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Montale: Poesia e Oggetti - La Poesia di Eugenio Montale, Appunti di Italiano

Italian PoetryItalian LiteratureEugenio MontaleModern Italian Literature

Biografia e analisi della poesia di Eugenio Montale, con focus sulla sua prima raccolta 'Ossi di seppia' e poesie come 'La foglia di riarsa', 'I limoni', 'Meriggiare pallido e assorto' e 'Spesso il male di vivere ho incontrato'. Montale e la sua poesia distaccata dai simbolisti, con un focus su oggetti e la disarmonia. La poesia come risposta al male di vivere e la salvazione offerta dalla cultura e dalla donna.

Cosa imparerai

  • Come Montale vede la poesia come risposta al male di vivere?
  • Come Montale descrive la poesia e i suoi oggetti?
  • Che argomento principale tratta la poesia di Montale?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 22/02/2022

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Montale: Poesia e Oggetti - La Poesia di Eugenio Montale e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! MONTALE Liguria, Cinque Terre, dove Montale trascorre le sue estati. Luogo che ritroviamo ne “Gli ossi di Seppia”. Fa studi irregolari anche a causa di una cattiva salute, si diploma in un istituto commerciale. È molto bravo a cantare, studia anche canto ma non riesce a concludere gli studi nel conservatorio, è una passione che però lo accompagna. Nel 1925 esce la sua prima raccolta di poesie “Ossi di seppia”, la pubblica un antifascista che si chiama Pietro Gobetti. Montale firma il manifesto degli intellettuali antifascisti redato da Croce. In questi anni lui è anche colui che scrive un articolo saggistico che da risalto alla “Coscienza di Zeno”. Si trasferisce poi a Firenze, prima lavora in una casa editrice, poi riceve l’incarico di essere direttore nel Gabinetto Vieusseux, ma sono anni in cui si va ad affermare il partito fascista. Lui decide di non firmare la tessere, cosa obbligatoria e quindi perde l’incarico. Collabora con “Solaria”. Collabora poi “Le occasioni” nel 1939. Ci sono poi gli anni della guerra, sostiene la guerra, ma la sua militanza politica cade subito, perché pensa che siano tutte chiacchiere. Nel 1948 si trasferisce a Milano e inizia a scrivere ne “Il corriere della sera” e scrive molti articoli. Nel 1956 esce la sua terza raccolta “La bufera e altro”. C’è un periodo di pausa. Torna a scrivere quando muore la moglie (mosca delle sue poesie), Drusilla. È tormentato dal fatto che possa dimenticare il volto di sua moglie. Comincia poi ad ottenere riconoscimenti importanti, nel 1967 diventa Senatore a Vita, nel 1975 ottiene il Nobel per la letteratura. È molto umile, dice che il poeta è una persona normale. All’inizio dice che i poeti possono dire quelli che non sono. In un discorso che pronuncia alla radio nel 1951, dice che la sua poesia tratta della condizione umana in se considerata. Non legata a un preciso momento storico che è transitorio, passa velocemente. Questo non significa estraniarsi. Dice di non essere stato un fascista, non ha scritto poesie per il fascismo ma nemmeno contro il fascismo, perché questo è legato a una situazione storica. La poesia si deve occupare della condizione umana, anche condizione individuale, psicologica; non nasce però solo dall’estraniamento. DISARMONIA, parola chiave della sua poetica. Dice di aver avvertito la disarmonia, perché era psicologicamente debole, questa disarmonia ha a che fare non solo con lui, ma a che fare con l’angoscia del mondo moderno, è il male di vivere. C’è tanta filosofia dell’esistenzialismo. Dice che non si deve rinunciare all’idea che la vita debba avere un significato, la sua poesia va a cercare un significato. Si va a cercare il possibile miracolo, spiraglio che consente di andare al di la delle apparenze. Non si riesce però a trovare, perché il muro ha in cima dei cocci aguzzi di bottiglia, perciò non si può scavalcare, è