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Appunti Environmental Model e Resources Based View, Appunti di Economia Aziendale

Riassunto integrato fra gli appunti presi a lezione della professoressa Mariolinga Longo e il libro A.Lipparini "Economia e Gestione d'imprese".

Tipologia: Appunti

2019/2020

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In vendita dal 11/03/2020

biancanardi
biancanardi 🇮🇹

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Scarica Appunti Environmental Model e Resources Based View e più Appunti in PDF di Economia Aziendale solo su Docsity! Environmental model e Resources based view theory Si distinguono due principali teorie riguardanti le determinanti dei risultati economici realizzati nel lungo termine da un’impresa: 1. Environmental model (o Industrial Organization, IO) Fa riferimento all’importanza della struttura del settore industriale, dell’ambiente esterno. Il presupposto di fondo è che esista una relazione tra la struttura di un settore, il comportamento di una settore, e la performance economica di un’azienda. Quindi, non tutti i settori sono ugualmente redditizi: la redditività specifica di un settore può determinare la redditività di un’azienda. La capacità di produrre reddito da parte di un’azienda sta nel sapere selezionare il settore industriale più redditizio: facendo la scelta giusta automaticamente si fa leva sulla performance economica dell’azienda. Al modello ambientale fano riferimento molte teorie economiche. A partire dalla scuola di pensiero di Mason degli anni ’30 che focalizza sull’importanza della struttura del settore come elemento che impatta sula performance economica; si aggiunge negli anni ’50 la teoria della Industrial Organization, ideata dopo che alcuni economisti rilevarono la relazione esistente tra elevate barriere all’entrata ed un’elevata profittabilità. La teoria IO rafforza quella di Mason affermando che la capacità di produrre reddito sta nel selezionare il mercato e il settore con più forte attività di reddito. A queste due teorie si aggiunge la teoria delle 5 forze competitive secondo cui ogni settore industriale è caratterizza da 5 forze competitive che si muovono in maniera diversa (il comportamento dei clienti, dei fornitori, gli altri concorrenti, la presenza di prodotti sostitutivi, potenziali concorrenti che possono entrare nel settore) e che impattano sulla performance economica di ogni impresa. La strategia corretta si basa sullo studio esterno dell’azienda: occorre conoscere il mercato perché ognuno ha una sua caratteristica strutturale al fine di trovare quello più redditizio. 2. Resources based view (Rvb) Si sviluppa a partire dagli anni ’80 in contrapposizione all’Industrial Organization. La teoria ambientale infatti presenta degli evidenti limiti, in quando non spiega come è possibile che all’interno dello stesso settore ci siano imprese con notevoli differenziali di profittabilità. Tale evidenza spinge gli economisti a pensare che è la diversità delle risorse e delle competenze tra impese all’interno di un settore a rappresentare la determinante principale della redditività di un’impresa. e riconduce il superiore posizionamento sul mercato al possesso di risorse scarse, idiosincratiche e difficilmente replicabili. Pone enfasi sulle competenze innovative e dinamiche che l’impresa deve avere e sulla capacità manageriale. Ciò significa che non basta sapersi posizionare nel mercato ma occorre possedere risorse scarse, idiosincratiche e difficilmente replicabili e sviluppare delle competenze che siano coerenti con il settore con il quale si va a lavorare secondo un approccio dinamico: le competenze devono essere in grado di cambiare e di adattarsi al cambiamento del mercato. Un’azienda può essere forte in un momento storico ma non riuscire ad adattarsi al cambiamento dovuto ad un cambiamento del settore (caso di Blockbuster dove è cambiata la tecnologia). Il framework ambientale e interno non sono in contraddizione ma sono complementari: l’impresa è chiamata ad analizzare la struttura del settore (ex: se ci sono pochi fornitori essi hanno potere contrattuale, se opero in un settore con fornitori frammentati e di grande numero: lì l’azienda ha potere contrattuale sui fornitori) ma avendo chiaro quali sono le proprie competenze interne ed essendo pronta ad evolverle. La Rvb nasce per far fronte alla mancanza di dinamicità: sono tempi in cui c’è evoluzione, il mercato cambia rapidamente (come accade ora). In momenti storici ed economici di staticità aveva avuto leggermente meno rilevanza. Le risorse e competenze Le risorse di un’impresa possono essere classificate in:  Tangibili (ex: risorse fisiche e finanziarie): le risorse fisiche condizionano la possibilità a livello manifatturiero e impattano sui costi aziendali, le risorse finanziarie determinano invece la capacità di investimento. Sono le più semplici da identificare e valutare. Va sottolineato però anche se sono desumibili dai bilanci, il loro valore di iscrizione nel sistema contabile (book value) non è identificativo del loro valore strategico.  