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APPUNTI economia e misurazione aziendale, Appunti di Economia Aziendale

Appunti chiari e completi della seconda ed ultima parte della materia economia e misurazione aziendale integrati con lezioni, slides, libro "Management" di Francesco Perrini e dispensa ABC.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 21/03/2022

martina-ghirardini
martina-ghirardini 🇮🇹

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Scarica APPUNTI economia e misurazione aziendale e più Appunti in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! 0 ECONOMIA E MISURAZIONE AZIENDALE PROF. FRANCESCONI PARTE SECONDA ANNO SCOLASTICO: 2021/2022 1 LE SCELTE DI DIMENSIONAMENTO DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA. LE ECONOMIE DI SCALA, DI SATURAZIONE E DI APPRENDIMENTO CAPACITÀ PRODUTTIVA Lezione 15. ABC P 11. Alcuni settori si caratterizzano per la presenza di imprese di grandi dimensioni (chimico, farmaceutico, aerospaziale, etc.). In altri, invece, convivono imprese di grandi e piccole dimensioni (turismo, abbigliamento, etc.); diventa quindi importante capire quale ruolo possono assumere le scelte di dimensionamento delle attività aziendali nella formulazione della strategia d’impresa e spiegare perché le grandi dimensioni sono necessarie per essere efficienti e competitivi. Qui la dimensione aziendale è analizzata in termini di “Capacità produttiva installata”. Per capacità produttiva (CP) si intende il numero massimo di output producibili in un certo intervallo di tempo e date certe condizioni operative (es.: numero dei turni di lavoro). È possibile definire due tipi di capacità produttiva:  CP nominale: valore massimo atteso dell’output, senza interruzioni, soste, etc.  CP teorica (o raggiungibile): valore massimo dell’output ragionevolmente ottenibile. Non è detto che la capacità disponibile sia utilizzata completamente, infatti, la produzione effettiva è molto spesso inferiore alla CP perché, ad esempio, il mercato non è in grado di assorbire tutta la produzione realizzabile dall’azienda. Per misurare quanto la produzione effettiva utilizzi la potenzialità produttiva teorica, occorre portare la produzione effettiva alla CP teorica, in percentuale, ottenendo così il grado di utilizzo della CP ( = grado di saturazione): Grado di saturazione = Produzione effettiva x 100 CP A seconda dell’attività svolta dall’unità aziendale, la CP si misura in modo diverso; la misura della CP e dei suoi incrementi richiede quindi la definizione dell’unità di misura dell’output.  Aziende di produzione di beni? Numero di pezzi  Società di consulenza? Giornate / uomo  Esercizi commerciali? Metri cubi, metri quadrati di esposizione  Trasporto aereo? Posti a sedere e distanze percorribili Quando l’output finale deriva da combinazioni di CP diverse: rischio di colli di bottiglia (Nella definizione più semplice, un collo di bottiglia (congestione del processo) corrisponde ad una fase di lavoro in cui arrivano più richieste di lavorazioni di quante ne possa elaborare alla massima capacità. Ciò provoca un'interruzione del flusso di lavoro e ritardi nel processo di produzione.). ECONOMIE DI SCALA O DI DIMENSIONE Economie di scala (EDS): riduzioni di costi medi unitari derivanti dall’incremento della dimensione della capacità produttiva (scala) dell’azienda. I confronti si devono fare a parità di tasso di utilizzazione della capacità produttiva installata. Il calcolo delle EDS richiede il confronto tra due diverse capacità produttive, ipotizzando per entrambe lo stesso grado di utilizzo: EDS = [CMux – CMuy] Dove: CMux : costo medio unitario di produzione di X (utilizzato al 100%) 4 La costanza e la prevedibilità permettono di rappresentare la relazione tra costi ed esperienza in una curva denominata “curva di esperienza (o apprendimento)”. equazione curva di esperienza: Cq = Cn (q/n) - b dove: Cq corrisponde al costo dell’ultima unità prodotta (q) Cn corrisponde al costo dell’unità prodotta al tempo precedente (n) q corrisponde alla quantità cumulata fino al tempo presente n corrisponde alla quantità cumulata al tempo passato b corrisponde alla costante che esprime la velocità di apprendimento di ciascun caso specifico Perché si possa misurare il solo effetto esperienza, occorre che nell’intervallo considerato le altre condizioni produttive restino invariate. La pendenza della curva di esperienza dipende dalla velocità di apprendimento che si calcola rapportando i costi relativi a due produzioni che rappresentano un rapporto di esperienza 2 a 1: (C2x – Cx / Cx) x 100 Essere posizionati su una determinata curva di apprendimento non dà la certezza che al raddoppio della produzione, la riduzione avvenga automaticamente. L’ottenimento di riduzioni nei costi e il mantenimento della velocità di apprendimento richiedono uno sforzo mirato (es. innovazioni di processo, innovazioni di prodotto). La forma delle normali curve di esperienza ci suggerisce che, in valori assoluti, i grandi risparmi per effetto dell’esperienza si ottengono sui primi lotti di produzione; infatti, all’aumentare della produzione, il costo unitario diminuisce ad una velocità sempre minore, per questo motivo l’azienda deve innovare il prodotto o il processo produttivo (produzione più efficiente, riduzione degli scarti, etc.). FONTI DELLE ECONOMIE DI APPRENDIMENTO Le economie di apprendimento sono dovute a: 1. CRESCENTE ABILITÀ NELLO SVOLGIMENTO DELL’ATTIVITÀ: capacità delle persone di imparare ad adottare migliori modi di lavoro che rendono la realizzazione di un determinato compito più efficiente. 5 2. MIGLIORE SELEZIONE DELLE RISORSE PRODUTTIVE: l’esperienza consente di comprendere meglio quali siano le risorse produttive più opportune e convenienti per lo svolgimento di un’attività (ad esempio una scelta delle materie prime che consentono una maggiore qualità del prodotto). 3. COORDINAMENTI PIÙ EFFICIENTE: gli individui col tempo imparano a conoscersi e a lavorare in gruppo, ad interagire con altri gruppi di lavoro, a coordinare le attività di impianti differenti e così via. 4. PIÙ ELEVATA PROGRAMMABILITÀ DELL’ATTIVITÀ: l’esperienza accresce la prevedibilità degli accadimenti, in tal senso è possibile programmare meglio l’utilizzo delle risorse il che si traduce in un migliore sfruttamento della CP installata, ma anche una riduzione della differenza tra la CP teorica e la CP raggiungibile. 5. SEMPLIFICAZIONI DEI PRODOTTI E DEI PROCESSI: una maggiore esperienza aiuta a comprende se esiste la possibilità di semplificare i processi e i prodotti in modo tale da ridurre i costi ottenendo prodotti migliori. ECONOMIE DI SCOPO Riguardano i minori costi derivanti dalla produzione congiunta di prodotti diversi o con il perseguimento di obiettivi diversi con i medesimi fattori produttivi (stesse risorse, stessi impianti, stesso know-how). Esempi di economie di scopo:  Differenziazione produttiva (linee produttive differenziate)  Macchine multifunzione  Pubblicità congiunta  Partecipazione a fiere  Produzioni congiunte  Più servizi nello stesso spazio  Usare gli stessi canali distributivi per promuovere diversi servizi (es. polizze vita e RCA) ECONOMIE DI TRANSAZIONE Riguardano i vantaggi derivanti da decisioni di internalizzare o esternalizzare attività economiche di un’impresa che possono essere legate a scelte di integrazione verticale. ECONOMIE DI REPLICAZIONE Fanno leva su competenze e routine presenti nel patrimonio aziendale e applicate nello sviluppo di nuove attività in molti aspetti simili. Altra definizione: si ispirano all'obiettivo di sfruttare competenze e routine presenti nel patrimonio aziendale applicandole ad un grande numero di attività tra loro uniformi. Esempi:  i network legati alle imprese che operano in franchising  le catene alberghiere  i format nel settore della ristorazione  lo sviluppo di impianti produttivi simili in varie parti del mondo (es. stabilimenti di produzione del vetro). 