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Strutture Economiche e Sociali: Teorie di Marx e Agostini - Prof. Sartori, Dispense di Sociologia Economica

Teoria del lavoroEconomia politicaStoria EconomicaSociologia economica

Le teorie di Marx e Agostini sulla struttura economica e sociale. Marx individua i mezzi di produzione come lo strumento intorno al quale si organizza la produzione, creando contraddizioni che portano al capitalismo maturo. Agostini analizza il ruolo dello Stato, la differenziazione sociale e l'organizzazione economica. le teorie di Marx sulla produzione, il ruolo del conflitto sociale e le teorie di Agostini sulla società, l'economia e lo Stato.

Cosa imparerai

  • Che teoria di Marx riguarda i mezzi di produzione e come influiscono sulla produzione?
  • Come le teorie di Marx e Agostini possono essere applicate all'economia moderna?
  • Come Agostini descrive la società e l'economia?
  • Che teoria di Marx riguarda il conflitto sociale?
  • Come lo Stato influenza l'economia secondo Agostini?

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 13/12/2022

bianca-agostini
bianca-agostini 🇮🇹

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Scarica Strutture Economiche e Sociali: Teorie di Marx e Agostini - Prof. Sartori e più Dispense in PDF di Sociologia Economica solo su Docsity! Bianca Agostini – Società ed Economia SOCIETÀ ED ECONOMIA LEZIONE 1 OBIETTIVI:  Comprendere i rapporti tra società ed economia  Fornire gli strumenti per cogliere i cambiamenti tra società ed economia Ci sono due definizioni di economia: 1. Insieme delle attività stabilmente intraprese dai membri di una società per PRODURRE, DISTRIBUIRE e SCAMBIARE beni e servizi; 2. Attività relative alle SCELTE INDIVIDUALI di impiego di risorse scarse, che potrebbero avere usi alternativi, al fine di ottenere il massimo dai propri mezzi La prima definizione include la seconda ma non viceversa. La prima mette l’accento sulla società e sui tre verbi produrre, distribuire e scambiare  livello MACRO Nella prima si cerca di rispondere non solo a bisogni fisici ma anche culturali e istituzionali (es. difesa militare) La seconda mette l’accento sull’individuo  massimizzazione dell’impiego delle risorse scarse – si fanno delle scelte di tipo razionale, del singolo. Questa definizione implica anche domanda e offerta  livello MICRO L’idea che nella definizione di economia compaia anche “distribuire” è abbastanza recente perché è tipica del capitalismo. Non è più solo autoproduzione, entra in gioco un surplus che va distribuito in un mercato  presupposto stesso del capitalismo. MACRO E MICRO ECONOMIA Livello macro: livello collettivo, il singolo individuo si perde Livello micro: riguarda le scelte individuali, massimizzazione individuale La nascita del capitalismo produce delle conseguenze sia a livello macro che a livello micro:  A Livello MACROECONOMICO: ciò che succede è riassunto in “la ricchezza delle nazioni” di Smith  il sistema capitalistico ha influito sulla crescita di ricchezza delle nazioni (PIL)  A Livello MICROECONOMICO: come il singolo lavoratore offre il suo lavoro al mercato del lavoro. ECONOMISTI E SOCIOLOGI ECONOMICI: due ottiche differenti La sociologia economica si chiede come e perché le persone siano arrivate a fare quello che hanno fatto (scelte imprenditoriali, di distribuzione, produzione ecc.)  sono interessati alle motivazioni Bianca Agostini – Società ed Economia che stanno alla base di una determinata scelta. È un’indagine BIDIREZIONALE perché guarda sia al prima che al dopo, sia le CAUSE che le CONSEGUENZE. Guarda i COME e i PERCHÉ (va a ricercare le scelte sociali ma anche istituzionali a livello macro e micro). Il sociologo guarda anche ai condizionamenti che le istituzioni hanno sugli esiti economici e sono interessati alle conseguenze sociali e culturali. Gli economisti invece si chiedono quali sono le conseguenze economiche che derivano da una certa scelta. La sociologia economica studia anche il MUTAMENTO ECONOMICO ( i modi in cui le strutture economiche si differenziano e si autonomizzano dalla società). I sociologi tengono conto, al contrario degli economisti, della differenza spaziale e temporale. LEZIONE 2 IL CONCETTO DI MERCATO, VALORE E PREZZO COS’È IL VALORE? Questa potrebbe essere la domanda che fa nascere l’economia MERCATO: Luogo fisico e non fisico dove si incontrano una domanda e un’offerta (borse, fiere medievali). È un’entità storicamente e fisicamente visibile CAPITALISMO: un tipo di società, la società del consumo che si afferma ne XX sec. ed è l’esito dell’affermarsi di un sistema socioeconomico nuovo che ha origine nel ‘700 ma che si concretizza nella distribuzione, nella produzione e nello scambio solo nel 1900. MAX WEBER: TIPI DI IDEALI La sociologia economica vuole studiare le motivazioni individuali ma c’è il problema della generalizzazione dei risultati. TIPO IDEALE: classificazione che permette di individuare regolarità nei comportamenti che mi permette di semplificare la realtà  modo per generalizzare ma non troppo, non si vogliono cercare leggi generali. È uno strumento analitico. Tra le scienze sociali c'è un continuum in cui da una parte c'è una scienza che guarda al particolare e dall’altra una che guarda al generale. Bianca Agostini – Società ed Economia In queste politiche economiche vengono cagati solo i commercianti e gli agricoltori si offendono  vanno ascoltate anche le loro richieste I FISIOCRATICI (Francia)  QUESNAY in particolare, medico non economista, guarda all’economia del paese come un sistema, un corpo umano. Si trova di fronte a una situazione drammatica degli agricoltori a causa dei nuovi dazi e dice che l’agricoltura è il motore dell’economie e la chiave della produzione. Tre classi: - Agricoltori  producono valore perché lavorano la terra; - Imprenditori manifatturieri trasformano valore; - Proprietari terrieri  classe IMPRODUTTIVA – distribuisce valore a se stessa Obiettivo: tenere bassi i prezzi dei prodotti agricoli. Le teorie di Quesnay si concentrano su chi produce valore. Egli sostiene che bisogna tenere i prezzi bassi dei prodotti agricoli in modo che si possa garantire a tutti una condizione di sussistenza  la catena si può sostenere. 