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Funzioni e poteri delle Commissioni Parlamentari e del Governo in Italia, Sintesi del corso di Diritto Costituzionale

diritto amministrativoDiritto CostituzionaleGovernance e PoliticaDiritto pubblico

Le funzioni legislative, consultive e politiche delle commissioni parlamentari in Italia, oltre alle fasi introduttiva, costitutiva e integrativa dell'approvazione di una legge. Viene inoltre descritto l'iniziativa legislativa, che può provenire dal Governo, dal Parlamento o dal popolo, e le differenti fasi della legislazione. Il documento inoltre tratta dei decreti legislativi, le fonti del diritto regionale e il controllo di costituzionalità.

Cosa imparerai

  • Che sono i decreti legislativi e qual è il loro fondamento giuridico?
  • Che fasi comprende la legislazione in Italia?
  • Come viene presentato un progetto di legge al Parlamento?
  • Quali sono le leggi che non possono essere abrogate in via referendaria?
  • Che funzioni hanno le commissioni parlamentari in Italia?
  • Che tipi di iniziativa legislativa esistono in Italia?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 08/11/2021

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elisa-roiatti 🇮🇹

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Scarica Funzioni e poteri delle Commissioni Parlamentari e del Governo in Italia e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Costituzionale solo su Docsity! DIRITTO COSTITUZIONALE DIRITTO c'è, ma non si vede. È l'insieme delle norme giuridiche, e l'aggettivo giuridico è sinonimo di sociale. Il diritto è quindi l'insieme delle norme sociali che regolano la condotta degli individui che hanno scelto di vivere pacificamente all'interno di una società. Non esiste società senza diritto e viceversa. SOCIETA’> insieme di individui che hanno deciso di vivere pacificamente. Le prime società sono quella mesopotamica e quella egizia, accomunate dal fatto di essere nate in prossimità di due fiumi: erano necessarie regole giuridiche per l'utilizzo delle acque Società e diritto nascono insieme. Se in un gruppo di individui ognuno fa quel che vuole, senza conseguenze positive o negative, non c'è più una società, diritto. I social sono dei sistemi giuridici: presentano regole giuridiche che se non rispettate comportano delle sanzioni, come ad esempio la cancellazione dell'account dalla community (esclusione della persona dalla società). Verosimilmente nella società reale accade così: commetto un reato che prevede una pena detentiva= vado in prigione, ovvero sono escluso dalla società. Esistono tanti sistemi giuridici quante società esistono, e siccome esistono migliaia di società (la famiglia è la più piccola società), esistono migliaia di sistemi giuridici. Per questo si parla di PLURALITA’ DEGLI ORDINAMENTI GIURIDICI. Tutti questi sistemi giuridici instaurano tra loro dei rapporti, che possono essere: * RAPPORTI DI ASSOLUTA INDIPENDENZA/INDIFFERENZA: ad esempio l'articolo 41 della costituzione italiana afferma che l'economia privata è libera. Nella corea del nord invece l'economia nazionale è pianificata. Apparentemente le due norme sono in opposizione tra loro, ma non entrano in conflitto perché appartengono a due società diverse: sono ordinamenti distinti e separati. ®* RAPPORTI DI CONFLITTUALITA': quando due ordinamenti giuridici pretendono di vigere allo stesso modo nella medesima società. Un esempio è la mafia: è un ordinamento giuridico le cui norme confliggono con quelle della Costituzione Italiana, poiché sono due norme che pretendono di vigere sullo stesso territorio applicandosi alla stessa comunità. * RAPPORTIDI COESISTENZA PACIFICA: basti pensare alla famiglia, una società che vive pacificamente e senza entrare in conflitto all’interno di un’altra società. ART.29>La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO L'atto normativo è un insieme di enunciati, che nel linguaggio tecnico giuridico prendono il nome di disposizioni. È un documento scritto attraverso il quale il legislatore, che ha il potere di emanare atti normativi, esprime la sua volontà di disciplinare una data materia. Pensare che le disposizioni abbiano un significato coerente ed univoco è sbagliato, e il compito di riportare a coerenza ed univocità le disposizioni Spetta all’interprete. Bisogna innanzitutto fare una distinzione tra applicazione ed interpretazione: APPLICAZIONE > applicazione di una norma generale/astratta ad un caso concreto. La norma dice che se Tizio fa X, allora la conseguenza deve essere Y. Si parla di sillogismo giudiziale: premessa maggiore (norma), premessa minore (fatto) e conclusione (applicazione della norma al fatto). Sia la norma che il fatto sono il frutto di un’interpretazione. Per quanto una norma possa essere scritta chiaramente e con precisione, il suo significato non è mai scontato. Il legislatore può cercare di risolverti certi dubbi aggiungendo una disposizione che precisi il significato delle disposizioni vecchie. Si parla di interpretazione autentica, e si tratta di un'opera di legislazione, non di interpretazione: si emana una disposizione in cui si dice che un'altra disposizione deve essere intesa in un determinato significato. C'è una netta separazione tra: * Chihail potere di disporre, imporre gli atti normativi * Chihail potere di interpretare quegli atti. Le differenze tra i due sono funzionali (relative al compito) e strutturali (relative alla natura degli organi) Cosa fa l'interprete davanti a disposizioni che esprimono significati contrastanti? Se c'è una legge che dice bianco e una che dice nero, quale devo ottemperare? Per questo si parla di ordinamento giuridico, più norme ci sono e più è frequente che queste norme entrino in conflitto. ORDINAMENTO GIURIDICO+ insieme di norme ordinate. Le antinomie normative (conflitto tra norme) sono frequenti ed inevitabili. Ci sono tuttavia dei criteri atti a risolvere queste antinomie, poiché non possono esistere due norme in contrasto, una delle due deve soccombere al fine di garantire la sistematicità dell'ordinamento giuridico. CRITERI DI RISOLUZIONE DELLE ANTINOMIE: *. CRITERIO GERARCHICO: tra due norme in contrasto vige la norma di grado più alto (le norme di grado più alto sono le norme costituzionali). Esito > annullamento della norma gerarchicamente di grado inferiore. La norma viene annullata dal momento in cui è entrata in vigore, ovvero si fa finta che non sia mai esistita. Ciò ha effetti dirompenti * CRITERIO CRONOLOGICO: tra due norme in conflitto vige quella più recente. Esito > abrogazione Il criterio gerarchico si utilizza tra norme di grado diverso, il criterio cronologico tra norme aventi lo stesso grado. CRITERIO CRONOLOGICO La prevalenza della nuova norma su quella vecchia si esprime attraverso l'abrogazione. ABROGAZIONE> l’effetto consiste nella cessazione dell'efficacia della norma giuridica precedente. Opera, generalmente, ex nunc ovvero “da ora”. L'efficacia consiste nell’idoneità di un fatto o atto a produrre effetti giuridici. La norma diventa efficace quando la disposizione da cui è tratta entra in vigore. Vige il principio di irretroattività degli atti giuridici, esse cioè valgono solo per il futuro e non hanno effetti per il passato. Il principio di irretroattività vale anche per l'abrogazione. La vecchia norma perde efficacia dal giorno in cui la nuova norma entra in vigore, e ciò significa non solo che non sarà più la regola dei rapporti giuridici sorti dopo quella data, ma anche che tutti i rapporti giuridici precedenti all'entrata in vigore della nuova norma, restano in piedi e rimangono regolati dalla norma abrogata. Esistono tre tipi di abrogazione: * Abrogazione espressa+> “per dichiarazione espressa dal legislatore”. Essa è il contenuto di una disposizione: si tratta di solito di uno degli articoli finali della legge in cui si scrive “sono abrogate le seguenti disposizioni...” * Abrogazione tacita> “per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti”. Il legislatore non si è preoccupato, emanando le nuove disposizioni, di eliminare le vecchie, è quindi il giudice che deve fare pulizia. Mentre però le disposizioni del legislatore valgono sempre per tutti, le operazioni POTERE COSTITUENTE: è un potere libero perché non è regolato da leggi POTERE COSTITUITO: il nuovo regime, uscendo dalla condizione di potere politico puro e dotandosi di una costituzione alla cui regole dichiara di sottoporsi, si costituisce come un ordinamento legittimo. Le Costituzioni di dividono in: * Costituzioni flessibili> non prevedono un procedimento particolare per la loro modificazione, che avviene attraverso la normale attività legislativa * Costituzioni rigide> per la modifica del testo costituzionale è previsto un procedimento più gravoso rispetto a quello previsto per la formazione delle leggi ordinarie. La Costituzione rigida e una costituzione garantita, ovvero è garantita la sua prevalenza su tutte le altre regole. Esistono due tipi di garanzia: e Leggi di revisione costituzionale e Il controllo di legittimità delle leggi La Costituzione italiana entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Fu approvata dall'Assemblea Costituente, eletta contemporaneamente al referendum istituzionale. La Costituzione è: * Lunga> il consenso si è potuto ottenere sommando gli interessi e i valori delle diverse componenti della Assemblea Costituente * Aperta>si limita ad elencare i diversi interessi. Questo carattere aperto indica anche la sua natura pluralista * Dinamica > perché si adatta ai tempi. La costituzione è, come detto in precedenza, rigida, ovvero non può essere modificata tramite legge. Per modificarla bisogna ricorrere al processo aggravato, un procedimento legislativo più aggravato/pesante della costituzione. Lo scopo della Costituzione è limitare il potere pubblico al fine di tutelare i diritti dei cittadini. Come si modifica la legge costituzionale? ART. 138 “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.” Questo articolo disciplina il procedimento di revisione della Costituzione. Legge di revisione costituzionale 3 modificano le norme contenute nella Costituzione o in altre leggi costituzionali Legge di integrazione costituzionale> introducono nuove norme al di fuori della Costituzione ma con il suo stesso valore Procedimento di revisione costituzionale: le leggi costituzionali sono approvate dal Parlamento con un procedimento costituzionale/aggravato. Una legge costituzionale deve essere approvata: * Due votazioni a maggioranza semplice (maggioranza relativa ai presenti) da parte di entrambe le Camere * Dopo tre mesi sono necessarie altre due votazioni a maggioranza assoluta (ovvero la metà dei componenti più uno) = primo aggravamento L'intervallo di tre mesi è indispensabile ai fini di una più attenta riflessione sulla modifica costituzionale, permette l'intervento dell'opinione pubblica e impedire che una legge sia approvata soltanto da una maggioranza temporanea o occasionale. Se si raggiunge la maggioranza assoluta ci sono ulteriori aggravamenti: dopo l'approvazione la legge viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale a fini notiziari. Tutti gli atti normativi devono essere pubblicati, poiché bisogna rendere conoscibile la norma giuridica * Entro tre mesi dalla pubblicazione un quinto dei componenti delle Camere, 5 consigli regionali o 500000 elettori possono richiedere un referendum costituzionale di natura oppositiva, costituisce un ulteriore ostacolo ai fini dell'approvazione del disegno di legge di revisione costituzionale. Non prevede quorum partecipativo (a differenza del referendum abrogativo che invece richiede quorum) e ha due diverse conclusioni: favore, promulgazione, pubblicazione o contro * Se passati tre mesi il disegno di legge viene promulgato e pubblicato Se il disegno di legge, nelle ultime due delibere, viene approvato in entrambe le Camere a maggioranza qualificata (ovvero qualunque maggioranza superiore a quella assoluta) dei 2/3 dei componenti il referendum non è necessario. Con questo procedimento si può modificare qualsiasi norma o ci sono dei limiti alla revisione costituzionale? ART.139: La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale Le uniche norme della costituzione che l'articolo 139 vieta di modificare sono quelle relative all'elezione del capo dello stato. L'art. 139 «sancisce la non modificabilità in perpetuo del nuovo ordine repubblicano» in quanto questo rappresenta «la naturale, conseguente strutturazione ed organizzazione del principio democratico». Con forma repubblicana non si intende solo il carattere elettivo del capo dello stato, ma anche il principio della sovranità popolare, di cui l'elezione del capo dello stato è solo un'applicazione. Si pongono al riparo dalla revisione costituzionale i principi fondamentali e i diritti inalienabili della persona. Questo tuttavia è l’unico limite esplicito, ci sono anche dei limiti impliciti. Uno di questi è ad esempio l'articolo 21 (che è la chiave di volta della democrazia). E l'esempio che non è dal testo, dalla disposizione in cui una norma è scritta che si presume l'inviolabilità o meno di essa. Non possono essere modificate le norme che connotano la Costituzione. Premessa: che cosa sono le consuetudini? CONSUETUDINE figura archetipica di un fatto normativo. Hanno una rilevanza insignificante nell'ordinamento giuridico. Affinché sorga una norma consuetudinaria sono necessari due elementi: * Elemento materiale oggettivo, che consiste nella ripetizione, per un dato lasso di tempo (abbastanza ampio) di una determinata condotta ad opera di un numero indeterminato ed indeterminante di soggetti. * Elemento psicologico, ovvero è necessario che chi osserva quella determinata condotta lo facciano nella convinzione di adempiere ad un obbligo giuridico. Le consuetudini sono le fonti-fatto (fatti normativi) per eccellenza. La consuetudine nel momento in cui nasce si fonda su un errore: io credo di adempiere ad un obbligo giuridico, e questo errore ripetuto nel tempo da un numero ampio di cittadini porta alla nascita della consuetudine. CONSUETUDINI INTERNAZIONALI (di rilevanza rispetto alle consuetudini “normali”) > si trovano nell'ordinamento giuridico intemazionale, sono fonti del diritto internazionale. | soggetti che fanno nascere le consuetudini intemazionali sono gli stati. NOZIONE DI CONSUETUDINE INTERNAZIONALE: gli stati seguono per un lasso di tempio molto ampio(secoli) una determinata condotta convinti di adempiere ad un obbligo internazionale. Una volta che la consuetudine internazionale nasce si applica a tutti gli stati, anche agli stati nati dopo la norma consuetudinaria. Un esempio di consuetudine intemazionale è l’inviolabilità delle sedi diplomatiche. Le consuetudini internazionali sono diverse dai trattati internazionali (che sono dei contratti che non vincolano tutti gli stati che non hanno aderito al trattato. Un esempio di trattato è il trattato dell'UE). Ma perché ci occupiamo di di itto italiano? itto internazionale, se questo è separato distinto dal di; Perché le consuetudini internazionali nella gerarchia delle fonti del diritto si trovano, più o meno, sullo stesso piano della Costituzione. Capiamo perché. Una norma del diritto internazionale entra nell'ordinamento giuridico italiano tramite recepimento. Questo perché l'articolo 10, comma 1 dice che l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto (ovvero generalmente obbligatorio, che vincola tutti gli stati). Queste norme del diritto intemazionale generalmente riconosciute sono, appunto, le consuetudini internazionali. Abbiamo detto che esse entrano nell'ordinamento giuridico italiano tramite recepimento. È necessaria una norma che rinvia ad una norma esterna al diritto italiano, quindi internazionale. Questa norma è detta norma di rinvio. La norma del diritto internazionale, a seguito del rinvio, diventa una norma del diritto italiano, viene cioè nazionalizzata. L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme consuetudinarie internazionali (questa è la norma di rinvio). Sappiamo che le fonti del diritto internazionale sono le consuetudini e trattati. L'articolo 10 fa rinvio solo alle consuetudini, non ai trattati. Questo procedimento si chiama adattamento automatico: l'ordinamento italiano si adegua alle consuetudini intemazionali automaticamente, nel senso che il giudice italiano, quando accerti l’esistenza di una norma di questo tipo, deve applicarla immediatamente nel nostro ordinamento, come se fosse una norma interna dello stesso rango della norma che lo rinvia. Quindi la norma di rinvio e l'articolo 10 comma 1 della Costituzione, e la norma a cui fa rinvio è una norma consuetudinaria intemazionale, che viene appunto richiamata dall'articolo 10, comma 1 della costituzione. Le consuetudini internazionali sono sullo stesso piano della costituzione nella gerarchia delle fonti perché la norma rinviata, non solo è nazionalizzata, ma si colloca anche sullo stesso piano della norma di rinvio. Le_ norme rinviate si pongono sullo stesso gradino/livello della norma di rinvio. In questo caso la Costituzione rinvia una consuetudine internazionale, che quindi una volta entrata nell'ordinamento italiano si colloca al suo steso livello. Quando l’Italia stipula un contratto