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Appunti filosofia della prassi umana, Appunti di Filosofia

Filosofia cristianaFilosofia politicaFilosofia grecaAntropologia

seconda parte di tre di appunti di filosofia della prassi umana

Cosa imparerai

  • Come Hannah Arendt lavora sui concetti di Aristotele riguardo alla vita attiva?
  • Come Hannah Arendt distingue tra vita attiva e vita contemplativa?
  • Che significa per Hannah Arendt la prima e la seconda nascita?
  • Come Hannah Arendt critica la filosofia greca riguardo alla vita attiva?
  • Come Hannah Arendt si ispira alla nascita di Cristo?

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 15/06/2022

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

3

(2)

18 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti filosofia della prassi umana e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! NATI PER INCOMINCIARE LEZIONE 25/10 Tema del natality, nelle intenzioni arenditani è un antidoto al male, alla banalità del male, Hannah Arendt è fiduciosa nelle nuove generazioni, ritiene che sono i nuovi nati che hanno la forza di ribaltare e rovesciare il mondo quando è incancrenito dall’ideologia. Il natality è la categoria centrale del pensiero politico di Hannah Arendt. Il natality è un antidoto al male totalitario, e la categoria filosofica del suo pensiero politico. Il 900 per Hannah Arendt era stata una grande tragedia era accaduto ciò che non si era mai visto prima, si erano messa in moto le macchine totalitarie, hanno distrutto i categoriali classici di comprensione dell’uomo. l’azione delle macchine totalitarie aveva fatto andare in crisi quelli che erano i pilastri della civiltà occidentale. La cultura e la civiltà occidentale era in crisi a causa della macchinalità, macchine che si erano messe in moto e del nuovo male che si era messo in moto, banalità del male. Civiltà occidentale in crisi, crisi filosofia i saper la giurisprudenza e di fronte al male delle macchine totalitarie c’era bisogno di qualcosa che ci aiutasse a ricostruire la nostra civiltà. Hannah Arendt investe sul venire al mondo, sul natality. Natality parola chiave della sua filosofia, word coned, neologismo della filosofia. Natality è una parola chiave. Hannah Arendt si rende conto di aver edificato una nuova originale filosofia ? quando investe sul natale è consapevole di questa sua operazione filosofica? Probabilmente no, la scelta di investire teoreticamente nel natality è inconsapevole, non si è reso conto di aver costruito e edificato qualcosa di nuovo, farà del natality la categoria fondamentale. La filosofia del natality non è sistematica, non c’è una teoria, è una filosofia affidata a delle immagini, lampeggiamenti, figura del bambino che si vede in maniera costante, non è una filosofia messa a sistema , non c’è una teoria che la sostenga. Ricostruire la filosofia del natality, scritto dalla prof he ha studiato opere di Hannah Arendt, cucirli e metterli insieme, dare un senso ai lampeggiamento del bambino. Hannah Arendt un po inciampa nel natality, non è una scelta consapevole, è stato molto chiaro Jonas che era il suo compagno di studi e allievo di Heidegger. Jonas a proposito del natality c’è un suo scritto in cui sosterrà che Hannah Arendt aveva inconsapevolmente lavorato sul natality, Hannah Arendt non si è mai resa conto di aver portato in emersione una categoria, ha fatto lo sforzo di lavorare sulla nascita, Jonas dice non so se Hannah Arendt si sia mai accorta che in filosofia la nascita è sempre stata trascurata ma è rimasto colpito da questa intuizione implicita di Hannah Arendt, rimando che Hannah Arendt fa al natality il tema mai messo a sistema e riferimento discontinuo, riferimento al natality spesso agganciato a immagini evangeliche, quando Hannah Arendt buca i suoi testi con il bambino che nasce la fa passando da immagini evangeliche, lei era atea ebrea e aveva una sensibilità per i filosofi cristiani per la bibbia e il vangelo, le veniva dal fatto di essere ebrea popolo colto, ma era atea e si era appassionata al messaggio cristiano. La figura del bambino arriva a coltivarla passando dalle immagini evangeliche. Alle volte l’immagine del bambino è agganciata alla poesia latina e classica come Virgilio, passa dall’immagine virgiliana (bambino che porta prosperità), immagine bambino agganciata all’immagine evangelica e di Cristo e alla tradizione classica e poetica che le viene da Virgilio. Queste immagini del bambino che nasce nei testi di Hannah Arendt hanno funzione ci apologo, sottolineano passaggi importanti delle sue opere, sottolineare al lettore che quel passaggio è fondamentale. Filosofia del natality è inconsapevole, il bambino è sempre agganciato ad un passaggio evangelico oppure alla poesia classica, queste sono le linfe del bambino di Hannah Arendt. Termine natality, lo traduciamo come natalità, ma preferiamo natality perché in italiano lo appiattiamo sembra un termine statistico. Natality termine non traducibile, quando lo si traduce si perdono le semantiche della lingua inglese, pensiamo all’inglese come lingua più monotona ma non è così, ci sono termini che non riusciamo a tradurre come natality. Nella lingua italiana non c’è una immediata corrispondenza, ne di significato ne di contenuti, il termine natalità non riesce a rendere le suggestioni della lingua inglese. Molti studiosi hanno tentato di ricostruire etimologia di questo termine, anche lei non usa il tedesco. Il termine natality è comparso, andare a scovare il passaggio e opera in cui per la prima volta natality è comparso, difficile perché ha scritto tantissimo, fatica di Sisifo a individuare la prima volta che è comparso il termine. Accade qualcosa di simile nella tesi di laurea, usa termini generazione e generatività, la tesi di laurea con il concetto di amore in Agostino, ci offre già una prima suggestione. Il termine natality comparirà in un suo appunto in un diario che lei teneva, diario intellettuale, annotava riflessioni filosofiche. Genesi linguistica: secondo alcuni studiosi il termine natality le sarebbe stato suggerito da Heidegger, speculare all’anfang (inizio) termine di Heidegger, che compare nell’opera “essere e tempo”. Genesi linguistica, come arriva Hannah Arendt a parlare del natality, per alcuni studiosi questo termine sarebbe l’equivalente del termine anfang di Heidegger, questo termine significa inizio, il natality avrebbe un precedente teoretico in Heidegger, sarebbe stato lui a suggerirle l’idea del natality passando dal termine tedesco anfang. Il termine anfang, inizio e natality, inizio. Questo concetto di inizio compare nei testi di Heidegger, ci sono passaggi di essere e tempo (1927, Hannah Arendt in quegli anni è una studentessa) in cui Heidegger usa questa parola, Heidegger lavorava a essere e tempo e lo riproponeva ai suoi studenti, in una parte di essere e tempo usa questo termine anfang ma non sviluppa in termine dell’inizio, è attratto anche dal detto anassimandreo, idea di cominciamento anche se luttuoso, Heidegger utilizza il termine ma non lo sviluppa come Hannah Arendt. Usa il termine anfang perché Heidegger in essere e tempo (riflessione sull’esistenza dell’uomo, esistenza ontologica, riflette sull’uomo non sulla corporeità ma sul suo significato, la radice ontologica dell’esistenza umana è nell’aver cura, essere umano è speciale perché possiede le mani e non gli artigli, l’uomo viene al mondo per avere cura di se, temi della cultura li troviamo anche in Hannah Arendt soprattutto vita activa dove riflette sul significato dell’agire umano), e quando parla dell’esistenza la chiude in due termini, anfang e tode (morte), l’esistenza dell’essere umano incontra due limiti, due telos, l’inizio e la morte. Esistenza umana ha sempre un inizio ma anche una fine, Heidegger ha investito sulla morte, si muove nel solco della tradizione filosofica meditatio mortis, uomo ha valore perché incontra la morte, morte banco di prova dell’umano. Il concetto di inizio compare negli assetti fenomenologici di essere e tempo ma tema di cominciamento Heidegger non lo svilupperà mai perché attratto dalla tode. Il concetto di anfang resto un concetto primitivo, non sarà mai sviluppato e tematizzato, il senso autentico dell’uomo per Heidegger è nello zein sum tode, essere per la morte, non è attratto dall’anfang. È giusto dire che Heidegger utilizza questo termine però non è molto giusto affermare che Hannah Arendt riprenda il natality da lui perché c’è solo pulsione verso la morte, si muove dell’ambito della meditatio mortis, unica comprensione dell’esistenza umana è la morte. È debole il concetto di anfang, non è messo a tema ma è potente il concetto di tode che va a impoverire concetto di anfang. Concetto di venire al mondo di Hannah Arendt non è una risonanza dell’anfang. A volte si può pensare che natality le sia stato suggerito forse da un altro termine di Heidegger, geburtig, che poi Hannah Arendt suggestionata da questa parola utilizzata in essere tempo sia arrivata al natality. Geburtig significa nativamente, il verbo significa nascere. I tedeschi usano questo verbo quando chiedono da dove vieni, dove sei nato, usano il verbo geburtig. In essere e tempo usa questa forma verbale, quando parla del da zain, esserci, l’essere umano è sempre nato, ha un impulso alla vita, geburtig termine ricorrente e va a descrivere il da zain, esserci di Heidegger, ma anche da zein deciso dalla tode, la tode è l’evento per eccellenza dell’esistenza umana. Hannah Arendt si porta oltre, non usa i termini anfang e geburtig perché Heidegger ritiene che l’essere umano sia deciso dalla morte. Quando andiamo a ricostruire la genealogia del natality bisogna essere prudenti, forse derivano da Heidegger ma lui non metterà mai a tema cominciamento e venire al mondo perché usa filosofia della morte. Tesi dottorato 1929, lavora su concetto di amore in agostino non compare termine natality ma compare generatività, comincia a prendere forma la filosofia del natality ma queste suggestioni le vengono da Agostino, Hannah Arendt in vita della mente dice che non si intesta il natality ma lo riconosce ad Agostino, ebbe per primo intuizione filosofica di investire nel venire al mondo, natality. Il termine natality compare per la prima volta in un diario, in un appunto dell’aprile 1952, nei diari intellettuali, danka gebut, il lettore inciampa in degli appunti, aprile 1952 prima esplicita riflessione sul venire al mondo. Questa idea della forza del venire al mondo le viene suggerita da una musica, l’halleluia di Handel, si era recata a un concerto in Germania (appena tornata), si recò ad un concerto di musica sacra e ascoltò e si emozionò nell’ascoltare questa musica di Handel, era un compositore tedesco vissuto nel 700, acquisito cittadinanza inglese e aveva composto questa musica. 