6 LA STRATEGIA DI IMPRESA Lezione 17. CP 15 Perrini. Esistono molteplici definizioni e ambiti di applicazione. Chandler e Ansoff sono gli studiosi che hanno avviato gli studi di strategia in ambito manageriale. È possibile definire alcuni tipi di decisioni strategiche:  Decisioni strategiche  Decisioni tattiche  Decisioni operative (ad esempio scelte riguardanti la modifica dei turni di lavoro e del funzionamento degli impianti). Cos’è la strategia d’impresa? La strategia d’impresa è il fondamento dell’attività gestionale delle imprese, poiché definisce cosa fare, perché farlo e come svolgere l’attività d’impresa. La strategia d’impresa è strettamente connessa all’Orientamento Strategico di Fondo (l’OSF è anche definita “vision” o “mission”), essa denota l’identità dell’impresa, in termini di valori e filosofia di comportamento, e ne indirizza i comportamenti imprenditoriali. Consideriamo come esempi Microsoft, la cui vision è “Un personal computer su ogni scrivania” oppure Walt Disney con “Rendere felici le persone”. Tornando sulla strategia d’impresa potremmo dire che la strategia è la realizzazione di una coerenza mantenuta nel tempo tra le modalità con cui si fa impresa e l’ambiente in cui si opera. Da cosa dipende il successo delle strategia?  Abilità imprenditoriali: favorire il diffondersi delle logiche imprenditoriali anche tra i dipendenti.  Abilità nel prendere decisioni chiave: si tratta di decisioni a scarsa reversibilità, ovvero dalle quali non si torna indietro o si torna indietro a grandi costi.  Abilità nell’attivare sistema e strumenti di pianificazione strategica: supportano coloro che devono prendere queste decisioni attraverso mezzi come i big data e statistiche.  Caso e fortuna I LIVELLI DELLA STRATEGIA D’IMPRESA È possibile distinguere tre livelli di strategia nei quali collocare le scelte: 1. Strategia d’impresa: consiste nell’allocare le adeguate risorse, selezionando (in linea con l’OSF), il dove competere, ovvero definendo la aree strategiche d’affari (ASA) in cui operare. 2. Strategia competitiva: consiste nel definire su quali competenze puntare per conquistare un vantaggio competitivo: leadership di costo, differenziazione, focalizzazione. 3. Strategia di gestione operativa: coinvolgono singoli aspetti della gestione: commerciale, finanziaria, etc. 9 In tale contesto l’innovazione tecnologica è spesso determinante, si pensi ad esempio ai dispositivi wearable come gli Smart Watch che in molti casi sostituiscono dispositivi medici (anche se le stime effettuate da un dispositivo wearable non hanno valenza medica). Potere contrattuale Fornitori. I fornitori possono aumentare il prezzo o diminuire la qualità o il servizio. Il potere contrattuale degli acquirenti dipende da:  Il settore "fornitori" è concentrato  Il volume di vendite del fornitore è per lui poco importante  Il prodotto acquistato è differenziato o con costi di conversione  Il prodotto acquistato è un input importante per l'impresa  Il venditore può integrarsi a valle STRATEGIE BASATE SULL'ANALISI DEL SETTORE Lezione 18. CP 16 Perrini. L'obiettivo è creare una posizione difendibile contro le cinque forze competitive 1. Posizionarsi per difendersi al meglio l'impresa considera la struttura del settore un dato e si adegua 2. Influenzare equilibrio per migliorare la posizione relativa dell'impresa l'impresa formula una strategia offensiva e cerca di cambiare le determinanti delle forze competitive 3. Sfruttare i cambiamenti in corso anticipando i concorrenti l'impresa analizza l'evoluzione del settore e si riposiziona considerando il nuovo assetto L'analisi di settore è utile anche per imprese esterne al settore per valutare l'attrattività di una loro entrata. STRATEGIE COMPETITIVE: FONTI DINAMICHE VANTAGGIO COMPETITIVO: DEFINIZIONE Un’ azienda gode di un vantaggio competitivo quando:  crea sistematicamente dei profitti superiori alla media (Schoemaker, 1990).  genera prodotti e servizi in modo sostenibile nel tempo, garantendo qualità comparabile con altri settori o imprese. Il vantaggio è misurato come la differenza nella creazione dei profitti o dei risultati rispetto agli altri. Una conseguenza logica ma talvolta trascurata: non è possibile acquisire un vantaggio competitivo facendo esattamente ciò che fa qualcun altro; occorre quindi distinguersi attraverso una adeguata qualità manageriale. VANTAGGIO COMPETITIVO: DUE APPROCCI I profitti sono gli introiti derivanti dalla maggiorazione di prezzo che i clienti sono disposti a pagare a fronte di una differenza di valore percepita. 10 La strategia consiste principalmente nell’essere diversi (si spera in meglio) in modo da generare profitti extra. Ma dove nascono i profitti extra? E come può un’azienda sviluppare e sostenere un vantaggio competitivo? Due diverse scuole di pensiero hanno fornito risposte complementari a queste domande: 1. Positioning school 2. Resource-based school POSITIONING SCHOOL 1. Analisi:  Cinque forze  Rivalità tra le aziende esistenti  Rischio di entrata di nuovi potenziali concorrenti  Potere negoziale dei fornitori  Potere negoziale dei clienti  Minaccia dei prodotti sostitutivi 2. Scelta di una strategia competitiva a livello di business:  Leadership di costo  Differenziazione  Focalizzazione VANTAGGIO COMPETITIVO: A QUALI STRATEGIE È LEGATO? Secondo l’approccio tradizionale di Porter, se un’impresa vuole costruirsi un vantaggio competitivo sul mercato lo può fare tramite tre alternative:  leadership di costo: secondo cui l’impresa produce a costi inferiori rispetto ai concorrenti il medesimo prodotto.  differenziazione: per cui l’impresa produce prodotti differenti per i quali il consumatore è disposto a pagare un prezzo diverso  focalizzazione: realizzazione di una delle precedenti strategie in un segmento limitato di mercato Fattore competitivo LEADERSHIP DI COSTO DIFFERENZIAZIONE FOCALIZZAZIONE Tutto il mercato Un segmento Costo Differenziazione Ambito competitivo 11 LEADERSHIP DI COSTO Il vantaggio competitivo scaturisce da una maggiore capacità di ridurre i costi da parte dell’impresa. Le fonti della leadership di costo possono essere diverse:  economie di scala ed economie di esperienza: l’espansione della produzione e il suo cumularsi nel tempo permettono all’azienda di scendere lungo la curva dei costi medi e a ottenere effetti positivi legati all’esperienza  efficienza del processo produttivo in termini di automazione e utilizzo della C.P.  risparmi di costo sull’acquisto dei materiali o di altri INPUT  presenza di prodotti standardizzati Attraverso questa strategia l’impresa può abbassare il prezzo di vendita della propria offerta a un livello che risulta inferiore a quello dei concorrenti. Il vantaggio competitivo non si manifesta necessariamente nella riduzione di prezzo, infatti, l’impresa può mantenere il prezzo medio del settore ma avvantaggiarsi di una maggiore redditività. DIFFERENZIAZIONE La capacità di offrire un prodotto o un servizio con determinate caratteristiche che lo distinguono da quelli dei rivali e a cui il cliente riconosce un valore, in virtù del quale è disposto a pagare un prezzo superiore. Affinché la strategia abbia senso determinando una posizione di vantaggio competitivo:  la differenziazione deve essere percepita e valutata dal consumatore  la differenziazione deve essere sostenibile economicamente Implementare tale strategia significa raggiungere un’identità propria o disporre di un marchio sul mercato che renda immediatamente riconoscibile il prodotto e motivi il diverso prezzo. FOCALIZZAZIONE La focalizzazione identifica una scelta di costo o di differenziazione applicata a un segmento limitato del mercato. Può essere considerata una terza strategia competitiva di base, anche se, in effetti, consiste nell’attuazione di una delle due precedenti in un’area relativamente piccola del mercato. Focalizzazione sui costi il caso di Ryanair L’azienda ha deciso di focalizzare la propria azione sul segmento di clientela sensibile al prezzo e quindi disposto a rinunciare ad alcuni servizi offerti dalle compagnie tradizionali. Ryanair ha quindi adottato una serie di scelte diverse da quelle delle compagnie tradizionali. È riuscita ad ottenere margini superiori pur offrendo prezzi alla clientela più bassi. FOCALIZZAZIONE SULLA DIFFERENZIAZIONE La focalizzazione sulla differenziazione consiste nel soddisfare specifiche esigenze dei clienti appartenenti a un circoscritto segmento di mercato (una nicchia). Poiché la concorrenza serve una clientela decisamente più estesa, tale strategia suppone che ci sia spazio per quelle aziende il cui compito è quello di soddisfare i bisogni dei segmenti che non siano serviti a dovere dai concorrenti. La focalizzazione basata sulla differenziazione è una strategia particolarmente interessante per le piccole e medie imprese laddove le grandi aziende non sono organizzate e neppure granché interessate a presidiare le cosiddette “nicchie di mercato”. 