con la Francia, ad esempio, le norme contenute nel trattato non entrano nell'ordinamento giuridico italiano. Una volta stipulato un contratto è necessaria una norma, chiamata ordine di esecuzione, per far entrate una norma del contratto nell'ordinamento giuridico italiano. L'ordine di esecuzione fa parte della tecnica di rinvio fisso, con la quale una disposizione dell'ordinamento statale richiama un determinato atto in vigore in un altro ordinamento, atto che di solito viene allegato. L'ordine di esecuzione è lo strumento con cui il legislatore italiano recepisce nell'ordinamento italiano le norme di un trattato internazionale, fonte fatto del diritto internazionale. FONTI DEL DIRITTO EUROPEO N DIRITTO CONVENZIONALE DIRITTO DERIVATO (FONTI PRIMARIE) N ATTI VINCOLANTI — ATTI NON VINCOLANTI REGOLAMENTI UE DIRETTIVE UE DECISIONI UE La diretta applicabilità è una qualità di certi atti normativi che producono direttamente effetti giuridici all’interno di un ordinamento nazionale, senza l’interposizione di un atto normativo nazionale/norma di adattamento. E' una qualità tipica dei regolamenti e delle direttive dell'UE, che però si distinguono. * Ledirettive seguono gli schemi consueti dei rapporti tra ordinamento nazionale e ordinamento estero, cioè per fare entrare una norma dell'ordinamento estero nell'ordinamento nazionale è necessaria o una norma di rinvio o un ordine di esecuzione * Lregolamenti si pongono per forza propria nell'ordinamento nazionale, senza che lo stato frapponga un atto nazionale. Il regolamento è direttamente applicabile come atto normativo con valore di legge. Cioè il regolamento UE nel sistema gerarchico delle fonti italiane si trova sul piano della legge (fonte primaria), ha forza di legge. Un' altra nozione, diversa da diretta applicabilità, è quella di effetto diretto. L'effetto diretto non riguarda gli atti, male norme, ed è la capacità di una norma di creare immediatamente diritti in capo ai singoli, anche senza l'intermediazione di un atto. È una nozione definita dall’interprete, che in questo caso è la corte di giustizia. Le norme che hanno effetto diretto si chiamano self-executing. La nozione di effetto diretto è stata introdotta per garantire la prevalenza del diritto europeo sul diritto interno!! Combinando la diretta applicabilità con l’effetto diretto, abbiamo quattro possibilità: 1. Norme direttamente efficaci espresse da atti direttamente applicabili. Sono le norme tipiche dei regolamenti UE 2. Norme non direttamente efficaci espressa da atti direttamente applicabili. In alcuni casi i regolamenti forniscono un quadro normativo che deve essere attuato tramite un altro regolamento o tramite una norma nazionale 3. Norme direttamente efficaci espresse da atti non direttamente applicabili. 4. Norme non direttamente efficaci espresse da atti non direttamente applicabili. Sono le norme che di regola derivano dalle direttive UE. RAPPORTO TRA NORME EUROPEE E NORME INTERNE Aderendo all'Unione Europea, l’Italia ha accettato le condizioni poste dal trattato, e in particolare ha accettato che le norme europee venissero direttamente applicate nell'ordinamento nazionale. La Corte di Giustizia ha poi precisato che l’effetto diretto comporta la prevalenza delle norme europee su quelle interne in caso conflitto tra esse. La conseguenza è quindi che le norme europee non solo entrano direttamente nel nostro ordinamento ma prevalgono su quelle interne contrastanti su esse. La legge è la manifestazione della sovranità> ciò comporta un cedimento della sovranità nazionale, limitata dopo l'adesione dell’Italia all'UE. Come si legittima l'appartenenza dell’Italia all'UE? L'articolo 11 della Costituzione dice che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alla limitazione della sovranità necessaria ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra gli Stati”. La corte di giustizia, ha visto in questa disposizione, un’autorizzazione a cedere parte della sovranità per aderire, in condizione di parità, alla comunità europea. Manca una disciplina dei rapporti tra diritto europeo e diritto italiano. Cosa accade se una norma europea contrasta con una norma nazionale? Nel tempo la Corte Costituzionale ha dato diverse risposte. Inizialmente applicava il criterio cronologico. Premessa: i trattati europei, ad esempio il Trattato di Roma con il quale si è istituita la comunità economica europea, e i trattati che lo hanno modificato vengono recepiti in Italia con legge ordinaria. Il regolamento nel sistema gerarchico delle fonti italiane si trova allo stesso piano della legge, quindi se entra in contrasto con una norma nazionale, avendo il regolamento valore di legge, vale la legge più recente tra quella nazionale e quella europea. Ma ciò non andava bene alla Corte di Giustizia che voleva garantire la prevalenza del diritto europeo sul diritto interno. Inoltre l’Italia, cercando di contrastare la comunità europea viola indirettamente l’art.11. Allora la Corte ha applicato il criterio gerarchico: le leggi italiane che contrastassero con precedenti leggi europee dovevano essere impugnate difronte alla Corte Costituzionale per violazione indiretta dell'articolo 11. Il contrasto tra norme può essere stabilito dalla Corte Costituzionale, che può dichiarare una delle due norme illegittima. Ma se la Corte si pronuncia a distanza di anni, la legge “illegittima” rimane in piedi e viene applicata durante quel lasso di tempo, contrastando con la legge europea. Esistono diverse vie di accesso alla Corte Costituzionale. Una di queste è la via incidentale: un giudice nel risolvere una questione vede che sono applicabile due norme, una legge e un regolamento dell'UE. Il giudice rivela che c'è un contrasto tra la legge e il regolamento dell'UE precedente alla legge. Cosa fa il giudice? Dichiara la legge costituzionalmente illegittima perché viola indirettamente l'articolo 11 della Costituzione? No: solleva la questione davanti alla Corte Costituzionale, l’unica competente a dichiarare l'illegittimità della legge. Tuttavia c'è un problema pratico: il carico pendente, ovvero le sentenze di cui la Corte Costituzionale è investita, è elevato. E questo è un problema, perché nel momento in cui il giudice solleva la questione di illegittimità il giudizio è sospeso, fino a quando la Corte non si pronuncia. Siccome il carico pendente è elevato, potrebbero volerci anni prima che la Corte si pronunci, e durante questi anni la legge “illegittima” rimane in vigore ed è obbligatoria. Per risolvere la questione la Corte ha messo sotto i piedi la logica giuridica e tutti i principi fondamentali giuridici: ha “risolto” il problema con la sentenza 170 del 1984, detta anche La Corte ritiene che la soluzione di dichiarazione d'illegittimità per violazione indiretta dell'articolo 11 non vada bene. È necessario trovare un altro modo per risolvere le antinomie normative, perché c'è un problema pratico, che è dare applicazione all'articolo 288 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea”. (“Per esercitare le competenze dell'Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi. Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti.”) Ci sono delle esigenze pratico-giuridiche che richiedono che il regolamento trovi applicazione immediatamente. La sentenza dice: “Esigenze fondamentali di eguaglianza e certezza giuridica postulano che le norme comunitarie debbano avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli Stati membri” Non è possibile, quindi, che in Italia un regolamento dell'UE non trovi applicazione: quando una norma VE entra in vigore lo fa in tutti gli Stati membri. Ovvero la situazione è questa: il giudice italiano ha davanti un regolamento dell'UE ma non lo può applicare perché la legge con cui contrasta lo ostacola. Ma come abbiamo visto ci vogliono anni prima che la Corte Costituzionale si pronunci e dichiari costituzionalmente illegittima la legge, e quindi nasce questa necessità pratica: quando i giudici maneggiano un regolamento dell'UE applicabile al loro caso devono poterlo applicare subito, a nulla rilevante il fatto che quella materia sia altrimenti disciplinata da una legge. Per risolvere, e quindi consentire ai giudici di poter applicare immediatamente il regolamento, la Corte Costituzionale tira fuori la TEORIA/ICONCEZIONE DUALISTICA: il regolamento dell'UE è estraneo al sistema delle fonti nazionali e quindi (i regolamenti) non possono essere valutati secondo gli schemi che sono predisposti per la risoluzione dei contrasti tra le norme del nostro ordinamento. Il regolamento non viene sottoposto al regime posto per le leggi del nostro Stato. * L’ufficio di presidenza> formato da: vicepresidenti, questori, e segretari. Nell’ufficio di presidenza devono essere rappresentati tutti i gruppi parlamentari, in modo da assicurare la presenza di parlamentari riconducibili agli schieramenti di maggioranza ed opposizione. «Vicepresidente: collaborano con il Presidente e lo sostituiscono in caso di assenza o impedimento -Questori: provvedono al buon andamento dell’amministrazione di ciascuna Camera ed esercitano funzioni riconducibili al funzionamento interno delle camere (es. funzione cerimoniale) -Segretari: sovrintendono alla redazione del processo verbale ed esercitano altre funzioni riconducibili all'esercizio delle competenze parlamentari * Gruppi parlamentari> raggruppamenti di parlamentari che rappresentano i partiti politici all’interno di una Camera. Entro pochi giorni dalla prima riunione i parlamentari devono dichiarare a quale gruppo appartengono. Se non lo dichiarano entrano a far parte di un gruppo misto. | gruppi svolgono un ruolo fondamentale nel funzionamento del parlamento. Ogni gruppo parlamentare deve eleggere un proprio Presidente, che è il portavoce del gruppo ed ha i seguenti poteri: Dà vita alla Conferenza dei gruppi parlamentari, che ha poteri determinanti sull’organizzazione dei lavori dell'assemblea v Possono azionare una serie di poteri procedurali che altrimenti richiederebbero la richiesta da un certo numero di parlamentari Y Il gruppo parlamentare designa i membri che faranno parte delle commissioni parlamentari. e Commissioni parlamentari possono essere permanenti o temporanee, monocamerali o bicamerali. Le commissioni temporanee hanno compiti specifici e restano in carica il tempo stabilito per l'adempimento della loro funzione. Le commissioni permanenti sono stabili e necessarie di ciascuna Camera. Ciascuna commissione è competente in una data materia, indicata dal regolamento o da legge. Alla commissione sono attribuite: Funzioni legislative: partecipano alla formazione delle leggi Funzioni consultive: esprimono pareri su un progetto di legge di competenza di altre commissioni vEunzioni di indirizzo politico: indirizzano l’attività dell'esecutivo Le commissioni bicamerali sono formate da rappresentati delle due Camere e devono essere proporzionate ai gruppi parlamentari, hanno compiti consultivi e di controllo. La Costituzione prevede solo UNA commissione bicamerale: quella per le questioni regionali. Particolare è la Commissione d'inchiesta, che hanno il compito di svolgere indagini per il pubblico interesse. Il fine della commissione d’inchiesta è quello di accertare la verità di fatti/circostanze e alla fine delle indagini deve presentare una relazione alle Camere e Giunte> organismo che si occupa dell'organizzazione interna di ciascuna Camera e del funzionamento dell'attività parlamentare. Le giunte parlamentari previste dai regolamenti parlamentari sono: Y. giunta per il regolamento: incaricata di elaborare le proposte di modifica del regolamento della camera Y. giunta delle elezioni: verifica l'assenza di cause di ineleggibilità o incompatibilità e controlla i risultati delle elezioni Y. giunta delle autorizzazioni: si occupa della garanzia delle prerogative parlamentari. Esprime un parere sulla concessione dell’autorizzazione a procedere a una misura restrittiva della libertà personale di un parlamentare Affinché una delibera del Parlamento e la seduta stessa siano valide, sono necessarie condizioni cumulative (ART.64): * Quorunstrutturale> vi deve essere in aula/commissione la maggioranza dei componenti (maggioranza assoluta, metà+1) * Quorum funzionale> la delibera deve essere adottata a maggioranza dei presenti (maggioranza relativa/semplice) Il voto può essere: favorevole, contrario, astenuto (chi non è né favorevole né contrario). Inoltre può essere palese (per alzata di mano, appello nominale...), oppure segreto, a cui si fa ricorso tutte le volte in cui le deliberazioni riguardino una persona. Gli astenuti sono computati ai fini del calcolo del quorum strutturale, ma non sono computati ai fini del calcolo del quorum funzionale. ART 64 La maggioranza richiesta ai fini della validità della delibera è quella semplice o relativa, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale (assoluta o qualificata). Prendiamo ad esempio l'articolo 94, il quale afferma che il Govemo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia (ovvero adotta una mozione): “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.” La delibera di cui ci stiamo occupando è una mozione di sfiducia/fiducia, la maggioranza richiesta per adottare la mozione è quella semplice. ART.65 INELEGGIBILITA' PARLAMENTARE: consiste in un impedimento giuridico che non consente, a chi si trova in una delle cause d’impedimento della legge, di essere validamente eletto. L'ineleggibilità mira a garantire la libertà di voto e la parità di chances tra i candidati. Le cause di ineleggibilità possono essere ricondotte a tre gruppi: * Sonoineleggibili titolari di cariche di governo degli enti locali, funzionari pubblici ed alto ufficiali * Sonoineleggibili soggetti aventi rapporti d'impiego con Governi esteri (ad esempio i diplomatici) * Sonoineleggibili categorie di soggetti aventi peculiari rapporti economici con lo Stato INCOMPATIBILITA”: situazione giuridica in cui il soggetto, validamente eletto, non può svolgere allo stesso tempo la funzione di parlamentare ed un’altra carica. Le cause di incompatibilità possono essere rimosse attraverso l'opzione (scelta di una delle due cariche) da parte del parlamentare. Quando le cause di ineleggibilità sopraggiungono durante il mandato si parla di ineleggibilità sopravvenute. Se la causa che determina l’ineleggibilità è data dalla sopraggiunta di un'altra carica, si trasforma in causa d’incompatibilità, che impedisce di svolgere entrambe le cariche. INCANDIDABILITA”: questo istituto ha avuto la sua più ampia applicazione con l'approvazione della legge anticorruzione, che vieta di ricoprire cariche elettive e di governo per chi è colpito da sentenze definitive di condanna alla pena di reclusione superiore a due anni per reati gravi non colposi. L'accertamento di cause di ineleggibilità o incompatibilità è riservato esclusivamente alle Camere. Nell'articolo 67 si afferma che ogni parlamentare: 1. Rappresenta la “Nazione” nell'esercizio delle sue funzioni, e deve quindi cercare di realizzare l'interesse generale della collettività 2. Svolge le sue funzioni senza “vincolo di mandato” (=divieto di mandato imperativo), in quanto è libero di esercitare le sue funzioni secondo la propria coscienza e non è obbligato a rispettare l’incarico ricevuto dagli elettori. Conseguentemente il parlamentare può essere cacciato dal suo gruppo parlamentare e mandato nel gruppo misto. ART.68 “Il membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.” Questo articolo contiene la disciplina dell'istituto delle immunità/prerogative parlamentari. Queste sono di due tipi: * Istituto dell’irresponsabilità/insindacabilità, disciplinato dal comma 1 articolo 68: “/ membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.” È una norma la cui ratio giustificativa consiste nella necessità di consentire il sereno svolgimento delle funzioni di deputato/senatore, senza il rischio che un Pm in vena di protagonismo inizi un inchiesta penale priva di fondamento l’irresponsabilità è giuridica, cioè i parlamentari sono responsabili di ciò che dicono e fanno davanti all'opinione pubblica. Affinché scatti l’irresponsabilità l'articolo 68 pone due condizioni: 1. Si deve trattare di opinioni e di voti 2. Si deve trattare di opinioni e di voti che il parlamentare abbia fatto nell'esercizio delle proprie funzioni. Le condotte oggetto della norma sono le manifestazioni del pensiero. Facciamo un esempio: in aula il deputato Tizio sferra un pugno al collega e gli frattura la mandibola. Il parlamentare risponderà penalmente del suo gesto? sì, perché non ha espresso alcuna opinione, è un fatto materiale non una manifestazione del pensiero. Quindi non è applicabile il 1 comma dell'articolo 68. La seconda condizione è complicata. Non è sufficiente che il deputato o il senatore manifesti un'opinione, ma quella opinione deve essere formulata nell'esercizio delle funzioni. Ci sono dei casi estremi in cui si può dire se si applica sicuramente o no l'articolo 68. Ad esempio: Il parlamentare che insulta il vicino di ombrellone in spiaggia, quindi un'opinione formulata fuori dall'esercizio delle sue funzioni, ergo non si applica l'istituto dell’irresponsabilità. Esempio contrario: un parlamentare durante un’interrogazione in aula diffama