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Appunti diritto processuale civile (completi ed idonei per superare l'esame), Appunti di Diritto Processuale Civile

Appunti delle lezioni del professor Odorisio per sostenere la seconda parte dell'esame di diritto processuale civile (processo esecutivo, procedimenti decisori sommari, procedimento d'ingiunzione, procedimento per convalida di sfratto, tutela cautelare, i sequestri, procedimenti di istruzione preventiva, provvedimenti d'urgenza, procedimento cautelare uniforme, procedimento possessorio, procedimento semplificato di cognizione, giurisdizione volontaria, separazione e divorzio, mediazione e negoziazione assistita, arbitrato). Sono appunti idonei per sostenere l'esame e superarlo. Al termine del PDF ho inserito le domande più frequenti poste dalla commissione in sede d'esame. NB. affiancare, ovviamente, lo studio degli appunti con la consultazione del codice. In bocca al lupo :)

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 03/03/2024

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Scarica Appunti diritto processuale civile (completi ed idonei per superare l'esame) e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! DIRITTO PROCESSUALE CIVILE LA TUTELA ESECUTIVA Il processo di esecuzione forzata ha lo scopo di realizzare concretamente, materialmente, il diritto soggettivo. Il processo di esecuzione forzata non è un processo cognitivo, non si discute più dell'esistenza o meno del diritto --> il compito del giudice dell'esecuzione è di realizzare quel diritto. Si articola in varie forme perché l'attività da compiere per realizzare il diritto è diversa a seconda del tipo di diritto. Abbiamo fondamentalmente due tipologie di esecuzione forzata: 1. Espropriazione forzata --> processo di esecuzione forzata che mira a realizzare diritti di credito a somma di denaro: consiste nel trasferire i beni del patrimonio del debitore in denaro Si articola in varie forme a seconda del bene che si va ad aggredire: - espropriazione mobiliare - espropriazione immobiliare - espropriazione presso terzi 2. Esecuzione in forma specifica --> processo di esecuzione forzata da utilizzare quando il diritto da realizzare è diritto alla consegna o rilascio di un bene mobile oppure un diritto ad obblighi di fare o non fare Tutte le forme di esecuzione appena elencate sono chiamate anche forme di esecuzione forzata diretta --> si allude al fatto che l'ordinamento attraverso i suoi organi giurisdizionali dà ciò a cui hai diritto; è soprattutto utilizzata per contrapporla all'esecuzione forzata indiretta (cd misure coercitive). Esecuzione forzata indiretta --> ci sono casi nei quali l'ordinamento per far ottenere ciò di cui hai diritto minaccia il soggetto di irrogargli una sanzione (civile o penale) nel caso in cui non dovesse adempiere all'obbligo. Le misure coercitive sono di vario tipo, quelle più diffuse sono: 1. Sanzioni civili --> cd astreintes; il giudice dice alla parte che se non fa ciò che è tenuta a fare, per ogni giorno di ritardo nel mettere in campo quella determinata attività dovrà pagare un tot di euro ed ogni giorno tale cifra raddoppierà = non sta condannando al risarcimento danni, è una sanzione pecuniaria afflittiva 2. Sanzioni penali --> ad ex art. 28 Statuto dei lavoratori Le misure coercitive sono molto importanti: sono essenziali quando ci troviamo in presenza dei cd obblighi infungibili (ex il tenore che deve cantare o i servizi resi dal monopolista), cioè quando la prestazione che deve essere resa dal soggetto obbligato può essere resa solo da lui, perché in questi casi l'esecuzione forzata diretta non funziona (l'ufficiale giudiziario non può fare l'attività che deve fare il soggetto obbligato). Fino al 2009 nel nostro sistema non esisteva una norma generale sulle misure coercitive: esistevano singole specifiche norme. Nel 2009 è stata introdotta una norma generale (art. 614 bis cpc). Le misure coercitive condividono con l'esecuzione forzata la finalità, ma in realtà non sono dei provvedimenti di condanna. IL TITOLO ESECUTIVO L'esecuzione forzata serve per realizzare concretamente i diritti, ma se io ho un diritto soggettivo che non si è realizzato spontaneamente (ex ho un debitore che non mi ha pagato) perché non posso automaticamente iniziare un processo di esecuzione forzata? Perché nel nostro ordinamento l'art. 474 cpc riproduce l'antico brocardo "nulla executio sine titulo" (cioè l'esecuzione forzata può essere avviata solo se si è in possesso di un titolo esecutivo). Art. 474 cpc --> Titolo esecutivo L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1. Le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva 2. Le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia 3. Gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli legittimo che l'esecuzione si svolga ultra partes, cioè tra soggetti diversi da quelli indicati nel titolo esecutivo: ciò è legittimo quando si verifica successione dal lato attivo o passivo in quel determinato diritto del titolo esecutivo. L'art. 475 cpc dispone che il titolo esecutivo ha efficacia esecutiva anche a favore di chi succede dal lato attivo al titolare del diritto --> ciò accade per esigenze di semplificazione perché se così non fosse gli eredi dovrebbero avviare un processo di cognizione per accertare l'esistenza di quel diritto; ci si riferisce a qualsiasi tipo di successione ma non a tutti i titoli esecutivi (solo n. 1 e 3), ma nonostante ciò si ritiene norma espressione di un principio generale che vale anche per titoli non richiamati nell'art. stesso. L'art. 477 cpc stabilisce lo stesso principio dal lato passivo --> 1° comma: il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo 10 giorni dalla notificazione del titolo. Anche qui non va dimostrata la successione, basta affermarla. Parla solo del defunto: successione mortis causa, ma si ritiene sia espressione di un principio generale applicabile a qualsiasi tipo di successione. IL PRECETTO È un atto essenziale prodomico all'avvio dell'esecuzione forzata. Ex art. 479 cpc se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto. Per poter iniziare il processo esecutivo devo prima notificare titolo esecutivo e precetto --> questa attività di notificazione sta fuori l'esecuzione forzata in quanto la precede (l'esecuzione forzata inizia in un momento successivo, la notificazione del titolo esecutivo e del precetto non sono atti del processo esecutivo). Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di 10 giorni, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. È una sollecitazione, un invito, ad adempiere quanto previsto nel t i tolo esecutivo accompagnato dal l 'avvert imento (dato espressamente) che in caso non ci sia questo adempimento si procederà ad esecuzione forzata = devo sollecitarti ad adempiere entro un termine non inferiore a 10 giorni. È una sorta di ultima chance che viene data al debitore, ultima possibilità prima di iniziare l'esecuzione in modo formale. Per particolari ragioni di urgenza il termine può essere abbreviato (devo essere autorizzato). Il precetto deve avere un contenuto ben preciso: a pena di nullità deve contenere l'indicazione delle parti, la data di notificazione, l'oggetto. Nel precetto vanno altresì fatte le operazioni matematiche di sviluppo del diritto contenuto nel titolo (ex calcolo di interessi). È un atto neutro, cioè in esso non devo indicare quali sono i beni sui quali si farà il processo di esecuzione (VS. nell'esecuzione in forma specifica occorre l' indicazione dei beni oggetto dell'esecuzione, già contenuti nel titolo esecutivo). Il giudice competente per l'esecuzione è individuato ex artt. 9 e 26 cpc: per la competenza verticale, è sempre competente il tribunale; per la competenza orizzontale bisogna effettuare una distinzione: se si tratta di beni mobili o immobili il giudice competente è quello del luogo ove si trovano i beni; se si tratta di crediti è competente il giudice del luogo ove si trova il terzo debitore. Il precetto deve essere sottoscritto dalla parte o dal difensore (essendo atto al di fuori del processo esecutivo non è obbligatoria la sottoscrizione del difensore). La notificazione del titolo esecutivo e del precetto può essere: - congiunta --> si ha nel caso dei titoli di cui al n. 2 del 474 ovvero scritture private autenticate, cambiali ed altri titoli di credito, atteso che si tratta di titoli esecutivi che devono essere trascritti nel precetto - disgiunta --> si ha nel caso del 477 ovvero quando occorre notificare il precetto agli eredi Il precetto ha un termine di efficacia: diventa inefficace se entro 90 giorni dalla notificazione non è iniziata l'esecuzione. ESPROPRIAZIONE FORZATA IN GENERALE Il II titolo del III libro è dedicato all'espropriazione forzata, il III e IV titolo sono dedicati alle due forme di esecuzione (per consegna e rilascio e degli obblighi di fare o non fare). È un tipo di attività esecutiva che serve quando il diritto che deve essere eseguito è un diritto di credito ad una somma di denaro. È possibile individuare 3 fasi del processo di espropriazione forzata: 1. La prima fase riguarda l'individuazione e la conservazione: occorre innanzitutto individuare il bene che si vuole andare ad aggredire --> bisogna capire quali sono gli specifici beni che il creditore vuole aggredire + funzione conservativa: una volta che il bene è stato individuato occorrerà tempo prima che esso sia venduto o trasformato in denaro, quindi bisogna assicurarsi che questo bene non venga venduto o trasformato dal debitore prima della fine del processo 2. Seconda fase in cui il bene individuato deve essere trasformato in denaro (scopo del processo di espropriazione è dare al creditore una somma di denaro) --> la trasformazione del bene in denaro avviene attraverso istituti della vendita forzata e dell'assegnazione forzata 3. Terza fase di distribuzione del ricavato --> dopo aver ottenuto la somma di denaro essa va distribuita tra i vari creditori Il creditore può valersi cumulativamente di diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge ma, su opposizione del debitore, il giudice dell'esecuzione con ordinanza non impugnabile, può limitare l'espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Cumulo dei mezzi vuol dire che il creditore può decidere di promuovere contemporaneamente diverse forme di espropriazione ma questa possibilità di cumulo non deve risolversi in aggressione eccessiva del patrimonio del debitore. Il giudice persona fisica dell'esecuzione è nominato dal presidente del tribunale. Emette provvedimenti sotto forma di ordinanza (non sentenza perché egli non decide se il diritto c'è o meno). - pignoramento presso terzi IL PIGNORAMENTO MOBILIARE L'ufficiale giudiziario munito di titolo esecutivo e precetto ricerca i beni da pignorare nella casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti. Oggetto del pignoramento è sempre un diritto su un bene (ex ho pignorato il diritto di proprietà). Il legislatore, per individuare i beni mobili da pignorare, ricorre ad una presunzione: si dà per scontato che tutti i beni mobili presenti nei luoghi appartenenti al debitore siano suoi (questa presunzione può essere superata con l'opposizione di terzo all'esecuzione). Per "casa del debitore" si intende il luogo in cui egli vive stabilmente e per "luoghi a lui appartenenti" si intendono i luoghi di cui egli può liberamente disporre. Ci sono casi in cui i beni di proprietà del debitore si trovano in luoghi di cui egli non può disporre (ex gioielli in una cassetta di sicurezza di una banca): in tal caso occorre l'autorizzazione del giudice per procedere al pignoramento dei beni che si trovano in luoghi di cui egli non dispone liberamente. Ci sono alcuni beni che sono assolutamente impignorabili, cioè che non possono essere oggetto di pignoramento: l'art. 514 cpc contiene un elenco di beni mobili assolutamente impignorabili, come ad ex le cose sacre, beni che hanno un particolare valore affettivo, beni essenziali ed indispensabili per la vita del debitore (ex anello nuziale, biancheria etc). Ci sono poi beni mobili che sono relativamente pignorabili: si tratta cioè di beni che possono essere pignorati nei limiti di 1/5 e beni pignorabile in particolari circostanze di tempo (ex frutti). Il pignoramento va eseguito su beni che l'ufficiale giudiziario ritiene di facile e pronta liquidazione: egli deve sempre preferire il denaro contante, gli oggetti preziosi e di titoli di credito --> deve cioè cercare di pignorare beni che una volta venduti possano soddisfare il credito precettato + il 50% (deve "tenersi largo" in virtù del fatto che potrebbero intervenire altri creditori). L'ufficiale giudiziario redige processo verbale delle operazioni svolte e descrive i beni da lui pignorati ed il loro stato, allegando ad ex foto dei beni, e determinando approssimativamente il valore presumibile di realizzo con l'eventuale assistenza di uno stimatore. Al termine delle operazioni di pignoramento egli deve consegnare il verbale al creditore insieme al titolo esecutivo e del precetto --> a questo punto il creditore procederà ad iscrivere a ruolo la causa e depositerà presso la cancelleria la nota di iscrizione a ruolo con copie conformi degli atti entro 15 giorni dalla consegna del processo verbale (se li deposita oltre tale termine il pignoramento perde efficacia). I l cancel l iere procederà al la formazione del fascicolo dell'esecuzione, lo consegnerà al presidente del tribunale il quale nominerà il giudice persona fisica dell'esecuzione. Cosa si fa dei beni pignorati? Dipende dal bene --> denaro, titoli di credito ed oggetti preziosi vengono consegnati al cancelliere del tribunale, il quale dovrà: nel caso del denaro, depositarlo presso un conto corrente in cui la somma viene depositata VS. titoli di credito e gli oggetti preziosi verranno custoditi nei modi che il giudice dell'esecuzione determina. Per tutti gli altri beni, l'ufficiale giudiziario li trasporta presso un luogo di pubblico deposito o li affida ad un custode diverso dal debitore. Tutti i beni pignorati vengono sottratti alla disponibilità del debitore, in quanto egli potrebbe ad ex vendere il bene ad un terzo in buona fede, consegnarglielo materialmente ed a quel punto il bene uscirebbe dalla procedura perché sono fatti salvi gli effetti del possesso e della buona fede per i beni mobili. IL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI Sia in caso di crediti, sia in caso di beni del debitore in possesso del terzo, l'ordinamento richiede vi sia un preventivo accertamento del diritto che il debitore ha su quel determinato bene o della sua titolarità di un certo diritto. Proprio perché entra in gioco un terzo soggetto, il legislatore vuole assicurarsi ci sia quel determinato diritto di credito. Bisogna fare un atto che va notificato al terzo ed al debitore --> l'atto deve contenere, oltre all'ingiunzione al debitore,: 1) L'indicazione del credito, del titolo esecutivo e del precetto 2) L'indicazione delle cose o somme dovute e l'intimazione al terzo di non disporne 3) La dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il tribunale competente 4) La citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione ex art. 547 cpc. Al numero 4 scatta il meccanismo dell'espropriazione presso terzi --> in udienza il creditore dirà al debitore che è arrivata la comunicazione del terzo (debitor debitoris) che smentisce o conferma di avere un debito nei confronti del debitore esecutato: se il debitore non fa contestazioni sulla dichiarazione, il creditore andrà ad aggredire quel credito VS. se il terzo nega di avere un debito o il debitore esecutato fa contestazione scatta il meccanismo previsto negli artt. 548-549 cpc. Art. 548 cpc --> Mancata dichiarazione del terzo Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione, il giudice con ordinanza fissa un'udienza successiva. L'ordinanza è notificata al terzo almeno 10 giorni prima della nuova udienza. Se il terzo non compare o rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso del bene del debitore si considera non contestato ai fini del procedimento e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. E data la possibilità di fare la dichiarazione in forma scritta: se non viene fatta per iscritto, il terzo deve andare personalmente. Se il terzo non dice nulla e non compare, si dà per buono quanto affermato dal creditore. Art. 549 cpc --> Contestata dichiarazione del terzo Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non è possibile l'esatta indicazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il giudice dell'esecuzione su istanza di parte provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo. L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. 