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APPUNTI + DOMANDE APERTE ESAME DI STORIA DELLA FILOSOFIA I (Marianelli M. e Mauro L.), Appunti di Storia Della Filosofia

Appunti completi di storia della filosofia I e DOMANDE APERTE esame: Argomenti: -filosofia antica: introduzione, Presocratici, Sofisti, Socrate, Platone ed Aristotele -filosofia medievale: patristica e scolastica con Agostino, Bonaventura, Tommaso D'Aquino, Anselmo, Abelardo, Duns Scoto e Ockham. -Tema di amore-amicizia: con Fedro ed Etica di Nicomachea -DOMANDE APERTE ESAME

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 25/01/2023

giuliamannelli
giuliamannelli 🇮🇹

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Scarica APPUNTI + DOMANDE APERTE ESAME DI STORIA DELLA FILOSOFIA I (Marianelli M. e Mauro L.) e più Appunti in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! STORIA DELLA FILOSOFIA I LA GRECIA DEGLI INIZI: CONTESTO CULTURALE ed OCCIDENTE La filosofia non è di derivazione orientale, ma è sempre stata vista come una creazione dei Greci, in Occidente; nonostante l'Oriente si stava sviluppando parallelamente. Infatti dagli Orientali i Greci ricavano alcune conoscenze scientifiche, dagli egizi alcune conoscenze matematiche, dai babilonesi alcune cognizioni astronomiche anche se i greci le adoperarono a scopi conoscitivi e non pratici. La nascita della filosofia la dobbiamo anche:  ALL’ARTE: i greci cercarono alimento spirituale soprattutto da Omero e dai suoi testi(Iliade e Odissea) e fu molto importante inoltre anche Esiodo con la sua Teogonia.  ALLA RELIGIONE: i greci fanno distinzione tra religione pubblica e religione dei mestieri. - religione pubblica , che è tipica dei poemi omerici: tutto ciò  che accade è opera degli dèi. E’ una religione naturalistica antropomorfizzata (tratti sublimati; prendono ogni caratteristica umana). I  greci si danno una rappresentazione pubblica della realtà, immaginano le  forze che stanno all’origine di tutto ciò che accade. Ma, non tutti i Greci si riconoscono nella religione pubblica, di conseguenza nasce anche la religione dei misteri. - religione dei misteri   o “orfismo ” sta nel trovare risposte che la religione ufficiale non riusciva a  dare. Gli orfici credevano che nell’uomo ci fosse un “daimon”, ossia un  demone, come diceva Platone, che sostiene che il corpo sia prigione dell’anima e la felicità è eudemonia, il compimento del demone che mi abita, tale demone è immortale, resiste alla sua caduta nel corpo ed è destinato a reincarnarsi attraverso delle rinascite per togliersi la colpa. La religione orfica si porta un impianto dualistica, perché anima e corpo non sono fatti l’uno per l’altro, ma il corpo è un peso per l’anima. Se i poemi omerici affidano in maniera letteraria la prima rappresentazione di un principio divino che spiega ciò che accade nella realtà in un ordine che ha dei limiti e delle leggi, la religione dei misteri tocca il tema dell’interiorità: l’orfismo è il tentativo di  spiegare ciò che accade dentro di me.    ALLA CONDIZIONE SOCIO-POLITICA: i greci disponevano di libertà politica(a differenza degli orientali). Anche questo favori la nascita della filosofia. Furono le colonie a favorire la nascita della filosofia, poiché con il consolidarsi della polis l'uomo venne a coincidere con il cittadino medesimo. Vedevano il bene dello stato come il proprio bene. Quindi, nella tradizione storiografica le origini della filosofia greca coincidono con l’inizio del pensiero occidentale. Stando ad Aristotele i primi filosofi si sono presentati nell’Asia Minore e nella penisola italica, in zone in cui c’era più libertà; tra 7 e 6 secolo a.C. Vi è incertezza nella data, poiché il termine probabilmente compare per la prima volta con Pitagora, ma è con Platone e Aristotele che vengono indicati i primi filosofi. - Secondo Platone i primi filosofi sono Parmenide ed Eraclito - secondo Aristotele è Talete. La questione centrale alla base della filosofia è il “PRINCIPIO”, quindi l’origine. COSA E’ LA FILOSOFIA? E LA RIFLESSIONE SUL SENSO DELL’ORIGINE La filosofia è comunemente indicata come una creazione tipica del genio greco. Stando ad Aristotele e Platone i primi filosofi si sono presentati nell’Asia Minore e nella penisola italica, in zone in cui c’era più libertà; tra 7 e 6 secolo a.C. Vi è incertezza nella data, poiché il termine probabilmente compare per la prima volta con Pitagora, ma è con Platone e Aristotele che vengono indicati i primi filosofi. Successivamente si svilupperà in Greca con Socrate. La questione centrale alla base della filosofia è il “PRINCIPIO”, quindi l’origine. Per comprendere il senso delle origini, c’è un di più dichiarato ed uno velato:  DICHIARATO: cioè “l’idea che la Filosofia nasca dalla meraviglia” cioè dallo stupore davanti a cose che altri (popoli, individui), davano per scontate non dando o cercando una spiegazione che si spingesse alle «Origini», ad un senso di unità della molteplicità delle cose stesse. Tutti gli uomini da sempre hanno cercato di conoscere. Gli uomini hanno cominciato a filosofare grazie alla meraviglia.  VELATO: essa si qualifica come una ricerca di «ponti» (metaxy), intermediari per dar «senso». Simone Weil (filosofa contemporanea di cui sentirete parlare) afferma che la vocazione dei greci è esprimere la distanza tra la miseria umana e la trascendenza divina, per colmare tale distanza io greci hanno ricercato i metox, ponti tra la molteplicità delle cose e la nostra unità, ogni tentativo di unità ci restituisce dei metox.  I greci erano consapevoli dei propri limiti e tale consapevolezza li portava a superarli, ed era un'esperienza di dolore, dolore per l’impossibilità di tenere insieme la molteplicità. Prometeo ne è un esempio.  La posizione di Parmenide, che nega l’esistenza dei particolari, dice che non c’è un’origine ma semplicemente “l’essere è ed il non essere non è”, l’universo non inizia da qualcosa ma è da sempre. La filosofia è nata opponendo il logos (λόγος) al mythos (μύθος), il pensiero razionale alla tradizione mitologica. Questa è una tesi storiografica molto diffusa, sostenuta già dagli stessi filosofi greci. In Grecia le due parole avevano significati simili:   I miti narravano le origini del mondo e degli dèi, le loro storie e le vite degli eroi.  I filosofi all’inizio pensavano che tutti i fenomeni naturali fossero voluti dalle divinità. Successivamente, ci fu il passaggio a logos, poiché essi sentivano la necessità di dare un senso alla propria vita, così cominciarono a ragionare. Infatti, i primi filosofi si ponevano domande sulla physis e sull’Arché, sulla matematica e i numeri, sull’essere e sulla conoscenza. Probabilmente ciò che ha spinto l'uomo a compiere indagini su “chi è l’uomo”, sul “perché della vita” è stata una sorta di trauma che si avverte quando si è meravigliati dinanzi a qualcosa di mai visto prima. L’uomo si pose per la prima volta le domande sui fenomeni naturali per ciò alla base della filosofia vi è lo stupore/la meraviglia. E’ dalla meraviglia/dallo stupore che si passa all'indagine. Aristotele afferma che tutti gli uomini per natura sono protesi alla conoscenza, il che qualifica OGNI uomo. gli uomini non esercitano la filosofia per scelta personale ma poiché per natura pensano, il pensare va avanti costantemente, fare filosofia è un’attività costitutiva del soggetto umano. La meraviglia quindi genera logos. Gli umani hanno deciso che fosse possibile riflettere sull’unità, non ci sarebbe scienza se non ci fosse stata la visione sull’intero.  Gli antichi hanno pensato l’essere, un pensiero universale che tiene dentro i particolari.  IL RAPPORTO TRA INIZIO-INIZI E’ importante fare una distinzione tra inizio ed inizi o IL PROBLEMA DELL’INIZIO: riguarda la questione della natura della filosofia (qual è l’oggetto della filosofia), come la filosofia sia scienza - quindi il passaggio da mito al logos - ma anche la questione di un pensiero che è capace di pensare al mondo sensibile a partire dal proprio pensare. o IL PROBLMEA DEGLI INIZI: ciò che indichiamo come un luogo preciso in cui la filosofia ha avuto inizio. - gli inizi seguendo Aristotele hanno origine nel VII secolo con Talete - gli inizi seguendo Platone hanno origine nel IV secolo con Parmenide. Occupandosi delle origine della filosofia è importante porci il problema del momento iniziale dal quale poi seguiranno vari periodi e classifiche. IMMAGINI E DEFINIZIONI DELLA FILOSOFIA (CON RIFERIMENTO A PLATONE E ARISTOTELE): DUE MODELLI ALTERNATIVI? Il termine stesso Filosofia indica “amore per il sapere”, è stato originariamente attribuito a Pitagora. Tale espressione suggerisce da subito una apertura di carattere religioso e precisamente indica che se la Saggezza (Sophia) è propria soltanto di Dio, l’uomo può soltanto desiderare (amare) di avvicinarsi ad essa, ma senza mai possederla pienamente. Nei Greci, non c’è mai un divorzio tra la filosofia come attività intellettuale e la sua incidenza sulla vita pratica e morale. Anzi, a filosofia è per sua essenza e originariamente pratica e riguarda la morale, in quanto si interessa della massima aspirazione dell’uomo. Platone identifica come primo filosofo  Parmenide ed Eraclito; mentre Aristotele identifica Talete ed i naturalisti. Nonostante un pensiero diverso, Platone ed Aristotele sono stati due grandi autori Che hanno dato due definizioni differenti della filosofia:  per Platone filosofia significa discussione dialogica  per Aristotele significa ricerca delle cause Secondo Aristotele «Tutti gli uomini per natura desiderano conoscere» . Infatti, all’interno dell’opera “ Metafisica 1” afferma che «La filosofia è ricerca delle cause e dei principi primi». Per Aristotele Talete [è l’] iniziatore di questo tipo di filosofia, il quale crede che quel principio sia l’acqua. Per il filosofo, ci sono 4 cause che possono dirci tutto quello che serve sapere su qualsiasi cosa.   1. Causa materiale: si tratta della materia di cui è fatto qualcosa. Ad esempio una statua può essere fatta di marmo. 2. Causa formale: sempre nel caso della statua, si tratta della sua forma.   3. Causa efficiente: la statua non esisterebbe se non ci fossero scultore e scalpello.   4. Causa finale: lo scopo per cui la statua è stata creata. Le statue dei filosofi, ad esempio, sono state create per celebrarne la grandezza.. In Platone (a differenza di Aristotele)non c'è una definizione precisa di filosofia, ed anzi sembra, in contesti diversi attribuire alla filosofia significati diversi: a) La filosofia insegna a ragionare b) La filosofia come ricerca sull’Essere c) La filosofia come Dialettica Platone ha sempre considerato la dialettica come la tecnica propria della filosofi. Per Platone lo scopo della filosofia era per lo più di tipo politico; poiché il filosofo proveniva da una famiglia aristocratica e si sentiva la vocazione della politica quindi di occuparsi del governo della sua città. Infatti, voleva creare una polis ben governata. il termine politica viene dal termine polis quindi città politica ma soprattutto socraticamente politica significa educare i cittadini al bene quindi era una politica etica. socraticamente per fare il bene dobbiamo conoscerlo quindi per Platone si forma il problema di formare una classe di governanti che sappia cosa sia il bene: ecco perché ci sono i filosofi al governo, gli unici che conoscono e sanno dare una risposta alle domande che Socrate poneva ai suoi concittadini “che cosa è la virtù?”. Nell’indagine filosofica Tra Aristotele e Platone c'è un punto di rottura, infatti per Patone l'indagine filosofica parte dall'universale per arrivare al particolare mentre per Aristotele parte dal particolare per arrivare all'universale. Nonostante ci siano distanze tra i due filosofi, entrambi appartengono alla scuola di Atene(come abbiamo visto nell'opera di Raffaello) RAPPORTO FILO E STORIA DELLA FILO: I filosofi sono coloro che fanno la storia della filosofia, i quali non leggono la storia della filosofia solo come una racconto, come direbbe Hegel “la filastrocca di opinioni”. I filosofi leggono la storia della filosofia per fare filosofia, facendo filosofia e raccontando qualcosa che non racconta semplicemente ma è un orizzonte di senso, quello del filosofare e del pensare I filosofi non si interessano tanto ai dati della vita ma alla sincronicità di un pensare che non ha tempo. Di congruenza nella filosofia non c’è un pensiero che supera l’altro in maniera definitiva; ma proprio perché ci occupiamo delle cose ultime, le soluzioni del passato tornano ad essere attuali, perché restituiscono senso anche se in maniera disorientata alla complessità interna, che non è capace di leggere il suo presente. Il contemporaneo non è capace di dare senso a quello che sta facendo perché c’è bisogno di uno sguardo esterno, che molte volte vien dal passato. Parlare degli inizi della storia della filosofia, significa già presupporre l’idea di un percorso storico che si presenta quanto mai difficile perché quelli che indichiamo come primi filosofi non si qualificarono mai da soli come tali e come iniziatori di un nuovo genere di sapere, bensì altri, dopo di loro, attribuirono questo merito. Precisamente  la base solida attraverso la quale conosciamo i Presocratici è rappresentata dagli scritti di Platone e Aristotele che oltre a indicare importanti informazioni sui primi filosofi, ne ricostruiscono il pensiero argomentando ancora filosoficamente e considerandolo da una prospettiva propriamente filosofica. Già questo dice quanto il nesso filosofia storia della filosofia sia particolarmente forte: è definendo la filosofia che ne posso fare la storia ma è anche nella storia della filosofia che un pensiero trova un fondamento. È particolarmente significativo il riferimento ad Aristotele. Egli non è soltanto una delle fonti, delle testimonianze più prossime ai pensatori che comunemente indichiamo Presocratici, ma nel I libro della Metafisica, Aristotele propone un primo excursus filosofico, in qualche modo una prima storia della filosofia. Possiamo ricostruire percorsi storico-filosofici, elenchi di filosofi che si sono occupati di specifici temi, anche dagli scritti di Platone. Tuttavia soprattutto l’excursus Aristotelico resta in qualche modo riferimento fondamentale per la Storia della filosofia. In esso si mostra chiaramente, sebbene non consapevolmente posto da Aristotele stesso, il problema del nesso filosofia-storia che troverà adeguata trattazione soltanto nella filosofia moderna.  RAPPORTO MITO E LOGOS, SIGNIFICATO E SENSO DEI DUE TERMINI Il mito ed il logos sono due modi di raccontare differenti poiché entrambi significano “racconto”.  LOGOS: E’ un discorso argomentato e costruito su base logica: chi usa il logos cerca di mettere insieme i fatti in rapporto causa-effetto o di analizzar la realtà.  MITOS: si basa sulla connessione di fatti e non di metterli su un rapporto logico. In generale il mito rispetto al logos è connotato negativamente: “racconto” una favola inventata ed ha in se l’elemento della SEDUZIONE. IL logos non si pone il problema di creare piacere nell’ascoltatore perché sono fatti veritieri. MITO Nel 700’ con l’illuminismo il mito è un oggetto ermeneutico: cioè deve spiegare la sua origine. Gli autori/ filosofi dell’epoca avevano un’accezione negativa, che appartiene allo stadio primitivo ed è espressine di popoli non acculturati: se io devo credere nel mito significa che non ho gli strumenti per spiegare la realtà. Ad un certo punto si crede che all’interno di loro devono avere delle verità importanti, nonostante creano una contrapposizione tra logos e mito, credendo che i popolo primitivi e non acculturati usassero il mito; mentre i popoli ricchi di cultura si basassero sul logos. I primi miti nascono  per raccontare degli episodi che riguardano la fondazioni di alcune città  Per identificare dal punto di vista culturale l’origine di un popolo e molto spesso sono legati al corso d’acqua perché le prime civiltà (Mesopotamiche) si incidevano vicino ai fiumi Quindi, alle origini nasce come racconto eziologico che spiega l’origine di determinati fenomeni -I primi miti nascono intorno ai primi centri abitati che raccontano le vicende che riguardano la loro origine e storia. In Grecia coloro che raccontavano i miti erano:  Le donne: che raccontavano le fiabe. Platone ci dice che le figure femminili hanno un ruolo importante. Le favole sono animate da streghe o principesse, contese da uomini che non hanno una grand figura mitologica. La tradizione del mito nel mondo antico è affidato alle donne  I poeti: componevano un canto improvvisando di fronte al pubblico. I miti sono stati raccontati da essi perché si accompagnavano con dei strumenti musicali, quindi attraverso un ritmo. Questo per gli antichi rappresentava la loro superiorità dal punto di vista religioso: c’è un Dio che ti aiuta. Il poeta diventa colui che conosce la VERITA’ e che conosce il modo di raccontarla, tanto che non possono essere messi in discussione. Inoltre, i miti sono riconducibili a luoghi di una relazionalità: 1. Orizzontale: i miti sono considerati come gli intermediari tra l’uomo di oggi (e quello di ogni epoca) e il suo passato 2. Verticale: i miti sarebbero gli intermediari tra l’uomo e la sua origine trascendente  La filosofia è nata opponendo il logos (λόγος) al mythos (μύθος), il pensiero razionale alla tradizione mitologica. Le domande dei primi filosofi erano molto diverse dalle domande alle quali rispondeva la tradizione mitica.  I miti narravano le origini del mondo e degli dèi, le loro storie e le vite degli eroi.  I filosofi all’inizio pensavano che tutti i fenomeni naturali fossero voluti dalle divinità. Successivamente, ci fu il passaggio a logos, poiché essi sentivano la necessità di dare un senso alla propria vita, così cominciarono a ragionare. Infatti, i primi filosofi si ponevano domande sulla physis e sull’Arché, sulla matematica e i numeri, sull’essere e sulla conoscenza. Probabilmente ciò che ha spinto l'uomo a compiere indagini su “chi è l’uomo”, sul “perché della vita” è stata una sorta di trauma che si avverte quando si è meravigliati dinanzi a qualcosa di mai visto prima. L’uomo si pose per la prima volta le domande sui fenomeni naturali per ciò alla base della filosofia vi è lo stupore/la meraviglia. E’ dalla meraviglia/dallo stupore che si passa all'indagine. 10 OTTOBRE I PRIMI FILOSOFI e la fase NATURALISTICA La prima fase del pensiero antico è centrata sulla natura. Con i Sofisti (Protagora, Gorgia, Prodico e Ippia.) e poi con Socrate inizia la fase più umanistica della storia della filosofia. Questa è una distinzione vera fino ad un certo punto, poiché anche la fase cosiddetta naturalistica (i presocratici: anche se non tutti sono vissuti prima di Socrate, come Democrito che è suo contemporaneo) si sono occupati dell’uomo, ma di essi conosciamo molto poco. Infatti viviamo di opere frammentarie e di testimonianze su di loro di 2 grandissimi autori: PLATONE e ARISTOTELE. Essi sono due grandi filosofi, che hanno dato due diverse “definizioni” della filosofia:  Platone come discussione dialogica ed  Aristotele come ricerca delle cause; ma sono stati importanti anche come raccoglitori di opinioni altrui sulle dottrine dei pensatori precedenti. 1)LA SCUOLA DI MILETO TALETE -Ma qual è la differenza tra Omero, Esiodo, anche i quali si erano occupati delle origini, ed Talete? Talete sostiene che la physis, cioè il principio di tutte le cose, l’origine è l’ACQUA. L’acqua è il principio perché senza di essa non c’è vita. Tutto ciò che vive è “umido”, quando qualcosa va incontro alla morte, diventa secco. Anche Omero diceva che la Terra è circondata dal fiume ed oceano, ma mentre poeti come Omero ed Esiodo raccontavano (il mito è la narrazione, il racconto) senza dare prove, dimostrazioni; senza spiegare il perché. Talete invece, ragione sugli eventi che vuole spiegare, desume delle cose da ciò che osserva e spiega il perché. Di conseguenza Talete non è un poeta, ma è il primo fisico/fisiologo/teologo: il primo che si pone criticamente il problema dell’origine di tutte le cose. (Aristotele dice che Talete reputa l’acqua come il principio di tutte le cose, attraverso il fatto che essa è una fonte di vita. Poiché dove non c’è l’acqua una cosa non accade). -Inoltre Talete era anche un matematico, un geometra e si è occupato della legislazione della sua città, Mileto, sulla costa dell’Asia minore. Città ricca di traffici, commerci, infatti la filosofia nasce in un ambiente prospero, dove ci sono le condizioni per poter esercitare una vita culturale. Dalla scuola di Mileto provengono 3 filosofi importanti: Talete, Anassimandro e Anassimene. Tutti e 3 erano inseriti anche nel contesto socio-politico, erano parte attiva e non era gente che si estraniava dal suo contesto ma che si “sporcava le mani”. (Sono la testimonianza di una ricerca libera da scopi pratici e che si preoccupa di trovare un senso all’insieme delle cose. ) -Tra le caratteristiche che Aristotele, individua della filosofia, aggiunge che la filosofia è un sapere che non ha scopi pratici. Non serve a costruire ponti quando crollano, non serve a cambiare il clima… A. intende dire che non risolve problemi pratici dell’oggi, anzi lui fa notare che la filosofia nasce dopo che i problemi del vivere quotidiano (mangiare, dormire, pulire, comprare il telefono) si sono risolti. Quando si sono risolti i problemi del superfluo (il telefono dell’ultima generazione) e ci siamo tolti tutti gli sfizi, si comincia a fare filosofia. Questo significa che: -fino a quando non si sono risolti questi problemi, non si fa filosofia -ma anche dopo che noi abbiamo risolto i problemi quotidiani ed i problemi del superfluo, c’è sempre un bisogno ed un qualcosa che manca. Non possiamo fare a meno di interrogarci sul senso del nostro esistere. Lo scopo della vita dell’uomo non è stare bene ed avere il superfluo, ma c’è sempre qualcosa che non è soddisfatta. Di conseguenza le condizioni di prosperità sono condizioni necessarie ma non sufficiente. Certamente il mondo Greco era ricco di prosperità, ma la filosofia rispondeva a dei bisogni diversi e non nasceva dall’interesse. Talete veniva “giudicato” dai suoi cittadini perché era un persona che sapeva molte cose, ma era un poveraccio e di conseguenza il suo sapere non lo aveva fatto arricchire. Talete fece notare che lui avrebbe potuto arricchirsi se avesse voluto, ma semplicemente non gli interessava. Con i suoi calcoli astronomici scoprì che ci sarà una raccolta di olivi e decise di affittare tutti i frantoi dell’Asia. Tutti quindi dovevano andare da lui e in questo modo dimostrò che se voleva poteva arricchirsi. Proprio questo evidenzia il fatto di come la filosofia non abbia scopi pratici. ANASSIMANDRO E’ il primo filosofo dal quale è stato conservato un frammento ed è stato il primo ad aver usato il termine ARCHE, cioè principio da cui hanno origine tutte le cose. Contrariamente al suo maestro (Talete) ritenne che il principio non fosse l’acqua, perché archè è ciò da cui hanno origine tutte le cose e non può essere una delle cose stesse, un determinato elemento e qualcosa di definito, bensì individua come principio qualcosa di indeterminato, illimitato, infinito: l’APIERON. Quindi questo principio, per Anassimandro non si indentifica con un principio fisico (acqua, aria, fuoco), ma si indentifica con un qualcosa che non ha limiti. -Inoltre l'apeiron, non avendo né inizio né fine, è al di fuori del tempo, poiché il tempo appartiene al mondo delle cose che nascono e muoiono. Per Anassimandro tutto nasce e tutto ritorna a questo principio. Questa concezione ammette una ciclicità ed una periodicità. -Inoltre non si cerca solo l’origine di tutte le cose, ma si dice anche che ciascuna realtà che esiste quando inizia ad esistere, per caso, toglie spazio a chi esiste già?  tutto questo viene detto direttamente da lui, all’interno del frammento. -Questo 1 principio, in quanto tale è anche un “Dio”, che non ha nulla a che vedere con il Dio di Omero, ma è un Dio impersonale, non ha caratteri della persona. ANASSIMENE Anassimene è discepolo di Anassimandro e anche esso nasce a Mileto. Mette come primo principio l’ARIA: è un qualcosa di naturale ed allo stesso tempo di infinito. Per gli stessi motivi attraverso i quali Talete poneva come primo principio l’acqua. Se proviamo a togliere l’aria cosa succede? Essa non è solo il respiro, ma nel senso che la stessa anima dell’uomo era intesa probabilmente come un SOFFIO vitale. (animo: animus deriva dal Greco che significa soffio/vento). L’animo per gli antichi era il soffio vitale, il vento vitale. Dentro di noi c’è un soffio vitale che ci tiene in vita: l’anima. -L’aria è dotata di movimento ed attraverso 2 processi, è in grado di assumere forme diverse: Condensazione…dà origine all’acqua e poi alla terra. Rarefazione…dà origine al fuoco. _____________________________________________________________________________ 2)I PITAGORICI Nella stessa epoca della scuola di Mileto(VI e VII secolo),sulla costa Occidentale della Magna Grecia, a Crotone, sorge un altro tipo di filosofia. I Pitagorici sono un gruppo e vengono chiamati così e non singolarmente, ma lavorano in comune. Il fondatore di questa scuola è Pitagora, ma sono conosciuti da tutti con il nome di Pitagorici e vengono identificati per il loro lavorare in equipe, e dove non emergono delle individualità, ma è un lavoro comune. I Pitagorici non erano semplicemente una scuola filosofica, ma erano un partito politico, una setta; tanto che prendono il potere politico a Crotone, dove c’era Pitagora. Essi non si fanno amare infatti vengono uccisi la maggior parte, tanto che Pitagora scappa e va in un’altra scuola a Metaponto (in Basilicata). Da qui nascono varie scuole Pitagorici, come anche a Taranto, la quale è governata dal gruppo di filosofi. -Le caratteristiche della scuola Pitagorica: 1) Lavoravano in comune 2) Avevano l’aspetto di una setta. In cui l’insegnamento veniva trasmesso in maniera iniziatica e segreta. C’erano 2 livelli di discepolato: coloro più introdotti nella scuola e gli ascoltatori che sapevano la metà degli altri. 