impossibile. Il tempo si ripiega allora su di sé. Non c’è consolazione nemmeno nella memoria, l’anima è un animo informe, frammentata. Forse nell’indifferenza si può trovare una provvisoria consolazione, forse. Il male di vivere, i sentimenti, trovano espressione attraverso degli oggetti. Montale: poetica degli oggetti, lontani dai simbolisti. Si vanno a cercare degli oggetti che sono il concetto che se stessi che rappresentano. “La foglia di riarsa” oggetto che da un concetto, non è come, sembra, o altre figure; è. Oggetto che diventa il concetto che vuole rappresentare. Si allontana da molti suoni di altrui poeti, i suoi suoni sono aspri e duri che devono dare l’idea della disarmonia. Legati al paesaggio della Liguria, molto frammentato. Oggetti indicati in modo preciso (Pascoli, Gozzano che fa cozzare l’aulico con il prosastico). Ignora lo sperimentalismo del primo novecento, i suoi versi sono spesso endecasillabi anche se modifica il ritmo. Poesie che hanno sempre una certa struttura, logica. Mescola tanti registri linguistici, aulico con il quotidiano. “Ossi di seppia” Ciò che il mare lascia sulla spiaggia come un detrito. Poesie fatte di oggetti che sono detriti, tutto è scabro come il paesaggio Ligure. Poesia che sta un po’ a sé. “I limoni” pagina 155 Il tono utilizzato è piuttosto colloquiale, Montale si rivolge ai lettori con “ascoltami”, cerca un dialogo. Idea di intrecciare un colloqui con il lettore. Poesia che vuole essere diversa rispetto a quella di D’Annunzio, i poeti laureati, quelli che rappresentano la gloria poetica e che usano nomi piuttosto ricercati. Invece Montale cerca lungo i fossi dove ci sono ragazzi che prendono un’anguilla (considerata bellissima da montale). I suoni non sono dolci, sono aspri. Montale va cercando l’albero del limone, pianta molto frequente in Liguria, che restituisce un paesaggio molto comune. Poesia che non canta paesaggi ameni, ma che parla di luoghi semplici e quotidiani. Anche l’anguilla non è un animale illustre. Anche ai poveri, cioè ai poeti non laureati, tocca la loro parte di ricchezza che si tratta di una pianta i limoni. Sentendo l’odore dei limoni, sembra tacersi la guerra dentro di noi, quasi per miracolo. In questa atmosfera sembra che le cose sembrano tradire il loro profondo segreto, sembra che si riesca a cogliere la verità, sembra che ci sia uno sbaglio nella lettura. Sembra che ci troviamo nel mezzo della verità. Sembra che ci sia la speranza per uscire dalla disarmonia, sembra che sia possibile una liberazione. Sembra che si possa aprire questo passaggio dando fastidio alla natura. Ma al verso 37, l’autore dice che l’illusione manca; non siamo più nell’orto dei limoni ma siamo nella città, dove di quel azzurro che era il teatro degli uccelli, ora vediamo solo un cielo spezzato dai palazzi. Lo spiraglio è ingannevole, la luce si fa avara e amara (paronomasia). Si può intravedere una possibilità, un giorno da un portone mal chiuso si può intravedere il giallo dei limoni, e il gelo del cuore si scioglie e in petto sentiamo le canzoni, vediamo della chiarezza, sentiamo la gioia della solarità. Questo solo se si riesce a intravedere uno spiraglio. “Portami il girasole”, pianta poco ricercata, molto banale, ma semplice. “Non chiederci la parola” pagina 159 Manifesto di poetica, poetica presentata al negativo per la presenza del “non”. Una conoscenza che avviene tutta al negativo, il non condensa in se il significato, si ripete in tutta la lirica. La poesia non ha risposte da portare, certe, sicure, se non risposte che sono al negativo. Noi possiamo dirti quello che non siamo, quello che non vogliamo. L’uomo comune, il conformista non si pone domande e se ne va sicuro, amico a se stesso senza conflitti interiori o esteriori, non si preoccupa del fatto che la sua ombra sia stampata su un muro (muretti della Liguria). Non si preoccupa di questo, realtà difficile, disarmonica. C’è