1. Un credito fondato su titolo esecutivo (cioè coloro che hanno potere di promuovere autonomamente un processo esecutivo) 2. Eseguito un sequestro sui beni pignorati (il sequestro è tutela cautelare) 3. Un diritto di pegno o prelazione risultante da pubblici registri (ex ipoteca) --> loro possono intervenire perché la vendita forzata ha effetto cd purgativo: il bene cioè viene venduto libero da tutti gli effetti che su esso gravano, cade anche il diritto di sequela 4. Erano titolari di un credito a somma di denaro risultante da scritture contabili dell'imprenditore Non è menzionato il privilegio generale perché lo si perde sia con la vendita comune, sia con la vendita forzata. Queste categorie di creditori sono tassative: sono gli unici creditori a poter intervenire. L'intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, a partecipare all'espropriazione del bene pignorato ed a provocare atti del processo. C'è un termine cd ultimo per l'intervento (cioè oltre il quale non si può intervenire) ed è la distribuzione del ricavato --> termine che segna la distinzione tra il cd intervento tempestivo ed il cd intervento tardivo. Oltre tale termine l'intervento è qualificato come tardivo: chi intervenirne tardivamente viene postergato (cioè sarà pagato solo se avanza qualcosa) --> la postergazione è riferita solo ai chirografari intervenuti tardivamente. L'intervento avviene mediante ricorso da depositare in cancelleria. VENDITA FORZATA ED ASSEGNAZIONE FORZATA Questa seconda fase, che serve a trasformare i beni in denaro, in alcuni casi potrebbe anche mancare (non ne ho bisogno se ciò che ho aggredito è già una somma di denaro). Quando c'è la necessità della conversione del bene in denaro, questa fase non si svolge automaticamente d'ufficio: il legislatore richiede un atto di impulso, cioè occorre fare un'istanza di vendita o di assegnazione. C'è un termine dilatorio: bisogna aspettare 10 giorni dal pignoramento per proporre istanza di assegnazione o vendita; ma il pignoramento perde efficacia se dal suo compimento sono trascorsi 45 giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita. È fondamentale quindi individuare con precisione la data del pignoramento: - Per il pignoramento mobiliare si prende in considerazione la data della sottoscrizione del verbale di pignoramento - Per il pignoramento immobiliare e la data di iscrizione dell'atto nei registri immobiliari - Per il pignoramento presso terzi ci sono dei dubbi: in esso abbiamo un atto che viene notificato al debitore ed al terzo, il terzo deve fare una comunicazione, il debitore deve andare in udienza e dire la dichiarazione che ha ricevuto --> alcuni sostengono sia la data di notificazione dell'atto al terzo ed al debitore VS. altri dicono che la data è quella del perfezionamento della dichiarazione (cioè il momento in cui la dichiarazione è portata a conoscenza del giudice). Quali sono le modalità di trasformazione del bene in denaro? 1. Vendita forzata --> è una compravendita: cioè il trasferimento del diritto che sul bene oggetto di pignoramento ha il debitore a colui che risulta essere l'aggiudicatario, il quale deve versare un prezzo; confronto alla vendita di diritto comune manca la volontà di vendita: sono gli organi esecutivi che vendono forzatamente (non c'è incontro della volontà delle parti). 2. Assegnazione forzata --> è una vendita: c'è il passaggio della proprietà del debitore esecutato ad un terzo, cd assegnatario, con una differenza rispetto alla vendita forzata: parliamo di assegnazione forzata tutte le volte nelle quali il bene viene venduto ad uno dei creditori stessi. Normalmente la vendita forzata è detta a tutti meno che ai creditori (tutti possono fare offerte tranne gli stessi creditori) VS. nell'assegnazione forzata gli stessi creditori chiedono di poter acquistare il bene. TIPOLOGIE DI ASSEGNAZIONE FORZATA L'acquirente è un creditore; il creditore pignorando te può chiedere l'assegnazione dei beni pignorati e se sono intervenuti altri creditori l'assegnazione può essere richiesta a vantaggio di uno solo o più di loro. Esistono vari tipi di assegnazione forzata (non previsti nel c.p.c. ma utilizzate nella prassi): - Assegnazione forzata satisfattiva --> il creditore chiede l'assegnazione del bene ma non versa nulla, non paga un prezzo; il bene ha il valore del suo credito (ex io sono l'unico creditore procedente, ho credito di 1000 € e chiedo assegnazione del bene che vale 1000 €: è inutile il pagamento, prendi il bene e finisce lì); essa disfa attiva perché non c'è fase di distribuzione del ricavato - Assegnazione forzata vendita --> il creditore chiede l'assegnazione del bene ma versa un prezzo (ex tizio creditore chirografario intervenuto a un credito di 1000 € e c'è un bene che vale 1000 €: ne chiede l'assegnazione; se però in questa esecuzione il creditore sempronio era il procedente con un credito di 2000 € a garanzia del quale ipoteca su quel bene, cioè lui deve essere pagato prima di tizio, non posso dare il bene a tizio perché altrimenti sempronio non verrebbe pagato: in questo caso tizio deve pagare 1000 € per il bene, i quali verranno dati a sempronio) - Assegnazione forzata mista --> in parte satisfattiva ed in parte vendita; il mio credito è in parte compensato dal bene ma devo anche versare qualcosa (ex tizio creditore intervenuto e che a ipoteca vanta credito di 1000 € e chiede assegnazione di un bene che vale 2000; nell'esecuzione c'è anche il creditore Sempronio procedente che ha credito chirografario di 1000 €: il bene viene assegnato a tizio, il quale deve però versare 1000 € a Sempronio); e anche il caso dell'unico creditore procedente: se il bene vale 2000 € e lui ha un credito di 1000 €, anche se non ci sono altri creditori deve comunque versare 1000 € Dipende tutto dalla situazione in cui ci si trova nella singola procedura, è una scelta che viene fatta caso per caso: il ricorso all'una o all'altra forma di assegnazione dipende da una molteplicità di fattori, ex valore del bene, quantità di creditori, valore dei crediti, esistenza di cause di prelazione etc. In base a quali criteri il giudice dispone la vendita piuttosto dell'assegnazione? Il giudice, dopo aver sentito ove necessario uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita e può imporre al commissionario una cauzione; fissa altresì il numero degli esperimenti di vendita (non superiore a tre), i criteri per il ribasso, le modalità di deposito della somma ricavata e del termine non superiore a sei mesi alla cui scadenza l'incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. VENDITA ALL'INCANTO BENI MOBILI È una modalità di vendita residuale. Il giudice stabilisce giorno, ora e luogo in cui deve eseguirsi la vendita e ne affida l'esecuzione al cancelliere o all'ufficiale giudiziario o ad un altro istituto autorizzato; deve altresì stabilire il prezzo base. La vendita all'incanto è la gara in cui più persone sono presenti nello stesso posto ed ognuno fa un rilancio, un aumento dell'offerta fatta dal precedente offerente (ex asta). Viene redatto processo verbale e depositato in cancelleria. L'aggiudicazione al maggior offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta. Se l'aggiudicatario non paga si procede a nuovo incanto, a spese e sotto la sua responsabilità. Se non si riesce a vendere il bene si procederà a nuovo incanto ad un prezzo inferiore di 1/5. Con oggetti d'oro ed argento non si può abbassare il prezzo: se non vengono venduti vanno assegnati ai creditori per il loro valore. Per i beni mobili registrati il giudice può delegare il compimento di alcuni atti all'Istituto vendite giudiziarie o a professionisti. VENDITA FORZATA ED ASSEGNAZIONE DEI CREDITI Distinguiamo la disciplina a seconda delle caratteristiche del credito: 1. In caso di somme esigibili immediatamente o in termine non maggiore di 90 giorni si parla di assegnazione pro solvendo --> il debito del debitore si estinguerà solo quando il terzo pagherà il creditore procedente 2. In caso di somme esigibili in termini maggiori di cui i creditori non ne chiedono d'accordo l'assegnazione si parla di assegnazione pro soluto --> nel momento dell'assegnazione del credito, questo estingue il debito che l'esecutato aveva nei confronti del creditore (se il terzo non paga non posso rivalermi di nuovo sul debitore esecutato: egli oramai è liberato; la ratio è di non poter tener "appeso" il debitore) VENDITA FORZATA BENI IMMOBILI Possiamo suddividere questa disciplina in 5 passaggi: 1. Fase preliminare Inizia con l'istanza di vendita: colui che fa istanza deve anche depositare l'estratto del catasto e le certificazioni delle iscrizioni e delle trascrizioni relative all'immobile entro il termine di efficacia del pignoramento. Il termine può essere prorogato ad ulteriori 45 giorni ed il giudice può dare altri 45 giorni in caso di documentazione incompleta: se la documentazione non viene presentata, il giudice dichiara inefficacia del pignoramento relativamente all'immobile e ne dispone la cancellazione. Dopo l'istanza di vendita, entro 15 giorni bisogna nominare un esperto per la valutazione dell'immobile uguale relazione di stima dell'immobile, dalla quale deve risultare l'identificazione del bene, una sommaria descrizione, lo stato di possesso etc. L'esperto deve inviare copia della relazione ai creditori procedenti o intervenuti e dal debitore almeno 30 giorni prima dell'udienza --> Sulla relazione si apre un contraddittorio: le parti possono depositare note alla relazione inviandole al perito. Il valore dell'immobile è individuato dal giudice tenendo conto della relazione di stima. Il giudice dispone con ordinanza la vendita forzata --> la prima forma di vendita è quella senza incanto; egli fissa un termine non inferiore a 90 giorni e non superiore a 120 entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto; stabilisce altresì le modalità di vendita, il prezzo base, il termine entro cui depositarlo. Il giudice fissa al giorno successivo alla scadenza del termine l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra offerenti. Ognuno, tranne il debitore, può fare offerte di acquisto. 2. Vendita senza incanto Il cancelliere dà pubblico avviso dell'ordine di vendita, del valore dell'immobile, del sito in cui è pubblicata la relazione di stima. Tutti, tranne il debitore, personalmente o a mezzo di procuratore legale possono fare offerte di acquisto --> l'offerente presenta in cancelleria una dichiarazione con l'indicazione del prezzo, del tempo e del modo di pagamento in busta chiusa = offerta inefficace se inferiore di oltre 1/4 al prezzo stabilito o se non viene versata la cauzione. In udienza vengono aperte le buste. Se ci sono più offerte il giudice invita ad una gara tra offerenti. Infine con decreto il giudice dispone il modo del versamento del prezzo ed il termine per effettuarlo = quando ciò avviene si ha trasferimento dell'immobile (cd decreto di trasferimento). 3. Vendita con incanto Tutti possono fare offerte, tranne il debitore; anche qui è previsto il versamento di una cauzione. L'incanto avviene davanti al giudice. Le offerte non sono efficaci se non superano il prezzo base o l'offerta precedente. Passati 3 minuti dall'ultima offerta senza che ve ne sia stata un'altra, l'immobile è aggiudicato. Al termine dell'incanto possono essere fatte ulteriori offerte di acquisto entro il termine perentorio di 10 giorni --> per essere efficaci devono superare di 1/5 il prezzo dell'incanto (istituto cd aumento di quinto) = se viene fatto un rilancio si riapre la gara, alla quale possono partecipare gli offerenti in aumento, l'aggiudicatario e gli offerenti del precedente incanto. Con l'aumento di quinto va versata una cauzione doppia. Il giudice può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente basso oppure può pronunciare decreto con il quale trasferisce all'aggiudicatario il bene ordinandosi cancellino trascrizioni dei pignoramenti ed iscrizioni ipotecarie. Se in sede di distribuzione sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato ad espropriazione circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice sentite le parti e compiuti accertamenti provvede con ordinanza (impugnabile ex art. 617 2° comma cpc). Il giudice può sospendere in tutto o in parte la distribuzione. Il tema delle controversie distributive è disciplinato sostanzialmente dall'art. 512 cpc. Il progetto di distribuzione nelle varie espropriazioni è formato in modo diverso: se sono tutti d'accordo il progetto viene eseguito con i mandati di pagamento VS. Se il progetto di distribuzione non trova il consenso di tutti i creditori e del debitore nascono le cd controversie distributive --> creditore o debitore contestano l'esistenza o l'ammontare di un singolo credito: il giudice dell'esecuzione decide con ordinanza impugnabile (a ciò può seguire giudizio di cognizione con opposizione agli atti esecutivi). Ha interesse alle controversie distributive innanzitutto il debitore ed i vari creditori. Il debitore ha interesse vengano pagati i suoi creditori, non persone estranee. I creditori hanno interesse a contestare i crediti altrui in quanto meno creditori ci sono, maggiore è la possibilità di vedere soddisfatto in modo più ampio il loro credito. Cosa si va a contestare? La sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti. Il creditore può contestare gli altri crediti solamente nella misura in cui effettivamente quel tipo di contestazione la può fare il debitore (può fare ciò che eventualmente può fare il debitore, ex non può contestare una sentenza passata in giudicato) --> il creditore fa valere quello che potrebbe far valere il debitore. Il 512 fa anche una contestazione relativa all'esistenza di cause di prelazione, cd controversie sulle cause di prelazione --> il creditore può