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Appunti e analisi delle poesie dell’800-900 - Letteratura Spagnola I, Appunti di Letteratura Spagnola

Poesie e appunti per l’esame della prof.ssa Olga Perotti

Tipologia: Appunti

2018/2019
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Caricato il 16/06/2019

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Scarica Appunti e analisi delle poesie dell’800-900 - Letteratura Spagnola I e più Appunti in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! Traduzioni poesie per l’esame di Letteratura Spagnola Juan Ramón Jiménez Nasce nel 1881 in un piccolo paese dell’Andalusia e muore nel 1958. Si trasferisce a Cadice in un collegio lontano dalla famiglia di cui sente la mancanza. Frequenta il corso di Diritto all’università di Siviglia per volere del padre ma non concluse gli studi perché la sua aspirazione è volta all’arte e alla letteratura. Viene introdotto al circolo di Rubén Darìo la cui poesia influenzerà Jimenez. Si stabilisce nella Residencia de Estudiantes dove entra in contatto con le opere di Nietzsche e Schopenhauer. Nel 1902 conosce i fratelli Machado, Miguel de Unamuno e Pìo Baroja. Nel 1903 pubblica “Jardinés lejanos”. Nel 1915 torna a Madrid dove coltiva l’amicizia con i poeti e Ortega y Gasset, Dalì e Lorca. Si imbarca per New York per sposare Zenobia Aymar, durante il lungo viaggio scrive “Diario de un poeta recién casado”. Si trasferisce con la moglie a Madrid dove si dedica interamente alla scrittura. Qui pubblica “Eternidades”. Poco dopo lo scoppio della guerra civile il poeta lascia la Spagna con la moglie per gli Stati Uniti. Per poi stabilirsi con lei all’Avana. Dopo aver ricevuto il premio nobel per la letteratura la moglie Zenobia muore e dopo poco anche lui. Le sue prime opere sono influenzate dal Modernismo e dal Romanticismo da cui si stacca piano piano. “Diario de un poeta recién casado” rappresenta lo spartiacque tra le sue opere di stampo modernista e la sua ricerca verso la poesia pura, essenziale e sintetica. Il lessico si fa più semplice e diretto e il verso diviene libero. Con “Eternidades” vi è un profondo distacco dalle opere precedenti. Jimenez stesso si trova in disaccordo con tutta la sua poesia precedente. L’obbiettivo è quello di raggiungere la purezza nella poesia per esaltare il potere creativo della parola. Soledad – Juan Ramon Jimenez En ti estás todo, mar, y sin embargo, ¡qué sin ti estás, qué solo, qué lejos, siempre, de ti mismo! Abierto en mil heridas, cada instante, cual mi frente, tus olas van, como mis pensamientos, y vienen, van y vienen, besándose, apartándose, en un eterno conocerse, mar, y desconocerse. Eres tú, y no lo sabes, tu corazón te late y no lo siente... ¡Qué plenitud de soledad, mar sólo! Solitudine – Juan Ramon Jimenez Sei tutto, mare e tuttavia, quanto sei senza te, quanto sei solo, quanto lontano, sempre, da te stesso! Aperto in mille ferite, ad ogni istante simile alla mia fronte, le tue onde vanno, come i miei pensieri, e vengono, vanno e vengono, baciandosi e lasciandosi, in un eterno conoscersi, mare, e disconoscersi. Commentato [VI1]: La traduzione originale dice tagli Sei tu, e non lo sai, ti batte il cuore e non lo senti… Quanta pienezza di solitudine, mare solo! Analisi “Soledad” è uno dei poemi della seconda fase di Juan Ramon Jimenez, appartiene alla raccolta “Diario de un poeta recien Casado” del 1916. In questa fase Jimenez priva la sua poesia di qualsiasi ornamento lasciandola nuda, ricorrendo ad un lessico semplice e adeguato in modo da acquisire naturalezza. Il concetto principale espresso dalla poesia è quello della solitudine provata dal poeta nel momento in cui contempla il mare, questa viene paragonata alla solitudine del mare che come lui rimane solo con i suoi pensieri rappresentati dalle onde che scorrono ininterrottamente. Jimenez, però, prova allo stesso tempo un senso di pienezza dato dalla solitudine che gli riempie l’animo e gli permette di riflettere e meditare sulla sua esistenza. Il poema risulta essere un dialogo, o meglio un monologo rivolto al mare, egli paragona i suoi stati d’animo a quelli del mare. Le ferite descritte nella poesia rappresentano le onde del mare e vengono paragonate alle rughe d’espressione del poeta. La poesia ha inizio con un apostrofe sviluppando un monologo diretto al mare. Nella prima strofa v.v. 1-2 troviamo un antitesi in “estas todo…que solo..” v.v. 8 “..besandose, apartandose..” v.v 7 “…van, vienen y van..”