1750-1850: LA SCUOLA CLASSICA Non si guarda più alla terra come l’origine del valore ma è il lavoro che produce valore. Prima della rivoluzione industriale non si era capito il valore del lavoro, quando il singolo comincia a vendere la sua capacità lavorativa sul mercato ecco che si intende che il lavoro diventa centrale per le attività economiche. Prima non si consideravano i lavoratori perché “nessuno era formalmente libero di vendere la propria capacità lavoro sul mercato” (-Weber).  essere liberi di vendere il proprio lavoro è una novità del CAPITALISMO. Si guardano i FATTORI OGGETTIVI che incidono sulla PRODUZIONE: - Chi produce? Chi distribuisce? - Si comincia a parlare di divisione del lavoro; - Differenziazione delle attività economiche (specializzazione dei lavoratori); - C'è interdipendenza della comunità. In questo periodo nasce grazie all’economista ADAM SMITH la SCIENZA ECONOMICA, chiamata inizialmente economia politica per via della stretta dipendenza dalla sfera politica: ha a che fare con i principi di reciprocità e redistribuzione. FINE ‘800: LA SCUOLA NEOCLASSICA Questa scuola si basa sulla svolta marginalistica, c'è un CAMBIO DI PROSPETTIVA, che si basa sull’utilità marginale. Quando è il prezzo che determina il valore (e non viceversa), il livello e la distribuzione del reddito sembrano giustificati, perché c’è un mercato di beni e servizi che genera quel reddito. Bianca Agostini – Società ed Economia I discorsi sulla produttività sono irrilevanti. DIFFERENZE TRA SCUOLA CLASSICA E SCUOLA NEOCLASSICA: FATTORI OGGETTIVI E SOGGETTIVI: - Scuola classica: fattori oggettivi  la produttività è al centro dei ragionamenti economici - Scuola neoclassica: fattori soggettivi  produzione influenzata da scelte individuali QUESTIONE DEL VALORE: - Scuola classica: il valore dipende dal lavoro necessario a produrre i beni, dalla tecnologia e dalle relazioni di potere tra capitale e lavoro (per Smith l’economia è connaturata alla filosofia e alla politica)  è il valore a determinare il prezzo; - Scuola neoclassica: per i marginalisti è il prezzo a determinare il valore e ci sono preferenze individuali che portano a determinate scelte; MERCATO: - Scuola classica: importante il concetto di sovrappiù, quello che il mercato produce in più rispetto alle esigenze di base; - Scuola neoclassica: i marginalisti ragionano in termini di domanda e offerta. PREZZO: - Scuola classica: prezzo naturale  prezzo dato dal valore del lavoro; - Scuola neoclassica: il prezzo dipende dalla domanda e dall’offerta. DOMANDA: - Scuola classica: la domanda dipende dai bisogni, dipende da abitudini di consumo. L’equilibrio tra domanda e offerta permette la riproduzione del sistema economico; - Scuola neoclassica: la domanda dipende dall’utilità, è l’equilibrio tra domanda e offerta che definisce il prezzo (NON il valore). TEORIA DELLA DISTRIBUZIONE ( come si distribuisce il valore tra i tre fattori di produzione: terra, capitale e lavoro): - Scuola classica: teoria (classica) sociale della distribuzione  la distribuzione dei redditi, che caratterizza una società, è basata sulla contrapposizione tra le classi sociali definite in base al loro ruolo nel processo di produzione; - Scuola neoclassica: teoria (neoclassica) funzionale  i marginalisti cambiano paradigma, non abbiamo una teoria sociale della distribuzione, ma una teoria funzionale  ho individui che fanno scelte e regolano domanda e offerta, che incontrandosi determinano il prezzo, chiaramente domanda e offerta sono funzionali alla distribuzione. Bianca Agostini – Società ed Economia PUNTI CARDINE DEL PENSIERO CLASSICO: 1. “ECONOMIA CIRCOLARE” Con la rivoluzione industriale vengono meno quei vincoli sociali ed economici e si forma il mercato del lavoro come oggi lo intendiamo. Il problema dell’economia è che si deve sempre riprodurre, ciclo dopo ciclo si parte con la produzione, poi la distribuzione e poi lo scambio, e si ricomincia. Smith aveva identificato un problema = questo CICLO NON È CONTINUO. I classici individuano il grande problema nella determinazione del prezzo. Il mercato come rete di scambi ripetuti si può inceppare nel momento in cui il valore di ciascuno dei tre fattori (mercato, lavoro e terra) non viene adeguatamente riflesso nel prezzo  non sempre è possibile determinare il prezzo naturale di ciascuno dei tre fattori (ad ex. c’è scarsità di terra e il prezzo della terra può aumentare in maniera non giustificata). A volte questo ciclo economico ha delle falle che insorgono perché il prezzo non è più coerente col valore dei fattori di produzione. 