Intangibili (ex: la tecnologia, la cultura aziendale, il marketing, strutture di ricerca e sviluppo, brevetti, brand e reputazione): sono la causa della divergenza fra il book value e il market value (valore di mercato). Alcuni indicatori di questo tipo di risorse sono il numero di brevetti che possiede, i ricavi da licenza relative ad essi, la percentuale degli addetti alla ricerca e sviluppo, la riconoscibilità e il valore del brand. La tecnologia è una risorsa che impatta sulla scarsa competitività delle aziende italiane che mancano di output innovativi. La reputazione ed il brand sono fattori che hanno estremamente valore perché consentono di aumentare il premio di prezzo che il cliente è disposto a pagare per un prodotto conosciuto rispetto ad un altro e di migliorare le relazioni con i dipendenti. tra le risorse intangibili di maggiore rilevanza c’è la conoscenza, nominata “intellectual capital”, che può essere distinta in:  Human capital (ex: skills individuali, capacità di comunicazione, di lavorare in gruppo): comprendono le conoscenze e le capacità individuali, ma anche abilità come saper prendere decisioni, gestire informazioni e apprendere. Sono indispensabili per il vantaggio competitivo per questo devono essere oggetto di attenzione dei manager. In alcune imprese per essere valutate si procede utilizzando un competency modeling, ossia mettendo a confronto le skills di ogni dipendente con le qualità dei top performer per le diverse attività lavorative. Il confronto si basa sia sulle conoscenze ma anche sulle attitudini psicologiche e sociali. Alcune attitudini dei dipendenti sono influenzate dal clima in cui si collocano, è per questo che la cultura aziendale svolge un ruolo chiave nel condizionare la propensione alla collaborazione. Si intendono le conoscenze e competenze e attività tecniche possedute dai dipendenti. La conoscenza non è trascurabile: se se ne va l’individuo, se ne va anche la conoscenza. Il turn over elevato è indice di un’azienda dove la conoscenza non è trattenuta, è un indicatore che valuta il benessere e il clima di un’azienda (più è basso più è buono). Ci sono alcuni imprenditori e dirigenti che vengono pagati molto per trattenere la loro conoscenza e competenza nell’azienda. Per trasferire la conoscenza ed esperienza ci sono i periodi di affiancamento.  Structural capital: capitale che viene ingabbiato in meccanismi e procedure formalizzate che vengono scritte: è un modo per tramandare la conoscenza strutturale. Procedure operative efficienti che devono essere imprigionate in meccanismi anche scritti.  Relational capital: conoscenza che si ottiene dalla relazione tra i membri dell’organizzazione e con l’esterno. Le risorse da sole non creano valore per l’impresa, per farlo esse devono essere combinate fra loro formando una o più competenza. La resources-based view sostiene che il vantaggio competitivo si ottiene grazie ad una maggiore efficienza ed al possesso di risorse scarse, idiosincratiche e difficilmente replicabili a breve termine, non facendo investimenti volti a scoraggiare l’entrata di competitors nel mercato. La RBV si è affermata nel momento in cui alcune ricerche hanno ridimensionato la significatività degli effetti della struttura dell’industria sulle performance, evidenziando come le differenze in termini di profitto fra le business units interne all’azienda siano maggiori di quelle tra industrie. Il vantaggio competitivo si raggiunge quindi grazie allo sviluppo e l’impiego di risorse e competenze, non grazie all’attrattività del settore. In particolare, esso piò essere raggiunto grazie alla formulazione e all’implementazione di una strategia che sfrutti le caratteristiche di La ‘competenza centrale’ (core competence) è una delle competenze fondamentali per la strategia di un’impresa, essa deve consentire superiori benefici al consumatore, una differenziazione rispetto ai competitors, l’entrata in nuovi mercati. Per poter assicurare la sostenibilità nel tempo di una posizione di vantaggio competitivo esse devono essere finalizzate a soddisfare i bisogni del consumatore, uniche e difficili da replicare. Non si esternalizzano attività