. Troviamo un’analogia quando le onde del mare sono paragonate ai pensieri del poeta. L’intera poesia presenta assonanza in a/e. La lettera “n” presente in gran numero crea musicalità e dolcezza. Vi sono inoltre una serie di suoni nasali che danno l’idea del movimento. I versi sono endecasillabi alternati a settenari. Verso libero quindi privo di rima. L’ultimo verso presenta un ossimoro in “plenitud de soledad” Inteligencia, dame – Juan Ramon Jimenez ¡Inteligencia, dame el nombre exacto de las cosas! … Que mi palabra sea la cosa misma, creada por mi alma nuevamente. Que por mí vayan todos los que no las conocen, a las cosas; que por mí vayan todos los que ya las olvidan, a las cosas; que por mí vayan todos los mismos que las aman, a las cosas… ¡Inteligencia, dame el nombre exacto, y tuyo, y suyo, y mío, de las cosas! Intelligenza, dammi – Juan Ramon Jimenez Intelligenza, dammi il nome esatto delle cose! …che sia la mia parola la cosa stessa, dalla mia anima ricreata. Che per mio mezzo tutti vadano quelli che non le conoscono, alle cose, che per mio mezzo tutti vadano se le hace incienso y penumbra por las sendas de rosales... Y, de repente, una voz melancólica y distante, ha temblado sobre el agua en el silencio del aire. Es una voz de mujer y de piano, es un suave bienestar para las rosas soñolientas de la tarde; Voz que me hace, orta vez, llorar por nadie y por alguien bajo esta triste y dorada suntuosidad de los parques. C’è un dolce e fresco oro Nel color malva della sera, Che rende regale la bella suntuosità dei giardini. E sotto quel malva e quell’oro si sono raccolti gli alberi, Verdi, rosati e verdi Di gemme primaverili. Cade il cuore prigioniero Di questo sogno ineffabile, Che lo cattura, riesce soltanto a vedere Luci alte, ali di angeli. Gli resta solo da aspettare Le stelle serali, la carne Si fa incenso e penombra Per i sentieri di rose.. E, all’immprovviso, una voce Malinconica e distante Ha tremolato sull’acqua Nella silenziosità dell’aria. È la voce di una donna E di un pianoforte, è un dolce Benessere per le rose Sonnolente della sera: Voce che mi fa piangere, ancora, Per nessuno e per qualcuno, Sotto la triste e dorata Suntuosità dei giardini. Analisi È una delle prime poesie di Jimenez appartiene alla raccolta “Jardines Lejanos” del 1904. Ad una prima lettura è chiaro che si tratti di un testo legato alla sfera sensoriale, viene utilizzato un lessico che rimanda ai sensi come: oro, dulce, fresco, malva, sontuosidad ecc. l’incipit è modernista: I colori oro e malva rimandano al concetto di bellezza e lusso. In particolare il colore oro è un tipico colore modernista legato allo sfarzo e all’estetica. Evoca un atmosfera primaverile. Il sogno ineffabile è evanescente e per questo difficile da descrivere e il cuore ne è prigioniero e per questo riesce a vedere soltanto luci alte e ali di angeli. Jimenez si concede una licenza poetica scrivendo Anjeles con la j. Con “Los luceros” il poeta intende la prima stella della sera ma utilizza il termine al plurale. Al cuore non resta altro che aspettare la prima stella della sera. In questa atmosfera è come se si mischiassero incenso e carne. Qui viene introdotto un elemento diverso: una voce di donna malinconica e distante che fa tremare la superficie dell’acqua e arriva ad accarezzare e donare benessere alle rose sonnolente. Una voce che fa piangere per nessuno e per qualcuno e che crea quindi un emozione, una commozione generica indefinita. In questo modo il poeta evoca un atmosfera sfuggente richiamando la melanconia romantica. Del romanticismo riprende inoltre la connessione tra uno stato d’animo e l’elemento