2. DIVISIONE DEL LAVORO  al centro dell’attività economica 3. COSA MUOVE IL CONSUMO? Per i classici non è solo questione di utilità ma bisogna pensare anche all’individuo in sé mosso da passioni ed elementi non razionali (amore, affetto, orgoglio, invidia ecc.) L’imprenditore è infatti anche frenato dalla necessità di avere approvazione sociale  l’imprenditore ha come obiettivo quello di massimizzare la propria utilità marginale e si muove all’interno di un perimetro delineato dalla società. Smith capisce che gli interessi personali guidano l’azione economica  questi interessi personali sono guidati da obiettivi razionali, da una propensione alla massimizzazione dell’utilità  il perseguimento dell’interesse individuale è mediato dalle passioni non razionali. Secondo Smith la morale incide sui comportamenti economici; Per i marginalisti la massimizzazione dell’utilità. sono fondamentali gli elementi razionali e non quelli sociali  il valore non è più dato dai tre fattori di produzione ma dalla SCARSITÀ E DALL’UTILITÀ (più una cosa è scarsa e più è utile). Per loro, mercato = incontro tra domanda e offerta. KARL MARX Per Marx il lavoro definisce il valore (in accordo con i classici). La distribuzione del reddito avviene tra due classi (classe borghese e classe operaia) separate tra chi detiene i mezzi di produzione e chi la forza lavoro. Non guarda alle motivazioni individuali ma a LEGGI GENERALI che spieghino il funzionamento delle attività economiche (queste leggi valgono sia oggi che in futuro). MAX WEBER Contemporaneo ai marginalisti, viene definito il Marx della borghesia  Weber NON CERCA LEGGI GENERALI ma dei TIPI IDEALI che si basano sulle scelte individuali. Giudizi di fatto e giudizi di valore: non si possono esprimere dei giudizi di valore in sociologia, perché è una scienza. Per Weber, al contrario di Marx è la sovrastruttura a determinare la struttura. Bianca Agostini – Società ed Economia efficiente (gafam). La legittimazione sociale è fondamentale per regolare determinati mercati – poi bisogna guardare sia EFFICIENZA che EQUITÀ che vanno insieme. TEORIA DEL VALORE PER I CLASSICI  il lavoro crea valore Smith da una parte sostiene che in una società commerciale non è possibile applicare una teoria del lavoro basata sul valore per stabilire il prezzo naturale delle merci (ci sono le istituzioni in gioco), ma dall’altra parte è convinto che il lavoro alla fine sia la VERA causa del valore  Smith non vede conflitto tra le classi LO SVILUPPO ECONOMICO E LE ISTUTUZIONI Per Smith l’importante è che la nazione cresca in ricchezze, che vi sia quindi un’accumulazione di capitale (che favorisce l’allargamento dei mercati e la divisione del lavoro), perché ciò avvenga ci devono essere delle istituzioni che avvalleranno, supporteranno e legittimeranno questo tipo di operare di mercato. L’importante non è il singolo ma la comunità e se la comunità prospera anche il singolo ne godrà. LA DIVISIONE DEL LAVORO (istituzione): - Specializza l’operaio; - Fa risparmiare tempo; - Aumenta la produttività perché c’è l’innovazione del processo. Affinché si abbia un’effettiva crescita economica occorre che l’accumulazione di capitale sia regolata e stimolata da istituzioni appropriate. Ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico in modo da creare un mercato efficiente:  MERCATO CONCORRENZIALE rispetto al monopolio, ho bisogno di istituzioni che regolino il mercato eliminando le “barriere all’entrata”, ci deve essere PIENA MOBILITÀ DI CAPITALE E LAVORO  critica ai mercantilisti con le loro politiche protezionistiche (che ponevano proprio barriere agli altri paesi). Il Mercato è fatto di tanti piccoli imprenditori [Marx è il primo che capisce che invece il capitalismo spinge questi piccoli imprenditori o a crescere o a sparire]. Per fare sì che il numero degli imprenditori rimanga ampio:  I profitti devono essere contenuti, quindi la concorrenza è una sana concorrenza per Smith  tutti dovrebbero guadagnare il giusto. Quello che viene guadagnato deve essere reinvestito nell’impresa e non può essere intascato dagli imprenditori e stagnare = tutto deve essere mantenuto in circolo.  Smith aveva capito che il benessere del lavoratore era fondamentale all’accumulo della ricchezza  una politica unilaterale di alti salari avrebbe aumentato la produttività dei Bianca Agostini – Società ed Economia lavoratori  per far sì che il mercato rimanga concorrenziale bisogna pagare il giusto prezzo (beni, capitali ma anche lavoratori).  Ci deve essere impegno diretto del capitalista nella sua impresa  deve conoscere la situazione per poter INNOVARE PROCESSO E PRODOTTO, fornendosi delle nuove tecnologie ( dal momento in cui aumenta la dimensione dell’impresa questo è negativo per il capitalismo). È infatti contrario al modello di società per azioni gestita da manager. RUOLO DELLO STATO per la sussistenza del mercato:  Garantisce la proprietà privata;  Garantisce la libertà commerciale;  Tutela i lavoratori;  Fornisce i beni pubblici (istruzione, infrastrutture…). La rendita è ciò che rimane dopo aver pagato i salari e il capitale. LEZIONE 4 MALTHUS e RICARDO COME SI DETERMINANO I PREZZI? Benché appartengano alla scuola classica questi due studiosi avviano la rivoluzione neoclassica. Marx fu allievo di Ricardo e lo critica ferocemente aprendo un suo filone di ricerca che porterà poi alla fondazione della sociologia. Ci furono altri che CRITICARONO LA SCUOLA CLASSICA, soprattutto in Germania:  Storicisti  influenzati dagli idealisti, secondo questi autori i fenomeni economici devono essere storicizzati = i fenomeni economici non possono essere spiegati da leggi generali ma devono essere spiegati in un contesto storicamente determinato e istituzionale (vedono delle differenze di sviluppo – Germania/Inghilterra – non ci può essere una legge generale che spieghi questa cosa). Guardano il singolo evento storico. Si apre lo spazio per interventi di politica economica.  