qualcuno. Opinione che viene manifestata durante lo svolgimento della funzione parlamentare, quindi si applica l'articolo 68. Questi sono due casi estremi, in mezzo ai quali esistono una marea di possibili casi. La Corte Costituzionale ha detto che l'articolo 68 1 comma non copre tutta l’attività politica del parlamentare, se un parlamentare ad esempio va ad un talk show ed esprime un'opinione che ha rilevanza penale, non è detto che l'opinione ricada nell'ambito di applicazione dell’irresponsabilità. La Corte ha detto che deve sussistere un nesso funzionale tra l'opinione espressa e lo svolgimento delle funzioni. In assenza del nesso non è applicabile il beneficio dell’irresponsabilità. Ma il problema è solo spostato... quando c'è il nesso funzionale e quando no? Innanzitutto la Corte è stata chiara nel dire che il parlamentare non può fare il furbo: non può insultare un collega nel talk show, e il giorno successivo presentare un’interrogazione nella quale presenta le stesse diffamazioni che aveva fatto al talk show, per evitare la denuncia penale. Sarebbe troppo facile. Differente il casso in cui quelle opinioni a contenuto diffamatorio sia contenute in una interrogazione a Governo e dopo, in un talk show il parlamentare ripete ciò che aveva detto durante l'interrogazione. Qui scatta il beneficio dell'irresponsabilità, perché c'è il nesso funzionale. Chi è che giudica dell’esistenza o meno del nesso funzionale? Esempio: io sono Caio, insultato da Tizio deputato. Denuncio Tizio perché mi ha diffamato, quindi inizia il procedimento penale a carico di Tizio. L'avvocato di Tizio non nega che il cliente abbia diffamato Caio, però dice che l'ha fatto nello svolgimento delle sue funzioni, ergo il deputato è da ritenere irresponsabile perché si applica l'articolo 68. Chi è che decide in prima battuta? Il giudice, dirà o che l'opinione è stata manifestata nello svolgimento delle funzioni, oppure il contrario. Nel caso contrario, cosa succede? Il giudice sospenderà il procedimento ed investirà il Parlamento, il quale con un'apposita giunta e poi in aula deciderà se La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi “ La Commissione può essere: Commissione in sede referente + il Presidente della Camera individua la commissione competente per la materia: la commissione analizza il disegno di legge ed esegue la votazione su eventuali emendamenti (modifiche del disegno di legge), successivamente redige una relazione. Viene poi nominato un relatore che riferisce all'aula, la quale può voterà il disegno di legge articolo per articolo e in fine approverà l’intero testo di legge. È la normalità Commissione in sede deliberante> non analizza semplicemente il disegno di legge, ma completa l'iter legislativo, ovvero fa quello che dovrebbe fare la Camera: vota articolo per articolo il disegno di legge ed esegue anche la votazione finale. E una eccezionalità L'ultimo comma dell'articolo afferma che vi sono alcuni disegni di legge che non possono essere adottati in sede deliberante: * Disegnidi legge in materia costituzionale (leggi di revisione e leggi costituzionali, il cui iter approvativo è disciplinato dall'articolo 138) * Disegni di leggi in materia elettorale * Disegni di legge di delegazione legislativa * Disegni di legge di autorizzazioni alla ratifica dei trattati internazionali * Disegnidi legge per l'approvazione di bilanci Inoltre la composizione della commissione in sede deliberante deve essere proporzionale ai gruppi parlamentari. Commissione in sede redigente> è una via di mezzo tra la commissione in sede referente e quella in sede deliberante: serve ad alleggerire l'assemblea dalla discussione ed approvazione degli emendamenti, riservando alla Camera la votazione finale sul disegno di legge Finiti i lavori in una Camera il disegno di legge passa all'altra, dove il procedimento di approvazione ricomincia dall'inizio. Se la Camera apporta delle modifiche al testo, questo deve essere riesaminato ed approvato dall'altra Camera, con la conseguenza che il progetto di legge può viaggiare più volte da una Camera all'altra. FASE INTEGRATIVA DELL'EFFICACIA Quando le due Camere hanno approvato il testo la legge è perfetta, ma non è efficace. Sono necessari due passaggi perché la legge sia efficace: * Lalegge deve essere promulgata dal Presidente dell'assemblea. Qual è la funzione della promulgazione? Cosa fa il Capo di Stato quando gli arriva un disegno di legge? Il Presidente con l'atto di promulgazione svolge un controllo preventivo di costituzionalità della legge. (che poi verrà successivamente controllata dalla Corte Costituzionale). È una sorta di filtro, il Capo dello Stato è un organo di garanzia costituzionale sui generis. Il disegno di legge può essere rifiutato, se il Capo dello stato ritiene che una o più norme del disegno di legge siano affette da uno o più vizi di costituzionalità, le rimanda alle Camera con un messaggio motivato, ovvero dispone del rinvio della legge ART.74 “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.” Le Camere possono anche non aderire al messaggio motivato del Capo dello Stato, e possono deliberare la legge esattamente come prima. Il Capo dello Stato deve allora approvare la legge, in quanto la più rifiutare una sola volta. * Restaunultimo atto: la pubblicazione. (art.73) Lo scopo della pubblicazione è quello di essere messi nella condizione astratta di conoscere il contenuto della legge. Una norma può pretendere di essere ottemperata se è conoscibile. Dal momento della pubblicazione vale la presunzione della conoscenza della legge. L'ignoranza della legge è fonte di scuse nell'eventualità in cui la norma non sia conosciuta. La maggior parte delle norme che disciplinano il procedimento legislativo si trovano nei regolamenti di Camera e Senato. Ci sono altre due funzioni attribuite al Parlamento. FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO (semplificata, terra terra) Atto di indirizzo politico per antonomasia è la mozione di fiducia. Ci sono alcuni atti tipici di questa funzione, ma in realtà se ci pensiamo, nonostante non sia un atto riconducibile alla funzione di indirizzo politico ma alla funzione legislativa, anche una legge è una funzione di indirizzo politico: dire che alla sanità vano 5-10-20 o 1000 cambia molto. E una funzione un po’ fumosa. È una funzione che spetta alla maggioranza, se tutto va come deve, ci sarà una maggioranza che fa le leggi e un'opposizione che cercherà di impedire alla maggioranza di approvare la legge. In questo caso la funzione è una funzione che la maggioranza politica ha Riflettiamo sul nome della funzione: politico viene dal greco “polis” (=società, città), il cui scopo è quindi indirizzare in una determinata direzione la società italiana, ovviamente nei limiti della Costituzione. Qual è la direzione che ha preso la società italiana, in sostanza. Chi decide che indirizzo debba prendere la società italiana? Il corpo elettorale in prima battuta, ovvero ci sarà una competizione elettorale in cui vincerà la destra o la sinistra: si formeranno le nuove camere e ci sarà una maggioranza politica o di destra o di sinistra. Bisognerà adottare dei provvedimenti ai fini di ottemperare alla volontà del popolo, ovvero adottare delle leggi a cui si dà concretezza al programma politico sulla base di cui si sono vinte le elezioni. Per fare ciò non è sufficiente una maggiorana parlamentare, ma il Govemo. Qual è il rapporto tra governo e parlamento? Il rapporto è tra Governo e Maggiorana parlamentare. Abbiamo questi due soggetti, a cui dobbiamo pensare come se fossero due coniugi. Il “matrimonio” nasce quando il Govemo ha la fiducia delle Camere. Il Governo si presenta in aula per chiedere la fiducia su un determinato programma che non sarà altro che la riscrittura del programma politico sulla base del quale la maggioranza parlamentare ha vinto le elezioni. Se la maggioranza concede la fiducia nasce la coppia Governo- Maggioranza parlamentare. Dal punto di vista politico Maggioranza e Governo sono un unico soggetto: il matrimonio politico può andare bene o andare male. La fiducia ha una sua durata, la ragion d'essere del matrimonio è l’amore, per il Governo e la Maggioranza la ragion dello stare insieme è la necessità di attuare concretamente il programma politico sulla base del quale si sono vinte le elezioni. Il governo ha l'iniziativa legislativa, quindi presenta alle Camere delle leggi che verranno approvate dalla maggioranza che sostiene il Governo. Non è detto che gli equilibri trovati al momento della concessione della fiducia rimangano tali, quindi la maggioranza parlamentare fa conoscere al Governo qual è il proprio orientamento politico circa determinati argomenti. Questi atti, tipici della funzione di indirizzo politico, sono la mozione e la risoluzione, disciplinati dai regolamenti che: * sidifferenziano per ragioni di carattere procedurale * hannoun'unica funzione: se la mozione viene approvata la maggioranza fa conoscere al Governo il suo indirizzo politico, a cui il Govemo cercherà di ottemperare Nessun Governo è caduto per un voto di sfiducia, perché si sono sempre dimessi prima di riceverla. FUNZIONE DI CONTROLLO Formalmente imputabile al Parlamento, ma sostanzialmente è da ricondurre alla minoranza (opposizione), che ha l'interesse politico ad evidenziare/rimarcare le inefficienze del Governo. Con questa funzione l'opposizione ha l'intento di evidenziare l'inadeguatezza politica del governo al fine di vincere le successive elezioni e prendere il posto della maggioranza politica pro tempore. Gli atti tipici sono: * interrogazione>una domanda che ciascun deputato/senatore può porre per iscritto al Governo per sapere se un dato fatto è vero. Ad esempio “è vero che nel comune x c'è stato y?” * interpellanza> qui il fatto si dà per scontato, ciò che l’interpellante chiede al Governo è se in relazione a quel fatto qual è l'intendimento politico, le azioni che il Governo h intenzione di intraprendere in relazione a quel fatto. Ad esempio “posto che nel comune x c'è stato y, cosa intende fare il Govemo?” questi sono regolati dai regolamenti delle due Camere. Nell'ordinamento sono state introdotte le interrogazioni a risposta immediata REFERENDUM- DECRETI LEGISLATIVI- DECRETI LEGGE (equiparati alla legge) - FONTI PRIMARIE REFERENDUM ABROGATIVO Il referendum è la richiesta che viene fatta al corpo elettorale di esprimersi direttamente su una questione. È quindi uno strumento di democrazia diretta. Art.75 “È indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum” Il referendum abrogativo è un atto con cui il corpo elettorale si propone di abrogare una legge oppure disposizioni in esse contenute. L'iniziativa referendaria spetta ai soggetti: almeno 5 consigli regionali o 500 mila elettori (ci sarà un comitato promotore che si propone di raccogliere almeno 500 mila firme). Il referendum abrogativo è una forma di legislazione “negativa” in quanto serve solo a togliere, ad abrogare le leggi, non ad aggiungerne nuove. L'ultima comma dice che c'è una legge che contiene la disciplina del procedimento referendario. Le firme raccolte, contenute in dei pacchi, vengono depositate presso l’ufficio centrale del referendum, istituito presso la sede della Cassazione. Questo organo, appositamente costituito, fa un controllo di legalità, ne verifica la conformità alla legge (ad esempio verifica l'autenticità delle firme), e può anche proporre di concentrare/raggruppare quesiti analoghi. Il controllo passa ad un altro organo, la Corte Costituzionale, la quale svolge un controllo di ammissibilità della richiesta referendaria. Questo controllo è un potere che gli è stato attribuito da un'apposita legge costituzionale (la Costituzione originariamente non prevede questa funzione della Corte Costituzionale e quindi è necessaria una legge costituzionale che integra il testo costituzionale, poiché lo “modifica”). Il controllo di ammissibilità in cosa consiste? Chi aveva attribuito questo potere alla Corte aveva un fine: il controllo era stato concepito come un controllo con cui la Corte doveva limitarsi a controllare che il referendum non avesse ad oggetto uno dei divieti del 2 comma dell'articolo 75. L'articolo 75 dice che vi sono alcune leggi che non possono essere abrogate in via referendaria: * leggitributarie * leggidibilancio * leggidi amnistia (provvedimento che estingue i reati, cioè ha l’effetto di bloccare i processi) e di indulto (provvedimento che concede uno sconto sulle pene già irrogate dal giudice, sfoltisce la popolazione carceraria) Il Presidente emana i decreti aventi valore di legge, che sono il decreto legislativo e il decreto legge. Con l'emanazione svolge una funzione di controllo della costituzionalità (come nella promulgazione). Se il decreto non è legittimo il Capo dello Stato può rifiutare l'emanazione, e probabilmente il rifiuto può essere opponibile più di una volta. | decreti vengono pubblicati in Gazzetta ufficiale con il nome di Decreto Legislativo (originariamente erano indicati con il nome di Decreto del Presidente della Repubblica, ma ciò implicava il rischio di confondere atti che occupano posizioni diverse nella gerarchia delle fonti). Il decreto-legge deve essere presentato al Capo dello Stato 20 giorni prima della scadenza del termine. Il termine è posto a garanzia del Presidente che deve avere il tempo necessario per poter esaminare il decreto, ma serve anche al Governo poiché una richiesta da parte del Presidente di riesaminare il decreto all'ultimo rischierebbe di far scadere la delega. DECRETO-LEGGE ART.77 Il comma (sapere tutto e bene) “Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni” Qual è il fondamento giustificativo del decreto legislativo? Il Governo può adottare un decreto legislativo in quanto c'è la legge delega Qual è il fondamento giustific: del decreto legge? È un atto con forza di legge che il Governo può adottare solo in 3 presupposti giustificativi per adottare il decreto-legge: * Casistraordinari * Casidi urgenza * Casidi necessità In queste situazioni il Governo può esercitare, senza delega, il potere legislativo riservato al Parlamento. La situazione è questa: c'è necessità dell'adozione di una normativa di rango primario e non si può attendere il procedimento legislativo che richiede troppo tempo. Per fare quello che si deve fare è necessaria una normativa di rango primario e non un regolamento. Quindi si interviene con il decreto legge. Procedimento: 1. Delibera del consiglio dei ministri 2. Emanazione del Presidente della repubblica 3. Pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale: il decreto-legge deve essere pubblicato indicando le circostanze di assoluta urgenza e necessità che ne giustificano l'adozione 4. Il decreto-legge entra in vigore e deve essere presentato alle Camere per la conversione in legge | provvedimenti sono provvisori. C'è la delibera del consiglio dei ministri che adotta il decreto legge e immediatamente, o al massimo il giorno dopo, va pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Immediatamente dopo la pubblicazione, il Governo deve presentare il decreto per la conversione alle Camere. Questo si sostanzia nella presentazione di un disegno di legge che si compone di un solo articolo al quale è allegato il testo del decreto legge, che converta in legge il decreto legge. L'intervento delle Camere, quindi avviene dopo l'adozione del decreto adottato dal Governo. Le Camere, anche se sciolte possono convertire il decreto- legge, infatti è uno dei poteri consentiti in regime di prorogatio. Il procedimento deve concludersi entro 60 giorni. | decreti leggi perdono efficacia sin dall'inizio (decadenza) se le Camere non approvano quella legge, e se l'iter non si completa entro il termine di 60 giomi dalla pubblicazione. Il decreto decade dal momento in cui è entrato in vigore, come se non fosse mai esistito. È simile all'annullamento, ma più radicale poiché quando il decreto decade travolge tutto: qualunque atto posto in essere sulla base di quel decreto è privo di base legale. Ad esempio se sulla base di quel decreto si è pagata una tassa si ha il diritto di avere in dietro i soldi. Il decreto legge, comunque vadano le cose, è destinato a scomparire: se viene convertito in legge al suo posto c'è la legge, mentre se decade scompare del tutto. È come il bruco, che muore comunque (o diventa farfalla e non c'è più oppure muore), il prof era in vena di poetica. La Costituzione prevede che il decreto legge possa essere adottato solo se ci sono i presupposti giustificativi, giudice in prima battuta è il Governo, poi questo giudizio è sottoposto alla valutazione delle camere, le quali possono ritenere che il governo abbia adottato il decreto legge senza presupposti giustificativi e quindi rifiutare la conversione. Questo atto di controllo non è sanatorio, cioè non può modificare il decreto legge se incostituzionale o mancante dei presupposti giustificativi. Il governo però è pappa e ciccia con la maggioranza politica. La reiterazione dei decreti legge è incostituzionale: questa consiste nell'adozione di un decreto legge del tutto uguale a quello che sta scadendo. Questo può accadere solo in presenza di nuovi presupposti giustificativi La valutazione è di carattere meramente politico, che viene rimessa