fare questa contestazione solo se ciò effettivamente va ad incidere su di lui (cioè deve trattarsi di creditori collocati precedentemente a lui nella gerarchia). Ci sono poi le cd contestazioni formali, cioè contestare l'esistenza del requisito necessario per intervenire (ex contestare ci sia titolo esecutivo, contestare tu abbia fatto ipoteca etc = tutte regole che riguardano il rispetto dell'intervento). L'opposizione all'esecuzione sembra sovrapporsi alle controversie distributive. Tesi prevalente: è vero che c'è sovrapposizione ma è solo parziale perché l'opposizione all'esecuzione è istituto riservato al debitore esecutato VS. i creditori hanno a disposizione solo il 512; nei casi di sovrapposizione il debitore può scegliere. LE OPPOSIZIONI ESECUTIVE Artt. 615-622 cpc Le opposizioni esecutive sono tre: 1. Opposizione all'esecuzione 2. Opposizione agli atti esecutivi 3. Opposizione di terzo all'esecuzione Abbiamo opposizioni che sono opponibili solo dalle parti del processo esecutivo (cioè opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi) VS. ci sono poi opposizioni che possono essere proposte anche da terzi estranei al processo esecutivo (opposizione di terzo all'esecuzione). Opposizione all'esecuzione --> il debitore esecutato contesta il diritto del creditore procedente di procedere ad esecuzione forzata: opposizione sull'an (questa esecuzione non si doveva fare, non ne avevi il diritto). Opposizione agli atti esecutivi --> non si contesta il diritto del creditore di avviare il processo esecutivo: il debitore contesta la regolarità dei singoli atti del processo esecutivo. Opposizione di terzo all'esecuzione --> il terzo lamenta che l'esecuzione sia andata a colpire un bene non del debitore, ma suo: afferma di essere titolare in diritto sul bene oggetto di esecuzione. L'OPPOSIZIONE ALL'ESECUZIONE Il diritto di procedere ad esecuzione c'è quando vi sono due elementi: deve esserci titolo esecutivo e bisogna effettivamente essere titolari del diritto sottostante (di credito, alla consegna, al rilascio, di fare). Se io voglio contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata devo dire che uno dei due elementi non c'è (o tutti e due). In concreto, quando ci sono questi casi? Cioè quando si può fare contestazione del titolo esecutivo? (Contestazione del diritto alla tutela esecutiva) 1. Casi di inefficacia originaria del titolo --> il titolo su cui hai iniziato esecuzione forzata non era titolo esecutivo (ex sentenza di accertamento, cambiale o assegno privo di bollo etc) 2. Inefficacia sopravvenuta del titolo --> cioè casi nei quali ti dico che il titolo che stavi usando non va bene: all'origine era efficace, poi l'ha persa (ex sentenza di condanna sospesa in appello etc) 3. Invalidità del titolo --> cd vizi di costruzione del titolo esecutivo, cioè ti contesto che nel procedimento di formazione del titolo si sono verificate irregolarità (ex atto pubblico redatto da notaio incompetente etc) La contestazione del diritto sostanziale rappresentato dal titolo esecutivo. Riguarda cioè il diritto sottostante. Quando ho titolo esecutivo stragiudiziale l'opposizione all'esecuzione a un ruolo fondamentale perché con essa vado a chiedere al giudice di accertare l'inesistenza del diritto sostanziale rappresentato dal titolo esecutivo --> il legislatore determina inversione dell'onere dell'iniziativa processuale cognitiva (normalmente spetta al creditore ma con titolo esecutivo stragiudiziale è il debitore che deve avviare il processo mediante opposizione all'esecuzione) VS. Se il titolo è giudiziale bisogna tener conto che c'è stato un giudizio su quel diritto. Esistono due tipologie di opposizione all'esecuzione: 1. Opposizione preesecutiva --> promossa prima dell'inizio dell'esecuzione, è la cd opposizione a precetto: dopo che c'è stata notifica del titolo esecutivo e del precetto, prima che venga fatto pignoramento = si fa con atto di citazione Le parti si mettono d'accordo = hai ragione tu, il bene non è del debitore oppure il terzo dice che si è sbagliato VS. "Altrimenti..." se non si raggiunge un accordo si segue la disciplina dell'opposizione all'esecuzione. L'opposizione di terzo può essere fatta fino al momento della vendita, dopo vado contro l'aggiudicatario. Se l'opposizione riguarda beni mobili dopo la vendita non posso agire contro l'aggiudicatario perché lui con possesso in buona fede ne è diventato proprietario, quindi posso fare opposizione al fine di farmi dare il ricavato. Il terzo non può ricorrere a prova testimoniale quando si tratta di beni mobili pignorati nella sua casa o azienda --> il legislatore è diffidente, teme che il terzo in accordo con il debitore riesca a sottrarre beni alla procedura. I PROCEDIMENTI DECISORI SOMMARI Libro IV titolo I dedicato ai procedimenti decisori sommari. La distinzione più corretta è tra: - Procedimenti sommari di tipo decisorio --> procedimento d'ingiunzione, procedimento per convalida di sfratto, procedimento possessorio - Procedimenti sommari di tipo cautelare --> procedimento cautelare Distinzione convenzionale fatta in dottrina e giurisprudenza. Decisori perché sono procedimenti che aspirano ad arrivare allo stesso identico risultato a cui si potrebbe arrivare attraverso un normale processo di cognizione (cioè accertamento, idoneo al giudicato, della esistenza, inesistenza o del modo di essere di una determinata situazione sostanziale = provvedimento che ha idoneità al giudicato) --> sono procedimenti a cognizione speciali. La differenza con il processo di cognizione ordinario è proprio la sommarietà (è una scorciatoia, non si fanno tutte le cose che si fanno nel processo di cognizione ordinario, la trattazione si svolge in modo più breve). Sono strumenti alternativi al processo di cognizione (posso scegliere, è rimessa alla mia volontà). Principio convertibilità --> è requisito essenziale di questi procedimenti al fine della loro conformità ai principi costituzionali: deve essere sempre data possibilità alla parte di abbandonare il procedimento sommario e di procedere ad un processo a cognizione piena ed esauriente (sono legittimi solo se c'è possibilità per la parte di dire "io non voglio"). Il procedimento sommario di cognizione è alternativo al rito ordinario ed è applicabile ad ogni tipo di controversia appartenente alla cognizione del tribunale in composizione monocratica. IL PROCEDIMENTO D'INGIUNZIONE Art. 633 cpc --> Condizioni di ammissibilità Su domanda di chi è creditore di una somma liquida di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili, o di chi ha diritto alla consegna di una cosa mobile determinata, il giudice competente pronuncia ingiunzione di pagamento o di consegna: 1) se del diritto fatto valere si dà prova scritta 2) se il credito riguarda onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali o rimborso spese fatte da avvocati, procuratori, cancellieri, ufficiali giudiziari o da chiunque altro ha prestato la sua opera in occasione di un processo 3) se il credito riguarda onorari, diritti o rimborsi spettanti ai notai a norma della loro legge professionale oppure ad altri esercenti una libera professione o arte, per la quale esiste una tariffa legalmente approvata. L'ingiunzione è un provvedimento di condanna. Il decreto ingiuntivo è da utilizzare solo nei casi in cui si vuole ottenere una condanna. Si è soliti distinguere: - Il cd procedimento monitorio puro --> art. 633 n. 2 e 3: il giudice accoglie la domanda dell'attore e condanna solo sulla base di quanto egli ha affermato (cioè senza contraddittorio e senza che il giudice vada a verificare in alcun modo se ciò che egli dice è vero o meno); c'è una sommarietà massima proprio perché non bisogna dimostrare nulla al giudice né c'è contraddittorio; è sufficiente la mera affermazione del diritto stesso (procedimento rapidissimo, non c'è cognizione) - Il cd procedimento monitorio spurio --> art. 633 n. 1: devo dimostrare al giudice l'esistenza del mio diritto ma solo esistenza dei fatti costitutivi del diritto attraverso la prova documentale (si intende semplicemente una prova scritta, che in un processo di cognizione ordinario non è prova legale) Nei casi dei n. 2 e 3 la domanda deve essere accompagnata dalla parcella delle spese e delle prestazioni corredata dal parere della competente associazione professionale --> si tratta del cd parere di congruità: la parcella vidimata non è attestazione dell'esistenza del diritto, verificano solo che la cifra richiesta sia congrua al valore che tu dici che ha la controversia. Il procedimento d'ingiunzione si propone con ricorso --> io faccio ricorso al giudice ma la controparte non viene convocata, non c'è fissazione dell'udienza, non c'è contraddittorio: la controparte non viene proprio informata. Per capire a chi devo presentare ricorso devo chiedermi "se io facessi questa domanda in un processo di cognizione ordinario, a chi mi rivolgerei?" = si va dallo stesso giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria. La competenza verticale è sempre del tribunale in composizione monocratica. C'è la possibilità che il ricorso venga rigettato: è vero che il giudice non deve verificare se il diritto c'è o meno, ma deve verificare la sussistenza dei requisiti processuali del procedimento (ad ex può mancare un presupposto in rito o un presupposto tipico del procedimento in questione, ex competenza, capacità di agire etc) --> in questi casi il ricorso deve essere rigettato. Non essendoci contraddittorio il giudice ha il potere di rilevare d'ufficio anche tutto quello che sarebbe rilevabile solo ad istanza di parte (ex prescrizione). Il decreto ingiuntivo (cioè il provvedimento che accoglie la domanda e condanna) è idoneo a passare in giudicato (avere quindi gli stessi effetti di una sentenza) VS. il decreto di rigetto non ha alcun valore definitivo sull'esistenza o inesistenza di quel diritto (se il ricorso mi viene rigettato io il giorno dopo posso riproporlo, anche La citazione in opposizione a decreto ingiuntivo ha contenuto sostanziale di una memoria di comparsa di costituzione (chiedo al giudice di accertare che non esiste il diritto del creditore nei miei confronti); stessa cosa vale per il convenuto nel giudizio di opposizione: farà una comparsa di costituzione in risposta che ha contenuto di una citazione (non fa valere eccezioni, fa valere l'esistenza del diritto). L'estinzione del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo determina il consolidamento del decreto ingiuntivo: acquista efficacia esecutiva e diviene sentenza passata in giudicato. L'opponente deve fare attenzione a non far estinguere il processo. Art. 648 cpc —> Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione Il giudice istruttore, se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile, l’esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa ex art. 642. Il giudice deve concedere l’esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per vizi procedurali. Deve in ogni caso concederla, se la parte che l’ha chiesta offre cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni. Che vuol dire? Ho avuto decreto ingiuntivo e viene fatta opposizione; se in questo giudizio tu non provi a dimostrare la mancata esistenza del diritto originario attraverso prova scritta o prova di pronta soluzione (acquisibile in tempi rapidi) allora il giudice concede la provvisoria esecutività del decreto; la stessa cosa succede limitatamente alle somme non contestate. Nel fare opposizione può essere chiesta immediata sospensione dell’efficacia ex art. 649. Il 2º comma va letto in relazione al primo (non è terza ipotesi di concessione di efficacia esecutiva). Quali sono gli esiti del giudizio di opposizione? È possibile l’opposizione sia rigettata per una questione di rito (ex hai fatto opposizione oltre il termine di 40 giorni ed il decreto ingiuntivo passa in giudicato). Può esserci accoglimento dell’opposizione per motivi di rito, cioè si può andare a contestare la mancanza di un presupposto processuale di quel rito (ex competenza del giudice: il giudice non è scelto dal ricorrente, lui deve fare opposizione dove il creditore ha avviato il procedimento d’ingiunzione) —> fondamentale è che io qui non vado a contestare irregolarità in rito che attengono al procedimento monitorio (se tu hai fatto valere con procedimento ingiuntivo un diritto che non rientra tra quelli oggetto di procedimento monitorio io questa cosa in sede di opposizione non te la posso contestare perché non si discute del decreto ingiuntivo ma del diritto sottostante; con opposizione io vado solo a chiedere di accertare che non esiste il diritto sottostante fatto valere). Può esserci accoglimento o rigetto dell’opposizione nel merito: nella sentenza che accoglie l’opposizione a decreto ingiuntivo ci sarà pronuncia di rigetto della domanda nel merito VS. nella sentenza che rigetta l’opposizione ci sarà accoglimento della domanda proposta con il ricorso originario per il procedimento ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo può impugnarsi per revocazione nei casi dei n. 1-2-5-6 e con opposizione di terzo ex art. 404 2º comma —> la previsione dei mezzi di impugnazione straordinaria fa sì che si concordi nel ritenere che il decreto ingiuntivo non opposto abbia esattamente gli stessi effetti di una sentenza passata in giudicato. IL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO Esistono diverse leggi speciali che si occupano di particolari procedimenti per il rilascio degli immobili. Valgono le stesse cose del procedimento ingiuntivo: anche questo è un procedimento decisorio (tende alla formazione di un provvedimento idoneo al passaggio in giudicato), anche qui abbiamo una cognizione sommaria (che può trasformarsi in piena), anche questo è un procedimento alternativo al rito ordinario, anche qui la ratio è la speranza che colui contro il quale viene avviato questo procedimento non chieda la conversione in un processo ordinario. Quando parliamo di un procedimento che si può convertire da sommario in cognizione ordinaria dobbiamo fare attenzione: il rito alternativo non è il processo di cognizione ordinaria in senso proprio ma è il cd rito locatizio (processo a cognizione piena modellato sul processo del lavoro). Per queste controversie il processo cd ordinario è quello locatizio. Qual è l’ambito di applicazione? Quali sono i diritti che possono essere oggetto di questo procedimento? Art. 657 cpc —> Intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione Il locatore o il concedente può intimare al conduttore, al comodatario di beni immobili, all'affittuario di azienda, all'affittuario coltivatore diretto, al mezzadro o colono licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali. Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione. Questo procedimento tende ad ottenere il rilascio di un immobile, però il rilascio di un immobile di per sé può derivare da tantissime situazioni sostanziali --> il legislatore precisa che puoi chiedere questo procedimento ex art. 657 cpc per il rilascio di immobili solo per alcune tipologie di diritti di rilascio che derivano solo da alcune situazioni sostanziali. Dobbiamo distinguere le azioni di rivendica (chiedo al giudice di accertare il mio diritto di proprietà su un determinato bene e chiederò il rilascio, e per ottenere questo accertamento devo dimostrare che era proprietario colui che mi ha venduto il bene e tutti quelli precedenti) VS. dalle azioni contrattuali (io chiedo rilascio o consegna di un bene sulla base di un contratto) --> non si parla di diritti restitutori; eccezioni del convenuto, che se saranno fondate, comporteranno la caducazione del provvedimento provvisorio di rilascio. LA TUTELA CAUTELARE Artt. 669 bis - 700 cpc. Cognizione ed esecuzione per poter arrivare a conclusione necessitano obbligatoriamente di un periodo di tempo --> può accadere che durante questo periodo di tempo si verifichino fatti tali da rendere quel provvedimento, quando arriverà, ormai inutile (non riesce più a realizzare il mio diritto). Principio fondamentale è che il tempo che mi occorre per tutelare il mio diritto non può andare a mio discapito: per questo il legislatore ha introdotto la tutela cautelare. Le misure cautelari sono provvedimenti che posso chiedere al giudice per fare in modo che quando arriverà il provvedimento esso possa realizzare il diritto così come era stato richiesto (ex diritto agli alimento - assegno provvisorio). Sono provvedimenti giudiziali provvisori (caratteristica della provvisorietà), cioè destinati a produrre effetti fin quando non interviene la tutela di merito, cioè per un periodo di tempo limitato (quando arriva la pronuncia di merito il provvedimento cautelare non mi serve più) --> se il provvedimento di merito riconosce l'esistenza del diritto, da quel momento il diritto è tutelato dalla sentenza VS. se accerta l'inesistenza del diritto la misura cautelare perde efficacia e si dovrà restituire quanto ricevuto. Sono inidonei a diventare "stabili". Caratteristica della strumentalità --> cioè le misure cautelari sono strumentali, funzionali, al giudizio di merito. Quali sono i presupposti? Siccome la misura cautelare deve essere data in tempi rapidi, il legislatore si "accontenta" della ragionevole apparenza del diritto, cioè del cd fumus boni iuris (procedimento sommario, senza contraddittorio, un accertamento cd prognostico: attività istruttoria che si svolge in tempi compatibili con l'esigenza della tutela cautelare). Inoltre vi è il cd periculum in mora, cioè il giudice deve accertare che effettivamente se non dà la misura cautelare c'è il rischio che il diritto subisca pregiudizio tale da rendere inutile la tutela di merito; Si è soliti distinguere due pericula diversi: 1. Si potrebbero verificare fatti nuovi nel corso del processo (sopravvenire di fatti) --> le misure cautelari sono quelle di tipo conservativo: effetto di cristallizzare lo stato di fatto e di diritto (ex sequestro conservativo) 2. Misure cautelari cd anticipatorie per proteggersi dal pericolo che deriva dal fatto che la situazione continui ad essere così com'è: effetti simili a quelli del provvedimento di merito (ex tipico assegno provvisorio di alimenti); ho già una forma di realizzazione del diritto: solo realizzandolo consento la tutela Tale distinzione è fondamentale. Lo studio della tutela cautelare si articola in due parti: le singole misure cautelari e gli aspetti processuali --> qual è il procedimento da seguire per ottenere queste misure? Art. 669 bis cpc procedimento cautelare uniforme. Schema da seguire nello studio: 1. Qual è il diritto soggettivo a tutela del quale è chiesta la misura? Domanda essenziale perché devo dimostrare al giudice il fumus boni iuris (cioè la ragionevole esistenza del diritto di cui chiedo la tutela in sede di cognizione) 2. Qual è il periculum? 3. Quali sono gli effetti del provvedimento? Si deve trattare di effetti idonei a paralizzare il paventato periculum I SEQUESTRI Sono di vario tipo: - Sequestro giudiziario (di beni o di prove) - Sequestro conservativo - Sequestro liberatorio SEQUESTRO GIUDIZIARIO DI BENI Art. 670 cpc n. 1 --> il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario: 1) di beni mobili o immobili, aziende o altre universalità di beni, quando ne è controversa la proprietà o il possesso, ed è opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea Nel processo di merito si discute del diritto di proprietà. Il periculum che si vuole evitare è che il bene al quale si aspira venga ad ex distrutto. Per il diritto cautelato si parla di proprietà o possesso, ma si ritiene questa indicazione sia meramente esemplificativa: questa misura è utilizzata tutte le volte in cui si discute della titolarità di un certo diritto e ci sia il problema di conservare il bene su cui cade quel diritto. Per quanto riguarda il periculum, esigenza primaria è di proteggere il bene da eventuali atti materiali; c'è però anche funzione di tutela rispetto alle alienazioni se si tratta di bene mobile (rischi derivanti ex art. 1153 cc). Quali sono gli effetti? Bisogna sottrarre il bene a colui che esercita potere di fatto --> effetto è di sottrarre il bene in esecuzione per consegna o rilascio. Il sequestro giudiziario si esegue a norma degli artt. 605 ss. SEQUESTRO GIUDIZIARIO DI PROVE Art. 670 cpc n. 2 --> il giudice può autorizzare sequestro giudiziario: 2) di libri, registri, documenti, modelli, campioni e di ogni altra cosa da cui si pretende desumere elementi di prova, quando è controverso il diritto all'esibizione o alla comunicazione, ed è opportuno provvedere alla loro custodia temporanea Qual è il diritto a cautela del quale può essere concesso questo sequestro? Diritto all'esibizione: può accadere che chiedo al giudice di ordinaria alla controparte di esibire un certo documento che ritengo necessario a fini probatori. Può accadere ci sia controversia sul diritto all'esibizione --> se la controparte rifiuta di esibire il documento, io chiedo al giudice di prenderlo; se ottengo il sequestro di quel documento il giudice non può aprirlo perché deve prima decidere se hai diritto o meno all'esibizione: provvedimento per cautelare diritto all'esibizione. Gli effetti sono gli stessi del sequestro giudiziario di beni (si esegue con norme di esecuzione per consegna o rilascio). IL PROCEDIMENTO CAUTELARE UNIFORME Art. 669 bis - 669 quaterdecies cpc. Tendenzialmente si applica a tutte le misure cautelari, salvo regole particolari. Art. 669 quaterdecies cpc --> Ambito di applicazione Le disposizioni della presente sezione si applicano ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonché, in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal cc e dalle leggi speciali. L'art. 669 septies si applica altresì ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla sezione IV di questo capo Le sezioni 2-3-5 si occupano di sequestri, denuncia di opera nuova e danno temuto e provvedimenti di urgenza ma in realtà nel codice abbiano tante altre misure cautelari, non solo queste --> cosa succede allora? L'interpretazione che prevale è che il legislatore sia stato poco attento: devono sottostare a questo procedimento tutte le misure cautelari previste nel cpc, non solo quelle espressamente menzionate. Questo procedimento è stato introdotto nel 1990, prima tutte le misure cautelari avevano un loro proprio procedimento --> il legislatore ha voluto adottare un procedimento unico abrogando le singole norme. Problema della clausola di compatibilità: cosa vuol dire che le norme del procedimento cautelare uniforme si applicano in quanto compatibili anche alle misure cautelari previste nel cc? La tesi prevalente è che bisogna fare una specie di puzzle: devo mettere insieme le norme del procedimento cautelare uniforme e le norme previste ad hoc per quelle singole misure, e laddove ci siano conflitti, a prevalere sono le norme ad hoc (per quanto non disciplinato sono completate dalle norme del procedimento cautelare uniforme). Ad ex nel cc è prevista la misura cautelare della sospensione delle delibere assembleari: nel caso impugno una delibera assembleare di una società, in attesa che si decida se tale delibera è valida o meno posso chiedere di sospendere l'efficacia; le norme sul procedimento cautelare uniforme stabiliscono la regola generale secondo la quale puoi chiedere la misura cautelare sia prima che sia iniziato il giudizio di merito, sia in corso di causa; gli artt. del cc sulla sospensione delle delibere assembleari prevedono la possibilità di chiedere la sospensione solo in pendenza di causa (non puoi chiedere la sospensione prima di averla impugnata) --> che succede in questi casi? Quali norme prevalgono? La norma ad hoc prevista dal cc prevale perché la norma del cpc è in contrasto. Bisogna quindi fare un delicato lavoro di "puzzle normativo". Per i procedimenti di istruzione preventiva si applica solo il 669 septies cpc. Chi è il giudice competente? L'art. 669 ter stabilisce la regola generale della coincidenza tra il giudice della cautela ed il giudice del merito e si occupa soprattutto della competenza cautelare ante causam --> se voglio fare istanza cautelare ante causam devo rivolgermi allo stesso giudice al quale mi dovrei/dovrò rivolgere per il merito (il giudizio di merito è quello in cui si discute il diritto nel merito con processo di cognizione piena). Ad ex chiedo sequestro conservativo: per capire chi è il giudice al quale devo fare richiesta devo capire chi è il giudice del merito. C'è però un'eccezione: il legislatore non ha concesso poteri cautelari al giudice di pace --> se competente per la mia causa di merito è il giudice di pace non posso chiedergli la tutela cautelare e devo andare al tribunale. Il 3° comma si occupa del caso in cui competente per il merito non è un giudice italiano --> faccio finta che la competenza sia di un giudice italiano e vedo per quel tipo di causa chi è il giudice competente. La decisione della misura cautelare è sempre assunta da un tribunale in composizione monocratica (anche quando nel merito il tribunale è in composizione collegiale). L'art. 669 quater si occupa della competenza cautelare in corso di causa: a chi devo rivolgermi quando il giudizio di merito è già pendente? Anche qui è ribadita la regola generale: mi rivolgo sempre al giudice del merito --> è sorto un problema: chi è il giudice competente per la cautela? Il giudice dinanzi al quale è stato proposto il giudizio di merito o il giudice al quale avrebbe dovuto rivolgersi per il giudizio di merito? Cioè cosa succede se ha proposto il giudizio di merito ad un giudice secondo me non competente? Ex viene proposta causa contro di me al tribunale di Napoli; secondo me Napoli non è competente perché io risiedo a Roma; quando a Napoli viene fatta domanda cautelare io posso dire che in realtà Napoli non può decidere perché non è lui competente nel merito? Spesso c'è stato fenomeno del cd forum shopping (vado a scegliere un giudice che so essere favorevole alla concessione di quella misura cautelare) --> la tesi che prevale è contraria: la norma è chiara, la competenza cautelare viene individuata sulla base del giudice concretamente adito per decidere il merito (non importa sapere se è competente o meno; il giudice competente per la cautela in pendenza di causa è quello della causa pendente nella causa di merito, non quello astrattamente competente per il merito). La misura cautelare posso chiederla in pendenza di causa in qualsiasi momento, anche quando si conclude il giudizio di primo grado e devo iniziare quello di secondo (perché la causa pende dal momento in cui è notificato l'atto introduttivo fino a quando passa in giudicato) --> in questo caso a chi devo rivolgermi? La domanda si propone al giudice che ha pronunciato sentenza di primo grado. L'art. 669 quinquies è stato modificato dalla riforma Cartabia. Si occupa del problema di cosa accade quando la controversia nel merito è di competenza di un collegio arbitrale --> il potere cautelare agli arbitri deve essergli conferito dalle parti; se le parti non lo hanno conferito, la competenza cautelare spetta al giudice che sarebbe stato competente a decidere nel merito se non ci fosse stato accordo compromissorio. Come si svolge il procedimento? L'art. 669 sexties dispone che "il giudice sentite le parti": manca un pezzo, il legislatore ha dato per scontato un pezzo del procedimento --> il giudice fissa l'udienza e si svolge il contraddittorio tra le parti in modo informale e semplificato; il giudice eventualmente può svolgere attività istruttoria, ma deve farlo nei limiti di compatibilità con l'urgenza della misura richiesta; il procedimento è tutto racchiuso nel 1° comma. Il 2° comma prevede un iter ancora più accelerato: il giudice provvede sulla richiesta di misura cautelare senza aspettare Nel reclamo si contesta la sussistenza dei presupposti (ex il periculum non c'è); può essere fatto reclamo sia verso il provvedimento di accoglimento che verso quello di rigetto. Ha diversa regola di competenza confronto all'istituto di revoca e modifica: il legislatore ha stabilito la regola secondo la quale se ho proposto reclamo e voglio fare anche istanza di revoca o modifica, devo farla dentro il procedimento di reclamo. L'art. 669 duodecies disciplina l'attuazione. Abbiamo due modalità di attuazione a seconda di quello che è il contenuto del provvedimento. Per l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro si seguono le regole del pignoramento VS. per l'attuazione delle misure cautelari aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare devo rivolgermi al giudice che ha emanato la misura cautelare. "Salvo... 677 ss": disciplinano attuazione dei sequestri (il legislatore ha sottratto all'attuazione la disciplina dei sequestri). IL PROCEDIMENTO POSSESSORIO Art. 703 - 705 cpc. Il titolo I sui procedimenti sommari si chiude con un capo IV sui cd procedimenti possessori. Il presupposto sostanziale è il possesso. Il possesso è il potere di fatto su un determinato bene: io esercito su quel bene poteri di fatto equivalenti a quelli che potrebbe esercitare il proprietario di quel bene (ex io utilizzo un certo terreno come lo potrebbe utilizzare il proprietario). Il possesso non va confuso con il diritto di proprietà (mi comporto come fossi il proprietario, ma non è detto io sia il proprietario) --> il possesso è quindi un potere di fatto. Il possesso riguarda la proprietà o altri diritti reali. La detenzione sia quando eserciti sul bene gli stessi poteri che potrebbe esercitare colui che ha diritti reali di godimento. Dal diritto romano questa situazione di fatto è sempre stata oggetto di tutela: cosa vuol dire? Il sistema ha sempre ritenuto meritevole di essere tutelata questa situazione di puro fatto; se questo potere di fatto viene ad essere impedito attraverso ad ex il cd spoglio (qualcuno ti toglie il bene) oppure viene ad essere ostacolato, reso difficile con la cd molestia, l'ordinamento ha sempre riconosciuto una tutela: ti consento di godere in modo pieno ed esclusivo per il semplice fatto che questa situazione esisteva --> da qui nascono le azioni possessorie (reintegrazione, manutenzione) = per riottenere quel bene posso andare dal giudice e devo dimostrare che ne avevo il possesso. Qual è la ratio? Il legislatore per esigenza di certezza dei rapporti giuridici e garanzia dello status quo protegge le situazioni di fatto. La tutela del possesso avviene anche nei confronti del proprietario: quindi perché si tutela una situazione di fatto? Lo scopo è di impedire l'autotutela: se ritieni che quel bene è tuo non puoi andare a prenderlo, devi fare azione giudiziaria. Il cc prevede le cd azioni possessorie: azione di reintegrazione ed azione di manutenzione. Cosa devo fare per esercitare queste azioni possessorie? Il legislatore ha stabilito un procedimento particolare, perché se si vuole tutelare veramente il possesso, la tutela possessoria deve essere resa in tempi rapidi. Art. 703 cpc --> Domanda di reintegrazione e di manutenzione del possesso Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell'art. 21. Il giudice provvede ex art. 669 bis ss, in quanto compatibili. L'ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ex art. 669 terdecies. Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di 60 giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l'udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l'art. 669 novies terzo comma. 1° comma: riguarda la competenza. 2° comma: sono le norme sul procedimento cautelare uniforme --> il legislatore ha utilizzato il procedimento cautelare per uno scopo diverso da quello per il quale è stato costruito: da un certo punto di vista sono norme neutre, cioè che descrivono un procedimento; le azioni possessorie non sono provvedimenti cautelari, non c'è il problema del periculum o di un successivo giudizio di merito, questo è il giudizio di merito. La tutela possessoria deve essere data in tempo rapido, per questo utilizza il procedimento cautelare uniforme nelle norme "in quanto compatibili". 4° comma: il legislatore ha introdotto una modifica al normale iter di un procedimento cautelare --> sappiamo che nel caso di un provvedimento cautelare, una volta concesso, si avrà il giudizio di merito, il quale a seconda della tipologia di misura cautelare in alcuni casi è indispensabile, in altri no; il legislatore ha deciso che spetta alla parte chiedere di proseguire con il giudizio di merito: il legislatore ha costruito il cd procedimento bifasico = c'è prima la fase sommaria, rapida e che si conclude con accoglimento o rigetto della domanda (decide se hai diritto meno alla reintegrazione del possesso), alla quale può seguire (se la parte ne fa richiesta) una fase a cognizione piena nella quale si discute comunque della stessa cosa (si chiama cd merito possessorio). Cosa succede se non ne fai richiesta entro 60 giorni? Rinvio all'art. 669 novies 3° comma: non si applica il 1° comma, quindi se nessuno fa istanza nel termine il provvedimento resta in piedi. Se non fai istanza il procedimento possessorio si estingue ma il provvedimento possessorio continua ad avere i suoi effetti. C'è chi sostiene che in questo caso il provvedimento possessorio diviene un provvedimento passato in giudicato, però con questa tesi non tutti sono d'accordo: c'è chi sostiene che in qualsiasi momento una parte può decidere di avviare il merito (tesi minoritaria). L'art. 704 disciplina le domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio. Norma sulla competenza che però introduce il discorso sul giudizio petitorio. 1° comma: il giudizio petitorio è un giudizio che riguarda un diritto reale (ex servitù di passaggio) --> l'azione possessoria in tal caso deve essere fatta davanti al giudice del giudizio petitorio che è già in corso. 2° comma: introduce un'eccezione per l'azione di reintegrazione --> anche in pendenza di un giudizio petitorio posso chiederla al semplificato, anche in assenza dei presupposti richiesti (rimesso alla scelta dell'attore). In conclusione questo procedimento può essere utilizzato per tutti i giudizi che si svolgono dinanzi al tribunale indipendentemente dalla sua composizione; può essere utilizzato per qualunque causa relativa a qualunque tipologia di diritto (a meno che non si tratti di diritti sottoposti a riti speciali). Se il giudice si accorge che non ci sono i presupposti richiesti dalla legge si passa al processo di cognizione ordinario: questa scelta del giudice è fatta con ordinanza non impugnabile. L'atto introduttivo è il ricorso; il contenuto è lo stesso della citazione in quanto è una domanda giudiziale: la caratteristica del ricorso è che il giudice deve fissare l'udienza (devo comunque avvertire il convenuto che se non si costituisce almeno 10 giorni prima incorrerà nelle decadenze previste). La prima cosa che giudice deve fare è verificare ci siano i presupposti per il rito semplificato di cognizione (se mancano deve fissare l'udienza del 183); è possibile vengono fatte più domande nello stesso processo: i presupposti per l'applicazione del rito semplificato devono esserci per tutte le cause (altrimenti il giudice deve disporre il cambiamento del rito). Le parti hanno la possibilità di svolgere l'attività necessaria per il rispetto del principio del contraddittorio (stessa attività vista nel rito ordinario); bisogna consentire le attività difensive che non possono essere impedite alle parti. Può accadere il giudice ritenga la causa matura per essere decisa oppure che ci sia necessità di svolgere attività istruttoria (si svolge nello stesso modo del rito ordinario). Nel caso in cui la causa sia di competenza del tribunale in composizione monocratica c'è il rinvio alla modalità orale ex art. 281 sexies VS. in composizione collegiale ex art. 275 bis. Senza necessità di trattazione scritta nella rimessione in decisione. Si differenzia dal rito ordinario per la fase introduttiva e per la rimessione in decisione: rispetto a tali momenti vi è una semplificazione. LA GIURISDIZIONE VOLONTARIA Giurisdizione contenziosa sia quando vi è una controversia sull'esistenza o inesistenza di un diritto soggettivo leso o violato (tutela cognitiva, esecutiva, cautelare) = provvedimenti idonei alla cosa giudicata VS. Accanto ad essa vi è la giurisdizione volontaria, la quale si ha nei casi nei quali il giudice non è chiamato perché c'è diritto soggettivo leso o violato --> "volontaria" (espressione non utilizzata nel codice) che significa? L'espressione migliore è giurisdizione non contenziosa, cioè alla cui base non vi è controversia sull'esistenza o inesistenza di un diritto. Ci sono casi in cui il legislatore ha attribuito al giudice compiti molto vari: vuole si occupi di curare, gestire, amministrare interessi privati --> la funzione della giurisdizione volontaria è quella di amministrare e curare interessi privati. Spesso si parla di giurisdizione costituzionalmente non necessaria (quella contenziosa è costituzionalmente necessaria perché si tratta di attività che non può essere svolta che dal giudice ex artt. 102 e 24 Cost.) --> questa attività di amministrazione, cura e gestione di interessi privati non va necessariamente affidata al giudice (la Cost. non si riferisce mai alla giurisdizione volontaria, alcuni non li ritengono nemmeno processi). Ex classico: Art. 320 cc --> prevede che i genitori rappresentano i figli minori: ne sono i rappresentanti legali; il minore ha capacità giuridica ma non capacità di agire (può essere proprietario ma non può acquistare beni). Il 3° comma dice che i genitori non possono alienare, ipotecare, dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, accettare o rinunciare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo scioglimento di comunione, compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione etc, se non dopo autorizzazione del giudice tutelare --> un parente ha donato dei beni al mio figlio, dovrei essere io ad accettare la donazione: posso farlo solo dopo aver ricevuto l'autorizzazione da parte del giudice; qui non c'è un diritto soggettivo controverso, nessuno ha violato una norma; quando si tratta di compiere atti particolarmente importanti, per una forma di protezione del minore, il giudice è chiamato a fare valutazioni non di diritto (compito solido della cognizione) ma di mera opportunità. Non si tratta di decidere una controversia. Il legislatore poteva affidare questo compito a qualcun altro ma a scelto il giudice in quanto soggetto dotato di competenze tecniche e di imparzialità (è però un compito che non rientra tra quelli istituzionali classici). Rientrano nella giurisdizione volontaria tutti i casi in cui il giudice deve provvedere alla nomina del curatore del minore. I casi di giurisdizione volontaria sono tantissimi e sparsi nel sistema. Due tipologie rilevanti: molti casi nei quali il provvedimento che chiedo al giudice integra fattispecie costitutive di negozi privati (ex autorizzazioni a compiere atti negoziali concessi ai rappresentanti di minori o incapaci: senza autorizzazione del giudice la fattispecie non si perfeziona) + tanti casi in cui il giudice è chiamato ad emettere i provvedimenti di nomina di rappresentanti. Quando il giudice è chiamato a svolgere questa attività non è pensabile che il relativo procedimento si svolga secondo le regole del processo di cognizione (regole pensate in quanto alla base di esso vi è un conflitto): ho bisogno di un procedimento più simile ad un procedimento amministrativo, più semplice e rapido. Nel libro IV del cpc artt. 737 - 742 bis disp. comuni ai procedimenti in camera di consiglio (espressione utilizzata per descrivere il procedimento funzionale al la giur isdizione volontaria) : procedimento normalmente utilizzato dal giudice quando è chiamato a decidere sulla giurisdizione volontaria; questo procedimento va spesso integrato e sostituito con norme ad hoc. La forma dell'atto introduttivo è quella del ricorso (che va depositato, non notificato); non occorre assistenza del difensore. Norme esclusivamente procedimentali che nulla dicono sui soggetti legittimati: occorre rifarsi alla disciplina dei singoli provvedimenti. Non vi è una norma generale sulla competenza: l'individuazione del giudice competente è effettuata dalle disposizioni che si occupano dei singoli provvedimenti di giurisdizione volontaria (il sistema va integrato). La forma finale del provvedimento è un decreto motivato. Per la separazione il sistema continua a prevedere due diversi procedimenti che traggono la ragione della loro differenza sul fatto che le parti siano d'accordo o meno in ordine alla decisione di separarsi ed in ordine alle cd domande accessorie: quando le parti sono d'accordo via il procedimento di separazione consensuale ( = le parti si accordano ed il giudice si limita all'omologazione dell'accordo: tipico caso di giurisdizione volontaria) VS. quando le parti sono tra loro in conflitto vi è il procedimento di separazione giudiziale (conflitto sulle situazioni soggettive). Qualunque procedimento si faccia l'effetto non cambia: la modifica dei diritti e dei doveri cioè in entrambi i procedimenti. Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975 la separazione poteva esserci solo per colpa (cioè se uno dei due coniugi aveva posto in essere comportamenti che avevano violato i doveri derivanti dal rapporto coniugale). Nel 1975 è stato introdotto il principio secondo il quale la separazione "può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all'educazione della prole" --> questo principio non ha eliminato del tutto la possibilità che ci siano comportamenti in violazione dei doveri coniugali: è infatti possibile ottenere anche la separazione con addebito. L'addebito ha conseguenze giuridiche: le due principali sono l'assegno di mantenimento per il coniuge e la successione in caso di morte. Il principale motivo di problematicità riguarda il contenuto decisorio vario: processi nei quali si discute di tante cose, in particolare dei rapporti patrimoniali tra i coniugi (come l'assegno di mantenimento) e dei rapporti con i figli (affidamento, assegno di mantenimento), tutte questioni delicate e che non sempre possono essere messe sullo stesso piano. Il presupposto sostanziale della separazione è previsto ex art. 151 cc --> il problema è: questo è un presupposto oggettivo o soggettivo? È un qualcosa su cui il giudice può fare una sua valutazione? Nella prassi il giudice non si intromette in questi aspetti, non entra in una valutazione che è prettamente soggettiva. Il giudice deve tentare una conciliazione, ma altra cosa è imporre ai coniugi che vogliono separarsi di restare insieme. Il procedimento di separazione giudiziale è qualificato come procedimento contenzioso di tipo costitutivo con oggetto il diritto potestativo dei coniugi di ottenere la separazione. IL PROCEDIMENTO DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE Questo procedimento è un processo a cognizione piena speciale (non è un procedimento sommario). L'iter ricalca la struttura del processo di cognizione ordinario. È strutturato in tre fasi: 1. Fase introduttiva --> destinata alla presentazione degli atti difensivi delle parti 2. Fase davanti al giudice --> funzionale al raggiungimento di una conciliazione tra le parti; in precedenza c'era la cd udienza presidenziale: le parti dovevano presentarsi davanti al Presidente del tribunale per tentare conciliazione ed emanare i provvedimenti, adesso questa fase si svolge dinanzi al giudice 3. Giudizio di merito --> se la conciliazione non riesce si svolge il giudizio di merito sulla domanda di separazione e su eventuali domande accessorie L'atto introduttivo è un ricorso. Art. 473 bis 12 --> Forma della domanda Indicazione specifica di questi procedimenti è quella prevista dal 3° comma: "in caso di domande di contributo economico o in presenza di figli minori, al ricorso sono allegati" = elementi indispensabili per il giudice per dare ad ex assegno di mantenimento (cioè dichiarazione dei redditi, estratti conto, documentazione attestante titolarità di diritti reali). Nella parte dedicata in modo specifico a separazione e divorzio vi è norma specifica ex art. 473 bis 48: nel giudizio di separazione la documentazione economica va sempre allegata, anche se non ci sono figli minori e non ci sono domande di contributo economico; tale deposito è chiesto anche pro futuro. Ultimo comma: la riforma chiede alle parti di fornire al giudice una serie di informazioni perché deve decidere di questioni riguardanti la vita del minore --> molti sostengono che questo piano genitoriale sia anche per il futuro (cioè come il genitore intende pianificare le attività future del figlio); il giudice può fare una proposta di piano genitoriale tenendo conto di quelli allegati dalle parti: se la accettano e non la rispettano ci sono delle sanzioni. Art. 473 bis 11 --> Competenza per territorio Norma generale; attribuisce competenza sempre al tribunale. Laddove ci sono minori il tribunale competente è quello del luogo in cui il minore ha residenza abituale. La norma speciale art. 473 bis 47 rinvia a norma generale; se non c'è figlio minore è competente il tribunale del luogo di residenza del convenuto; se è irreperibile o all'estero il tribunale di competenza è quello dell'attore; se anche l'attore risiede all'estero è competente qualunque tribunale della Repubblica. Il tribunale giudica in composizione collegiale (con possibilità che trattazione ed istruzione siano affidate a giudice delegato). Art. 473 bis 14 --> Deposito del ricorso e decreto di fissazione dell'udienza Entro 3 giorni dal deposito del ricorso il Presidente designa relatore e fissa l'udienza di comparizione delle parti assegnando termine di costituzione del convenuto che deve avvenire entro 30 giorni prima