14 tra le risorse (ad esempio quando l’innovazione di un prodotto è legata alla clientela, un imitatore dovrebbe riuscire non solo ad imitare il prodotto, ma anche tutte le reti distributive, etc.).  Non mobilità: riguarda molto spesso le risorse umane, fa riferimento al fatto che ciò che funziona in un’impresa o in un settore può non funzionare in altri settori. Un esempio è il tentativo di adattamento della pubblica amministrazione alle logiche manageriali. DISTINZIONE FRA RISORSE E COMPETENZE Quando un’impresa è in possesso di un insieme di risorse, cioè una competenza con valore, crea le condizioni per un vantaggio competitivo sostenibile. Ma questa combinazione di risorse non basta a generare un vantaggio in quanto l’impresa deve anche possedere le abilità organizzative per sfruttare tale potenziale (ad esempio un’azienda che non offre degli incentivi in grado di motivare le persone che curano lo sviluppo tecnologico). Le competenze organizzative rappresentano la capacità della singola impresa di impiegare le risorse per realizzare specifici obiettivi. RISORSE, CAPITALE, CAPACITÀ STRATEGICA  Risorsa: rara, di valore, non imitabile, non trasferibile e non sostituibile.  Capitale: combinazione di risorse sotto forma di conoscenza.  Capacità strategica: combinazione di risorse sotto forma di capacità distintiva di un’impresa di generare valore per clienti e altri stakeholders. Capacità di sviluppare i prodotti, capacità di innovazione Commerciali Tecnologiche Negozi, magazzini, strutture per la logistica Marchi, reti commerciali, clientela Impianti, macchinari Brevetti, Copyright, cultura orientata all'innovazione Risorse tangibili Risorse intangibili Competenze Capacità di marketing, capacità di gestione dei canali 15 IL VANTAGGIO COMPETITIVO QUANTO DURA? LE RISORSE PIÙ ADATTE Le categorie di risorse più adatte a sostenere il vantaggio competitivo sono molteplici e interfacciate fra loro:  Capitale umano: insieme delle competenze delle risorse umane, frutto di apprendimento individuale e di condizioni organizzative interne.  Capitale organizzativo: informazioni, abilità e competenze incorporate nelle procedure e routine aziendali,  Capitale relazionale: l’insieme delle relazioni dell’impresa con il suo ambiente, basate su fiducia.  Competenze dinamiche: permettono di riconfigurare rapidamente e continuamente il proprio assetto strategico. COS’È UNA CAPACITÀ STRATEGICA?  Fonte di vantaggio competitivo  Una combinazione di conoscenza organizzativa, comportamenti del personale, caratteristiche di prodotti/servizi e/o processi  Unica per l’impresa  Difficile da imitare  Il valore che possiede è attribuito dai clienti o da altri stakeholders DA DOVE VENGONO LE CAPACITÀ STRATEGICHE?  Sono costruite nel corso del tempo  Richiedono accumulo di conoscenza su ciò che ha generato valore  Richiede consapevolezza nel “ come ” vengono eseguiti i principali processi COME PERSONE E ORGANIZZAZIONE SUPPORTANO LA CREAZIONE DI VALORE? 16 EVOLUZIONE DEL SETTORE Lezione 20. CP 17 Perrini. L’analisi del settore permette di cogliere l’evoluzione del settore in termini di cambiamenti strutturali che influiscono sulle cinque forze competitive. Il ciclo di vita del settore è un altro tipo di modello per l’analisi del settore e in particolare per prevedere le tendenze. Mentre il settore attraversa il proprio ciclo di sviluppo, al suo interno la distribuzione numerica e dimensionale delle imprese, il modo di competere tra loro, le barriere all’entrata e il ruolo dei fornitori e dei clienti tendono a cambiare. Fase di introduzione: attuazione delle logiche imprenditoriali, l’impresa si deve dotare delle risorse finanziarie, del personale, dei canali distributivi, delle tecnologie di produzione. Fase di sviluppo: il successo del prodotto permette piani di espansione verso un mercato più ampio e, al contempo, attira nuoci concorrenti. È quindi necessario ottenere una posizione di leadership al fine di sopravanzare i concorrenti e creare un’immagine del marchio forte. Fase di maturità: la domanda di mercato si consolida rendendo impossibile ogni aumento delle vendite (se non accaparrandosi quote di mercato dei concorrenti). In questa fase i competitori meno efficienti lasciano il mercato, il numero delle imprese diminuisce e il mercato tende ad essere dominato da poche aziende di grandi dimensioni. Le imprese devono realizzare forti investimenti pubblicitari e devono cercare di ridurre i costi (se la tecnologia lo consente). Fase di declino: la curva di domanda inizia a decrescere. In una prima fase si sviluppa una forte competizione che porta i competitori più deboli escono dal mercato; dunque, anche durante la fase di declino i leader possono rilevare una crescita nel fatturato. Gli eventi successivi dipendono dalla forma di declino:  In alcuni settori dopo una prima contrazione, le dimensioni del mercato si stabilizzano ad un livello più basso, ma stabile che consente ancora margini di profitto. 19 Il processo di segmentazione è tipicamente supportato dagli strumenti di marketing, riassumibili nelle 4 P: 1. Prodotto (product) 2. Prezzo (price) 3. Pubblicità (promotion) 4. Distribuzione (point of sale) Strutture e risorse aziendali: competenze distintive  Qualificate capacità di progettazione dei prodotti  Strutture produttive che consentono elevate economie di scale e apprendimento  Patrimonio di relazioni di cooperazione e comunicazione interna e di gestione del personale  Patrimonio di rapporti di fiducia e di cooperazione con i clienti piuttosto che con le reti distributive, stilisti, designer CRESCITA/SVILUPPO Al termine del periodo di start up esiste un ampio margine di crescita, l’impresa può quindi pensare ad un’espansione del business in termini di superamento delle barriere geografiche, adattamento a più alti livelli produttivi, etc. In particolare, il management sposta la propria attenzione dal prodotto verso l’innovazione di processo, in sostanza essere in grado di offrire prodotti più attraenti vorrà dire essere in grado di gestire in modo innovativo il processo produttivo. Se infatti il mercato cresce rapidamente, un’impresa può ottenere una performance molto alta consolidando la propria posizione sul mercato. In questa fase i concorrenti diventano più efficienti a causa di economie (producono beni migliori a costi medi inferiori) di scala e di apprendimento. Questo fa sì che le imprese più grandi assorbano i player più deboli facendo dunque uscire dal settore i concorrenti meno capaci. MATURITÀ La maturità si identifica principalmente con il rallentamento della crescita della domanda del mercato che crea eccedenze di Capacità produttiva (dovuto al leggero calo della domanda). In questa fase, inoltre, risulta complesso riuscire a diversificare il prodotto e, in mancanza di significative differenziazioni, i consumatori (già dotati di un’ampia conoscenza dei prodotti e, di conseguenza, essendo sensibili alle campagne pubblicitarie) diventano particolarmente attenti ai prezzi. Cosa che potrebbe portare a guerre di prezzo fra i produttori. Infine, nei settori maturi si manifestano fenomeni anche a livello di apparato distributivo con il graduale imporsi di forme di distribuzione su grandi superfici (rispetto al commerci tradizionale e specializzato). Questo porta ad un maggiore potere contrattuale da parte degli intermediari traducibile in un’ulteriore stretta sui costi e margini economici inferiori. La riduzione dei costi per le imprese è un imperativo che può essere perseguito attraverso:  Riduzione dei costi unitari - Curva di esperienza: il maggiore grado di conoscenza di un processo rende minore lo sforzo che si compie nell’attuarlo e replicarlo. - Economie di scala - Ottenimento di risorse produttive a basso costo: si fa riferimento all’accesso a particolari risorse a condizioni privilegiate, compreso il fattore lavoro. 