al binomio Governo- Maggioranza parlamentare? La Corte Costituzionale ha detto di no: consapevole del fatto di essere un giudice e consapevole di essere un organo garante della rigidità costituzionale, ha detto che la valutazione in merito ai presupposti giustificativi è di natura politica, nella quale non si può intromettere la Corte. Ha detto tuttavia che la evidente mancanza dei presupposti giustificativi determina la illegittimità del decreto legge e della legge di conversione che l’abbia illegittimamente convertita in legge. Quando la violazione dell'articolo 77 è evidente allora la Corte Costituzionale in quanto giudice costituzionale ha il diritto e il dovere di intervenire dichiarando l'illegittimità del decreto legge e dell'eventuale legge di conversione. Bisogna prima parlare di chi fa i regolamenti, il Governo. ART.92 “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.” Disciplina l’organizzazione del Govemo, composto da: * Presidente del Consiglio dei Ministri * Consiglio dei Ministri (organo collegiale) e Ministri Inoltre si è vista la formazione di organi governativi non necessari: Vice-presidente del Consiglio, sottosegretari di Stato ecc. La fondamentale funzione che spetta al Governo è la funzione di indirizzo politico, che si attua attraverso una miriade di provvedimenti/atti (decreti legislativi, decreto-legge, regolamenti ecc.) L'organo titolare della funzione di indirizzo politico è il Consiglio dei Ministri, l'organo collegiale. Non è concepibile un indirizzo politico del singolo ministro. Formalmente i ministri sono scelti dal Presidente del Consiglio, ma sostanzialmente vengono scelti dai partiti politici, per questo in Italia i ministri tendono a seguire il proprio indirizzo politico, non quello collegiale, che di solito è quello dal partito da cui provengono. L'articolo 95 disciplina le funzioni fondamentali degli organi: * Il Presidente dirige la politica generale (=indirizzo politico) del Governo e ne è responsabile. (L'organo titolare di determinare la politica generale è il consiglio dei ministri). Mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo, coordinando l’attività dei ministri. L'elemento fondamentale che differenzia il Governo dal Parlamento è che il Governo è un organo che (dovrebbe) essere politicamente omogeneo, mentre al Parlamento troviamo una maggioranza politica e l'opposizione. politica che lo sostiene. Ci sono dei provvedimenti/atti disciplinati da legge (400 del 1988) che il Presidente può adottare per mantenere l’unità di indirizzo politico: ad esempio può inviare delle direttive ai singoli ministri per mantenere l’unità collegiale, e per far apparire il Governo alla Nazione come un organo monolitico, omogeneo. Tra questi atti non vi è quello fondamentale: sollevare dall'incarico un ministro. Ad esempio, un ministro esprime un'opinione contraria rispetto a quello che è l'indirizzo politico del Governo circa un dato argomento, il Presidente del Consiglio dei Ministri non può revocare o chiedere la revoca al Capo dello Stato del ministro che dissente. Può solo presentare le dimissioni e dichiarare la caduta dell'intero Governo. Portata in debita luce l'inadeguatezza degli strumenti giuridici dei quali il Premier dispone, al fine di mantenere l'unità dell'indirizzo politico, bisogna notare che questi stessi poteri possono essere più o meno funzionali allo scopo a seconda della persona che detiene pro tempore il potere. Ad esempio prendiamo 2 presidenti del consiglio dei ministri, uno Conte e l’altro Berlusconi, sono uguali? No. Lo strumentario politico è lo stesso, però cambia il peso politico dei due. Il primo Governo Conte c'erano due Presidenti del Consiglio dei Ministri, Salvini e Di Maio. Consiglio dei istri> adottano i regolamenti e determina la politica generale, ovvero l'indirizzo politico, del Governo Ministri>contribuiscono a determinare la politica generale del Governo. Sono anche a capo di un singolo ministero: questo è un complesso di organi amministrativi. Potremmo dire che i ministeri sono un po’ come le ruote di una macchina, e i ministri sono l'organo di distribuzione del moto. | ministeri sono il meccanismo attraverso il quale il governo riesce ad attuare l'indirizzo politico. L'iter di formazione dell'indirizzo politico si chiama circuito di indi 0 politico: corpo elettorale vota i deputati/senatori. Rappresenta quindi il primo stadio del formarsi dell'indirizzo politico e il Parlamento si forma con una maggioranza di destra (ad esempio).la maggioranza parlamentare rispecchia la maggioranza presente nel corpo elettorale Questa maggioranza voterà la fiducia ad un Governo di destra, che proporrà un programma politico che altro non è che il programma sul quale si sono vinte le elezioni. Il Governo deve attuare questo programma, presentando disegni di leggi, adottando decreti legislativi, regolamenti, ecc. il Governo ha un potere esecutivo: presenta sulla base del programma sul quale ha ottenuto la fiducia un disegno di legge che sarà approvato dalla maggioranza. Quella legge deve essere concretizzata e sarà un ministero a prendersi carico di attuare/concretizzare quel provvedimento, a cui capo c'è un ministro. [_*® Governodidestra Parlamento Maggioranza di destra Ministero l'articolo 95 ha inoltre individuato 3 diversi principi di organizzazione del Governo: Principio della responsabilità politica di ciascun ministro> il ministro è responsabili per gli atti posti in essere nel ministero a cui è a capo Principio della responsabilità politica collegiale> ogni ministro è responsabile per gli atti presi all’interno del Consiglio dei ministri Principio della direzione politica monocratica, basata sui poteri del Presidente del Consiglio Il Governo ha l'obbligo giuridico delle dimissioni solo in due casi: (crisi parlamentare) * mozione di sfiducia * quando le Camere bocciano una proposta del Governo sulla quale il Govemo ha posto la questione di fiducia. Il Governo pone una deroga all'articolo 94 comma III, che dice che “// voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.” Quali sono le condizioni che possono indurre un Governo a porre la questione fiducia su una sua proposta, dicendo che se la proposta non verrà approvata si riterrà giuricamente obbligato a presentare le dimissioni? Il fine fondamentale della questione di fiducia è di ricompattare la maggioranza, che è un po' riottosa e che in più occasioni ha dato prova della sua infedeltà e ad un certo punto al Governo non sta più bene la infedeltà politica. Cioè il Governo dichiara che se la sua proposta non dovesse essere approvata, trattandosi di una proposta necessaria all'attuamento dell'indirizzo politico concordato con la maggioranza, riterrà venuta meno la fiducia e ne conseguiranno le dimissioni del Governo. Ponendo questa alternativa tra approvazione e crisi, il Governo preme sulla maggioranza per mantenerla compatta e coerente con le scelte di indirizzo politico su cui si basa il rapporto di fiducia tra Governo e maggioranza politica. Le condizioni di salute politica sono perfette, e il Governo pone le questioni di fiducia perché ne derivano una varietà di conseguenze riconducibili alla celerizzazione dell'iter legislativo, ad esempio decadono tutti gli emendamenti della minoranza Nessun governo è caduto a seguito della mozione di sfiducia, perché i governi presentano le dimissioni al Capo dello Stato senza attendere che venga approvata una mozione di sfiducia. Il governo è caduto a seguito della questione di fiducia solo 2 volte (entrambe del Governo Prodi). La normalità comunque è che il Governo si dimetta volontariamente (crisi extraparlamentare). Settori della politica governativa: * lapolitica di bilancio e finanziaria * politicaestera * politica europea * politica militare * politica informativa e di sicurezza FUNZIONE NORMATIVA - REGOLAMENTI Gli atti normativi che il Governo può adottare si collocano al di sotto della legge nella scala delle fonti, e quindi non possono andare in contrasto con una legge o con un atto ed esse comparato (o superiore) La disciplina dell'attività normativa secondaria del Govemo è contenuta nell'articolo 17 della legge 400 del 1988. Questi regolamenti sono adottati dal Consiglio dei Ministri, e l'articolo 17 contiene una serie di tipi di regolamento: * regolamenti di esecuzione+> regolamenti che il Governo adotta senza una specifica autorizzazione legislativa. Possono avere una funzione interpretativa/applicativa della legge oppure disciplinare le modalità procedurali per l'attuazione di essa * regolamenti d’attuazione> regolamenti che non si limitano ad attuare o adottare regole di dettaglio, ma vanno ad integrare le leggi che hanno un contenuto vario generale, oltre ad eseguirlo * regolamenti indipendenti>emanati nelle materie in cui manca una disciplina da parte della leggi o di atti aventi forza di legge * regolamenti di organizzazione> simili ai regolamenti di esecuzione o di attuazione. I regolamenti del Governo sono emanati dal Capo dello Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato REGOLAMENTI DI DELEGIFICAZIONE Sono disciplinati dal II comma. La delegificazione non va confusa con la deregulation (che fa riferimento ad una diminuzione del numero delle norme), e fa riferimento alla sostituzione di una materia che prima era disciplinata da legge e che ora viene disciplinata da regolamento. Per quale ragione una materia disciplinata da legge inizia ad essere disciplinata da regolamento? Perché i regolamenti sono facilmente adottabili. La nostra società è affetta da una fame terribile, la fame di norme, perché le condizioni che connotano una situazione cambiano velocemente, e lo strumento legislativo non è idoneo perché l'iter legislativo richiede troppo tempo. E allo scopo di rispondere in maniera quanto più celere alle esigenze che mutano (e quindi le norme che prima c'erano non sono più adatte) si adotta il regolamento. Problema: il regolamento è un atto normativo secondario, quindi non può né derogare né abrogare una legge. Se uno spazio giuridico è occupato dalle leggi, i regolamenti non possono delegificare le leggi da soli. Si parla del fenomeno della abrogazione differita: l'adozione di regolamenti di delegificazione è possibile perché c'è una apposita legge che attribuisce al Governo la potestà di adottare regolamenti. Ci vuole un'apposita legge, quindi, che autorizzi il Governo ad adottare un regolamento di delegificazione, e che oltre a ciò contiene anche delle norme di principio/generali regolatrici della materia. Questa legge, inoltre, dispone l'abrogazione delle norme vigenti dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. Cioè l’effetto abrogativo è da ricondurre alla legge che ha autorizzato il Governo ad adottare il regolamento. L'ingresso del regolamento nello spazio giuridico occupato da legge viene preceduto da una legge di delegificazione che permette al regolamento di “entrare”. In questo modo si evita l'antinomia tra regolamenti e legge, che si crea invece tra le leggi e la legge successiva di delegificazione che ha autorizzato il Governo ad adottare il regolamento. In questo caso si utilizza il criterio cronologico e soccombe la legge precedente. I regolamenti sono del Govemo, ma anche i ministri possono adottare dei regolamenti che sono regolamenti ministeriali e interministeriali. Questi non possono avere norme in contrasto con norme contenute nei regolamenti del Governo. Non bisogna confonderle con le consuetudini internazionali. Le consuetudini possono disciplinare liberamente un oggetto se questo non è disciplinato da un altro atto normativo. E una fonte che ha poca rilevanza nel sistema normativo delle fonti. Oggi le consuetudini sono quasi scomparse e se ne trovano solo poche tracce: * Laprimatraccia si trova nelle “disposizioni preliminari del codice civile” o “preleggi”. L'articolo 1, delineando la gerarchia delle fonti del diritto italiano enumera, dopo la legge, i regolamenti, le norme corporative, anche gli usi. Gli usi sono proprio le consuetudini, che nella gerarchia delle fonti si trovano all'ultimo posto. La consuetudine, quindi, può operare o in materie non regolate da atti normativi o per richiamo esplicito della legge ad esse. Non può esistere la consuetudine contra legem, ovvero in contrasto con le fonti atto, poiché i comportamenti contrari alla legge sono illegittimi * lasecondatraccia si trova nel codice civile, dove in alcune sue disposizioni c'è un esplicito richiamo agli usi * laterzatraccia è dottrinale. In dottrina si fa spesso riferimento alle consuetudini, riferendosi però alle consuetudini interpretative: esse non sono comportamenti sociali dettati dalla credenza di adempiere ad un obbligo giuridico, ma la costante interpretazione di una disposizione di legge da parte degli interpreti. * Laquartatraccia la troviamo nelle consuetudini internazionali. Per la risoluzione delle antinomie normative abbiamo visto il criterio cronologico e il criterio gerarchico. Ma esistono altri criteri di risoluzione, ve ne è almeno un altro: * Criterio della competenza> nel caso di antinomia normativa prevale quella tra di esse che è competente a disciplinare quella determinata materia. È un criterio del quale la Corte costituzionale fa abbondante uso, al fin di risolvere le antinomie che si verificano quando una legge statale confligge con una legge regionale. Nonostante ciò è un criterio che non ha una sua autonomia logico-scientifica, perché è una sub specie del criterio gerarchico. Ci siamo imbattuti, precedentemente, in un atto normativo che nel caso in cui dia luogo ad un conflitto con una legge, questo conflitto viene risolto in base al criterio della competenza: i regolamenti parlamentari. Soltanto i regolamenti parlamentari di Camere e senato sono rispettivamente competenti a disciplinare l'organizzazione e il funzionamento della loro Camera. Nessun atto normativo può contenere una norma avente ad oggetto un profilo relativo al funzionamento e organizzazione di Camera e Senato, anche se è una norma disciplinata da legge, se ci fosse un conflitto la norma di legge sarebbe incompetente. La legge viene annullata perché nel contrastare con il regolamento viola l'articolo 74 della Costituzione, che è sovraordinato alla legge, e quindi questo criterio è una sub specie del criterio gerarchico. Il vizio di incompetenza si traduce nell’annullamento della norma incompetente. Il sistema delle fonti del diritto italiano non è tutto ispirato alla gerarchia, vi sono alcune fonti che vi si collocano non seguendo la gerarchia: i regolamenti e le leggi regionali. Il rapporto tra leggi regionali e leggi statali non può essere descritto in base alla logica gerarchica, ma in base alla logica della competenza. Le antinomie normative che vedono coinvolte una legge statale e una legge regionale vanno risolte in base al criterio della competenza. REGIONE ente titolare e competente ad adottare leggi regionali. L'ente regione è un soggetto di diritto pubblico diverso dall'ente Stato. E un ente territoriale/politico a cui la costituzione affida la generalità degli interessi di una collettività regionale. Esistono due tipi di regione: * Regioniastatuto ordinario * Regioniastatuto speciale (5 su 20) Noi ci riferiamo alle regioni a statuo ordinario, soffermandoci sulle eccezioni nelle regioni a statuto speciale. La disciplina delle funzioni e dell’organizzazione delle regioni a statuto ordinario è contenuta nella Costituzione. La disciplina delle funzioni e dell’organizz azione delle regioni a statuto speciale è contenuta negli statuti regionali. ART 121 (non vale per le regi i a statuto speciale) Gli organi fondamentali della regione sono: * Consiglio regionale+organo competente ad adottare leggi regionali (potremmo dire che è l'equivalente del Parlamento) * Presidente della Regione> ha poteri enormemente superiori a quelli al presidente del consiglio dei ministri, quindi non è l'equivalente del Presidente del Consiglio dei ministri. Non si limita a dirigere la politica della Giunta e a mantenere l’unità di indirizzo politico delle Giunte, questo vale anche per le regioni a statuto speciale, perché c'è l'elezione diretta del Presidente della Regione, e la diretta legittimazione politica gli conferisce giuricamente il compito di determinare l'indirizzo politico. * Giuntaregionale> è l'organo esecutivo della Regione (potremmo dire che è l'equivalente del Governo) ART.123 Afferma che ciascuna Regione ha uno Statuto che ne determina la forma di Govemo, con cui si intende fare riferimento alla disciplina dei rapporti tra gli organi fondamentali di un determinato ente. Lo Statuto stabilisce se il Presidente della Regione è o meno direttamente eletto dal corpo elettorale. Solo che detto così ® dall'altro lato ha detto che: lo statuto è comunque sottoponibile a referendum, e qualora lo statuto opti per l'elezione diretta del presidente della Regione, automaticamente ne consegue l'applicazione di tutte le regole (nomina e revoca degli assessori, simul stabunt simul cadent) Questo vale per le Regioni a statuto ordinario. Da un punto di vista giuridico che cosa significa “Regione a Statuto speciale”? Lo Statuto delle Regioni a statuto speciale non è un atto regionale, è una legge costituzionale. Per quale ragione si conferisce maggiore autonomia