naturale. “Suntuosidad de los parques” è ripetuto all’inizio e alla fine per fare da cornice alla poesia. Aggettivi e sostantivi che rimandano ai colori, alle sensazioni. Versi di 8 sillabe, vi è assonanza tra i versi pari, ripetizione tra 2 vocali, 1 accentata e una atona (a-à e-è) tipico schema metrico del romance in questo caso con assonanza a,e. Antonio Machado Nasce a Siviglia nel 1875. Si sposta a Madrid dove conosce Miguel de Unamuno, Ramon Maria del valle- inclan e Juan Ramón Jimenez. Nel 1903 pubblica “Soledades”. Nel 1912 pubblica “Campos de Castilla”. Negli anni 20 fu tra quelli che si opposero con forza alla dittatura di Primo de Rivera. Collaborò anche con il fratello Manuel Machado fortemente influenzato dal Modernismo. Grande sostenitore della Repubblica. Muore nel 1939 in Francia. “Soledades” è chiaramente influenzata dal Modernismo di Rubén Dario. Tutto appare velato di malinconia e nostalgia. Immagini tipiche del decadentismo. “Campos de Castilla” segna il distacco dall’estrema soggettività di “Soledades” grazie all’introduzione della dimensione storica. In molti passi infatti richiama eventi passati della storia della Spagna. El limonero languido suspende – A. Machado El limonero lánguido suspende una pálida rama polvorienta sobre el encanto de la fuente limpia, y allá en el fondo sueñan los frutos de oro... Es una tarde clara, casi de primavera, tibia tarde de marzo que el hálito de abril cercano lleva; y estoy solo, en el patio silencioso, buscando una ilusión cándida y vieja: alguna sombra sobre el blanco muro, algún recuerdo, en el pretil de piedra de la fuente dormido, o, en el aire, algún vagar de túnica ligera. En el ambiente de la tarde flota ese aroma de ausencia, que dice al alma luminosa: nunca, y al corazón: espera. Ese aroma que evoca los fantasmas de las fragancias vírgenes y muertas. Sí, te recuerdo, tarde alegre y clara, casi de primavera, tarde sin flores, cuando me traías el buen perfume de la hierbabuena, y de la buena albahaca, que tenía mi madre en sus macetas. Que tú me viste hundir mis manos puras en el agua serena, para alcanzar los frutos encantados que hoy en el fondo de la fuente sueñan... Sí, te conozco, tarde alegre y clara, casi de primavera. Il limone sospende in abbandono un ramo scolorito e polveroso sull'incanto della fonte limpida, e là sul fondo sognano i frutti d'oro... E' una sera chiara, quasi di primavera, mite sera di marzo, Che d’aprile imminente reca l’alito; Io solingo, nel patio silenzioso In cerca d’una candida ed antica Illusione: un' ombra sul muro bianco, un ricordo, sulla balaustra della fonte addormentata, o, nell'aria, un vagare di tunica leggera. Fluttua nel clima della sera quell'aroma d’assenza, che all'anima lucente dice: mai, E dice al cuore: spera. Quell'aroma che evoca i fantasmi delle fragranze vergini e defunte. Sì, ti ricordo, sera allegra e chiara, quasi di primavera, sera senza fiori, quando mi offrivi il profumo intenso della menta, e del buon basilico, che mia madre serbava nei suoi vasi. Tu mi vedesti immergere le pure mani nell’acqua calma, per cogliere i frutti incantati che sognano nel letto della fonte... ti riconosco, sera allegra e chiara, quasi di primavera. Inventare un nuovo mondo con la vita di tutti gli oggetti intorno, uno che si trasformano cuori e le menti al largo dove ogni parola dovrebbe essere giusto per la perfezione del piacere scoperto, "guardare la vostra parola," dice. La cosa più straordinaria che la poesia può farti provare è il piacere di contemplare un mondo "diverso", e non smette di essere quello in cui tutti noi abitiamo. "L'aggettivo quando non dà la vita, uccide"; dobbiamo essere cauti nello scegliere la parola perfetta che dà vita al nostro nuovo mondo "diverso" in modo da non perdere il significato che vogliamo dargli. Cosa scopro in un verso? Cosa mi fa sentire? Vicente Huidobro enfatizza il potere di osservare tutto ciò che ci circonda, un evento che ci immerge in curiosità e confusione, e noi siamo non meno di sentire, perché "la vera forza risiede nella