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale o animale che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentamente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonchè le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge” • “Attività essenzialmente agricole”: coltivazione del fondo, allevamento di animali, servicultura (coltivazione del bosco: è imprenditore agricolo chi, oltre a raccogliere legname, ripristina le piante come erano prima del taglio. Se ci si limita a raccogliere il legname e a venderlo si è imprenditore commerciale). • Per “coltivazione del fondo” intendiamo lo sfruttamento delle peculiarità del fondo medesimo.Oggi il collegamento con il fondo non è un requisito essenziale per essere imprenditore (es: serre). Riguardo all’ “allevamento degli animali”, prima della riforma del 2001 si parlava di allevamento del “bestiame” (termine restrittivo, perchè si faceva riferimento solo ad ovini, caprini, bovini, suini,..). Dopo la riforma, la modifica del termine ha permesso di ricomprendere tra gli imprenditori agricoli anche coloro che allevano api, visoni o comunque altri animali eccedenti la restrittiva categoria del bestiame --> nel 2001 si preferisce ampliare la categoria e dire che è imprenditore agricolo chi alleva qualsiasi tipo di animale. • Sono ricomprese nell’attività agricola la “cura di un ciclo biologico, di carattere vegetale o animale”, e le attività che possono utilizzare il fondo, il bosco, le acque dolci o salmastre... Viene considerato imprenditore agricolo,a prescindere, chi cura e sviluppa un ciclo biologico o una fase di tale ciclo, purchè essenziale. Cos’è quindi un ciclo biologico? È un processo di vita, crescita e morte. L’imprenditore è considerato tale anche se si occupa di una sola parte del ciclo biologico stesso, non è necessario che il soggetto si occupi della totalità del ciclo. Sono ricomprese nelle attività agricole quelle che “utilizzano o possono utilizzare” il fondo, il bosco o le acque--> la connessione con il fondo, che prima era un requisito essenziale, oggi non lo è più (es: allevamento dei polli in batteria. I pulcini non stanno nell’aia, ma stanno in capannoni: non c’è differenza tra coloro che allevano i polli nel fondo o nel capannone); il collegamento con il fondo deve essere almeno potenziale: l’attività deve poter essere fatta,almeno ipoteticamente, anche sul fondo. Non è dunque necessario che il soggetto utilizzi il fondo, la cosa importante è che, pur non utilizzandolo, l’attività che si pone in essere possa, almeno potenzialmente, essere realizzata in continuità con il fondo, il bosco e le acque. Continuando, la norma dice che l’imprenditore agricolo è tale e resta tale anche nel momento in cui svolge delle attività connesse: “manipolazione, conservazione, trasformazione, commericalizzazione, valorizzazione”, ovvero attività che abbiano ad oggetto il prodotto agricolo di partenza. -->queste attività hanno intrinsicamente natura di attività commerciale: se l’imprenditore oltre a coltivare il fondo, il bosco o oltre ad allevare animali, pone in essere attività di stampo commerciale, comunque connesse all’attività agricola che deve rimane principale, deve considerarsi imprenditore agricolo. In cosa si estrinseca la connessione, per come richiesta dalla norma? In primis, l’attività agricola deve essere e rimanere principale, deve essere lo stesso soggetto che coltiva e dopo svolge l’attività connessa -->connessione soggettiva. numero dei soggetti preposti. Nella logica del 2083 la prevalenza del lavoro proprio viene declinata secondo una logica che determina delle soglie quantitative in maniera certa. Il legislatore introduce un albo delle imprese artigiane, al c.5 dice che c’è l’albo provinciale delle imprese artigiane. L’iscrizione all’albo è costitutiva. ALBO DELLE IMPRESE ARTIGIANE diverso da REGISTRO DELLE IMPRESE. Se non si è iscritti, non si è nella condizione di ottenere agevolazioni previste a favore dell’impresa artigiana. Qual è la valenza costitutiva, qual è il rapporto tra questa disciplina e quella del 2083? Coordinamento del 2083 con quello della legge considerando la disciplina della legge dell’85 introduce una concezione autonoma