e poteri a queste 5 Regioni rispetto alle restanti 15? La ragione era quella di dotare queste 5 Regioni di maggiore autonomia e poteri rispetto a quelli che il Titolo V della Costituzione attribuisce alle altre Regioni. Se nella Costituzione c'è scritto che le Regioni hanno i poteri A B C D E, e si vuole attribuire a 5 Regioni anche i poteri F G H ecc. bisogna derogare il Titolo V con un atto normativo, che è la legge costituzionale. La disciplina delle regioni a statuto speciale è contenuta negli statuti regionali. È successo che paradossalmente a seguito dell'adozione della legge 1 del 99, proprio le regioni a statuto speciale, che hanno più poteri e autonomia, si sono trovate rispetto alle altre in una condizione deteriore/peggiore, poiché non potevano autonomamente scegliersi la propria forma di governo, perché questa era/è contenuta in una legge costituzionale (gli statuti speciali). Come si risolve il problema? Per risolvere il problema bisognava adottare un atto normativo in grado di derogare alla legge costituzionale, ovvero in grado di derogare agli statuti speciali. L'unico atto normativo in grado di derogare alla legge costituzionale è una legge costituzionale (la 2 del 2001). La legge costituzionale 2 del 2001 ha introdotto la legge statutaria: le Regioni possono con legge statutaria derogare le disposizioni riguardanti la forma di governo prevista dagli statuti speciali. Gli statuti sono quindi stati de-costituzionalizzati dalla legge 2 del 2001. Lo statuto speciale disciplina la forma di governo, quindi la legge del 2001 ha stabilito che dall'entrata in vigore della legge statutaria vengono abrogate le disposizioni dello statuto che riguardano la forma di Governo SISTEMA DELLE FONTI DEL DIRITTO REGIONALE: 1. Statuto 2. legge regionale 3. regolamenti regionali La disciplina è contenuta nell'articolo 117 della Costituzione. Il testo è quale risulta in seguito alla modifica intervenuta a seguito della legge costituzionale 3 del 2001 che ha completamente riscritto il Titolo V che disciplina l'autonomia regionale. Precedentemente l'articolo 117 conteneva un elenco di materie nelle quali le Regioni, a determinate condizioni, potevano legiferare. Tutto quello che non era contenuto nelle materie era potestà statale, e quindi il criterio residuale era a favore dello Stato. La legge costituzionale 3 del 2001 ha capovolto il meccanismo: ora il criterio residuale gioca a favore delle Regioni, sono ora le potestà legislative dello stato ed essere enumerate. Ci sono tre tipologie di potestà legislativa: * potestàlegislativa esclusiva statale> il Il comma enumera le materie in cui tassativamente lo stato può legiferare in maniera esclusiva. Sono quindi le competenze legislative dello Stato ad essere enumerate * potestàlegislativa statale e regionale concorrente > sia lo Stato che le Regioni, in relazione alle materie menzionate, possono legiferare. Tuttavia lo Stato e le Regioni legiferano su due livelli differenti: lo Stato addotta le leggi quadro, che contengono i principi/norme generali, le Regioni adottano le leggi che specificano, le norme di dettaglio con cui si dà esecuzione alle norme di principio dettate dalle leggi quadro. Sono materie in cui concorrono sia lo Stato che le Regioni * potestàlegislativa regionale di tipo residuale > spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento alle materie non contenute nella potestà esclusiva dello stato o nella potestà concorrente. Prima tutto ciò che non era elencato ricadeva nella competenza dello Stato, ora è il contrario: tutto ciò che non è elencato ricade nella competenza della legge regionale. Male cose sono più complicate. Leggendo l'articolo 117 si ricava un quadro chiaro. Che cosa succede se lo Stato legifera in una delle materie che ricadono nella competenza residuale delle regioni? Teoricamente la legge dello Stato in quanto incompetente è affetta da un vizio di incostituzionalità e quindi illegittima. Ma a determinate condizioni lo Stato può impunemente legiferare su materie che ricadono nella competenza della legge regionale. Le brecce/i varchi nelle mura che proteggono la competenza della legge regionale sono due: 1 In questo elenco ci sono alcune materie che sono veramente delle materie. Accanto alle materie in senso proprio ci sono delle “materie non materie”, o materie trasversali (definite così da una sentenza della Corte Costituzionale), che non vanno ad individuare un ambito oggettuale quanto piuttosto dei fini da conseguire. Ad esempio la “tutela della concorrenza” non è una materia, ma un fine (che è quello di tutelare la concorrenza) Esempio: Materia: servizi pubblici locali (ad esempio acqua, trasporti ecc.) Questa materia non si trova elencata nell'articolo 117, né nell'elenco delle materie nelle quali solo lo Stato può legiferare né nelle materie su cui c'è potestà legislativa concorrente di Stato e Regione. Dunque se questa materia non è menzionate né nel 1° né nel 2° elenco, spetta alla competenza residuale delle leggi regionali. Conseguenza: qualora lo stato adottasse una legge disciplinante uno o più profili riconducibili alla materia servizi pubblici locali sarebbe una legge costituzionalmente illegittima perché affetta dal vizio di incompetenza. È successo che lo Stato abbia adottato una norma con la quale disciplinava le modalità di affidamento dei servizi pubblici locali: si dice, in questa norma, a quali condizioni il servizio di raccolta dei rifiuti urbani possa essere direttamente affidato ad un'azienda o se è necessario istituire un bando ed affidare quel servizio ad una società operante in quel mercato. Le Regioni ne hanno lamentato l'incompetenza, ma la Corte Costituzionale ha dichiarato la questione non fondata, cioè non ha dichiarato la legge statale incostituzionale. Questo perché la disciplina delle modalità di affidamento di un'attività economica ha a che fare con la concorrenza. Se si bandisce una gara l'azienda che vince sarà quella che si impegna a svolgere quel servizio a costi più bassi e a livelli qualitativi superiori rispetto a quelli proposti dagli altri concorrenti. È ovvio che una disciplina che va a normare le condizioni alle quali un servizio pubblico locale devo o meno essere affidato direttamente oppure possa essere affidato previo svolgimento di un concorso è una disciplina che ha a che fare con la tutela della concorrenza, che ricade nella competenza legislativa esclusiva dello stato. Può succedere che ci siano dei profili a livello regionale che richiamano alcune delle materie non materie. Non potrebbe essere altrimenti, perché IL mercato è UN mercato in quanto in quel mercato vigono le stesse regole. Se il mercato è quello nazionale le condizioni di funzionamento del mercato devono essere identiche su tutto il territorio nazionale: l'omogeneità delle condizioni del funzionamento del mercato è la condicio sine qua non del mercato 2. Art.118 Questo articolo introduce la sussidiarietà come criterio di distribuzione delle funzioni amministrative. Le funzioni amministrative di norma spettano ai comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Regioni, Stato ecc. sulla base del principio di sus: rietà in senso verticale. La regola è che le funzioni amministrative siano attribuite all'ente più vicino al territorio (il comune), tuttavia vi sono delle situazioni in cui determinate ragioni chiedono di svolgere quelle funzioni in materia unitaria, e quindi le funzioni amministrative salgono di livello. Può succedere che le funzioni amministrative di competenza regionale siano avocate dallo Stato in virtù del principio della sussidiarietà. La disciplina di quella funzione deve essere dettata anche essa a livello unitario e quindi a livello statale: lo Stato non solo avoca a sé in sussidiarietà una funzione amministrativa, ma emana anche le norme legislative necessarie a definire le forme e le procedure con cui svolgere la funzione. Se lo stato avoca a sé una funzione ammnistrativa, automaticamente questa si tira dietro la funzione legislativa (chiamata di sussidiarietà) Apparentemente sembrerebbe che l’art.118 non centri niente con le competenze legislative dell’art.117, ma non è così perché c'è un parallelismo tra competenza legislativa e competenza amministrativa La Corte Costituzionale ha, con una sentenza, detto qualcosa di pesante, infatti si è avvicinata al punto di creare un nuovo articolo 117. Tutto dà adito ad un enorme contenzioso tra Stato e Regione, perché lo Stato invocando questo varco, creato dalla Corte, dell'articolo 118 ripetutamente invade la competenza legislativa regionale, dicendo che c'è la necessità di svolgere a livello unitario la funzione amministrativa. Va da sé che unitaria deve essere anche la disciplina di quella funzione che quindi deve essere adottata tramite legge statale. Con queste sentenze la corte ha creato il diritto, non l’ha applicato. La Corte l’ha riscritto perché in qualche modo è stata costretta dal fatto che l'art.117 in qualche punto è stato scritto in maniera sciatta. Alla fine chi decide se la materia è una materia oggettuale o una materia non materia ecc. è sempre la Corte Costituzionale. Per quanto attiene la potestà legislativa delle regioni a statuto speciale, dopo il 2001 ci si trova davanti ad un paradosso: le regioni a statuto ordinario hanno più poteri e autonomie delle regioni a statuto speciale, questo perché ad esempio nelle regioni a statuto speciale non è prevista la competenza legislativa residuale. Soluzione del paradosso: legge 3 del 2001 che introduce la clausola di maggior favore per la quale se è più favorevole il Titolo V si applica quello, se invece è più favorevole lo statuto si applica lo statuto. Il procedimento legislativo è disciplinato negli Statuti e si divide in 3 fasi: 1. Iniziativa> l'iniziativa spetta alla Giunta, ai consiglieri regionali e ai soggetti individuati dagli Statuti 2. Approvazione in Consiglio regionale> si prevede solitamente il ruolo delle commissioni consiliari in sede referente, ma alcuni statuti prevedono anche la commissione in sede redigente. L'approvazione richiesta è a maggioranza relativa, anche se gli statuti possono prevedere altri tipi di maggioranze 3. Promulgazione> da parte del Presidente della Regione e pubblicazione sul Bollettino Ufficiale Regionale REGOLAMENTI REGIONALI (regioni a statuto ordinario Atti normativi di secondo grado a livello regionale. Prima della riforma il potere regolamentare era attribuito al Consiglio regionale, cioè all'organo legislativo. La riforma del Titolo V ha rimesso ai singoli statuti se allocare il potere regolamentare al consiglio regionale o alla giunta. Tutte le regioni hanno deciso di affidare il potere regolamentare alla Giunta che è l'organo esecutivo. * Sonosoggettial ministro della giustizia tutti i dipendenti che non sono magistrati, ad esempio i cancellieri. * Inoltre partecipa al conferimento degli uffici direttivi, ovvero degli incarichi di maggior rilievo nell'ordinamento giudiziario. GIUSTIZIA COSTITUZIONALE Strumento di garanzia costituzionale. Serve a garantire la rigidità della Costituzione, garantisce che la legge o un atto ad esso equiparato non violino la Costituzioni. È necessario creare un organo che controlli che il parlamento non adotti leggi in contrasto con la Costituzione. Con la giustizia costituzionale si vogliono rendere giustiziabili, cioè regolabili in base al diritto, determinati conflitti che altrimenti sarebbero rimasti sul piano della politica. Si vuole sottoporre alla necessità di far rispettare le regole costituzionali alla politica, ovvero si vuole giustiziare la politica. Il diritto costituzionale è un tentativo di sottoporre a regole giuridiche la politica. Il nostro è un sistema accentrato, dove l’unico organo di garanzia costituzionale è la Corte Costituzionale. ART.134 Elenca i compiti affidati alla Corte costituzionale: * Giudica delle violazioni poste in essere da leggi ordinarie o ad atti ad esse equiparati dello Stato e delle Regioni Tutti gli atti normativi che si collocano al di sotto delle fonti primarie non sono sottoposte al controllo di costituzionalità della Corte Costituzionale. Ci sono alcuni atti normativi non menzionati dal | comma del 134 che sono però sottoposti al controllo di legittimità costituzionale: le leggi di revisione costituzionale. Queste vengono messe al cospetto dei principi fondamentali: le leggi costituzionali sono sindacabili alla corte in quanto il vizio che si lamenta viola un principio fondamentale. Il giudizio di legittimità costituzionale non si estende soltanto ai vizi formali (che derivano dalla violazione delle regole procedurali previste per la formazione dell'atto legislativo) ma anche ai vizi materiali (che derivano dalla violazione dei limiti posti dalla Costituzione). Gli “atti” equiparati alla legge indicano che sono escluse dal sindacato di legittimità costituzionale le fonti fatto (quindi consuetudini, norme europee). Gli atti che hanno forza di legge sono il decreto-legge e i decreti legislativi. Il decreto-legge può essere impugnato davanti alla Corte in due casi: 1. Nei 60 giorni di vigenza provvisoria prima che venga convertito 2. Nel caso in cui il decreto-legge venga reiterato contro quanto previsto dalla Costituzione * Giudica dei conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato * Giudica i conflitti che insorgono tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni ® Giudica delle accuse contro il Presidente della Repubblica Nell'articolo 134 non è inserito il compito di controllo di ammissibilità del referendum, in quanto è stato introdotto successivamente. ART.135 Disciplina l’organizzazione della Corte Costituzionale. | poteri dello Stato si ripartiscono la nomina dei 15 giudici costituzionali: * 5sonoeletti dal Parlamento in seduta comune mediante scrutinio segreto e a maggioranza qualificata * 5 sono nominati dal Presidente della Repubblica * 5 sono nominati dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa | giudici durano in carica 9 anni dal momento del loro giuramento e il loro rinnovo è graduale: non scadono tutti insieme ma uno alla volta. Ai giudici quindi non è applicabile il regime dalla prorogatio, poiché alla scadenza il giudice “cessa dalla carica e dall'esercizio delle sue funzioni”. | giudici inoltre non possono essere rinominati La Corte può funzionare anche se non sono presenti tutti i membri, tuttavia è richiesto un quorum: ® 11 giudici per le deliberazioni giurisdizionali * 9 giudici perle deliberazioni non giurisdizionali Solo per i giudici di accusa è previsto il regime di prorogatio, cioè nel caso che il mandato scada durante lo svolgimento di un procedimento penale. La Corte elegge il Presidente a scrutinio segreto e maggioranza assoluta. Il mandato è triennale ed è inoltre rinnovabile. L'ufficio di giudice costituzionale e di Presidente della Corte non sono compatibili con altre cariche ed uffici indicati dalla legge. CONTROLLO DI COSTITUZIONALITA’ DELLE LEGGI Due sono le vie di accesso al controllo di costituzionalità: (legge 1 del 1948 e legge ordinaria 87 del 1953) * Controllo invia incidentale> disciplinato nell'articolo 23 della legge ordinaria 87 del 53. | cittadini non possono adire direttamente la Corte e lamentare a un giudice o alla corte che una determinata norma è costituzionalmente illegittima. Non c'è un accesso/ricorso diretto alla corte dei cittadini, gli unici che possono accedere direttamente sono lo Stato e le Regioni. La questione di legittimità può essere sollevata durante un giudizio da una delle parti, daun PM o dal giudice d'ufficio. L'articolo 23 dice: “Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, indicando...”