testa", l'unico ad avere la capacità di critica e analisi; il poeta è il piccolo Dio che dà vita al mondo che i suoi occhi percepiscono. E 'per questo motivo che ci invita a dare vita a tutte le cose sotto il sole, tutto ciò che esiste, ciò che è speciale?, Bene, fioriscono rosa e Tira fuori ogni cosa la sua particolare bellezza, come il nuovo mondo che Credici ci sta aspettando. Huidobro Nel 1916 il cileno Vicente Huidobro si trova a Buenos Aires. Due anni prima, nel 1914, in una conferenza all’ateneo di Santiago, sua città natale, dal titolo Non serviam il venunenne poeta aveva già dichiarato: “Abbiamo accettato, senza troppa riflessione, il fatto che non può esistere altra realtà che quella che ci circonda, e non abbiamo pensato che anche noi possiamo creare la realtà del nostro mondo, di un mondo che attende la sua propria fauna e la sua propria flora. Flora e fauna che solo il poeta può creare, grazie a quel dono speciale che la stessa madre Natura diede solo a lui” Arte poetica rappresenta il manifesto di quella dottrina estetica, che verrà ribattezzata “creazionismo” proprio nel corso del breve soggiorno argentino e che da qui verrà esportato dallo stesso poeta in Europa, dove si recò insieme alla sua famiglia, facendo tappa prima a Madrid e poi a Parigi, dove nel 1917, attraverso la sua collaborazione con “Nord-Sud” (rivista a cui collaboravano anche Guillaume Apollinarie, Luis Aragón, Jean Cocteau, Max Jacob e Tristan Tzara) ebbe la possibilità di entrare in contatto con i protagonisti delle avanguardie in campo artistico e letterario (Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Max Ernst, Joan Mirò, Juan Gris, Paul Éluard). Con l’aiuto di Juan Gris successivamente tradusse e pubblicò alcune sue poesie in francese. Nel 1918 si spostò a Madrid, dove partecipò alle riunioni al caffé Colonial, nelle quali si andava formando il gruppo che darà vita al movimento ultraista, sull’esempio e sulla scia degli analoghi movimenti letterari e artistici europei, quali il futurismo e, in parte, il dadaismo. Nello stesso anno gli “ultraisti”, che riconobbero in Huidobro e nel suo “creazionismo” la loro ispirazione, pubblicarono il primo manifesto, apparso sulla rivista “Cervantes”. Alle loro file si aggiunse anche un giovane poeta argentino, tale Jorge Luis Borges, che nel 1920 firmò un secondo manifesto del gruppo pubblicato sulla rivista “Ultra”. Huidobro può essere considerato quindi un personaggio chiave nel rinnovamento delle lettere del mondo ispanofono nel ‘900. Fu un precursore e un punto di riferimento per la cosiddetta “Generazione del ’27”. Sperimentò il verso libero, che usava insieme a forme metriche basate su strutture fluttuanti, con rime consonantiche e assonanze. Le sue immagini si avvicinarono al surrealismo, anche se la sua sensibilità estetica era più tradizionalista (guardò agli esperimenti avanguardistici dei futuristi con una certa diffidenza). A orillas del duero Mediaba el mes de julio. Era un hermoso día. Yo, solo, por las quiebras del pedregal subía, buscando los recodos de sombra, lentamente. A trechos me paraba para enjugar mi frente y dar algún respiro al pecho jadeante; o bien, ahincando el paso, el cuerpo hacia adelante y hacia la mano diestra vencido y apoyado en un bastón, a guisa de pastoril cayado, trepaba por los cerros que habitan las rapaces aves de altura, hollando las hierbas montaraces de fuerte olor ?romero, tomillo, salvia, espliego?. Sobre los agrios campos caía un sol de fuego. Un buitre de anchas alas con majestuoso vuelo cruzaba solitario el puro azul del cielo. Yo divisaba, lejos, un monte alto y agudo, y una redonda loma cual recamado escudo, y cárdenos alcores sobre la parda tierra ?harapos esparcidos de un viejo arnés de guerra?, las serrezuelas calvas por donde tuerce el Duero para formar la corva ballesta de un arquero en torno a Soria. ?Soria es una barbacana, hacia Aragón, que tiene la torre castellana?. Veía el horizonte cerrado por colinas oscuras, coronadas de robles y de encinas; desnudos peñascales, algún humilde prado donde