1952 le capita di assistere a questo concerto, canto sacro di Handel chiamato messa, oratorio che Handel scrive nel 1741, musica del 700 e Hannah Arendt ne resta folgorata, torna a casa prende il diario e appunta e riflette sul natality, bambino che viene al mondo, il canto sacro celebra la nascita di cristo e lei scriverà finalmente ho capito cosa significa un bambino tra noi (nascita di cristo). Prima volta che Hannah Arendt fa una riflessione sul natality, bambino che viene al mondo compare in un suo scritto. LEZIONE 26/10 Il natality di Hannah Arendt le viene suggerito dal cocnetto di anfang per alcuni studiosi, ma Heidegger ne fa un uso perimetrato, non le mette a tema, l’esistenza è chiuso tra due limiti, anfang e tode, ma Heidegger investe nella tode, nella morte. Altro termine che ricorre nell’essere tempo è da zein esserci dell’uomo è geburtig che traduciamo come nativamente. Hanno qualcosa che ricordano il natality ma Hannah Arendt prenderà le distanze da Heidegger e non userà questi termini. Natality arriva dalla lingua inglese non dal tedesco. Natality lo traduciamo come natalità ma lo traduciamo impropriamente, sembra quasi un termine statistico e demografico, non abbiamo un corrispondente del termine natality, in inglese rimanda alla vita, ci perdiamo della bellezza del contenuto della semantica del termine. Il termine natality e l’immagine di venire al mondo appare nel 1952 in uno dei suoi diari intellettuali, in cui lei appunta che questa suggestione e immagine del venire al mondo le era stata suggerita dall’ascolto dell’hallelujia di Handel. Handel era un compositore tedesco del 700, si era trasferito poi nel regno unito ed era stato naturalizzato inglese. Handel fu un autore molto apprezzato e ha una storia sua, Hannah Arendt le capita di essere a Monaco nel 52, di assistere ad un concerto della filarmonica di Monaco e quando tornò a casa scrisse appunti di natura filosofica. “è comprensibile dal testo, nato dal bambino”, nascita del bambino, “ogni inizio è salvezza, per amore della salvezza Dio ha creato l’uomo nel mondo, ogni nuova nascita è come una salvezza nel mondo”, riflette sulla nascita come inizio che porta salvezza nei tempi bui. I bambini, i nuovi sono coloro che salvano, ridisegnano il mondo quando sembra invecchiato, quando sembra affidato a chi non ha più inizio. Prima volta in cui Hannah Arendt riflette sul venire al mondo, segue poi un’altra annotazione del maggio 1952, una lettera che Hannah Arendt invia dall’Europa negli stati uniti al marito Blucher, “ho capito la grandezza della frase ci è nato un bambino”, riprende la musica che la aveva ammaliata, dal 52 in avanti comincerà a riflettere sul venire al mondo. Nel 1953 Hannah Arendt lavorerà ad un articolo che ebbe molte fortune dal titolo ideologia e terrore, articolo pubblicato su una rivista politica, the radio of politics. In ideologia e terrore Hannah Arendt esplicitamente f riferimento alla nascita e al potere salvifico della nascita, dirà che il venire al mondo dei buoni è ciò che ci salverà dalla desertificazione del mondo, fa riferimento ai totalitarismo che hanno desertificato il mondo. Comincia ad usare il venire al mondo come una categoria nuova, comprensione dell’essere umano, antidoto al male totalitario. In ideologia e terrore riprende dalla città di Dio di Agostino, “affinché ci fosse un inizio fu creato l’uomo”. frase inserita in ideologia e terrore che diventerà poi l’ultimo capitolo di le origini del totalitarismo. Riassunto: 1952 aprile Hannah Arendt si reca in Germania e assistere al concerto, annotazione nel diario, poi la lettera al marito maggio 1952, nel 1953 ideologia e terrore, torna immagine del venire al mondo, si affida alla suggestioni di agostino. Diventerà poi l’ultimo capitolo nel 1958 delle origini del totalitarismo. L’immagine del bambino che nasce le torna in mente e nelle sue opere continuamente. Quando Hannah Arendt parla di nascita non intende solo la nascita biografica, un fatto privato e personale, ma per le è un momento politico, evento che riguarda tutti, quando si nasce c’è un evento politico, evento che riguarda tutti, in quanto noi siamo generati da altri uomini e appariamo agli altri uomini antica del pensiero occidentale. Anassimandro secondo la tradizione dossografica, raccolta di opinioni, è un filosofico ionico, con dei forti interessi naturalistici, era un filosofo che guardava la natura e la studiava, e aveva preso le redini della scuola di Mileto retta da Talete. Anassimandro di Mileto, siamo agli albori della filosofia, è stato Anassimandro a usare la parola archè, inizio, cerca di comprendere il principio di tutte le cose, atteggiamento scientifico, a differenza di altri filosofi non identificherà questo archè con uno dei 4 elementi materiali, terra acqua aria e fuoco come fece Talete con acqua e Anassimene con aria o come Eraclito con il fuoco. Anassimandro ritiene che l’archè sia l’apeiron, parola greca a-peras, peras vuol dire limite, senza limite, apeiron è l’illimitato, l’archè, il principio di tutte le cose, tutte le cose nascono dall’apeiron, sostanza indeterminata, da cui tutte le cose hanno vita, materia indefinita e indistinta, tutte le cose nate tornano all’apeiron. Tutte le cose nascono e tornano all’apeiron. Questo detto anassimandreo è il primo modus razionale di comprensione dell’uomo, primo sforzo di comprensione razionale, la filosofia non si accontenta di spiegazioni fantastiche del mito, cerca di comprendere com’è nato l’universo, sforzo scientifico e detto anassimandreo rappresenta questo, aveva lo sguardo per comprendere l’universo e fa uno sforzo filosofico, come si immagina la nascita delle cose, primo sforzo di comprensione razionale delle cose e della natura. Però non è un detto accogliente e ospitale nei confronti di chi nasce, è luttuoso, in questo detto si parla di un natalis dies, un giorno in cui si nasce ma un giorno di lutto, giorno di nascita ma prelude a qualcosa di terribile, nascita ci consegna ad un lento e inesorabile incontro con la morte, per Anassimandro tutte le cose nascono dall’apeiron, le cose erano in armonia e poi pretendono di nascere, e cominciano a separarsi dall’apeiron con un movimento vorticoso e con questo movimento le cose si sono separati dalla sostanza primordiale senza limite e le cose sono venute alla luce dando vita al cosmos. Dall’apeiron le cose sono nate, la nascita è anche la loro colpa perché hanno chiesto di avere una propria vita, questa colpa deve essere data con l’invecchiamento e la morte, nascita qualcosa di terribile, colui che nasce commette una colpa e deve essere scontata vivendo, vivere vuol dire invecchiare e morire, solo con la morte le cose potranno tornane alla perfezione da ci hanno preteso di separarsi, greco guarda alla nascita ma anche alla vita, esistenza colpa originaria, condanna e solo la morte ci consente di tornare alla perfezione che è l’apeiron, con la morte gli uomini possono tornare alla perfetto indistinzione. Il termine dissoluzione significa morire, indica la morte necessaria di colui che è nato, colui che nasce deve andare incontro alla morte, destinato a mutare e corrompersi, ha rotto quella quiete che è l’apeiron. Il detto di Anassimandro è vero o falso? Opera perduta e poi riemersa che ha subito tanti rimbalzi, gli studiosi hanno dibattuto sulla verità o falsità del testo, sull’autenticità del detto, non sono arrivati a una soluzione univoca. La maggioranza degli studiosi tende ad accettarlo come autentico, non è completamente rispondente a come Anassimandro lo aveva pensato e trascritto,, ha perso della sua letteralità, ma gli storici lo considerano come autentico e lo accolgono. Il frammento si divide in due parti, la prima fissa il tema fondamentale la seconda ci da una spiegazione. Lo stile è prosastico, scritto in prosa però questi filosofi sono ancora contaminati dal mito, è una prosa poetica, primi filosofi scrivono in maniera poetica, fanno uso di espressioni riprese dal linguaggio poetico. Prima parte si può notare una struttura chiasmatica, struttura a chiasmo, forma incrociata, chiasmo figura retorica, incrocio di parole, le parole si intrecciano tra di loro, donde viene agli essere la nascita ivi avviene anche la loro dissoluzione, parole in opposizione che si incrociano, da dove hanno origine le cose la avviene anche la loro distruzione. Donde ivi e nascita e dissoluzione, chiasmo suggerisce una legge necessaria, deve essere così, è necessario che sia così, è una legge, legge del morire. Inoltre segno poetico il chiasmo c’è un’altra forma chiasmatica, Anassimandro utilizza la stessa formula per chiedere le due parti del testo, secondo necessità e secondo ordine del tempo, in questo gioco incrociato di parole si può individuare un gioco stilistico, di pesi e contrappesi, bisogna notare che si fa uso di parole molto poetiche che vanno a intrecciarsi con parole tratte dal linguaggio comune, di uso quotidiano o termini giuridici, come colpa e ingiustizia. Termini che vengono usati in modo metaforico, sono evocativi, uso poetico. Laddove tutte le cose hanno origine, nascono devono necessariamente andare a finire, esse infatti pagano reciprocamente la pena e scontano la colpa per l’ingiustizia che hanno commesso secondo la legge del tempo. La dove tutte le cose nascono, arche devono necessariamente morire, infatti esse pagano reciprocamente la pena e scontano la colpa per l’ingiustizia che hanno commesso secondo le legge del tempo. C’è un riferimento a cronos al tempo, divinità che andava a temporalizzare gli eventi umani, c’è un contenuto religioso, Anassimandro fa riferimento a una divinità orfica, contenuto religioso, orfismo più grande fenomeno religioso della Grecia antica, divinità di Orfeo, religione regolata da un comandamento etico, aveva una dorsale etica, ideale etico, il corpo va purificato, solo con la purificazione l’anima può volare e staccarsi dal corpo. Matrice orfica del frammento, necessità di purificare il corpo, carcere della nostra anima, chi nasce si sottomette alle leggi del dio del tempo, Cronos, il corpo che è la prigione della nostra anima deve disfarsi, così vuole il dio del tempo. Riassunto: Anassimandro, filosofo degli interessi naturalistici, frammento è arrivato a noi con diversi passaggi, apeiron, parafrasi del frammento, individuare il chiasmo e termini giuridici e individuare il riferimento a cronos. Con Anassimandro la filosofia si porta lontano dalla nascita, celebra l’uomo in funzione del suo morire e Hannah Arendt dovrà fare i conti con questa tradizione greca. Hannah Arendt ci obbliga a fare i conti con i greci e da questo fare i conti dobbiamo parlare di Parmenide, fondatore ontologica. Nella vita della mente Hannah Arendt se la prende non tanto con Anassimandro ma con Parmenide, secondo lei è con lui che la nascita si estingue. Parmenide era filosofo della antichità, Hannah Arendt se la prende con lui, la filosofia si distrae del venire al mondo, era un filosofo dell’antico ed era colui che ha la paternità del passaggio dalla fisica, natura alla metafisica, cambia sguardo del filosofo, i primi filosofi sono attratti dalla natura da Parmenide c’è la possibilità che questo mondo non sia quello vero ma esiste un mondo al di la della materia, mondo ideale. Parmenide è il padre del passaggio dalla fisica alla metafisica, dirà che la realtà materiale non è la vera realtà, i nostri sensi ci ingannano e al di la del mondo visto e sentito ci sia un vero mondo, il mondo dell’essere, la parolina e che divide la teoria dei due mondi. Parmenide comincia a immaginare che ci sia un vero mondo dove le cose sono davvero vere. Introduce la parola essere, la parolina e dice Hannah Arendt, è immobile, fisso, statico ha una forma sferica per Parmenide questo essere non nasce mai perché è eterno, non solo infinito ma terno, senza inizio ne fine. Secondo Hannah Arendt quando Parmenide descrive l’essere lo immagina come un qualcosa di perfetto che non solo non muore mai, eterno ma non nasce mai, ce lo descrive, forma sferica, usa immagine del cuore che non trema dalla ben rotonda verità, senza inizio ne fine, la sfera per i greci era simbolo di perfezione. Hannah Arendt dice che con Parmenide succede qualcosa, Anassimandro parla di nascita l’apeiron nasce mentre con Parmenide no, il vero lutto si celebra con lui, quando Parmenide distingue due mondi, sopra perfetto e sotto essere umani, introducendo ontologia, scienza dell’essere distingue un mondo mortale e un mondo divino, Hannah Arendt era atea e per lei questo era il vero mondo. Non si riconosce in quella tradizione ontologica che risale ai greci che distingueva mondo mortale a quello divino, perfetto e imperfetto. Hannah Arendt è atea e quindi guarda alla metafisica con molta affascinazione, la metafisica ci ha lasciato delle perle e dei coralli, ha rispetto della tradizione ontologica e metafisica ma è atea, non esistono due mondi, gli esseri umani nascono nel mondo vero, l’essere umano non deve espiare alcuna colpa, il corpo non è la tomba, recupera concetto corporeità, uomo fatti di materia. Bisogna superare la tradizione metafisica greca per Hannah Arendt. Parmenide dice che Anassimandro fa del giorno della nascita un giorno di lutto ma la vera estinzione della nascita si ha con Parmenide quando parla della perfezione. Teoria dei due mondi. Quando Parmenide mette in contrapposizione il mondo divino con il mondo dei mortali va a contrapporre il theorein alla praxis, il mondo delle idee, della infinita contemplazione al mondo della materia, praxis. Quando Parmenide ha descritto la nascita e ci ha imposto di pensare che questo non è il vero mondo ci ha costretto a pensare che pensiero e azione siano divaricati e distanti, solo il theoro sia una attività alta e che le mani non hanno alcuna nobiltà, mondo in cui noi agiamo nasciamo e ci relazioniamo non è il vero mondo per il greco, c’è qualcosa di più perfetto ma Hannah Arendt è atea, secondo lei con Parmenide si realizza un corto circuito che ha