di artigiano rispetto a quella del 2083, e ha la funzione di consentire il godimento di incentivazione e agevolazioni fiscali previste da leggi regionali a favore del soggetto artigiano. -- >l’artigiano ex legge85 è molto simile ma non uguale a quello ex 2083-->diversità di impostazione giuridica a fronte del medesimo termine utilizzato. La nozione della legge dell’85 è autonoma rispetto a quella del 2083: la lex ha l’obiettivo di introdurre la disciplina quadro per consentire alle imprese di godere dei benefici introdottti dalla legge regionale-->non si è artigiani ex2083 se si è iscritti all’albo delle imprese artigiani, lo si è ex legge85-->iscrizione come certezza giuridica e per consentire ai soggetti iscritti di godere degli incentivi delle leggi regionali. Il giudizio che il legislatore introduce nel 2083 di prevalenza del lavoro roprio può portare a risultati in linea con il principio della legge dell’85, ma anche no. -->la giuri introduce una presunzione a riguardo: l’iscriversi all’albo fa presupporre che l’artigiano sia tale anche ex2083, ma poi deve esserci, nel caso concreto, una valutazione di merito del giudice. Il fatto che vi sia una nozione autonoma comporta che si può avere un soggetto iscritto all’albo delle imprese artigiane, ma che fallisce: se non soddisfa i requisiti ex 2083 non esonera automaticamente dal fallimento. L’artigiano, inteso in senso civilistico, non fallisce mai, colui che è iscritto all’albo delle imprese artigiane potrebbe anche fallire, perchè non necessariamente egli è artigiano ex art2083 -->sensibile mutamento a seguito della riforma fallimentare del 2005, con la modifica dell’art1 della legge fallimentare, che ha introdotto le cosiddette “soglie di fallibilità”: il giudice deve ex art2083 capire se il soggetto è un piccolo imprenditore o no-->incertezza sulla sorte del piccolo imprenditore, considerato fallibile oppure no. Il legislatore che aveva introdotto la legge fallimentare nel 1942 aveva previsto dei criteri per stabilire quando un soggetto era fallibile: il criterio in origine era legato al fisco: se si vedeva imposto il regime dell’imposta mobile era un imprenditore non piccolo e dunque soggetto a fallimento. Il regio decreto 267/1942 prevedeva anche un criterio residuale, sussidiario: se veniva impiegato nell’attività d’impresa un capitale superiore ad un certo importo, il soggetto era considerato come imprenditore-->il legislatore del 2005 nella riforma della legge fallimentare ha introdotto un meccanismo diverso, ovvero delle soglie: è soggetto al fallimento l’imprenditore che supera certi volumi e certi parametri-->si è sganciato il giudizio di fallibilità della nozione civilistica ex2083 e della nozione ex lege del 1985. L’art1,c.2 della legge fallimentare dice che non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori commerciali esclusi gli enti pubblici (privilegio dello Stato che non fallisce mai) che dimostrano il possesso congiunto dei requisiti: aver avuto nei 3 esercizi precedenti un attivo patrimoniale annuo non superiore ai 300mila; aver realizzato nei 3 esercizi antecedenti alla data di deposito del fallimento ricavi lordi dell’attvità non siano superiori ai 200mila; aver un ammontare di debiti anche non scaduti non superiori a 500mila. -->se si possiedono congiuntamente questi 3 requisiti non si è soggetto a fallimento, se si supera anche solo 1 di questi requisiti si fallisce (sai che io sia imprenditore individuale che collettivo). In questo sistema l’esclusione dal fallimento è legata ad una soglia fissa prevista dall’art1 comma2 della legge del 1985. L’iscrizione presso l’albo delle imprese artigiane ha natura costitutiva sotto il profilo che questo da ai fini del godimento delle provvidenze: se ha i requisiti ma non è iscritto all’albo non potrà mai godere delle agevolazioni. L’AZIENDA: il 2555 cc dice che è il complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività d’impresa -->l’imprenditore non deve essere proprietario di tutti i beni utilizzati; qui il concetto di bene è utilizzato in senso lato, ci stanno dentro anche tutte le utilità economiche (debiti e crediti, contratti, cose che non sono propriamente beni..)