dell'udienza; tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono intercorrere più di 90 giorni; il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati al convenuto dall'attore. La particolarità è che nel giudizio contenzioso vi sono anche domande inerenti alla giurisdizione volontaria. Art. 473 bis 15 --> Provvedimenti indifferibili Parliamo di provvedimenti che vengono assunti prima di arrivare all'udienza. Ci troviamo in presenza di un tipico potere cautelare (in passato non c'era una norma ad hoc); può esserci necessità di adottare subito dei provvedimenti perché siamo in una situazione familiare di conflitto (situazione ad ex di grave pregiudizio per l'interesse del minore). --> è il giudice del merito quello a cui rivolgersi per questa modifica o revoca in presenza di fatti sopravvenuti. Confronto ad essi è possibile proporre reclamo: necessità di una parte di chiedere una nuova decisione su quell'istanza perché ritiene il giudice abbia sbagliato (si propone reclamo alla Corte d'Appello). È ammesso reclamo anche contro tutti i provvedimenti temporanei emessi in corso di causa che sospendono o introducono sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale nonché quelli che prevedono sostanziali modifiche dell'affidamento e della collocazione dei minori. "Eventuali circostanze sopravvenute sono dedotte davanti al giudice di merito" = non devo fare reclamo. Verso i provvedimenti di reclamo è ammesso ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost. --> provvedimenti che non hanno caratteristica tipica dei provvedimenti per i quali è ammesso ricorso in Cass. Questi provvedimenti non sono idonei al giudicato --> il legislatore lo ha detto espressamente perché incidono in modo significativo nella vita delle persone, per questo è data possibilità di andare in Cass. Art. 473 bis 50 --> Provvedimenti temporanei ed urgenti Nell'adottare i provvedimenti ex art. 473 bis 22 1° comma il giudice indica le informazioni che ciascun genitore è tenuto a comunicare all'altro e può formulare una proposta di piano genitoriale. Art. 473 bis 22 --> Provvedimenti del giudice Il giudice provvede sulle richieste istruttorie e predispone il calendario del processo, fissando entro i successivi 90 giorni l'udienza per l'ammissione dei mezzi di prova. Può accadere non sia necessaria la fase istruttoria (ultimo comma). Il giudice sulla domanda di separazione può pronunciarsi subito (il problema non è la separazione ma tutte le cd domande accessorie). Dal punto di vista processuale la sentenza di separazione è una sentenza non definitiva (implica comunque la prosecuzione del processo, il processo va avanti per le altre domande) --> le sentenze non definitive hanno regime di impugnazione particolare, cioè si può fare la cd riserva di appello o si può impugnare immediatamente: in questo caso il legislatore ha stabilito che è ammesso solo appello immediato (non è possibile fare riserva di appello). Perché c'è questa regola speciale? Uno dei casi nei quali si può ottenere divorzio è quando c'è stata prima una separazione; occorre che dal momento in cui c'è stato passaggio in giudicato della sentenza di separazione per la proposizione della domanda di divorzio, le separazioni si siano protratte per 12 mesi dalla data di comparizione dei coniugi dinanzi al giudice. Fattispecie costitutiva: passaggio in giudicato della sentenza di separazione + 12 mesi dalla comparizione. L 'appe l lo immed ia to è s ta to i n t rodot to pe r ev i t a re strumentalizzazione della regola sul divorzio --> veniva utilizzata per ritardare il divorzio. Il legislatore ha avvertito l'esigenza di dettare una norma speciale in materia di consulenza tecnica d'ufficio (cd CTU), in modo particolare laddove sia necessaria una consulenza di tipo psicologico. Art. 473 bis 25 --> Consulenza tecnica d'ufficio Nella consulenza psicologica indagini e valutazioni su caratteristiche e profili di personalità delle parti sono consentite nei limiti in cui hanno ad oggetto aspetti tali da incidere direttamente sulle capacità genitoriali. Art. 473 bis 26 --> Nomina di un esperto su richiesta delle parti È possibile venga nominato su istanza delle parti un esperto che possa aiutare anche a mitigare quelli che possono essere i conflitti nel nucleo familiare. Art. 473 bis 27 --> Intervento dei servizi sociali o sanitari nei procedimenti a tutela dei minori Oggi il procedimento che si studia è unitario in quanto ci sono norme non pertinenti con il procedimento di separazione e divorzio. Nella fase decisoria abbiamo la fissazione da parte del giudice di una serie di termini che vengono assegnati alle parti per degli scambi che precedono l'udienza nella quale il giudice poi tratterrà in decisione la causa. Art. 473 bis 28 --> Decisione della causa Il giudice fissa l'udienza in cui tratterrà in decisione la causa ed assegna alle parti dei termini per consentire loro di svolgere ulteriore contraddittorio: un termine non superiore a 60 giorni per il deposito di note scritte e precisazioni delle conclusioni, un termine non superiore a 30 giorni per le comparse conclusionali ed un termine non superiori a 15 giorni per le memorie di replica (non posso introdurre nuovi temi d'indagine, devo precisare quanto già detto). L'appello avverso la sentenza di separazione segue la disciplina ordinaria, salvo alcune lievi regole. L'appello si propone con ricorso e vengono richiamate le indicazioni dell'art. 342 cpc (cioè la necessità che venga indicato in modo specifico quali sono i motivi di appello, cioè quali sono le questioni di fatto ed i profili di diritto sui quali chiedo nuova decisione). Il Presidente della Corte nomina il relatore e fissa l'udienza. Il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza vanno notificati a cura dell'appellante all'appellato. Successivamente vi è costituzione dell'appellato con possibilità di proporre eventualmente appello incidentale a pena di decadenza nella comparsa di costituzione. L'udienza di discussione si svolge con la presenza dell'intero collegio. La sentenza è depositata entro i successivi 60 giorni. Una particolarità è che nel giudizio di appello ordinario c'è divieto di domande nuove ed eccezioni nuove, salvo quelle rilevabili d'ufficio VS. l'art. 473 bis 35 precisa che tale divieto riguarda solo le domande che hanno ad oggetto diritti disponibili: laddove la questione controversa riguarda diritti indisponibili non ci sono limitazioni (ex affido condiviso). Art. 473 bis 36 --> Garanzie a tutela del credito Quando parliamo della sentenza di separazione (sentenza conclusiva del giudizio, non solo quella relativa al capo sulla separazione) si tratta di una sentenza che ha contenuto vario, il quale potrebbe aver bisogno di essere eseguito. Alcune regole dettate dal legislatore sono "inutili", nel senso che il provvedimento che condanna al pagamento del contributo economico è di per sé titolo per iscrizione di ipoteca giudiziale laico non si intromette in quello che dispone una fede religiosa (per il rito cattolico il matrimonio è indissolubile, quindi io giudice civile posso solo far venir meno gli effetti civili). Presupposti sostanziali: la legge del '70 prevede che perché ci possa essere pronuncia di divorzio occorre accertare che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non possa essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di alcune specifiche cause --> c'è differenza fondamentale rispetto alla separazione: nella separazione il giudice prende semplicemente atto che per almeno uno dei due coniugi la cosa non va, non deve accertare nulla VS. nel divorzio il giudice deve accertare che c'è almeno una della cause elencate nell'art. 3 (l'ipotesi più frequente è che ci sia stata sentenza di separazione passata in giudicato e devono essere passati 12 mesi dalla comparsa delle parti dinanzi al giudice). Anche qui abbiamo due possibilità: 1. Divorzio cd contenzioso 2. Divorzio a domanda congiunta I riti sono gli stessi del procedimento di separazione, cambia solo la pronuncia. CUMULO DELLE DOMANDE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO Novità fondamentale della riforma. Art. 473 bis 49 --> Cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili Il legislatore ha cercato di andare incontro alle esigenze di celerità introducendo la possibilità di proporre nello stesso procedimento sia la domanda di separazione che quella di divorzio. Il vantaggio in termini temporali è in realtà ridotto: la domanda di divorzio diventa procedibile (cioè esaminabile dal giudice) solo dopo che è finito il procedimento di separazione (le propongo insieme ma va avanti solo il giudizio di separazione, poi al termine si inizia quello di divorzio: sono due giudizi fatti in successione l'uno con l'altro, non istruisco entrambi i procedimenti insieme). Questo cumulo può essere fatto dal ricorrente fin dall'inizio, dal convenuto oppure può avvenire poi per connessione (sono proposti i due giudizi separati e poi vengono riuniti). Devono comunque essere due procedimenti distinti. MEDIAZIONE E NEGOZIAZIONE ASSISTITA Procedure stragiudiziali per la risoluzione delle controversie. Quando c'è una controversia, prima di andare dal giudice, ci sono diverse possibilità per cercare di raggiungere una qualche forma di accordo. Un contratto tipico del cc che ha lo scopo di porre fine ad una controversia è il contratto di transazione (accordo attraverso il quale le parti pongono fine ad una controversia facendosi delle reciproche concessioni, accordo di tipo transattivo). L'accordo tra le parti per risolvere la controversia può essere il frutto di meccanismi e procedure più complessi, ad ex c'è la possibilità di andare dalla controparte mediante il proprio legale per giungere ad un accordo. Ci si può anche rivolgere ad un terzo, il quale gode della nostra fiducia, e che può riuscire a trovare un accordo che soddisfi entrambe le parti. Si tratta di procedure consentite dal diritto civile, non ho bisogno di nulla che autorizzi a fare queste procedure --> che nome diamo a tali attività? Non esistono formule prestabilite dalla legge, normalmente quando mi rivolgo ad un terzo chiedendogli di provare ad individuare una soluzione che poi noi dobbiamo accettare si parla in generale di conciliazione o mediazione (conciliatore o mediatore è colui che fa la proposta). La controversia termina sempre perché c'è un accordo delle parti (sia se trovato autonomamente, sia se trovato con l'aiuto di un terzo il quale si limita a fare la proposta). Nel nostro sistema gli strumenti di risoluzione delle controversie alternativi al giudizio hanno sempre avuto successo modesto (a differenza di quanto accade ad ex nei sistemi anglosassoni). Il legislatore cerca da sempre dei meccanismi per incentivare le parti a ricorrere a questo tipo di strumento alternativo. Nel 2010 il legislatore ha voluto disciplinare la mediazione tenendo presente che le norme non impediscono alle parti di fare la mediazione come vogliono loro --> il legislatore ha solo stabilito un procedimento di mediazione perché ritiene che l'averlo previsto possa renderlo più "appetibile". Stessa cosa accade per la negoziazione assistita con l'ausilio degli avvocati. Si tratta di una serie di norme che servono per creare un tipo di mediazione predeterminata dal legislatore che dovrebbe incentivare le parti a ricorrere a tale istituto. LA MEDIAZIONE Dlgs 28/2010 (modificato dalla riforma Cartabia). Una prima classificazione fondamentale è quella tra mediazione facoltativa e mediazione obbligatoria --> il legislatore ha previsto, a seconda della tipologia di controversia, che vi sono alcune controversie nelle quali le parti hanno facoltà di ricorrere a questo tipo di mediazione (che dovrebbe essere più vantaggiosa rispetto ad una mediazione fatta da sé; se la parte non vuole non è obbligata a fare istanza per la mediazione e soprattutto non è detto che la controparte decida di accettare) VS. per alcune controversie la mediazione è obbligatoria (le parti non possono iniziare un processo dinanzi al giudice se prima non hanno fatto un tentativo di mediazione: in questo caso la mediazione è condizione di procedibilità del giudizio; nelle intenzioni del legislatore questo dovrebbe essere uno strumento per incentivare le parti a risolvere la controversia fuori dalle aule di giustizia: se io vengo convenuto in un processo e la controversia rientra in una di quelle per le quali bisogna esperire la mediazione, posso fare eccezione di improcedibilità o può sollevarla lo stesso giudice). Nel 3° comma dell'art. 5 il legislatore rinvia ad una serie di procedure di mediazione previste dalle leggi speciali per dirci che quando la mediazione è condizione di procedibilità, o soddisfi tale condizione attraverso il procedimento di mediazione disciplinato nel dlgs 28 o utilizzando una delle procedure previste dalle leggi speciali. L'art. 5 prevede anche dei casi nei quali questa condizione di procedibilità non opera: ad ex i provvedimenti cautelari e la trascrizione della domanda giudiziale sfuggono alla mediazione; è altresì esclusa la mediazione come condizione di procedibilità in alcuni procedimenti speciali per le particolari caratteristiche che hanno, ad ex nel caso del decreto ingiuntivo. Art. 5 bis --> Procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo Introdotto con la riforma; in passato c'è stato contrasto fortissimo in giurisprudenza: si sosteneva che se non viene fatto tentativo di annullabile; il documento che contiene l'informazione è sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato nell'atto introduttivo dell'eventuale giudizio. Art. 8 --> Procedimento Regole che i vari procedimenti devono necessariamente prevedere (cioè non possono contenere previsioni in contrasto con queste regole). Viene depositata domanda di mediazione, l'organo designa il mediatore e fissa un'udienza (momento centrale in cui c'è incontro tra le parti ed il mediatore) non prima di 20 giorni dal momento del deposito della domanda ma non oltre 40 giorni, ed il tutto viene comunicato alle parti. Dal momento in cui comunico alle parti qual è la data dell'udienza, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale --> la domanda che hai fatto produce gli stessi effetti della domanda giudiziale sulla prescrizione e sulla decadenza; siccome l'effetto ricollegato alla domanda di mediazione è subordinato a quello che fa l'organismo di mediazione, ci sono casi nei quali la parte non vuole che gli effetti della sua domanda dipendono da quando l'organismo comunica la data dell'udienza alle parti: puoi comunicare subito la domanda alla controparte e questo produce lo stesso effetto (indipendentemente da quello che poi farà l'organismo), solo ai fini di interrompere la prescrizione per evitare il formarsi di una decadenza. Il legislatore non dà indicazioni di dettaglio su come si svolge la mediazione, l'art. 8 si limita a disporre che è necessaria la partecipazione personale delle parti, e quando la mediazione è condizione di procedibilità le parti devono essere assistite dai loro avvocati. Cosa si fa nell'udienza? In prima udienza il mediatore espone la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione e si adopera affinché le parti raggiungano un accordo di mediazione. Il mediatore ha doveri di imparzialità ed indipendenza. La