oscurato la nascita e possibilità di pensare essere umano come natali, li pensiamo come mortali, solo la morte ha valore, solo la morte è una legge cosmica che regola l’universo e che stabilisce che ciò che nasce debba perire, solo con la morte si può tornare all’infinita perfezione e solo la morta sprigiona la nostra anima, libera l’anima dal nostro corpo, disprezzo nascita e del mondo con questa teoria dei due mondi. Per Hannah Arendt il greco identificava la nascita con il peso del corpo, la morte era la liberazione, l’esonero dal peso corporeo. Hannah Arendt con il suo bambino che viene al mondo dal punto di vista filosofico compie patricidio, si libera da millenni di storia della filosofia, rompe con la teoria dei due mondi, vuole recuperare l’essere umano che non è una creatura imperfetto, può compiere il male ma non è imperfetta perché materiale, Hannah Arendt intende recuperare la corporeità che da Platone in avanti è stata disprezzata, vuole recuperare l’apparire. Questo bambino appare dal nulla, i greci non avevano il concetto di nulla, neanche lo zero, numero sempre plurale. Hannah Arendt rompe con la tradizione metafisica e infrange il divieto Parmenideo di pensare al non essere, i greci non concepivano il nulla e invece Hannah Arendt nella vita della mente si chiede perché non pensare che l’uomo può venire al mondo dal nulla, pretende di essere riconosciuto a partire dalla corporeità. La nascita ci mette davanti a tutti, quando si nasce, ci si presenta agli altri, al mondo, riabilitazione della nascita che i greci avevano sacrificato sull’altere della morte. I greci non concepivano il nulla, anche il concetto di creazione, cristiani hanno concetto di creazione dio crea dal nulla, greci non lo concepiscono, per i greci non può esistere il nulla, le cose possono crearsi da cose preesistenti. Hannah Arendt fa un’operazione, sta smontando la filosofia pezzo per pezzo. Secondo Hannah Arendt non si può pensare l’essere umano come i greci ma come natale, bisogno investire sul natality, per comprendere l’uomo per Hannah Arendt bisogna passare non dalla morte ma dal giorno in cui viene alla vita, dalla sua origine. Hannah Arendt fa del natality una categoria di pensiero. Fare del natality la categoria di pensiero significa per spiegare l’essere umano dobbiamo passare dal fatto che viene al mondo, creatura che appare, si inserisce con il gesto di nascere tra altri essere umani con l’infra. Hannah Arendt sceglie il natality come categoria di pensiero. Hannah Arendt insiste sulla nascita come categoria di pensiero perché secondo lei con il terzo reich è accaduto qualcosa di enorme, le categoria di pensiero dell’umano sono collassate, i categoriali di comprensione sono collassati, il filo della tradizione si è spezzato. I totalitarismi hanno sfigurato l’essere umano, ci hanno impedito di pensare l’essere umano nella sua bellezza e fecondità, hanno sfigurato l’essere umano. Nei campi di concentramento la storia dell’essere umano si è interrotta, la sua coscienza si è annullata, tutte le categorie sono andate perdute, i valori sono andati perduti, è stato animalizzato. Pensare all’essere umano in maniera nuova. Hannah Arendt va a proporre il natality perché la nascita p una categoria di pensiero nuova mai utilizzata in filosofia e la rende di forte appeal, categoriale mai utilizzato nella storia della filosofia e la sente come esigenza, di ripensare l’essere umano dopo orrore dei campi di concentramento, natality lo propone come antidoto al male, con natality intende nuove generazioni, coloro che possono innovare il mondo, natality diventa la categoria di comprensione dell’uomo, uomo spezza le catene della materialità, sa costruire con i suoi simili. LEZIONE 8/11 Sintesi: la teoria dei due mondi, abbiamo parlato id Anassimandro e Parmenide, agli albori della filosofia. Hannah Arendt quando va a imporre la categoria del natality va a scardinare mille anni di filosofia, noi per comprendere la formidabilità dell’operazione filosofica di Hannah Arendt dobbiamo fare i conti con il passato. Hannah Arendt in vita della mente fa riferimento rapido ad Anassimandro e poi si soffermerà su Parmenide, ritiene che sia con lui che si estingue la nascita, siamo costretti a misurarci con l’antico per capire perché la filosofia non è mai stata una categoria utilizzata dai greci. Primo autore Anassimandro, fase aurorale della filosofia, prima di lui c’era Talete fondatore della prima scuola di filosofia, Anassimandro allievo, rappresentante della scuola ionica, fama come scienziato. Ionico perché mileto era colonia greca, naturalista era uno studioso della natura, fisis, si interroga sull’origine del mondo archè, come tutti i primi filosofi. Questi filosofi ebbero incarichi governativi, erano uomini di governo e legislatori, la filosofia spesso era politica, si accompagna al governo della polis. A lui vengono attribuite diverse invenzioni come orologio solare, e cartina geografica, primo cartografo della storia dell’umanità. Utilizza termine apeiron, concetti di illimitato o infinito, si prende distanza dalla mitografica e si danno prime spiegazioni scientifiche, primi filosofi individuano l’archè riconoscendole in un elemento Anassimandro elaborerà una teoria diversa, quando formula la sua cosmologia propone come elemento creatore l’apeiron, sostanza indeterminata. A-peras, indica il senza limite, sostanza indeterminata, infinita, non è ancora eterna ma infinita senza fine. L’apeiron è caratterizzato da un movimento vorticoso che separa i contrari, le cose pretendono di avere vita e si separano, freddo caldo buio e luci le cose pretendono di avere vita per se stesse, legge di giustizia che regola il cosmo, per Anassimandro è una colpa espiata nella morte. Detto anassimandreo, scritto in prosa ma una prosa poetica, all’interno di questo detto possiamo individuare una forma retorica quella del chiasmo, forma incrociata, gioco di pesi e contrappesi, uso identica formula per concludere il testo. Lessico poetico in cui si possono individuare termini giuridici come pena e giustizia, sempre usati in senso metaforico. Tramandato da Simplicio che dice di averlo ripreso da Teofrasto, più antico testo filosofico. Frammento diviso in due parti, prima carattere generale seconda fornisce spiegazione del principio, prima parte fissa il tema ci dice di cosa parla, seconda è una spiegazione del tema. Prima parte ci sono parole chiave come esseri indica l cose che esistono e che sono natura composta da cose, enti, termine allude alla molteplicità di ciò che esiste nella realtà, origini già usata da omero distruzione indica la morte, ciò che è nato e deve finire, secondo necessità ciò che non può essere, nessuno si può sottrarre, neanche gli dei, legge universale, un destino. Seconda parte, pena bisogna pagare una pena per essere venuti al mondo, ingiustizia è un disaccordo ritornare al luogo d’origine, ordine tempo, cosmos che ha un suo ordine. Aperon è infinito non conosce il tempo. Studiosi si dividono alcuni ritengono che non sia letterale ma lo ritengono autentico, si dividono sui contenuti alcuni ritengono che spicchi un contenuto di tipo religioso rimando all’orfismo, si può vedere nel riferimento a chronos tempo e ananche, necessità personificava il destino, divinità rappresentata mentre tesseva le vite degli esseri umani, divinità orfiche, tema colpa e punizione tipico dei precetti religiosi orfici, orfismo imponeva condotte etiche, questo sfondo etico era forte. altri ritengono che questa scheggia filosofica abbia poco a che fare con il mito, questa estraneità del detto stesso dal mito si deduce dalle parole prese da linguaggio quotidiano che sono termini di uso comune, non centra con il mito. Parmenide: capire come la filosofia si sia congedata dalla nascita, questo avviene con Anassimandro che nel suo detto parla di un giorno in cui si nasce ma giorno luttuoso, si compie peccato, per Hannah Arendt il responsabile dell’espulsione della nascita come pensiero della filosofia è Parmenide. Perché essere è eterno non ha ne nascita ne fine. Elabora la dottrina dell’essere. Nel suo poema intorno alla natura si pone problema della verità, interessi si spostano, non si interroga sull’archè ma vuole scoprire la realtà e la verità, cosa è vero e cosa falso. Distingueva verità aletheia e opinione doxa. Per lui uomo ha due vie per conoscere quello della verità o dell’opinione che porta all’essere apparente, verità percorribile solo con la ragione logos. Parmenide si chiede come conoscere la realtà, individua due strumenti ragione e sensi, i secondi ci conducono a conoscenze fittizie perché ingannano. Parmenide di interroga sui sensi che ingannano, bisogna scartare le conoscenze che derivano dai sensi e affidarsi al logos. Per Parmenide esiste solo l’essere il non essere non può esser pensato. Le conoscenza a cui si approda grazie al logos sono autentiche. LEZIONE 9/11 Riassunto: Parmenide andrà a tessere la filosofia dell’essere, getta le basi dell’ontologia. Il problema per Hannah Arendt è che la nascita viene espulsa dalla filosofia, non c’è più investimento. Essere è ingenerato e imperituro, non nasce mai e è senza fine, è eterno perché se l’essere nascesse o perisse implicherebbe il non essere. Se fosse nel tempo implicherebbe il non essere. Immutabile e immobile, se mutasse o si muovesse implicherebbe il non essere. Unico e omogeneo, se fosse indifferenziato implicherebbe intervalli di non essere. È finito perché è sinonimo di compiutezza e perfezione. Nascita coincide con la separazione dalla sostanza infinita. Per Hannah Arendt è con Parmenide che la nascita si estingue, agli dei immortali si sostituisce l’essere. Capire cos’è la categoria in filosofia, farci un’idea del perché l’operazione di Hannah Arendt investire nel natality è eccezionale, fa del natality la categoria di pensiero, una categoria esclusiva. Per conoscere l’essere umano e comprenderlo si deve partire dal fatto che è una creatura che viene alla luce, nasce e viene al mondo tra gli altri per abitare il mondo con gli altri, l’unica categoria di comprensione dell’uomo è il venire al mondo. Questo investimento teoretico insistito, il venire al mondo, perché categoria del natality mai utilizzata nella storia della filosofia, il natality non era una categoria classica di comprensione del filosofo greco, non è solo un’astuzia di metodo di Hannah Arendt, secondo lei il problema era che nei tempi bui, i totalitarismi, il categoriale filosofico era collassato, l’eredità che ci arrivava dai filosofi antichi, questi categoriali erano distrutti. Dice a metà del 900 il filo della tradizione si è spezzato, i totalitarismi, le macchine dei totalitarismi aveva sfigurato l’essere umano ma sul fronte morale lo avevano deresponsabilizzato, nei campi di concentramento la storia si è spezzata, è accaduto l’orrore, l’inaudito, uomo precipitato in una condizione animale. La sua coscienza si è annullata, l’uomo ha smesso di parlare di avere questo dialogo interiore con la coscienza. La storia si è interrotta, ad Aushwitz i valori umani sono andati perduti, il risultato è che c’è un buco nella storia, è necessario ripensare l’uomo e non lo si può pensare con i vecchi strumenti perché è cambiato, uomo è addomesticano e dominato è diventato prevedibile, con le macchine totalitarie e con le ideologie che hanno imbevuto l’essere umano l’uomo è diventato un animale prevedibile, sinistra marionetta, l’essere umano nei campi di concentramento dove è stato deresponsabilizzato e animalizzato l’essere umano è diventato una sinistra marionetta, nei campi di concentramento essere umani sono diventati simili a cani di Pavlov, ridotti a un fascio di reazione. Hannah Arendt dice che l’uomo nei campi di concentramento è stato ridotto a fascio di reazioni, a causa di tutto questo l’esser umano ha perso di unicità, campi di concentramento enormi laboratori scientifici a cielo vita terrena, forma di agire con cui l’essere umano realizzava cose e cercava di rendere durevoli questi oggetti nel tempo anche per conquistarsi una sorta di immortalità. Vita attiva necessaria alla sopravvivenza e vita materiale ma greci la tenevano in dispregio, per i greci c’era una dimensione esistenziale, seconda dimensione esistenziale più nobile, la vita contemplativa, la vera vita quella autentica perché la vita contemplativa era la dimensione in cui l’uomo era messo di fronte alle cose vere e