-->l’imprenditore normalmente non è proprietario di tutti i beni, normalmente è una persona che prende in leasing i macchinari, in locazione l’immobile, il denaro gli viene dato dalle banche con attività di finanziamento. La ratio è quella di prevedere un trrattamento unitario del complesso di beni utilizzati per l’attivit d’impresa perchè questo complesso di beni svolge un valore diverso e autonomo, sensibilemtne autonomo, rispetto al valore dei singoli beni: questo valore deve essere tutelato e quindi è necessario creare meccanismi che consentano, nella fase della circoalzione dei beni, di salvaguardare il plus valore dei beni. Questa è una disciplina speciale, l’azienda non è universalità di beni immobili, perchè non è composta solo da beni immobili (ma nach econtratti, crediti, diritti di privativa,..)-- >punto di contatto: destinazione all’attività d’impresa. I profili che vengono in consderazione sono 2: 1. la forma della circolazione dell’azienda-->il legislatore con il 2556 introduce una normativa farraginosa che risente di stratificazioni e distingue tra aziende commerciali e le altre. Con riferimento alle aziende commerciali si introducono requisti di forma particolari: l’azienda non ha una sua legge di circolazione, un suo requisito formale di circolazione, però ha un requisito di forma ad substantiam: sotto il profilo del trasferimento sostanziale, i beni si trasferiscono secondo il tipo di contratto o secondo la legge propria di circolazione (se i beni devono essere trasferiti con atto di forma scritta si applica quel requisito sostanziale e il contratto è nullo se non si rispetta quella forma: la forma richiesta per la validità è quella richiesta per i singoli beni che devono essere trasferiti. Sis eguono le regole di circolazione dei beni che sono presenti in azienda e i requistii sostanziali sono uelli). Forma ad probationem: forma scritta. Se manca la forma scritta non è che il contratto è invalido, ma se non c’è il contratto scritto si può accedere solo alla prova tramite giuramento se nel caso di controversia tra le parti. Negli anni ‘90 viene introdotto un ulteriore requisito: il contratto deve essere depositato nel registro delle imprese. Tre sono i requisiti formali in questione: a)forma propria dell’atto b)forma richiesta per la prova: forma scritta c)per la registrazione nel registro delle imprese: atto pubblico o scrittura privata autenticata la circolazione dell’azienda gode di una conseguenza giuridica: nel momento in cui si dice di trasferire ad x l’azienda, automaticamente si trasferisce la titolarità di tutti i beni e di tutte le posizioni giuridiche riguardo l’azineda --> i beni sono automaticamente trasferiti dal dante causa all’avente causa. Si possono escludere dei beni? Certo, però la possibilità di escludere dal trasferimento dell’azienda singoli beni incontra dei limiti, la possibilità di qualificare i beni che vengono trasferiti come un’azienda in senso stretto. Se si trasferisce un’azienda senza trasferire i macchinari, il capannone e si trasferiscono solo le posizioni dei dipendenti, ad esempio, questo non è più un trasferimento d’azienda: quello che si va a trasferire non è sufficiente per determinare una nuova azienda. Bisogna valutare caso per caso: l’unità trasferita deve essere un’unità economica che consenta la continuità della produzione dell’impresa. La qualifica di imprenditore è soggettiva: se l’imprenditore trasferisce la propria azienda,non si può trasferire la qualifica di imprenditore, perchè si diventa imprenditore con lo svolgimento dell’attività. Se si smette di svolgere un’attività e si cede l’azienda il soggetto smette di essere imprenditoere, ma non la può trasferire all’altro soggetto. –NON SI CEDE L’IMPRESA Distinzione tra contratti personali (in cui rilevano le scelte personali dell’imprenditore alienante, di chi vende l’azienda; diversi dai contratti intuitu personae, in cui rileva la personalità del soggetto. Es: l’imprenditore decide di iscriversi a confindustria-->è un contratto personale, è una scelta personale iscriversi a confindustria; diverso è il contratto che l’imprenditore conclude con un professionista come l’avvocato: questo è intuitu personae: il soggetto prende in considerazione