. È richiesto un requisito soggettivo e un requisito oggettivo: requisito soggettivo + la questione deve essere sollevata dal giudice pendente, organo incaricato di svolgere l’attività giudicante requisito oggettivo > la questione deve essere sollevata durante un giudizio. Ci deve quindi essere un giudice e un giudizio, e se durante questo giudizio affidato ad un giudice una delle parti o pubblico ministero ritengono che una norma di legge sia affetta da un vizio di incostituzionalità, possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza (domanda) rivolta al giudice “a quo”. Questa istanza deve: o A) obbligatoriamente indicare le disposizioni della legge, o dell'atto equiparato dello Stato o della Regione che si ritengono contenenti un vizio di costituzionalità, quindi l'oggetto del controllo. O B)Poi l'istanza deve indicare il parametro di costituzionalità, cioè le norme costituzionali che si reputano violate dalle norme di legge. è il termine di confronto impiegato nel giudicare la legittimità degli atti legislativi. Il giudice a cui viene rivolta l'istanza deve valutare se la questione sottoposta sia rilevante e non manifestamente infondata. La rilevanza viene descritta in questo modo: “qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale e non ritenga che la questione sollevata sia manifestamente infondata”. Qual è il significato della rilevanza? Significa che, anche se la questione è minima, nell’istanza va indicata la norma di legge che si sospetta essere viziata da incostituzionalità. Quella norma di legge può essere una qualunque norma di legge che disciplina qualsi. cosa? Sono rilevanti le norme a cui il giudice a quo deve fare applicazione in quel giudizio. Ad esempio: nel corso di un giudizio X che ha per oggetto una lite condominiale tra Tizio e Caio, Tizio può impugnare una norma della legge elettorale palesemente contraria alla costituzione? Il giudice non deve applicare la norma elettorale (che può essere la più incostituzionale del mondo), quindi non ha alcuna rilevanza al giudizio del giudizio a cui è sottoposto. . Tutte le norme delle quali il giudice non deve fare applicazione, qualora indicate nella istanza, fanno della questione di costituzionalità una questione irrilevante- Quindi la rilevanza deve garantire la natura incidentale dell'atto introduttivo del giudizio di costituzionalità davanti alla Corte Costituzionale. Si tratta di una legge, o un atto equiparato alla legge, della quale il giudice deve necessariamente fare applicazione in quel giudizio. Il giudice sindaca la rilevanza della legge ai fini della risoluzione della lite. Inoltre il giudice deve controllare che la questione non sia manifestamente infondata. In cosa consiste questa valutazione? È sufficiente che il giudice a quo nutra un semplice dubbio circa la fondatezza della questione perché questa possa essere sollevata. Qual è l'utilità che se ne ricava dal fatto che il giudice a quo debba verificare che la questione non sia manifestamente infondata? Per evitare che alla Corte arrivino questioni prive di fondamento. Il giudice ha una funzione di filtro, onde evitare che arrivino al cospetto della corte questioni infondate. È sufficiente ai fini della sollevazione della questione che il giudice nutra un semplice dubbio circa la fondatezza dalla questione. Il giudice deve controllare che non si tratti di una questione che, ad esempio, una delle parti abbia sollevato onde prorogare nel tempo l’arrivo della sentenza. Il giudice valuta prima la rilevanza perché se la norma non è applicabile nel giudizio, che sia fondata o infondata è irrilevante. Se la valutazione ha esito positivo il giudice emette ordinanza di remissione alla Corte: “emette ordinanza con la quale, riferiti i termini ed i motivi della istanza con cui fu sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso.” Il giudice sospende il giudizio perché per poter avanti ha bisogno della norma di cui la costituzionalità si dubita. Un giudice che non sospendesse il giudizio contraddirebbe la valutazione positiva circa la rilevanza della questione. Nell'ordinanza, che è l'atto introduttivo del giudizio di costituzionalità devono essere indicati: * L'oggetto del controllo, quindi la norma che si ritiene illegittima * Il parametro di giudizio, cioè la norma costituzionale che si ritiene esse violata * motivi per cui la norma A contrasta con la legge costituzionale B Il giudizio si può concludere con due sentenze: * Di accoglimento * Dirigetto SENTENZA DI RIGETTO La questione viene rigettata. Con il rigetto la Corte non dichiara che la norma è costituzionalmente lùlegittima, ma dice che la questione non è fondata. C'è una differenza tra disposizione (testo) e norma (significato che ricavo dal testo). | significati possono essere molteplici. La distinzione è fondamentale per capire che cosa significa che al Corte dichiara che la questione non è fondata. Quando diciamo “questione di costituzionalità” questa si deve articolare in tre punti fondamentali: 1. Norma di legge che si reputa contrastare con la Costituzione regionale dopo che è entrata in vigore, il controllo non è più preventivo ma successivo anche per lo Stato. C'è una asimmetria che è rimasta, che è stata confermata sia dalla corte che dalla scienza giuridica: * il Governo può impugnare una legge regionale quale che sia il vizio di incostituzionalità che fa valere, cioè quando una legge regionale viola una qualsiasi disposizione costituzionale. Il Governo può promuovere la questione di legittimità entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge. E* necessaria la delibera del Consiglio dei ministri a cui segue l'iniziativa del Presidente del Consiglio * la Regione può impugnare una legge statale o una legge di un'altra regione quando lamenti un vizio di incompetenza, cioè quando la legge statale ha violato l'articolo 127, ovvero quando lo stato legifera su una materia di competenza regionale. Anche in questo caso la regione può promuovere la questione di illegittimità entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge. è necessaria la delibera della Giunta regionale cui segue l'iniziativa del Presidente della Regione per lo Statuto regionale vi è un controllo preventivo: il governo può impugnarlo entro 30 giorni dalla sua pubblicazione ai fini notiziari L'articolo 134 conferisce alla corte altre funzioni. CONELITTI DI ATTRIBUZIONE TRA POTERI DELLO STATO La disciplina di questa attribuzione si trova nella legge costituzionale 87 del 1953. Bisogna individuare quali sono i poteri dello Stato: non c'è un elenco, ma un criterio: sono poteri dello stato tutti gli organi e complessi di organi titolari di attribuzioni costituzionali (tutti quegli organi a cui una norma costituzionale attribuisce quelle attribuzioni). Un organo è qualificabile come potere dello Stato se è titolare di funzioni costituzionalmente rilevanti. Il conflitto di attribuzione è lo strumento con cui vengono trasformati in giuridici quei conflitti che prima erano politici l'articolo 37 dice che: “I conflitto tra poteri dello Stato è risoluto dalla Corte costituzionale se insorge tra e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali.” | conflitti possono essere di due tipi: conflitto di vindicatio potestatis> quando un potere lamenta che un potere abbia esercitato una funzione che non gli competeva. Entrambi i soggetti rivendicano per sé l'attribuzione ad emanare l'atto. Sono conflitti rarissimi conflitti damenomazione+ quando il potere ricorrente non rivendica per sé la funzione di un altro potere ma si lamenta del modo in cui quella attribuzione è stata svolta, modo che lede le proprie attribuzioni. Ad es. il parlamento solleva conflitto di attribuzione tra poteri nei confronti del Capo dello Stato perché questo si rifiuta di promulgare la legge, e se questa non viene promulgata non può essere pubblicata ed entrare in vigore. Il Capo dello Sato può rifiutare la legge una volta, ma dopo la seconda il parlamento lamenta che il suo rifiuto illegittimo impedisce al parlamento di esercitare una sua attribuzione di rango costituzionale (quella legislativa). Il parlamento lamenta il modo in cui il Capo dello Stato fa uso di questa funzione, non la rivendica/avoca a sé. (ad esempio per quanto riguarda le prerogative parlamentari: se il giudice non è d'accordo con la Camera circa l'applicabilità dell'articolo 68 solleva il conflitto di attribuzione dei poteri). La legittimazione processuale L'unico organo competente a sollevare conflitto di attribuzione è l'organo deputato a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartiene. Nel caso di poteri strutturalmente costituiti da un unico organo, come ad esempio il Capo dello Stato è semplice: non si pone il problema di individuare il soggetto che ha la legittimazione processuale perché appunto c'è un unico soggetto. Il problema si pone per i poteri complessi, costituiti da più organi, ad esempio il Governo. Vi sono dei poteri non gerarchicamente strutturati: in questo caso la magistratura suole essere definita come un potere diffuso, ovvero qualunque giudice è un organo competente a dichiarare la volontà della magistratura. Nel caso del Governo, invece, si tratta di un potere gerarchicamente strutturato: il soggetto legittimato a sollevare il conflitto di attribuzione e a resistere difronte alla corte è il Consiglio dei ministri, non il singolo ministro. SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO Il giudizio viene introdotto da un ricorso presentato dalla parte che si ritiene lesa alla Corte Costituzionale. Il giudizio inizia con una decisione della Corte circa l'ammissibilità del conflitto, ovvero decide se ci sono i presupposti soggettivi (ovvero che si tratti di poteri dello stato) e oggettivi (ovvero se l'oggetto è un’attribuzione di rango costituzionale). Se il conflitto è ammissibile si procede e la Corte lo risolve con una sentenza: stabilisce a quale potere spetta quella attribuzione e nel caso in cui siano stati emanati atti dall'organo incompetente, ad esempio nel caso di vindicatio potestatis, gli annulla. Nel caso di conflitto per menomazione, determinato per esempio da una condotta omissiva (ad esempio il Capo dello Stato che non promulga la legge), la Corte dirà all'organo interessato di fare il dovuto atto. CONFLITTO INTERSOGGETTIVO | conflitti di attribuzione tra Stato e Regione sono detti conflitti intersoggettivi. Qualunque atto dello stato o della regione può essere oggetto di un giudizio di conflitto di attribuzione? No, la legge sia statale che regionale no. Infatti la sede in cui la Corte giudica della legittimità costituzionale di una legge è il controllo in via diretta, quindi se la regione lamenta l’incostituzionalità di una legge statale, se una regione lamenta che lo stato con una legge statale ha leso le sue attribuzioni di rango costituzionale che derivano dal titolo V, non può sollevare conflitto tra enti ma deve impugnare la legge in un'altra tipologia di giudizio che è quello in via diretta. Stessa cosa vale per lo stato. Gli atti idonei a provocare il conflitto sono: atti amministrativi, singoli atti interni al procedimento di formazione delle leggi, atti giurisdizionali. Il conflitto è introdotto da un ricorso che è ammissibile se c'è l'interesse a ricorrere: il ricorrente deve dimostrare di aver subito una lesione attuale e concreta della sua competenza. Deve essere presentato, sia per Stato che per Ragione, entro 60 giorni dalla pubblicazione o conoscenza dell'atto. La sentenza che decide il conflitto dichiara a che spetta la competenza e nel caso in cui siano stati emanati degli atti dall'organo incompetente questi verranno annullati (vindicatio potestatis) oppure la Corte dirà all'organo di compiere l'atto dovuto (menomazione). PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Requisiti per essere eletto Presidente della Repubblica: ® Averelacittadinanza italiana * Aver compiuto il 50esimo anno di età * Godere didiritti civili e politici La Costituzione prevede un Presidente della Repubblica distinto e autonomo dal Governo. Tuttavia la Costituzione non stabilisce il ruolo complessivo del presidente, si limita a: * Fissare alcune caratteristiche dell'organo * Adattribuirgli alcuni poteri (nominare il Presidente del Consiglio, rinviare le leggi ecc.) * Porre dei limiti all'esercizio di questi poteri, ad esempio l'obbligo che gli atti del Presidente siano controfirmati dal Governo (che in questo modo esercita una funzione di controllo sull’attività del Presidente) ® Sanciree garantire la sua irresponsabilità politica A seconda delle diverse fasi politiche variano sia le modalità dell’esercizio dei poteri presidenziali sia il tipo di potere esercitato. ART.83 “Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.” Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune integrato dai delegati regionali eletti. Cosa si desume da tutto ciò? Da queste maggioranze e da questa composizione allargata dell'organo competente a eleggere il capo dello stato si desume (maggioranza qualificata: deve partecipare anche la minoranza) che l'atto non può essere espressione della maggioranza parlamentare perché il Capo dello Stato, nell’intenzione dei padri costituenti, rappresenta l’unità nazionale cioè l’intera collettività ed è necessario dunque che alla sua elezioni partecipi una fetta del parlamento più ampia di quella che sostiene il governo. Non si scende mai sotto la maggioranza assoluta, quindi il Capo dello Stato non può mai essere espressione della maggioranza parlamentare. questo per garantire la rappresentanza della minoranza. L'elezione comincia per iniziativa del Presidente della Camera che convoca il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali. L'elezione avviene con scrutinio segreto con maggioranza qualificata (2/3 dell'Assemblea), e dopo il terzo scrutinio è richiesta la maggioranza assoluta. Il quorum è elevato, al fine di evitare che il presidente sia espressione della sola maggioranza politica. Una volta eletto, il Presidente giura fedeltà di fronte al Parlamento in seduta comune. Quindi la connotazione garantistica del Presidente della Repubblica la si desume da: ® Maggioranza qualificata o assoluta per l'elezione * Dalla composizione allargata del collegio elettorale: parlamento in seduta comune parlamento in seduta comune+ 3 delegati per ogni Regione In situazioni di normalità il Presidente ha funzione di organo di garanzia esterno al circuito politico. Ma ci sono dei momenti di crisi del sistema politico dove il Presidente svolge una funzione di supplenza del sistema politico. L'indice grazie al quale si capisce il ruolo che il Presidente della repubblica sta assumendo è la durata delle consultazioni: colloqui preliminari alla nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e del Consiglio. La durata delle consultazioni varia in base all'esito elettorale: se è certo il Capo dello Stato non ha margine di scelta e deve nominare il capo del partito/coalizione che ha vinto, si parla quindi di scelta politicamente obbligata; se l'esito è incerto il quadro politico è complicato e di conseguenza diventa difficile per il Presidente della Repubblica scegliere una personalità politica che ottiene la fiducia dalle camere. In questo caso il Presidente ha più margine di manovra e la sua scelta assume una connotazione politica. Il Presidente assume ruolo di supplenza politica anche quando il sistema politico è delegittimato. Il mandato presidenziale dura per 7 anni La cessazione del mandato avviene per: ® Conclusione del mandato e Morte * Impedimento permanente e Dimissioni * Decadenza per perdita di uno dei requisiti di legittimità * Destituzione per reati di alto tradimento o di attentato alla Costituzione che la borghesia vuole è che i pubblici poteri facciano il meno possibile, perché meno lo stato fa meglio è per il soddisfacimento degli interessi di questa classe sociale. IL PRINCIPIO NON INTEVERVENTISTA Principio supremo che ha dei corollari che si ritrovano nel sistema giuridico. -il primo è il principio di eguaglianza in senso formale. Il primo comma dell'articolo 3 dice che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, lingua ecc.: tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. In realtà il significato che si ricava è, nel senso dei cittadini, da intendere in senso ampio, cioè tutti gli uomini. Un principio di questo tipo che si afferma nelle dichiarazioni dei diritti, nelle costituzioni rivoluzionarie ecc., è un principio che pone fine all'istituto giuridico della schiavitù: se tutti gli uomini nascono uguali tutti gli uomini sono soggetti di diritto, quindi non è possibile che vi sia un istituto aberrante come quello della schiavitù che fa dell'uomo non un soggetto bensì un oggetto. Si afferma il proletariato. È quindi una conquista di civiltà giuridica, tuttavia è un istituto che agisce, e non potrebbe essere altrimenti, solo sulle diseguaglianze giuridiche, cioè che hanno la loro fonte/origine in una norma giuridica. Ma di fatto tutti gli uomini sono eguali? La condicio sine qua non per essere un proletario è essere capaci di concludere un contratto. La condizione umana di questi essere uomini che erano ormai soggetti di diritto, e non oggetti, era migliore o peggiore di uno schiavo? Peggiore, perché gli schiavi avevano un valore, i proprietari tenevano a loro e alla loro salute. Il principio di eguaglianza in senso formale è in grado di agire e abbattere unicamente le diseguaglianze di tipo giuridico, non le diseguaglianze di fatto, nel potere economico. Da un punto di vista del diritto liberale il proletario e il capitalista, tra chi dà, chi vende il lavoro (il proletario) e che lo acquista (il capitalista) sono legati da un contratto. E perché vi sia un contratto i contraenti devono essere su un piano di eguaglianza giuridica, ai fini della stipula di un contratto questo deve essere voluto. La volontà è la condicio sine qua non del contratto: se c'è un disaccordo il contratto non si conclude. Formalmente i due sono sullo stesso piano, ma dal punto di vista fattuale/economico i due contraenti sono in posizioni distanti. La condicio sine qua non affinché il sistema economico capitalista possa funzionare è che i protagonisti siano su una posizione di parità, e bisogna mantenere questa eguaglianza giuridica vietando qualunque elemento, istituto, possa incrinare questa assoluta eguaglianza sul piano giuridico. Qual era quindi la ratio giustificativa del divieto di sindacati? | sindacati agivano sul piano fattuale: aumentano il potere contrattuale dei proletari. Cosi anche il divieto penale di sciopero, nell'800 lo sciopero era un reato, perché minava l'eguaglianza giuridico formale trai capitalisti e i proletari, aumentando il potere economico dei proletari. - altro corollario è la nascita dei diritti (soggettivi), riconosciuti dall'’eguaglianza in senso formale. Finalmente in antitesi