20 - Livelli elevati di efficienza: azioni volte all’eliminazione degli sprechi e al contenimento delle spese nelle attività amministrative (es. ridimensionamento del personale).  Sfruttamento di particolari leve - Dinamica di nicchia: in un settore maturo la stabilità o il declino della domanda complessiva possono nascondere forti oscillazioni riguardanti singoli segmenti di mercato. Non tutte le imprese riescono quindi a raggiungere posizioni competitive all’interno di queste nicchie. - Dinamica qualitativa: la domanda può essere stabile in senso quantitativo, ma mutevole a livello qualitativo. Non è dunque ragionevole non reagire alla dinamicità del mercato modulando la qualità della propria offerta. - Potenzialità innovativa: è possibile che in un settore maturo possano trovare spazio imprese che puntano sull’innovazione o sull’introduzione di nuove regole competitive. - Vuoti di offerta: l’apparente scarsa attrattività del settore maturo può portare ad abbandoni da parte di imprese interessate ad altri settori che possono far aumentare la domanda per chi rimane. L’eccedenza produttiva crea una forte concorrenza, lasceranno prima il mercato le imprese che hanno una capacità produttiva molto alta, e visto il decrescere della domanda, la eccede (la curva della CP sta sopra quella di domanda). DECLINO La fase del declino è caratterizzata da:  Forte eccedenza di capacità produttiva  Forte calo della domanda  Assenza di innovazione  Riduzione del numero di imprese  Intensa concorrenza In questa fase ci sono quattro possibili strategie: 1. Strategia di quota: punta a far acquisire all’impresa una posizione di leadership nel settore, cercando di compensare la caduta complessiva delle vendite con l’aumento della propria quota di mercato. Per raggiungere tale obiettivo l’impresa deve spingere al di fuori del mercato la concorrenza (es.: scatenando una guerra di prezzi; abbassando le barriere per favorire l’uscita del settore; rendendo la permanenza nel mercato più onerosa rispetto all’uscita introducendo magari variazioni costose del prodotto che i concorrenti sarebbero costretti ad imitare). 2. Strategia di nicchia: punta all’occupazione di un segmento della domanda protetto dal declino. 3. Strategia di mietitura: l’impresa mira a ottenere il massimo ritorno finanziario dal business in declino, evitando nei limiti del possibile di effettuare ulteriori investimenti. Questa strategia si basa sul fatto che il calo delle vendite può portare a significativi flussi positivi di cassa, grazie alla progressiva diminuzione del capitale circolante. È importante evitare le guerre di prezzo e puntare sui margini unitari di contribuzione (ridurre il numero di varianti per il consumatore e aumentare il prezzo di vendita, tagliando allo stesso tempo i costi per attività non essenziali). 4. Strategia di disinvestimento: punta alla dismissione delle attività, per destinare le risorse ottenute a nuovi business. Tale politica è conveniente se attuata prima del manifestarsi del declino. 21 Disinvestimento rapido: In assenza di vantaggi la strategia consigliata è la quarta, dove invece si hanno dei vantaggi residuali, le strategie proposte sono quelle di nicchia; una soluzione al disinvestimento è la mietitura. CRISI Accade che le imprese incontrino periodi di difficoltà e di perdite economiche che segnalano il momento di procedere ad un ridefinizione delle strutture aziendali e dell’impostazione strategica. Cambiamenti ambientali improvvisi e accelerati possono spiazzare anche le imprese più sane che pagheranno con redditi insoddisfacenti il tempo necessario per annullare il ritardo. Una crisi vera e propria dipende da fenomeni complessi e frequenti che configurano uno stato patologico; si possono distinguere in:  Cause primarie: sono date da fattori di tipo ambientale o interno che determinano l’incapacità̀ a mantenersi in stabili condizioni di economicità. Tra i fattori aziendali è possibile individuare alcune tipologie: - Strategici, relativi al venire meno della coerenza fra ambiente e strategie - Finanziario-societari, relativi all’assetto delle fonti, degli impieghi e dei collegamenti societari - Organizzativi, relativi al decadimento dell’efficienza, della capacità innovativa, della qualità delle prestazioni in una o più aree della struttura organizzativa - Straordinari, si stratta di eventi eccezionali, di natura accidentale o dolosa che possono incidere sulle prestazioni della società  Cause secondarie: sono normalmente successive alle cause primarie e moltiplicano gli effetti delle stesse ostacolando la risoluzione della crisi: - Erosione del sostegno degli stakeholder: a causa dell’incertezza adottano un comportamento volto alla tutela della propria posizione - Deterioramento del clima organizzativo interno e conflitti: la minaccia del fallimento mette in discussione la posizione delle persone, le prospettive, etc. - Fuga di risorse umane L’impresa deve essere in grado di sviluppare adeguate strategie per fronteggiare la crisi, al fine di tornare in condizioni gestionali ordinarie. Gli obiettivi operativi si suddividono in tre categorie:  Obiettivi economici  Obiettivi patrimoniali – finanziari  Obiettivi istituzionali Struttura del settore Sfavorevole Favorevole Quota o nicchia Mietitura o disivenstimento rapido Nicchia o mietitura Disinvestimento rapido Posizione competitiva Vantaggi rispetto alla domanda residuale Assenza di vantaggi rispetto alla domanda residuale 24  rallenta il processo di adozione di tecnologie innovative  rende costoso l’abbandono di attività che si avvicinano al declino STRATEGIE DI FOCALIZZAZIONE SUL CORE-BUSINESS Sono strategie volte a rafforzare l’impresa e che hanno come obiettivo la riduzione del rischio di impresa tramite un processo che porta ad esternalizzare alcune attività. Focalizzando così l’attenzione su quelli che sono i settori che vengono considerati più importanti. Esistono due tipologie di approccio:  Strategie di Outsourcing: esternalizzazione di una serie di processi che prima erano gestiti dall’organizzazione (es. lavori in conto terzi). Possono consentire di avere maggiore flessibilità operativa in situazioni di crescita, laddove il management scarti l’opportunità di fare un salto dimensionale, sviluppando partnership; oppure non sviluppo strutture che si occupano di attività, ma le compro dal mercato quando ne ho bisogno. ? che vuol dire L’outsourcing può essere:  Completo: prevede l’esternalizzazione di un singolo servizio o di un’area di attività  Parziale: è relativo solo alle specifiche fasi di un’attività  Corporate Restructuring & Development: l’impresa ristruttura in maniera molto più profonda il suo funzionamento al fine di razionalizzare gli ambiti che non costituiscono il vantaggio competitivo. Si tratta di strategie più intense caratterizzate da un profondo intervento di revisione, cedendo a terzi alcune attività con due obiettivi:  ridurre le dimensioni delle imprese  avere a disposizione risorse da investire nel potenziamento dei business (es. ha portato a termine dopo anni di trattative un obiettivo: ha venduto una delle sue imprese di assicurazione e si è garantito 4/9 miliardi che vuole usare per fare altri investimenti) ? 