3) Si dedicarono per primi alle scienze matematiche: Teorema di Pitagora. Ma ci sono tanti teoremi che hanno fatto progredire altre discipline che hanno alla base il NUMERO (geometria, musica). Il numero diventa la physis, la natura di tutte le cose, la radice. Individuano il numero come principio, come causa. I Pitagorici hanno un modo di ragionare ARCAICO, cioè hanno un modo di vedere e rappresentare la realtà diverso dal nostro. Per i contemporanei dei Pitagorici era normale identificare il numero con una figura geometrica, quindi il 3 con un triangolo; il 4 con un quadrato. Quindi rappresentare concretamente la dimensione numerica, laddove noi pensando ad un numero pensiamo qualcosa di astratto; per loro era normale rappresentare il numero con una figura geometrica, quindi con dei sassolini. -Quindi dire 4 significava già indicare uno spazio, di conseguenza molto probabilmente quando essi pensavano al numero come principio di tutte le cose, non intendevano che i numeri generassero le cose, ma che piuttosto i numeri erano la STRUTTURA NASCOSTA delle cose. Da cosa nasce questa nuova considerazione? Secondo i Pitagorici, occorre andare oltre la ricerca qualitativa per cogliere gli aspetti quantitativi della realtà: la forma, l'altezza, la profondità, il peso. Ciò che accomuna tutte le cose infatti è che sono tutte misurabili e riducibili a numeri o relazioni tra numeri . (un sasso ha una lunghezza, una larghezza, un peso; i moti dei corpi celesti corrispondono ad un ordine, ad una regolarità, traducibile in rapporti numerici). Quindi si sono resi conto che nella natura i fenomeni come le stagioni, i ritmi biologici, i tempi di incubazione del feto della madre, la struttura armonica della musica; riposano/ricade sui numeri, cioè su qualcosa di ordinato e misurabile . Per questo il mondo è detto dai pitagorici “cosmo”, in greco kosmos, cioè “ordine” matematico. < -Quando Aristotele dice che “la filosofia è scienza delle cause” e quindi cerca di conoscere le cause; questa parola causa indica ciò che determina il verificarsi di una cosa. (es: la causa del bollire dell’acqua è il calore). A. quando parla di causa, parla al plurale; per capire le cause che determinano un dato avvenimento. Infatti per Aristotele sono 4 le cause che possono dirci tutto quello che serve sapere su qualsiasi cosa. (quante sono le cause di un tavolo?) 1. CAUSA EFFICIENTE: chiamata anche PRINCIPIO DI SPIEGAZIONE: ciò che mi aiuta a capire la natura di una cosa, il perché. (chi lo ha fatto? Il falegname.) 2. Ma per capire la natura del tavolo ho bisogno di sapere di che cosa è fatto il tavolo: CAUSA MATERIAE (di marmo, di legni): questo mi aiuta a capire la natura del tavolo, il senso e se posso trasportarlo da sola o mi devo far aiutare, se posso mettere un peso sul tavolo o no. Quindi per capire la natura del tavolo non mi basta sapere che lo ha fatto un falegname, ma anche di che materia è fatto. 3. Ma devo anche conoscere la CAUSA FORMALE, cioè il PRINCIPIO INTERNO: la struttura interna. 4. E inoltre la CAUSA FINALE, a che scopo?: a che cosa serve? Per A. è la cosa più importante ed è fondamentale per capire un certo fatto. Il motivo per cui, il fine, il perché. Questo è importante soprattutto nel campo dell’etica, dell’agire umano; ma anche nel caso del tavolo. Perché è stato fatto un tavolo? Per poggiare un vaso di fiori. Quindi il concetto di causa per A, comprende un ambito di significati più ampio di quello che noi diamo. < Il mondo agli occhi di Pitagora e dei suoi discepoli non era una cozzaglia di fenomeni disordinati, ma rispondeva ad una serie di regole, aveva un’armonia perché i fenomeni rispettavano delle proporzioni, erano misurabili e riconducibili al numero. Il numero è la struttura portante della realtà perché il mondo in cui è fatto il cane, l’albero corrisponde ad una regola, all’ordine. Quindi il numero rappresenta la struttura interna. I numeri erano la chiave interpretativa di tutti i fenomeni del cosmo. -Il numero aveva una natura divina e quindi si caricava di significati in qualche modo altri, tanto che i Pitagorici associavano ciascun numero ad una cosa (es: il 4 era la giustizia, il 5 il matrimonio): questa struttura numerica aveva anche una valenza che noi chiameremo simbolica, ma che simbolica magari per loro non era. Questi numeri venivano ricondotti ad una coppia pari o dispari: - 1: principio unitario Invece per E. la vera sapienza è andare oltre il punto di vista particolare, per accedere ad un punto di vista universale. Questo punto di vista universale e soggettivo lo si ricava attraverso il LOGOS. Il quale non ci isola, non ci fa sentire sapienti, ma ci fa accedere ad essa. Cosa dice il logos per E? Dice che la realtà si presenta caratterizzata da opposizioni (fame-sazietà; freddo-caldo; salute- malattia) le quali si richiamano l’una all’altra ed hanno senso solo una in relazione all’altra. Quindi la realtà è fatta di opposizioni, tutte le vediamo ma il logs deve farci capire che questi termini che si escludono in realtà sono complementari: l’uno dà senso all’altro e l’uno richiama l’altro. (solo la malattia mi fa capire il valore della salute; solo il freddo mi fa capire il caldo) Quindi la stessa realtà può essere favorevole per uno e sfavorevole per un altro (un frammento dice: l’acqua di mare è salubre per i pesci ma dannosa per gli uomini. E’ la stessa acqua ma con effetti opposti). -Il logos mi fa capire che il mio punto di vista va’ superato, considerando anche il punto di vista dell’altro. (capisco che cosa è l’acqua di mare, non basandomi solo su di me che è salata, ma anche dal punto di vista dei pesci. tutta la realtà è cosi e tutta la realtà trapassa da una posizione ad un’altra. Cosa possiamo concludere da ciò? L’esperienza di fondo che il logos ci fa cogliere è: 1) la realtà è in continuo DIVENIRE. (divenire: continuo passare da un opposto all’altro) L’espressione “Panta rei”, che significa “tutto scorre”, non è mai stata pronunciata da Eraclito ma è così che lui vede la realtà. Tutto cambia e tutto si trasforma. Questo ce lo fa capire i sensi (l’albero oggi ha le foglie, domani non ci sono più. L’albero vero è quello mdi oggi e domani insieme). -Quindi il logos vuole farci capire che la realtà è un divenire/mutamento costante; ma gli opposti (si foglia, no foglia) sono complementari, poiché io non posso dire che l’albero ha o non ha le foglie. -Cratilo, discepolo di Eraclito dice “non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume”. Quindi nella realtà ci sono momenti che si susseguono, ma sono l’uno in relazione dell’altro. Il logos ci fa veder lo SCORRERE come legge e non i punti singoli dello scorrere. Il logos ci fa anche capire che questo divenire è in realtà la LEGGE delle COSE, perché noi dobbiamo capire che sotto i singoli momenti c’è un fluire continuo che è la legge del mondo. Il logos è il PRINCIPIO, il principio è il movimento. Perché Eraclito parla del FUOCO? Il fuoco è l’elemento più cangiate, un cambiare continuo, esprime il movimento continuo e la complementarietà tra opposti. Il fuoco rappresenta il movimento, è l’elemento che in natura fotografa questo mutamento. Il fuoco di che cosa vive? Vive attraverso la morte della legna: SE NON CI FOSSE LA MORTE DI QUALCOSA, NON CI SAREBBE LA VITA DI QUALCOS ALTRO. Quindi vita e morte sono complementari tra di loro. (vita-morte) Il FUOCO è il LOGOS, il PRINCIPIO. -Quindi esso è anche il Divino. Per Talete il divino è l’acqua, per Anassimene è l’aria, per i Pitagorici è il numero. Ma cosa è il Divino? Questi principi sono materiali o immateriali? Aria, acqua, numero, fuoco sono tutti MATERIALI e anche Aristotele parla di una causa materiale. Ma, per i cosiddetti Presocratici non era così, perché il loro modo di pensare era ARCAICO, con idee diverse dalle nostre e soprattutto perché al tempo non avevano la distinzione tra materiale e immateriale. -Il 1’ autore che distingue i due piani è Platone con il mondo delle idee, che sono la realtà altra del mondo delle idee. Quindi questi autori non avrebbero saputo rispondere alla domanda. Quindi cosa consideravano per Divino? Gli Dei di Omero sono personaggi, presenti nei poemi e che sono molto simili agli uomini: rubano, tradiscono… ma la differenza è che non nascono e non muoiono, tanto che Omero li chiama IMMORTALI. -Per il mondo Greco e per i Presocratici, sono Dei, quindi Divini tutte quelle realtà che non nascono e non muoiono: il mondo, i pianeti, le stelle. Tutto ciò che ha come caratteristiche il non nascere e il non morire è il DIVINO. (Il mondo ebraico-cristiano ci ha abituato ad un monoteismo, quindi c’è un solo Dio. Per i Greci è Divino tutto ciò che non nasce e non muore, quindi anche l’anima umana che è eterna. Anche Aristotele parla di un “Dio” cioè il motore immobile, è uno tra tanti ma non è l’unico.) Il fuoco è divino perché il fuoco come immagine del divenire, cioè come elemento che mi fa vedere che tutto si trasforma attraverso la morte e la nascita continua. Il fuoco è vivo fino a quando viene alimentato, ma c’è la morte della legna. Il mondo si trasforma, cambia ma è eterno, c’è sempre stato e ci sarà sempre. Tutto si trasforma senza una finalità? No, la finalità c’è. Tutto sta insieme, tutto trapassa dalla vita alla morte e viceversa. (l’acqua evapora e si trasforma in aria, l’aria si trasforma in acqua, scende sulla terra….) All’occhio dell’uomo comune è un movimento senza senso, invece per colui che sa guardare alla luce del logos questo acquista un senso e se non tengo tutto unito, non capisco nemmeno il senso. (Quando questi filosofi, autori scrivevano i loro pensieri non pensavano di essere nostri contemporaneo, ma era contemporaneo di suoi tempi. Quindi dobbiamo pensare nel loro modo, non nel modo di ragionare ad oggi.) -Eraclito ci sorprende proprio per la capacità di andare aldilà del punto di vista ingenuo. (il punto di partenza per E, è il movimento) 4)LA SCUOLA ELEATICA Elea è una città, che esiste ancora ad oggi e si trova in Campania. Intorno alla scuola di Elea hanno ruotato molti personaggi, ma la figura principale è quella di Parmenide. La caratteristica della scuola è sicuramente la STABILITA’. Anche qui c’è la contrapposizione tra punto di vista della ragione e punto di vista dei sensi. Ciò che la ragione ci fa vedere non è il divenire, ma la stabilità, il NON DIVENIRE. Ciò che caratterizza la ricerca filosofica di questi autori è la ragione, ma con esiti differenti. -Altro personaggio della scuola è SENOFANE: Senofane nasce a Colofone, città dell’Asia minore. Un giorno decide di viaggiare e arriva in Campania, dove partecipa alla formazione di Elea. Senofane è importante perché dai suoi frammenti emerge una critica molto acuta e molto profonda dell’immagine che i Greci comuni aveva degli Dei e ciò che S,. vuole criticare dell’immagine comune, (comprende anche Omero) è la concezione ANTROPOMORFICA. Cioè gli Dei di Omero sono degli uomini immortali, ma fanno le stesse cos e che fanno gli uomini. -Quindi S. crede che non si possa pensare il Divino in questo modo, perché se il Divino è altro, non possiamo dipingerlo a nostra immagine e somiglianza. In un suo frammento dice “se i cavalli o i buoi avessero le mani, si rappresenterebbero gli Dei con la chioma”. Senofane dice “se Dio è Dio non deve essere pensato come uomo”. Quindi come va pensato il Divino per Senofane? Se il Divino è immortale, non nasce e non muore, va pensato come qualcosa che non si trasforma, come qualcosa che non si arrabbia, che non si innamora come gli Dei di Omero; va pensato come altro dall’uomo. Quindi privo di passioni, di cambiamenti, con caratteristiche NON UMANE. Da questa critica all’antropomorfismo, cioè alla rappresentazione degli Dei a misura umana, viene fuori un’immagine IMPERSONALE del divino. E’ un tutto unitario, che non cambia, non si trasforma, non nasce e non si trasforma. E quale immagine trova Senofane? La SFERA: chiusa, compatta, senza trasformazioni. E’ probabile che Senofane pensasse alla Terra, un immagine tonda e chiusa in se stessa, compatta, senza volto. Qualche studioso ha parlato di PANTEISMO, cioè tutto è Dio, tutto è Divino. PARMENIDE E’ il personaggio principale della scuola Eleatica. Parmenide scrive un poema “sulla natura”, nella quale ci sono arrivati molti frammenti e la sua filosofia viene presentata come la rappresentazione di una DEA, la quale dice a P. che esso deve sapere 2 cose: - LA VIA DELLA VERITA’ : che è e che non può non essere - LA VIA DELL’OPINIONE : che non è e che non può essere In entrami i casi manca il soggetto perché E’ e NON E’ può essere applicato a tutto. Probabilmente Parmenide vuole dirci che, essendo anche lui un pensatore ARCAICO, dobbiamo prendere il verbo E’ nella sua semplicità. Ci vuol dire che TUTTO CIO’ CHE E’ NECESSARIO, E’ VERO. (se è necessario che io sia seduta, è vero che io sono seduto. Se mi alzo in piedi, sono in un altro modo). E che cosa è necessario? Che l’essere sia e che il non essere non sia. Questo è necessario perché l’essere si può pensare ed esprimere, mentre il non essere, cioè il nulla non si può pensare e non si può esprimere. (es: anche se parlo di un cadavere, che è il NON ESSERE dell’uomo; io devo dire che E’ un cadavere). anche per parlare di ciò che non è, devo usare il verbo è, altrimenti non potrei pensare e parlare. Quale sono le conseguenze di questo pensiero di Parmenide? Quando io dico che nasco o che muoio, sottintendo che passo dal non essere all’essere. (nasco: passo dal non essere all’essere. Muoio: ci sono e non ci sono più). Ma se non posso pensare e dire il non ?? l’essere, allora non è vero che passo da uno all’altro e viceversa; ma vuol dire che questo è ciò che i sensi mi dicono, ma la logica dell’essere mi impedisce di pensare che le cose siano effettivamente cosi. Agli occhi appare che un giorno sono ed il giorno dopo non sono, ma in realtà IO SONO e basta. TUTTO E’ e basta. L’ESSERE E’ e PERMANE SEMPRE. -Ci sono dei passaggi ma l’essere resta perché non si può pensare e parlare se non dell’essere: noi in questo momento siamo seduti, ma moriamo e nasciamo in continuazione perché dentro di noi ci sono tantissimi processi cellulari per cui ci trasformiamo continuamente, ma non si vede nulla. Quindi noi siamo. Anche quando noi non ci saremo più, sarà solo l’apparenza, c’è l’essere. -Senofane e Parmenide hanno dei punti in comune, perché anche Parmenide vede l’essere come una sfera, dove non c’è nessun cambiamento, non c’è movimento, non c’è il divenire se non in apparenza. Perché Parmenide dice che “il cambiamento è solo la superfice ma la sostanza della realtà è che la realtà non cambia”. Quindi il punto di vista di coloro che dicono che la realtà cambia, sono coloro che si fermano alla superficie. -La physis (realtà, l’origine delle cose, la natura delle cose)non cambia, non nasce e non muore, ma ci saranno dei cambiamenti sulla superfice e sono i sensi a metterci sotto gli occhi questi e non la ragione. Quindi? Quindi è necessario conciliare il punto di vista della ragione che ci dice che la realtà non nasce e non muore, con il punto di vista dei sensi che dice che però ci sono dei cambiamenti. La tesi di Parmenide ad oggi ci sembra scandalosa perché nega ciò che sembra evidente, cioè che le cose cambiano. Ha scandalizzato anche gli antichi, prima di Platone, poiché ci si è domandati: “sarà vero che la physis/ l’origine, è sempre uguale a se stessa? è l’origine di tutte le cose/il fondamento che non nasce e non muore MA è anche vero che i miei SENSI mi dicono che le cose nascono e muoiono”. -Come conciliamo le due cose? I sensi ci dicono qualcosa di vero oppure sono cosi ingannevoli? (es: il bastone immerso nell’acqua sembra spezzato. Ma non è vero che è spezzato. Quindi i sensi sono affidabili o meno?) (Ma sono cosi inaffidabili? Es: un giorno vedo uno per la strada, il giorno dopo mi dicono che è morto, che non c’è più. Quindi capisco che non lo vedo più. Questo è veroi sensi hanno “ragione”): il bastone immerso nell’acqua è spezzato, secondo i sensi poiché si E’ un personaggio di spicco che agisce ad Atene ed è amico di Pericle (piena democrazia atenese) tanto che quando Anassagora, spiega la caduta di un meteorite come la caduta di un sasso, laddove tutti i cittadini Atenesi pensassero fosse un evento Divino (frammento del cielo che si stacca e cade sulla terra), A. dice che è un frammento di niente, che si è staccato, tanto da essere accusato; ma grazie all’amico Empedocle si salva con l’esilio. -Cronologicamente, parlando è molto più vicino a Socrate, Aristotele e Platone rispetto alla filosofia Greca, dove sia Aristotele che Platone, considerano come suo contemporaneo. (Nel Fedone, importante dialogo di Platone; Socrate facendo autobiografia, dice “io cercavo di capire quale fosse l’origine di tutto, la physis e mi imbattei nel libro di uno (Anassagora) che parlava di un intelletto che tutto governa, mi sembrò un’apertura straordinaria. Questo perché non parla di acqua, fuoco, aria ma di un NOUS, cioè l’INTELLETTO. A cosa fa pensare il termine l’intelletto? L’intelletto normalmente pensa; e pensando, progetta/ fa un piano/ si pone degli scopi. Quindi dire che tutto il cosmo è governato da un intelletto ci suggerisce che il mondo ha una struttura/finalità, il mondo ha un senso e non è a caso. (secondo Democrito invece il mondo va a caso, non ha uno scopo, non ha un fine) Di conseguenza questo mi fa pensare che il mondo è un qualcosa di ordinato, c’è una razionalità nel mondo. (Socrate restò molto colpito da tale affermazione, poiché non è una causa materiale come fuoco, aria, acqua; che governa il mondo, ma è un’intelligenza). Secondo Socrate questo pensiero era molto notevole: infatti dice “come se uno mi dicesse, c’è la stessa differenza tu Socrate, ti trovi in carcere perché ti ci hanno portato le cose materiali, le gambe, le ossa.” Ma in realtà lui non si trova li per questo. La vera causa non è materiale è il PROGETTO di coloro che lo vogliono fare fuori; ed il progetto è qualcosa di pensato, governato dall’intelletto, dalla mente; quindi dal nous. -Però, Anassagora sembrava che avesse avuto questa intenzione che si ferma li. Infatti secondo Socrate, non è conseguenza, non applica questa idea che il mondo sia governato da una mente, con regolarità; ma se ne serve di un “deus ex machina”. Il deus ex machina chi era? Durante la rappresentazione della tragedia, quando la trama arrivava ad un punto nel quale non si sapeva come uscirne, arrivava un Dio che risolveva la situazione così difficile, che non era una soluzione legata agli eventi. Dio era fuori dalla trama, quindi risolve le cose in maniera del tutto straordinario, non umano. Secondo Socrate, Anassagora faceva cosi, perché prima diceva che esisteva un intelletto che spiegava il funzionamento del mondo, ma senza spiegare concretamente in che modo l’intelletto lo facesse funzionare. In sintesi, Socrate vuole dire che: Anassagora aveva avuto una grande intuizione, ma all’atto pratico non era dimostrata/argomentata e giustificata. Perché S. rimane insoddisfatto? Aristotele, nel primo libro della metafisica, fa ad Anassagora lo stesso rimprovero: bella idea, folgorazione; ma da qui non segue nulla, poiché non è dimostrata. -Anche secondo Anassagora, il mondo è un’ aggregarsi ed un disgregarsi che lui chiama SEME. La realtà è comporta da semi infiniti; non 4 principi ma infiniti semi. E’ come se dicessimo che l’1 di Parmenide si è frammentato in infiniti 1: ciascuno dei semi non nasce e non muore; che sono le stesse caratteristiche dell’1 di Parmenide. L’aggregarsi ed il disgregarsi dei semi costituisce le cose: gli animali, gli alberi, gli uomini.. tutto si compone di parti di semi. Ciascun seme è costituito da un maggioranza di qualità. (esempio: i semi di oro sono per la maggior parte composti da oro, ma non è che nella pepita di oro, ci sono solo semi di oro ma c’è terra, minerali da cui purifichiamo/ liberiamo l’oro). Quindi Anassagora ci dice che l’oro contiene semi di un po' di tutto: TUTTO CONTIENE TUTTO. Questa è una conseguenza della sua concezione Parmenidea della realtà. Poiché il non essere non può essere ci diceva Parmenide. Per questo l’oro non può non essere anche un po' di argento, zolfo, un po’ di tutto. -Ciascuno di questi semi è in maniera prevalente seme di oro, seme di terra, o qualsiasi cosa; ma tutti i semi contengono anche i semi di altro: sono degli aggregati. L’aggregazione e di conseguenza la disgregazione avviene (Empedocle ci diceva sono un processo ciclico) sotto l’azione di un’INTELLIGENZA. Questo significa che aggregazione e disgregazione non sono causali o ciclico, ma qualcosa di progettuale/razionale: cioè aggregazione e disgregazione delle componenti del mondo è retto e guidato da un qualcosa di razionale. Perciò, quella di Anassagora è una potente intuizione che intravede, nel divenire (aggregarsi e disgregarsi) un senso: le cose nascono e muoiono in maniera ordinata, razionale e non causale. -Quindi, come già aveva detto Parmenide nulla nasce e nulla muore; ma quella che noi chiamiamo così sono un unirsi e separarsi degli elementi; che qui sono i SEMI.  Frammento 17 del testo chiamato “…….. sulla natura”: “i Greci, non hanno una giusta concezione del nascere e del morire; perché nessuna cosa nasce e muore, ma ogni cosa si compone e si separa a partire da cose esistenti. Quindi, i Greci dovrebbero chiamare il nascere COMPORSI ed il morire SEPARARSI”. Ogni cosa si compone e separata da cose esistenti: l’essere/la natura/la physis/i semi non nascono e non muoiono, ci saranno sempre; ma la realtà è in movimento. Siamo sempre nel pensiero di Parmenide perché c’è l’essere e non c’è il NON ESSERE, ma c’è il tentativo di aggiungere la molteplicità: infatti l’1 diventa gli INFINITI SEMI che si uniscono e separano continuamente, i quali spiegano il divenire. Quindi NON è un’illusione ottica, c’è un movimento, che però non cambia il fatto che l’essere non nasce e non muore. -Inoltre questo non avviene a caso, ma avviene sotto la guida di un nous, il quale ci dice che questo movimento ha una sua razionalità di fondo, non causale ma ciò che si compone e scompone è ordinato.  Frammento 12: Tutte le altre [cose] hanno parte a tutto, mentre l’intelletto è alcunché di il limite e di indipendente e a nessuna cosa è mischiato, ma è solo, lui in se stesso. […] Perché è o ha più fine di tutte le cose e la più pura: ha cognizione completa di tutto e il più grande dominio e di quante [cose] hanno vita, quella maggiori e quelle minori, su tutte ha potere l’intelletto. […] E le [cose] che si mescolano insieme e si separano e si dividono, tutte l’intelletto ha conosciuto. E qualunque [cosa] doveva essere e qualunque fu che ora non è, e quante adesso sono  e qualunque altra sarà, tutte l’intelletto ha ordinato.  “il nous per poter dirigere il movimento di aggregazione e disgregazione non ne fa parte, non è coinvolto in esso, ma è una realtà SEPARATA/INDIPENDENTE/ILLIMITATA” . (A noi fa pensare ad un intelletto Divino, ma in realtà qui non c’è distinzione materiale ed immateriale.) Quindi com’era la natura di questo intelletto? Non possiamo saperlo, quindi piuttosto che immaginarlo a maniera nostra, prendiamo atto che non ci sia una risposta Anassagora non dà una motivazione, una prova di questo. (Questo frammento dice “mentre tutto è unito, mescolato l’intelletto è qualcosa di illimitato ed indipendente”) esso è solo in sé stesso. “perché esso è la più sottile/fine di tutte le cose e la più dura: ha la più grande conoscenza”. 