le qualità personali del soggetto che si ha di fronte. NB: i contratti personali che individuono scelte personali dell’imprenditore non si trasferiscono mai) e contratti non personali (sia quelli aziendali strettamente inerenti all’azienda come i contratti di lavoro dei dipendenti, sia i contratti d’impresa occasionati dall’esercizio dell’attività d’impresa la sorte dei beni che vengono traferiti) 2558-->i contratti non personali sono contratti per cui c’è un trasferimento immediato, se non è stipulato diversamente. -->deroga al principio contenuto nel 1406 cc: nel caso di trasferimento di una posizione contrattuale (cessione del contratto) occorre anche il consenso del contraente ceduto; da un punto di vista della facilitazione della circolazione delle aziende come complessi di bene si deroga al principio del 1406. Per tutelare il contraente ceduto viene introdotti il principio per cui il terzo contraente può retrocedere dal contratto entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento se c’è giusta causa -->se passano 3 mesi o se non c’è una giusta causa non si può recedere dal contratto. Altra cosa per i contratti di lavoro: il lavoratore è un soggetto debole e il 2112 cc prevede un obbligo specifico al mantenimento del rapporto e il lavoratore conserva tutti i diritti-->il trasferimento di azienda non può essere un modo per sbarazzarsi dei lavoratori. Contratti di locazione dell’immobile: qui si esrime la giurisprudenza: il 2258 c.1 ci porta a dire che questi contratti vengono trasferiti come regola generale, ma possono anche essere esclusi dal trasferimento. Si possono sempre escludere dal trasferimento? Dipende: la giurisprudenza dice che questa possibilità è esercitabile solo se in relazione alla singola azienda trasferita il contratto non assuma importanza essenziale. Es: gelataio in zona strategica Es: trasferimenti di rami d’azienda: la giurisprudenza ha considerato anche il trasferimento di un ramo d’azienda quello riguardante una formula chimica importante per la produzione di un determinato bene (trasferimento di un ramo d’azienda è anche, ad esempio, il trasferimento della ricetta della coca-cola). 6° LEZIONE, 13/10/2016 Cessione del contratto:trasferimento dei contratti aziendali e dei contratti d’impresa, non personali (quelli non possono essere trasferiti, come ad esempio l’iscrizione dell’imprenditore a Confindustriam una sorta di sindacato degli imprenditori) Posizioni di credito e debito aziendali: non si originano solo da rapporti contrattuali,ma anche da altri rapporti. -->anche il trasferimento di masse di crediti e debiti--> due gli articoli a riguardo: A. 2559 c.c: “la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se pagaa in buona fedeall’alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche in caso di usofrutto dell’azienda, se esso si estende ai crediti relativi alla medesima.” --> nei caso di scissione dell’azienda i crediti aziendali si trasferiscono automaticamente ( NB: i crediti aziendali sono le posizioni attive di cui vanta l’azienda, che è creditrice rispetto ad un debitore) -->dal punto di vista civilistico parliamo di cessione del credito (problema della cessione del credito: c’è un debitore ceduto che deve essere noviziato del fatto che non è più il cedente ma il cessionario quello a cui si deve adempiere, per tutelare il debitore deve essere fatta novazione. La cessione del credito è un accordo bilaterale tramite cui un soggetto, detto cedente, trasferisce ad un altro soggetto detto cessionario il suo credito verso un debitore ceduto). Nel caso dei crediti aziendali la cessione è automatica. La cessione dei crediti, anche in mancanza di notifica, ha effetto dal momento della iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese (commerciali ovviamente) -->notifica individuale o notifica collettiva (data dal caso concreto) o pubblicità data dall’iscrizione nel registro -->problema di tutela della buona fede del debitore:esso è liberato se paga all’alienante essendo in buona fede. B. 2560c.c: “l’alienante non è liberato dai debiti , inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento , se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei suddetti debiti anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano da libri contabili dell’impresa” --> il primo comma si occupa dei debiti anteriori al trasferimento: il legislatore dice che il trasferimento non comporta la liberazione del cedente, che rimane obbligato solidalmente con il cessionario.