Scuola storica dell’economia  cerca di elaborare delle risposte più scientifiche, non cerca delle leggi ma delle regolarità. Alza lo sguardo dal singolo fenomeno storico. (Smith lega ad ogni fattore di produzione una classe sociale. Il prezzo è legato ad una classe sociale.) 1. Si comincia a tralasciare la dinamica (sono inglesi, lo sviluppo è già avviato) e questi studiosi fondano la loro analisi sulla statica. 2. M e R cominciano a vedere gli aspetti negativi dell’industrializzazione, problemi di immigrazione, igiene, sovraffollamento… (Malthus si concentra infatti sull’esplosione demografica) Bianca Agostini – Società ed Economia 3. Visione più pessimistica rispetto a quella di Smith chiaramente, circa i LIMITI DI SVILUPPO DEL SISTEMA CAPITALISTICO = LIMITI NATURALI DELLO SVILUPPO ECONOMICO (naturali perché sono collegati naturalmente all’economia). es. il mercato si sviluppa  crescita della popolazione  manca il cibo perché manca la terra. Se questi limiti sono naturali non si può intervenire con politiche economiche  il ruolo dello stato è ridotto. Conclusione: il SISTEMA STUDIATO DA SMITH ha sì dei limiti ma meglio della situazione economica che c’era prima  è il MALE MINORE. Malthus e Ricardo mettono per la prima volta in evidenza i problemi dell’operare del meccanismo di mercato. MALTHUS: ferrea legge del salario  salario maggiore = aumento incontrollato dei lavoratori il salario è legato alla sussistenza – se cominciamo ad alzare il salario - aumenta la natalità - aumentano i lavoratori – aumenta la forza lavoro – più concorrenza tra i lavoratori – il prezzo si abbassa – si abbassa il salario – si abbassa la natalità e via così.  “la fame bilancia gli eccessi del sesso”. La MISERIA È UN FATTORE NATURALE e non ci si può fare nulla a riguardo e quindi non è un problema sociale. Quindi attacca dei provvedimenti che il governo inglese sta prendendo per proteggere i poveri le cosiddette “poor law”  questo approccio porterà alla rivoluzione marginalista.  Per Smith il problema dello sviluppo porta a integrare economia e sociologia  ci sono norme sociali che fanno tendere al profitto e c’è in ballo l’approvazione sociale (Veblen e Schumpeter).  Per Malthus e Ricardo l’economia e la sociologia possono convivere su strade parallele  le istituzioni non sono rilevanti perché i limiti sono naturali non sociali (pessimisti) e quindi le istituzioni non influiscono sul comportamento dell’attore economico. Studiano la propensione al profitto dimenticandosi dell’approvazione sociale. M e R  L’astrazione analitica delle loro leggi economiche generali va a discapito dell’aderenza empirica di una teoria. KARL MARX (1818-1883) Viene formato da Ricardo e ne viene influenzato quando ricerca delle leggi generali perché ha l’idea della PREVISIONE  si possono quindi prevenire le falle e intervenire sulle strutture del capitalismo (conclusione diversa da M e R). PUNTI CHIAVE di KARL MARX:  Critica dell’economia classica;  Visione dialettica  Marx ribalta la visione di Hegel. È la struttura (economia) che determina la sovrastruttura (cultura).  non sono le idee a influenzare l’economia Bianca Agostini – Società ed Economia Conseguenza degli enclosure act: o Molti piccoli proprietari con poco terreno  puntano alla sussistenza; o Pochi grandi proprietari con molto terreno  hanno una motivazione a partecipare al processo economico diversa, in modo innovativo per aumentare la produttività. (l’innovazione agricola che ha seguito gli enclusure act ha aumentato la produttività del settore agricolo del 90% in 100 anni). La redistribuzione della terra ha portato anche alla redistribuzione delle terre ecclesiastiche. Bisogna sottolineare come il quadro istituzionale sia stato cambiato da un fattore politico. La disuguaglianza alla base del conflitto di classe è causata da fattori politici non economici. PROBLEMI DEL MECCANISMO CAPITALISTICO Tutto parte dalla domanda, QUALI SONO LE ORIGINI DEL PROFITTO? La forza lavoro acquistata dal capitalista crea più valore di quello necessario per acquistarla, cioè del salario  questa differenza costituisce un PLUSLAVORO che è fonte di PLUSVALORE che corrisponde al PROFITTO. È interesse del capitalista aumentare la differenza tra salario e plusvalore (tasso di sfruttamento) o allungando la giornata lavorativa o riducendo il salario a parità di orario. Il profitto dipende anche dal rapporto tra CAPITALE VARIABILE (investito nei salari) e CAPITALE COSTANTE (investito nei macchinari e in tutto ciò che serve al funzionamento della fabbrica) = “composizione organica del capitale” Il capitalista tende a investire in misura maggiore nel capitale fisso perché il capitale variabile ha il problema della prevedibilità. Se io aumento il capitale costante avrò meno plusvalore perché viene ridotta la forza lavoro  calano i profitti  problemi nel garantire la ciclicità del processo produttivo. In una situazione di concorrenza i capitalisti utilizzano una certa quota di lavoro e di capitale per rimanere al passo investendo in innovazioni tecnologiche (capitale fisso). Questi godranno di maggiori profitti fin quando anche gli altri imprenditori non adotteranno le stesse innovazioni  questo