6) GLI ATOMISTI Gli ultimi personaggi di questa fase presocratica, sono i cosiddetti Atomisti. Essi sono i sostenitori della tesi che l’essere di Parmenide/la physis/la natura non è composta dai 4 elementi, da infiniti o semi; ma è composta da INFINITI ATOMI. DEMOCRITO (considerato sia Pluralista che Atomista) Democrito è considerato il più importante di questi personaggi. -Il termine atomo di Democrito è evidente che non ha niente a che fare con la fisica contemporanea: il significato letterario di atomo è “ciò che non si divide ulteriormente”. La realtà/physis si compone di atomi. -E’ vero che Democrito, esponente più significativo dell’atomismo antico è un contemporaneo di Socrate (nascita incerta di Democrito tra 460 e 470; Socrate nasce nel 469). Democrito è un autore molto prolifico tanto che ci sono giunti moltissimi frammenti. Quindi Democrito è un presocratico “falso” dal punto di vista cronologico. Con D. tradizionalmente termina il periodo presocratico, in realtà la tradizione atomistica è durata per secoli (de rerum naturae di Lucrezio anche lui dice che la realtà è fatta di atomi). La tesi di D. è che l’essere parmenideo, non è uno ma sono infiniti atomi: i quali non nascono e non muoiono: sono i principi primi della realtà. Non sono né materiali né immateriali, poiché per questi autori queste categorie non esistono. Gli atomi sono componenti di tutto ciò che esiste: il gatto, il cane, i sassi sono fatti di atomi. Cosa li differenzia dai semi di Anassagora? Qui a spiegare l’aggregazione e la disgregazione degli atomi non c’è una ragione/un nous, ma gli atomi si muovono/aggregano/disgregano nel vuoto cosmico ad una velocità enorme, senza un piano/un progetto. (Dante dice “Democrito a caso il mondo a caso pone”: il mondo non scaturisce da un progetto, ma è un mondo governato dalla casualità. Quindi è una spiegazione di tipo MECCANICISTICA, poiché è il movimento che spiega/governa). -Lo SCOPO però è lo stesso: c’è sempre il tentativo di dare una risposta alla tesi di Parmenide (non esiste il non essere, essere non nasce e non muore e che l’apparenza del nascere e morire sono frutto di aggregazione e disgregazione) i fattori dell’aggregazione e disgregazione sono gli atomi. -Democrito distingue: o QUALITA’ OGGETTIVE: sono proprie dell’oggetto atomo. Sono valide sempre per tutti, quindi tutti i soggetti le vedono nello stesso modo (peso, forma geometrica, la figura); o QUALITA’ SOGGETTIVE: sono quelle di chi percepisce l’oggetto fatto di atomi (colore, sapore, odore)se io bevo qualcosa di dolce, se sono una persona sana la sento dolce, se ho problemi alle pupille gustative, la sento amare. Quindi possono essere percepite in modo diverse dai diversi soggetti. -Quindi la realtà di atomi si compone di entrambi gli aspetti: sia soggettivi che oggettivi.  Come sono l’etica e l’antropologia? Dal momento che vi è una concezione meccanicistica, atomistica (il mondo è a caso); l’etica e l’antropologia sono di tipo DETERMINISTICO (dove non c’è il libero arbitrio). -Inoltre non solo Democrito ci ha lasciato molti frammenti che parlano dell’uomo e dell’etica; ma quello che non resta chiaro è come mai lui insista tanto. Si può dare delle indicazioni morali: fai questo piuttosto che quest’altro, se io effettivamente POSSO fare questo al posto di quest’ altro. In un mondo deterministico, dove viene vietata la libertà; non c’è modo di fare una cosa piuttosto che un'altra. -Quindi come si possono unire questi due concetti? Democrito ci ha lasciato alcune proposizioni/precetti morali, che sono tra i più alti che il mondo antico ci abbia lasciato; come ci hanno lasciato Aristotele e Platone, ma essi consideravano l’uomo libero, quindi aveva un senso dare dei comandi ad esso. (se una persona è obbligato a fare una cosa, è inutile che gli si dica che può fare anche l’opposto). Quindi, l’ideale di Democrito è quello della temperanza/ l’equilibrio/la tranquillità interiore. Ma se gli atomi mi hanno fatto in un certo modo, come è possibile essere in un modo al posto che nell’altro? Ci sono dei frammenti di altissimo livello, che presuppongono la LIBERTA’, LA SPIRITUALITA’ e la CONCEZIONE TRA ANIMA-CORPO: tutto ciò che una concezione atomistica non può avere. mura della città sono cittadini” detto da Aristotele schiavi, donne, meteci, uomini sotto i 18 anni, contadini, artigiani non erano cittadini: non avevano diritti politici. Non tutti coloro che erano all’interno di una città erano considerati cittadini e di conseguenza non potevano decidere. Il concetto che hanno i Greci/gli Atenesi è un concetto differente rispetto al nostro pensiero. Nonostante tutti i limiti, la democrazia Atenese era un modello di avanguardia, innovativo ed unico. Stava a significare le i cittadini (non tutti) decidevano liberamente la propria vita: cioè vi erano aspetti di democrazia diretta come tribunali, assemblee popolari, consigli particolari che decidevano per elezione chi poteva andarci e chi meno. In alcuni casi, addirittura, i cittadini era eletti per sorteggio. Che cosa implica ciò? Che le persone, che godevano di questi diritti, e partecipavano all’organizzazione della propria vita, dovessero DISCUTERE/parlare tra di loro. Da qui ci fu la necessità di imparare ad argomentare, parlare ed essere efficaci nel portare i propri argomenti, quindi di convincere i propri concittadini di prendere una scelta al posto di un’altra. questo portò a considerare la città un luogo non troppo grande, altrimenti non potevano conoscere coloro che andavano ad eleggere. -Questo lo vediamo nel V secolo, ad Atene, ed è proprio questa situazione a determinare una svolta UMANISTICA perché ci vuole qualcuno in grado di insegnare a parlare, ad argomentare e fare discorsi efficaci. Quindi compaiono vari personaggi, i quali sono passati alla storia della filosofia con il termine di: SOFISTI Dal greco “sophistes?” con significato di saggio. Quindi, sofista indica colui che fa discorsi complessi e “falsi”, spacciatore di falso sapere, sapere non autentico, non genuino. Sono stati Platone e Aristotele a trasformare questo termine, i quali hanno parlato dei Sofisti, in maniera estremamente NEGATIVO, dando il termine in negativo. Questo avvenne, perché Platone intendeva distinguere chiaramente la figura e la posizione del suo maestro Socrate, dagli altri e voleva sottolineare che se Socrate era stato un saggio vero, essi distribuivano una saggezza non autentica, erano dei FALSI SAPIENTI. Quindi vi è una distinzione tra coloro che parlavano bene (Socrate) e coloro che dispensavano falsi pensieri (Sofisti) che insegnavano ad esprimersi bene a livello politico e saper persuadere, a saper convincere e a saper parlare. funzione socialmente utile, insegnare ad essere dei buoni cittadini; poiché insegnare a parlare bene era una delle caratteristiche di essere cittadino. -Proprio perché si ritenevano bravi maestri, si facevano pagare e questo Platone lo sottolinea con molta forza, poiché l’educazione tradizionale che veniva svolta sia a livello domestico (svolta dagli schiavi) che a livello pubblico era gratuita. L’idea che il sapere fosse mercificabile con un prezzo, era inaccettabile per coloro che avevano una visione tradizionale della città Greca. Ecco perché Aristotele e Platone danno un eccezione del tutto negativa di essi, i quali erano MAESTRI di RETORICA, l’arte di sapere parlare bene: la quale con i Sofisti diventa l’arte dell’inganno, per “sedurre”; ma non è una disciplina seria). (Inoltre, dobbiamo tener presente che, per il cittadino comune di Atene, anche Socrate o Platone erano Sofisti, perché spiegavano e insegnavano. Non facevano troppe differenze). -Quindi, questa definizione negativa della SOFISTICA la dobbiamo a Platone e Aristotele, ma è stato un pensiero sbagliato, poiché è grazie ai sofisti (che insegnavano all’uomo ad essere un buon cittadino)che il linguaggio/la retorica, la dialettica, l’etica, l’economia, l’antropologia (chi è l’uomo) sono entrati a far parte della cultura umana. Tutte quelle discipline che riguardano l’uomo, il suo agire, la sua vita di tutti i giorni. Perciò il ruolo culturale dei Sofisti, ad oggi è stato importante, nonostante anticamente era visto diversamente e pesò per secoli. -Platone, ha molta considerazione sui Sofisti, poiché erano molto importanti come figure sociali, tanto da intitolare le sue opere a loro, pur parlandone negativamente. (ci sono dialoghi intitolati: Ippia, uno con Gorgia, l’altro con Protagora). Svolgevano un ruolo importante, pur non essendo Atenese, poiché tutti i più importanti Sofisti, provenivano da fuori Atene, quindi non godevano dei diritti del cittadino; ma insegnavano gli altri a far valere i loro diritti politici.  Gorgia era di Lentini, in Sicilia; Protagora era di Abdera (come Democrito), tanto che secondo alcune tradizioni fu allievo di Democrito. Quindi, tutti personaggi di “periferia” che hanno trovato la loro fortuna ad Atene). Gli Atenesi avevano bisogno di loro e dei loro insegnamenti per poter essere propositivi nella politica: fare delle proposte serie . -Quindi i Sofisti erano dei personaggi, non una scuola, nonostante parliamo con un nome collettivo, ma erano un movimento. Di che cosa sono interessati I Sofisti? Per i Greci, il cittadino equivaleva all’uomo: cioè colui che contava. Mentre, coloro che non avevano questi diritto, non erano considerati tali. Questo ci fa capire in che contesto hanno operano i Sofisti: importanza della polis. Era un contesto favorevole all’attività politica: massimo splendore di Atene nel V secolo. -Grazie ad Atene, la Grecia si libera dal controllo dell’impero Cristiano, tanto che Atene acquista un valore politico (Siamo nell’età di Pericle). Tutto questo finisce con la sconfitta di Atene nel Peloponneso. Ma Atene afferma il proprio modello democratico, di cui i Sofisti sono parte integrante. Chi sono i Sofisti? (nomi) Sono molti, ma i principali sono: GORGIA PROTAGORA tanto che Platone gli ha dedicato uno dei suoi dialoghi (testi unipg) PROTAGORA E’ considerato uno dei principali autori Sofisti ed insegna agli altri ad Atene a fare politica. (poi verrà cacciato da Atene). Esso, ha lasciato molti scritti ma frammentari. In particolare un testo importante, le “ANTILOGIE”: significa “discorsi contrapposti”. In un dialogo era importante che il parere di un cittadino, risultasse più interessante/convincente dell’altro cittadino, questo perché il dialogo politico era un confronto di opinioni, tra più persone e non era un “incontro” tra pensieri. Secondo Protagora, si possono fare discorsi opposti su tutto; e per sapere quale sia il migliore, si guarda chi è più convincente, quello che ottiene più successo. Quindi l’opinione che risulta vincente vuol dire che ha portato argomenti migliori. Ma su ogni argomento si può sostenere tutto ed il contrario di tutto. FRAMMENTI di PROTAGORA: 1) Il frammento più celebre dice: “ di tutte le cose, misura è l’uomo: di quelle che sono per ciò che sono, di quelle che non sono, per ciò che non sono”. Questo frammento è stato interpretato come manifesto di relativismo: cioè non esistono verità assolute, ma che la verità è relativa a me, ciò che risulta a me verità, allora lo è. Quindi, il frammento può esser tradotto con: “è l’uomo a tradurre ciò che è e ciò che non è: che cosa è una cosa o cosa non è un’altra lo decide l’uomo”.  infatti, Protagora in altri frammenti lui dice “se io ho un senso del gusto sano e mangio lo zucchero, questo mi sembra dolce; se invece ho un gusto che non va tanto bene, lo zucchero mi sembra salato”. Per lui è salato e ciò che conta è che cosa pensa lui: senza interessarsi al fatto che non fosse così. -Questo si potrebbe interpretare in maniera meno radicale: l’uomo è misura perché non esistono delle misure superiori , l’uomo non conosce delle verità superiori, quindi dobbiamo essere noi a trovare la convinzione conveniente, proprio perché la nostra esperienza è limitata in base a ciò che fa e conosce. Semplicemente conosciamo per come possiamo conoscere, non siamo Dio, siamo limitati ma il nostro limite è anche l’orizzonte sul quale ci collochiamo. Non è possibile fare riferimento a verità più alte (volontà degli Dei o del fato) perché non le conosciamo. -Quindi Protagora, aveva probabilmente un forte senso del LIMITE (ed è da qui che nasce il relativismo): poiché “chi conosce la physis?” Gorgia farà questo tipo di critica ai Presocratici (chi ci dice che l’origine di tutto è l’acqua, il fuoco, la terra…?) perché non sappiamo nulla, quindi la misura di tutte le cose è l’uomo. Di conseguenza, in mancanza di misure assolute, l’unica misura che conta è la mia, quello che mi permette di vedere il limitato orizzonte, in base al quale noi cerchiamo di vivere; senza aspettarci grandi spiegazioni. Nella Democrazia ad Atene, tutti possono dire che il loro punto di vista è relativo a loro ed è migliore. E anche oggi, in una democrazia, il criterio che si usa quando ci sono punti di vista diversi si utilizza la MAGGIORANZA, proprio per capire quale sia il punto di vista migliore. Frammento: “laddove, c’è uno che uno pensa una cosa ed uno ne pensa un’altra, la maggioranza è quella che decide “. Quindi è un criterio appropriato per un regime di questo tipo: decide quello che è la misura della maggioranza. Quindi senza pensare necessariamente che Protagora fosse l’esempio del relativismo assoluto, possiamo pensare che Protagora si rendesse conto, che gli uomini abbiano ciascuno un loro punto di vista e che all’interno del punto di vista, essi si collocano. Ma, nonostante ciò, bisogna trovare un punto di incontro, che è proprio quello della maggioranza. -Protagora pensava una cosa del genere e può essere confermato anche alla luce di un altro frammento. 2) Un frammento chiamato “SUGLI DEI”: per i Greci, gli Dei erano parte integrante della loro concezione di polis, di cosa pensava e credeva la comunità. Perciò credere a Zeus, Poseidone, significava credere agli Dei della patria: visione identitaria. Quindi l’ateismo è qualcosa che riguarda colui che lega un aspetto della polis. In questo scritto, Protagora dice “riguardo agli Dei non ho la possibilità di accertare né che sono né che non sono, dato che a ciò si oppongono molte cose, la dell’argomento e della brevità della vita”: la vita è troppo breve e l’argomento troppo oscuro per dire se gli Dei esistono o meno. Persisto che venne allontanato da Atene: ad oggi chiamato come agnostico Se non ho argomenti sufficienti, sto zitto. Quindi i Sofisti non vanno in cerca di certezze assolute, ma vuole fornire all’uomo qualcosa di convincente, senza dei quali è un parlare a vuoto, senza essere convincenti. Sugli Dei, credeva che si fosse detto tanto, ma senza una base, per questo meglio tacere. Il cittadino agnostico era visto malissimo dalla polis, Socrate venne ucciso. Gli Dei erano coloro a tutelare la polis, quindi se non ci credi, sei un nemico della patria, non fai parte di essa, sei fuori, estraneo. Infatti cittadino era un ruolo identitario: sei cittadino di ATENE , allora credi in ciò che porta e crede esso. GORGIA Proveniente dalla Magna Grecia, più in particolare da Lentini (Sicilia). Nasce intorno al 485, secondo la tradizione pare discepolo di Empedocle, ed a sua volta maestro di importanti retori dell’antichità, tra tutti Isocrate: il quale oltre a maestro di retorica è stato avversario dell’accademia di Platone, con una sua università ad Atene. Pare sia vissuto molto a lungo, e ha girato molto nel Mediterraneo, trovando la sua fortuna ad Atene. E’ ricordato per alcuni suoi scritti, giunti a noi frammentari. In particolar modo per 2 scritti principali, i quali ci danno un’idea del suo pensiero: 1) “sulla natura” con il sottotitolo di “o del non essere” : Parmenide aveva scritto di un libro sulla natura, il quale si occupava dell’essere e la tesi che sosteneva era che “essere è e non può non essere ed il non essere non è e non può essere”. Quindi ci viene a dire che il principio di tutto/natura è il non essere. -Questo si vede molto bene in relazione a quello che sono considerati i Sofisti minori (minori perché ad oggi ci sono arrivati meno frammenti) ma erano ugualmente importanti. Essi ci aiutano a capire questo atteggiamento critico/pericoloso nei confronti della tradizioni. Esempi:  Antifonte (seconda metà del V secolo) è uno dei pochi ad essere originario di Atene e sostiene una tesi scandalosa: “il rapporto tra legge umana (la convenzione) e legge di natura è un rapporto che va tenuto ben presente, separando/chiarendo i ruoli delle due cose.” Lui dice o “per legge, i Greci sono migliori, più intelligenti rispetto agli altri: barbari”. Questo si basa su ciò che viene stabilito da noi perché per natura/per come nasciamo siamo tutti uguali. Quindi lui sostiene che la tesi che qualunque Greco dell’epoca condivideva era un’idea costruita dai Greci, per ragioni storiche, al quale non corrispondeva nulla: non c’erano delle differenze radicali tra un Greco ed un non Greco. Era solo per convenzione che i Greci si sentivano migliori, al centro di tutto e superiori agli altri.  Clizia, uno dei 30 tiranni. Chi sono? Il governo Ateniese “collaborazionista” che si instaura ad Atene al termine della guerra del Peloponneso. La guerra del Peloponneso si conclude con la sconfitta di Atene, Sparta distrugge le mura di Atene per istaurare un governo collaborazionista. Uno degli esponenti è Clizia, prozio di Platone. -Clizia faceva parte del movimento Sofista e una delle sue tesi diceva che “gli Dei non esistono, ma che gli Dei sono un’invenzione umana, inventata per tenere buona la gente, in modo che anche quando la legge non mi vede c‘è qualcuno che mi vede e mi sanziona. In una visione della polis, in cui la religione è parte integrante della vita civica e gli Dei erano parte integrante dell’identità della comunità” : un’affermazione del genere era scandalosa. Platone, inoltre gli intitola un dialogo.  Platone, nel primo libro della repubblica, parla di Trasimaco di Calcedonia ed esso afferma che “la giustizia, il giusto viene definito come l’utile del più forte”: questo significa che non esiste un giusto in se, un valido sempre e per tutti, ma che il giusto è ciò che il più forte del momento stabilisce che sia: a seconda di chi comanda cambia il giusto. Questo modo di interpretare le cose prende il nome di “relativismo dei valori” oppure un giudizio estremamente spregiudicato che ci dice che non esiste un bene comune ma che esiste un bene che cambia contenuto a seconda di chi lo stabilisce: non esistono valori di riferimento/oggettivi a cui la polis guarda. Trasimaco aggiunge che da un punto di vista oggettivo, tutte le forme di governo si equivalgono, perché non esiste un meglio o un peggio CARATTERISTICHE: 1. L’atteggiamento di questi personaggi era fortemente critico nei confronti dei valori considerati pacifici da tutti (etici, religiosi) 2. I sofisti che fossero di sinistra, di destra o conservatori, erano comunque pericolosi per la democrazia Ateniese, perché entrambi ne contestavano il valore assoluto. Quindi come venivano giudicati dalla gente comune ad Atene? Erano considerati pericolosi, quindi non ci stupiremo per il fatto che Socrate che è scambiato per un sofista è considerato un uomo pericoloso. Il suo processo è un processo di Stato, il potere si difende nei confronti di qualche cosa che viene ritenuto minacciatorio. Il movimento della sofistica era pericoloso e l’uomo come Platone era maldisposto per natura nei loro confronti. Altro personaggio è Aristofane , il quale non ha come obiettivo solo Socrate, ma tutto il gruppo di persone, che venivano visti come dei pericolosi parolai. Tutto questo ci fa capire il carattere innovativo di essi: i sofisti che inaugurano un modo diverso di fare filosofia, sono marginalizzati da Aristofane e Platone perché concentrano la loro attenzione su altri aspetti, rispetto ai Presocratici che erano nella fase naturalista. C’è un passaggio dalla natura all’ uomo e cronologicamente (V secolo) la sofistica coincide con gli ultimi esponenti naturalisti (Anassagora e Democrito) si ha l’idea di un panorama culturale che era al suo interno diversificato. SOFISTICA: complessità del movimento, carattere innovatore, allargamento culturale nel senso dei temi che favorisceDei, etica, linguaggio, politica che diventano argomento di ciò che noi chiamiamo filosofia . UGUAGLIANZE E DIFFERENZE tra Sofisti e Socrate Dai sofisti a Socrate vi è un passaggio naturale, soprattutto perché i temi sono molti simili: in particolare il tema dell’uomo. I Sofisti si presentavano come educatori dei giovani, a pagamento. Si auto-chiamavano sofisti, cioè sapienti. Pure Socrate si presenta come un educatore ma non a pagamento. Quindi tutte e due sono degli educatori, ma con caratteristiche molto diverse. Socrate, proclamava di non sapere e di sapere solo una cosa “di non sapere”. -Entrambi si rivolgevano al cittadino, in particolare Socrate si rivolgeva all’uomo che vive nella polis; poiché tutta la sua attività si è svolta all’interno della citta di Atene e a lui interessava capire chi è l’uomo. Socrate dice che “Se non sappiamo di cosa stiamo parlando, non possiamo neppure pensare di capire di che cosa stiamo parlando e nel caso dell’agire umano, di che cosa dobbiamo realmente fare” -Una caratteristica in comune è quella di educare gli uomini alla virtù, nonostante Socrate credeva che non fosse possibile educare alla virtù, senza sapere che cosa fosse. Si parla di INTELLETTUALISMO ETICO: se io non so cosa è il bene, non lo posso fare e di conseguenza chi fa il male è prima di tutto un’ignorante. Perché se sapesse cosa è il bene, lo farebbe. Se il bene/la virtù ci rende “felici” nessuno è cosi matto da fare qualcosa che non lo rende felice. Ovviamente questo atteggiamento ha dei limiti. SOCRATE Nasce ad Atene nel 469 e ad oggi ci sono state molte fonti di informazione. Esso ha esercitato nella città di Atene la sua attività, occupandosi anche di politica, si è mosso molto bene pur senza avere delle cariche importanti, ha saputo essere amico sia DI PERSONAGGI DI PARTE ARISTOCRATICA come Clizia, ma anche di PERSONAGGI di SINISTRA. Quindi un uomo di grande equilibrio e di onestà intellettuale. -Pare che da giovane, si sia interessato di questioni naturalistiche e fosse attratto dal pensiero di Anassagora, il quale in un dialogo dice che Socrate, restò molto colpito dal nous di Anassagora. Dopo di che Socrate si converte a problemi umani, chi è l’uomo e che cosa deve fare per essere un buon cittadino e virtuoso. VIRTU’: Nel mondo Greco il termine “ARETE’ “ aveva un significato sfumato rispetto ad oggi, poiché non solo indicava il termine in senso etico,(fare elemosina, aiutare una persona anziana ad attraversare la strada) ma aveva anche un significato meno etico: cioè virtù significa anche qualità, capacità, proprietà, eccellenza. Quindi l’uomo virtuoso è colui che attua/realizza le proprie capacità, vivendole in senso pieno. Quindi l’uomo virtuoso è l’uomo che vive secondo il suo livello più alto. L’uomo che va al massimo delle proprie capacità, che cerca di dare sempre il meglio di sé. Di conseguenza questo vuole dire capire chi è l’uomo. -Socrate ad un certo punto prende atto di questo e dopo aver visitato il santuario di Delfi con il tempio di Apollo dove risiedeva la sacerdotessa. Socrate si sente dire dal Dio Apollo, Dio della saggezza, che era il più saggio degli uomini: lui restò stupito poiché credeva di non sapere. Apollo è il Dio della saggezza, quindi non può raccontare una cosa non vera; infatti voleva dirgli: “Socrate è il + saggio degli uomini, poiché a differenza degli altri sa di non sapere, di conoscere, di coloro che giudicavano a colpo sicuro”. -Quindi il compito di Socrate, per cui viene paragonato ai Sofisti, diventa il compito di LIBERARLI attraverso un’ interrogazione continua, poiché non aveva nulla da insegnare loro. (Socrate si paragona ad un tafano, un moscone che non faceva altro che porre domande e demolire le pseudo-certezze dei suoi interlocutori). Il suo SCOPO era l’opposto dello scettico, il quale dubita che esistano delle verità; ma lui voleva fare piazza pulita affinché ciascuno, da solo cercasse di costruire qualche cosa. Doveva liberarsi dalle idee accolte in maniera critica dal mondo circostante: captate e fatte proprie come verità indubitabili. Lo scopo era proprio di far capire come le verità e le pseudo-certezze, potevano essere demolite. Si dovevano liberare dall’atteggiamento ACRITICO di accettazione di queste cose, perché nell’Atene del V secolo accettiamo come verità tante cose, perché ci vengono proposte in maniera del tutto autorevole. -Socrate era un educatore che voleva porre i suoi interlocutori in una condizione diversa, e cercare in maniera autonoma la verità. “una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”.  