importanti, all’eterno messo di fronte alle cose alte, per i greci filosofia era attività contemplativa. Il termine vita attiva a traduzione corrente del greco bios politicos, Aristotele già lui per primo tra i greci tentò di ribaltare la vita attiva e chiamò bios politicos attività che inerivano alle questioni pubbliche e politiche qui si muoverà Hannah Arendt tentando recupero vita attiva rispetto a quella contemplativa. Primo sforzo già compiuto nell’antichità, Aristotele. Mentre i greci prendeva atto che vita esseri umani si divideva in vita attiva e contemplativa ma penalizzavano la vita attiva per celebrare l’altra Hannah Arendt fa operazione differente, tenterà di rimettere in equilibrio le due dimensioni esistenziali, essere umano ha bisogno di agire sia in senso pratico sia in senso contemplativo, più astratto, necessario la praxis agire concreto ma anche agire di natura contemplativa, pensiero. Hannah Arendt vuole tenere in equilibrio queste due dimensioni, pensare e agire, due dimensioni che anche in un primo momento storico i greci avevano tenuto in equilibrio poi però dopo la caduta delle polis questo equilibrio si era interrotto e si era creata na frattura tra agire pratico e teoretico tra praxis e theoreo. Per Hannah Arendt bisogna recuperare le due forme di agire, creare equilibrio e sanare la frattura creata dalla caduta delle città stato dove agire teoretico prende sopravvento sulla praxis, a un ceto punto il filosofo greco perde di vista agire autentico dell’uomo e ritiene che vera azione sia quella contemplativa guardando con disprezzo alla vita pratica, perché spoliticizzata la vita terrena, vita attiva cade in dispregio perché la si ritiene un’attività che costringe gli esseri umani, necessaria ma limita gli esseri umani. Agire pratico serviva solo a soddisfare bisogni corporei, praxis legata alla sopravvivenza. Vita attiva aveva molto poco a che fare con il theoreo, agire autentico quello nobile che era il pensare, per il greco solo il bios teoreticos, solo agire contemplativo rendevano l’uomo libero. Vita attiva testo importante da un punto di vista politico agire dell’uomo e antropologico perché mette al centro chi è l’uomo. Vita attiva è la vita operosa del fare e creare e l’essere umano si distingue dall’animale perché realizza il suo mondo artificiale, si circonda di cose che gli servono e garantiscono la sopravvivenza all’interno della natura a differenza degli animali abbiamo bisogno di un mondo artificiale, vita attiva vita che ci consente di realizzare quei manufatti e oggetti necessarie per sopravvivere, cose che soddisfano i nostri bisogni. La vita attiva per i greci, il concetto di bios è complesso, il concetto di vita rimanda a 2 possibili dimensioni esistenziali dell’uomo, agire pratico e contemplativo, azioni pratico e agire contemplativo il pensiero il theoreo. I greci ritenevano che la vita vera fosse quella contemplativa, quando si pensa l’uomo è libero mentre con l’agire pratica con questo agire l’uomo non è libero perché costruisce oggetti necessari per la sopravvivenza ma i greci guardavano con perplessità al lavoro che non rende liberi ma è necessario, i greci guardavano con disprezzo al lavoro materiale, nella cultura greca infatti era contemplata la schiavitù perché uomo libero non poteva occuparsi di questioni materiali, lavoro precipitava l’uomo nella materialità. Greco esaltava theoreo, Aristotele aveva distinto il bios politicos e theoreticos, politica a contemplativa, con il concetto di vita politica aveva tentato di riscattare l’agire pratico ma anche per lui alla fine bisogna dedicarsi alla contemplazione, era un tentativo incerto. Aristotele vede che nella vita politica fatta di relazioni c’è molto dell’essere umano, è una vita che deve essere riscattata, ma essendo greco ha guardato agire contemplativo come alto. Questo equilibrio per Hannah Arendt si è inclinato con la caduta delle polis. Quando Hannah Arendt insiste sul titolo la sua intenzione è politica. Hannah Arendt vita attiva la intende come politica e di relazione, vita della quotidianità. Il titolo è molto colto e ambizioso, complessa anche l’opera. Opera politica e antropologica, opera densa e complessa, ha più piani di lettura, titolo non scontato. Opera di gusto antropologico, obbiettivo di Hannah Arendt è quello di tentare di offrire una risposta alla domanda chi è l’uomo. Hannah Arendt va alle radici dell’identità umana. Hannah Arendt è anti- evoluzionista, prende posizione rispetto a Darwin non la soddisfa la sua risposta. Il problema che si pone Hannah Arendt è di dire il chi dell’uomo, coglierlo nella vera essenza. La questione importante secondo Hannah Arendt è di dare una risposta, questo compito è stato sempre più spesso delegato alla scienza, da una risposta chiara la scienza è un animale e mammifero, Hannah Arendt non accetta questa riposta di natura scientifica appiattita sul biologico dell’essere umano, filosofia deve tornare a interrogarsi sull’omo e deve dare risposta non la scienza, la trova una risposta che impoverisce l’essere umano quella delle scienze. Vuole rispondere alla domanda antropologica chi è l’uomo. per dare una risposta di deve partire dall’agire e riflettere sull’esser emano come agente, agire è un tratto peculiare dell’essere umano, non appartiene all’animale. Agire è la linfa della politica e del vivere insieme. Vita attiva opera di politica, Hannah Arendt cerca di andare a costruire una nuova scienza della politica, politica che trovi affondi nell’antropologia filosofica. Politica che si nutra della riflessione filosofica. Vita attiva è un’opera politica che parte dalla domanda classica dell’antropologia filosofica, chi è l’uomo, ad Hannah Arendt pare che questa domanda sia tornata ad essere urgente perché la scienza si sta prendendo il diritto di rispondere alla domanda, uomo per la scienza è semplicemente un mammifero animale ma lascia insoddisfatta Hannah Arendt, perché se è un animale è animale politico, ha bisogno degli altri. LEZIONE 16/11 Vita attiva, si fa riferimento alla filosofia antica. 1958, in concomitanza con la ripubblicazione delle origini. Testo complesso, capolavoro antropologico che si presta a più letture. Critica alla società di massa, denuncia di quella condizione di solitudine cui nella modernità è condannato l’essere umano, processi massificazione. Vita attiva opera di riflessione sulla solitudine, si parla di isolamento e estraneità cui l’essere umano è condannato nelle moderne società, creatura che rischia l’isolamento e solitudine forzata. Titolo vita attiva, titolo colto, si riferisce alla cultura greca in cui si metteva in contrapposizione la praxis con il theorein. Vita attiva riverbera dell’espressione aristotelica bios politicos, indica una vita dedicata alle questioni politiche dove per politica si intende vita sociale, delle relazioni. Dopo crisi della politica l’uomo distingue le due dimensioni dell’agire. Hannah Arendt era intrigata dalla riflessione di Aristotele sull’uomo, antropologia aristotelica. Aristotele dava due definizioni, l’uomo è un animale politico, zoon politicon, ci parla dell’essere umano come animale, zoon e poi aggiunge politicon, Aristotele aveva una formazione medica, era uno scienziato e medico. Zoon rimanda alla creaturialità biologica dell’essere umano, essere umano è un animale mammifero e respira, è una creatura biologica ma questa definizione non impoverisce uomo, perché aggiunge politicon, uomo animale politico, animale ma è politicon, ha in se una peculiarità una caratteristica che lo differenzia dagli altri animali, l’uomo è disposto naturalmente alla politica, deve vivere insieme agli altri, ha bisogno della vita comunitaria. L’essere umano non vive con gli altri in maniera passiva o gregaria ma attivamente, a quelle relazioni che costruisce con i simili assegna significati e valori, animale speciale, non può fare a meno degli altri, costruisce il suo vivere con gli altri, necessità di intrecciare relazioni. Essere umano edifica la sua comunità relazionale e vivere con gli altri, edifica le polis. È un animale superiore, strutturato, deve strutturare relazioni. Aristotele seduce in questo Hannah Arendt, per la definizione. E nella politica Aristotele dice che l’uomo è dotato di parola, dotato di logos, ragione e parola, l’uomo è politicon ma possiede il logos, capace di parola. Aristotele dice che l’uomo è una creatura razionale, dotata di logos, essere che parla, l’uomo parla perché possiede un corpo che glielo permette, un apparato fonatorio, capace di muovere la lingua, dotato di un essere fisico particolare che gli consente non solo di emettere versi come fa l’animale, la lingua ha bisogno della carna, corpo dell’essere umano è diverso dall’animale, Aristotele riscatta la corporeità. L’uomo è disposto ad incontrare gli altri e queste relazioni hanno bisogno del corpo ma anche della parola, della carne e del logos, uomo non solo animale che emette suoni ma con il dialogo uomo tesse relazioni e investe su di esse, con il logos crea e edifica la polis e questo spazio collettivo relazionale in cui vivere con gli altri. Queste due definizioni sono incatenate, per Aristotele non può esserci politica senza logos, senza parola, sono entrambi necessari. Gli esseri umani devono vivere insieme ma devono anche parlare insieme, condizioni necessarie affinché l’uomo si umanizzi. Politica e dialogos sono due tratti peculiari dell’essere umano, gli uomini non potrebbero dirsi uomini se non vivessero tra di loro. È determinante parlare insieme e vivere insieme. Logos fondamentale per la nostra umanità è grazie alla parola che riconosciamo il bene e il male, attraverso il dialogo con gli altri ci interroghiamo sui valori da darci nella polis, questo ci rende politico il logos e superiore agli animali. Uomo è più di tutte la api, possiede il logos, che diventa uno strumento del male. Hannah Arendt è molto intrigata e sedotta dall’etica aristotelica. In vita attiva i rimandi ad Aristotele sono continui, Hannah Arendt da le definizioni di Aristotele di uomo e lavora su queste direzioni e arriva a riflettere sul concetto di fare comunità attraverso relazioni dialogiche. Hannah Arendt pone la questione in termini antropologici. Si pone il tema problema del chi è l’uomo, dell’identità umana, come è possibile definire l’uomo. per Hannah Arendt tema urgente perché la scienza stava decidendo il chi dell’uomo, questa risposta alla domanda antropologica sembra delegata alla scienza. La definizione della scienza è quella di un organismo biologico e animale, mammifero. Hannah Arendt si porta fuori dal solco del darwinismo, anti evoluzionista e cerca di offrire una definizione di essere umano che esca fuori dai parametri della scienza, non è soddisfatta dalla definizione di uomo come mammifero. Dirà che l’uomo è un natale, colui che nasce. Hannah Arendt ritiene che l’essere umano possa essere osservato e studiato a partire dalle sue azioni, le azioni ci raccontano come esseri umani, ritiene che sia un’operazione dovuta riflettere sull’uomo in quanto agente, colui che agisce. Vita attiva è lo sforzo di Hannah Arendt di riflettere sulle azioni dell’essere umano, nascita prima azione di cui è capace l’uomo. Hannah Arendt preferisce parlare di condizione umana e non di natura. Sente come emergenza la necessità di interrogarsi sul chi dell’uomo, rivalutare agire umano e osservare essere umano a partire dall’agire, sente come emergenza quella di tornare a interrogarsi sulla posizione originaria dell’essere umano, riflettere sul primo posizionamento dell’uomo nel mondo, la nascita. Preferisce condizione umana, natura umana è troppo scientifica, appiattisce essere umano sulla materialità, vuole mettere in luce come l’uomo sia una creatura unica e irripetibile, questa unicità gli viene dal fatto che nasce e si posiziona nel mondo tra altri suoi simili attraverso le sue azioni, facendo esperienza del mondo a partire dalla nascita. Riflessione critica nei confronti della scienza. Il proposito che si da è quello di investigare l’essere umano come creatura speciale, in funzione del fatto che nasce appare con il suo corpo agli latri e si mostra agli altri ed è politico. Hannah Arendt lavora sulla definizione doppia di Aristotele, zoon politicon uomo essere politico e dotato di logos e ragione e parola che gli è necessaria per vivere tra gli altri, questione pluralità. Gli uomini nella pluralità