--> esiste comunque la possiblità che i creditori dell’azienda ceduta liberino il cedente e tengano il cessionario come unico soggetto loro debitore, però è comunque abbastanza rara come possibilità. Problema: chi subentra, ovvero il cessionario dell’azienda, risponde di tutti i debiti? Es: debito occultato dal cedente-->salvaguardia dell’affidamento del cessionario nell’avere contezza di quali sono i debiti dell’azienda-->il 2560, al c.2, dice esplicitamente che si risponde soltanto per i debiti che sono inseriti nei registri contabili obbligatori: solo questi sono oggetto di una responabilità aggiuntiva da parte del cessionario (questo vale solo per le imprese commericali, dal momento che per quelle agricole non c’è l’obbligo dei registri contabili). DIVIETO DI CONCORRENZA (2557 cc): “chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di 5 anni dal trasferimento, dall'iniziare nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi rispetto a quelli previsti dal comma precedente è valido, purchè non impedisca ogni attività professionale dell’alienante. Esso non può eccedere la durata di 5 anni dal trasferimento. Se nel patto è indicata una durata maggiore o a durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di 5 anni dal trasferimento. Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell’usufrutto o dell’affitto. Le disposizioni di questo articolo si applicano alle aziende agricole solo per le attività ad esse connesse, quando rispetto a queste sia possibile uno sviamento di clientela.” --> partiamo da un esempio pratico: se si trasferisce un’azienda, si concede la possiblità al cessionario che subentra nella qualità di imprenditore di esercitare la stessa attività atti di organizzazione: si fa riferimento all’attività anteriore che riguarda il predisporre l’organizzazione dell’impresa (l’acquisto degli arredi, la locazione dell’immobile per svolgere l’attività,..) -->2 tesi contrapposte: a)tesi maggioritaria: questi atti non sono atti d’impresa; b)tesi minoritaria: non si distinguono questi atti dagli atti di organizzazione (anche gli atti di organizzazione sono atti d’impresa, nella misura in cui siano preordinati e destinati alla produzione di beni o servizi) FINE DELL’ATTIVITà D’IMPRESA: quando avviene? nel momento in cui un soggetto decide di smettere l’attività d’impresa, si innesca un processo composto da più elementi: la fine dell’impresa-la liquidazione- l’estinzione dell’impresa in senso proprio --> dal momento in cui si decide di cessare l’impresa fino al momento in cui effettivamente si conclude l’attività può passare moltissimo tempo. L’art10,c.1 della legge fallimentare (267/1942) dice che gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione del registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo. Quindi, anche dopo un anno dalla formalità della cancellazione è possibile essere sottoposti alla disposizione del fallimento. Detto questo, è fondamentale ricordare che l’impresa è cessata, per l’imprenditore individuale, quando è avvenuta la completa disgregazione dell’assetto imprenditoriale. -->il c.2 dell’art10 riporta poi che in caso di impresa individuale o di cancellazione d’ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma. -->INTERSEZIONE TRA DISCIPLINA DELL’IMPRESA E DEL DIRITTO DI FAMIGLIA: art.di riferimento: 230 bis e ter del c.c --> “regime dell’impresa famigliare”: il legislatore ha presente il fatto che attività d’impresa e situazioni famigliari si intrecciano tra di loro (concetto dell’imprenditore capo-famiglia). Il 230bis introduce, dopo il 1975 con la riforma del diritto di famiglia, una tutela per il coniuge più debole, considerando comunque sempre la natura imprenditoriale della realtà sociale (=la disposizione non si applica al professionista intellettuale); l’attività in questione deve essere continuativa e deve essere prestata nell’impresa o nella famiglia (non serve