cioè un uomo che non si pone delle domande che danno un senso al proprio esistere, non è felice, buono… A che cosa ha portato tutto questo, nella vita di Socrate? Ad avere un nucleo di discepoli importanti: Platone, Senofonte.. ma anche ad avere molti nemici: questo atteggiamento critico poteva essere facilmente travisato e ad un certo punto Socrate viene denunciato ed accusato da alcuni esponenti: 1. Corrompere i giovani 2. E’ ateo: insegna l’ateismo e di conseguenza insegna a disprezzare gli Dei 3. Introdurre nuove divinità: in contraddizione con l’accusa di essere ateo. -Socrate viene portato in tribunale e nel corso di questo dibattimento, di fronte al tribunale popolare, fa la sua autodifesa e viene condannato a morte. Quindi Socrate è un martire della filosofia. Questo tipo di processo (avviene nel 399 a.C.) aveva il suo standard di svolgimento con:  L’ACCUSA  La DIFESA (Socrate si difese da solo)  Il GIUDIZIO dei GIUDICI: che ha maggioranza dicono che è degno di morire.  Inoltre, l’accusato poteva fare una sua PROPOSTA di CONDANNA: cioè proporre un’alternativa alla morte. Socrate disse di non essere degno di una punizione poiché aveva fatto ciò dato che il Dio Apollo glielo disse; mettendosi al servizio della città e facendo gli interessi dei cittadini al posto che i suoi. Quindi propose di premiarlo e di essere mantenuto a vita nel pritaneo, dove venivano mantenuti a vita e stipendiati, i cittadini che avevano fatto dei gesti buoni nei confronti della patria. Nel 399 S. muore, bevendo la cicuta con la massima serenità. (questo ce lo racconterà Platone nel Fedone) Quale problema si presenta con Socrate? Socrate ha insegnato, ha parlato ma non ha scritto nulla, perché riteneva che lo scrivere fosse un impedimento del dialogo. Lo scrivere chiude un discorso perché io se scrivo dico quello che penso ma ad un certo punto mi devo fermare. Invece il dialogo (logos) non si può mai chiudere, il discorso per essere costruttivo deve restare aperto, poiché la verità è sempre oltre. subisce subito dopo che al potere ad Atene ritornò il Partito democratico. (404 fine guerra del Peloponneso, vincono gli Spartani e si afferma un partito di destra/collaborazionista con gli Spartani/il governo dei 30 tiranni; che viene spazzato via con la restaurazione Democratica). Quindi il suo pensiero, probabilmente aveva influenzato l’accusa. E’ chiaro che le 3 accuse di: corrompere i giovani, essere Ateo ed introdurre delle nuove divinità sono una contraffazione/travisazione dell’insegnamento di Socrate. Quindi alla base di queste tre accuse vi è un atteggiamento di Socrate, ma allo stesso tempo mostrano come si stato completamente travisato. per questo S. può essere considerato un MARTIRE della filosofia: condannato ingiustamente per aver voluto fare filosofia a fronte di un contesto ed una realtà che non tollerava il suo atteggiamento. (martire: significa testimone). 2) L’altro è il “FEDONE” che descrive gli ultimi istanti di vita di Socrate; Il quale dialoga con i suoi discepoli, prima di bere la cicuta, se l’anima sia o meno immortale. SOCRATE ed il concetto di ANIMA Secondo Socrate è importante occuparci prima dei valori riguardanti all’anima. Cosa intende Socrate per “anima”? L’anima è un tema importante che abbiamo visto con vari autori: o Per l’orfismo, l’anima è una sorta di parte spirituale che deve passare da un corpo all’altro; o Per Omero l’anima è una sorta di larva che poi sopravvive in una sorta di condizione “fantasma” negli inferi, quindi non è il vero uomo, poiché esso è colui che combatte/agisce e si guadagna il valore. o Per Socrate, la contrapposizione tra corpo-anima è qualcosa di simile alla contrapposizione che vinee fatta tra “avere qualcosa” ed “essere qualcuno”. -Nell’uomo conta più ciò che si è o ciò che si ha?  la contrapposizione tra corpo e anima di Socrate pone l’attenzione su ciò che l’uomo è veramente e non su ciò che il singolo individuo possiede. -Quando S. parla di ANIMA, dicendo che i cittadini devono “prendersi cura” prima e soprattutto dell’ IO vero nostro /dell’io che prende le sue decisioni morali/della nostra personalità più profonda. Allo stesso modo anche altri valori sono importanti, (salute, onore, benessere) ma non sono fondamentali, perché se l’uomo vuole essere virtuoso e quindi felice, deve occuparsi soprattutto di questo: di chi è e non di che cosa ha. -Socrate si domanda come rendere “buono” l’uomo: L’uomo diventa buono, quanto + diventa virtuoso, quanto + diventa felice. buono, felice, virtuoso sono la stessa cosa. Tutto il resto viene in un secondo momento, i quali non servono per l’essere buoni o virtuosi. Ma è fondamentale occuparsi dell’anima. -Ciascuno di noi, per prendersi cura di se stesso (ed essere buono, felice e virtuoso) deve prima di tutto CONOSCERSI, sapere chi sia (Apollo “conosci te stesso” : cioè capisci chi sei, altrimenti non puoi renderti migliore o peggiore se non sei chi sei). La sacerdotessa le disse che era lui l’uomo + sapiente, nonostante lui credeva di non sapere: questo significa che a differenza degli altri uomini, ignoranti come lui, è consapevole e sa di non sapere. Quindi è un filosofo, il quale ama la sapienza ma non l’ha ancora raggiunta perché il vero sapienze è solo Apollo. Dal punto di vista dell’uomo, il compito al quale S, gli attribuisce è conoscere se stesso, in modo da operare su questo e potersi migliorare. -Quindi, l’ OBIETTIVO di SOCRATE è solo molto parzialmente a quello dei Sofisti, ma non è quello di formare un buon politico (convincere gli altri con discorsi efficaci), ma far sì che l’uomo diventi buono. Di conseguenza, un uomo buono sarà necessariamente un buon cittadino, ma in primis deve essere un uomo buono. >METODO SOCRATICO  L’insegnamento di Socrate in che cosa consisteva? Dal momento in cui diceva di non sapere. Per i sofisti insegnare significava trasmettere dei contenuti, Socrate non sa nulla e di conseguenza il suo compito non è quello di trasferire dei contenuti ma di insegnare qualche cosa: l’unica cosa che sa è di non sapere. E questo lo fa, attraverso il DIALOGO, si domanda che cosa è… il coraggio, la temperanza, la bellezza?. Questo metodo presuppone una situazione di dialogo, in cui due persone parlano. L’interlocutore deve essere disponibile a parlare: Socrate pone una domanda ad un interlocutore, che S. presuppone sia un esperto, poiché lui sa di non sapere; ma gli atri uomini sanno di sapere, quindi si rivolge a coloro che dicono di sapere. -S. chiede “che cos’è il coraggio?” molte volte si sente rispondere con un esempio concreto e particolare di coraggio, ma lui vuole sapere che cos’è quel tratto che accumuna tutti i casi che noi definiamo coraggiosi. Aristotele dirà che S. ha scoperto l’universale: l’elemento accomunante, quindi si potrebbe definire l’essenza/ il concetto di coraggio. Qual è l’elemento che unifica tutto questo?. Quindi S. si è posto il problema dell’universale (chiamato così da Aristotele) Quindi la sua domanda mirava a conoscere questo elemento. Dal momento in cui, tutti gli interlocutori rispondono di esempi come “affrontare il nemico in maniera impavida” S. CONFUTA l’opinione, facendo vedere all’interlocutore, che se svolgiamo fino in fondo la tesi che propone, si hanno delle contraddizioni. Attraverso le interrogazioni che S. pone, viene fuori la verità, perché non sa cosa sia il coraggio ma sa fare solo degli esempi. Non sa quale sia l’elemento unificante: se non sappiamo cosa sia il coraggio, non possiamo nemmeno praticarlo, non sappiamo se siamo o meno coraggiosi. Aristotele dirà che S. ha scoperto il METODO INDUTTIVO: il metodo che di fronte ai particolare risale al concetto che unifica questi particolari. Quando l’interlocutore si rendeva conto di non sapere, dato che le sue risposte venivano confutate, allora si era raggiunto l’obiettivo. LE FASI del METODO SOCRATICO: 1. La prima fase del metodo Socratico veniva chiamata IRONIA : cioè il parlare coprendosi, il parlare facendo finta che…  Socrate si dichiara ignorante e fa finta che il suo interlocutore sia sapiente. Proprio per questo motivo gli pone la domanda. Quindi con questa prima fase demolisce quello che una persona crede di sapere, ma che in realtà non sa e crea le condizione affinché una persona possa cercare in maniera autonoma il sapere. 2. La seconda fase del metodo chiama MAIEUTICA: cioè l’arte di far partorire la verità, perché solo quando hai smentito tutto ciò che faceva credere di essere sapienti, allora puoi intraprendere una tua ricerca della verità. Questa fase è quella dell’autonoma. Quindi Socrate ha creato le condizione per farsi che l’uomo possa crescere e porsi delle domande in maniera autonoma. Ecco perché importante dare spazio a ciò che ti consente di fare ciò, di essere te stesso e di prenderti cura di te. Vi è una conseguenza importante che riguarda la vita dell’uomo: se noi vogliamo diventare buoni e questa bontà deve riguardare l’io vero/l’anima, allora nessuno ci può fare davvero del male, perché l’io vero resta inaccessibile (uccide il corpo ma non uccide l’io interiore). -Questo si vede nel passo numero 3, dove S. dice:  “se condannerete a morte me, non danneggerete me + di voi stessi” perché la sua funzione è quello di essere fedele a quanto comunicato dal Dio Apollo, di fare ciò nella sua città; e se i cittadini di Atene se lo toglieranno di mezzo, si toglieranno la possibilità di crescere e di trovare se stessi in maniera autonomo. Socrate aggiunge “se voi uccidendo me, siete convinti di liberarvi di colui che vi impedisce di fare ciò che volete, state bene attenti a liberarvi di me perché chiudere la bocca ad una persona non significa togliere il problema che la persona rappresenta”. E continua “dopo di me ci saranno +giovani di me che faranno le stesse cose che ho fatto io e vi rimproverano per avermi fatto fuori”. -Quindi nell’uomo i valori + autentici dell’uomo, non si possono eliminare, neanche ammazzando le persone che credono in questi valori, perché l’uomo continua ad esistere con le sue domande di fondo anche se muoiono questi uomini. SCOPO di SOCRATE: Quindi che cosa voleva fare Socrate? Liberare gli uomini da una concezione mercantile della religione. Socrate non contesta gli Dei, ma il modo umano di considerare gli Dei che sono oggetto di un mercato. Socrate quindi era irreligioso, perciò è un “contestatore/eversivo” che scardina il modo assolutamente inadeguato di vivere e praticare questi concetti. -Quindi il rapporto tra l’uomo e il Dio, proprio perché l’uomo non è il Dio, deve essere vissuto seriamente, nel rispetto dell’alterità del Dio che non è al livello dell’uomo.  quindi una religione come quella che di fatto era diventata RELIGIONE POLITICA basata sui riti, sacrifici… UTILE e BUONA: Una cosa se è buona è anche utile. “Solo chi sa cosa è il bene lo può fare” quindi la virtù è il sapere, scienza. Basta sapere cosa è il bene per farlo: chi non lo fa è ignorante, non lo conosce. Poiché solo una persona incosciente può fare il proprio male. S. era convinto che soltanto chi sa cosa è il proprio bene, lo fa; nessuno fa il male in maniera volontaria se lo fa, non conosce il bene e non è autenticamente convinto. SOCRATE e la RELIGIONE Socrate aveva un pensiero dissonante, non in linea con le idee comune e nonostante l’idea di essere ateo e introdurre nuove divinità, era un uomo di una religiosità molto profonda. -Infatti, non considerava gli Dei alla maniera popolare, ma come dovevano esser considerati, cioè “altri da noi” Il problema della religione popolare, attraversa tutta la riflessione filosofica già nel mondo antico. La filosofia si è sempre posta il problema di quanto fosse accettabile, la concezione che l’uomo comune Greco aveva degli Dei: cioè una concezione che l’uomo Greco imparava sulle enciclopedie, sui testi di Omero o di Esiodo. Il mondo e la religione Greca, non aveva un “bibbia”, ma c’erano dei testi/dei poemi come omerici che erano delle enciclopedie su cui l’uomo di formava, li c’era tutto quello che l’uomo doveva sapere da tutti i punti di vista: religioso, politico, civile, etico, delle relazioni umane. Qui l’uomo si formava. (La critica che Platone fa degli Dei è importante perché non li vedeva come omero; ma nn perché Platone non credesse in Zeus, Apollo…ma non li vedeva come Omero. La concezione popolare degli Dei di omero è una religione che ci presenta essi come noi, come gli uomini. Non c’è nessuna ragione di rimproverare all’uomo di comportarsi male perché gli Dei si comportano nello stesso modo (adulteri, traditori, bellicosi uomini potenziati, la differenza è che nascono e non muoiono, sono immortali mentre l’uomo nasce e muore.) Ma dal punto di vista emotivo e caratteriale sono come gli uomini, ma fanne le cose in grande. Platone si porrà la domanda “sono davvero così? O vanno pensati e trattati diversamente?”. ) Il discorso che costruisce all’interno di essa è fondato sull’idea che le parti in cui si articola la polis, sono fatte ad immagine e somiglianza dell’anima. L'anima ha 3 aspetti: 1. PARTE CONCUPISCIBILE dell’anima: rappresenta coloro che si occupano dei beni materiali come gli agricoltori, contadini e commercianti. 2. PARTE IRASCIBILE dell’anima: essa ci aiuta a superare le difficoltà e le tensioni psichiche, è la parte combattente e reattiva. Rappresenta la classe dei guerrieri, i quali combattono 3. PARTE RAZIONALE dell’anima: essa dovrebbe governare. -Nell’anima, la ragione dovrebbe coordinare le altre 2 parti (concupiscibile e irascibile), allo stesso modo, nella polis, i filosofi dovrebbero coordinare le altre due classi (produttori e guerrieri). Ciascuna parte dell’anima ha una sua peculiare virtù:  TEMPERANZA : si trova nella parte concupiscibile ed è colei che tiene a freno i desideri e le pulsioni di questa parte  CORAGGIO : si trova nella parte irascibile, nei guerrieri.  SAGGEZZA : si trova nella parte razionale, quindi dei filosofi. -Rispetto a Socrate, l’anima è pluridimensionale, quindi questo spiega i conflitti interiori che caratterizzano l’uomo poiché non c’è solo la ragione e una virtù; ma 3 e Platone ne introduce anche una quarta: la GIUSTIZIA. Un’anima è giusta, esattamente come una polis è giusta, quando le 3 parti che compongono sia l’anima che la polis, fanno ciascuna ciò che deve fare e si coordinano tra di loro. Questa è un’anima e una polis EQUILIBRATA. temperanza, coraggio, saggezza e giustizia saranno le 4 virtù che nella storia della filosofia diventeranno le virtù cardinali. Perché spetta ai filosofi governare? Perché essi sanno o dovrebbero conoscere chi è l’uomo, quindi come si maneggia la complessità dell’uomo. > Tutto il tema dell’anima non viene affrontato solo nella repubblica o nel Fedro, ma anche all’interno della 7 epistola. Passi: “Quando ero giovane ebbi un esperienza simile a quella di molti altri: pensavo di dedicarmi alla vita politica….” Quindi era una sorta di vocazione che lui sentiva. Successivamente succedono vari eventi come i 30 tiranni che prendono il potere, restaurazione delle democrazia, la quale intenta un processo a Socrate, suo amico, accusandolo di empietà e venne ucciso. Quindi Platone capì che destra e sinistra funzionano molto male. Qual è la soluzione che Platone trova? Passi: “ GUARDA TESTO da VEDENDO fino a onesto” Quindi vede la politica come un’ingiustizia e l’unica soluzione è la CONVERSIONE alla filosofia: “continuavo ad osservare se ci potesse….. fino alla fine” -Una filosofia che si identifica con il compito di rendere gli altri migliori (compito di Socrate), cioè far capire a tutti che cosa è la virtù, il bene; ma per fare questo è necessario sapere cosa sono; per questo i filosofi devono essere al governo. DIFFERENZA TRA PLATONE e SOCRATE -Qui c’è la differenza di fondo tra Platone e Socrate, perché alla domanda “che cosa è?” Socrate non dava una risposta. I dialoghi Socratici si concludono sempre con un nulla di fatto. Platone dà una risposta a che cosa è il bene/la virtù, facendo riferimento al MONDO DELLE IDEE. Quindi Platone dà un contenuto all’insegnamento di Socrate, il quale restava senza una riposta. Platone dà una risposta, che è ciò che i filosofi dovrebbero sapere per fare bene i governanti e renderli migliori. -Ecco perché si parla di POLITICA ETICA, il quale non ha come scopo rendere potente la polis e militarmente invincibile, economicamente ricca; ma di renderla virtuosa perché una polis virtuosa sarà una polis dove tutti vivono felici e realizzati. Per fare questo, Platone introduce la strana idea che: - Deve scomparire la famiglia tradizionale, - Non deve esserci la proprietà privata, - Tutti i beni devono esser in comuni - Donne e figli devono essere in comune Questo prende nome di COMUNISMO PLATONICO e qui c’era lo scopo di vincere l’egoismo naturale, che spinge gli uomini a fare il proprio interesse e non quello della comunità; portando ciascuno ad isolarsi dalla comunità. Per Platone la polis, essendo una comunità vivente, anche i suoi cittadini che la compongono devono esser come una grande famiglia; dove tutti collaborano e hanno uno scopo comune. (non c’è una motivazione economica come il comunismo marxiano, ma una motivazione di tipo etico, vincendo gli egoismi che ognuno di noi si porta dentro) -Attraverso il superamento dell’egoismo personale si può tentare di fare della polis qualcosa di unitario e ben strutturato.  Platone crede che questa sia una grande UTOPIA (che non esiste da nessuna parte e non potrà mai esistere) e possa esserci solo nel momento in cui il singolo individuo riuscirà a stabilire nella propria anima, il dominio della parte razionale nelle altre due, allora potrà esserci una polis strutturata; dove non domina l’egoismo. Platone non aveva paura di confrontarsi con le sue idee e continuava per tutta la vita la revisione dei suoi pensieri, la quale gli impedisce di chiudere il suo discorso: infatti ha scritto 34 dialoghi, che sono la forma + vicina al suo maestro Socrate, il quale non aveva scritto niente ma dialogava. CONTENUTI DEL SAPERE Cosa deve sapere un politico/governante per educare i suoi cittadini e renderli migliori? Le IDEE. -Passo numero 7: “Questo io posso dire di tutti quelli che hanno scritto e scriveranno, dicendo di conoscere ciò di cui io mi occupo, avendolo sentito esporre da me o da altri che a mio giudizio non capiscono nulla su queste cose. Su di esse (queste cose: pensiero delle idee) non c’è ne vi sarà alcun mio scritto”. Sulle idee non c’è e non ci può essere una parola ultima. Aggiunge “questa mia, non è una scienza come le altre, essa non si può comunicare ma come fiamma si accende, dà fuoco e balza…”. -Passo numero 8: “perciò nessuno che abbia sennò oserà affidare a questa inadeguatezza di discorsi quello che egli ha pensato e appunto ai discorsi immobili, come avviene quando sono scritti”. Quando una persona scrive una cosa, essa resta quindi è un discorso chiuso ed immobile; se invece una persona si appassiona ad un tema, riflette e continua a pensarci allora il discorso resta aperto. -Passo numero 9: “ se l’autore è davvero un uomo, le cose che lui ha scritto non erano per lui le cose + serie, perché le cose + serie egli le conserva riposte nella parte + bella che ha”. Quindi non c’è un pensiero finale delle idee. IL MONDO DELLE IDEE La parola “idea” ad oggi significa “aver pensato ad un qualcosa di soggettivo e personale” e dal Greco significa “vedere”; e per comprendere il pensiero di Platone è necessario distaccarsi da questo significato, poiché “idea” significa FORMA/FIGURA ma non quella visibile (forma dell’orologio o bottiglia) ma la figura MENTALE in cui la mia mente si imbatte. Quindi cosa sono le idee? Qualcosa che non produco io con la mia mente, ma qualcosa in cui io mi imbatto e mi “scontro” (che mi si fa presente mentalmente). Le idee sono le RISPOSTE al “che cosa è” di Socrate. -Passo numero 3: dialogo di Socrate con un Sacerdote, che non sa cosa è il sacro. In esso Socrate dice “Ora dimmi dunque che cosa è quello che affermavi di conoscere così sicuramente, che cosa è che chiami il pio e che cosa l’empio, sia riguardo all’omicidio sia riguardo alle altre azioni. Non è il santo, come tale, identico sempre a se stesso in tutte le azioni i?” Socrate non vuole sapere un esempio, ma cosa è che unisce tutte le azioni che noi chiamiamo “sante”. -Platone carica il significato di “santo” come un valore ONTOLOGICO. -Passo numero 4: “e allora insegnami bene questa idea unica in sé qual è, affinché io, avendola di fronte agli occhi e servendomene come di modello, io dica che è santa; quella che non le assomigli, dica che non lo è”. un modello è un “concetto di riferimento”, se io dico che un’azione è il modello di molte altre, vuol dire che rappresenta ciò che devono essere tutte le altre azioni, simili ma non uguali. Quindi le azioni giuste/sante sono sante in riferimento ad un modello di santità. Questo significa che, nello stesso modo in cui pensava Socrate, ma dando un contenuto al suo pensiero, che l’elemento che unisce tutte le azioni sante/giuste è un carattere comune che le azioni devono avere, il quale non è solo un concetto ma è una REALTA’, la quale fa da modello. (è necessario avere un criterio di riferimento per parlare) LA DIMENSIONE METAFISICA Oltre alla realtà delle azioni sante/giuste, esiste un altro piano di realtà che la SANTITA’, la giustizia, l’idea di santo. Fino a Platone non è possibile parlare di un doppio piano, qua c’è il trascendenza . Le idee sono il TRASCENDENTE: trascendere “tras-“ cioè “oltre, aldilà” il quale non è spaziale (le idee non sono a kilometri da noi) ma vuol dire che sono di un’altra realtà rispetto a quella che conosciamo noi con i sensi; quindi la realtà non si esaudisce nello spazio fenomenico; ma esiste un altro piano di realtà “separata” da quella che conosciamo. Qui nasce la dimensione metafisica: ciò che sta oltre la nostra esperienza sensibile. (noi non abbiamo solo il contato con il mondo fenomenico, poiché ci sono tante cose, come i sentimenti o le passioni che non si toccano o non si pesano, ma sono REALI. Non diciamo “ti amo 200” ad una persona). -Quindi esiste una componente/sfera del reale che non vedo, tocco, sento con i sensi; ma che è reale: + REALE dell’altra, perché la prima realtà cambia sempre, si trasforma quindi in un momento è in un modo e subito dopo in un’altra; quindi è un essere in movimento. Parmenide, filosofo con cui Platone si confronta, indivisa una dimensione della realtà che E’ e basta, è immobile: i veri paradigmi non cambiano, poiché non potremmo usarli come criterio di riferimento.  Platone ci dice che esistono due dimensioni della realtà: 1. soggetta al mutamento, cambia ed è difficile da conoscere poiché non è possibile conoscere qualcosa che prima è in un modo e poi in un altro. 