el merino pace y el toro, arrodillado sobre la hierba, rumia; las márgenes de río lucir sus verdes álamos al claro sol de estío, y, silenciosamente, lejanos pasajeros, ¡tan diminutos! ?carros, jinetes y arrieros?, cruzar el largo puente, y bajo las arcadas de piedra ensombrecerse las aguas plateadas del Duero. El Duero cruza el corazón de roble de Iberia y de Castilla. ¡Oh, tierra triste y noble, la de los altos llanos y yermos y roquedas, de campos sin arados, regatos ni arboledas; decrépitas ciudades, caminos sin mesones, y atónitos palurdos sin danzas ni canciones que aún van, abandonando el mortecino hogar, como tus largos ríos, Castilla, hacia la mar! Castilla miserable, ayer dominadora, envuelta en sus andrajos desprecia cuanto ignora. ¿Espera, duerme o sueña? ¿La sangre derramada recuerda, cuando tuvo la fiebre de la espada? Todo se mueve, fluye, discurre, corre o gira; cambian la mar y el monte y el ojo que los mira. ¿Pasó? Sobre sus campos aún el fantasma yerta de un pueblo que ponía a Dios sobre la guerra. La madre en otro tiempo fecunda en capitanes, madrastra es hoy apenas de humildes ganapanes. Castilla no es aquella tan generosa un día, cuando Myo Cid Rodrigo el de Vivar volvía, ufano de su nueva fortuna, y su opulencia, a regalar a Alfonso los huertos de Valencia; o que, tras la aventura que acreditó sus bríos, pedía la conquista de los inmensos ríos indianos a la corte, la madre de soldados, guerreros y adalides que han de tornar, cargados de plata y oro, a España, en regios galeones, para la presa cuervos, para la lid leones. Filósofos nutridos de sopa de convento contemplan impasibles el amplio firmamento; y si les llega en sueños, como un rumor distante, clamor de mercaderes de muelles de Levante, no acudirán siquiera a preguntar ¿qué pasa? Y ya la guerra ha abierto las puertas de su casa. Castilla miserable, ayer dominadora, envuelta en sus harapos desprecia cuanto ignora. El sol va declinando. De la ciudad lejana me llega un armonioso tañido de campana ?ya irán a su rosario las enlutadas viejas?. De entre las peñas salen dos lindas comadrejas; me miran y se alejan, huyendo, y aparecen de nuevo, ¡tan curiosas!... Los campos se obscurecen. Hacia el camino blanco está el mesón abierto al campo ensombrecido y al pedregal desierto. Analisi La poesia ``A orillas del Duero '' scritta da Antonio Machado appartiene alla sua grande raccolta “Campos de Castilla” pubblicata nel 1912 e ampliata nel 1917. La poesia è ambientata in Castiglia, punto di riferimento per il poeta Machado che si trova a trascorrere qui diversi anni della sua vita. Egli descrive il paesaggio castigliano, desolato e duro. fa parte dei poeti della Generazione del '98 e questa poesia è un perfetto esempio delle caratteristiche di questo movimento in particolare per come affronta il tema della Spagna e per la semplicità del linguaggio. Il tema di questo poema è l'atteggiamento di Antonio Machado nei confronti della Spagna del suo tempo e della desolazione del paesaggio castigliano. Antonio Machado descrive ciò che vede durante un’escursione a Soria in una soleggiata giornata di Luglio: un avvoltoio, un'alta montagna in lontananza, persone all'orizzonte e le acque del fiume Duero. Nei versi 10-11 fa riferimento alla sfera sensoriale riferendosi agli odori e profumi delle piante che gli ricordano quelli dell’infanzia. Descrive anche i colori come l’azzurro del cielo, colori cupi che si inscuriscono all’imbrunire. Descrive il fiume duero che sembra torcersi e richiama la balestra di un arciere. Costeggia Soria punto di difesa dell’aragona. L’ambito semantico è quello della guerra (scudo, arciere balestra). Dal verso 33 inizia a esporci le sue riflessioni in merito al paesaggio che sta osservando confrontandolo con i momenti di gloria che hanno caratterizzato la storia della Castiglia. Qui ha inizio una riflessione critica sulla decadenza, l’ignoranza e l’indifferenza del paese nonostante ciò il suo amore per la Spagna è chiaro. Viene enfatizzato anche lo scorrere del tempo, rappresentato da simboli come