25 LA CORPORATE GOVERNANCE. I RISCHI DELLA DISCREZIONALITÀ MANAGERIALE IL PROBLEMA DELL’AGENZIA Lezione 21. CP 9 Perrini. Questo tema fa riferimento ad un problema di ordine generale, ovvero il rapporto d’agenzia. Uno studio risalente al 1932 condotta da Berle e Means dimostrò che la proprietà delle società era incapace di imporre il proprio volere e che i manager fossero di fatto autonomi. Tutto ciò mise in difficoltà il concetto tradizionale dell’impresa, infatti, se i manager sfuggivano alla sorveglianza della proprietà esisteva la possibilità che tutelassero i propri interessi. Il rapporto fra proprietà e management costituisce il rapporto di agenzia. In questo rapporto un soggetto, l’agente, svolge un’attività nell’interesse di un altro soggetto, il principale. Spesso il principale ricorre a un agente perché è incapace di svolgere una certa attività. Il fenomeno non riguarda solo le società per azioni, il rapporto di agenzia è un concetto storico applicabile a più ambiti Il rapporto di agenzia può determinare seri problemi nella conduzione delle imprese. Dissociazione tra proprietà e potere  Tra capitale di comando e capitale controllato (proprietà senza controllo): fa riferimento alle società quotate. Non tutti gli azionisti non hanno lo stesso potere in termini di esercitare sulla società; alcuni azionisti sono proprietari che possono esercitare il controllo e proprietari che invece non hanno alcun potere.  Tra proprietà e controllo manageriale (controllo senza proprietà): fa riferimento alle public companies (sono caratterizzate da un’elevata frammentazione dell’azionariato). In questo caso si applica in maniera estrema il rapporto di agenzia, il management ha un potere molto elevato. Il rapporto di agenzia ha alcuni tratti tipici:  Discrezionalità dell’agente: l’agente agisce su base discrezionale, ovvero stabilisce come perseguire l’interesse della società. Ciò di cui l’agente deve rispondere è solo il risultato.  Asimmetria informativa: l’agente ha più informazioni rispetto al principale; infatti, gli azionisti che non gestiscono avranno notizie di seconda mano sullo svolgimento dei processi interni. Inoltre, il management ha il controllo dei sistemi informativi di impresa e può filtrare le notizie che raggiungono la proprietà.  Remunerazione dell’agente indipendente dal risultato: il management ottiene il corrispettivo indipendentemente dall’andamento della società (gli azionisti invece guadagnano in base all’andamento della società). Queste caratteristiche possono trasformarsi nelle preoccupazioni di Berle e Mears (consiste nel fatto che l’agente sfrutta la discrezionalità per perseguire i propri interessi, l’asimmetria informativa per celarli, e contare sul diritto ad essere remunerato in caso di risultato negativo). Altri due autori hanno definito questa situazione che è largamente presente nell’impresa in termini di costi d’agenzia. La discrezionalità dell’agente è un fatto inevitabile, lo posso evitare se il proprietario continua a gestire la società, questo ha dei limiti: non riesco a andare oltre certe dimensioni, quindi le imprese restano medio-piccole e non sono in grado di competere in situazioni concorrenziali. 26 AMBITI AZIENDALI OGGETTO DEL RAPPORTO DI AGENZIA Nelle S.p.A. l’ordinamenti giuridici prevedono l’esistenza di due organi principali:  L’assemblea degli azionisti: cui spettano i poteri di nominare e revocare i consiglieri di amministrazione, di approvare il bilancio e di decidere su temi importanti (es. aumento capitale sociale, etc.).  Il consiglio di amministrazione: riunisce i consiglieri che hanno il compito di stabilire una linea strategica e sorvegliare sulla sua realizzazione; inoltre esprime il management. Se gli organi istituzionali non funzionano a dovere, si presenta il problema di agenzia. Assemblea degli azionisti e Consiglio di amministrazione possono non assolvere pienamente le loro funzioni:  La partecipazione alle assemblee è costosa per i piccoli risparmiatori e quindi può capitare che tanti piccoli azionisti non si presentino poiché devono farsi carico dei costi (spostamento, etc.)  I piccoli azionisti di società quotate preferiscono liquidare l’investimento (se l’assemblea prende una serie di decisioni non condivise da parte degli azionisti, questi vendono le partecipazioni si pensi ad un aumento di capitale oneroso)  I consiglieri sterni o indipendenti non esercitano il loro potere di sorveglianza sui manager In questi casi il management controlla sia il consiglio che l’assemblea. IL MERCATO DEI CAPITALI E I PREZZI DI BORSA I mercati finanziari si suddividono in:  Mercati diretti: mercati in cui i singoli attori del mercato eseguono transazioni su base bilaterale secondo regole accettate dalle parti. Questa tipologia di mercato ha delle regole che vengono definite di volta in volta dopo ogni singolo scambio (es. mercato immobiliare).  Mercati aperti: sono molti grandi ed efficienti, e funzionano sulla base di regole ben definite (es. borsa). Non tutte le aziende possono quotarsi, esistono determinati criteri che garantiscono la tutela degli investitori. Il mercato garantisce la liquidità degli scambi, La Borsa è un mercato regolamentato aperto e secondario che svolge le seguenti funzioni:  Ammettere i titoli alle contrattazioni Il valore delle azioni dipende da:  performance economiche da cui dipendono i dividendi distribuiti periodicamente agli azionisti  capital gain: incrementi di prezzo delle azioni, che gli azionisti possono monetizzare vendendo i titoli I prezzi di Borsa sono sensibili ad alcuni aspetti specifici del governo di impresa:  Le azioni non necessariamente sono dello stesso tipo, infatti, una società può articolare le proprie azioni in diritti di voto diverse (es. azioni di risparmio = l’azionista non ha diritto di voto, ma ha dividendi più alti e certi, azioni ordinarie = l’azionista ha il diritto di voto ed è soggetto al rischio).  Frammentazione della proprietà, solitamente sono imprese facilmente scalabili (in una società dove c’è un azionista di riferimento che detiene il 60% non mi permette la scalata) 29 non corrispondono agli interessi degli azionisti, eccessiva propensione al rischio e viceversa, assenza di motivazione, etc.). 2. Comportamenti opportunistici: azioni illecite che possono essere condotte dal management ai danni della società. Azioni illecite esempi: - Appropriazione diretta di asset aziendali - Creazione di società private che instaurano rapporti commerciali con l’impresa a condizioni privilegiate - Convocazione segreta di assemblee degli azionisti (dove si prendono decisioni prima di presentarle nell’assemblea formale) - Tenuta di una falsa contabilità - Gestione arbitraria di azionisti dal libro dei soci (non tenere aggiornati i soci in prossimità di alcune importanti scadenze) BENEFICI PRIVATI DEL MANAGEMENT Vengono legati a due situazioni:  Remunerazione di base del management: In alcuni casi è il manager a stabilire il suo stipendio.  Remunerazione accessoria del management: riguardano bonus e vari benefici non monetari spettanti al manager (es. auto aziendale). Spesso è difficoltosa la distinzione tra i benefit giustificati e quelli non giustificati. RESISTENZA AL RICAMBIO Il management assume una caratteristica più critica laddove le aziende hanno un soggetto esterno che vuole comprare la società. Perché un soggetto decide di comprare una società target?  