2. essa non viene vista con i sensi, ma con la mente, che non cambia, è sempre identica a se stessa e fa da sfondo alla realtà fenomenica. Non si deve insistere troppo nella separazione a queste due realtà, come farà Aristotele, ma Platone quando dice che “le idee sono separate dalle cose” non vuole dirlo in maniera spaziale, ma in un altro modo di essere. (modo di essere della realtà che cambia come aveva detto Eraclito e quello che non cambia come aveva detto Parmenide; ma essi non si escludono, si complicano e non stanno l’uno senza l’altro). Ecco perché per Platone nasce la METAFISICA: - Mondo fenomenico - Mondo trascendente: il quale non è solo il modello ma è ciò che REALMENTE E’ proprio perché non cambia. Quindi noi siamo fabbricati e costruiti bene, armonicamente sulla base del mondo delle idee, grazie ad un Dio. SCOPO: suscitare in ciascuno di noi la scintilla/l’intuizione perché nessuno, nemmeno lui può spiegare queste cose; ecco perché non c’è una “dottrina delle idee”. -Platone, definisce il luogo delle idee “IPERURANIO” cioè “aldilà del cielo”. (cosa c’è aldilà del cielo? Il cielo). Quindi le idee non hanno luogo, spazio, ma sono in una dimensione trascendente, hanno una natura diversa; ma sono dentro la realtà e sono la realtà. Quindi è necessario stare attenti a capire che per cogliere la realtà che non si vede e non si tocca è necessario stare attenti alla realtà intorno a noi. (“Nella Repubblica” Socrate spiega il bene secondo quello che a lui sembra; perché se è vero che il Divino sono le idee, non si può chiudere il discorso del Divino in un discorso chiuso e razionale, ma bisogni ricorrere a mezzi altri: poesia, mito, racconto; cioè strade per rrivare la TRASCENDENTE). MARTEDI’ 8 NOVEMBRE Che atteggiamento ha Platone del mondo delle idee? Platone non ha mai rinunciato alla sua intuizione: cioè alla convinzione che ci sia un mondo intellegibile/ trascendente (sovrannaturale, sovraumano) rispetto a quello fenomenico (sensibile, sensoriale, empirico). Trascendente vuol dire “oltre”, ma sul piano del modo di essere non sul piano della distanza fisica. Quindi queste idee sono trascendenti e al tempo stesso immanenti: di fatti, alcune delle soluzioni che Platone propone per spiegare la relazione /rapporto tra idee e cose, vanno nell’ordine di una partecipazione/presenza, di qualche cosa che lui chiama l’IMMANENZA delle idee. -Platone, al contrario di Aristotele, capisce che se si separa le idee dal mondo fenomenico, di cui l’uomo fa parte, non si possono nemmeno conoscere: se sono lontane da noi, come faccio a dire che ci sono? Quindi, non si parla di una separazione spaziale, ma di una separazione ontologica, quindi un essere che cambia, muta, si trasforma come diceva Eraclito: “tutto scorro” di cui fa parte anche il corpo dell’uomo. Oltre a questo c’è una realtà, quella vera che è trascendente, la quale fa da modello all’altra: la realtà delle IDEE; che però è connessa con l’altra, perché altrimenti non la potrebbe nemmeno produrne ed esserne la causa. METAFORE: P. ricorre a delle metafore come la presenza, la partecipazione; le quali sono delle soluzioni che non lo soddisfano; fino ad arrivare ad una soluzione (un racconto) che è il “mito del Demiurgo”. Qui si vede come vi è una relazione tra le idee ed il mondo, in un certo senso il mondo sensibile ha lo scopo di riattivare il ricordo dell’intellegibile (dell’altro mondo). nelle cose possiamo trovare delle tracce di questo mondo; l’uomo è portato ad elevarsi alla realtà che sta “dietro” il mondo fenomenico, il quale manda qualche segnale. (esempio: dell’amore, della bellezza) Le difficoltà di cui parla Platone, sono le stesse che si presentavano all’intero pensiero Preplatonico: che rapporto c’è tra l’1 (il principio) ed i molti? Da Talete in poi, la filosofia Greca cerca di trovare la physis: il principio (alle volte 1, alle volte 2, alle volte 4) della molteplicità: tutti vogliono trovare il principio della molteplicità. Anche Platone fa questo, rendendosi conto che parlare di “idee” implica necessariamente lo sforzo di capire come funziona il rapporto di uno-molteplice nelle idee. -Se noi diamo alle idee il carattere che aveva l’essere in Parmenide, quindi dell’unità; torniamo al problema di dover spiegare come fa l’1 a trovare il molteplice? o Platone in un dialogo chiamato “Parmenide”, in cui esso è il protagonista; fa dialogare Parmenide, che sostiene l’essere, negando il non essere; e Socrate, il quale pone a Parmenide una serie di quesiti, i quali sono i quesiti di Platone. (Platone si interroga attraverso Socrate e Parmenide). Qui, Platone “uccide” il padre (Parmenide)superando la sua posizione; arrivando ad affermare che “non c’è l’ unità senza molteplicità e neppure la molteplicità senza l’unità”. Cosa significa ciò in relazione al mondo delle idee? Platone si rende conto che se io dico “esiste l’idea di uomo” devo anche riconoscere che questa idea (una) è all’origine di quanti uomini? Del molteplice (di quanti uomini sono in questo mondo). Quindi c’è il problema di: 1 idea e di INFINITI uomini. Ma c’è anche il problema di: unità-molteplicità all’interno dell’idea. L’idea di uomo è certamente singola, ma essa comprende ed implica anche l’idea di vivente, di animale, razionale… questa idea è una, ma al suo interno è + di una. Quindi, con questa constatazione, Platone si rende conto che l’idea è un principio unitario, ma che non può prescindere dalla molteplicità. Quindi rapporto UNO-MOLTEPLICE nel senso che l’idea è 1 ed i prodotti dell’idea sono tantissimi. E rapporto UNO-MOLTEPLICE nel senso che all’interno dell’idea c’è l’1, cioè quel carattere identitario che l’idea rappresenta (l’umanità) che comprende però anche l’idea di razionale, di vivente… -Ritorno a Parmenide: unità di essere e non essere. L’idea di uomo è l’idea di uomo e quindi non è l’idea di cavalo, di albero, quindi per definire l’identità dell’idea dell’uomo, non dobbiamo ricorrere solo all’essere, ma anche al non essere. L’uno richiede l’altro per Platone, la negazione richiede l’affermazione e l’affermazione richiede la negazione. (per Parmenide erano inconciliabili) -Tutto questo Pensiero lo raggiunte attraverso la presa di coscienza della difficoltà che sorgerebbe nel pensare il concetto di idea in maniera rigida. Il parricidio è compito perché si è superata la posizione di Parmenide, come è superata la posizione di Eraclito. A quale scopo? Platone rivede il suo pensiero continuamente, senza rinunciare alla dottrina dell’idea, ma revisionandola in continuazione I DIALOGHI DELLA VECCHIAIA Cosa fa Platone negli ultimi dialoghi? Platone arriva a pensare che forse le idee, in quanto une e molteplici, non sono il principio primo; perché se il principio primo deve essere uno (o comunque meno ci sono e meglio è) allora non possono esser le idee, proprio e perché sono une e molte. -Nel “Filebo” (ultimo dialogo scritto che ci parla di questo) Platone trova una soluzione: l’dea è un’unità che definisce/sintetizza una molteplicità. Quindi in ciascuna idea c’è l’1 ed il molteplice: ciascuna idea delimita da un confine ad una quantità di altre cose nell’infinità di quegli esseri che si chiamano uomini, l’idea di uomo mette un confine, isolando gli uomini dai gatti, alberi. Ciascuna idea ha questa funzione. -Allora, Platone escogita una soluzione; già stata individuata dai Pitagorici. Anche i numeri dei pitagorici vanno a definire uno spazio numerico infinito ad 1 unità, 2 unità… Platone, nel “Filebo” dirà che ciascuna idea non è niente altro che un rapporto tra 1 e il molteplice: ciascuna idea delimita, circoscrive un molteplice infinito: quindi ciascuna idea è a sua volta derivata dall’1 e dalla molteplicità, le quali vengono ad essere i PRINCIPI. o 1: principio di delimitazione idea di BENE o 2: molteplice MALE: sinonimo di confusione, caos, infinito (come i Greci) fino a quando non viene circoscritto. Questi si caricano anche di una valenza etica: bene-male e determinato-indeterminato. Vi è una sorta di matematizzazione al pensiero di Parmenide Come è possibile conoscere le idee? In che modo?’ in quale misura?  Una tesi che Platone propone nel corso dei suoi dialoghi: le idee le conosciamo per reminiscenza, la nostra conoscenza è un ricordare e riscoprire ciò che è dentro di noi, dentro la nostra anima e ciò che vediamo nella realtà fenomenica è il nostro ricordo. (vedo un cavallo e mi ricordo il cavallo intellegibile, l’idea del cavallo). Infatti l’anima secondo Platone è immortale, eterna, come le idee. Quindi essendo della stessa natura, prima di incarnarsi e legarsi ad un corpo l’anima viveva a contatto con il mondo spirituale, perciò lo ha conosciuto. (innatismo: verità innate dentro di noi) -Il ricordo delle idee lo portiamo dentro e lo riscopriamo piano piano: il mondo fenomenico è l’occasione per recuperare le conoscenze dentro di noi. Le cose si conoscono attraverso i 5 sensi, analogamente, l’idea del cavallo si recupera in modo indiretto.  Un mito/allegoria celebre “mito della caverna” : nel quale Platone racconta di un gruppo di uomini incatenati nel fondo di una caverna, al buio, con le spalle rivolte verso l’uscita, la fonte della luce e vedono proiettate sul fondo della caverna delle ombre. P. immagina che alle spalle ci siano degli immagini poste sul muro e una luce(esterna) che getta le ombre di questi oggetti sul fondo. Gli uomini prigionieri vedono solo le ombre e in un primo momento, immaginano che la realtà sia quella. -Poi Platone dice che uno di essi riesce a liberarsi, esce e vede il vaso e capisce che quello che vedeva proiettato no era la realtà vera, ma la realtà vera è il vaso. Vede anche che la caverna è aperta, esce e vede il sole. Si compre gli occhi, e facendo ciò vede oggetti: alberi, uomini, animali tutto il mondo esterno; capisce che la realtà vera non è il vaso, ma sono queste. Abituando piano piano i suoi occhi, prova a vedere la luce del sole e si accorge che forse la realtà vera è questa, dato che se non ci fosse tale luce non potrebbe vedere nulla. Cosa ci vuole dire? La conoscenza dell’uomo è fatta a tappe: -prima conosciamo ombre, -poi gli oggetti che generano le ombre, -poi la realtà vivente e -alla fine ciò per cui la realtà vivente ci diventa visibile. Quindi questo prigioniero si accorge di aver fatto una scoperta importante: audio fino al sole. Il sole è la metafora che Platone usa eci fa capire cosa sono le idee e le cose, ci fa vivere e veder le cose. Cosa fa l’uomo una volta scoperto questo? Torna indietro per spiegare questo agli latri uomini. La conclusione è una frase importante di Platone “come accoglieranno la novità i compagni?” non gli credono, è una persona che sogna. Essi fanno di tutto per liberarsi, ucciderlo poiché è molto + facile credere le cose che si vedono, che farsi allontanare e credere il contrario. Colui che ci dice il contrario è uno scocciatore, che per Platone è SOCRATE. -Quindi questo mito, non è solo un mito su come l’uomo conosce le tappe della verità, ma anche una metafora di tipo etico: come se Platone coi dicesse che l’uomo per una qualche fortunata verità, non deve tenerla per se, ma deve comunicarla e farsa sapere agli latri. Per Platone, quindi questo è anche metafora di “uomo politico2 il quale deve educare ed aiutare gli latri. L’uomo sente il senso etico di ritornar dentro e farla conoscere alle altre persone. il politico deve ritornare là dove c’è bisogno della propria azione e c’è qualcuno da educare e riportare alla realtà. Perché Platone si serve di allegorie e di miti ? Il mito rende le cose + semplici, ha il vantaggio di rendere + facilmente afferrabile un concetto; nello stesso como di cui si fa con i bambini. Non era Ateniese, ma era “immigrato” chiamato “medeco”, cioè straniero che è vissuto ad Atene ma non Ateniese e di conseguenza privo di diritti politici: aveva vincoli anche dal punto di vista di acquistare dei bene. Il Padre era un uomo importante ed autorevole ad Atene (Nicomaco) ed era medico di Aminta II di Macedonia; quindi fin da piccolo la vita di Aristotele è legata alla dinastia Macedone (diventerà predecessore di Alessandro, nipote di Aminta III. -Infatti, nel 367 (17 anni) entra nell’accademia di Platone, iniziando un rapporto con esso fino al 347 (morte di Platone) Platone fece molti viaggi soprattutto a Siracusa, nel periodo in cui Platone stava rivalutando la sua dottrina delle idee, tanto che quando A. entra a far parte dell’accademia, partecipa in prima persona al dibattito interno di tale tema. (gli studenti di Platone collaboravano con Platone) Quindi le critiche che P. fa a se stesso, risentono del pensiero di Aristotele. -Aristotele si ferma circa 20 anni all’accademia, durante i quali non fa solo il suo collaboratore, ma ha anche una sua vita autonoma di ricercatore e studioso; tanto che le sue opere prime sono state composte in questo periodo. A fianco di esse, Aristotele ne compone delle altre in forma di DIALOGO, come Platone: opere molto raffinate dal punto di vista stilistico ad oggi sono pervenuti solo pochi frammenti. Aristotele scrive 2 categorie di scritti: 1) ESSOTERICI : destinati ad essere resi pubblici. “Pubblicare” nel mondo antico significa rendere noto agli altri. 2) ESOTERICI : ad oggi significa “segreto”, riservato agli intimi. Essi non erano destinati ad essere pubblicati, ma erano gli strumenti di lavoro all’interno della scuola. Non era nulla i segreto. -Quando muore Platone, Aristotele va via e inizia a viaggiare e studiare sulle coste dell’Asia minore. Qua mette insieme delle ricerche di tipo zoologico, poiché seguendo il metodo dell’OSSERVAZIONE (LA RICERCA SUL CAMPO) classifica e studia circa 580 specie animali: con questo, soprattutto nei testo “le parti degli animali” ci ha dato la prima grande classificazione zoologica sugli animali. Scrive 5 opere di carattere zoologico. -Intorno al 343 viene chiamato come predecessore di Alessandro Magno alla corte Macedone, dove starà per alcuni anni a fare il precettore. In contemporanea con Alessandro, Aristotele scrive un’opera “nella politica” dove non menziona Alessandro, sicuramente poiché non era interessato ad esso: infatti Aristotele riteneva che gli altri fossero dei barbari, mentre Alessandro stava tentando l’accoppiamento tra le varie culture. -Aristotele torna ad Atene e fonda una sua scuola nel 335, dove insegna, scrive, raccoglie materiali di tutti i generi, attraverso le quali terrà dei corsi. Le opere Esoteriche (conservate) di Aristotele, toccano argomenti diversi, dalla fisica, cosmologia, biologia, zoologia, etica, politica, logica (ambiti molto grandi) che richiedeva necessariamente l’aiuto di collaboratori, in grado di raccogliere i vari argomenti e catalizzarli. Infatti si potrebbe confrontare la sua scuola e chiamarla come un LICEO, poiché venne costruita su un giardino che era di Apollo Liceo. -Questo va avanti fino a quando non muore Alessandro, e scoppia una rivolta anti-macedone. Aristotele era considerato un COLLABORAZIONISTA, a causa delle relazioni con il mondo Macedone ed esso scrive “volendo egli evitare che gli Ateniesi, si macchiassero di un secondo delitto contro la filosofia, (come quello con Socrate) Aristotele prende e scappa.” Aristotele muore nel 322: una vita senza particolari eventi straordinari, ma dedita alla ricerca e all’insegnamento su vari luoghi Tra il 335 e 323 Aristotele insegna e scrive, quelli che erano gli appunti delle sue lezioni, frutto della collaborazione dei suoi allievi. In alcuni scritti, il carattere incompiuto delle opere si nota come si vede che sono state scritte da + di una persona. Sono essenziali e poco attenti alla forma, anche perché erano interne alla scuola e non destinate alla pubblicazione. Nonostante questi aspetti formali, sono tutte opere molto importanti, infatti Aristotele ha costruito la prima grande opera enciclopedica, occupandosi di ambiti diversissimi del sapere, sempre con un’attenzione alla realtà/all’esperienza. La caratteristica che viene attribuita a Aristotele è l’empirismo, cioè l’attenzione al dato di esperienza, con una particolare attenzione al mondo della vita. Il modello che adotta è biomorfico, basato su come la vita degli animali e degli uomini si manifesta. Queste categorie, nonostante le differenze hanno dei caratteri in comune, tra cui la VITA: sono forme di vita sempre + perfezionate poiché l’uomo è al vertice; ma ha in comune con le piante varie caratteristiche e con gli animali altre caratteristiche (come la vita sensitiva oppure il movimento) , il movimento. Ma la caratteristica che accomuna tutti gli esseri è la vita. Il problema di fondo è spiegare la vita. Per Aristotele chi è l’uomo? > Una delle definizioni che dà dell’uomo è “composto/simulo di anima e corpo” oppure “simulo di forma e materia”. Materia e forma sono importanti per capire il suo pensiero: questo binomio, come “potenza-atto” sono concetti applicabile ad ogni aspetto della realtà. Aristotele non adotta il modello biomorfico solo quando studia gli animali, ma anche quando studia le costituzioni delle città, le quali sono esseri viventi che nascono, si sviluppano e muoiono. -Quindi ciò che spiega e di cui l’uomo fa parte è la vita, cioè il DIVENIRE/MUTAMENTO/MOVIMENTO: per lui si tratta di spiegare e trovare i principi esplicativi della realtà. Le idee per Platone servono a spiegare la realtà; Aristotele rifiuta le idee poiché esse non spiegano la realtà; ma il fatto che ci sia un’idea per ogni cosa a lui sembra qualcosa di non convincente, proprio perché i principi esplicativi devono esser pochi. In + una critica che lo stesso Platone fa a se stesso, suggerita anche dai suoi allievi, tra cui Aristotele: il fatto che le idee fossero separate dalla realtà, poiché le idee e le cose sono “separate”. -Aristotele vuole trovare dei principi che siano intrinsechi della realtà: cosa spiega il divenire, cosa giustifica la vita. Cosa spiega il divenire? Aristotele parte da una constatazione, attraverso degli esempi: “che cosa succede quando qualcosa diviene?” Per prima cosa c’è bisogno di un “qualcosa”, che lui chiama “BASE”. Lui fa l’esempio del blocco di marmo, il quale non è ancora una statua, ma può diveltarlo. Che cosa fa si che esso lo diventi?. Ci deve esser il blocco di marmo, il quale è la base del mutamento, da cui viene fuori la statua, ma che costituisce anche la materia; cioè quella materia che trasformata diventa la statua di Socrate. -Il blocco di marmo non è ancora la statua, perciò manca di qualcosa che può acquistare. Cosa serve? FORMA, STUTTURA: è ciò che rende il blocco di marmo, la statua di Socrate; quindi questo rende necessario un’immagine mentale. Per rendere intelligibile questo processo occorre anche un FiNE,SCOPO: che ci sia una direzione di tale lavoro. Quindi affinché questo processo sia attuabile, occorrono 4 principi: 1) CAUSA MATERIALE: marmo 2) CAUSA FORMALE: immagine mentale 3) CAUSA EFFICIENTE: Scultore 4) CAUSA FINALE: statua realizzata Sono queste 4 cause a spiegare il divenire, cioè il passaggio dal blocco di marmo alla statua. -Parliamo di causa, poiché è fondamentale sapere di che materiale è fatto un’getto (se un tavolo è fatto di bambo, so che devo appoggiarci un peso minore, rispetto ad un tavolo di legno), è fondamentale sapere il fine (le nostre azioni sono un divenire, poiché prima di compere un’azione, non c’è un realtà, che invece, dopo il nostro agire ci sarà). Il motivo, il fine, il movente è fondamentale per capire. Questo spiega cosa rende possibile il divenire, cioè le 4 cose che sono indispensabili per capire come una cosa diventa una statua. -Ma, con questo non è possibile spiegare il divenire poiché non sappiamo i passaggi interni da un modo di essere ad un altro modo di essere; semplicemente è possibile capire i coefficienti del divenire. In cosa consiste il processo del divenire? L’uomo fa parte del vivente, e se spieghiamo i principi esplicativi della vita, di conseguenza spieghiamo anche chi è l’uomo. - Il blocco di marmo è già la statua? NO, NON ANCORA - Può il blocco di marmo diventare statua? SI Quindi tra può e non ancora si spiega la vita, perché Aristotele dice che il marmo è in potenza (può diventare) la statua di Socrate; e la statua di Socrate è il processo divenuto atto (attualità), si è realizzato. Con questo binomio di POTENZA-ATTO viene spiegato tutto; ed Aristotele azzera la contrapposizione essere-non essere di Parmenide. (il pulcino non è subito un pollo, ma può diveltarlo poiché ha la potenzialità di diveltarlo. Il pulcino non può diventare gatto, ma il “non essere” ha un senso diverso perché il pulcino non sarà mai un gatto). Il blocco di marmo non è ancora, ma non significa che non sarà mai: di conseguenza non ha senso parlare di essere-non essere. Quindi, ogni fenomeno della vita (città, uomini, animali) viene spiegato con questo passaggio di POTENZA-ATTO, dove: l’atto della nostra vita è: il raggiungimento del fine ed il raggiungimento dell’uomo è quello di esser uomo maturo ed esser in grado di generare nuova vita sempre nella STESSA FORMA. (la vita è una riproduzione continua sempre nelle stesse forme: il gatto produce sempre il gatto, il seme di carciofo produce sempre il carciofo). Qual è la grande distinzione che fa Aristotele? Aristotele distingue: - Gli oggetti naturali: che comprende tutte le realtà/esseri/oggetti che non dipendono dall’uomo (realtà inanimate, piante, animali) - Gli oggetti artificiali: che sono prodotti dall’uomo (sedia, tavolo, agricoltore, medico) e sono tutti degli ARTIGIANI. “Artigianato” indica “qualunque tipo di attività che esprime il possesso di principi di lavoro”, quindi chiunque pratica un’arte è chiunque possiede delle conoscenze relative ad un ambito specifico. (Il medico è un artigiano perché possiede le regole della medicina; il contadino crea le condizioni naturali favorevoli per fare il lavoro). L’uomo è naturale o artificiale? L’uomo è naturale secondo Aristotele perché l’uomo produce l’uomo in quanto essere naturale. I Principi per cui una persona genera un figlio sono dentro di sé. Quindi le 2 grandi categorie di realtà sono: - I processi naturali, che producono realtà naturali e - I prodotti che dipendono da me: NATURA e ARTE. La natura è ciò che fa dà modello rispetto all’arte: Aristotele è convinto che l’arte umana siano in seconda battuta rispetto alla natura. (Il medico interviene per modificare dei processi che non dipendono da lui). -Quindi l’anima che struttura il mio fisico, è anche quella che mi dà un certo colore degli occhi, una certa voce, mi struttura tutto; anche le funzioni e aspetti personali. E’ il principio unitario. Ma, questa parte intellettiva, che è coinvolta nella vita biologica è anche eccedente rispetto ad essa. Qual è la dimensione che manifesta questa eccedenza/superiorità ? La CONOSCENZA. E’ vero che tutte le nostre conoscenze partono dall’esperienza, ma Aristotele aggiunge un sesto senso: il senso comune; perché esso avverte che ci sono delle sensazioni che noi percepiamo contemporaneamente con + sensi. Quindi il sesto senso non è un senso in +, ma è ciò che unifica la nostra vita. (scopo di sintetizzare quello che si può spiegare con un concetto). -L’uomo non è capace solo di conoscenze sensibili, ma anche intellettive: poiché è in grado di elaborare dei concetti, i quali non hanno materia; quindi dimostra che noi siamo capaci di atti spirituali. Questo significa che in noi c’è un principio spirituale. Questo principio spirituale è l’intelletto. Quindi siamo o no immortali? Un concetto nasce come nasce tutto, (con il passaggio dalla potenza all’atto) ma affinché qualcosa passi da potenza all’atto è necessario che ci sia qualcosa già in atto. (affinché il blocco di marmo diventi statua, occorre uno scultore che fa un atto) -Se l’uomo è capace di atti spirituale, significa che dentro c’è qualcosa privo di materia, quindi intelletto privo di materia, dunque spirituale, dunque in atto, dunque immortale. Questo intelletto in atto è ciò che agisce nella mia potenzialità di diventare intelligente e quindi è impotenza. -Il problema dell’immortalità: Questo intelletto in atto che genera i concetti è personale o della specie? Esempio: vedo un cavallo, i miei sensi me lo fanno percepire. Ma, i miei sensi non percepiscono il cavallo reale, ma l’immagine del cavallo. Il giorno dopo vedendolo un altro succede lo stesso. Una volta messe insieme tutte le immagini del cavallo, siamo in grado di elaborare il CONCETTO del cavallo: cioè l’immagine mentale che mi fa capire di cosa stiamo parlando nel momento in cui una persona mi dice “cavallo”. Questa immagine mentale è IMMATERIALE, è frutto di una “astrazione”. (P. avrebbe detto l’idea del cavallo, ma per Aristotele l’idea del cavalo sta dentro i singoli cavalli di cui faccio esperienza tutti i giorni; il concetto del cavallo che astraggo dagli animali concreti). POLEMICA CON PLATONE:E’ vero che ci sono caratteri comuni che accomunano tutti i cavalli, ma questi non stanno in una idea del cavallo, ma sono dentro i cavalli. Noi conoscendo i singoli cavalli, unifichiamo i tratti comuni dei singoli comuni, ricavandone un’immagine mentale ricavata dall’esperienza: è tutto molto legato ai processi naturali dell’apprendimento. -Quindi il problema è capire se questo concetto di “cavallo” “casa” “uomo” vien prodotto dall’intelletto personale ed immateriale, oppure l’intelletto che collabora di volta in volta con le immagine che vengono fornite da me. -Il problema dell’immortalità individuale o meno si potrebbe risolvere in questo. Questi problemi se li sono posti già i commentatori Greci antichi di Aristotele, dato soluzioni diverse; poi con i commentatori cristiani; poiché ognuno leggeva Aristotele secondo le proprie esigenze e secondo i suoi bisogni. A. è stato un maestro che ha attraversato i secoli, per i medievali era il Filofoso, cioè l’incarnazione della razionalità. Quindi c’è un processo conoscitivo che manifesta nell’uomo: che c’è un'unica anima, che ha tutte le funzioni messe insieme, che lo legano strettamente al corpo, ma gli consentono anche di andare oltre la dimensione dell’uomo. Un’altra definizione che Aristotele dà di uomo è “l’uomo è un vivente/animale dotato di logos” cioè dotato di 2 cose: 1. discorso/parola 2. pensiero. Quindi l’uomo è un animale, ma un animale particolare, poiché ha in + la parola (non che gli animali non esprimono le loro sensazioni ed emozioni di dolore, hanno la voce; ma non hanno la parola.) 