meccanismo ha diverse conseguenze:  Aumenta la disoccupazione per l’innovazione tecnologica  esercito industriale di riserva che si ingrossa (tutta la forza lavoro che eccede, i disoccupati). Se il ciclo economico parte  aumenta la domanda di lavoro  si riduce l’esercito  aumenta il salario  diminuiscono i profitti per il capitalista  calo della domanda di lavoro  abbassamento del salario e tendenza a sostituire il lavoro con le macchine;  Marx è il primo a individuare nella meccanizzazione un importante fattore produttivo perché porta ad un aumento della dimensione media dell’impresa aumentandone la produttività  il numero di produttori diminuisce, c'è meno spazio per la concorrenza  tendenza al monopolio. Bianca Agostini – Società ed Economia  Focalizzandosi sulle CONDIZIONI DI LAVORO pessime DELLA CLASSE OPERAIA Marx individua una CONDIZIONE di ALIENAZIONE nell’operaio rispetto al processo produttivo (vedeva già i lavoratori come appendici delle macchine); Le conseguenze negative per i capitalisti riguardano:  La concorrenza  il capitalista deve agire o sul capitale fisso o sul capitale variabile  lavorando su quello variabile decide di aumentare l’orario di lavoro, ma a parità di salario?  Caduta tendenziale del saggio di profitto  se tendo a sostituire il lavoro con macchine diminuisce il plusvalore e quindi diminuiscono i profitti. In questo meccanismo Marx individua delle contraddizioni: ( germi di autodistruzione del capitalismo  esplosione del conflitto sociale  superamento dei rapporti di produzione). Queste sono le premesse al cambiamento rivoluzionario  ma queste premesse hanno bisogno, per essere attivate, di un SOGGETTO SOCIALE proattivo  la classe operaia per Marx. LIMITI DELL’ANALISI DI MARX Lui aggancia la struttura economica a quella sociale. 1. SOTTOVALUTAZIONE DELLA CAPACITÀ DI RIPRODUZIONE DEL CAPITALISMO: sottovalutazione della capacità di questo sistema economico di sopravvivere a discapito delle contraddizioni. Il capitalismo ha la capacità di trovare aree non regolata dal mercato, ma dalla reciprocità, per esempio, e di fagocitarla (Viviana Zelizer  come il mercato si sia impossessato del mercato della morte e di dare inizio al mercato delle ASSICURAZIONI); 2. SOPRAVVALUTAZIONE DEL CONFLITTO DI CLASSE: è tutto organizzato attorno a questo conflitto di classe  Marx da troppa fiducia alla capacità della classe operaia di organizzarsi  difficoltà di trasformarsi da una classe in sé a una classe per sé, ovvero sviluppare una coscienza di classe. Marx dava quasi per scontato che la classe operaia si sarebbe saputa organizzare. Ha troppa fiducia nella classe operaia perché guarda solo alla condizione oggettiva della struttura, non si sofferma a osservare quei fattori NON economici che entrano in gioco. Ci deve essere il passaggio da un aggregato funzionale ad un attore storico. 3. Un altro errore di Marx è quello di NON AVER ATTRIBUITO ALLO STATO UN GIUSTO RUOLO  Quando emergono dal basso nuove domande sociali bisogna rispondere per evitare il conflitto, Marx non prevede appunto un pensato ruolo dello Stato che dovrebbe intervenire in questi casi. Dagli stessi interessi non per forza derivano gli stessi modi di operare. Perché la rivoluzione proletaria è avvenuta in Russia e non in Inghilterra per esempio? In Russia le forze produttive erano molto più arretrate e lo stato era molto meno presente. CRITICA DEGLI ANNI ‘50/’60 Bianca Agostini – Società ed Economia Marx ha visto solo le prime conseguenze negative del capitalismo, non ha potute vedere le conseguenze positive del meccanismo di mercato  come la crescita del benessere collettivo e della ricchezza  incide sui rapporti di classe, migliorandoli in certi periodi storici perché può diminuire la polarizzazione delle ricchezze  diminuisce il conflitto. Marx ha cercato di spiegare l’origine del capitalismo  contributo innovativo La sua schematicità trova i suoi limiti nella sua durezza. Fa un’analisi istituzionale dell’economia. RIVOLUZIONE MARGINALISTA LO SPAZIO ANALITICO DELLA TEORIA NEOCLASSICA:  I neoclassici si concentrano sullo studio della statica  allocazione efficiente delle risorse;  Approccio deduttivo (se A allora B);  I neoclassici cercano i modi più efficienti per allocare le risorse in modo a massimizzare l’utilità del prodotto;  TEORIA DELLA SCELTA I consumatori hanno delle preferenze - per aumentare la propria utilità/soddisfazione acquistano  l’economia diventa una teoria della scelta del consumatore;  TEORIA DEGLI ATOMI: se il mercato è un insieme di singoli individui atomizzati che esprimono le loro preferenze oggettive consumando, si crea un reticolo  gli uomini sono ‘embedded’ in una rete sociale  istituzioni e economia si separano;  I singoli individui esprimono le preferenze in base a un calcolo razionale con l’unico fine di MASSIMIZZARE LA PROPRIA UTILITÀ;  La variabilità dell’economia non è prevista dai neoclassici  dicono che nel lungo termine tutto si pareggerà.  la sociologia nasce proprio in risposta alla svolta marginalista, per tappare i buchi dell’analisi. Rovesciano l’ottica di Smith, non ci sono più i fattori di produzione al centro ( se c'è un prezzo c'è un MERCATO  visione oggettiva, i prezzi sono un indicatore oggettivo dell’andamento del mercato). I marginalisti infatti mettono al centro una VISIONE SOGGETTIVA del consumatore o dell’imprenditore. PRINCIPIO DI UTILITÀ MARGINALE: Principio attorno al quale si costruisce tutto il pensiero neoclassico:  L’utilità marginale corrisponde a quanto si è disposti a pagare in più, rispetto al prezzo di base, per un pezzo in più di quella cosa  l’utilità marginale è decrescente;  Quanto sono disposto a lottare con i miei simili per accaparrarmi una merce?  