il "fiume", il "mare" o il pomeriggio, per dare l’idea della fine della vita e, in questo caso, del declino di Castiglia Ci propone un’Idea della vita rappresentata come un fiume che va a spegnersi nel mare (concetto ripreso da Jorge Manrique). La caducità della vita e lo scorrere del tempo sono temi fondamentali della poetica di Machado. Nei versi 43-44 Si domanda se “La Castilla ricorda il sangue versato per la guerra?” Si domanda se sia finito il periodo in cui si combatteva per la religione. Non è più la Castiglia degli eroi come el Cid ne delle madri dei soldati che conquistavano le terre Indiane. I filosofi contemplano scemenze e sono degli incapaci (dispregiativo) che se sentono il clamore di qualcuno che arriva da levante ( riferendosi ai musulmani) non vanno a vedere e si lasciano conquistare. Riprende la narrazione della passeggiata dicendo che il sole sta Grito Hacia Roma” – Lorca Viene scritta nel 1929 e appartiene alla raccolta “poeta en Nueva York” 1929-30. Nelle sue opere precedenti la forma era quella del romance e vi erano frequenti richiami alla popolazione gitana. Inoltre rifiutava le descrizioni e le narrazioni logiche. In questa fase della sua vita Lorca rinnova il linguaggio poetico e si collega al Surrealismo. Il poeta era stato molto criticato per la sua scelta di utilizzare una forma tradizionale, e per la sua tendenza ad ambientare le sue opere in Andalusia. Una scelta troppo tradizionalista per i nuovi artisti come Salvador Dalì che a Lorca criticava anche il successo raggiunto perché la poesia non doveva arrivare a chiunque ma solo a quei pochi che dimostravano una sensibilità spiccata in materia. Questo allontanamento dalla sua poetica tradizionale nasce anche dalla necessita di raccontare l’esperienza vissuta a New York durante un viaggio finanziato da una borsa di studio vinta dal poeta. Nella grande mela entrerà in contatto con una realtà molto differente dalla propria, il periodo è infatti quello della crisi del ’29. Il crollo della borsa mette la città in ginocchio e il poeta rimane colpito dalla miseria, dalla disperazione e dall’indifferenza di una parte della popolazione che non fa nulla per aiutare il prossimo. Tutto ciò lo spinge a comporre un testo più umano dettato dall’indignazione e dalla compassione. Lorca non è più in cerca della bellezza musicale, vuole realizzare delle immagini scriventi che non hanno come fine ultimo quello di commuovere ma bensì quello di colpire, denunciare e suscitare una reazione forte. Sono immagini dissonanti che in un certo senso disturbano il lettore. Lorca abbandona il verso tradizionale per lasciare spazio a quello libero che è quindi privo di rima, assonante o consonante che sia. La lunghezza dei versi diviene quasi casuale, priva di uno schema, regolato soltanto dall’andamento della frase. Il tono si fa più aspro e consapevole. Il testo si presenta come un accumulo di immagini (un fuoco d’artificio d’immagini) spesso legate ad anafore che richiamano visioni di sangue, morte, dolore e distruzione. Ad esempio nei versi ???”no hay mas” evoca il concetto di schiavitù, sfruttamento sul lavoro, donne ecc. Il poeta non ci dice chiaramente quale sia il tema trattato lasciandoci solamente sensazioni negative. Nell’opera ci viene presentato un uomo vestito di bianco, dalle mani “traslucide” alludendo alla figura del papa a cui contrappone la moltitudine di sventurati che vivono in miseria e in luoghi degradati. Questa denuncia, sia chiaro, non mette in discussione il messaggio evangelico ma anzi allude ad un tradimento di questa dottrina dall’uomo vestito di bianco e dalla chiesa che non fa nulla per alleviare le sofferenze altrui. Il vero messaggio evangelico vive e può essere portato avanti soltanto da coloro che vivono in miseria come specifica nel passaggio dai versi 43 a 57. Non ci troviamo di fronte ad un testo ermetico in quanto possiamo intuire il messaggio una volta conclusa la lettura tuttavia questa chiarezza si evince dagli espedienti formali, dall’invettiva, dal grido. L’opera non è priva di nessi logici