1. La parola genera una relazione di tipo ETICO/GIURIDICO e indica una presa di contatto con l’altro; la voce non può fare questo. 2. Il pensiero, cioè la possibilità di elaborare concetti astratti, che non sono legati solo alle cose. Quindi l’uomo si stacca dalla materialità. -Animale “strano” perché è calato dalla materia, coinvolto nei processi materiali, ma allo stesso tempo superiore a tutto questo. LEZIONE 15 NOVEMBRE IMPORTANZA DI PLATONE per Aristotele e il MUTAMENTO del suo pensiero L’immagine di anima di Aristotele è lontana da quella di Platone, ma ci sono alcuni scritti della permanenza di Aristotele nell’accademia (essoterici) che hanno al loro interno delle posizioni vicine alle tesi di Platone, poiché vi è l’influenza di esso. Ci sono dei punti della dottrina di Aristotele, dove si sente ancora l’influsso dell’idea di Platone: ciò non significa che Aristotele si allontana in un secondo momento da esso, ma si trovano delle affermazioni sull’anima particolari, come nel “Protreptico”. IL “PROTREPTICO” (353-351) E’ un testo di Aristotele, il quale entra in una specie di discussione accesa, tra la scuola di Platone e di Socrate. Al centro della discussione vi era una domanda: “vale la pena mettersi a studiare filosofia o è meglio studiare la retorica?”. L’accademia di Platone, dove si studiava filosofia, esprime il suo pensiero, e partecipa anche Aristotele al dibattito con questo scritto. Il titolo sta a significare “esortazione”, cioè l’esortazione alla filosofia, poiché secondo esso era utile fare filosofia. Tra i frammenti, che ad oggi sono circa 100,  il frammento 106 dice: “è infatti divino ciò che dicono gli antichi, cioè che l’anima sta scontando una punizione e noi viviamo per espiare grandi peccati”. Questo tipo di prospettiva per cui l’anima sta scontando una punizione, e di conseguenza la vita è un “calvario” durante il quale dobbiamo scontiamo le punizioni precedenti; ci fa pensare all’ORFISMO. In questo periodo (353-351) le sue idee sull’anima sono + vicine a quelle di Platone, piuttosto che alla prospettiva dell’Aristotele + maturo. Questo significa che, in questo periodo ha una visione dell’uomo diversa: ci sono state delle variazioni/mutamenti nel suo pensiero. differenza dell’anima vista in maniera etica e prospettiva vista come la struttura che organizza e coordina il corpo. -Quindi il periodo ed il pensiero di Platone è stato importante per Aristotele nel comporre i primi scritti; ma è importante capire che noi leggiamo un certo tipo di prospettiva poiché i testi che ci sono giunti sono del periodo dell’accademia, ma su certe cose Aristotele non ha sempre pensato ciò che leggiamo. Infatti, nella fase matura il suo pensiero è mutato. NATURA Aristotele considera la natura caratterizzata dal movimento, divenire, mutazione. Ma per lui nulla è casuale, poiché il concetto di FINE è fondamentale: dire che ha una concezione finalistica della realtà significa che, quello che avviene non è mai casuale, c’è sempre un senso ed un significato. (Democrito: atomista, colui che mette il mondo a caso. Gli atomi si scontrano casualmente) -Questo pensiero che tutto avviene per uno scopo, non ci deve far scordare che i tipi di MUTAZIONE/DIVENIRE sono molti:  Generazione-Corruzione: cioè qualcosa che nasce e muore. E’ un tipo di movimento che caratterizza la sostanza di noi viventi, i quali siamo generati e ci corrompiamo. Questo va dalla nascita(generazione) alla morte e riguarda tutta la realtà.  Alterazione: quando perdiamo o acquistiamo una qualità. (i nostri capelli da neri a bianchi—>Siamo sempre noi, ma noi con una qualità diversa, che è cambiata).  Movimento di locazione: questo movimento riguarda la collocazione nello spazio. Se esco e vado in piazza, mi sposto. -Quindi la realtà, essendo vivente, si trasforma, cambia ma sempre secondo un FINE. Questa “razionalità” è intrinseca alla natura: la quale è fatta così da sempre e sarà sempre così. (non c’è un Dio creatore, ma c’è un movimento eterno). Il movimento eterno riguarda tutto, tra cui anche LA REALTA’ COSMICA(stelle, pianeti)movimento della vita che abbraccia tutto, rispettando la specifica natura dei diversi esseri:  ci sono sostanze che si corrompono (uomini animali piante) e  sostanze che non si corrompono e sono sempre in atto, senza passare da potenza ad atto. L’esistenza di esseri in atto, i quali non divengono e privi di materia, è indispensabile per spiegare l’esistenza di noi che siamo con la materia. -Il mondo che ci circonda/cosmo è un mondo caratterizzato dal movimento, ma non da generazione-corruzione, alterazione…. ma dal MOVIMENTO DI LOCAZIONE, quello + semplice: CIRCOLARE. La concezione Aristotelica è una concezione geocentrica, cioè la terra è al centro e intorno ci sono pianeti, stelle; le quali sono sfere concentriche (cerchi sempre + grandi che trasmettono il movimento). -Il mondo con la terra al centro e tutto intorno i pianeti, le stelle… è l’UNIVERSO: solo questo poiché per A. non esistono altre galassie.  Questo movimento che parte dalle sfere celesti e si trasmette alla terra, da dove ha origine? Non ha origine, poiché eterno. Qui non c’è una creazione, quindi le cose così come sono e strutturate, sono sempre esistite così: il movimento non ha bisogno di una spiegazione, ma tutto ciò che passa da potenza ad atto deve avere un atto. Di conseguenza il divenire/ movimento deve partire da qualcosa che non diviene/non si muove. -Tutto ciò che vediamo nel mondo fisico/nella natura, si muove e diviene; anche circolarmente come stelle e pianeti. Questo cosa ci fa capire? Ci fa capire, che oltre la natura (trascendente: quella che vediamo) c’è qualcosa che non vediamo, che non diviene e non si muove; questo che è immobile è anche ciò che produce il movimento nelle altre cose: è il MOTORE IMMOBILE. o Questo pensiero, si trova all’interno dell’opera “FISICA”, ultimo libro di Aristotele: “tutto ciò che vediamo e diviene ha bisogno di qualcosa che non vediamo e non diviene”. E’ una sorte di spiegazione alla metafisica: cioè una realtà che trascende le cose così come le vediamo, ma questa realtà è necessaria a spiegare ciò che vediamo. Questa serve per spiegare l’esistenza del primo Dio. Per i Greci tutto ciò che non nasce e non selvaggio, ma quando sono un uomo civilizzato che ha attuato le sue capacità. Quindi io sono un uomo realizzato e felice, non quando sono ignorante, emarginato ed escluso ma quando ho attivato le mie capacità, le mie virtù). Quindi, per essere “felici” abbiamo bisogno di realizzare ciò che fa parte della nostra definizione di uomini:  Relazioni con gli altri  Realizzazione di noi stessi, secondo la nostra natura specifica. Noi ci differenziamo dagli altri animali per la ragione/logos, e tutto quello che fa parte della ragione (studiare, cultura, ricerca visitare i musei) è indispensabile alla nostra VITA BUONA. L’uomo agisce solo in vista di esso: realizzare la sua natura. Ma nell’etica di Nicomachea, si capisce come la concezione di Aristotele sia meno ascetica rispetto a Platone. Lui scrive:  “è chiaro che la felicità ha bisogno in + dei beni esteriori; infatti coloro che sono privi di essi, si trovano la felicità guastata”: anche se sono una persona + colta del mondo, ma non ho la possibilità di relazionarmi con gli altri e scambiare la mia cultura con il prossimo, non posso esser felice. Allo stesso tempo, se io sono disperato perché sono senza soldi, come ne faccio della cultura? Senza soldi muoio di fame e quindi non posso essere felice. Quindi, a differenza di Platone, per Aristotele anche i BENI MATERIALI/CORPOREI sono importanti. (se delle persone mancano di riconoscimento sociale: io sono emarginato e non posso essere felice).  Continua dicendo “non può essere del tutto felice colui che è brutto esteticamente oppure chi è solo, senza figli, senza famiglia e lo è meno ancora chi ha figli o amici irrimediabilmente malvagi, o chi, pur avendoli buoni, li ha visti morire”. Nel protreptico A dice “anche se una persona è colta ma dorme sempre, come se fosse in coma come può condividere e scambiare queste informazioni di cultura con gli altri?” Quindi, le relazioni con gli altri sono fondamentale, senza delle quali le nostre qualità ce le fa godere da soli oppure non li godiamo nemmeno noi (chi dorme) -La felicità è un bene delicato che dipende da noi, dalle idee che vogliamo realizzare, ma anche da cose che non dipendono da noi e che vogliamo cercare di controllare. Quindi la SORTE/FORTUNA è un elemento importante, poiché non basta sempre la virtù a dominare la fortuna. (es: se ad un uomo capitano tutte le sventure che sono successe a Priamo, non basta la sapienza e la filosofia, ma l’uomo è e resta infelice). -VULNERABILITA’ della nostra FELICITA’: la vulnerabilità della nostra vita, che come dice Aristotele, in un giorno è in un modo ed il giorno dopo è in un altro. La fortuna, quindi, è una forza che in maniera incontrollata agisce con le nostre pratiche di vita e fino ad un certo punto è dominabile. Di conseguenza, la virtù ha un peso, poiché è attraverso l’agire che noi costruiamo il nostro mondo; un modo di relazioni con gli altri e realizzazioni di se stesso. Non è possibile contare sulla provvidenza divina, ma soltanto sulla nostra ragione. Nonostante ciò la virtù non ci tutela sempre al 100%. -Esistono varie tipologie di ETICA: o Del DOVERE o AUTONOMA: non dipende da qualcosa di esterno. La sua etica è: o FINALISTICA, poiché se vogliamo realizzare la nostra natura, è conveniente agire in un determinato modo. E’ il fine che determina. Allo stesso tempo, è anche AUTONOMA perché non dipende da niente altro se non dalla nostra ragione, da come noi costruiamo il nostro mondo. Non ci sono comandamenti esterni a noi. QUINDI COSA E’ LA VIRTU’? DEFINIZIONE: è un abito/disposizione (abeo) cioè qualcosa che indosso in quanto ho acquisito attraverso l’esercizio, affinandone le caratteristiche (lavorando sul carattere) e ripetendo determinati atti. Quindi è qualcosa che acquisisco perché ne ho l’inclinazione, ma che acquisisco attraverso l’approfondimento di questa inclinazione. o Le VIRTU’ ETICHE, quindi che riguardano le relazioni con gli altri, sono varie: - GIUSTIZIA: è un modo di rapportarmi con gli altri, appropriato alla situazione e agli altri. E’ un comportamento come il coraggio, magnitudine, ma che non si acquistano dall’oggi al domani; ma si hanno progressivamente compiendo atti giusti, mansueti. -La tesi + famosa di Aristotele sulla virtù: “la virtù è un giusto mezzo”. Per esempio, la virtù del coraggio è un giusto mezzo tra un eccesso (sconsideratezza) e un difetto (viltà). Quindi tra un comportamento difettoso (avere paura di tutto) e un comportamento che non ha paura di nulla. Questo giusto mezzo viene fissato da noi. E’ la nostra ragione che stabilisce nelle singole situazioni dove sta il giusto mezzo, il quale si sposta in relazione a chi siamo e in che situazione ci troviamo. E’ la ragione che analizza la situazione e decide qual è il modo + adeguato per comportarsi bene, virtuosamente in quella situazione. E’ un costante lavoro di ADATTAMENTO della realtà e non esiste un giusto mezzo assoluto, ma è “un asticella in cui il mezzo si sposta continuamento e siamo noi a decidere dove si posiziona quel giusto mezzo”. -Questo vale in tutte le virtù poiché siamo chiamati continuamente a calibrare le nostre risposte e sul piano del carattere siamo buoni/virtuosi nella misura in cui facciamo bene questo lavoro continuo. (passaggi da potenza ad atto sono perennemente nuovi). Il giusto mezzo di ragione è la SAGGEZZA, cioè guardare all’ “hic et nunc” (“qui ed ora”) e capire come ci dobbiamo muovere in quell’ hic e in quel nunc. Sono scelte calibrate sulla situazione che ci troviamo di fronte. o Le VIRTU’ legate al nostro modo di esser razionali: attuare (far passare da potenza ad atto) le nostre qualità, VIRTU’ INTELLETTUALI. Aristotele individua 5 forme della nostra razionalità, le quali vengono usate in base alla situazione in cui l’uomo si trova: 1. SAGGEZZA: ci guida nella vita e nelle scelte pratiche, capire il giusto mezzo tra eccesso e difetto. (esempio: devo decidere il modo + rapido ed economico per andare da Perugia ad Arezzo, utilizzo la saggezza. Qual è l’orario migliore, il treno + economico..) 2. ARTE: usata per costruire un oggetto. (esempio: per costruire un tavolo, applico la ragione, ma un certo tipo di ragione) 3. INTELLETTO: (intus legere) la capacità di cogliere i primi principi di un problema, una razionalità intuitiva. 4. EPISTEME (scienza): capacità di andare dal nocciolo che abbiamo individuato alle conclusioni, quindi svolgere dei ragionamenti coerenti dal punto A al punto Z. Ragionamento scientifico, il concatenamento dei passaggi. 5. SAPIENZA: unire l’intelletto + sapersi fare dei ragionamenti coerenti. L’uomo coerente è colui che coglie il nocciolo di un problema, ma lo sa sviluppare e costruire una visione della realtà, sulle conseguenze che ha costruito. -Tutto ciò che arricchisce l’uomo dal punto di vista intellettuale lo fa la filosofia: l’uomo è realizzato, felice, fa una vita buina quando attua tutte le capacità e le tiene in esercizio (quando usiamo il pensiero). Il termine di paragone è il MOTORE IMMOBILE, quindi per aver un esempio/un modello di riferimento, prendiamo come riferimento la vita di pensiero. è la vita della ricerca, cultura ed è quella che tiene in esercizio il nostro PENSIERO. Non è importante averla in potenza, quanto piuttosto averla in atto. (intelligenza solo in potenza non realizza niente) LUNEDI’ 28 NOVEMBRE “ETICA DI NICOMACHEA” Essa è una delle 3 etiche di Aristotele, chiamata Nicomachea probabilmente perché editata dal figlio di Aristotele chiamato Nicomaco. Si compone in 10 libri (i quali in realtà non corrispondo ad un volume ma a delle parti di un’opera, cioè dei capitoli + ampi), che a loro volta si dividono in vari paragrafi. Il testo che si occupa dell’etica, cioè del comportamento e dell’agire dell’uomo tocca vari aspetti, in particolar modo la FELICITA’. Inoltre ci sono altri temi legati alla felicità come: o Virtù, o Libertà, o Piacere, o Amicizia: ciò che colpisce particolarmente è il fatto che 2 libri (VIII e IX) si occupano di essa. (a Platone amicizia ed amore interessano soprattutto in relazione alla capacità che hanno di indirizzarci all’amore del bene). (un filosofo presocratico, Empedocle aveva introdotto amicizia-odio, ma esso parla di amicizia come una delle forze cosmiche che genera l’aggregazione degli 4 elementi principali. -Aristotele parla di amicizia intendendo le RELAZIONI UMANI in tutte le sue variazioni. Nel mondo Greco l’amicizia tra gli uomini era un rapporto privilegiato rispetto al rapporto uomo- donna, quindi: perché Aristotele dà così tanta importanza al tema dell’amicizia? Ci sono 2 risposte valide: 1. In come Aristotele intende l’uomo: “l’uomo è un’animale sociale”, non solo per motivi utilitaristici ma proprio perché in quanto uomo ha bisogno di condividere con i propri simili i propri interessi. L’uomo è un esser per natura relazionale perché ha un’intelligenza, un linguaggio e non può vivere senza gli altri. 2. Philia è il termine Greco di “amicizia” che significa anche amare. Quindi amicizia come intende Aristotele implica una gamma di rapporti molto varia, che implicano un coinvolgimento emotivo e affettivo. (esempio: attrazione erotica per una persona dell’altro sesso, questa è una philia. Oppure l’amore-amicizia che c’è tra il marito e moglie; tra i padri e i figli; tra gli amici; tra cittadini). Quindi questo sentimento così ampio, abbraccia tante cose ed esprime la relazione che ciascuno di noi ha con una molteplicità di persone, a vari livelli; coinvolgendo anche l’aspetto affettivo. (affetto nel senso di “prendersi cura di” e non per forza in senso erotico). L’amicizia è una virtù perché attua la nostra capacità relazionale. L’amicizia è anche passione perché è fatta di emozioni. Il problema secondo Aristotele è riuscire a provare delle “passioni” con le persone giuste. (catarsi e passioni lezione 29 novembre) MOTIVI che portano ad avere un rapporto di AMICIZIA Il termine “amicizia” abbracci tante cose e questo rende necessario fare delle distinzioni perché non tutte le amicizie sono uguale. Il movente (motivo) delle relazioni non è sempre lo stesso e Aristotele individua 3 MOTIVI PRINCIPALI: 1) PIACERE : stabilire una relazione con un altro perché è piacevole stare con lui, è gradevole e simpatica. 2) UTILE : stabilire una relazione con qualcuno perché mi fa comodo. conseguenza della non amicizia). Quindi l’amicizia è qualcosa id necessario poiché non possiamo vivere senza di essa.  Il rapporto con gli altri, non è qualcosa di astratto, ma è concreto: ci sono delle situazioni legate al nostro esser uomini che modificano la relazione di amicizia. (esempio: un amico che cessa di essere virtuoso e cambia carattere). Qualsiasi cambiamento tocchi queste persone, inevitabilmente ha delle conseguenze. (LIBRO IX-CAPITOLO III :ROTTURA DELLE AMICIZIE Le amicizie non sono eterne, ma vivono la realtà degli uomini. Quindi incontrano le stesse difficoltà che incontrano gli uomini. Aristotele dirà come si deve rompere un’0amicizia.)  Quando due persone virtuose si legano in un rapporto di amicizia e cercano nell’altro quello che sono essi stessi; come va definito tale rapporto? Second Aristotele l’amicizia-amore degli atri si fonda sull’AMORE DI SE’. Nel LIBRO IX- CAPITOLO VIII viene fuori il problema dell’EGOISMO, in cui Aristotele parla di ciò che significa “amore di sé”: - L’amore di sé egoistico è caratterizzato dal fatto che io mi voglio talmente bene al punto di cercare tutto ciò che mi fa comodo e mi provoca piacere, fregandomene degli altri. - L’amore di sé per quello che uno è. Se una persona cerca di vivere in maniera virtuosa e attuare la propria umanità secondo i valori + alti che Aristotele ci ha indicato, ovviamente non può odiare sé stesso. L’uomo che vuole costruire una proprio umanità piena è chiaro che AMA I VALORI A CUI CERCA DI UNIFORMARSI. Solo se io davvero amo il bene posso realizzare delle relazioni sano. Secondo Aristotele “l’uomo buono non è mai in conflitto con sé stesso. Laddove un malvagio non lo è fino in fondo; ma fa delle cose che non vorrebbe fare (non ama se stesso, vive male il suo passato, volendo fare cose che non riesce a fare). Un sano rapporto, una sana amicizia, non può non essere fondato sui valori; altrimenti c’è inevitabilmente una dissociazione. CAPITOLO IV:  “i malvagi cercano persone con cui passare il loro tempo, ma fuggono sé stessi, giacché si ricordano delle loro molte cattive azioni(…..)Non avendo nulla di amabile, non provano alcun sentimento amorevole verso sé stessi. Uomini simili, poi, non provano gioie e dolori in unità con se stessi, perché nella loro anima c’è la guerra civile, e una parte, per la sua perversità, soffre quando si astiene da certe azioni, mentre l’altra ne gode, e una parte tira in un senso, l’altra in un altro, come per farli a pezzi. E se non proprio nello stesso tempo, perché non è possibile soffrire e godere nello stesso tempo, ma almeno poco tempo dopo soffre perché ha goduto, e vorrebbe che non gli fossero risultate piacevoli le cose di cui ha goduto: i malvagi, infatti, sono pieni di pentimento. L’uomo malvagio, quindi, manifestamente, non ha disposizioni amichevoli neppure verso se stesso, per il fatto che non ha nulla di amabile. Se, quindi, questo stato d’animo è troppo miserando, bisogna fuggire con tutte le proprie forze la malvagità e sforzarsi di essere virtuosi; così, infatti, si potrà essere amichevolmente disposti verso se stessi e diventare amici di altri.” Il malvagio prima e oltre ad esser malvagio dal punto di vista etico, è un malvagio dal punto di vista psicologico perché non sta bene in sua compagnia. Sono persone che non si vogliono bene, che non sono contente di loro stessi. Quindi Aristotele ci vuol far capire che un sano rapporto interpersonale può portare ad avere un sano rapporto con noi stessi, poiché noi parliamo tanto di amicizia e relazioni con gli altri, ma è importante tenere presente che tali rapporti si fondano sulle relazioni con noi stessi. Se dentro di noi c’è “la guerra civile”, difficilmente possiamo stabilire delle relazioni sane e positive con il nostro prossimo. L’uomo malvagio non è amico di se stesso e di conseguenza nemmeno degli altri. (colui che è in queste condizioni non ha di fronte a se una costruzione del proprio carattere) E’ possibile avere pochi o tanti amici? POCHI per 2 motivi principali: 1. Secondo Aristotele, un rapporto di amicizia va curato e la cura richiede tempo, dedizione ed interesse. Quindi questo non può riguardare oltre un certo numero di persone. 2. Non è facile trovare delle persone con le quali condividere un percorso di vita insieme. Proprio per questo secondo Aristotele le AMICIZIE VERE non possono che essere tra poche persone. L’esercizio di un’amicizia di questo tipo implica già di per se impegno e fatica. La definizione che Aristotele dà di amicizia “l’amicizia è una COINONIA” :cioè è una società/comunanza/comunione che implica una frequentazione constante (vedersi, lavorare, scambiarsi idee e progetti, condividere la vita) avendo alla base il BENE il quale è posto alla base del rapporto. Tutto questo richiede una costruzione del percorso in comune. (Aristotele all’interno della sua scuola parla di COLLABORATORI, cioè persone che lavorano insieme, idee, interessi comuni e che hanno voglia di mettere tutto insieme per costruire e costruirsi). -L’uomo ha tante dimensioni a cui si apre (marito e moglie dei contenuti, cittadini contenuti diversi) e in ciascuna delle quali inserisce dei contenuti specifici; questo fa la ricchezza dell’uomo, dei suoi interessi e della sua umanità. Quanto + l’uomo si apre a tante dimensioni e in ciascuna porta lo specifico di se stesso è positivo.  Può esistere un’amicizia tra DISUGUALI? L’amicizia tra marito e moglie è un’amicizia tra DISUGUALI perché dal punto di vista della società Greca, la donna era un gradino + basso dell’uomo. Aristotele difenda la natura della schiavitù e si chiede se possa esistere l’amicizia tra il padrone e lo schiavo: ovviamente NO. Secondo Aristotele può esistere un’amicizia tra disuguali nel riconoscimento dei rispettivi gradi di merito: può essere un0amicizia tra maestro-studente perché lo studente si renda conto di quanto bravo sia il maestro. Può stare in piedi a condizione che il meno uguale riconosca la propria non uguaglianza. Cosa si condivide con gli amici? Il meglio oppure il peggio di noi? (tra sapienti) Il meglio o comunque ciò che ciascuno di noi reputa esser il meglio. Nel LIBRO IX-CAPITOLO XII:  “Non bisogna, dunque, dire che, come per gli innamorati la vista dell’amato è la cosa che amano di più, e come essi preferiscono il senso della vista a tutti gli altri, perché è per questo senso soprattutto che l’amicizia sussiste e sorge, così anche per gli amici la cosa più desiderabile è il vivere insieme.” Come la vista è il senso + elevato che ci metteva nelle condizioni di vedere meglio e fa nascere l’interesse per l’altro (quando ci si vede), lui dice che “non dobbiamo dire che per gli amici la cosa più desiderabile è il vivere insieme” perché vivere insieme significa frequentarsi REGOLARMENTE.  “L’amicizia, infatti, è una comunione, ed il sentimento che si ha per se stessi, si ha anche per l’amico: la coscienza della propria esistenza è desiderabile, e lo è, per conseguenza anche quella dell’amico; ma questa coscienza è in atto (effettivamente operante) nel vivere insieme, cosicché è naturale che a questo si tenda. E per ciascun tipo di uomini, qualunque sia per loro il senso dell’esistenza, ovvero ciò per cui per loro la vita è desiderabile, è in questo che essi vogliono trascorrere il tempo in compagnia degli amici.” Ciascuno di noi ha un senso del proprio esistere, che non è il semplice sentire che siamo esistenti, ma è il progetto/scopo per il quale ciascuno di noi vive; il quale se non viene realizzato vengono creati tanti frustrati. -La dissociazione con sé stessi tra uno che vorrebbe fare e non fa, tra uno che vorrebbe ma non riesce ad essere. Per questo, alcuni passano insieme il tempo nel Simposio (momento del banchetto Greco, nel quale si discuteva e si faceva cultura), altri cacciano o fanno filosofia insieme. CAPITOLO XI: Aristotele si domanda se gli amici sono desiderabili nella cattiva o nella buona sorte. Esso crede che, non solo il momento del bisogno è il momento migliore ma bisognerebbe chiamare gli amici quando siamo in difficoltà (malato, triste..) perché in quel preciso momento, la costruzione di un progetto condiviso implica un’aire comune, un voler dare e costruire; quindi quando si è in difficoltà nulla di tutto questo è possibile. Alla base di tutto questo c’è la VITA e quando essa è “mortificata” facciamo una vita che non ci soddisfa; ma questo tipo di vita deve essere in pienezza. La coscienza della propria esistenza è DESISERABILE: quello che l’uomo deve realizzare è la pienezza di se stesso, vivere al massimo, secondo le capacità migliore di noi stessi e un uomo in difficoltà questo non lo può fare.  “La presenza degli amici nella buona sorte, invece, ci fa trascorrere piacevolmente il tempo, e ci dà il piacevole pensiero che essi godono dei nostri beni. Perciò si può ritenere che noi dobbiamo sollecitamente invitare gli amici a partecipare alla nostra buona sorte (ché è bello comportarsi da benefattori), ma esitare a chiamarli nella cattiva: bisogna, infatti, farli partecipare il meno possibile ai nostri mali. Di qui il detto: "Basto io ad essere infelice!". Invece, bisogna fare appello agli amici, soprattutto quando possono renderci un grande servigio senza grande molestia per loro. Viceversa, conviene senza dubbio che noi andiamo a soccorrere gli amici sfortunati senza farci chiamare, e sollecitamente (giacché è proprio di un amico fare il bene, e soprattutto a coloro che si trovano nel bisogno, anche se non pretendono nulla: per entrambi, infatti, è più bello e più piacevole). Quando sono nella prosperità, invece, bisogna andare da loro sollecitamente se si ha intenzione di collaborare alla loro attività (anche per questo, infatti, c’è bisogno di amici), ma senza fretta se si intende riceverne dei benefici: non è bello, infatti, mostrarsi impazienti di ricevere dei servigi. Ma, senza dubbio, nel rifiutare, dobbiamo evitare di farci giudicare villani: talora succede. In conclusione, la presenza degli amici è manifestamente desiderabile in tutte le circostanze.” La vita dell’uomo se non si manifesta in pienezza del fare/nell’agire/ nel realizzarsi è una vita NON UMANA, perché ogni processo è in vista di un fine. L’uomo che non lo fa, non risponde al suo progetto ontologico e che sarà sempre non in buona relazione con se stesso. Per Aristotele il fine dell’uomo è la realizzazione della sua natura. (Rousseau contrappone il buon selvaggio all’uomo colto. Per Aristotele lo stato di natura non è quello del buon selvaggio all’inizio, ma è alla fine perché secondo lui l’uomo realizza la sua natura quando matura e fa ciò che ci sia aspetta da lui: pensa, collaboratore, produttore, quindi un uomo attivo. ). La vera natura dell’uomo è la cultura: uomo colto e realizzato a livello culturale. La natura è ciò che realizziamo alla fine del lavoro di fabbrica e costruzione della propria umanità, che non può essere unitario ma condiviso. Quando l’uomo ha realizzato questo. Allora è un uomo virtuoso perché ha realizzato tutte le proprie capacità/qualità. (felicità, virtù, amicizia vanno tutte nella stessa direzione di realizzazione dell’uomo). 29 NOVEMBRE ARISTOTELE e le PASSIONI Le passioni sono l’amore, odio, paura, ira… e Aristotele le collega con una particolare facoltà della psiche/dell’anima che lui chiama “APPETITO SENSITIVO”. “Appetito” significa desiderio/pulsione spinta a… legata alla sensazione; cioè noi attraverso le sensazioni entriamo in contatto con il mondo e a seconda di come si presenta il mondo (ostile, amichevole, pauroso..) reagiamo di conseguenze.  “Tragedia, è dunque imitazione di un’azione seria e compiuta, di persone che agiscono e non tramite una narrazione, la quale (azione tragica/tragedia) per mezzo di PIETA’ e PAURA porta a compimento la DEPURAZIONE (catarsi) di queste emozioni.” Le 2 emozioni tipiche dello spettacolo tragico sono: - PIETA’/COMPASSIONE/SOLIDARIETA’ - PAURA Queste perché, vi è un’identificazione con il personaggio oggetto della tragedia, cioè visto che il personaggio è un umo come me, io provo delle emozioni legatela fatto che quello che capita al personaggio sul palcoscenico, potrebbe capitare anche a me. I personaggi tragici non sono personaggi personali, ma sono uomini come noi, e proprio per questo provo compassioni/solidarietà e allo stesso tempo paura per me. -Aristotele dice che “per mezzo della pietà e della paura porta a compimento la depurazioni di tale” cioè il fatto di provare queste emozioni me le depura. C’è da tenere presente che Aristotele non chiarisca sempre tutto, dato che di “catarsi” lui parla anche all’interno della “POLITICA” al capitolo 7-libro 8, dicendo le stesse cose e rimandando alla poetica (testo sopra). Infatti, ci sono state dare tante interpretazione a tale espressione. Cosa significa il termine CATARSI? Significa liberazione, purificazione, depurazione ed è usata soprattutto in materia MEDICA. (se io faccio uno starnuto o un colpo di tosse: qualunque eliminazione di qualcosa di troppo è una catarsi per i medici). Questo non significa che Aristotele utilizza tale termine con un significato medico, ma sicuramente lo tiene presente: liberazione da qualcosa che tiene genera problemi a noi. -L’interpretazione + plausibile: probabilmente Aristotele vuole dire che, quando io vado a teatro provo paura, provandola in relazione alla paura che viene generata da ciò che sta vivendo il personaggio nella scena, provandola anche io, ma non in maniera personale/diretta. In questo modo, vivendola in maniera meno personale, io in qualche modo mi libero dalla passione nella maniera + violenta; perché quando provo una passione in modo diretto e personale, la provo in maniera + incontrollabile. Se io filtro questo tipo di esperienza in maniera non direttamente vissuta, ma filtrata dal distanziamento, in qualche modo possiamo dire che ci depuriamo dalle passioni nella loro forma più violenta. Quindi, in un certo senso NON ME NE LIBERO, MA ME NE DEPURO. Questo perché le passioni vanno gestite e depurandole da ciò che hanno di eccessivo, vi è una sorta di sublimazione e limitate in maniera meno opprimente/violenta. Non è che lo spettacolo ci lasica indifferenti, genera delle reazioni in noi nei confronti di ciò che sta succedendo e quindi nei confronti del mondo in cui sta succedendo una certa cosa; ma siccome io non le provo in maniera diretta, mi libero dalla competente + ingovernabile della passione e la vivo in maniera meno violenta. Comprendere l’amicizia in Platone e Aristotele significa comprendere le dimensioni dell’anima: la natura, le parti o funzioni che la qualificano: ● aristotele: l'anima è forma del corpo, un principio della vita immanente nelle cose inanimate e delle quali rappresenta la causa formale, efficiente e finale. L’anima è un tutt'uno con il corpo, attualizza il corpo e lo rende vivente, ● platone: l’anima è sia il principio vitale che il centro della vita di ogni individuo. Concezione duale e non tutt’uno. L’anima è distinta dal corpo e se ne separa definitivamente al momento della morte. AMICIZIA E AMORE NEL PENSIERO ANTICO Nella tradizione quando si parla di amore e amicizia solitamente si usano i termini: ● eros: amore erotico, dimensione carnale ● philia: amicizia come rapporto tra persone che sono legate da affetto, simpatia, interessi ecc ● agape: legame con valore caritatevole, amore gratuito Sin dalle origini della grecità il tema del legame amore Anassimandro, che sostiene che in qualche modo è l’amicizia che regola i rapporti cosmici. O ancora Empedocle per cui l’amicizia è principio di coesione che tiene insieme gli elementi. Tra il V e il IV secolo il tema dell’amicizia diventa ancora più centrale nella riflessione filosofica e non va più intesa come legame tra forze cosmiche. Con Socrate abbiamo la svolta: l’amicizia viene ad essere intesa come qualcosa che riguarda l’uomo, è un principio vitale che regola non solo il rapporto con gli altri ma anche la propria realizzazione personale. L’amicizia si fonda sulla virtù e si realizza solo tra uomini virtuosi che rispettano la ragione AMICIZIA E AMORE NEL PENSIERO ANTICO Nella tradizione quando si parla di amore e amicizia solitamente si usano i termini: ● eros: amore erotico, dimensione carnale ● philia: amicizia come rapporto tra persone che sono legate da affetto, simpatia, interessi ecc ● agape: legame con valore caritatevole, amore gratuito Sin dalle origini della grecità il tema del legame amore amicizia è centrale con riferimento al legame tra guerrieri come un qualcosa che lega persone per valori eroici (esempio Achille e Patroclo). Nel mondo prefilosofico l’amicizia è oltretutto un legame di solidarietà, di vicinanza a qualcuno che ci è estraneo ed intesa come legame tra forze cosmiche. Con Socrate abbiamo la svolta: l’amicizia viene ad essere intesa come qualcosa che riguarda l’uomo, è un principio vitale che regola non solo il rapporto con gli altri ma anche la propria realizzazione personale. L’amicizia si fonda sulla virtù e si realizza solo tra uomini virtuosi che rispettano la ragioneAMICIZIA E AMORE NEL PENSIERO ANTICO AMORE-AMICIZIA NEL PENSIERO ANTICO Nella tradizione quando si parla di amore e amicizia solitamente si usano i termini: ● eros: amore erotico, dimensione carnale ● philia: amicizia come rapporto tra persone che sono legate da affetto, simpatia, interessi.. ● agape: legame con valore caritatevole, amore gratuito. Sin dalle origini della grecità il tema del legame amore amicizia è centrale con riferimento al legame tra guerrieri come un qualcosa che lega persone per valori eroici (esempio Achille e Patroclo). Nel mondo prefilosofico l’amicizia è oltretutto un legame di solidarietà, di vicinanza a qualcuno che ci è estraneo ed identificata anche come l’ospitalità data dallo straniero.  Il tema dell’amicizia è centrale nella filosofia tanto che il termine filosofia significa amore per il sapere. Questo rapporto viene poi a raffigurarsi come un rapporto che lega figure che tendono a sophia e si alimenta nelle scuole filosofiche, dove si creano unioni tra amici con valenza ideologica. -I fisici greci (V sec) danno dell’amicizia una spiegazione puramente meccanicistica: la philía non era altro che la forza cosmica positiva che presiedeva all'unione dei corpi. Ad esempio possiamo pensare ad Anassimandro, che sostiene che in qualche modo è l’amicizia che regola i rapporti cosmici. O ancora Empedocle per cui l’amicizia è principio di coesione che tiene insieme gli elementi. -Tra il V e il IV secolo il tema dell’amicizia diventa ancora più centrale nella riflessione filosofica e non va più intesa come legame tra forze cosmiche. Con Socrate abbiamo la svolta: l’amicizia viene ad essere intesa come qualcosa che riguarda l’uomo, è un principio vitale che regola non solo il rapporto con gli altri ma anche la propria realizzazione personale. L’amicizia si fonda sulla virtù e si realizza solo tra uomini virtuosi che rispettano la ragione. -Questo, tema viene affrontato anche da altri 2 autori importanti: Platone e Aristotele. Per capire il loro pensiero sul rapporto di amore-amicizia; è necessario comprendere le dimensioni dell’anima: la natura, le parti o funzioni che la qualificano: ● Aristotele: l'anima è la forma del corpo, un principio della vita immanente nelle cose inanimate e delle quali rappresenta la causa formale, efficiente e finale. L’anima è un tutt'uno con il corpo, attualizza/coordina/organizza il corpo e lo rende vivente . ● Platone: l’anima è l’uomo. Concezione duale e non tutt’uno. L’anima è distinta dal corpo e se ne separa definitivamente al momento della morte. FEDRO Il Fedro, è un dialogo, scritto da Platone intorno al 370 a.C; che vede come protagonisti Fedro e Socrate. L'obiettivo dell'autore è mostrare il modo corretto in cui si devono fare i discorsi, attraverso le 3 tematiche che presenta il dialogo: - il tema dell'amore, intrecciato con l’amicizia: in questo dialogo è di tipo paradossale in quanto si esprime il concetto che è meglio amare chi non ci ama piuttosto che chi ci ama. - come si crea un discorso - il valore della scrittura: Fedro aveva affermato di aver imparato a memoria il discorso di Lisia, ma in realtà non si ricordava correttamente i suoi passaggi questo però è un concetto che possiede una contraddizione in quanto Platone ha sempre condannato la scrittura. Socrate, appena fuori dalle mura di Atene, incontra Fedro che proviene dalla casa di Lisia, un oratore. I due decidono di andare in un posto tranquillo, sotto un platano e qualcuno dice che sia stato scelto proprio questo albero perché il suo nome ricorda Platone e questo significa che anche se Platone non era presente nella scena, viene introdotto simbolicamente. Qui, Socrate incita Fedro a leggergli l’orazione di Lisia sull’amore. Il filosofo riconoscerà l’abilità retorica di Lisia, ma non è d’accordo con quello che dice e, dopo le sollecitazioni di Fedro, improvvisa un’orazione sul medesimo tema. È importante analizzare il concetto affrontato da Lisia, ovvero “perché è giusto amare chi non ci ama e non chi ci ama” ed i punti che analizza Socrate sono 12: 1) il pentimento perché chi ci ama e ci abbindola/adesca nel suo amore prima o poi si pente mentre chi ha con noi un rapporto di amicizia non potrà mai pentirsi di aver fatto cose durante un momento di perdita di lucidità (questo è basato sull'idea che questo amore transitorio). 2) il resoconto: le persone scoprono di essere danneggiati e quindi chi dà per primo arriva ad una fase in cui non dà più nulla 3) gli innamorati credono di essere malati di mente in quanto, quando amiamo ci vergogniamo perché facciamo delle cose che non faremmo mai (se è una malattia è anche una situazione transitoria e quando si guarisce ci si rende conto di ciò che è stato detto e fatto) 4) limite: l’amato ha una scelta limitata tra le persone che lo amano; mentre è più vasta tra chi non lo ama 5) isolamento, le persone innamorate di noi tengono lontano l'oggetto del desiderio da persone che possono essere più ricche ed intelligenti di loro, trasformandolo in un soggetto senza amici 6) scopi fisici: chi è innamorato non ama la persona nella sua totalità ma ha scopi prettamente fisici e una volta che il desiderio è stato appagato, il mio desiderio svanisce. Questo perché il principio su cui si basa l'amore per i Greci è un principio puramente visivo. 7) No crescita: chi è innamorato non vuole far crescere la persona che ama (inoltre nel dialogo platonico si parla di innamorato e amato al maschile). Per corteggiare qualcuno l'innamorato tende ad elogiare qualsiasi cosa faccia l'amato, privandolo della possibilità di crescere ed eliminando un possibile dinamismo. 8) ci sono 2 tipi di amanti: - gli amanti sfortunati (vede tutto negativo) e - gli amanti fortunati (vede bellezza anche dove non c'è) 9) contenimento delle emozioni: chi è innamorato è estremamente vulnerabile perché non riesce a contenere la rabbia 10) ammirazione: non necessariamente l'amore deve partire da una profonda ammirazione verso l'altro. 11) Bisogno: chi è innamorato è bisognoso perché secondo lui dovremmo essere sempre pronti a stargli accanto. 12) Reciprocità: bisogna amare le persone che possono contraccambiare il nostro amore anche quando saremo vecchi e quando non avremo più la forza per innamorarci nuovamente perché quell'amore, proprio perché visto come una malattia che guarisce è un amore che si esaurisce. Socrate farà due discorsi: PRIMO DISCORSO DI SOCRATE Il primo è una ripresa di quello di Lisia, ma successivamente si rende conto di star affermando concetti negativi verso gli dei ed esegue una palinodia ovvero un discorso in cui si trattano concetti già precedentemente affrontati. -Per affrontare una discorso filosofico vanno fatte varie premesse tra cui definire l'amore: egli afferma che l'amore è una forma di desiderio ed usa un termine ambiguo da tradurre ovvero "epithymia", parola greca composta da una preposizione che in greco significa "stare sopra con contatto" e la seconda parte traducibile con "anima" ed è la parte calda di noi e delle nostre emozioni. Se l'amore è desiderio, per distinguere chi ci ama e chi non ci ama basta vedere come si compone questa anima che noi abbiamo, che è quindi fatta da due spinte essenziali: - - il desiderio di provare piacere e - - la capacità di acquistare un'opinione che tende verso il bene: mentre una è frutto oooooooo dell'istinto l'altra è frutto del ragionamento. Questi due principi raramente si accordano e sono quindi in conflitto tra loro; se prevale il piacere allora l'anima tende all'eccesso ma quando predomina la parte dell'anima che tende al bene, c'è la temperanza. Il desiderio è essenzialmente la ricerca del piacere e chi tende al desiderio cerca di ottenere più piacere possibile dall'oggetto del desiderio ed è per questo che l'amante non tollera che l'amato sia superiore a lui e cercherà sempre di renderlo più debole ed inferiore (e quindi inevitabile che l'innamorato sia geloso in quanto segue un suo impulso di desiderio e tale impulso porta al possesso ed alla volontà di con tenere l'oggetto, per evitare che finisca in altre mani). -Parliamo quindi di mania, cioè una follia divina causata da un Dio che entra dentro di noi e ci porta in uno stato di alterazione, e ne ricordiamo vari tipi:  mania delle profezie: è il sapere di Apollo ed è utile perché ci fa conoscere delle cose che altrimenti non sapremmo attraverso le previsioni;  mania telestica: che si ha durante i rituali in onore del Dio Dioniso (rituali del vino) il quale, entrando dentro di noi ci fa capire cosa significa essere Dio poiché proviamo per qualche istante cosa significa non provare dolore, eliminandoci l'ossessione e la paura della morte;  mania delle muse: che entrando nel corpo di costringono a scrivere poesie;  mania erotica di Eros, che ci fa seguire l'amore. -Proprio perché la polis non esiste più e di conseguenza viene a mancare il radicamento dell’uomo nella polis, emerge una nuova forma di radicamento: gli uomini proprio perché non sono radicati in una città particolare, si sentono sempre più dei cittadini di un’unica città: il MONDO. Accanto all’INDIVIDUALISMO c’è il COSMOPOLITISMO. EPICURO E’ un cittadino che si trasferisce ad Atene in un secondo momento, dove crea un giardino per creare le condizioni per il raggiungimento della sua pace interiore. Uno dei motti di Epicuro e dell’Epicureismo è “vivi nascosto”. Quindi non impegnarti nella politica e in ciò che porta a delle tensioni inutili, perché lo SCOPO è la tranquillità interiore. -La concezione atomistica che viene recuperata ha lo scopo di LIBERARE L’uomo da una serie di PAURE. Le paure che secondo esso tolgono la tranquillità e la pace all’uomo sono: o paura degli Dei: di vivere nella continua tensione di “no hp fatto questo sacrificio” quindi gli Dei si vendicheranno. Quindi, per Epicuro, gli Dei vivono per conto loro negli spazi tra i mondi (spazi celesti), del tutto disinteressati della sorte dell’uomo, in una vita beata e non hanno bisogno di sacrifici, preghiere e non si aspettano niente e di conseguenza non si arrabbiano se gli uomini non fanno certe cose. Quindi, secondo la concezione di Epicuro gli Dei non sono un a minaccia della nostra tranquillità. o paura della morte: dell’aldilà/pene/castighi. Secondo Epicuro, noi uomini siamo fatti di atomi che al momento della morte si scompone e di conseguenza noi ritorniamo nel nulla. Non c’è un’immortalità né dell’anima né di nulla, ma ci scomponiamo e non dobbiamo temere delle pene o dei castighi. Un asia massima famosa recita “quando ci siamo noi non c’è la morte, quando non c’è la morte ci siamo noi”: quando noi siamo vivi e capaci di snetire/percepire non c’è la morte, ma nei momento in cui gli atomi, il composto di cui io sono formatop si scompongono, noi non sentimao + e non possiamo provare nessun tipo di dolore. La vita e la morte sono 2 momenti INCOMPATIBILI. o paura del dolore: dolore fisico. Secondo Epicuro il dolore è un qualcosa di dominabile perché, normalmente i dolori che ci affliggono sono sopportabili e quando lo sono meno bisogna cercare di rimuovere e andare con la memoria a momenti sereni, tranquilli, di pace interiore; cercando di allontanare i pensieri dal concentrarsi dal dolore di quel momento. Se il dolore è insopportabile significa che la vita ci sta lasciando e dobbiamo solo aspettare. “siamo materia e materia restiamo” o ansia di possedere e di avere: questa genera un sacco di affanni. Secondo Epicuro, l’uomo deve vivere conforme a natura, cioè ciò di cui siamo fatti. La natura chiede poco, perché per sopravvivere abbiamo bisogno di poco: bere, mangiare e dormire. (non è necessario mangiare cibi pregiati, basta un pezzo di pane). Quindi, i beni NATURALI e NECESSARI, conformi a ciò che noi siamo, sono semplici e non devono generare nessun tipo di affanno. Tutto ciò che non è non natura è non necessario: ricchezze, la bella macchina, cibo raffinato. Il criterio di vita, secondo il quale, Epicuro vuole che l’uomo viva e si comporta è il CRITERIO del PIACRE e del DOLORE. Il piacere è assenza di dolore: ho fame, mangio un pezzo di pane e finisce il dolore oppure ho sete, bevo un bicchiere di acqua e finisce il dolore. Quindi non è un piacere in movimento, ma STATICO che porta a togliere il motivo del dolore. -Ecco perché evitare le passioni, di impegnarsi nella vita politica, nella ricerca di beni non necessari e richiesti dalla natura; perché la vita secondo natura è anche la vita conforme alla nostra realtà autentica. “vivi nascosto”: più tranquillo te ne stai e meglio è. AMICIZIA: l’unico sentimento che promuove è il sentimento di amicizia tra poche persone, con semplicità ed essenzialità. “L’amicizia vissuta così si accontenta di poco e dà molto, perché se vissuto in maniera autentica non produce egoismo”. tutto questo dovrebbe provocare l’ATARASSIA, cioè assenza di dolore, il quale è lo scopo della vita e il raggiungimento della felicità. STOICISMO Essa recupera la visione di Eraclito della realtà: essa è ricondotta ad un soffio vitale eterno che viene rappresentato come un FUOCO oppure come un LOGOS (ragione). Quindi il principio di tutto è un PRINCIPIO RAZIONALE e proprio per questo IMPERSONALE (non è un Dio con un nome e cognome, capace di intendere e volere). E’ un principio COSMICO che ciclicamente produce le cose ciclicamente le distrugge: processo di crescita e distruzione eterne. Il mondo raggiunge un certo sviluppo, il mondo va in fiamme si consuma e poi ricomincia a vivere. -C’è una sorta di “sganciamento” dall’idea che noi siamo all’interno di un mondo dove ci sono gli Dei, ma è un mondo impersonale e nei confronti del quale, se siamo saggi, possiamo solo adeguarci. Tanto che, dagli stoici, questo mondo è chiamato in 2 modi: o FATO: per sottolineare la realtà deterministica con cui tutto avviene o PROVVIDENZA: nel senso che questo principio chiamato logos è assolutamente giusto e razionale. La libertà coincide con la necessità, per questo tutto quello che l’uomo deve fare se è saggio è adeguarsi a questo ordine. Se io mi ostino a pensare di esser libero e che quindi ci sia la possibilità di fare andare le cose in maniera diversa da come vanno, mi creo solo dei problemi, perché mi creo un mondo illusorio, tanto da starci anche male. Quindi, siamo in un universo retto dalla necessità (fato) dove la libertà consiste nell’adeguarsi al fato e anche se io non mi adeguo, il fato mi trascina. Colui che si adegua e capisce il come stanno le cose, senza andarci contro è il SAGGIO: esso legge la presenza di una “regola” che però in quanto logos è una legge giusta, anche se mi fa morire sotto un masso che mi cade in testa, non c’è una spiegazione. Di conseguenza, il precetto che gli stoici suggeriscono all’uomo è l’ADEGUAMENTO: chi non si adatta e crede il contrario lo può fare ma avrà solo grandi delusioni e sofferenze, a differenza di coloro che si adegueranno, i quali vivranno bene, senza aspettarsi nulla e capendo che quello che accade deve accadere e basta.  