uno schema di rime. La poesia non è una formula magica che può alludere al significato ultimo della conoscenza, bensì è qualche storta sillaba e secca come un ramo, versi duri. Non è un linguaggio lirico, bensì antilirico. Possiamo risponderti solo al negativo, dirti ciò che non siamo. “Meriggiare pallido e assorto” pagina 161 Poesia che risale al 1916, si trova l’idea dell’attraversamento del paesaggio, ma un paesaggio aspro, non come quello dei limoni. Meriggiare (il primo pomeriggio) fa pensare molto a una poesia aulica. Ci sono suoni molto duri, non levigati. Mareggiare vicino al muro di un orto, un muro rovente che bacia a causa del sole, e ascoltare tra pruni e sterpi. Paesaggio che fa venire in mente il paesaggio della selva dei suicida di Dante. Suoni molto aspri e duri. Mentre è li osserva le file delle formiche che ora si rompono e ora si intrecciano. Osserva anche le onde del mare, onde che diventano scaglie, il canto delle cicali (diverse dalle cicale della “Pioggia nel pineto” di cogliere, non si rendono conto del sole freddoloso e dell’ombra scura del nespolo. Il tema centrale è l’arrivo della donna angelicata e salvifica, che visita il poeta e gli porta salvezza. A differenza di Beatrice, le penne sono lacerate, quindi la donna angelo è toccata dalla sofferenza. Il poeta può cogliere ciò che è cupo fuori dalla finestra grazie alla visita della donna salutifera. Gli altri uomini non riconoscono il male e l’arrivo della donna angelo. La bufera e altro (p. 189) “La Bufera e altro” è la terza raccolta di Montale. Viene pubblicata nel ’56 ed è organizzata in 7 sezioni, di cui una era già stata pubblicata clandestinamente in Svizzera nel ’43. Raccoglie liriche scritte tra il ’40 e il ’54. È una continuazione delle “Occasioni”, anche se è molto diversa. Gli alti valori dell’umanità hanno subito trasformazioni a causa della seconda guerra mondiale e del dopoguerra, in cui si contrappongono comunismo e democrazia cristiana. Gli intellettuali si confrontano con un nuovo panorama politico, ma Montale non si schiera. Inoltre, il mondo viene diviso in due blocchi a causa della guerra fredda. In più si aggiungono alcune vicende personali: muore la madre, Irma Brandeis è lontana negli Stati Uniti, lavora a Milano e conosce una donna, che nei suoi versi diventa “Volpe” e con cui ha un amore più passionale e sentimentale. In questa raccolta troviamo la donna angelo e che qui prende il nome di Clizia, un senal. Clizia è il girasole che ha voluto Apollo. C’è stata la guerra e si profilano nuovi drammi nel dopoguerra: la donna salvifica non basta, quindi si affianca la figura di Volpe, un amore più passionale e fisico. Viene introdotta anche la moglie di Montale, Mosca, che è un anti-Beatrice. Il libro si conclude con una sezione intitolata “Conclusioni provvisorie”: sono conclusioni piuttosto pessimistiche. Montale è piuttosto distante dal neorealismo, ovvero l’idea di letteratura che si possa spendere civilmente. Montale dice che è meglio appartarsi, senza sottoporsi a grandi ideologie politiche. Lo stile è piuttosto alto e il linguaggio è pluri: c’è qualche termine prosastico. “La primavera hitleriana” (p. 193) L’epigrafe è un verso attribuito a Dante in cui si parla di Clizia. Nel maggio del ’38 Hitler viene accolto a Firenze. Montale sceglie delle immagini per raccontarci l’episodio: uno sciame di falene impazzite si appoggia sui fanali e una volta cadute a terra formano un tappetto, che scricchiola come zucchero. Il gelo e le falene impazzite sono il correlativo oggettivo del Nazismo. Hitler passa come un messo infernale, che viene accolto con molto clamore. I negozi sono chiusi e nelle vetrine ci sono i cannoni e i giocattoli di guerra: si parla del diffuso militarismo. Il macellaio ha decorato la propria vetrina con il muso dei capretti uccisi. Attraverso la decorazione delle vetrine, i negozianti comuni danno sostegno al Nazismo e