allo stato assoluto nel quale non esistevano diritti, semmai privilegi, nascono i diritti. | d spettano a tutti gli essere umani, e sono una pretesa giuridicamente tutelata, cioè che si può fare valere giuricamente, che un soggetto ha nei confronti di qualcun altro. Questa pretesa in cosa consiste? Si tratta di diritti di libertà negativa: ciò che i borghesi chiedono allo stato è di non fare nulla. La pretese che il titolare di questi diritti ha nei confronti di questi poteri pubblici e una pretesa di non face, di un atteggiamento astensionista dello stato e dei pubblici apparati nelle questioni socio-economiche. Il borghese chiede al potere pubblico di non fare nulla, ciò che lo stato deve fare è non fare, si deve astenere dall’intervenire in campo sociale ed economico. Tipico diritto di libertà negativa è il diritto di proprietà privata. -Proprio perché lo stato liberale è un apparato al servizio degli interessi della classe dominante, il sistema elettorale che viene stabilito è su base censitaria: soltanto coloro i quali possono dimostrare di avere un determinato censo godono del diritto di elettorale attivo e passivo (quindi possono eleggere ed essere letti). Chi non partecipa al mantenimento della macchina statale attraverso le tasse non può votare. Che soggetti vanno a sedere in parlamento? | borghesi, quindi c'è un elevato tasso di rappresentatività della camera elettiva rispetto al corpo elettorale. Il sistema elettorale cen: o indica la conquista borghese del parlamento, dell'organo legislativo, perché nella camera elettiva siedono borghesi eletti da borghesi. Da questo grande progetto di conquista dei borghesi degli apparati dello stato rimane fuori un organo fondamentale, il Governo. Prima dell’affermazione della fiducia parlamentare il govemo doveva godere della fiducia del Re (esecutivo regio). È successo che, e l'Inghilterra è l'esempio, si è assistito all'allontanamento, alla sterilizzazione politica del re: l'esecutivo prima era regio perché doveva avere la fiducia del re, successivamente per entrare nella piena titolarità delle sue funzioni il Governo doveva godere della maggioranza della camera dei comuni. Si afferma l'istituto della fiducia parlamentare, che altro non sta che a significare la conquista finale dell'apparato statale ad opera della classe dominante: * Il sistemaelettorale censitario consente alla borghesia di avere il pieno controllo della camera elettiva * conlasuccessiva lenta affermazione dell'istituto della fiducia parlamentare si ha la conquista borghese anche del Govemo. Se da un punto di vista funzionale/organico abbiamo due soggetti, da un lato parlamento e dall'altro Governo, in realtà dal punto di vista politico sono tutt'uno. Questo sistema elettorale censitario produce a sua volta altri corollari «altro corollario è la riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali. L'articolo 23 dice che nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Inizialmente il monarca nello stato assoluto decideva di fare, ad esempio, una guerra, e per finanziarla stabiliva una nuova tasse o incrementava la pressione fiscale. Questo non è possibile nello stato liberale perché prestazioni patrimoniali possono essere stabilite soltanto da legge. Perché questo istituto, rimasto nella nostra costituzione, è una forma di garanzia per la classe dominante? Perché le leggi venivano fatte dai borghesi, e quindi tutelavano gli interessi della loro classe che era quella dominante - il pareggio di bilancio. Significa che le uscite non possono superare le entrate, quindi lo stato liberale è uno stato avverso alla spesa pubblica, spende pochissimo perché il bilancio va chiuso in pareggio. Non è possibile che lo stato si indebiti, che le uscite superino le entrate. Per chiudere il bilancio in pareggio bisogna incrementare le entrate di tipo tributario, ma abbiamo visto che questo è impossibile, l'aumento della pressione fiscale nello stato liberale è remota. Quindi non potendo fare ricorso all’indebitamento e incrementando le entrate tributarie, che però non possono essere incrementate se non a condizione che vengano votate con legge, allora significa che il pareggio di bilancio indica l'ostilità dello stato liberale alla spesa pubblica - il sistema tributario è ispirato al principio di proporzionalità: la quantità dei tributi che un soggetto deve corrispondere all’erario è proporzionale al patrimonio posseduto. Il significato profondo di questo principio sarà chiaro quando si illustrerà il principio di progressività che vige nel sistema tributario dello stato sociale. La struttura socio economica è quella capitalista, e la sovrastruttura funzionale al mantenimento è lo stato liberale. Succede quello che Marx aveva previsto. Nell'idea prevalente degli economisti, in particolare Adam Smith, esisteva una mano invisibile che faceva in maniera tale che l'egoismo del capitalismo grazie a questa mano invisibile producesse ricchezza, che la mano invisibile distribuiva alla società. Più il capitalista persegue il proprio interesse più contribuisce ad aumentare la ricchezza sociale. Ma non fu così: crisi del 1929 dovuta alla sovrapproduzione. C'è un fenomeno di concentrazione eccessiva della ricchezza, da un lato i capitalisti sono sempre meno ma sempre più ricchi, dall'altro lato c'è un'eccedenza di manodopera disoccupata. Questo si traduce in una crisi della domanda, perché nessuno è in grado di comprare/consumare questi prodotti, c'è una crisi dei consumi. Il capitalista sostituisce l'operaio con la macchina, lo fa lavorare di più ecc. Il mercato lasciato all'egoismo del capitalista produce oligopoli. Difronte a questa crisi drammatica, gli istituti giuridici dello stato liberale erano in grado di porre rimedio? No, perché il faro dello stato liberale era il principio non interventista. STATO SOCIALE Ci voleva l'intervento del diritto dell'apparato pubblico, dalle ceneri dell'apparato liberale inidoneo a risollevarsi dalla crisi del 29 nasce lo stato sociale. Il principio cardine che ispira l’azione dello stato sociale è il principio interventista: lo stato deve intervenire il più possibile in campo sociale ed economico. Non c'è nessuna rivoluzione (no stato socialista), la borghesia aveva capito che lasciato a sé stesso il mercato crea danni (monopoli, oligopoli, disparità sociali ed economiche). Lo stato sociale non è altro che una gigantesca macchina giuridica volta a ridistribuire il surplus di ricchezza. C'è bisogno di ricostituire la capacità di consumo dei ceti meno abbienti, e quindi lo stato interviene in campo economico. Anche nello stato sociale possiamo individuare una serie di istituti/principi che sono il logico corollario del principio interventista: -nello stato liberale il principio di eguaglianza formale agiva solo sulle diseguaglianze giuridiche, non fattualileconomiche. Nello stato sociale abbiamo il pri di eguaglianza sostanziale (Il comma articolo.3): “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva ‘partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Il significato più semplice è che in virtù del principio di eguaglianza sostanziale, le diseguaglianze di fatto, economiche, non sono più giuricamente irrilevanti, ma sono situazioni a cui porre rimedio perché questi ostacoli impediscono la partecipazione dei cittadini alla organizzazione politica ma innanzitutto economica e sociale del Paese. Bisogna ricostituire la capacità di consumo dei ceti meno abbienti, senza la quale gli appartenenti non sono in grado di consumare i prodotti che l'economia di mercato è in grado di produrre. Non si propone di cambiare l'assetto socio-economico. Bisogna eliminare le diseguaglianze economiche che sono tali da inceppare l'economia di mercato. -Il fine dell'intervento è ricostituire la capacità di consumo dei ceti meno abbienti. Cosa si fa? Innanzitutto lo stato tramite l'intervento diretto diventa imprenditore, nasce lo stato imprenditore, acquista tutte le aziende sull'orlo del fallimento che però sono strategiche da un punto di vista economico. L'Italia è un caso di scuola: lIRI, l'ENI ecc., erano tutte imprese pubbliche, erano soggetti proprietari di innumerevoli società. Tutto il sistema bancario italiano era pubblico. Poi ci sono degli interventi indiretti. Alcuni hanno natura meramente regolativa, altri hanno una natura economico-finanziario (strumenti con cui lo stato sovvenziona l'economia, aiuti di stato alle aziende). -nello stato liberale si hanno i diritti di libertà negativa, invece nello stato sociale abbiamo la nascita dei diritti sociali o ertà positiva: conferiscono ai loro titolari una pretesa ad un facere dello stato. Nascita dell'istruzione pubblica, della sanità pubblica, del sistema previdenziale. Tipico diritto sociale è il diritto allo studio. Però i diritti sociali in quanto diritti ad un intervento dello stato sono diritti che costano. Costruire gli ospedali costa, assicurare previdenze e assistenze sociali costa, quindi lo stato sociale è uno stato che spende molto. Lo stato sociale spende molto per acquistare pezzi sempre più grandi del capitalismo italiano, per sovvenzionare l’imprenditorialità privata. - la finanza pubblica, che ha due lati: le uscite e le entrate. Per quanto riguarda le entrate, il sistema tributario assume a proprio principio fondamentale il principio di progressività (che troviamo nella nostra costituzione): il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Sostanzialmente più si è ricchi più si viene tassati, il peso fiscale aumenta con l'aumentare della ricchezza. La percentuale delle aliquote aumenta all'aumentare della ricchezza Non tutte le tasse sono progressive (ad e.s IVA). Perché il principio al quale si ispira il sistema tributario nello stato sociale è, e non potrebbe essere altrimenti, il principio di progressività? Più si è ricchi più la propria ricchezza costituisce un rischio per il buon funzionamento del mercato, e onde evitare l'accumulare della ricchezza lo stato interviene tassando maggiormente i più ricchi. E utilizza quelle entrate tributarie per costruire gli ospedali ecc. Per quanto riguarda le uscite, abbiamo detto che lo stato sociale è uno stato che spende molto (anche perché l'impresa pubblica mediamente è inefficiente perché sa di non poter fallire, e quindi lo stato spende per evitare il fallimento di imprese pubbliche), da dove prende i soldi? Lo fa tramite le entrate di natura tributaria innanzitutto, però non sono sufficienti allo scopo di finanziare la spesa pubblica. Si fece allora ricorso all'indebitamento, lo stato contrae debito pubblico. Si parla di politica del disavanzo cronico: non era visto in maniera negativa dagli economisti. Più lo stato spende, maggiore è la spesa pubblica, maggiore è la capacità di contribuire al consumo dei meno abbienti. Più lo stato si indebita, più spende, più spende più aumenta la ricchezza sociale e quindi aumentano le entrate tributarie. Tramite le entrate tributarie lo stato riuscirà a ripagare il debito contratto. Stato si indebita spende di più> aumenta la ricchezza sociale aumentano le entrate tributarie> lo stato riesce a ripagare il debito Male cose non sono andate così, come si è visto negli anni 80. Per essere sostenibile il debito bisogna avere delle entrate tali a ripagare il debito contratto e gli interessi. Se chiedo dei soldi devo avere delle entrate tali per cui il rischio di insolvenza non sia elevato. Affinché il debito pubblico sia sostenibile è necessario che il PIL (prodotto intemo lordo), ovvero la ricchezza nazionale prodotta, sia di identità tale da consentire allo stato sia da ripagare in capitali e interessi il debito contratto. Che cosa sarebbe dovuto accadere? La spesa pubblica era uno strumento di stimolo dell'economia, al quale lo stato sociale affidava l'aumento della domanda. L’indebitamento doveva servire a consentire un elevato livello di spesa pubblica e quindi un elevato PIL che portava ad un aumento della domanda. o il rapporto debito pubblico — PIL non può eccedere il 60% La spesa pubblica ha una funzione anti-ciclica, e ammette che il bilancio possa essere chiuso in disavanzo, purché questo non sia eccessivo. Le novità seguite all'avvento dello stato regolatore sul piano delle disposizioni costituzionale sono particolarmente evidenti per quanto attiene la finanza pubblica. Nel 2012 una legge costituzionale ha completamente riscritto l'articolo 81: “Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.” L'indebitamento nello stato sociale veniva caldeggiato, qui invece il ricorso all'indebitamento è un fatto eccezionale: il governo può adottare nuovo debito solo se autorizzato delle Camere a maggioranza assoluta. Nelle fasi avverse del ciclo economico è necessario che lo stato spenda e che magari contragga debito, qui si vede che non è una riedizione del pareggio di bilancio. ART.119 ultimo comma: le Regioni possono ricorrere a indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Pone un divieto a tutela delle generazioni future: se contraggo un debito oggi, le ricadute benefiche di questo indebitamento sono immediate. Le generazioni future non sentono/godono dei benefici, ma sono coloro che dovranno ripagare il debito contratto, anche se non ne hanno beneficiato. Una spesa di investimento è: mi indebito per finanziare la costruzione di una rete in fibra ottica per tutta la Regione. Gli effetti benefici ricadono sulle generazioni future. ART.2 - DIRITTI INVIOLABILI “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Che cosa c'è di implicito nell'utilizzo del verbo “riconoscere”? adesione dei padri costituenti al giusnaturalismo, secondo il quale vi sarebbe dei di inviolabili che pre-esisterebbero al diritto stesso, che si limita a riconoscerli non ha crearli. | diritti soggettivi non vengono creati dal diritto oggettivo. Il prof è contrario a questo tipo di lettura (è un giuspositivista > i diritti non pre-esistono al diritto oggettivo, sono frutto di questi. Esistono e sono garantiti dal diritto oggettivo). ART.13 (diritto libertà negativa) - LIBERTA’ PERSONALE Art.13 | comma: “La libertà personale è inviolabile.” Libertà personale, fisica, che viene qualificata come inviolabile. Che cosa significa inviolabile? “Diritto inviolabile” è un ossimoro, tutti i diritti non possono essere violati. “Inviolabile” potrebbe essere un indice della riconducibilità dell'articolo 13 al novero di quelle disposizioni che non possono essere modificate nemmeno tramite procedimento di revisione costituzionale. L'articolo 13 fa parte di quei principi che non possono essere violati. La libertà di persona è un diritto che non può essere violato ma può essere compresso. Per comprimerlo, è necessario che il provvedimento restrittivo venga adottato con delle garanzie. Nel Il comma si individuano gli strumenti posti a tutela del diritto di libertà personale: La libertà personale è inviolabile: “Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge” Qualunque atto dell'autorità pubblica che incida negativamente e comprima la libertà personale non è legittimo salvo che: -Se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria -nei soli casi e modi previsti dalla legge Sono quindi posti due strumenti di garanzia: e riserva di legge> l'atto restrittivo della libertà può essere adottato solo nei casi e nei modi previsti dalla legge. Perché la legge rappresenta una garanzia? La legge è un atto del Parlamento ed è approvato dalla maggioranza ma è sottoposto comunque all'influenza dell'opposizione che svolge una funzione di contrasto, di bilanciamento nei confronti della maggioranza. Inoltre le sedute sono pubbliche e quindi controllabili dall'opinione pubblica. La funzione garantistica dei padri costituenti in realtà era diversa. In quei tempi la forma di Governo era dualistica e di conseguenza il Governo non doveva avere la fiducia dalle camere. L'esecutivo non doveva godere della fiducia della camera ma dal re. Quindi la distinzione tra legislativo ed esecutivo non è solo come oggi funzionale perché il govemo rappresentava l'aristocrazia mentre il parlamento la borghesia, quindi la legge risulta un atto espressivo di un organo separato dall'esecutivo. Vi è una netta separazione. L'esecutivo rappresenta l'aristocrazia e doveva avere la fiducia del re, mentre il legislativo rappresenta la borghesia. La legge individua le fattispecie astratte, spetta poi all'autorità giudiziaria (prima requirente e poi giudicante) verificare se quella fattispecie sia concretamente verificabile. Può Ja legge stabilire qualsivoglia fattispecie legittimante l'adozione di provvedimenti restrittivi? la costituzione ha dato carta bianca alla legge? ovviamente ci sono dei limiti. Le restrizioni di un diritto possono essere contemplate solo per salvaguardare interessi di natura parimenti costituzionale, la limitazione deve essere funzionale a garantire interessi o diritti garantiti da altri art. della costituzione. La restrizione deve avere un collegamento con un diritto o interesse di natura costituzionale. e riserva giurisdizionale tra tutte le possibili autorità l’unica in grado di applicare nel concreto la previsione di legge è l'autorità giurisdizionale, non quella amministrativa. Gli atti restrittivi della libertà personale devono essere adottati per atto motivato dell’autorità