Perché l’uomo può essere sereno se si adegua? Perché non si aspetta niente, non vuole nulla se non ciò che avviene, ed “ama” la necessità. -Tutte le passioni e le reazioni non hanno senso (avere paura di, temere qualcosa..)perché non esprimono qualcosa che dipende da me e di conseguenza percepire il mondo come “pauroso” “oggetto di speranza” non ha senso, dato che il mondo è ciò che deve essere. (le passioni vanno scardinate perché non hanno fondamento nella realtà). Quindi cosa deve fare l’uomo? Vivere con razionalità, senza natura cioè vivere secondo quello che noi siamo che è esattamente ciò che è il mondo: concezione panteista. Se l’uomo capisce questo, elimina tutte le paure, speranze e questa condizione di “apatia” è anche la condizione dello stare bene, poiché è l’eliminazione di tutto quello che crea una sensazione di malessere, che non ha nessun senso. -Anche lo Stoicismo si propone di attuare una sorte di “pacificazione interiore” che nasce dalla consapevole e rassegnata accettazione di un fatto inevitabile: non c’è spazio alla libertà. OBIEZIONE ALLO STOICISMO: “se io non sono libero e di conseguenza è già previsto che io sono destinato ad esser uno stolto e non un saggio, che colpa ne ho se continuo a credere nella libertà?” NEOPLATONISMO E’ una filosofia di lunga durata, che ci porta ad una nuova era. Plotino, il fondatore vive nel III secolo d.C. quindi siamo in una filosofia “post-cristo” e con questo è necessario sottolineare, come il Cristianesimo e la filosofia Greca convivono. Il Cristianesimo introduce una nuova concezione del mondo, di Dio e dell’uomo ma non è impermeabile alla filosofia. E’ un fatto vero e proprio che con il Cristianesimo hanno dovuto fare i conti tutte le filosofie successive, comprese quelle che lo negavano (filosofi atei). -La comparsa del Cristianesimo è un fatto storico e culturale di una importanza decisiva, aldilà dell’adesione o meno, e come tale dobbiamo tenerle conto: l’incontro della Bibbia con la filosofia Greca è avvenuto molto prima della nascita di Cristo perché già nel III secolo a. C. sotto i Tolomei, ad Alessandria d’Egitto si stabilisce una forte componente Ebraica, che traduce in Greco ciò che ad oggi è l’’Antico Testamento. PLOTINO Vive in un contesto che prevende anche la presenza del Cristianesimo. Quando lui parla di Neoplatonismo vuole dire che si tratta di ripristinare gli antichi valori della filosofia classica, con in primis Platone. Plotino, in realtà crea una nuova filosofia in cui non c’è solo il PLATONISMO, ma anche l’ARISTOTELISMO, STOICISMO e anche CRISTIANESIMO. La sua concezione è di uscita di tutte le cose, dal primo principio che lui chiama “UNO oppure BENE” il quale è talmente trascendete, che non si può dire nulla se non che è: o Uno, cioè privo di molteplicità ed o Bene come origine di tutte le cose E’ la prima volta che un filosofo Greco dice che tutto deriva da un PRINCIPIO TRASCENDENTE, e questo è chiaramente un’influenza del Cristianesimo. -La derivazione delle cose dall’UNO avviene, stando agli esempi che fa, a causa di un processo necessario, si parla di “emanazione”. Quindi sembrerebbe che l’Uno sia talmente ricco che tutto deve derivare. Questa derivazione per gradi discendenti arriva fino all’uomo. In una concezione che restaura il Platonismo e che discende da un primo principio trascendente fino ad arrivare alla materia, la quale viene definita come il “non essere”; essa ci dice che l’uomo deve fare il cammino opposto e ritornare verso l’UNO. Questa uscita delle cose dall’uno ha come suo processo NECESSARIO il ritorno all’uno. L’uomo diventa il consapevole esponente del ritorno all’uno, il quale si rende conto del cammino opposto di progressiva eliminazione della materia e di progressiva elevazione allo spirito. Come avviene il ritorno dell’uomo all’UNO? Attraverso un progressivo elevarsi: - La prima cosa che l’uomo deve fare è attraverso la bellezza, sollevarsi via via alle realtà spirituali: dal bello corporeo al bello incorporeo in maniera progressiva. - Un altro modo per elevarsi all’incorporio è praticare le virtù ed in particolare la GIUSTUZIA, poiché secondo Plotino tutto questo ci abitua a lavorare con concetti spirituali. - E poi, via via attraverso questa progressiva purificazione, che è anche una spiritualizzazione, l’uomo deve arrivare ad una vera e propria EXTASI, che significa “distaccarsi da sé per riunirsi all’uno”. Il concetto di EXTASI ha a che fare con IL Cristianesimo, ma esso è frutto della grazia di Dio e non del nostro sforzo. -Quindi, la condizione dell’uomo nel Neoplatonismo è una condizione di un’esser profondamente calato nella materia e da essa deve muoversi per liberarsi e ritrovare il principio unitario (anima (esempio: ho un buco sul maglione, per definirlo si ha bisogno di parlare di ciò che sta intorno ad esso) per parlare del male devo parlarne in relazione del bene. (parlo della cecità solo in relazione al mio fisico che funziona bene). Successivamente torna al Cristianesimo grazie al: - NEOPLATONISMO, il quale con la sua dottrina “del male come non essere” gli dà delle risposte. Da questo punto la sua vita è quella di un CRISTIANO, impegnato a:  CAPIRE  COMPRENDERE  SPIEGARE  SISTEMATIZZARE Che cosa? Il dato di FEDE, diventando un filosofo nel vero senso della parola. Affronterà tutta una serie di temi alla luce del doppio comandamento “credere per capire e capire per credere”. Questa relazione tra dato di fede e ragione naturale, le quali collaborano per arrivare ad uno scopo comune: quello di capire il SENSO DELL’ESISTENZA, quindi DARE UN SENSO AL PROPRIO VIVERE. Agostino farà ampio riferimento al Platonismo e Neoplatonismo per capire “chi è l’uomo”. Le confessioni, sono autobiografia in cui parla di se ma attraverso di esse anche dell’uomo in generale, quindi ci consente di capire COME LUI VEDE L’UOMO e COME E’ L’INTERIORITA’ dell’uomo. (ciò che lui chiama memoria può essere tradotta con coscienza: il profondo di noi stessi dove Agostino prende tutto ciò che ritiene da fare, fino ad affermare “nell’interiorità dell’uomo c’è la verità” cioè la necessità di ritornare in sé stessi e di andare nel proprio io + intimo e profondo.) RIFLESSIONE: (domanda da una ragazza) Tutto deriva da un principio unico, che Plotino chiama UNO oppure BENE e che è talmente trascendente rispetto al mondo, infatti è spirituale, che non si può dire nulla di esso se non che è 1 cioè assenza di molteplicità; e che è bene, cioè assenza di male. E’ un principio totalmente altro dal mondo, tanto che con Plotino nasce la TEOLOGIA NEGATIVA: è talmente altro da noi che a Dio si può solo parlare al negativo. Si può arrivare a dire che Dio non è bene, non è essere; ma non per negarle a Dio ma che lo è in manera altra rispetto a noi. -Di conseguenza tutto ciò che si “allontana” progressivamente dall’uno è sempre meno spirituale ed è sempre + legato al materiale, fino a quella che è l’ultima deriva del processo, che è la MATERIA. L’altro estremo rispetto all’UNO, quindi il molteplice, il materiale.. che essendo altro dall’uno è il “NON 1” e quindi anche il “NON ESSERE”. Per un Cristiano, come Agostino questo non funziona poiché la MATERIA non è qualcosa che rappresenta la deriva, ma è stata creata da Dio esattamente come tutto e di conseguenza è buona, anche se “meno” buona/perfetta di Dio proprio perché è stata creata. (Tutto ciò che è creato è meno perfetto del creato). Alla luce di questa visione la MATERIA è meno perfetta dello Spirito. Agostino, che aderisce ala Manicheismo, contrapponendo il principio del bene e il principio del male (creatore della materia) ad un certo punto crede che fossero reali solo le cose materiali, corporee e che si toccano; mentre Plotino lo aiuta a capire la dimensione spirituale, quindi di ciò che è essere di bontà e pienezza anche se non si tocca; quindi superare una visione MATERALISTICA della realtà. (i sentimenti non si possono pesare o vedere ma sono reali). Quindi Agostino inizia a capire che la dimensione dello spirituale è attribuibile a Dio, in un certo senso Agostino recupera il valore della Bibbia (s coprendo che il Dio Biblico può essere pensato spiritualmente come Plotino) attraverso il Neoplatonismo. Quindi, si vede il RIPENSAMENTO (Bibbia non è libro filosofico ma continue nozioni che interessano la filosofia), grazie alla filosofia, Agostino RECUPERA una visione della realtà, quella Cristiana, comprendendola nella sua correttezza e profondità, poiché il Dio della Bibbia è spirituale, che is presenta con delle caratteristiche personali: - Capace di intendere volere (decide di creare e di rivelarsi all’uomo) - Capace di essere un individuo singolo - Capace di entrare in una relazione (come tutti gli uomini) Differenza tra libero arbitrio - Libertà di Dio: sempre libertà do bene - Libertà dell’uomo: con anche la possibilità di scegliere il male Essenza del libero arbitrio (ciò che pensano tutti gli autori Cristiani): Io sono libero non perché posso scegliere fra bene o male, ma io sono libero se sono capace di scegliere sempre il bene e quindi ciò che va fatto e non quello che mi danneggia. Il male lo scegliamo sempre in quanto essere un bene, poiché quando scegliamo di fare il “male” “il peccato” lo scegliamo perché PENSIAMO che sia il bene, nessuno è autolesionista da scegliere il male. Quello che viene scelto si considera sempre BENE per noi, ma a volte ci sbagliamo. (fare il male è segno di INCAPACITA’/IMPOTENZA capire dove sta il bene) Di conseguenza lo scegliere il male al posto del bene, non è segno della mia libertà ma è segno del LIMITE della mia incapacità di vedere il bene, dove davvero c’è. -Evidentemente questo Dio che non può fare il male, ma ha il libero arbitrio sceglie solo il bene e anche l’uomo se fosse sempre VIRTUOSO dovrebbe sempre scegliere il bene, quello che SI DEVE fare. (libertà: scegliere ciò che è giusto perché è giusto e non perché mi fa comodo). CONTINUO SU AGOSTINO: Agostino, è impegnato nell’opera di chiarificazione su alcuni grandi temi, ma sempre partendo dal PRINCIPIO che la “verità è dentro di noi”. Esso, riesce a superare lo scettiscismo, il quale ci dice che noi dobbiamo dubitare di tutto perché non siamo e non possiamo essere sicuri di nulla. Secondo Agostino, si può dubitare di tutto MA NON DEL FATTO CHE STO DUBITANDO e dunque non posso dubitare del fatto che sto pensando, e dunque del fatto che sto vivendo perché se non fossi vivo non penserei e se non stessi pensando non dubiterei. Queste sono tutte delle CERTEZZA INDUBITABILI che non divengono dall’esperienza esterna, ma che mi accorgo di me stesso perché io non posso dubitare del fatto di avere dei dubbi. Quindi, Agostino scopre che ci sono delle VERITA’ INDUBITABILI dentro di noi riflettendo semplicemente, utilizzando la nostra ragione, ma se esistono delle verità, esiste la verità, non è vero che tutto p in dubbio. E se esiste la verità, e questa sta dentro di me, + scendo dentro di me e + la trovo, è vero quindi che LA VERITA’ ABITA NELL’INTERIORITA’. Di conseguenza, le cose, il mondo esterno le verità cambiano, ma ci sono delle verità che non cambiano, che erano vere ieri, lo so oggi e lo saranno per sempre. Quindi esistono tutte delle verità che si sottraggono al dubbio, e questa verità viene identificata da Agostino con DIO. La Bibbia dice “essere fatti ad immagine e somiglianza di Dio”: secondi Agostino questo significa che dentro di me ho la possibilità di venire a contatto con Dio stesso, il quale abita dentro di me. (Dio è eterno ed immutabile: dentro di me ci sono verità eterne e immutabili che io scopro dentro di me). Quindi, non è il mondo esterno a darmi delle certezze, ma è il MONDO INTERNO: questo viene chiamato da Agostino “ILLUMINAZIONE”. L’idea del bene di Platone dice “è ciò che rende intellegibili le cose” e lui paragona queste con la luce, il sole. Agostino trova la luce dentro di sé, la luce della verità, l’ illuminazione. Se Dio mi ha creato e ha creato la mia anima oltre al mio corpo, “il marchio di fabbrica” a che mi ha impresso dentro di me è l’IMPRONTA DI SE STESSO e se vado a riscoprire queste verità dentro di me, su di esse posso riscoprire un percorso di ascesa a Dio. Dio non va cercato nel mondo, ma nella mia anima/coscienza. MEMORIA: Nelle “Confessioni”, Agostino dedica un libro intero (LIBRO X) alla MEMORIA, nella quale oltre ai ricordi ci sono tante altre cose: - le verità indubitabili - le verità della matematica - le verità della geometrica Tutte le verità prime che non ritrovo nell’esperienza, ma dentro di noi poiché sono state “messe” dentro da Dio. E’ vero che le conoscenze dell’uomo che partono dall’esperienza, ma c’è una parte di conoscenza che non vengono ricavate dall’esperienza, ma sono INNATE (inserite da Dio, che mi ha creato all’interno di me). Il compito dell’uomo è quello di scavare dentro sé. Oltre alle verità dentro di noi, c’è altro? Nelle confessioni, Agostino ripercorre le tappe della propria vita, sulla scia della propria MEMORIA e ritrovando sulla scia dei propri ricordi un senso di essa. Scavando dentro di se, recupera tutto il passato e cerca di mettere ordine al suo vissuto. Crede di aver trovato il senso della propria vita, di conseguenza rende grazia a Dio. Agostino, analizza in maniera “disincantata” il suo mondo, soprattutto quello della propria infanzia, che non è il mondo della chiarezza/innocenza e trasparenza, ma in base alla sua esperienza capisce che i bambini sono di una cattiveria unica. -Questo lo racconta nel 3 libro delle confessioni chiamato “il furto delle pere”. Ruba le pere dell’orto del suo vicino, un gesto sciocco e banale ma il gesto di “rubare” le pere che non erano nemmeno belle, diventano un motivo di attrazione: è attratto da RUBARE. Di conseguenza, capisce che all’interno dell’uomo si trova molti aspetti, in particolare la volontà. VOLONTA’ Il mondo Greco si è sempre occupato della ragione (controllare e moderare) e delle passioni, ma non ha mai messo in luce la VOLONTA’, poiché non la conosceva come “dimensione autonoma/distanza ed in conflitto con l’intelletto”. Con il mondo Cristiano, la volontà si codifica come alternativa all’intelletto. La ragione si trova di fronte la volontà, la quale è in contrasto con la ragione che il bene mi fa vedere. Infatti, o La ragione mi fa vedere che sarebbe bene fare una certa cosa; o La volontà mi dice che è vero ma a me piace fare un’altra cosa. Essa, il + delle volte, rispetto alla ragione, che mi presenta una realtà/bene teorica sul paino astratto, essa mi dice di fare un’altra cosa. -Non sono solo le passioni a spingere l’uomo, ma c’è anche la volontà. Agostino nelle confessioni dirà che l’uomo è un essere dissociato, dove confliggono energie non solo differenti tra di loro, ma dove all’interno di una stressa facoltà c’è un conflitto. Esso nell’8 libro delle confessioni dice:  “mentre io stavo deliberando di entrare finalmente al servizio di Dio, ero io a volerlo, io a non volerlo, ero io ed ero io” : mi piacerebbe, ma alla fine non mi piace più di tanto. Quindi la visione dell’interiorità dell’uomo si manifesta come qualcosa di molto complesso, poiché accanto alla mia ragione “buona” che mi dice cosa devo fare emi fa tenere a bada le mie passioni ed emozioni; c’è una componente razionale: volontà che segue dei suoi ragionamenti. (Ci sono delle situazioni in cui mettiamo in campo delle decisioni: se fare o meno una certa scelta). 1. Per Platone l’anima non è creata 2. Per Agostino si e in + la salvezza dell’uomo non riguarda solo l’anima, ma anche il corpo ed è creato da Dio e di conseguenza è buono in sé. IL copro e la materia non sono ciò che va disprezzato, non sono il male; non è necessario escludere il corpo dall’anima. Quindi il modello Platonico viene seguito, ma non del tutto: tutto funziona fino a quando si deve spiegare come stanno insieme un CORPO materiale ed un’ANIMA spirituale. Agostino dà delle definizioni di uomo, che molto spesso si identificano con le definizione che esso dà dell’anima: l’uomo in qualche modo è la sua anima. Per i Cristiani entrambe sono POSITIVE poiché sia anima che copro sono create da Dio e di conseguenza è tutto buono. -Quindi, Agostino si presenta come il primo grande autore che cerca di dare una visione dell’uomo + comprensiva possibile, cioè quella che lui viveva ed esperimentava dentro se stesso. (le confessioni sono autobiografiche, che ci dicono come Agostino vedeva l’uomo attraverso la sua vita). E’ stato colui che ha trasmesso una serie di informazioni alla filosofia successiva (medievale) che ha continuato a fare questo lavoro di sintesi, tanto che tra il XI e XII secolo c’è una riscoperta del pensiero Aristotelico e qui c’è la svolta. BOEZIO SEVERINO - Come fanno a coesistere due nature differenti: umana di Gesù e Divina? - Come possono 3 realtà essere un unico Dio senza essere 3 Dei distinti? Sono tutti problemi che i primi autori Cristiani hanno cercato di dare una spiegazione. E’ all’intero di questi tipi di problemi che nasce e si afferma un concetto, fondamentale nella filosofia che è quello di PERSONA. Non è un concetto Greco, anche se nasce in un contesto Greco. Quando si tratta di spiegare la relazione tra Padre, Figlio e Spirito sorge questo problema. Questo tema viene risolto da: BOEZIO SEVERINO, autore del V e VI secolo che vive all’interno della corte di Ravenna. Esponete della cultura latina-romana, è stato ad Atene ed il suoi progetto era quello di “tradurre l’intera opera di Platone e di Aristotele per far vedere che tutto sommato non erano così distanti come si dice”. Un progetto grandioso, legato alla sua visione Neoplatonica e che Boezio non riesce a portare termine a causa di problemi con il proprio RE, poiché lo accusa di complottare contro di lui ed insieme ad altri viene giustiziato. Quindi, esso lascia incompiuto un grande progetto. -Inoltre, si è occupato anche di opere TEOLOGICHE e dà questa definizione di persona:  “persona è la sostanza individuale di natura razionale” Esso tocca da vicino l’antropologia poiché siamo tutte noi persone. Boezio così dà delle caratteristiche della persona, traducendo il termine Greco di “maschera” i quali attori si mettevano nel volto quando recitavano. Significa: o persona è prima di tutto una sostanza, cioè qualcosa che esite di per sé autonomamente, distinta dagli altri e caratterizzata da una sua consistenza ontologica. Ciascuno di noi è quello che è, diverso da tutti gli altri con una propria fisiologia. o “individuale” cioè irripetibile, cioè c’è lui e basta ed è distinguibile dagli atri. C’è il valore dell’irrepetibilità. o Di natura razionale: persona è anche colui che è capace di intendere e di volere. Quindi questo distingue l’individui/persona umana da chi umano non è (pietra, animale pianta) Se la persona è tutto questo, vuol dire che è anche aperta a RELAZIONI: uomo è essere in grado di relazioni ma il soggetto di tale relazione è un soggetto irripetibile, una relazione particolare che non ha niente a che fare tra le relazioni tra piante o animali. (individualità irripetibile che portano gli uomini in una relazione tra di loro) LA SCOLASTICA Medioevo è un termine dispregiativo, dato dagli Umanistici per disegnare il periodo che li separava dal mondo Greco e che rappresentava un periodo di ignoranza e oscurità, pregiudizio ai loro occhi. Sta a significare età di mezzo e comprende circa 1000 anni. Età complessa e molto diversi 1000 anni gli uni dagli altri, difficilmente possono essere sintetizzati con un termine e basta; tanto che dovremmo dividere: - Alto Medioevo fino al 15esimo - Basso Medioevo fino al 14esimo -Il termine “scolastica” sta a sottolineare che il Medioevo è stata un’età che ha dato molta importanza alla TRASMISSIONE del SAPERE, la quale viene fatta all’interno delle scuole. (università è l’invenzione Medievale). L’idea che noi siamo in qualche modo dipendenti da una tradizione che cerchiamo di portare avanti, ma di cui siamo figli. Gli uomini del Medioevo non hanno preso le distanze dal passato perché sentivano di essere parte di quel mondo. Vi è il pensiero che il sapere veniva racchiuso in un insieme di discipline. -La trasmissione del sapere quindi richiede delle istituzioni: scuole che già esistevano nel mondo antico. In 1000 anni le tipologie delle scuole sono cambiate e di conseguenza vengono utilizzati a scopi diversi. o L’Alto Medioevo è soprattutto caratterizzato da SCUOLE MONASTICHE , cioè legate a dei monasteri e finalizzate alla formazione dei monaci di quei monasteri. o A partire dal XV secolo emerge un nuovo tipo di scuola, e vi è la nascita del COMUNE, quindi delle città come luoghi importanti dal punto di vista economico, sociale… si sente la necessità di portare la scuola all’interno delle città e non solo nei monasteri. Non significa che non vi erano + le scuole monastiche, ma nascono anche le SCUOLE CATTEDRALI (cittadine) con il fine di creare un ceto. o Successivamente in molte città Europee, molte delle scuole cattedrali si trasformano in delle UNIVERSITA’: definizione che davano nel Medioevo è la “corporazione degli studenti e dei maestri”. La corporazione è una sorta di “sindacato” che tutela coloro che fanno parte di una corporazione, i loro diritti e garantisce che all’interno di esse siano rispettate determinate regole. (Esempio: Nella corporazione universitaria, lo scopo era che uscissero degli studenti competenti e che quindi gli insegnati fossero in grado di fare ciò ). Non era solo degli insegnanti, ma l’università del Medioevo nasce come una struttura che unifica le esigenze e tutela sia gli studenti che gli insegnati. Quindi la finalità degli uni e degli altri era la stessa. -Il mezzo attraverso cui la finalità veniva perseguita era la STESSA in tutte le scuole . (PLURALITA’ dei modello di scuola: i 1000 anni del Medioevo non sono stati tutti uguali). ESEMPI DI CULTURA MONASTICA e CULTURA CITTADINA Le due figure predominanti della scolastica sono Anselmo D’Aosta (1033-1109) e Abelardo (1079-1142). ANSELMO D’AOSTA (cultura monastica) Anselmo è stato il maggiore pensatore dell’epoca (XI secolo) e abate all’abazia di Notre-Dame du Bec in Normandia, terminando la propria carriera come arcivescovo in Inghilterra. La sua riflessione è teologica ed il suo nome è legato alle prove dell’esistenza di Dio, cioè capire chi è DIO. L’aspetto principale della sua riflessione riguarda l’antropologia e riguarda la LIBERTA’. Anselmo dà della libertà questa definizione, che è sua tipica è molto significativa:  “potere di conservare la rettitudine della volontà per amore della rettitudine stessa”: la caratteristica della libertà non è quella di poter fare o il bene o il male ma la caratteristica della libertà è di fare solo il bene che è ciò che si deve fare per la rettitudine (lealtà) stessa. Io sono libero solo se faccio il bene perché è ciò che l’uomo deve fare. Per Anselmo e per tutti gli autori medievali si deve fare il bene e basta. L’essenza della libertà è mantenere la rettitudine/lealtà della VOLONTA’: io faccio il bene non perché spero in una ricompensa o dei vantaggi, ma perché lo DEVO FARE ed è una legge interiore che mi comanda di fare il bene. Non significa che Anselmo non riconosce che l’uomo può fare il male, ma quando esso si affida al negativo, allora non è un uomo. La vita morale non si riconduce alla possibilità di poter fare il bene o il male, perché altrimenti è vita immorale. La vita morale riguarda il BENE. -Anselmo fa una distinzione importante: o libero arbitrio: possibilità di scegliere, libera valutazione o retto uso del libero arbitrio: il libero arbitrio può essere usato in positivo o negativo, ma se lo uso in negativo non viene usato bene e di conseguenza non è vera libertà. Un uso negativo del libero arbitrio mi porta fuori dalla libertà e dalla moralità. Questo è fondamentale per capire che il nostro agire deve essere sempre orientato secondo la bussola del bene: “fare il bene” non è opzionale ma è ciò che si deve fare, non è opzionale. Se io identifico libertà(il libero arbitrio) con il potere di fare o bene e male, chi NON può fare il male (DIO) non è libero? Certo che lo è, ma è libero di fare solo il bene. Il non fare ciò che non deve essere fatto è una conferma della mia libertà, orientata secondo la LEGGE DEL DOVERE ed esercitata senza motivi esterni. E’ un etica che non dipende da premi che mi vengono dati, ma faccio il bene perché il bene deve essere fatto. Anselmo dice quanto sia importante nel pensiero monastico, il pensiero di Agostino “l’uomo vero è l’uomo interiore”, cioè l’uomo dove si decide che BISOGNA fare il bene, perché la “legge del bene” è dentro di noi. La voce dentro di NOI ci dice solo il DOVERE, nonostante esistano tante altre voci che ci dicono altre cose. Quindi Antropologia basata sul concetto di moralità/libertà come legge del dovere (fare solo il bene) e che porta l’interiorità dell’uomo in primo piano, come l’agente morale. PIETRO ABELARDO(cultura cittadina) Conosciuto per la vicenda sentimentale con Eloisa, vicenda che ha sconvolto la sua vita e di conseguenza anche le sue categorie epiche hanno un significato importante. Il tema fondamentale è legato all’agire umano e all’agire “male”. La sua riflessione è importante per chiarire le dinamiche dell’azione morale, ed esso parte da una distinzione del: - VIZIO : inclinazione al male - CONSENSO ALL’INCLINAZIONE AL MALE - AZIONE CATTIVA Dove sta tra questi 3 il male morale? VIZIO: Se io per natura sono inclinato all’ira. E’ una colpa morale? NO, perché fino a quando questa inclinazione non l’assecondo prendendo a pugni la prima persona che mi capita; ma paradossalmente se io riesco a contrastare tale
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