ritiene che la società sia sottovalutata nel mercato di borsa (es. Telecom Italia);  diversificazione del rischio;  può fondere la società target con una nuova società, ottenendo vantaggi e diminuzioni dei costi (strategie operative e finanziarie);  ricambio del management: possono essere interni o esterni. Il management che opera all’interno di questa azienda, quando scopre che un soggetto vuole comprare l’azienda deve cercare un nuovo lavoro. Cosa fa il management? Cerca di evitare l’operazione, attivando azioni di resistenza per evitare che la società sia comprata, perché se il management riesce a far fallire l’operazione, può rimanere nell’azienda e continua a godere dei privilegi. In certi casi il management invece si dimette subito. Possibili forme attive di resistenza: Convincere che il prezzo è basso, oppure sostenere che chi acquista voglia licenziare o attuare altre politiche speculative, cercare il sostegno di altri stakeholder, finanziatori e investitori che prevedano il mantenimento del management oppure proporre nel proprio contratto delle clausole nel caso in cui queste operazioni di vendite abbiano successo. Come evitare comportamenti opportunistici o illeciti? Due categorie di strumenti che vengono considerati strumenti di CG, ovvero regole che consentono di contenere questi comportamenti:  strumenti interni di CG: - sorveglianza diretta - incentivazione manageriale - controllo interno  strumenti esterni di CG: 30 - il mercato per il controllo - la sorveglianza degli investitori istituzionali - la sorveglianza delle banche - la reputazione GLI STRUMENTI INTERNI DI CORPORATE GOVERNANCE Lezione 22. CP 12 Perrini. → Strumenti all’interno dell’impresa per evitare un disallineamento tra manager e azionisti. Gli strumenti interni si basano sulla sorveglianza e la disciplina del management, esercitata dagli azionisti di maggioranza attraverso procedure aziendali o norme di legge. In pratica con gli strumenti interni gli azionisti di maggioranza evitano che i manager sfruttino il loro potere per interessi di carattere personale. I principali strumenti interni sono:  La concentrazione proprietaria (sorveglianza diretta), ossia la formazione di maggioranze stabili capaci di nominare o revocare i manager.  Sistemi di incentivazione manageriale, con i quali si cerca di allineare gli interessi dei manager a quelli degli azionisti;  Il controllo interno, con cui si verifica la correttezza del comportamento dei manager e si prevengono infrazioni. IL CONTROLLO DI UNA S.P.A Controllo assoluto: avere una maggioranza assoluta nei voti nelle assemblee ordinarie (50%+1) per poter nominare gli amministratori senza avere nessuna opposizione. Questo limite è riducibile attraverso:  emissione di azioni a voto limitato (azionisti investitori / limite < 50% capitale sociale);  patti parasociali: accordo tra azionisti e votano col patto in società (4 azionisti hanno il 15%, assieme formano il 60%, quindi controllano l’azienda). Questo patto può essere sciolto;  costruzione di società finanziarie: non esercitano attività operativa, ma hanno come obiettivo la gestione di portafogli di partecipazioni. Per sfruttare un ulteriore effetto di leva azionaria. Se un azionista esercita il controllo di una società riesce ad influenzare la decisione del management perché è proprio lui a scegliere il management;  leva azionaria. La sorveglianza diretta degli azionisti di maggioranza Una proprietà concentrata è il modo più diretto per controllare l’azione manageriale e può assumere 3 forme:  controllo assoluto: un azionista ha il 50% +1 dei diritti;  controllo di minoranza: il singolo azionista controlla meno del 50% ma poiché il resto della proprietà azionaria è frammentata riesce a dominare le assemblee e a far nominare manager di suo gradimento.  patto sindacato: rappresentato da un gruppo di azionisti, nessuno dei quali possiede una quota sufficiente a controllare l’assemblea, si allea e forma un blocco azionario di controllo (zoccolo duro), quindi mira a tutelare la gestione dell’impresa e realizzare interessi comuni attraverso accordi che possono essere impliciti (non scritti) o espliciti (con la riforma della borsa è possibile formalizzare questi accordi ma c’è un limite temporale), ma comunque duraturi nel tempo, con cui i partecipanti stabiliscono una politica unitaria e difendono comuni interessi. A parità di azioni possedute il potere reale degli azionisti dipende da:  norme di diritto commerciale: possono stabilire quorum e maggioranze qualificate che possono andare a limitare il controllo esercitato dagli azionisti di maggioranza sui management (in Italia le delibere hanno bisogno di maggioranza);  statuti aziendali: le stesse norme contenute negli statuti aziendali possono incidere sul controllo che gli azionisti di maggioranza possono esercitare sul management. Nelle società più grandi, i lavoratori e gli azionisti si spartiscono i posti nel consiglio a metà e quindi l’azionista di controllo non può dominare da solo la formazione del consiglio di amministrazione. 31 Vantaggi della sorveglianza diretta Se è efficacie elimina il problema di agenzia, toglie al management la sua indipendenza. Da una parte elimina i rischi e dall’altra ne elimina anche i vantaggi, in quanto la società viene gestita direttamente o indirettamente dall’azionista di controllo, impedendo che la società venga gestita da chi possiede competenze manageriali e gestionali; e questo è un elemento di grande importanza a fronte di una crescita della complessità dell’impresa moderna. Svantaggi della sorveglianza diretta Si verifica un rapporto di agenzia tra azionisti di maggioranza, minoranza e altri (proprietà senza controllo), che si amplifica in presenza di “piramidi”. CONTROLLO PIRAMIDALE DELLA SOCIETÀ Nell’immagine, X è una società operativa impegnata in un certo business che si trova sotto il controllo al 51% da C che è una Holding, cioè una società finanziaria che detiene il controllo un gruppo di aziende, attraverso il possesso diretto o indiretto di una rilevante quota di ciascuna di esse. La holding C è controllata da una Holding B, la quale a sua volta è controllata da una holding A, la quale infine è sotto il controllo di un gruppo di azionisti di controllo. Nonostante gli azionisti di controllo in cima alla piramide non possiedono neanche un’azione della società X, attraverso questo sistema di partecipazioni, gli azionisti di controllo, possono controllare a cascata le assemblee di tutte le imprese sottostanti, compresa la società operativa X. Il vantaggio delle piramidi è rappresentato dal fatto che con un investimento limitato si può esercitare, di fatto, il controllo assoluto. Infatti, in ciascuna delle holding una parte del capitale è fornita da azionisti di minoranza. Se mettiamo a rapporto l’investimento degli azionisti di controllo nella holding A con il capitale sociale di X otteniamo il rapporto di possesso integrato, che misura la percentuale di X detenuta indirettamente dagli azionisti di controllo tramite il controllo di altre società Holding e rappresenta il reale impegno finanziario in X. La leva azionaria indica il rapporto tra la quota detenuta in X e il possesso integrato e indica quante volte si moltiplica il possesso integrato grazie alla catena di controllo. Più allunghiamo questa catena più la leva cresce e più cresce il controllo se è minore del 51%. UN ESEMPIO ITALIANO TELECOM Partiva da una società di GPI che a sua volta controllava una società italiana CAMFIN con il 50,1%, che a sua volta controllava Pirelli con il 25%, Olimpia aveva il 18% su Telecom, azienda quotata nel mercato. Olimpia ha fatto un patto di sindacato su Telecom con Hopa. Gli altri azionisti di Telecom erano Ass. generali, brandes IV, MKT. Questo patto consentiva il controllo di Telecom Italia. L’investimento della famiglia è stato controllato con lo 0.78% del 34 Le società quotate italiane stanno adottando sistemi di controllo interno sempre più simili a quelli americani. Il Codice di Autodisciplina delle Società Quotate (cosiddetto “Codice Preda”) raccomanda l’istituzione di un sistema che comprenda:  Un preposto al controllo interno  Un comitato per il controllo interno L’obiettivo di questo sistema di controllo interno è quello di indirizzare verso obiettivi di redditività e conseguimento della propria missione minimizzando i rischi. I LIMITI DEL CONTROLLO INTERNO Gli scandali societari degli anni 2000 hanno dimostrato l’estrema vulnerabilità dei sistemi di controllo interno:  Limiti dei poteri degli amministratori indipendenti, che hanno poco tempo alla preparazione delle riunioni, semplice presenza, Svantaggio informativo; Nomina influenzata non partecipano al rischio d’impresa; Agenti degli azionisti non adeguata motivazione a tutelare gli interessi) aspetti che limitano il potere di controllo degli amministratori indipendenti.  