al Fascismo. La festa si tramuta in un “sozzo trescone d’ali schiantate”. L’acqua che scorre è il tempo che passa e nessuno di fronte a questo è incolpevole, perché la propaganda si è fondata sul sostegno delle masse, che forse inconsapevolmente hanno dato il loro appoggio, Gli uomini comuni sono “miti carnefici”. La terza strofa rimane piuttosto oscura. Si parla di adii, quindi si richiama Irma Brandeis che se ne è andata da Firenze, e dei girasoli, quindi si accenna a Clizia, che guarda verso il cielo e verso l’amore divino, che può rappresentare una speranza di salvezza per l’umanità. Nel momento in cui Irma parte c’è una stella cadente che lascia l’idea di speranza. Clizia è mutata perché è stata trasformata in girasole e come donna salvifica dispensa speranza e salvezza. Si lascia intravedere una possibilità di salvezza di fronte all’incombente guerra minacciosa. L’alba bianca ci lascia intravedere una possibilità di riscatto. L’ultimo verso fa venire in mente il paesaggio degli “Ossi di seppia” e Clizia può portare una possibilità di salvezza nelle terre arse del sud in cui si è diffuso il fascismo. Montale non scriverà per alcuni anni delle poesie, di fronte alla società del primo dopo guerra, alla guerra fredda, alle tensione tra le diverse ideologie, difficile che la poesia sia una strada percorribile durante questi momenti. Il mondo sembra che si prepari a vivere un’altra stagione molto difficile, seguono quindi anni di pausa poetica. La successiva raccolta poetica esce nel 71, chiamata “Satura” raccoglie liriche composte tra il ’71 e il ’72, ricomincia a scrivere durante un momento molto difficile ovvero la morte della moglie. Liriche molto diverse rispetto a quelle precedenti, si accentua il pessimismo monteliano, la poesia può fare poco per la società che lo circonda. È bene fare allora una non poesia, poesia prosastica, poesia ironica rispetto alla società, ai modelli letterari e alla sua produzione precedente. Non c’è più l’idea di una poesia con l’intento salvifico, la possibilità di redenzione non c’è più. Quello che resta è l’ironia, dichiarare allora la fine della poesia, il linguaggio assomiglia molto a quello prosastico, stile basso e comico, materia degradata, società di massa. Molto autoironico anche nei confronti dei modelli, nell’abbassare i modelli, prendendo in giro la produzione letteraria di grandi autori ma anche la sua. Il titolo Satura, rimanda sia alla satira ma anche al significato originale di questo termine; satura nella lingua latina è un insieme di cose diverse, piatto di molte prelibatezze offerto alla divinità, o legge che contenesse diversi riferimenti. Satura significa perciò mescolanza. “Ho sceso, dandoti il braccio” pagina 201 Protagonista la moglie, che ha un ruolo importante. Appartiene ad una sezione chiamata “Xenia”, dono che si faceva agli ospiti stranieri. La moglie è una donna molto diversa rispetto a Clizia. La poesia è famosissima. Poesia molto dolce, rivolta alla moglie, immagine metaforica di aver percorso insieme molti anni. Ora che le scale le scende da solo sente la mancanza della moglie, donna che era brava a organizzare, nelle questioni pratiche. Lui sente in modo molto forte la sua mancanza. Montale crede che la realtà non sia quella che si vede, ma altra. Mosca era una donna molto pratica, donna brava a gestire le cose quotidiane nelle quale Montale non brillava. Si possono definire come due poli opposti. Sente la mancanza della donna come sua compagna. Nonostante lei avesse problemi agli occhi e faticasse a vedere, le sue pupille erano le più vere. La moglie era la vera guida dell’autore. “Piove” Riscrittura molto sarcastica della “Pioggia nel pineto”, ripresa in maniera ribaltata, parodia. Alla fine si avverte la mancanza della moglie, senso di smarrimento molto forte. Pensiero di Montale sulla metamorfosi della sua poesia.
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