sia un’attività svolta nell’ambito dell’impresa, può anche essere svolta al di fuori di essa. Ma non qualunque attività prestata nella famiglia è funzionale all’applicazione del 230bis: si deve sempre comunque considerare che tra i coniugi permane un’impegno di sostegno e di aiuto reciproco, di conseguenza è necessario tenere separati i due ambiti, al fine di non ampliare in maniera sproporzionata l’ambito del lavoro all’interno dell’impres famigliare). I famigliari che collaborano all’impresa hanno diritto al mantenimento e hanno anche un diritto di compartecipazione ad alcune scelte decisionali: il 230bis configura un regime di partecipazione di familiari, ferma restando la natura individuale dell’attività d’impresa -->il 230bis configura un regime che tiene ferma l’idea di imprenditore capofamiglia, a cui è imputata l’attività d’impresa: è solo l’imprenditore, nel caso, a fallire, non tutti gli altri soggetti. Gli altri famigliari sono pregiudicati nei loro diritti amministrativi. La disciplina distingue: >Atti di ordinaria amministrazione: le decisioni a riguardo spettano solo all’imprenditore capofamiglia >Atti di straordinaria amministrazione (tra cui l’impiego degli utili e degli incrementi, così come la cessazione dell’attività d’impresa): le decisioni vengono prese con un meccanismo di votazione a maggioranza. L’imprenditore capofamiglia potrebbe trovarsi nella situazione di applicare una disposizone presa da soggetti che la pensano in maniera diversa rispetto a lui. NB: i diritti in questione sono diritti intrasferibili: il c,4 del 230bis dice che il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile salvo che il trasferimento avvenga a favore dei familiari indicati nel comma precedente (il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo) con il consenso di tutti i partecipi. -->il fatto che si parli di famigliari è inteso in senso molto rigoroso dalla giurisprudenza, questo fino alla legge 76/2016 (“regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”), che introduce importanti novità e che spinge anche la dottrina e la giurisprudenza a prendere coscenza del mutato status legislativo. Viene trattato anche il tema delle convivenze “more uxorio”: la legge 76, quando parla dei conviventi more uxorio fa riferimento a “maggiorenni uniti stabilmente da legami affettivi, non vincolati da rapporti di parentela, matrimonio o unione civile” -->aspetto legato alla configurabilità di un’impresa famigliare tra conviventi more uxorio--> Prima della 76/2016 c’era uniformità dottrinale e una sentenza della CC nel sostenere che il 230bis riguardasse solo i famigliari uniti da matrimonio, tutti gli altri soggetti non avrebbero potuto godere della tutela del 230bis. Qui interviene il 230ter come 11 dalla lex76/2016 --> “al convivente di fatto che presti la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonchè agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipare non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato” --> disciplina residuale: la norma sembra introduca un regime sostanzialemnte identico al 230bis ma in realtà non è così: il 230ter è una sorta di “editio minor” rispetto al 230bis nel riconoscimento di diritti ascrivibili al convivente “more uxorio” nellambito esclusivamente dell’impresa e non della famiglia. I diritti sono solo diritti patrimoniali, non sono previsti diritti partecipativi (compartecipazione alle decisioni di stroardinaria amministrazione), e sono riconosciuti solo nell’ambito del lavoro all’interno dell’impresa e non della famiglia. Qui si fa riferimento alla commisurazione del lavoro prestato, non si prende in considerazione lo status famigliare: la norma non prevede la regolamentazione di eventuali circolazione di questi diritti. Non si dice nulla con riferimento all’eventualità della cessazione del rapporto more uxorio. STATUTO DELL’IMPRENDITORE COMMERCIALE: è costituito da 3 profili: 1)iscrizione al registro dell’impresa; 2)obbligo delle scritture contabili e 3)assoggettamento al fallimento. -->La ratio è la tutela dei terzi che entrano in contatto con l’imprenditore commerciale: nella misura in cui egli è un soggetto che svolge un’attività che lo porta a contatto con