abitano la terra non l’uomo, pluralità è la legge della terra pluralità è la precondizione della nostra umanità se non vivessimo con gli altri e stabilissimo relazioni con gli latri saremmo precipitati in una condizione animale, pluralità è la pre condizione della nostra umanità senza essa non potremmo agire e nascere. Vita attiva riflessione sull’agire dell’uomo, agire peculiarità dell’essere umano. Hannah Arendt dice che siccome umani è complesso le sue azioni sono complesse e uomo agisce in modi diversi, lavora fabbrica produce e vive con gli altri, comincia a introdurre concetto tripartito di azione, lavorare operare e agire. Agire tripartito a cui corrispondono condizioni essere umani. Esseri umani entrano in rapporto con i propri simili ma lo fanno in molti modi diversi, lavorano fabbricano e agiscono, non sempre queste relazioni sono autentiche, l’agire autentico per eccellenza è la pluralità. Hannah Arendt da una spiegazione di cosa si deve intendere per vita attiva “designo 3 attività umane, attività lavorativa, operare, agire, fondamentali perché ognuna corrisponde a condizioni di base in cui la vita sulla terra è stata data all’uomo”. Hannah Arendt ci da una spiegazione della vita attiva, l’uomo agisce è attivo ma le sue attività sono molto complesse, la vita umana si esplica in modi diversi, uomo agisce perché si deve tirare fuori dalla natura, gli mancano gli automatismi e deve attrezzarsi e costruire un mondo suo, uomo attrezza il mondo con lavoro fabbricazione e opera. Hannah Arendt dice che gli uomini per portarsi fuori dall’animalità costruiscono il proprio mondo, mondo più consono alle esigenze umane. Problema è che la vera vita non è nel lavorare, non si esplica nell’operare ma si realizza tra gli altri, uomo deve costruire un suo mondo però Hannah Arendt ci sono più necessarie le relazioni, recupera il concetto e le definizioni di uomo che vengono da Aristotele. Hannah Arendt dice che uomo agisce in modi divers, labor work e action.  Labour, lavorare. Priamide lavorare alla base e alla punta agire. Lavoro legato ai bisogni dell’umano, bisogni corporei,.  Work, operare. Uomo si circonda di cose attività più creativa, nel suo mondo ha bisogno di manufatti che consentono all’essere umano di compensare carenza biologica. Sopravviviamo al freddo con gli abiti. Gli oggetti ci facilitano la sopravvivenza e semplificano il vivere.  Action, azione. L’uomo si realizza in quanto uomo, entra in contatto con i simili e impara ad abitare la terra con gli altri e comunica con gli altri, oggetti non sono più necessari, quando mi relaziono con l’altro la materia non dovrebbe interferire nel rapporto. Hannah Arendt dice che l’umanità si realizza sono quando incontro gli altri, action dimensione in cui ciascuno di noi è un cittadino. Nella action, incontrando gli altri io divento cittadino, uomo politico che per realizzare la dimensione politica deve stabilire relazioni linguistiche. Caratteristica cittadino è di essere libero. Hannah Arendt dice che quando uomo lavora e opera non è libero, siamo liberi quando sono con gli altri non quando mi circondo di oggetti e quando c’è reciprocità di riconoscimento. Essere umano no è colui che lavora come dice Marx che dice che essere umano è lavoratore con il lavoro si misura valora ma per Hannah Arendt uomo quando lavora non è libero ma lo è quando incontra gli altri, è politico quando si realizza zoon politicon con la parola, uomo si umanizza. Hannah Arendt dice che solo nella action si realizza passaggio da vita biologica a autentica. Hannah Arendt utilizza due termine per dire lavoro, labour e work, distinzione insolita lavorare e operare, noi in italiano abbiamo perso la distinzione che risale ai greci che Hannah Arendt dice che distinguevano tra lavoro corporeo fisico dello schiavo e lavoro più dignitoso dell’artigiano opera delle mani. Nella lingua inglese distinzione è rimasta conservata in italiano no, labour usato per indicare fatica indica sofferenza, work maniera più generica. Per Hannah Arendt bisogna tornare a distinguere queste due parole.  Lavoro: base della piramide, con il lavoro l’uomo sopravvive, si garantisce la sopravvivenza, ha bisogno del corpo per procurarsi le cose di cui necessita ma il lavoro per Hannah Arendt non può raccontarci, azione lavorare non ci dice tutto uomo ma come sopravvie. Per Hannah Arendt quando lavoriamo non siamo fuori dall’animalità, animal laborans. Essere umano sopravvive ma il lavoro non realizza essere umano non dice tutto dell’uomo. sui cancelli di Aushwitz c’era scritto il lavoro rende liberi. Duella con Marx e con totalitarismi. Hannah Arendt si interroga sul lavoro, il lavoro ci è necessario perché ci consente di sopravvivere, attività necessaria ma biologica connessa ai bisogni dell’essere umano come organismo biologico, quando lavoriamo siamo dentro la natura per Hannah Arendt, quindi ancora condizionali dall’animalità, il lavora ci ancora al bisogno e alla materia, scopo del lavoro è la soddisfazione dei bisogni. Il lavoro ha una particolarità, non lascia traccia dietro di se, mi procuro di quello che ho bisogno e consumo. Hannah Arendt dice che lavoro non può riscattare uomo, non ci dice valore uomo, siamo simili a schiavi fatica non lascia traccia ma prodotti consumati. Al lavoro fa corrispondere condizione umana esistenziale, possesso della vita. in questa dimensione posso dire sono vivo e ho una vita, ma è un semplice possesso animale quello del vivere, devo cercare cibo per vivere. Ebrei nei campi di concentramento volevano solo sopravvivere, erano animali condannati a lavorare e dovevano sopravvivere, istinto alla vita fortissimo.  Operare, Hannah Arendt intende attività più nobile, attività che si esplica con la realizzazione di manufatti, fabbricazione, rimanda al lavoro artigianale e artista, cosa necessarie per attrezzare il mondo in cui vivere, operare produrre oggetti risultato delle nostre mani e intelligenza. Noi attraverso queste cose che realizziamo costruiamo un mondo artificiale in cui vivere. Non siamo di fronte e oggetti di consumo ma si parla di uso, oggetti che uomo fa sono destinati all’uomo, uomo ha bisogno di usare oggetti per sopravvivere deve poter usare oggetti che produce, all’operare corrisponde l’uso. Tutto ciò che viene prodotto viene usato, hanno caratteristica della durabilità, durano nel tempo. Gli oggetti che l’uomo fabbrica acquistano indipendenza rispetto all’essere umano e fa si che mondo artificiale si stabilizzi e cambia di forma, si evolve ma conserva una sua stabilità con oggetti costruiti. Nel caso del lavoro si consuma con la fabbricazione oggetti sopravvivono. Lavoro è espressione di animal laborans per l’operare siamo di fronte a homo faber, produce in un mondo stabile mondo dei manufatti. Fa corrisponde essere nel mondo, mentre con il lavoro possiede la vita qui c’è una qualità esistenziale più alta, prende consapevolezza di essere nel mondo. Qui Hannah Arendt dice che l’uomo fa un salto di qualità, grandi civiltà scaturiscono dall’opera dell’uomo a una condizione operosa, civiltà dipendono dall’operare non dal lavorare. Entrambi controllano la natura ma operare ha una dignità più alta, con l’operare fioriscono le civiltà. LEZIONE 22/11 Vita attiva, Hannah Arendt nel 76 Habermas la scopre e la celebra come pensatrice e la definisce teorica dell’agire comunicativo ,filosofo che riflette sull’uomo n quanto capace di azione. Hannah Arendt riflette sull’agire dell’essere umano, si chiede cosa significhi agire per l’uomo e nella eco di Aristotele distingue tre forme di agire, tripode che individua con 3 parole: labour work e action che sono lavorare operare e agire. Per Hannah Arendt essere umano agisce ma a differenza dell’animale il suo agire è complesso, ci sono varie forme di agire, lavoro operare e agire in senso vero e proprio. Con il lavoro siamo alla base della piramide, forma di agire meno nobile, l’essere umano lavora perché ha bisogno di sopravvivere e con il lavoro provvede alla sua sussistenza e soddisfa i bisogni. Forma di agire più alta è l’operare, con l’opera l’uomo crea un mondo artificiale, con l’operare l’uomo compensa la carenza biologica, ha bisogno di oggetti per garantirsi la sopravvivenza, costruire un mondo artificiale.  Agire, si realizza nella pluralità, l’uomo si realizza come essere umano e si differenzia dagli animali, entra in contatto con i simili e comunica. Non c’è interferenza della materia, le vere relazioni per Hannah Arendt si realizzano attraverso la fare e comandare, non sono materiali e se il re filosofo pensa di poter fabbricare una città allora quel filosofo re è violento, nel far politico c’è una logica violenza. Politica vuol dire fare e decidere insieme, agire è un’attività con la quale ciascuno incontra l’altro. All’azione Hannah Arendt fa corrispondere la pluralità, sulla terra gli uomini abitano insieme e non l’uomo, gli esseri umani non sono nati per vivere in solitudine ma nascono tra esseri umani e sono nati per vivere insieme. Nell’ambito dell’agire vengono esaltati da Hannah Arendt valori dell’altruismo, in contrasto con i nostri egoismi e bisogni particolari perché è nella pluralità che si realizza il vivere insieme e si promuove agire autentico. Hannah Arendt considera azione come unica attività che mette in rapporto diretto gli esseri umani, senza la mediazione di cose materiali. È vero che in Platone c’è un germe totalitario, ha pensato a uno stato forte e ha instillato nella cultura occidentale un germe totalitario però Platone è un autore complesso e filoso antico, concezione politica platonica rifletteva su quell’epoca. C’è un Platone che Hannah Arendt non prende in considerazione che cerca di escludere la violenza dalla polis, si pone problema della polis e si dichiara contro la tirannia, la tirannia è una malapianta che deve essere estirpata alle radici, Platone non contempla la violenza a fondamento del rapporto politico. Per Hannah Arendt Platone è totalitario quando fa coincidere archein con platein e considera i cittadini mero materiale da plasmare, convinta che ci sia elemento totalitario. Platone ritiene che solo re filosofi sappiano riconoscere il male. Hannah Arendt è critica nei confronti di Platone ma è molto dura nel giudizio che esprime. Per Hannah Arendt l’azione è agire di concerto, di riflesso ne viene anche una concezione politica, ad agire non può essere solo uno ma una pluralità e in ambito politico non ci sono oggetti, le relazioni umani sono dirette in cui non interferisce la materia. Agire libero e dare inizio a qualcosa di nuovo. Basi della sua teoria dell’agire, il male di tutti i mali è un inciampo linguistico confusione tra due parole greche antiche. La critica che Hannah Arendt muove a Platone e Aristotele, confusione archein e pratein. Azione per Hannah Arendt è stare insieme incontrare gli altri senza interferenza di cosa materiali. Slide: opera antropologica, al centro il chi dell’uomo. Hannah Arendt donna scioccata, ebrea tedesca che ha dovuto abbandonare la sua patria, si porta dietro una ferita, la sua produzione letteraria è il tentativo di spiegarsi il perché di questo male, sforzo di cercare un perché è accaduto, vuole fornire degli strumenti di comprensione dell’uomo che possano difenderci dal male totalitario, per evitare che torni a ripetersi ma dice che ci saranno sempre uomini come Eichmann, uomini come lui che rinunciano a pensare, brancolano insonni nella notte. Hannah Arendt con la filosofia cerca di comprendere e spigare perché si è verificato quel male inaudito. Opera antropologica, riflessione sull’uomo. siamo nel 1958 in guerra fredda in cui ha preso forma la società di massa in cui cittadini sono consumatori, è una critica al consumismo e riflessione sull’uomo e comprendere il male di cui è capace l’essere umano. Cerca di spiegare la sua ossessione, con termine vita attiva da 3 opzioni. Il titolo originario è the human condition nella versione italiana viene mantenuto il termine che Hannah Arendt aveva pensato. Vita attiva riprendeva distinzione greci tra vita attiva e contemplativa, la seconda vera vita perché più nobile, pensare era la vera vita perché non aveva a che fare con le cose materiali. Il concetto di vita attiva, Hannah Arendt tiene in equilibrio le due dimensioni, non si può agire senza pensare e pensare senza agire. Rivaluta la vita attiva. Tripode labor work e action. Uomo agisce politicamente, la