Un contesto di incertezza aumenta di gran lunga l’utilità marginale che supera il prezzo di produzione  Se aumenta l’utilità marginale il prezzo cresce;  Il prezzo riflette la soddisfazione/utilità che ognuno di noi ha nell’ottenere un’unità in più di un determinato bene  C'è un momento di pareggio tra prezzo e utilità marginale, di equilibrio, che andrà sempre ricercato. Bianca Agostini – Società ed Economia La burocrazia, insieme al capitalismo, è parte del processo di razionalizzazione progressiva delle motivazioni individuali. L’attore si adopera in azioni economiche socialmente orientate (perché influenzato)  TIPOLOGIE DI AZIONI:  Azioni tradizionali  legate a usi, abitudini, affetti;  Azioni razionali (rispetto a un valore)  es. capitano che quando la nave sta affondando non abbandona la nave – valore della solidarietà;  Azioni razionali (rispetto a uno scopo)  quella dell’imprenditore nei confronti del profitto;  Motivazioni legate alle convenzioni L’efficacia della sociologia sta nella conoscenza sufficientemente precisa di comportamenti generali tanto da rimanere aderente alla realtà ma allo stesso tempo permettere di astrarsi leggermente e analizzare più fenomeni. LEZIONE 7 (da leggere la politica come professione e la scienza come professione) Sociologia economica  studio dei mutamenti nel tempo e nello spazio dei sistemi economici. Qualsiasi tipo di analisi dei rapporti tra economia e società sono limitate nel tempo e nello spazio. SIMMEL (1858-1918) Tedesco, vita accidentata (famiglia di ceto medio-basso, carriera accademica turbolenta) la sua vita influenzerà la sua analisi. SIMMEL CONCETTI CHIAVE:  Vede il capitalismo come un problema  vuole cercare una soluzione al problema Guarda più che altro alle conseguenze del capitalismo  conseguenze del meccanismo di mercato sull’individuo  capitalismo = fase di questo processo di modernizzazione della società;  Importanza delle istituzioni;  Individualizzazione, modernizzazione  studia come la società moderna (complessa) si differenzia da quella tradizionale (semplice);  Differenziazione delle cerchie sociali  Importanza dei gruppi sociali e dei soggetti marginali;  Denaro sia come opportunità che come vincolo - ‘FILOSOFIA DEL DENARO’  Parla dell’economia monetaria;  Consumi nella società moderna. Simmel crede che sia fondamentale studiare gli individui per capire come la società si modernizza  studia i gruppi sociali, come si creano e come interagiscono. Bianca Agostini – Società ed Economia Parla per primo di moda come espressione dei gruppi sociali  fenomeni di imitazione sociale. Simmel parla anche di GEOMETRIE SOCIALI: es. comportamenti richiesti alla corte del re sole e comportamenti all’interno della corte imperiale austro ungarica  bisogna vedere la struttura sociale che supporta un comportamento sociale  non gli interessa solo lo studio dell’individuo specifico – astrae un pochino per poter studiare tanti tipi. DIFFERENZIAZIONE DELLE CERCHIE SOCIALI (gruppi a cui si appartiene): a Simmel interessano le strutture sociali ( azioni individuali, azioni in una diade, una triade)  il numero di cerchie sociali è maggiore nella società moderna  la libertà personale è maggiore. Quindi ognuno è libero di SCEGLIERE le persone con cui avere rapporti. Le società tradizionali non differenziate hanno una vocazione totalizzante = omogeneizzazione sociale. La società moderna ha invece una vocazione individualizzante  l’individuo possiede la liberà di scegliere le cerchie sociali con cui desidera interagire. AFFERMAZIONE DELL’ECONOMIA MONETARIA: Economia monetaria = economia basata sull’uso della moneta per scambi economici su una scala sempre più ampia (nella storia)  caratteristica del sistema capitalistico. Come si arriva ad avere un’economia organizzata, basata sulla moneta? (“Filosofia Del Denaro”) C'è bisogno che si crei una fiducia nel denaro, garantita anche da fattori istituzionali (la legittimazione e l’efficacia del potere politico e le garanzie fornite dall’ordinamento giuridico) capaci di fornire garanzie di reciproca protezione. Affermazione del denaro  si afferma poco alla volta nel corso della storia  il denaro è sempre esistito, ma la moneta è tipica del capitalismo (la moneta modifica i rapporti, autonomizza il “contadino” dal “signore”): Il denaro permette di allontanarsi dall’idea di corporazione medievale, che non si limitava a definire solo il lavoro ma anche la vita extra lavorativa (la corporazione controllava sia la vita pubblica che quella privata)  fa crescere la libertà individuale. Esiste secondo Simmel una tendenza all’individualizzazione che però non rischierà di sfociare nell’egoismo perché la società non è fatta di atomi (“come minimo siamo in due”)  tutte le azioni dell’uomo sono socialmente orientate sia perché hanno sempre una controparte sia perché avvengono in un contesto istituzionale (istituzioni = complesso di norme che regolano le azioni)  le ISTITUZIONI sono sia un’opportunità che un vincolo:  Nascono dalle interazioni;  Durano più della vita del singolo, sono viste come un riferimento Lo Stato è un’istituzione*, crea appunto sia delle opportunità che dei vincoli. Bianca Agostini – Società ed Economia  Ad un certo punto si OGGETTIVIZZANO, diventano indipendenti da ciò che le