Internal audit (realizzato da dipendenti e dirigenti) subisce l’influenza del management.  Società di revisione carenti sul piano etico e professionali (perdita del ruolo di controllo e trasformate in semplici fornitori di servizi). Le società di revisione controllano le imprese da cui sono pagate. Le società di revisione cercano di assecondare i bisogni ed esigenze dei clienti perché hanno bisogno di essere riconfermate. Instaurano un rapporto di fiducia. Come evitare comportamenti illeciti e opportunistici? Due categorie di strumenti Strumenti interni di CG Strumenti esterni di CG sorveglianza diretta il mercato per il controllo incentivazione manageriale la sorveglianza degli investitori istituzionali controllo interno la sorveglianza delle banche la reputazione GLI STRUMENTI ESTERNI DI CG Lezione 23. CP 13 Perrini. IL MERCATO DEL CONTROLLO Il mercato del controllo è il principale meccanismo di governance nel mondo anglosassone. Le società quotate possono essere soggette a scambi, quindi il mercato per il controllo è l’insieme delle operazioni con cui è scambiata la proprietà delle società in forma amichevole o ostile, rappresenta un limite alla discrezionalità manageriale. La minaccia di takeover dovrebbe disciplinare il management il quale, se inefficiente, è rimosso e sostituto da chi è più in grado di gestire la società (la minaccia alla sostituzione di management dovrebbe essere uno stimolo. Per i piccoli azionisti partecipare alle assemblee è estremamente costoso e per mostrare il loro dissenso vendono le loro azioni). L’offerta può essere di due tipi:  amichevole: concorda una serie di regole di scambio dialogando tra di loro, nominando un unico consulente legale e il processo è concordato;  ostile: avviene senza dialogare con la società, processo più conflittuale e ci si può aspettare delle resistenze a questo scambio. Nella realtà i takeover ostili sono rari, ciò che conta è che l’operazione sia una minaccia concreta: il basso numero di takeover ostili potrebbe essere la dimostrazione di un buon 35 funzionamento di questo meccanismo di governance, nel senso che i manager possono essere consapevoli e quindi disciplinano ed evitano comportamenti che possono comportare takeover. Tuttavia, è possibile che il basso numero di takeover ostili sia dovuto ad una scarsa efficienza del mercato del controllo, ossia all’esistenza di barriere strutturali alla realizzazione di questo tipo di acquisizioni. Alcune possibili barriere sono:  resistenza della target: il management può cercare di bloccare il takeover tramite pillole avvelenate, greenmail e altri strumenti. L’azienda può essere oggetto di scambio, quindi ci può essere bassa discrezionalità. Se ci sono azioni di resistenza da parte del management può creare difficoltà allo scambio.  costo dell’operazione: l’acquirente ostile deve pagare un premio rispetto ai prezzi correnti di borsa per esercitare il controllo e in questo modo l’acquirente cede agli azionisti correnti dei vantaggi che spera di ottenere con uno scambio di gestione;  limiti finanziari: la capitalizzazione di borsa (valore di mercato delle azioni di una società che si ottiene moltiplicando il numero di azioni per il prezzo di borsa per il valore di mercato) di molte società quotate può essere molto alta, così che l’esistenza di un dinamico mercato di controllo richiede una capacità del sistema finanziario di fornire capitali ingenti agli acquirenti (per realizzare un’acquisizione è necessario che il sistema finanziario sia in grado di fornire al potenziale acquirente ingente capitale). Alti tassi e restrizione credito possono impedire la conclusione di acquisizioni ostili;  ostacoli politici: i takeover ostili possono trovare l’opposizione di alleati del management della target nel mondo finanziario, imprenditoriale o degli stessi governi che vogliono tutelare gli interessi nazionali. Ci possono essere scelte istituzionali che impediscono che le aziende possano essere comprate senza assenso del Governo (interesse nazionale: es. imprese che operano nella difesa, nella ricerca scientifica, imprese per le quali il livello nazionale ritiene di dare l’ok alla scissione per evitare che questo porti alla scomparsa di certi settori). La conseguenza di queste barriere è che solo una parte della società con cattive performance sono effettivamente acquistate. Un mezzo per superare il problema del costo dell’operazione e dei limiti finanziari è costituito dal cosiddetto leveraged buy-out (LBO). Il leveraged buy-out è una tecnica di acquisizione in cui le liquidità della target sono usate per finanziare l’operazione. Nel LBO l’acquisizione non è effettuata direttamente dall’acquirente, ma da una società da esso posseduta e in genere creata per l’occasione (new company). Questa società è dotata delle risorse necessarie per l’acquisizione accendendo nuovi debiti. Come funziona? 1. Il soggetto interessato ad acquisire la società, costituisce una nuova impresa (new company) e la controlla, ci mette il capitale sociale e successivamente cerca un finanziamento da soggetti terzi (es. banche), che valutano la fattibilità dell’operazione e se ritengono fattibile concede il finanziamento; 36 2. La New Company, ben finanziata, acquista la società target, la quale si distingue per le disponibilità liquide, quando l’offerta si conclude hanno il controllo della società target; 3. Una volta chiuso l’acquisto, in maniera rapida temporalmente, l’acquirente fonda la New Company con la società target. → Nella fase iniziale è una società fortemente indebitata; nella fase due è caratterizzata da molta liquidità; nella fase tre si utilizza la liquidità per pagare i debiti della prima fase. Anche se facilita le acquisizioni, e quindi rende più efficiente il mercato del controllo, il LBO presenta aspetti problematici: il fatto che l’acquirente non usi risorse proprie può portare ad acquisizioni che non hanno giustificazione economica; e il risultato del LBO è una società molto indebitata, il che appesantisce la struttura dei costi e limita la possibilità di finanziare nuovi investimenti. LA SORVEGLIANZA DEGLI INVESTITORI ISTITUZIONALI Gli investitori istituzionali tendono ad ottenere il massimo rendimento dai propri investimenti (l’investimento rappresentato dalle quote di questi fondi, hanno competenze tecniche istituzionali per il controllo della società) e dispongono delle competenze tecniche richieste per monitorare politiche e performance delle società di cui acquistano azioni. Collettivamente possono arrivare a rappresentare quote rilevanti, perciò tali investitori sembrano avere sia le motivazioni sia il potere per tentare di influire sulla governance delle società, quando questo avviene si parla di ATTIVISMO degli investitori istituzionali, può assumere la forma di:  Negoziazioni dietro le quinte. Per esempio, i rappresentanti dei fondi si possono incontrare con il management di una società per avanzare richieste o discutere di particolari decisioni che possono avere un notevole impatto sui bilanci, come un’acquisizione.  