o prodotti che richiedono le core competences. Fino al 1970 le imprese erano fortemente verticalizzate: l’intero ciclo di produzione era di proprietà della stessa impresa (l’impresa acquistava singoli componenti che poi integrava per generare un prodotto da vendere sul mercato: quindi la produzione era completamente interna. La Ford produceva tutta la macchina nella loro impresa). Ora invece ce ne sono pochissime che lavorano in questo modo, ora ci sono aziende che assemblano solamente pezzi senza produrli. Infatti, dopo gli anni ’70 si è assistito ad una forte deverticalizzazione dell’impresa: molta attività viene fatta realizzare da imprese esterne e poi acquistata. Tema MakeOrBuy: internalizzo, verticalizzo (gerarchia) o do in outsourcing delle attività e acquisto sul mercato? I criteri alla base della scelta sono criteri di tipo qualitativo e strategico: bisogna considerare quanto costa esternalizzare e se l’attività coinvolge core competence. Secondo la teoria delle risorse le risorse importanti non devono essere esternalizzate, mentre le competenze di valore marginale le posso acquisire sul mercato. Per la teoria dei costi di transizione (costi che l’impresa deve effettuare per acquistare sul mercato, per accedere al mercato) le competenze devono essere internalizzate se l’internalizzazione permette un controllo efficace ed efficiente sulla performance degli addetti e lo sviluppo delle loro capacità. Secondo la teoria dei contributi sul capitale umano si internalizzano competenze e risorse se gli investimenti nelle capacità degli addetti sono giustificati dai ritorni attesi. Tutte affermano che se la competenza è core non si esternalizza, si internalizza. Se non è core, vanno valutati: i costi di produzione ed i costi di transazione (quanto mi costa transare sul mercato rispetto che tenermi un prodotto internamente: costi che l’azienda deve sostenere per il tempo e il denaro che viene speso per stipulare un accordo, definire un contratto, ricercare una serie di informazioni su un certo accordo, definire un prezzo. Le cause di questi costi sono sostanzialmente tre: 1) la razionalità limitata: non è possibile prevedere tutti i casi che si possono presentare e il loro esito e occorre dedicare tempo a prevedere una serie di situazioni da mettere a contratto 2) le asimmetrie informative: clienti e informatori non possiedono le stesse informazioni ed occorre sapere quanto costa il prodotto che ho intenzione di comprare un pezzo e ciò comporta costi 3) opportunismo: i contraenti sono inclini a perseguire il proprio interesse sopra ogni cosa (anche a danno della controparte quindi è conveniente creare partnership.) Altre classi di competenze sono le competenze needed-to-win e needed-to-play. Le competenze needed-to- win sono particolari competenze distintive ad alto impatto strategico che contribuiscono alla differenziazione dell’impresa rispetto ai propri concorrenti, mentre le competenze needed-to-play sono quelle generiche necessarie per rimanere sul mercato. Le imprese gestiscono in maniera diversa la competenze perché hanno percezioni diverse riguardo l’efficienza delle competenze che possiedono e del loro potenziale. Per una gestione strategica delle competenze quindi è necessaria una loro sistematizzazione. Le competenze possono essere schematizzate in una tabella a quattro quadranti relativamente al loro valore e alla loro unicità. Il valore di una competenza è alto se consente di implementare strategie, sfruttare le opportunità di mercato e neutralizzare possibili minacce. Il valore di una competenza si riflette in ciò che il cliente è disposto a pagare per il prodotto che l’azienda gli offre. Il livello di unicità della competenza invece fa riferimento alla difficoltà di replicazione di essa da parte dei competitors. Lo schema proposto da Lipparini e Grant è strutturato in quattro quadranti: al primo appartengono le competenze needed-to-win che sono quelle caratterizzate da più valore ed unicità. Tra esse troviamo il saper far leva sulle proprie risorse, saper accedere anticipatamente a conoscenza esterne, saper organizzare lo sviluppo di nuove idee e conoscenze, saper prevedere il fabbisogno di informazioni, saper valorizzare il proprio archivio di esperienze e il potenziale innovativo. Nel II quadrante ci sono le competenze ad elevato valore ma di facile replicabilità e reperibilità sul mercato che le rende importanti per competere ma non sufficienti per assicurarsi il vantaggio. Sono classificate come competenze needed-to-play. Il basso grado di unicità consiglia il ricorso al mercato, incorporando benefici e conoscenze sviluppate