legge prevede anche la possibilità che il procedimento di mediazione si svolga con modalità telematiche e prevede un dovere di riservatezza e segretezza che grava su tutti coloro che partecipano a tale procedimento. Tutto ciò che viene fuori nella mediazione non può essere utilizzato nel giudizio successivo che ha lo stesso oggetto (cioè qualora la mediazione avesse esito negativo) e lo stesso mediatore non può essere chiamato a deporre in giudizio (affinché la mediazione abbia successo è necessario che le parti si sentano libere di dire tutto ciò che vogliono). Quanto detto in mediazione non può uscire fuori né può essere utilizzato in aula. Quali sono i possibili esiti? Se si raggiunge un accordo si fa processo verbale dello stesso VS. se l'accordo non si forma il mediatore può fare un ultimo tentativo può unire al verbale del mancato raggiungimento dell'accordo una sua proposta (entro sette giorni le parti fanno pervenire la loro accettazione o il loro rifiuto). Il verbale conclusivo di mediazione che contiene l'eventuale accordo deve essere firmato dalle parti (e dai loro avvocati quando previsto) e si tratta di un verbale che, nella misura in cui prevede delle attività che devono essere compiute dalle parti, ha efficacia di tipo esecutivo. Nei casi previsti dalla legge (ex per trasferimento di proprietà) il verbale va trascritto. Art. 11 bis --> Accordo di conciliazione sottoscritto dalle PA Il legislatore ha modificato la normativa che si occupa della responsabilità presso la corte dei conti: spesso le cause sono contro una PA. Quando si ha a che fare con una PA spesso chi ne ha il potere rappresentativo non ci pensa proprio a fare un accordo transattivo, a stipulare mediazione o conciliazione, perché teme che un domani il suo consenso possa essere fonte di responsabilità erariale --> il legislatore ha così stabilito che in caso di accordo di conciliazione da parte di un rappresentante della pubblica amministrazione la responsabilità contabile è limitata a fatti ed omissioni commessi con dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o del travisamento dei fatti. Art. 12 --> Efficacia esecutiva ed esecuzione L'accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati è titolo esecutivo e titolo per iscrizione dell'ipoteca giudiziale. Spesso accadeva che la parte faceva domanda di mediazione, veniva fissata l'udienza e la controparte nemmeno partecipava --> il legislatore sanziona il comportamento della parte che a priori assume un comportamento ostile alla possibilità di trovare un accordo (art. 12 bis): il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio se la parte non partecipa alla mediazione senza giustificato motivo (può arrivare a considerare i veri alcuni fatti affermati dalla controparte). Quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità il giudice condanna la parte che non ha partecipato a sanzione pecuniaria. L'art. 13 prevede la possibilità di condannare la parte soccombente alle spese di giudizio quando la parte che ha vinto non aveva accettato la proposta conciliativa risultata poi corrispondente interamente al contenuto di quella che è stata la sentenza del giudice. LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA È la possibilità per le parti di arrivare ad un accordo che ponga fine alla loro controversia senza bisogno di andare dal giudice --> dl 132/2014 convertito in l. 162/2014. Al pari della mediazione è una disciplina speciale per incentivare le parti a questo accordo di risoluzione. In questo istituto non c'è l'intervento di un terzo soggetto ma sono le parti che entrano direttamente in contatto. In quella disciplinata dalla legge è necessaria la presenza degli avvocati. Siamo nell'ambito di un atto che non è altro che l'accordo tra le parti, quindi sotto questo punto di vista non c'è differenza con la mediazione o la transazione --> ciò che è differente è come si arriva a questo accordo. Fermo restando che posso trovare un accordo con la mia controparte al di fuori di tutte queste discipline, la legge prevede una speciale mediazione ed uno speciale accordo che trovo con l'aiuto degli avvocati sottoposto a disciplina particolare e che ha L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto o d'ufficio non oltre la prima udienza. La legge non prevede nulla di particolare su come debba svolgersi la procedura di negoziazione assistita: è tutto rimesso alla libera determinazione delle parti e degli avvocati. La legge si limita a dire che le parti devono cooperare con buona fede e lealtà. Quello che ha aggiunto la riforma è la possibilità di svolgere attività istruttoria stragiudiziale, sulla quale però ci sono molte incertezze. L'art. 4 bis prevede che quando la convenzione lo prevede ciascun avvocato può invitare un terzo a rendere dichiarazioni su fatti specificamente individuati (cioè si tratta di una specie di prova testimoniale, che si svolge al di fuori del giudizio, privatamente). Non si tratta di testimonianza: il legislatore parla infatti di informatore --> che fine fanno queste dichiarazioni? Sono verbalizzate, il documento viene sottoscritto e fa piena prova di quanto gli avvocati attestano essere avvenuto in loro presenza; può essere prodotto in giudizio dalle parti ed è liberamente valutabile dal giudice, il quale può disporre che l'informatore sia escluso come testimone. L'art. 4 ter prevede la possibilità di dichiarazioni di tipo confessorio (dichiarazioni che la parte fa di fatti ad essa sfavorevoli) e tale documento fa piena prova e può essere prodotto in giudizio. Il legislatore cerca di garantire un ambiente idoneo a facilitare l'accordo: i difensori non possono essere nominati arbitri, è fatto obbligo alle parti ed agli avvocati di comportarsi con lealtà e di tendere riservate le informazioni ricevute, le dichiarazioni acquisite e le informazioni acquisite non possono essere utilizzate in giudizio (in contrasto con la normativa artt. 4 bis e 4 ter); la violazione di tali obblighi da parte degli avvocati comporta illecito disciplinare. Quali sono i possibili esiti della negoziazione assistita? È possibile non si arrivi ad un accordo: in questo caso gli avvocati certificano il raggiungimento dell'accordo (serve per documentarlo qualora dovessi andare ad introdurre un giudizio). Il mancato accordo può essere di due tipi: non facciamo nemmeno la convenzione di negoziazione assistita oppure facciamo la convenzione ma poi il tentativo non è sfociato in un accordo vero e proprio VS. se arriviamo ad un accordo (abbiamo fatto convenzione e poi trovato un accordo) ha efficacia immediatamente di titolo esecutivo ed è titolo per iscrizione dell'ipoteca giudiziale. Gli avvocati devono certificare che la sottoscrizione delle parti è autentica ed autografa e devono certificare che l'accordo non contenga previsioni in contrasto con norme imperative ed ordine pubblico (è annullabile); è poi previsto che l'accordo previsto tra le parti sia uno di quelli per i quali è necessaria trascrizione in un registro immobiliare e per effettuare la trascrizione deve essere autenticato da notaio o altro pubblico ufficiale. Tutti questi accordi vanno comunicati e trasmessi al consiglio dell'ordine perché si vuole monitorare l'utilità o meno dell'istituto. Uno degli scopi del legislatore era prevedere qualcosa che potesse incentivare le parti a ricorrere a tale istituto, stabilendo così che la comunicazione dell'invito a concludere una convenzione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale (il termine di prescrizione si interrompe e si impedisce la decadenza già solo con l'invito della parte a stipulare la convenzione) = interruzione prescrizione e impedimento della decadenza. Le spese della negoziazione assistita sono a carico delle parti in quanto si tratta di attività stragiudiziale; se si finisce in giudizio possono essere messe tra le spese del processo. LA NEGOZIAZIONE ASSISTITA IN MATERIA DI SEPARAZIONE E DIVORZIO Il legislatore ha previsto la negoziazione assistita con l'aiuto degli avvocati anche in materia di separazione e divorzio: per arrivare a separazione o divorzio c'è sempre bisogno dell'intervento del giudice (con decisione od omologazione) --> si tratta di un istituto molto particolare. Art. 6 norma centrale: prevede la possibilità di stipulare la convenzione di negoziazione assistita per ottenere la separazione o lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili del matrimonio --> per quanto riguarda il divorzio è possibile ricorrere a negoziazione assistita solo quando esso è successivo alla separazione e sono trascorsi 12 mesi dalla separazione e la sentenza sia passata in giudicato (solo in riferimento a questa ipotesi di divorzio, che è la più frequente). La riforma ha esteso ambito di applicazione di questo istituto: la convenzione di negoziazione assistita può essere conclusa anche tra i genitori per i figli nati fuori dal matrimonio. L'accordo raggiunto produce gli stessi effetti della sentenza di separazione o divorzio. Eventuali patti di trasferimento immobiliari contenuti nell'accordo hanno effetti obbligatori --> non reali, cioè questo accordo non trasferisce immediatamente la proprietà, ti impegna a trasferirla (devi andare dal notaio e poi trascrivere l'atto). L'accordo è automaticamente produttivo di questi effetti? No, è necessario sottoporlo al procuratore della Repubblica presso il tribunale --> se non ci sono figli minori fa un controllo esclusivamente formale (cioè che il procedimento di negoziazione assistita si è svolto secondo le regole previste, non entra nel merito di quello che hanno stabilito le parti); nel caso di divorzio deve verificare se ci siano le condizioni previste dalla legge sul divorzio VS. se ci sono figli minori il procuratore deve fare controlli di legittimità e verificare non ci siano problemi di contrasto con gli interessi dei minori; se ravvisa contrasto il procuratore trasmette l'accordo al presidente del tribunale, il quale deve fissare l'udienza affinché si svolga il normale giudizio di separazione o divorzio (cioè secondo le regole del rito unitario). Trasmissione dell'accordo all'ufficiale di stato civile. L'accordo deve essere conservato presso il consiglio dell'ordine a cura degli avvocati che hanno assistito le parti. I coniugi possono concludere dinanzi al sindaco, quale ufficiale dello Stato civile, con assistenza facoltativa di un avvocato, un accordo di separazione o divorzio, ma solo in assenza di figli minori. NB. Quando la negoziazione assistita ha ad oggetto lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio le parti possono stabilire la corresponsione di un assegno in unica soluzione --> nel divorzio tale accordo è possibile ma il giudice deve verificare che quanto pattuito dalle parti rispetti il principio di equità. Art. 806 cpc --> Controversie arbitrali Io posso rivolgermi agli arbitri per far loro svolgere quella che normalmente è la funzione giurisdizionale di tipo cognitivo: non è possibile attribuire agli arbitri quelle che sono le funzioni svolte dal giudice dell'esecuzione né i compiti svolti dal giudice in ambito di giurisdizione volontaria. Per quanto riguarda l'attività cautelare, in origine era vietato agli arbitri di concedere sequestri ed altre misure cautelari --> la riforma Cartabia ha ampliato il potere degli arbitri: non c'è potere assoluto ma se le parti lo prevedono, gli arbitri possono avere poteri cautelari. Il legislatore può stabilire che in alcuni casi e per alcune materie l'arbitrato non può esserci (cd divieto di arbitrato), ad ex nella materia dei contratti pubblici. In virtù delle importanti conseguenze che discendono dalla scelta delle parti di deferire la loro controversia agli arbitri invece che a giudice, il legislatore esige ci siano forme particolarmente rigorose. L'art. 807 cpc ci dice che il compromesso deve essere fatto per iscritto a pena di nullità. Stessa cosa vige per la clausola compromissoria ex art. 808 cpc: deve risultare da atto scritto; il 2° comma dell'art. 808 sancisce il principio dell'autonomia della clausola compromissoria --> "la validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce; tuttavia, il potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria" = tra le controversie che possono insorgere tra le parti possono esserci anche quelle relative alla nullità del contratto (o altre forme di invalidità dello stesso); la giurisprudenza ritiene la clausola vada valutata autonomamente come fosse un contratto a parte. Il fatto che tu fai valere nullità o annullamento del contratto non vuol dire che automaticamente questo escluda la competenza del collegio arbitrale. L'art. 808 bis cpc prevede una nuova tipologia di convenzione arbitrale --> convenzione di arbitrato in materia non contrattuale: questa norma nasce da un problema che si era posto in passato. Tu con il compromesso fai valere le controversie già insorte, con la clausola compromissoria le controversie che nasceranno un domani in relazione ad un certo contratto: se queste sono le uniche due forme di accordo compromissorio ne deriva che non posso fare un accordo compromissorio relativo a controversie che un domani nasceranno che non sono di tipo contrattuale --> nel 2006 il legislatore ha disposto che può essere fatta convenzione di arbitrato per le controversie future relative a rapporti di tipo non contrattuale. L'art. 808 quater cpc si occupa del problema della determinazione esatta dell'ambito di applicazione della clausola compromissoria: siccome il potere degli arbitri è circoscritto dalla convenzione di arbitrato spesso ci sono dubbi se la controversia rientri o meno nella clausola --> norma di favor per l'arbitrato: quando non si capisce qual è l'effettiva competenza degli arbitri, la convenzione si interpreta nel senso che la competenza si estende a tutte le controversie derivanti dal contratto. L'art. 808 quinquies dispone che il procedimento arbitrale può anche concludersi senza una pronuncia di merito (è possibile si estingua) --> se non arriva a conclusione fisiologica, quindi si chiude ad ex con pronuncia di rito, non vuol dire che viene travolta la convenzione arbitrale: se bisognerà ricominciare un processo per quella causa tu sei vincolato alla convenzione. Capo II. Degli arbitri. Art. 808 - 815 cpc. Abbiamo una serie di norme che dispongono in che modo bisogna formare il collegio arbitrale. L'art. 809 cpc stabilisce delle regole che riguardano il numero degli arbitri: devono essere in numero dispari. La convenzione deve stabilire come devono essere nominati gli arbitri o nominarli direttamente (il più delle volte le parti si limitano a stabilire le modalità di nomina, ad ex la controversia sarà decisa da arbitro unico nominato dal Presidente dell'ordine degli avvocati oppure si ricorre alla cd clausola binaria, cioè la clausola nella quale le parti individuano un collegio arbitrale composto da 3 soggetti: ciascuna parte sceglie un arbitro ed il terzo è scelto dalle parti congiuntamente, dai due arbitri nominati o da qualcun altro). Sono poi previste regole sussidiarie nel caso in cui le parti non abbiano rispettato la regola del numero dispari: in passato se le parti stabilivano un collegio arbitrale composto in numero apri la clausola era nulla VS. adesso il legislatore ha introdotto una