Minaccia implicita o esplicita di liquidare l’investimento, facendo scendere i prezzi di Borsa.  Annuncio pubblico del proprio dissenso. Ma l’attivismo è RARO perché:  Gli investitori istituzionali sono interessati al rendimento e non al controllo e trovano più conveniente smobilizzare che cercare di ottenere cambiamenti.  Dipende dalla politica di portafoglio seguita. Essi possono seguire due approcci: - indexing: quando l’investitore costruisce un portafoglio che tende ad approssimare un certo indice Borsistico; - gestione attiva: il fondo decide in autonomia come investire, e destina una quota più alta del patrimonio a società che reputa promittenti e una più bassa e una più bassa a quelle che sembrano più deboli (sulla base dei rendimenti; monitoraggio più intensa). (preferiscono orientarsi all’indexing). 39 I flussi fisici partono dall’approvvigionamento presso i fornitori (logistica d’ingresso), attraverso i l’attività produttiva (logistica interna) e si concludono con la distribuzione dei prodotti finiti ai consumatori finali (logistica commerciale in uscita). Queste tre attività necessitano di coordinamento e il compito spetta alla Logistica Integrata. La logistica si prefigge l’obiettivo di massimizzare la disponibilità dei materiali (processi di logistica in entrata). Adesso ci sono problemi di disponibilità di materie prime (es. ambito dei cip per produrre le macchine), calano le vendite e peggiora il fatturato. Questo può rappresentare un fattore critico e ad alto rischio. I componenti della logistica consistono nell’ottimizzare la disponibilità dei materiali con riferimento a: 1. Spazio, tempo e volumi richiesti 2. Economicità e impiego di risorse Curare il livello del servizio curando il costo logistico globale. Lo spazio richiesto dalla presenza fisica in azienda di larghe scorte di materie prime, si traduce in problemi di spazio, bisogna avere tanti magazzini e questo ha una conseguenza in termini di costo (spazio, tempo e volumi richiesti). Bisogna avere sempre delle scorte in base alla produzione giornaliera, in modo da avere un flusso continuo di materie prime. Il numero di magazzini inevitabilmente genera dei costi (economicità e impiego di risorse). Abbiamo costi di trasporto verso i clienti, costo di movimentazioni e stoccaggio. I costi aumentano in base all’aumento dell’esigenze aziendali. Perseguire delle strategie di diversificazioni, tramite materie prime raffinate. Per flessibilità del processo si intende di riuscire a soddisfare le richieste dei clienti e in caso contrario saper subito eliminare le scorte. Trade off tra livello di servizio richiesto e costi associati. Il livello del servizio logistico è determinato da:  Disponibilità del prodotto: capacità dell’impresa di contenere l’esaurimento delle scorte a magazzino entro intervalli limitati di tempo; 40  Tempestività della consegna: tempo che intercorre tra l’ordine del cliente e la consegna della merce;  Affidabilità della consegna: è data dal rispetto dalla regolarità della consegna, con riferimento al rispetto della conformità della merce consegnata per quanto riguarda qualità e volumi e al rispetto della data di consegna pattuita;  Flessibilità della consegna: la capacità dell’impresa di soddisfare richieste di personalizzazione della consegna con riferimento ai tempi, ai volumi e alle modalità di consegna. Il costo globale logistico è dato da:  Trasporto  Movimento  Stoccaggio Somma dei costi relativi al magazzino, alla gestione delle scorte, ai trasporti e ai costi amministrativi che vanno a determinare il costo logistico. Le scelte che sono volte a massimizzare il livello del servizio logistico si concretizza in una massimizzazione delle risorse necessarie per raggiungerle. Esiste una correlazione tra il miglioramento del livello logistico e l’aumento del costo logistico globale. Chi si occupa di logistica deve cercare di trovare un equilibrio tra la qualità del servizio logistico offerto e il costo logistico. La gestione dei magazzini e delle scorte Il magazzino ha un ruolo fondamentale all’interno della logistica. Il magazzino è un impianto logistico costituito da locali, attrezzature, personale in grado di ricevere i diversi materiali e prodotti finiti, custodirli, conservarli e renderli disponibili per la produzione e la consegna. Gli approvvigionamenti - collegati alla logistica in entrata L’approvvigionamento è l’insieme delle attività tecnico-commerciali attraverso cui le imprese acquistano sul mercato i beni e i servizi necessari per lo svolgimento dei processi produttivi e gestionali. Gli obiettivi della gestione degli approvvigionamenti sono:  Assicurare l’economicità degli acquisti: selezionare i fornitori per contenere i costi;  Preservare la continuità della produzione;  Garantire il rispetto degli standard di qualità: costo inferiore e qualità per scegliere i fornitori. La gestione degli approvvigionamenti consente di coordinare gli acquisti con i fabbisogni della produzione o delle vendite per minimizzare i cosi totali di gestione. Il marketing d’acquisto Le attività di approvvigionamento sono supportate dal marketing di acquisto, che opera sul mercato dei fattori produttivi utilizzando una serie di leve dette procurement mix (analizza nella prospettiva degli approvvigionamenti, l’ambiente, il mercato, i prodotti e i fornitori). Le leve di procurement mix sono costituite dalle politiche di:  prodotto: decisioni relative ai materiali approvvigionati. Per ogni materiale acquistato si considera il valore unitario, la possibilità di sostituirlo con altri materiali, la possibilità di innovare questi materiali, l’influenza che il materiale ha sulla performance del prodotto finito. Le POLITICHE DI PRODOTTO sono strettamente legate alle caratteristiche del portafoglio materiali e componenti (in termini di criticità economica e di approvvigionamenti); 41  approvvigionamento: se si vuole fornire le merci ad un’azienda o amministrazione pubblica, bisogna iscriversi all’albo dei fornitori, il quale deve possedere determinate caratteristiche umane e dei prodotti; → identificazione, valutazione, selezione e controllo dei fornitori;  prezzo: derivano dal potere contrattuale dell’aziende e dei fornitori (sono influenzate dalla fase precedente); → diretta alla negoziazione delle condizioni economiche che regolano il rapporto con i fornitori;  comunicazioni: promozione dell’immagine aziendale presso i propri fornitori (anticipare alcune esigenze aziendali). →promuovono l’immagine aziendale presso i fornitori (importante garantire una buona relazione), facendo leva sull’assistenza tecnica finanziaria in grado di garantire agendo su una politica di programmazione degli ordini. Improntando il rapporto sulla trasparenza. Tutte queste scelte hanno degli impatti sulla fase di logistica in entrata. Le politiche di prodotto sono legate all’insieme di materie prime necessarie per ottenere i prodotti primi (caratteristiche del portafoglio materiale) e alla componentistica:  rischio di approvvigionamento (alto o basso)  impatto sulla redditività aziendale (alto o basso) Questo modello evidenzia 4 tipologie di beni/componenti rispetto ai quelli le politiche di approvvigionamento sono diverse:  materiali non critici: non esistono rischi di approvvigionamento, questo significa che sarà sempre largamente disponibile (il bene è standardizzato) e anche la redditività è bassa (prezzi bassi, concorrenza tra fornitori). Si può raddoppiarne il volume. → hanno un impatto gestionale limitato sia dal punto di vista economico, sotto il profilo di impatto sulla redditività aziendale, e sia per quanto riguarda la gestione dei flussi.  Materiali strategici: materiali più complessi con rischio di approvvigionamento alto ed anche un alto impatto sulla redditività; questi materiali sono alla base del vantaggio competitivo.
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