sua azione è complessa e ha una sua verticalità. Lavorare operare e agire. Action mette in relazione gli uomini senza mediazione di cose materiali. Lavoro, aveva una peculiarità il consumo, attività senza fine e non crea nulla di permanente, condizione animal laborans, lo rende più simile all’animale e sono ripiegata sui bisogni corporei. Caratterizzato da mancanza di libertà, non è libero, sono isolato e preoccupato della mia esistenza individale. Work, mondo artificiale, mondo semipermanente. Work è una preparazione all’action. Action spazio della libertà perché è libero dalla materia, dalla condizione di animalità, dai bisogni, dalla solitudine. Tutti noi nasciamo ma bisogna fare qualcosa di politico e prendersi cura del mondo nel quale nasciamo, storia non lineare., le nuove generazioni devono mettere in quadra l’uomo, devono agire e innovare e incontrare gli altri. LEZIONE 29/11/2021 Vita attiva si incrocia con nati per incominciare. Vita attiva può essere letta in chiave antimarxista. Lettura tratto dal capitolo il lavoro in cui Hannah Arendt fa puntualizzazione rispetto al suo rapporto con il marxismo e materialismo di Karl Marx. Hannah Arendt dice che deve criticarlo però per lei è spiacevole, Hannah Arendt si rivolge al suo lettore e lo allerta che la sua non è una critica distruttiva delle teorie marxiane ma una critica costruttiva e rispettosa, aggiunge richiamando una citazione di Constant, lei dice che tocca criticarlo, unirsi ai detrattori di quel grande uomo, la critica che muove anche essendo una decisiva antimarxista è consapevole che Marx è stato un grande filosofo attenti ai problemi dell’essere umano, le sue teorie si incrociano con le teorie della giustizia, cerca di risolvere problemi dell’umano in tempi bui. Hannah Arendt si accinge a tirare di fioretto con Marx, la sua vuole essere una critica costruttiva. In vita attiva c’è la riflessione sull’essere umano che non è un prodotto, il bambino e la nascita non è un prodotto non può essere qualcosa si fabbricato ma l’essere umano ogni nuovo bambino per Hannah Arendt è un evento miracoloso che rompe con la fabbricazione, rompe il circolo fabbrile e dell’operosità. Si può ricava la riflessione di Hannah Arendt, che gli esseri umani non sono materiali, uomo ha valore per se stesso non per quello che produce, queste affermazioni la porteranno lontano da Marx e divergere dal materialismo di Marx. Hannah Arendt era una antimarxista ma sente la necessità di fare puntualizzazione, porsi in posizione critica con Marx. Marx era un filosofo tedesco di origini ebree, personalità complessa, personalità ibridizzate, un giurista e sociologo e un economista, noi lo conosciamo come teorico del comunismo, Hannah Arendt è anticomunista. Ci sono atteggiamenti e frasi che lo raccontano come proletari di tutto il mondo unitevi, oppure senza pane non c’è anima, se non si mangia non si può neanche nutrire lo spirito. Il manifesto del partito comunista che Marx stese con l’amico Hangels, pubblicato a quattro mani, siamo a cavallo di quei secoli e 800 in cui la società chiama a se le forze migliori per risolvere problemi di allora, come la miseria, Marx cercò di dare un contributo. In questo manifesto la parola proletario è una parola chiave nell’ideologica comunista. Proletariato che si lega alla filosofia del natality. Proletario è un aggettivo che deriva da proletarius, connessione tra questa parola e parole prole, figli. I proletari erano coloro che venivano censiti solo per la loro prole, persone che non disponevano di averi ma avevano i figli e la propria persona, censiti dai romani, coloro che non disponevano di beni materiali ma come ricchezza avevano solo i figli, romani parlavano di sesta classe, coloro che non avevano niente e la ci unica ricchezza era la prole. Marx riprende questo termine nel manifesto del comunismo, comincerà a utilizzare questo termine per indicare classe lavoratrice, lavoratori. Proletarius entra nel lessico della filosofia di Marx, indica i lavoratori e operai, coloro che non erano proprietari dei mezzi di produzione e non possedevano niente, vivevano del lavoro delle proprie braccia e salario che gli veniva corrisposto in cambio della forza lavoro. Con il termine proletariato indicava coloro che non erano proprietari dei mezzi di produzione che sono gli imprenditori e capitalisti. Marx recupera il termine proletario con cui romani individuavano i poveri e lo associa alla forza lavoro, la ci unica ricchezza erano i bambini, costituivano una ricchezza perché venivano sfruttati nella fabbriche. La prole era una sorta di potenziale di forza lavoro. La prole per Hannah Arendt che è una lettrice di Marx diventa un problema politica, era un problema politico ai tempi di Marx ed era poi intrecciata alla teoria del comunismo. Hannah Arendt usa espressione natality, una sorta di risposta a distanza a marx, controcanto al proletariato marxiano, risposta a distanza all’antropologia di Marx. L’essere umano on è un prodotto e mera forza lavoro, figura del bambino che è controcanto al concetto di prole per come Marx lo ripropone. In vita attiva costruisce questa filosofia del natality, modo per prendere le distanze da Marx. Il materialismo storico di Marx per Hannah Arendt aveva stravolto l’immagine di uomo, perché Marx che andava in scia al positivismo e aveva cominciato a introdurre una nuova immagine di uomo, per Marx l’essere umano on è più entità spirituale, sinistra hegeliana, uomo è materia e materico, è una creatura che sente i propri bisogni corporei ma secondo Hannah Arendt antropologia marxiana ha qualcosa di negativo, enfatizza bisogni materiali dell’essere umano, marx fa dell’essere umano una cosa materiale perché ripiegato sui suoi bisogni e sulle sue esigenze e sulla sopravvivenza. Per Marx senza pane non può esserci anima, prima avviene disfacimento dei bisogni e poi può provvedere alla sua anima, nell’antropologia marxiana anche il concetto di vita viene stravolto, la vita è una vita materiale. Per Marx uomo è necessitato a soddisfare i propri bisogni, come il pane e la fame, gli è necessario il lavoro, uomo deve essere un lavoratore altrimenti senza non potrebbe sfamarsi e sopravvivere, si arriva a pensare essere umano come prodotto del suo lavoro. Per Hannah Arendt ha qualcosa di problematico, riduce umanità alla forza delle braccia e stravolge il modo in cui mi relaziono con l’altro perché se accogliamo l’antropologia di Marx centriamo nell’ottica che tutte le relazioni che andiamo a tessere sono meramente produttive, legate alla nostra capacità di produrre. Si svilisce l’essere umano perché il valore che assegniamo all’omo dipende dalla sua forza lavoro e della capacità di costruire relazioni di tipo produttivo. Hannah Arendt problemizza Marx, per lui il lavoro non è un semplice mezzo perché lavoro si identifica con il lavoro stesso, tutto dipende dal lavoro, l’uomo stesso si valorizza nel lavoro. Ha ragione Hannah Arendt quando dice che marx ci porta a rispondere alla domanda chi è l’uomo come lavoratore ma Marx rischia e è tentato dal fraintendere relazioni umane decise dai rapporti di produzione. Per marx noi siamo il nostro lavoro, identificazione tra uomo e lavoro, la nostra umanità nell’ottica di Marx dipende dalla nostra capacità produttiva e di produzione, atteggiamento critico di Hannah Arendt. Si chiede se possiamo accogliere questa antropologia, una simile risposta chi è l’uomo un lavoratore siamo solo questo ? ripropone la domanda e non si accontenta della risposta che l’uomo è un lavoratore. Affronta la questione lavoro in vita attiva perché si sta interrogando sulla differenza tra work e labour, riflette sull’agire umano e deve passare dal lavoro che è una forma di agire umano, per lei non autentica perché non può realizzarci. Si chiede se lavoro può essere la misura dell’essere umano se ci da valore dell’essere umano, per v è no, noi siamo di più natali e creature che nascono per innovare il mondo, siamo nati per riprogettare il mondo non per produrre e consumare. Siamo creature che si devono preoccupare dei propri bisogni e sopravvivenza, lei arriva a Marx perché sta riflettendo sull’agire umano, lavoro è una forma di agire dell’uomo però il lavoro non può definirci in quanto esseri umani, l’uomo nasce e non è destinato solo a soddisfare i bisogni, non posso appiattirmi sulla sopravvivenza. Queste sue opere si insinuano nella guerra fredda, impopolarità di questa donna perché una parte del mondo era comunismo e Marx era un’ideologia. Marx voleva rispondere a emergenze della società di allora, tutto questo porta Hannah Arendt a un’impopolarità, non letta in francia perché marxista. Lei arriva a ragionare su marx perché sta costruendo la tripode in scia all’etica aristotelica. Hannah Arendt dice che lavorare non è agire, fabbricare non è agire, con il lavoro soddisfo i bisogni ma sono in una condizione animale, con l’opera costruisco oggetti, operare non è un agire autentico. Critica marx per il quale l’uomo è lavoratore e costruisce relazioni l’uomo per la sua capacità di lavoro mentre Hannah Arendt ha in mente relazioni in cui non interferisce la materia, costruire con il logos la voce e il dialoogs, agire insieme. Secondo Hannah Arendt Marx non intuisce la vera forza dell’essere umano che non è nella sua capacità di produrre ma nella capacità di dialogare con gli altri, fare a meno degli oggetti che costruisce che sono necessari. Marx fa un errore, non distingue queste tre attività ma confonde le tre attività, le impasta ne perde i margini, confonde processi naturali con la fabbricazione e l’azione, il lavoro è necessario per produrre però li confonde con i processi di fabbricazione e con l’agire.Per Hannah Arendt Marx fa anche un altro errore, è vero che vuole riabilitare la praxis, agire pratico la praxis e marx ha tentato di recuperarlo, riabilita l’agire pratico il lavoro è necessario per produrre però li confonde con i processi di fabbricazione e con l’agire, costruisce una filosofia della prassi violenta, nel progetto marxista la violenza è necessaria, perché la violenza è necessaria e decisiva per costruire un mondo giusto e edificare l’uomo autentico. Violenza come rivoluzione sanguinosa. Hannah Arendt teorica della disobbedienza ma civile, il mondo non può essere innovato con violenza. La rivoluzione violenta del proletariato. In vita attiva c’è una forte istanza antimarxista. Non dobbiamo fraintenderla, Hannah Arendt fa i conti con Marx però lo contestualizza, si rende conto che quella filosofia era l’esita anche di una società che aveva urgenze sociali, vede anche aspetti positivi della tesi di marx, comprende che tenta di rispondere ai problemi di allora e affida alla filosofia nuovi compiti, di cambiare il mondo. Hannah Arendt intuisce ed è consapevole della bellezza della tesi di Marx ma gli muove critiche lucide, marx identifica l’uomo con il lavoratore ne viene un’antropologia inadeguata e insufficiente, alla domanda chi è l’uomo non si può dire che è lavoratore ma natale e non siamo solo il nsotro lavoro, lavoro è necessario ma siamo di più di quello che facciamo per vivere come pure siamo di più rispetto alla fabbricazione, perché veniamo al mondo e mettiamo al mondo prole. LEZIONE 30/11 Focus sul nataliy. Hannah Arendt costruisce la sua filosofia sul bambino, sul venire al mondo, sull’infanzia ed è una scelta che va in controtendenza. La filosofia quasi mai si è occupata di bambini e quasi mai utilizza metafora del bambino, ha sempre rimosso il desiderio di infanzia. Il bambino non è mai stato oggetto di riflessione filosofica, la metafora di infanzia era una metafora poco praticata dalla filosofia. Infanzia, parola che ha che fare con un verbo latino “fari”, parola latina arcaica che significa parlare ma anche nel senso più alto, profetare. Questo termine deriva da “infans” che ci sposta di significato, infans significa “muto”. I latini usavano la parola infanzia legata al mutismo per indicare età in cui non si è in grado di parlare bene il bambino è una creatura che non padroneggia la lingua. La parola bambino deriva dal greco “bambaino” “bambalein” che vuol dire balbettare. La parola fanciullo, parola dispregiativa per indicare i più piccoli, deriva da “fante” ossia il servo, colui che serve, fanciullo indica una posizione subordinata e servile, sottomesso per natura. Oggi non le usiamo in maniera dispregiativa mentre prima erano