ha create e influenzano la società;  Riflettono il processo di differenziazione. IL DENARO È UN PERFETTO ESEMPIO DI ISTITUZIONE pubblica  mette insieme valore economico e valore sociale. Il denaro nasce in risposta al commercio su larga scala, quando si oggettivizza, pone dei vincoli all’azione sociale (avere o non avere denaro cambia – la concentrazione di denaro presuppone degli sbilanci di potere). È longevo e nasce per mediare tra le cerchie sociali (comincia a essere necessario quando inizia questo processo di differenziazione perché serve per regolare i rapporti tra le diverse cerchie, in una società semplice non serve nulla di esterno ai ‘due contraenti’ per regolare i loro rapporti). La moneta è un segnale concreto della presenza dell’autorità (monete romane con le facce degli imperatori). Il denaro è, secondo Simmel, una costruzione sociale  anche quando il denaro si oggettivizza rimane dipendente dal contesto sociale (la concezione del denaro cambia nel tempo). Il denaro è anche una costruzione politica (euro – che emerge da una serie di trattati che sono emersi dalle relazioni tra stati) Denaro come entità duale  può essere sia unificante (€) che disgregante  analisi sulle CONSEGUENZE DELL’ECONOMIA MONETARIA:  La moneta allontana la diade che ha sempre scambiato  su piccola scala non c'è neanche bisogno di moneta, c'era il baratto, man mano invece che la scala si allarga mi serve qualcosa per mantenere il contatto diretto, la moneta  il denaro sostiene relazioni sempre più individualizzanti e astratte  permette che una relazione sociale venga portata a termine anche su una scala geografica molto ampia;  Istaura relazioni tra persone che tendono a diventare sempre più disgregate  il denaro può sì unire, perché può creare dei rapporti di fiducia, ha una struttura sociale, ma può anche disgregare perché oggettivizza allo stesso tempo tutti i rapporti in cui è compreso (prostituzione); MONETE COMPLEMENTARI: moneta attiva in un territorio specifico, c'è un’autorità che regola e serve per facilitare degli scambi economici (sardex, banche del tempo). Sono complementari alla moneta ufficiale. MONETE ALTERNATIVE: visione di alterità, eliminazione della moneta ufficiale e sostituzione della moneta ufficiale (bitcoin  progetto di disintermediazione della moneta ufficiale e quindi disintermediare lo stato e ancora di più le banche) La concezione del denaro quindi cambia nel tempo e nello spazio: Bianca Agostini – Società ed Economia Ci sono dei fattori come quello della peste che fanno sì che non sia più possibile fare scambi in natura e il DENARO comincia a diventare NECESSARIO  aumenta così la LIBERTÀ INDIVIDUALE – AUTONOMIA dalle cerchie economiche e politiche (i primi contadini cominciano ad acquistare le terre). La capacità commerciale nasce anche prima del capitalismo  in questo periodo questa capacità commerciale va ad occupare mercati di piccola scala (non come nello stato romano dove tutte le tratte commerciali e le infrastrutture erano pubbliche e gestite dall’impero). In questa situazione si parla di una RIVOLUZIONE COMMERCIALE  sulla lunga distanza ci sono commerci fiorenti e a livello locale c'è una rete di mercati rurali che si affianca a mercati cittadini che rappresentano una grande novità  sviluppo dei primi mercati internazionali dove si scambiano beni di media qualità (panni di lana dalle Fiandre che vengono distribuite in tutta Europa). Questa rivoluzione consiste:  Introduzione del conto corrente  Fondazione di società commerciali (soci e investitori)  Nascita del contratto di cambio  possibilità di non portare sempre dietro del denaro (il denaro ha quindi assunto una forma oggettiva di lettera di cambio) Tutto ciò porta dei cambiamenti nella specializzazione produttiva e nella struttura di consumo LA PESTE ha diverse conseguenze:  Carestia degli uomini (soprattutto nelle città) / meno bocche da sfamare – la terra viene lavorata in modo meno intensivo – prezzi dei beni più basso Meno persone in città, riduzione dell’esercito di riserva  ricerca di mano d’opera dalle campagne  Cambiamento delle strutture ereditarie  ci possono essere famiglie che rimangono senza eredi e altre che si arricchiranno dalla sera alla mattina  si rimescola la struttura sociale (redistribuzione di Polanyi)  shock esterno Estrarre individui da un sistema politico e sociale è possibile anche grazie a shock esterni anche grazie ad una pandemia. Caratteristica della società capitalistica è che le opportunità economiche non sono più dipendenti dal potere politico ma si trovano nel mercato. SOMBART (1863 -1941) Sombart, sociologo tedesco, riesce a vedere il fiorire del capitalismo ma anche il suo tramonto. Bianca Agostini – Società ed Economia 1902: “IL CAPITALISMO MODERNO”  offre uno strumento analitico per analizzare il capitalismo moderno, il SISTEMA ECONOMICO che ha tre dimensioni analitiche:  Mentalità economica / spirito economico : atteggiamento del singolo operatore economico. - Capitalismo: la mentalità è orientata al mercato, al profitto, (orientamento acquisitivo)  necessità di calcolare e razionalizzare  una mentalità razionalistica è facile che porti delle innovazioni. - Pre capitalismo: la produzione è orientata al consumo e alla copertura del fabbisogno  mentalità tradizionalistica.  