regola per far salva la convenzione stabilendo che in caso di numero pari di arbitri, un altro arbitro è nominato dal Presidente del tribunale ed una stessa soluzione è prevista se le parti non hanno stabilito nulla (né quanto sono né come avviene la nomina). L'art. 810 cpc prevede che nei casi in cui le parti attribuiscono a loro stesse il potere di nomina degli arbitri potrebbe esserci il problema che una delle due (quella convenuta) non nomini l'arbitro (cercando di sfuggire al giudizio, impedendo la formazione del collegio arbitrale) --> in questi casi io attore procedo alla designazione del mio arbitro, poi ti invito con atto scritto a nominare il tuo e se tu non procedi alla nomina io posso rivolgermi al presidente del tribunale e sarà lui a procedere alla nomina. Spesso accade che io non nomino l'arbitro perché ritengo che la controversia insorta non riguarda le materie previste nella clausola compromissoria e quindi mi rivolgo al presidente del tribunale: il presidente del tribunale non può entrare nel merito di queste valutazioni, dovrà essere il collego arbitrale a decidere della propria competenza; l'unico caso in cui il presidente può sottrarsi al dovere di nomina è qualora si accorge che è evidente che la clausola compromissoria è manifestamente inesistente. È possibile che nel corso del giudizio arbitrale un arbitro possa venir meno: in tal caso si dovrà procedere alla sua sostituzione nel rispetto degli accordi in convenzione di arbitrato. La capacità di essere nominato arbitro spetta a chiunque: è sufficiente avere capacità legale di agire (non è richiesto nessun altro requisito). L'arbitro ha garanzie di indipendenza ed imparzialità; può accettare o meno l'incarico; il legislatore ha specificato che l'arbitro non assume qualifica di pubblico ufficiale: rimane un soggetto privato. Art. 813 cpc --> Accettazione degli arbitri Con la riforma Cartabia il legislatore ha introdotto una novità importante in linea con la prassi degli arbitrati internazionali: l'accettazione è accompagnata a pena di nullità da una dichiarazione nella quale è indicata ogni circostanza rilevante ex art. 815 cpc ovvero la relativa insussistenza. intervenire per nominare l'arbitro che la parte non vuole nominare, per la ricusazione etc, allora il legislatore ha dato dislocazione territoriale al collegio arbitrale con la nozione di sede per capire a quel giudice rivolgersi). Dalla lettura degli artt. 839 e 840 cpc emerge che la sede è importante anche per definire la nazionalità dell'arbitrato (per il nostro ordinamento l'arbitrato è italiano, sottoposto a questa disciplina, nella misura in cui abbia sede in Italia); ho lodo straniero quando ho sede fuori Italia VS. se la sede è in Italia il lodo è nazionale. La sede non è il luogo in cui devono necessariamente svolgersi le attività degli arbitri. L'art. 816 bis cpc stabilisce le norme fondamentali del procedimento. Stabilisce una clausola in bianco, nel senso che la regola fondamentale è che le regole del procedimento sono stabilite dalle parti. Le regole del procedimento devono essere dichiarate agli arbitri, i quali devono decidere se accettare l'incarico. Se le parti non hanno formulato le regole del procedimento, sono gli stessi arbitri a stabilirle (le regole si risolvono nel dire in che modo le parti possono dialogare tra loro e con il collegio per rappresentare le rispettive posizioni, cioè quante udienze ci saranno, i termini per il deposito degli scritti etc = tutta la fase di istruzione in senso ampio che nel cpc per il processo ordinario viene espressamente disciplinata, per il procedimento arbitrale è rimessa alla volontà delle parti o in mancanza degli arbitri). C'è un unico limite che è imposto, cioè che gli arbitri devono rispettare il principio del contraddittorio. È un giudizio privato e quindi le parti non sono obbligate a farsi assistere, non c'è il rapporto tipico del giudizio (chi mi assiste può anche essere un soggetto che non ha qualifica di avvocato). Art. 816 bis 1 cpc --> Domanda di arbitrato La modalità di instaurazione del procedimento arbitrale è diversa dal processo ordinario: ho innanzitutto un primo procedimento che prende avvio quando io inizio a nominare l'arbitro, ma non è detto che io nella richiesta di nomina di arbitro abbia già formulato in modo completo e preciso la mia domanda giudiziaria come è invece previsto nel cpc ex art. 163 (qui non c'è domanda giudiziale in senso stretto, faccio nomina di arbitro molto generica, il collegio arbitrale si costituisce e come prima cosa che fa mi dà termine per presentare domanda di arbitrato) VS. può anche accadere ci sia domanda giudiziale come previsto ex art. 163 nella quale faccio anche la nomina dell'arbitro (possono accadere entrambe le cose). Nel momento in cui faccio domanda di arbitrato in senso stretto, cioè nel momento in cui l'individuo il diritto dedotto in giudizio (quindi la mia pretesa) e le parti, la proposizione di questa domanda giudiziale determina gli stessi identici effetti di una domanda giudiziale proposta dinanzi al giudice (interruzione termine prescrizione e sua sospensione fin quando il lodo non viene deciso, impedimento della decadenza etc) --> questo articolo introdotto con la riforma ribadisce questo principio e lo dice soprattutto in relazione all'art. 819 quater che si occupa della cd translatio iudicii: gli effetti che determina la proposizione della domanda giudiziale si producono durante la pendenza del giudizio arbitrale ma proseguono anche nel caso in cui ci sia passaggio di fronte al giudice. Art. 816 ter cpc --> Istruzione probatoria Possibilità per gli arbitri di sentire testimoni (possono farlo direttamente presso di loro). Possibilità anche di testimonianza scritta. Se il testimone si rifiuta di comparire gli arbitri possono chiedere al presidente del tribunale di convocarlo (autorità giudiziaria chiamata ad intervenire a supporto). È possibile anche il ricorso alla CTU. Art. 816 quater cpc --> Pluralità di parti Normalmente la clausola compromissoria prevede per la nomina degli arbitri il meccanismo della cd clausola binaria. Quando abbiamo due parti non vi sono problemi, ma quando vi sono più parti come si fa? In passato la giurisprudenza diceva che quando vi è una pluralità di parti e c'è una clausola binaria essa non può funzionare perché è principio fondamentale quello in forza del quale tutte le parti devono concorrere nella composizione del collegio arbitrale e quindi la convenzione è nulla (e la causa deve andare dinanzi al giudice) --> ad un certo punto la giurisprudenza ha detto che se di fatto nel procedimento arbitrale nonostante ci sia pluralità di parti, questa pluralità si aggrega in due centri di interessi contrapposti (ex 10 parti, 5 nominano un arbitro e le altre 5 un altro) allora il problema non si pone VS. se ho una controversia cd stellare (cioè in cui ho tanti interessi diversi) la clausola è nulla. Il legislatore ha dettato una disciplina che richiamasse l'attenzione delle parti su questo aspetto per invitarle, nella stipula della convenzione, a fare attenzione. Tale art. suggerisce quali possono essere le modalità di stipulazione dell'accordo compromissorio che superino il meccanismo della clausola binaria e che siano adeguate in casi di controversie di tipo stellare. 2° comma: se non è possibile fare convenzione di questo tipo allora avrò singoli procedimenti con due parti. 3° comma: se ho necessità di un unico giudizio con più parti allora l'arbitrato non può esserci. Anche nell'arbitrato è possibile il fenomeno della pluralità di parti --> bisogna distinguere a seconda del tipo di pluralità. Deve esserci consenso delle parti: tu intervieni e vuoi l'arbitrato ma non è detto lo voglia anch'io e stessa cosa vale per gli arbitri --> l'intervento volontario e la chiamata in arbitrato di un terzo sono ammissibili solo con consenso delle parti e dell'arbitro. È sempre ammesso l'intervento ex art. 105 2° comma cpc e l'intervento del litisconsorte necessario. Nel giudizio arbitrale non è stabilita interruzione del processi: se la parte viene meno gli arbitri assumono misure idonee a garantire l'applicazione del contraddittorio (possono anche sospendere il procedimento ma il tutto è rimesso a loro valutazione). Art. 816 septies cpc --> Anticipazione delle spese Problema rilevante: nel momento in cui le parti affidano agli arbitri la decisione della controversie stanno stipulando un contratto di arbitrato (contratto misto in cui ci sono elementi del mandato, dell'appalto e della prestazione d'opera intellettuale). Può accadere che l'arbitro prima di iniziare a svolgere la sua attività chieda un anticipo delle spese --> riforma 2006: il legislatore ha previsto espressamente che gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento delle spese prevedibili. stessa controversia, ed in entrambi può essere stato posto il problema della competenza. Come si coordinano i due procedimenti? Non appena in uno dei due si viene a formare una decisione definitiva (cioè non più impugnabile) sulla competenza, questa pronuncia è destinata a produrre i suoi effetti anche nell'altro giudizio. Art. 819 quater cpc --> Riassunzione della causa Regola il fenomeno della cd translatio iudicii tra giudici ed arbitri. Principio affermato dalla Corte Cost. e poi dal legislatore: il processo instaurato davanti al giudice continua davanti agli arbitri se una delle parti procede ex art. 810 cpc (cioè avvio del subprocedimento per la formazione del collegio arbitrale) entro 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza con cui è negata la competenza (io giudice affermo che non ho competenza e devi andare dagli arbitri; gli effetti sostanziali e processuali proposti con l'originale atto di citazione restano fermi se entro 3 mesi avvii il procedimento di formazione del collegio). La stessa cosa avviene quando il passaggio è dell'arbitro al giudice ordinario (entro 3 mesi dal passaggio in giudicato del lodo che declina la competenza arbitrale). Cosa accade per le prove eventualmente raccolte davanti al giudice o all'arbitro? Viene ripresa la formulazione dell'810 (prove raccolte nel giudizio che si dovesse estinguere) = sono degradate a meri argomenti di prova. NB. Se questi termini non vengono rispettati il giudizio si estingue. Art. 817 bis cpc --> Eccezione di compensazione Eccezione con la quale chiedo ripeto della domanda dell'attore facendo valere l'esistenza di un controcredito che va ad estinguere il diritto dell'attore. Secondo il sistema ordinario quando faccio questa eccezione questo è uno dei casi in cui ci sarebbe il cd accertamento incidentale ex lege (il giudice cioè dovrebbe decidere sull'eccezione di compensazione con vera e propria efficacia di giudicato, cioè la questione pregiudiziale viene decisa con efficacia di giudicato per volontà di legge) --> questa regola applicata al procedimento arbitrale avrebbe creato un problema; l'art. 817 bis modifica la regola generale e dispone che l'arbitro può conoscere di questa eccezione anche solo per rigettare la domanda dell'attore, quindi senza bisogno vi sia accertamento con efficacia di vero e proprio giudicato. Per molto tempo si è ritenuto che gli arbitri non potessero avere poteri cautelari: era lo stesso cpc a prevederlo e quindi se avevo bisogno di una misura cautelare dovevo andare dal giudice ordinario --> con riforma del processo societario del 2003 c'era stata un'iniziale deroga di questo principio, arrivando con la riforma Cartabia oggi alla espressa previsione di questa possibilità: gli arbitri hanno poteri cautelari ma è necessario ci sia apposita manifestazione di volontà delle parti --> i poteri cautelari gli arbitri non li hanno automaticamente, devono essere oggetto di espresso conferimento ad iniziativa delle parti. Posso attribuire tale potere agli arbitri direttamente nella convenzione oppure con atto scritto anteriore all'instaurazione del giudizio arbitrale; la competenza cautelare attribuita agli arbitri è esclusiva (se la conferisco agli arbitri non ce l'ha più il giudice ordinario). L'unica eccezione è costituita dall'ultimo comma dell'818: se il giudizio arbitrale non è pendente non ho un organo a cui rivolgermi, se necessito di una misura cautelare ante causam a chi mi rivolgo? Fin quando non c'è costituzione del collegio arbitrale la competenza cautelare è somministrata dal giudice. La concessione del potere cautelare agli arbitri necessita di una serie di regole --> contro il provvedimento degli arbitri che concede o nega la misura cautelare è ammesso reclamo ex art. 669 terdecies cpc in Corte d'Appello; ho però reclamo particolare: è possibile fare contestazione in sede di reclamo della misura cautelare ma facendo valere quelli che sono i motivi per impugnare per nullità un lodo arbitrale (si vuole evitare che il giudice ordinario in sede di reclamo possa valutare la decisione degli arbitri per ragioni diverse da quelle per le quali è valutabile in sede di impugnazione ordinaria del lodo e si ha timore che attraverso l'intervento del giudice ordinario si possa violare la volontà delle parti che volevano la controversia fosse decisa solo dagli arbitri). Per l'attuazione delle misure cautelari il legislatore rinvia al 669 duodecies cpc. Resta ferma la particolare disciplina di esecuzione della misura cautelare quando si tratta di sequestro. Il conferimento di poteri cautelari può avvenire anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali. Art. 819 cpc --> Questioni pregiudiziali di merito Ci avviciniamo alla fase decisoria: il legislatore stabilisce cosa succede quando l'arbitro è chiamato a valutare le cd questioni pregiudiziali di merito. Il giudice normalmente decide le questioni pregiudiziali senza efficacia di giudicato anche qualora si tratti di questioni o controversie che non rientrano nella sua competenza o giurisdizione --> il 1° comma stabilisce la stessa regola per gli arbitri. 2° comma: se sorge questione pregiudiziale ed essa non era oggetto di convenzione ma è astrattamente arbitrale, se c'è accordo delle parti gli arbitri possono andare a deciderla. Art. 819 bis cpc --> Sospensione del procedimento arbitrale Il legislatore ha previsto come ipotesi di sospensione le stesse previste nel processo ordinario. N. 3 cd pregiudizialità costituzionale: Corte Cost. nel 2001 ha proceduto ad interpretazione forte delle norme costituzionali in riferimento al procedimento dinanzi alla Consulta, ammettendo gli arbitri a sollevare incidente di costituzionalità. Nel 2006 è intervenuto il legislatore (gli arbitri possono sollevare incidente di costituzionalità). Capo IV. Del lodo. Artt. 820 - 826 cpc. La decisione degli arbitri prende il nome di lodo arbitrale. Art. 820 cpc --> Termine per la decisione Il legislatore si occupa del problema del termine: gli arbitri hanno un termine finale entro il quale devono rendere la loro decisione (è uno dei punti di forza del giudizio arbitrale: so entro quando devono decidere). Qual è questo termine? Il legislatore rimette alla volontà delle parti nella convenzione o con accordo anteriore all'accettazione degli arbitri; se non è fissato dalle parti, la legge lo fissa in via sussidiaria in 240 giorni dall'accettazione della nomina (7 mesi).
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