giurisdizionale. Perché è una garanzia? Perché la magistratura è un organo autonomo dalla politica, non è influenzato dalla politica. La valutazione in questo modo è oggettiva/obbiettiva Quali sono i soggetti pubblici deputati all'applicazione del diritto? Sono due: la magistratura e la pubblica amministrazione (P.A.). La pubblica amministrazione statale è organizzata in ministeri, che sono dipendenti dai ministri, a loro volta organi politici riconducibili al complesso Governo- maggioranza parlamentare. L'articolo 104, infatti, dice che la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (sostanzialmente dalla politica, dal binomio Governo-maggioranz a). Onde evitare che un provvedimento così delicato possa essere adottato da un organo sottomesso ad un organo politico, l'articolo 113 prevede che il provvedimento di limitazione della libertà debba essere preso dalla magistratura, organo autonomo che permette una valutazione oggettiva. Questa è la disciplina normale, che vale di norma. Ci sono dei casi in cui questa disciplina non è applicabile. Art.13 III comma: “In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.” Ci sono dei casi in cui non si può attendere che il giudice adotti un provvedimento restrittivo. Ad esempio nel caso di flagranza di reato bisogna intervenire immediatamente. > Caso del rapinatore che viene colto nell'atto di scassinare il bancomat. In quel caso non si può e non si deve attendere il provvedimento limitativo della libertà del reo. In questi casi può immediatamente intervenire l'autorità di pubblica sicurezza. Però il provvedimento limitativo adottato dall'autorità di pubblica sicurezza deve essere comunicato entro 48 ore alla autorità giudiziaria che deve convalidarlo, in caso contrario il provvedimento viene revocato e resta privo di ogni effetto. ART.14- LIBERTA’ DI DOMICILIO “Il domicilio è inviolabile. Che cosa intende per domicilio? C'è una definizione civilistica: è il luogo in cui un individuo ha stabilito la sede principale dei propri affari. C'è poi la residenza, che è il luogo in cui un soggetto abitualmente/stabilmente dimora. Poi c'è la definizione penalistica di domicilio: corrisponde a quella di dimora, ovvero qualunque luogo in cui un soggetto si trovi anche occasionalmente a dimorare. A quale delle due nozioni ha fatto riferimento l’articolo 14? La nozione civilistica è molto più restrittiva rispetto a quella penalistica. La nozione costituzionalistica di domicilio coincide con quella penalistica, quindi qualunque luogo in cui anche occasionalmente un soggetto si trovi a dimorare. Deve essere un luogo in cui l'individuo riesca a isolarsi dall'ambiente circostante (ad esempio non potrà essere una cassa di cristallo, o il balcone). Le garanzie che l'articolo prevede per il domicilio sono: (rinvio all'articolo 13) “Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.” * riservadi legge * riserva giurisdizionale si applica sia la disciplina normale che quella eccezionale di cui all'articolo 13. C'è una particolarità, l’ultimo comma dice che: “Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali” È possibile, in via normale, che un provvedimento limitativo della libertà di domicilio possa essere adottato dall'autorità di pubblica sicurezza (solo però per quanto riguarda l'ispezione e accertamenti). Ad esempio la guarda di finanza, che è l'autorità normalmente competente ad effettuare queste ispezioni nel domicilio. La guardia di finanza è sottoposto a un ministero, quindi un organo politico. Nonostante ciò il provvedimento limitativo della libertà domiciliare normalmente è, se ci sono i presupposti fiscali, adottato da un soggetto gerarchicamente sottoposto ad un organo politico. ART.15- SEGRETEZZA E LIBERTA’ DELLA COMUNICAZIONE “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili” Si tratta di fattispecie che vanno distinte da altre, disciplinate dall’art.21 che tutela invece il diritto di manifestare il proprio pensiero. A seconda che un individuo manifesti o comunichi il pensiero si applicherà l'articolo 21 nel primo caso (manifestazione), e l'articolo 15 nel secondo caso (comunicazione). Cosa potrebbe distinguere una comunicazione da una manifestazione del pensiero? La distinzione sta nel fatto che il mezzo utilizzato per esprimere il proprio pensiero sia un mezzo idoneo o meno a garantire la segretezza dalla comunicazione. Ci vuole innanzitutto la volontà ma anche il mezzo che deve essere idoneo. L'utilizzo della cartolina esprime sicuramente la volontà di comunicare il proprio pensiero, ma non è il mezzo idoneo affinché quel pensiero rimanga segreto. -La comunicazione del pensiero è quella fattispecie che si verifica allorquando il soggetto comunica il pensiero ad uno o più individui. -La manifestazione del pensiero è quella fattispecie che si verifica allorquando il pensiero viene manifestato. L'articolo 21 parla di mezzi di diffusione del pensiero, in questo caso l'intento del soggetto è quello di far giungere alla più ampia cerchia di individui il proprio pensiero. strutturata gerarchicamente in modo rigido (che richiama la gerarchia militare). È necessario che al profilo organizzativo dell’associazione si aggiunga il fine: scopi politici. (Esempio, camice nere) ART 19- LIBERTA’ DI CULTO “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume “ Si disciplina l'aspetto individuale, tutti hanno libertà di professare la propria religione. L'unico limite che pone la Costituzione è quello relativo ai riti che contrastino il buon costume. Nel diritto costituzionale il buon costume è inteso come morale sessuale Vi è un aspetto istituzionale del quale si occupano due disposizioni costituzionali: o ART.7 o ART.8 Art 7 >disciplina dei rapporti tra Stato e Chiesa cattolica. - Icommai:Lo Stato e la Chiesa sono due ordinamenti giuridici indipendenti. Sembra prefigurare uno stato laico. - Il comma. | rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi, dei trattati internazionali. Le modificazioni dei patti, accettate tra le due parti, non necessitano del procedimento di revisione costituzionale. Questo significa che i patti lateranensi ricevono, in qualche modo, un trattamento di favore rispetto agli altri trattati internazionali, perché lo stato può violare o modificare ma è responsabile sul piano internazionale, mentre sul piano interno non sorgono problemi di costituzionalità (fino al 2001). Per i patti lateranensi, che altro che non sono che trattati internazionali tra stato italiano e chiesa cattolica, invece l'art 7 fin dal 1948 prevedeva un'altra disciplina: se lo stato italiano avesse provato a modificare i patti lateranensi unilateralmente con una legge, senza attendere il consenso la chiesa cattolica, tale legge sarebbe stata costituzionalmente illegittima, perché per la modificazione dei patti in via legislativa si può intervenire solo previo accordo con la chiesa cattolica. La legge che ha recepito i patti lateranensi può essere modificata unilateralmente solo con il procedimento di cui all'art 138. Tale legge è atipica, cioè ha una capacità di resistenza all'abrogazione superiore a quella tipica delle altre leggi. Le modificazioni dei patti lateranensi accettate dalle due parti non richiedono procedimento di revisione, cioè: © setu stato italiano modifichi i patti di comune accordo la legge che recepisce i patti e il contenuto dell'accordo può modificare i patti © Setustato italiano modifichi unilateralmente una norma che ha recepito i patti non lo puoi fare con legge ma solo con legge di revisione costituzionale anche se la legge che ha recepito i patti lateranensi nel 29 sia una legge ordinaria. Adesso, dopo 2001 si potrebbe dire che per tutti i trattati internazionali è così, perché la legge statale che va a modificare un trattato internazionale senza accordo con gli stati viola indirettamente l’art. 117 (rispetto obblighi comunitari). Se si può dire che il trattamento dei patti lateranensi dopo il 2001 è stato equiparato a quello dei trattati, di sicuro non è stato equiparato il rapporto tra stato e confessioni cattoliche e tra stato e confessioni acattoliche (diverse da quelle cattoliche) che sono disciplinate dall'art. 8. Art.8> si occupa delle confessioni acattoliche, tutela l'aspetto istituzionale. | rapporti tra lo stato e le confessioni acattoliche sono disciplinati dalla legge su intese. L'intesa è la condicio sine qua non per l'adozione di questa legge. La legge deve avere alle spalle un'intesa, ma non vi è l'obbligo giuridico di trasferire il contenuto dell'intesa nella legge. In uno stato laico le confessioni religiose hanno eguale libertà e eguale trattamento, ma in Italia non è così perché vi sono due articolo che disciplinano in maniera quasi differente le religioni cattoliche e le religioni acattoliche, ergo l’Italia non è uno stato laico ART 21- DIRITTO DI MANIFESTARE IL PROPRIO PENSIERO È uno dei diritti più rilevanti. È un po' strano che questo diritto, che costituisce la pietra angolare del sistema democratico, non sia qualificato come inviolabile. Che cosa resterebbe della costituzione italiana e dell'ordinamento democratico qualora venisse completamente eliminato questo diritto? Avremo un sistema completamente differente, ad esempio la Costituzione priva della norma che disciplina il Cnhel (comitato nazione dell'economia e del lavoro) è la medesima, qua invece saremmo difronte al primo passo di un colpo di stato volto all'istituzione di uno stato totalitario. L'articolo 21 non tutela solo le manifestazioni del pensiero a contenuto politico. Il | comma recita che tutti (cittadini e non) hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero oralmente, in modo scritto ecc. Il contenuto della libertà è amplissimo: viene tutelata qualunque manifestazione, non solo quelle a contenuto politico. Siamo al cospetto di una manifestazione del pensiero. Tant'è che il I comma fa riferimento ad ogni mezzo di diffusione del pensiero, quindi bisogna distinguere la comunicazione e la manifestazione. Ci sono dei limiti? Bisogna sempre tenere conto che i diritti, costituzionali compresi, convivono con altri diritti, e quindi di necessità vengono limitati. L'esercizio di un diritto potrebbe violare un altro diritto, e di qui la necessità di far convivere questi diritti, i diritti vanno bilanciati. Nel caso di conflitto tra diritti/interessi costituzionali si fa un bilanciamento in base al principio di ragionevolezza, attraverso il quale viene attribuito un peso diverso ai diritti (ad.es: l'aborto è legittimo al fine di tutelare il diritto alla salute della madre, che prevale sul diritto alla vita del nascituro) L'unico limite esplicito è all'ultimo comma: “sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.” Al buon costume si attribuisce il significato di morale sessuale. È quello che si suole definire un concetto valvola: la morale sessuale evolve nel tempo, ciò che 50 anni fa si riteneva violasse la morale sessuale oggi non lo è. È un concetto che consente al limite di adeguarsi ai cambiamenti circa i costumi sessuali della società, non ha un significato stabile e prestabilito Perché questo è l'unico limite esplicito che i padri costituenti hanno inserito? C'è una spiegazione psicologica, inconscia. Gli uomini che hanno scritto la costituzione hanno vissuto tra fine 800 e inizio 900, e per loro il sesso era un tabù, e quindi individuavano nella morale sessuale le fondamenta del sistema. La manifestazione artistica non incontra il limite del buon costume Ci sono però altri limiti. Manifestando il proprio pensiero si possono ledere altri interessi di natura pubblica o individuale. Ad esempio noi abbiamo delle norme penali che individuano delle fattispecie di reato che si realizzano attraverso forme di espressione del pensiero, i cosiddetti reati di opinione, ovvero quando un diritto si trasforma in un illecito penale. Vi sono dei casi in cui manifestare la propria opinione non è un diritto, ma concretizza una fattispecie di reato. Limitandosi a leggere l'articolo 21 la conclusione che se ne trae è che il codice penale laddove contempla questi reati, e quindi vieta questa manifestazioni del pensiero, è costituzionalmente illegittimo, in quanto va a colpire manifestazioni del pensiero che non ledono il buon costume. Questi reati di opinione non vanno in alcun modo a ledere il buon costume, e sono ad esempio il vilipendio, diffamazione, ingiuria ecc. Questi reati di opinione sono tutti stati impugnati difronte alla corte costituzionale, la quale ha detto che non sono costituzionalmente illeciti in quanto non ledono il buon costume. Che ragionamento ha fatto la Corte Costituzionale? Un diritto costituzionale può essere limitato solo a condizione che la limitazione sia necessaria allo scopo di tutelare un qualche altro interesse di natura costituzionale, sia questo interesse un diritto sia un interesse generale/pubblico. Per l'ingiuria e la diffamazione la ratio giustificativa dell'illecito penale, tale per cui consentiva di non dichiararne l'illegittimità costituzionale, era la necessità di tutelare l'onore (un diritto), quando abbiamo a che fare con reati tipo il vilipendio si deve tutelare un interesse pubblico, cioè le norme di legge che prevedono i reati come il vilipendio non sono incostituzionali perché limitano un diritto costituzionale al fine di tutelare un interesse pubblico di natura costituzionale. Il ragionamento che accompagna tutti i reati di opinione è che si tratta di interessi di rango costituzionale che vanno tutelati, anche a dispetto del diritto di manifestazione del pensiero. L'articolo 21 | comma parla di mezzi di diffusione del pensiero. L'unico di cui si occupa esplicitamente è la stampa, ma al di là di questo, mettiamo l'accento su questa problematica dei mezzi di diffusione del pensiero. C'è una problematica peculiare: è chiaro che l’incisività, la capacità di influenzare l'opinione di altri con la propria opinione è variabile in base al mezzo che si utilizza per esprimere il pensiero. Un conto è se esprimo la mia opinione al bar, un conto è se esprimo la mia opinione tramite tv, stampa, radio ecc. Stampa divieto di sottoporre la stampa a controlli preventivi, cioè di introdurre autorizzazioni o censure. È ammesso il sequestro, un provvedimento di ritiro della stampa successivo alla sua pubblicazione. Le garanzie a tutela del sequestro sono: riserva di legge assoluta e la riserva di giurisdizione. Con l'avvento di Internet non c'è più il problema di consentire a più persone possibile di esprime la propria opinione, ma il vero problema è quello delle fake news, dei negazionisti ecc. Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (direttiva) disciplina le comunicazioni telematiche. Disciplina tutte le comunicazioni elettroniche, noi ci concentriamo sulla disciplina che questo atto normativo dedica a internet. Le finalità della disciplina sono all'articolo 1(Il comma): * realizzare un mercato unico europeo delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica * garantire la fomitura in tutta l'Unione di servizi di comunicazione elettronica di buona qualità accessibili al pubblico e a prezzi abbordabili. Le telecomunicazioni sono un'attività economica, tuttavia sono attività economiche sui generis, il cui svolgimento incide in maniera profonda sulla vita della generalità degli individui. Se questo è l'obbiettivo della direttiva, come si raggiunge? È un'applicazione del principio dell'economia sociale di mercato. -Il primo strumento individuato tramite il quale conseguire l'obbiettivo è quello della realizzazione di una reale concorrenza. Affinché ci sia una effettiva possibilità di scelta è necessario che ci siano più fornitori di servizi di accesso a internet. - non più come in passato il soddisfacimento delle esigenze di giustizia sociale è affidato al monopolio legale come nello stato sociale, ma il compito si affida al mercato. La concorrenza deve essere efficace e rendere una possibilità effettiva di scelta. Laddove il mercato non sia in grado, dice la direttiva, bisogna disciplinare anche i casi in cui il mercato non è capace di raggiungere i fini e quindi c'è la necessità di un intervento sussidiario della mano pubblica. Se il mercato competitivo è un mercato che non esiste in natura, va regolato tramite una regolazione che non miri a creare monopoli o oligopoli legali, ma il cui fine è tutelare o promuovere la concorrenza. Va da sé che questo tipo di regolazione è opportuno che non venga affidata ad una autorità politica o dipendente da un organo politico, ma ad autorità amministrative indipendenti. La direttiva precisa che queste autorità nazionali devono essere indipendenti: * Dalsettore economico regolato, non devono essere influenzabili dai soggetti che operano nel mercato. * Dalla politica. Durante lo stato sociale l'autorità di regolazione era il ministro, qui invece l'autorità di regolazione deve essere indipendente dalla politica oltre che dai soggetti che operano nel mercato. Deve essere una regolazione tecnica, immune dagli interessi della politica soggetta alle necessità rilevanti dal ciclo elettorale, che potrebbe essere indotta a prender decisioni drammatiche nel medio-lungo periodo. Molti dei componenti vengono nominati dai presidenti della Camera e del Senato.
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