dispregiative. L’infanzia è sempre stata negata, in filosofia i bambini sono descritti come creature imperfette, come esseri umani imperfetti. Anche la filosofia ha guardato con sospetto la nascita e anche il bambino che sono soggetti morali imperfetti, mancano capacità linguiste e razionali non sanno distinguere il bene e il male. Esempi: Aristotele parla dei bambini come adulti impotenza o parla dei vecchi come coloro che sono due volte bambini, difetta la memoria e capacità linguistiche, Locke parla dei figli imperfetti di Abram Adamo, Hobbes li chiama terribilmente obbedienti. Letteratura no celebrativa dell’infanzia e del bambino La pedagogia nasce da Rousseau ci si aspetta che enfatizzi il bambino ma anche lui, padre fondatore, nell’Emilio guarda all’infanzia conservando pregiudizi filosofici. Quando ci parla dell’Emilio è un bambino ideale, modello teroico ci sono passaggi in cui si avverte la negatività di Rousseau, si avverte pregiudizio filosofico. Riferimenti a bambini anche positivi come Nietzsche che enfatizza e celebra il bambino perché si progetta e non è contaminato, capace di progettarsi. Filosofia ha sempre raccontato bambini come creature irrazionali in cui difetta la coscienza, soggetti morali imperfetti, per la filosofia i bambini devono essere educati alla ragione, conservano tratti primitivi. Hannah Arendt sdogana il venire al mondo azione del venire al mondo e sdogana anche i bambini, rivaluta l’infanzia. Ha la sensibilità che le viene dal fatto di essere filosofa e recupera l’immagine del bambino in filosofia e ne fa custodi della politica sono coloro che possono salvare il mondo, innovarlo, riprogettarlo. Una promessa di redenzione (di bene/buono) per chi non è più inizio (per chi è vecchio e si preoccupa solo della propria stretta sopravvivenza), bambini promessa di bene e buono per chi ormai non è più inizio ed è vecchio e si preoccupa solo di sopravvivere, bambini rinnovano il mondo. Tanti bambini diversi nelle opere di Hannah, nella biografia i bambini sono definiti come quei bimbi che rallegrano come quei pezzi di giardino.  Bambino potentissimo: definito come il “bambino tra noi”, inatteso che si posiziona nel mondo, tra noi, chiede di assumere la sua posizione nel mondo (vita attiva)  Bambini iniziatori: solo i bambini posso essere iniziatori (origini del totalitarismo)  Bambino alba: riflessione sul bambino che nasce, le viene da dei versi di Virgilio, è un bambino che lampeggia all’improvviso nella sua opera (on revolution) Usa la metafora di infanzia parla del bambino salvifico e miracolistico, porta il bene nel mondo, capace di ricucire la storia e prende spunto dal bambino Gesù Cristo, fa riferimento al Vangelo ed è affascinata dal bambino Gesù che viene al mondo per salvarlo. Differenza con la nascita di Gesù, il suo bambino è umano non le importa di riprendere il bambino “messia”, ma il su bambino è umano non è un piccolo dio e salvatore non è mandato da Dio ma da altri uomini, generato dagli uomini. No bambino di Dio ma nasce per amor mundi, messo al mondo da altri uomini, evidente in on revolution, bambino alba preso da Virgilio quello anche della divina commedia. Hannah Arendt amava la poesia e Virgilio la conosceva molto. Virgilio poeta talentuoso diluì Eneide ma Hannah Arendt lavora sulle bucoliche (quarta egloga) partendo dai versi per lavorare sul bambino che nasce e proporci la sua filosofia del natality. Testo di riferimento sono le bucoliche, quarta egloga, egloga componimento poetico con significato allegorico. Quarta egloga, sono versi fondamentali in cui Virgilio inneggia a ciò che chiamava il bambino salvatore, inneggia alla prima alba del mondo nascente prima crescientis originis mundi. Con questa immagine fa riferimento a una profezia quella della Sibilla cumana, la Sibilla cumana aveva preannunciato che sarebbe venuto al mondo un bambino miracoloso che avrebbe annunciato una nuova alba al mondo, avrebbe portato salvezza. Avrebbe portato l’annuncio dell’età dell’oro, bambino che avrebbe portato il bene aprendo il tempo mitico che la cumana chiamava età dell’oro, tempo di prosperità, un mito o leggenda. Leggenda del bambino che avrebbe portato un’età oro in cui umani non conoscevano privazioni e la fame una perenne primavera e un tempo di pace in cui umanità lettura di Paolo in cui parla del rapporto marito moglie non la convince, la sente respingente, riporta le parole di Gesù, riprende la fase evangelica. Hannah Arendt piace la pluralità creaturale, maschio e femmina, la forza dell’umano è la differenza, articolo plurale in cui vede la condizione dell’agire umano, la differenza anche sessuale è necessaria per agire, pluralità è la condizione dell’agire umano. Per Hannah Arendt se gli uomini non fossero plurali agire sarebbe impossibile riprogettare il mondo, recupero delle differenza, valore aggiunto dell’umano e precondizione politica per agire. Hannah Arendt non è una femminista, queste riflessioni sono cardinali nella filosofia politica e dell’agire. Hannah Arendt no filosofa femminista, no attenta ai temi del pensiero femminista, è una donna conservatrice e nelle sue interviste ha precisato che la rivendicazione di genere le era estranea, essere donna per Hannah Arendt è un fatto di natura, è descrittivo, problema dell’emancipazione non si poneva, non c’era problema della soggezione storica del femminile rispetto al maschile. Per Hannah Arendt essere donna era importante e sufficiente anche definirsi essere umana, intervista del 64 interessante, non è un testo filosofico, è un suls test, un articolo, lavoro giornalistico, non è mai stato sistemato, resta interessante perché Hannah Arendt ci offre spunti di riflessione e chiavi di lettura e comprensione dei suoi lavori filosofici. Gunter Gauss che era un giornalista approdato poi alla politica, la sollecita e Hannah Arendt sollecitata da lui a parlare della femminilità si descrive, sono un individuo ebreo, qualcosa di generico, quando Gunter Gauss la porta a parlare di emancipazione femminile le chiede se la questione dell’emancipazione femminile aveva importanza, il problema della soggettività si pone come custodia delle qualità, donne devono conservare qualità femminile e le chiede del fatto che Hannah Arendt esercita una professione maschile, lei risponde che si è accostata agli studi filosofici per comprendere. Hannah Arendt non sente emancipazione femminile come questione politica, essere donna è n fatto di natura e problema femminile si pone nel tentativo in ci bisogna salvaguardare le qualità di genere. Dal punto di vista filosofico fa operazioni importanti, fa della donna un soggetto politico e insisterà sulla necessità di ricordare i gesti delle grandi donne e da qui i ritratti. C’è ambiguità, in alcuni passaggi si coglie che non era ingenua alla maschilizzazione anche della filosofia per esempio, sapeva che filosofia era una questione maschile, si rendeva conto che la filosofia aveva sempre escluso le donne. Hannah Arendt si pone il problema di un genio femminile poco coltivato. Ma è una donna dei suoi tempi, con tratti culturali molto conservatori, non era una femminista, anche la filosofia del natality, filosofia usata anche dal femminismo, non può essere considerato una teoria femminista, anche il bambino non nasce dal grembo di una donna, il concetto di materno non è esplicito, non possiamo parlare di un bambino che viene alla luce. Si può parlare di materno quando Hannah Arendt affronta la questione della lingua, materno linguistico, Hannah Arendt pensa alla lingua come madre, non c’è figura della madre come quella del figlio però Hannah Arendt coltiva un concetto di materno linguistico. Coloro che muovo le critiche ad Hannah Arendt per questo suo conservatorismo, non aver intuito che problema emancipazione è un problema politico, chi la critica sottolinea il fatto che non presta attenzione al bambino come frutto di un grembo materno, lei è interessata al nasce, bambino è un pretesto per lei, interessa lo spazio che la nascita descrive, spazio dell’agire. Hannah Arendt non intuisce problema femminile come problema politico, ci sono dei limiti nella sua filosofia, c’è una bellezza femminile, fa filosofia da donna e si inventa uno stile rigoroso, fa filosofia a partire dalla sensibilità femminile, costruisce una visione del mondo molto femminile. Quando parla di cura del mondo che i nuovi nati ereditano il mondo dei vecchi e i giovani possono prendersi cura, si lega al materno linguistico, è espressione di una tonalizzazione al femminile della filosofia. Non è femminista ma ci insegna a fare filosofia da un punto di vista femminile, investe sul natality bambino e nuove generazioni,, una chiave di lettura è il materno linguistico. Nell’intervista, materno linguistico. Gauss si rivolge ad Hannah Arendt e le chiede cosa le è rimasto della germania apre-hitleriana, e lei risponde la lingua materna, è una risposta secca e immediata, non ha esitazioni. Gauss rimane spiazzato, grandi letterati avevano rinunciato a scrivere in tedesco perché ritenuta la lingua del nazismo, ci fu una spaccatura, si era creato un movimento di pensiero che riteneva la lingua tedesca responsabile dei crimini nazisti, per la durezza dei vocaboli si era prestata a questo orrore del terzo reich. La risposta di Hannah Arendt fa irrigidire Gauss, dice anche se nei momenti più amari, quando è stata vittima, e lei risponde sempre, ima. Risposta secca che non lascia spazio ad alcun contraddittorio, in quegli anni si discuteva dell’eventualità di abbandonare la lingua tedesca perché era piena di termini nazisti, era una lingua corrotta che doveva essere denazificata. Per Hannah Arendt non è la lingua tedesca ad essere impazzita, assolve la lingua tedesca, la lingua materna è quella appresa dalle madri, lingua dolce della memoria e della poesia ma anche una lingua civica, ci insegna valori e scegliamo tra bene e male, ci vengono insegnati i valori con la lingua. Lingua tedesca non può avere responsabilità di fronte alla storia, sono gli uomini ad impazzire non la lingua. La lingua non va confusa con nazionalismi per esempio, prende forma quel materno in questa intervista, materno è ciò che resta, lingua ci permette di pensare, è un pensiero conservativo, tenere a mente e ricordare. Lingua materna ci insegna valore del ricordare. La memoria ha funzione politica, si muove solo quando rinunciamo a ricordare. Idea di conservazione, lingua materna conserva memoria ricordo e la nostra umanità, la lingua è il medium che ci fa comprendere cos’è un valore. Quando parla di materno linguista inventa una lingua che anticipa le relazioni, sono segnali che Hannah Arendt non è femminista ma conservatrice ma inaugura una filosofia al femminile e ci sono ritratti di donne. Ritratto Luxemburg, rivoluzionaria, si occupava di politica con origini polacche, capostipite della social democrazia, protagonista dei dibatti socialisti e fondò partito rivoluzionario tedesco, assassinata poi, si chiama elogio a Rosa Luxemburg. Hannah Arendt prende a scudisciate il biografo di Rosa Luxemburg, perché è zeppa di pregiudizi maschili, dice che è solo donna, carica tratti maschili di Rosa, la definisce maschio, una donna non sarebbe stata capace di muovere masse, per nettel le donne non lo sanno fare, quindi era un mezzo maschio. La politica dice Nettel è un territorio maschile, cerca di restituire giustizia a Rosa Hannah Arendt. Hannah Arendt di Rosa dice che era un’outsider, era sempre estranea e marginale stava sempre dalla parte sbagliata, era ebrea e donna, outsider per 2 volte. Altro ritratto è quello a Isacc Nielsen, Hannah Arendt dice che è incuriosita dal fatto che una donna per scrivere avesse scelto un nome da uomo. Rahel Varnahagen, Hannah Arendt le dedica una biografia, eroina salotti berlinesi, biografia su commissione di Heidegger, chiese ad Hannah Arendt una biografia, lavoro che inizia dopo la tesi di laurea e che interrompe nel 33 e lo riprenderà nel 38 a parigi e poi ripresa venti anni più tardi negli stati uniti. Biografia che risente di queste interruzioni, scritta in tedesco poi tradotta anche in inglese. Lavoro di ricostruzione complicato perché andarono perduti i carteggi, testo singolare costruito in maniera moderna, con un montaggio di citazioni che traeva fuori dai carteggi che si accompagnano a riflessioni di Hannah Arendt, c’è la voce di Rahel che si intreccia con quella di Hannah Arendt, risultato