terzi (dipendenti, fornitori,..) occorre ci sia una discplina che garantisca e tuteli questi soggetti: per garantire l’affidabilità del traffico giuridico in modo da consentire che i terzi contrattino più volentieri e in modo più facile, in modo tale che non vi siano rischi e intoppi per far sì che vi siano maggiori vantaggi per l’imprenditore e di conseguenza per tutto il sistema -->l’iscrizione presso il registro dell’impresa è un elemento essenziale dell’imprenditore commerciale: il 2188c.c dice che “è istituito il registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge. Il registro è tenuto dall’ufficio del registro delle imprese sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale. Il registro è pubblico”--> il registro delle imprese, nonostante questa previsione sia originaria del 1942, è stato costituito solo nel 1993, con l’art8 della 580/1993. Prima di allora le pubblicità venivano effettuate tramite l’iscrizione ad un registro di cancelleria istituito presso il tribunale. Con la legge 580/1993 e d.p.r581/1995, è stato istituito presso la camera di commercio l’ufficio del registro delle impres, che è tenuto sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale. Sono obbligate ad iscriversi presso il registro delle imprese le imprese che svolgono attività commerciale, e sono tenute a farlo indicando una serie di dati, in primis anagrafici. -->il legislatore del ‘42 prevedeva l’obbligo di iscrizione solo per l’imprenditore commerciale, in realtà adesso l’obbligo in questione si è sensibilmente ampliato. Che efficacia ha questa iscrizione? A riguardo si parla di “efficacia dichiarativa”: è l’effetto che viene descritto dal 2193: “i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione se non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza. L’ignoranza dei fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione non può essere opposta dai terzi dal momento in cui l’iscrizione è avvenuta. Sono salve le disposizioni particolari della legge” --> i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizione se non sono stati scritti non possono essere opposti a terzi da chi è obbligato all’iscrizione,a meno che l’imprenditore non dimostri che i terzi ne abbiano avuto conoscenza. Se il soggetto iscrive una determinata informazione presso il registro delle imprese, quell’informazione si considera legalmente conosciuta: l’ignoranza non può essere fatta valere dai terzi dal momento in cui l’iscrizione è avvenuta. --> “MECCANISMO DI PRESUNZIONE LEGALE”: nel momento in cui qualosa viene scritto, si presume e considera che tutti ne abbiano potuto avere conoscenza. Questo regime è differente dalla “pubblicità costitutiva” (ad esempio, l’ipoteca: viene ad esistenza solo quando viene iscritta presso il pubblico ufficio, ovvero presso il registro) e dalla “pubblicità notizia” (è l’iscrizione che ha funzione di certificazione anagrafica: serve per portare a conoscenza i terzi di una determinata situazione, ma non consente l’opponibilità ai terzi.--> È prevista dalla legge del 1993: l’art8 c.5 introduce una distinzione, nell’ambito dell’iscrizione, presso la sezione ordinaria: ha come conseguenza la natura dichiarativa; e le sezioni speciali:certificazione anagrafica di pubblicità notizia. -->Regola: natura dichiarativa. Sezione speciale: funzione di pubblicità notizia; nei casi dell’imprenditore agricolo ha natura dichiarativa) L’iscirizione presso il registro delle imprese non è conditio sine qua non per l’esistenza, ma strumento per garantirne l’opponibilità . Principio della tassatività: il legislatore nel dpr 581/1995 prevede quali sono gli atti oggetto di iscrizione nel registro delle imprese: a)i soggetti previsti dalla legge ; b)gli atti previsti dalla legge (il conservatore è tenuto a rifiutare l’iscrizione di atti la cui iscrizione non è richiesta dalla legge). -->la giurisprudenza cerca di consentire l’iscrizione anche di atti che la legge non prevede espressamente. PECULIARITà DELL’ISCRIZIONE DELL’ATTO DI TRASFERIMENTO DELL’AZIENDA COMMERCIALE: il 2556 (“per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto, salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto. I contratti di cui al comma