da altri (borrowing di risorse). Nel III quadrante sono inserite le competenze ad alta unicità ma con limitato impatto strategico, anche esse sono considerate ‘needed-to-play’ capabilities. La prospettiva basata sulle risorse suggerisce il ricorso alle alleanze che permette, unendo le conoscenze di tutte le imprese, di creare un valore superiore a quello che un’azienda avrebbe realizzato singolarmente. Nel IV quadrante troviamo infine le competenze dal ridotto impatto strategico e facilmente reperibili dai concorrenti (needed-to-lose capabilities). Se l’impresa si limita solo ad esse rischia di sparire dal mercato. Queste competenza possono essere reperite al di fuori dei confini dell’impresa: la modalità d’impiego più efficiente è la contrattazione. Va sottolineato che spesso le aziende non hanno a che fare con competenze tutte della stessa tipologia, ma si trovano a gestire contemporaneamente situazioni tipiche dei diversi quadranti, una delle azioni manageriali a maggiore criticità è quindi la ricerca delle best practices nell’approccio alle diverse tipologie di competenze. Con il passare del tempo il valore e l’unicità delle competenze cambiano ed evolvono. Tale cambiamento va monitorato e le imprese devono sostenere la co-evoluzione delle competenze. La gestione della catena del valore si traduce nella gestione di un’architettura di competenze. È possibile individuare una gerarchia di competenze laddove competenze più specialistiche si integrano fra loro formando capacità di ordine superiore. VALUTAZIONE DELLE RISORSE Grant individua tre step per la valutazione di risorse e competenze e per una formulazione strategica che tenga conto dei risultati di questa valutazione:  identificazione delle risorse e competenze chiave: se si considera il lato della domanda, allora si inizia guardando i fattori critici di successo e dalle risorse su cui si basano, se si considera il lato dell’offerta occorre guardare la catena del valore dell’impresa e analizzare le attività che sono alla base.  Valutazione delle risorse e competenze: occorre individuare le competenze che consentono il vantaggio competitivo. La valutazione può essere fatta in base alla: 1)importanza strategica  occorre considerare il potenziale di profitto delle risorse in termini di ampiezza e sostenibilità del vantaggio competitivo e appropriabilità dei ritorni 2)forza rispetto ai concorrenti  il modo migliore di procedere è quello di arrivare discussioni e confronti all’interno di focus groups per ottenere un consenso sul profilo reale delle proprie risorse e competenze. Secondo Grant, una delle ragioni del mancato successo non risiede nell’assenza di competenze distintive ma in un mancato riconoscimento di cosa esse siano e quindi nell’impossibilità di mettere a punto una strategia che possa utilizzarle in maniera efficace.  Sviluppo delle implicazioni strategiche  come sfruttare i punti di forza e come gestire i punti di debolezza? Il tema centrale è quello della focalizzazione della strategia sui punti i forza e della gestione dei punti di debolezza chiave. L’approccio classico è quello dal gap analysis che consiste nell’individuare il gap tra la posizione attuale e quella desiderata e si definiscono le azioni per colmare il divario. Alcune modalità per sfruttare al meglio le risorse sono: la replicazione interna di risorse e competenze esistenti riuscendo così a riutilizzare le competenze in nuovi mercati e per nuovi prodotti, e lo sviluppo di nuove competenze o il reperimento di nuove risorse sul mercato. Le competenze richiedono tempo per svilupparsi e sono dipendenti dal percorso di sviluppo dell’organizzazione, infatti per comprendere come evolveranno occorre analizzare il loro stato attuale e del loro sviluppo nel corso del tempo. Le competenze chiave a volte possono diventare rigidità chiave e quindi andare a compromettere la dinamicità, questo spiega perché in alcuni casi di cambiamenti radicali in alcuni settori le nuove imprese sono avvantaggiate rispetto alle precedenti. Grant individua cinque modalità di sviluppo di nuove competenze: 1) sviluppo di competenze individuali alla base di competenze organizzative: sviluppare competenze delle risorse umane è più efficiente se fatto su competenze già esistenti. 2)acquisizioni di imprese: può ridurre i tempi di sviluppo 3)alleanze strategiche: significativa soprattutto per le competenze tecnologiche 4)incubazioni di competenze: gli incubatori sono degli spazi fisici, laboratori, dove ci sono persone che fanno ricerca per sviluppare nuove competenze 5)sequenze di prodotto
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