è un testo di filosofia, si inserisce la voce di Hannah Arendt che argomento e giudica. Risultato saggio filosofico. Rahel era una donna nata a Berlino nel 71, secolo dei lumi, ma vivrà anche nel romanticismo, apparteneva a famiglia ebrea benestante e nata in Prussia, il suo vero nome era Levin. Lei era una donna colta, aveva ricevuto una buona educazione in famiglia ma è autodidatta, ha grandi talenti e intreccia relazioni con intellettuali tedeschi, acquisterà la sua fama grazie all’intelligenza e cultura, lei scrive e non è scontato perché le donne non scrivevano, le forme che lei usa per scrivere non sono generi letterari, scrive diari e lettere, strumenti di semplici accesso, abbiamo i suoi carteggi e conversazioni, sono strumenti di comunicazione facile. Visse negli anni dell’invasione napoleonica, antisemitismo fu violento in quel periodo. Il suo problema è che è ebrea, tenda via assimilazione, non vuole essere tedesca, si rinuncia alla cultura e a essere ebrei. Lei trascorrerà tutta la vita nel tentativo di procurarsi un cognome tedesco, azzerare la sua nascita, nascere ebrea era un errore. Hannah Arendt lavora sui suoi carteggi e lettere e ne ricava un ritratto, donna colta e di grandi talenti ma spezzata dal dolore, donna dolorosa e la descrive come una figura atopica, estranea a se stessa e anomala, sempre fuori posto a causa della propria nascita, per raccontare questo senso di estraneità Hannah Arendt utilizzerà la parola schlemil, è un personaggio di un grande poeta Avely, conosciuto fagli ebrei, è il sognatore sfortunato, persona sognatrice e sfortunata. Rahel è così, una principessa sfortunata, dice non bella non ricca ed ebrea, che l’aveva scritto bRahel di se stessa anche, in una società che pretendeva che le donne fosse belle o ricche e non mettessero in imbarazzo con la propria intelligenza i maschi. Donna che cerca di strapparsi di dosso la propria pelle perché non vuole essere tedesca, vuole acquisire una nascita convenzionale, si trova ad essere femmina in una società difficile, dove le donne dovevano assumere i ruoli che la società le avevano incollato addosso, madre moglie. Rahel doveva imparare a stare in quella società e a comportarsi secondo quei ruoli che la società cuciva addosso alle donne, doveva esibirsi ma non era bella ne ricca, una societ che chiedeva alle donne questa auto esibizione e Rahel rischiava di mettere in imbarazzo i maschi con la propria intelligenza. Dramma di Rahel è essere ebrea e non avere armi da giocarsi in un mondo maschile, armi che le permettessero di condurre una battaglia personale e affermarsi. La sua battaglia è quella di conquistare un nome tedesco, che la potesse garantire all’interno della società, le potesse assegnare un’identità sociale accettabile. Rahel rinuncia ad integrarsi e alla propria cultura e tenta di assimilarsi, Hannah Arendt è molto critica con Rahel, perché era contraria all’assimilazione, non si può essere neutri e uomini generici, quando si nasce si nasce per come si è, si nasce ebrei ma l’ebraismo non deve essere una vergogna e nemmeno la diversità. Hannah Arendt dice che non ci si può liberare dalla propria nascita e dalla propria origine, è illusorio pensare di potersi liberare di quei vincoli che ci vengono dalla nascita. Hannah Arendt insiste sulla nascita per prendere parola sull’assimilazione che è inaccettabile come rompere legami con la nascita e ebraismo. Non si possono rompere i vincoli che ci vengono dalla nascita quando spezziamo questi vincoli rompiamo i vincoli con noi stessi, tratta assimilazione come un problema politico. Ne viene fuori ritratto di Rahel fuori posto e doppiamente atopica perché donna e ebrea, non trova un posto nel mondo che è ordinato alla maniera patriarcale, maschile e ariano. Rahel trascorrerà la sua vita nel tentativo di diventare qualcosa d’altro rispetto a se stessa, e scappare dall’ebraismo. Hannah Arendt dice che questo tentativo odi portarsi fuori dall’ebraismo le si ritorcerà contro, spreca la vita nel tentativo di assimilarsi, comincia a mentire persino a se stessa. Ne viene fuori una creatura dispera che si lascia cogliere dai suoi tanti amanti. Alla fine Rahel diventa una sorta di mendicante, supplica l’amore di qualcuno, mendica l’amore e un cognome tedesco, si aspetta che qualcuno le faccia il dono dell’assimilazione, il dono di un nome normale, questo arriverà. Come donna diventerà dall’elemosina dei fratelli maschi perché la famiglia avrà tracollo economico, incontra un uomo più giovane che è Karl Varnahagen che la sposerà facendole il dono del cognome tedesci, c’era forte affinità intellettuale, rapporto che si logorerà. Hannah Arendt dice che con questo matrimonio Rahel diventerà sposa tedesca e può acquisire il cognome, il prezzo da pagare è la perdita dell’identità, Rahel se ne renderà conto in punto di morte, si renderà conto dell’emorragia che era stata la sua vita, in punto di morte riesce a riscattare se stessa, per paradosso accetta la propria origine, si riconcilia con la propria origine, nelle ultime lettere pensa alla sua origine, rinuncia alle sua maschere ma Rahel lascia in eredità la storia dio una bancarotta esistenziale e un cuore ribelle. LEZIONE 21/02/22 Vita attiva: La condizione umana Ciò che caratterizza il pensiero antropologico filosofico di H. è la distinzione fra animale e uomo,, human condition, condiizon dell’uomo che vive isolato in questa società di massa, costretti a vivere per costi e benefici, uomo solo e isolato costretto ad essere efficiente. H. sostiene che la politica è ciò che ci differenzia dagli animali. Siamo nati e veniamo al mondo, ci vedono per la prima volta, con il corpo appariamo agli altri, ma non come materiali. Prima nascita biologica ma poi con il dialogos nasciamo molte volte, agire nascita in senso politico. La politica è il segno che l’essere umano sa portarsi fuori dalla animalità. Per questo non parla mai di natura umana in vita attiva , perché è un ossimoro. Siamo esseri naturali, ma non possiamo parlare di natura umana in quanto fin dalla nascita trascendiamo la natura. L’essere umano va oltre l’immanenza della natura. Gli animali ci sopravvivono, noi ci portiamo fuori da essa. L’essere umano sa di non essere una mera dattità biologica. Inoltre, non siamo identici gli uni agli altri, quindi per H non ha senso nemmeno parlare di membri di una specie (critica Darwin). Siamo qualcosa di più degli animali e del nostro biologico, non siamo identici gli uni agli altri. Sa di non essere una mera datità biologica, portarsi oltre l’immanenza della natura, capace di portarsi fuori dalla natura, edifica una spazio in cui ogni uomo è un chi, questo spazio sarà quello della poliica. Peculiarità dell’uomo: trascendere la natura Come? Edificando uno spazio plurale in cui lavora opera incontra gli altri e supera la materialità, ciascun uomo è un chi, siamo unici e diversi. Labor: lavoro per sopravvivere Work: opero, creo, realizzo Action: forma di agire nobile, agisco in mezzo e con gli altri, mi rapporto con gli altri. Proprio perchè siamo diversi, non può esiste un unico modello di uomo da perseguire Paradosso della pluralità, la pluralità è necessaria all’essere umano perché solo a condizione di potersi relazionare nella pluralità, ciascuno di noi può esprimere la sua unicità Aristotele aveva due definizioni di uomo. Domanda ontologica cos’è l’uomo? Lui rispondeva - L’uomo è un animale politico. Zoon (animale, essere biologico) politikon (deve vivere con gli altri). L’animale è gregario (passivo), l’uomo comunitario (attivo). - L’uomo è un animale dotato di parola animale perché ha un apparato fonatorio, ma mentre gli animali emettono suoni, l’uomo parla. LEZIONE 22/02/2022 “La redenzione possibile dall’aporia dell’irreversibilità è nella facoltà di perdonare. Il rimedio all’imprevedibilità, alla caotica incertezza del futuro è la facoltà di fare e mantenere promesse. Le due attività si completano perché una serve a distruggere i gesti del passato, l’altra serve a gettare nell’oceano dell’incertezza isole di sicurezza. Entrambe le facoltà dipendono dalla pluralità, presenza e agire con gli altri, dato che nessuno può perdonare se stesso, né sentirsi legato da una promessa fatta solo a se stesso. Perdonare o promettere nella solitudine e nell’isolamento è un atto privo di realtà.” L’azione umana ha due peculiarità: imprevedibilità e irreversibilità. Per questo motivo sono necessari due dispositivi di controllo dell’azione: Perdono: aporia (senza passaggio, il perdono è aporetico, è una strada senza uscita) e irreversibilità Promessa: imprevedibilità e caotica incertezza del futuro PROMESSA -Imprevedibilità Atto Politico: un impegno pubblico politico e ne parla in termini di rimedio rispetto all’imprevedibilità del nostro agire. Municipale, una responsabilità che ci assumiamo in pubblico Atto responsivo: implica che io mi assuma delle responsabilità per il futuro rispetto a qualcuno (non può essere fatta nell’isolamento), è un ATTO MORALE molto forte. È una responsabilità che ci assumiamo in pubblico, infatti H sostiene che le promesse debbano essere sempre fatte ad alta voce perché la promessa è fondata sulla pluralità e reciprocità (non può essere recitata a se stessi). Atto Fondativo: attraverso la promessa, quindi mantenendo fede alla parola data a una persona, costruisco relazioni umane in senso autentico. Fa notare come in politica la promessa sia un atto necessario, rivela le persone che siamo, ci rivela come agenti morali, ci costringe ad assumerci delle responsabilità nei confronti degli altri. La promessa è un atto di cura e ci libera dalla animalità. Il tema della animalità e della differenza uomo/animale viene affrontato spesso in Vita Activa in quanto questa è l’opera antropologica di H. H riconosce a Nietsche il merito di aver riconosciuto per primo il valore politico della promessa, ma gli muove anche una critica: infatti Nietsche non parla della promessa come un atto responsivo, di rispetto, responsabilità e cura verso gli altri, bensì ne parla come il segno di una volontà forte, di un IO forte, che gioca tutto sulla propria refenzialità, quindi una volontà indipendente e smarcata dagli altri perché il superuomo di Nietsche non ha bisogno degli altri, usa la promessa per elevarsi al di sopra, portarsi fuori dalla massa/pluralità. H lo vede come un uso strumentale della promessa, un dare per ricevere, mentre la promessa per lei dovrebbe essere un incontro gratuito con l’altro, perché con la promessa non cerco di realizzare un mio utile, è un agire volto al bene altruistico. Non posso essere autoreferenziale come il superuomo. Se pretendo di usare la promessa come strumento, se pretendo di instaurare relazioni basate sul dare per ricevere, il rischio è quello della perdita di mondo. PERDONO -Irreversibilità L’agire umano non è solo imprevedibile, ma anche irreversibile. H fa l’esempio della frittata, una volta che si rompono le uova non si può tornare indietro. Il rimedio a ciò è il Perdono. È un dono che non possiamo fare a noi stessi, quando si commette un’azione che reca un danno a un’altra persona, solo quella persona può concedere il perdono. Il perdono è una salvezza, ci redime, se non fossimo capaci di perdonare non si riuscirebbe mai arimediare alle conseguenze di un errore e rimarremmo invischiati nel desiderio di vendetta. Per spiegarci il perdono, H usa un racconto tratto dalla ballata l’Apprendista Stregone di Goethe (Topolino). Se l’altro perdona cura le nostre ferite. Il perdono non può essere previsto, calcolato o preteso, è un dono inaspettato. A un certo punto qualcuno decide di fare dono della parola che cura e quel qualcuno mette da parte la malefatta subita e ci permette di proseguire con la nostra vita. Il perdono ci salva dalla vendetta, la quale non finisce mai. Per HH Jesus è colui che ha compreso il valore del perdono, però lui è divino, può imporre il perdono. Gli uomini non possono imporrre il perdono, solo donarlo. Si perdona il colpevole, ma non si cancella la colpevolezza. Perdono il peccatore, non il peccato. Non si cancella il gesto, perché ormai il danno è fatto, le uova sono rotte, ma la persona può essere perdonata, cosicchè questa possa essere riabilitata e possa riprendere la sua vita.E porta l’esempio di Gesù e l’adultera. Gesù perdona una donna adultera, non perdona il peccato. Così
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