primo, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di 30 giorni, a cura del notaio rogante o autenticante”), al c.2 prevede che nel caso di azienda commerciale l’atto debba essere iscritto presso il regime delle imprese (per garantire finalità antiriciclaggio) -->l’iscrizione presso il registro delle imprese porta con sè l’opponibilità ai terzi dell’atto di trasferimento una volta che è stato iscritto, in virtù della natura dichiarativa dell’iscrizione. --> Questo è importante con riferimento al problema della “doppia alienazione”, affrontato dal cc sia nel caso di vendita di mobili che di immobili. Nel caso di doppia alienazione di un’azienda vale il principio di pubblicità dichiarativa: vale la regola per cui la consapevolezza dell’altrui acquisto rileva, perchè il soggetto può opporre l’acquisto avvenuto prioritariamente se si dà prova che il terzo ne era a conoscenza (2193,c.1: “i fatti dei quali la legge prescrive l’iscrizionese non sono stati iscritti, non possono essere opposti ai terzi da chi è obbligato a richiederne l’iscrizione, a meno che questi provi che i terzi ne abbiano avuto conoscenza”); non vale il principio per cui possesso vale titolo (si acquista con buona fede, titolo idoneo e possesso), non vale neanche la regola che prevale chi trascrive per primo. Vale una via di mezzo tra le due situazioni: si può dare prova che colui che ha trascritto prima era a conoscenza del fatto che l’azienda era già stata venduto e che ha acquistato non domino -->diversità della buona fede 8° LEZIONE, 20/10/2016 LE SCRITTURE CONTABILI: previste nel cc e riguardano l’imprenditore commerciale. Art2214 e seguenti: libro giornale e libro degli inventari -->devono essere tenute da tutti gli imprenditori commerciali (non piccoli, questi sono esonerati; c. 3 del 2214). Il c.2 del 2214 dice che devono tenere le altre scritture contabili richieste dalla natura e dalla dimensione dell’impresa. Due i precetti che devono essere tenuti in considerazione: 1)criterio per evidenziare le altre scritture contabili obbligatorie: natura e dimensione dell’impresa; 2)obbligo di tenere per ciascun affare gli originari di lettere telegrammi e ricevute tenute e spedite (fascicolo della corrispondenza). -->3 precetti: a)scritture contabili che tutti devono tenere; b)scritture contabili relativamente obbligatorie, tenute in relazione alla soddisfazione dei 2 criteri di cui sopra; c)fascicolo della corrispondenza Quali sono i contenuti delle scritture contabili? Con riferimento al libro-giornale (art2216 cc): deve indicare le operazioni relative all’esercizio dell’impresa, giorno per giorno: criterio cronologico. Le operazioni che vanno considerate sono quelle che riguardano l’esercizio dell’impresa -->non è che ogni giorno devono essere indicate le operazioni svolte, l’importante è che siano ordinate cronologicamente. Non tutte le operazioni dell’imprenditore vanno considerate, ma solo quelle che riguardano l’attività d’impresa. Inventario (art2217 cc): deve redigersi all’inizio dell’esercizio di impresa (si deve indicare che cosa ha l’imprenditore) e poi ogni anno (vale anche con riferimento al bilancio di esercizio), deve indicare e valutare le attività e passività dell’impresa e quelle dell’imprenditore estranee alla stessa. -->differenza rispetto al libro giornale che considera solo le operazioni relative all’impresa. -->riferimento al 2740 cc, riguardante la responsabilità del debitore per le obbligazioni assunte (il debitore ne risponde con tutto il suo patrimonio): tra impresa e imprenditore non c’è differenza, con riferimento all’attività patrimoniale. Come si chiude l’inventario? Con il bilancio (la disciplina del bilancio è stata riscritta nel 1991) e il conto dei profitti e delle perdite = stato patrimoniale e conto economico: adesso parlando di bilancio si fa riferimento ad una pluralità di documenti che contengon stato patrimoniale, nota integrativa e conto economico. Il secondo comma del 2217 si deve considerare che l’inventario si chiude con lo stato patrimoniale e il conto economico. L’inventario deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro 3 mesi dalla dichiarazione.
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