ne di punteggiatura e fa un uso limitato delle frasi nominali, evita tutto ciò potrebbe portare ad una difficile interpretazione. Per questo il poeta gioca sulla creazione di immagini immediate, che non siano fondate su delle analogie. Questa denuncia si può collocare all’interno di una nuova linea poetica: il surrealismo civile, inizialmente introdotto da Pablo Neruda che mette al centro l’uomo ed entra in conflitto con la poesia pura, come quella di Jimenez. In questo senso si ha una netta rottura con la tradizione precedente, inoltre con l’aggravarsi della situazione in Spagna ( e non solo) i poeti sentono la necessità di farsi sentire. Pablo Neruda ad esempio pubblica il manifesto “Poesia sin pureza” in pieno conflitto con la poesia di Jimenez. Si lascia spazio ad una poesia che parla dell’umanità, della realtà e che può, e in alcuni casi deve, risultare sgradevole. Negli ultimi versi il poeta accomuna se stesso ai diseredati, sviluppando una scelta che in qualche modo era già presente nel romance gitano, quella di parlare agli emarginati, ai più poveri. Pìo Baroja Nasce a San Sebastiàn nel 1872 e appartiene alla generazione del ’98. Viaggiò per tutta l’Europa. El Arbol de la ciencia Cambiare la tecnica narrativa. Romanzo realista: Descrizione molto dettagliata degli ambienti e dei personaggi (descrizione fisica e psicologica) proponevano delle storie di gruppi di personaggi che si sviluppavano in senso cronologico (successione temporale lineare) narratore onnisciente che aiuta il lettore presentandogli in modo accurato gli ambienti e la personalità dei personaggi. Pio Baroja per lui non è un genere perfettamente definito. Il romanzo deve essere qualcosa di permeabile rispetto alla realtà, affermazione che va contro alla visione del romanzo affiorata nei primi anni del 900 condivisa da Ortega secondo cui il romanzo doveva essere qualcosa di perfetto, molto elaborato, con poca azione e pochi personaggi, un sistema chiuso. Baroja si oppone, il romanzo deve essere “come un vaso di terracotta”(scrive nel prologo) che lascia traspirare mentre un vaso impermeabile finisce con l’essere asfittico (privo d’aria) e quindi muore. Se il romanzo non rappresenta in maniera totale la realtà non è valido, non è vivo. Baroja è contrario ad un romanzo con pochi personaggi e poca azione perché in quel caso dovrà sostenersi con la retorica con un linguaggio altisonante ma vuoto. Egli descrive il suo romanzo come una retorica de tono menor con un linguaggio meno altisonante e più vero e immediato. Più fedele alla realtà. Può sembrare un linguaggio trascurato ma è in realtà più difficoltoso che usare uno stile più retorico. Molto diverso dal Modernismo (poesia e prosa) e dal realismo di Galdos. Cambia il modo di rappresentare la realtà si cerca di restare molto fedeli ad essa. Nel realismo di Galdos c’è molta rielaborazione cosa che Baroja e i nuovi autori non apprezzano. Ulteriore elemento nuovo del loro stile è l’eliminare le lunghe descrizioni psicologiche e fisiche dei personaggi date dal narratore. Baroja propone un tipo di sguardo differente, uno sguardo da dentro spesso è il monologo interiore del personaggio che ci aiuta a comprendere le personalità oppure si descrive grazie a quello che dice o che fa. In questo modo il lettore deve essere più attento e attivo per cogliere le caratteristiche del personaggio. Altra caratteristica: struttura episodica da un idea di casualità rende il romanzo meno lineare. Le storie dei personaggi sono frammentate dalle storie dei personaggi minori che li affiancano anche se queste storie non contribuiscono alla storia principale. Modello di romanzo aperto. Inoltre queste storie sono romanzi seriali come delle trilogie (continuano in più romanzi) contrapposto al romanzo chiuso di Ortega. Andrés Hurtado La vita de un estudiante en Madrid Romanzo in parte autobiografico (Baroja aveva studiato medicina) Dati spazio temporali sparsi. Il ragazzo ritrova un amico del liceo e altri amici…tra cui Lulù (ragazza di una famiglia modesta) Dialoghi di Andrés con lo zio (medico) Andrés viene assegnato ad un paesino nella zona di Castilla la Mancha per esercitare la sua professione. Ma entra in conflitto con altri medici del paese e si rende conto del fenomeno del Catechismo (controllo del territorio e del voto degli abitanti per salire al governo) in questo paese domina l’ignoranza, la chiusura degli abitanti e perciò Andrés non si trova bene. Inoltre il fratello minore di Andrés è malato e poi muore. Andrés torna a Madrid e dopo molte ricerche trova lavoro in un luogo di ricerca d’igiene (non un gran lavoro) ciò fa si che la sua visione negativa della Spagna aumenti. Gli unici momenti in cui è felice è quando sta con Lulù e perciò la sposa, trova poi un lavoro migliore (traduttore e ricercatore in ambito medico) periodo della vita in cui questa visione negativa della vita migliora. Maggiore serenità. Lulù rimane incinta ma per la sua visione pessimista Andrès non vuole figli. E da qui ha inizio la sua nuova visione negativa. Successivamente nasce il bambino ma morto e poi muore anche Lulù. Andrès cade in depressione e dopo il funerale si toglie la vita con dei farmaci. Los estudiantes 1.2 Critica alla Spagna. Pessimismo Narratore extradiegetico ossia che è esterno al protagonista ma adotta il suo punto di vista. Sa quello che pensa. Il loro punto di vista coincide. Non si spinge mai a descrivere pienamente il pensiero di Andrés ci da solo delle indicazioni sulle sue visioni della realtà e sul suo atteggiamento. Per conoscere meglio il suo pensiero dobbiamo leggere la quarta parte dove attraverso i dialoghi con lo zio emerge il vero pensiero di Andrés. Inquisiciones - parte quarta Dialogo con lo zio medico. Trattano di religione e politica. La prima parte assume i caratteri del saggio filosofico, stile del 400 (dialogo umanista tra più persone, ognuno rappresentava una tesi e la esponeva e poi uno traeva le conclusioni) discussione di idee. Quinta parte di Pio Baroja Paesino del centro della Spagna, non è un luogo reale ma definito da Baroja come un luogo concreto. Al centro della Spagna al confine con l’Andalusia. (Posizionandola al centro della SP lo scrittore vuole rappresentare tutta la Spagna. È una scelta indicativa, motivata). Descrizione paesaggistica in genere non rientra in questo nuovo tipo di romanzo. Ci troviamo di fronte una descrizione ma non per rappresentare la realtà, è funzionale per dare uno sfondo ai personaggi della storia. Crea una corrispondenza tra l’uomo e l’ambiente in cui vive. L’autore sottolinea alcuni aspetti del paesaggio che sono funzionali a questo. Arriva per la prima volta Andrés. La chiesa da l’idea di qualcosa di vecchio. Vicoli cechi (senso di chiusura) colori scuri (terra), porte molto grandi e finestre piccoli. Da l’idea di chiusura e senso di oppressione. Contrasti di colore tra le case bianche, il geranio rosso e il colore della terra. Da l’idea di essere un paese deserto e vuoto. Prodotti di artigianato (ferro) anche qui un colore scuro in contrasto con quello dei fiori bianchi. (Nomina calatrava - croce dell’ordine di Calatrava - religioso, militare). Escono dalla cittadina per andare nella casa dove sarebbe andato a vivere. Una strada piena di polvere. Il segretario accoglie Andrés, salgono una collina rossa. Faceva molto caldo e tutta la campagna sembrava bruciata. Non ci sono ne boschi ne alberi ma solo vigneti. Il paese sembrava irreale con la luce del crepuscolo. Insiste sui termini polveroso, secco. Rimandano alla distruzione. Descrizione del paesaggio ma finalizzato a essere una premessa per introdurre un punto di vista (il punto di vista di Andrés sul paesaggio, farci capire cosa ne pensa e cosa rappresenta.) il paesaggio diventa un simbolo di denuncia per Baroja. Le persone non avevano spirito collettivo, si chiudevano in casa e mancava solidarietà. Per questo motivo erano andati in rovina. Trattato dei vini con la Francia iniziano a cambiare la coltivazione abbandonando il grano e tutto il resto lasciando spazio ai vigneti portando in modo rapido
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