Organizzazione economica: complesso di norme formali e informali che regolano l’esercizio delle attività economiche dei soggetti in una determinata società. - Capitalismo  Libertà economica vasta e giuridicamente riconosciuta / mezzi di produzione privati. - Pre capitalismo  non c'è libertà economica giuridicamente riconosciuta perché il mercato non è indipendente dal potere politico / mezzi di produzione pubblici.  Tecnica economica - Capitalismo  la tecnica è fondamentale ed è basata su esperimenti scientifici e dati empirici - Pre capitalismo  conoscenze tramandate dalla tradizione PRECAPITALISMO CAPITALISMO CAPITALISMO MATURO MENTALITÀ ECONOMICA Mentalità orientata al consumo e alla copertura del fabbisogno Mentalità orientata al profitto, di tipo acquisitivo Viene meno la matrice religiosa ma c’è un nuovo senso del dovere Spirito tradizionalistico  obbedienza passiva a regole tramandate Spirito razionalistico  aperto all’innovazione e a nuove tecniche Spirito solidaristico Spirito individualistico ORGANIZZAZIO NE ECONOMICA Comportamento economico legato alla politica (corporazioni) Libertà economica giuridicamente riconosciuta (forza lavoro libera) Progressiva razionalizzazione Mezzi di produzione di pubblica proprietà Proprietà privata dei mezzi di produzione TECNICA Conoscenze empiriche per la produzione tramandate dalla tradizione Tecniche di produzione scientifiche e basate su dati empirici Bianca Agostini – Società ed Economia Si definiscono così due tipi ideali di sistema economico, che sono astrazioni analitiche e che quindi non aderiscono perfettamente alla realtà ma permettono comunque di analizzare la maggior parte dei sistemi. In ogni epoca prevale una determinata forma economica:  Che cosa contribuisce a far nascere il capitalismo moderno;  Riflettore sugli imprenditori  forza motrice del capitalismo. IMPRENDITORI Portatori di una nuova mentalità economica, riescono a dare una nuova forma all’organizzazione economica grazie a tecniche moderne  ciò dipende molto sia dall’inclinazione personale che dalle istituzioni. Gli imprenditori sono quei soggetti che ‘fanno scoccare la scintilla’ dello sviluppo capitalistico. In questi individui (mentalità moderna) c'è la fusione di uno spirito imprenditoriale (mentalità economica acquisitiva volta al profitto) e di uno spirito borghese (“propensione all’ordinata amministrazione del capitale”: razionalità nel gestire. Lo spirito borghese riflette un nuovo gruppo sociale che è riuscito a razionalizzare l’attività produttiva e l’uso del capitale). L’imprenditore è spinto anche dal riconoscimento sociale. Sombart: lo spirito di intrapresa spinge verso una progressiva laicizzazione delle istituzioni – progressiva autonomizzazione dell’individuo dalla sfera regolata dalla religione – la politica poi va verso lo Stato moderno e si espande il campo della conoscenza scientifica. Solo in seguito questo spirito si espande in campo economico, lo spirito dell’acquisività (imprenditoriale) si identifica con una ricerca di guadagno che andrà a regolare la produzione. Lo spirito imprenditoriale è sempre esistito ma adesso può esprimersi perché la politica non regola più l’economia. Sombart è il primo che mette in evidenza come questo spirito imprenditoriale abbia una matrice culturale  etica del lavoro  matrice cristiana  matrice urbana (fine ‘700-‘800) QUALI GRUPPI SOCIALI HANNO CONTRIBUITO AD ALIMENTARE L’IMPRENDITORIALITÀ BORGHESE? I gruppi marginali, gli emarginati, in particolare ERETICI, STRANIERI ed EBREI. - Gli eretici: non hanno accesso agli incarichi pubblici  si possono solo dedicare all’attività economica. - In particolare, gli stranieri, sono un gruppo marginale in cui si vede questo spirito borghese  i processi migratori sono portatori dello spirito di intrapresa. Infatti chi emigra? Chi cerca migliori opportunità, chi ha spirito di intrapresa, chi è più propenso al rischio. A volte emigrare è l’unica possibilità per rompere l’immobilità sociale. Bianca Agostini – Società ed Economia per esempio ad una “disciplina di fabbrica” Gli imprenditori hanno bisogno di razionalizzare la forza lavoro e il processo economico ma hanno a che fare con una massa di operai che non sono abituati alla vita di fabbrica e devono essere educati. C'è bisogno di insegnare un tipo di lavoro sempre più specializzato (il numero di operai specializzati e molto piccolo e il costo del lavoro specializzato è più alto  si spezzetta il lavoro in modo che le competenze richieste siano minime) e fare sì che si accetti culturalmente la posizione che si occupa lungo la divisione del lavoro  sì accetto una posizione subordinata affinché il conflitto rimanga sotto controllo. Sombart dice che questa spinta degli imprenditori è collegabile all’ influenza protestante  educazione economica, impegno nel lavoro, disciplina. - IMPRESA: insiste su come questa razionalizzazione degli imprenditori porti ad aumentare la dimensione media delle aziende e si innesca la deconcretizzazione del ruolo dell’imprenditore  l’azienda diventa un vero e proprio organismo burocratico regolata da prescrizioni definite con gerarchie e procedure. L’azienda si spersonalizza  c'è meno spazio per il guizzo personale dell’imprenditore, si perdono i rapporti personali tra capitalista e operaio. Si punta solo a produrre di più a un costo minore  condensazione aziendale, standardizzazione del prodotto e produzione di massa. - CONSUMO: per quanto riguarda i consumi, si STANDARDIZZANO anche grazie all’influenza delle aziende stesse. Grazie alla MODA i bisogni si uniformano: o miglioramento delle vie di comunicazione  urbanizzazione  nuovi posti di lavoro o MODA  effetto imitativo tipico della città Sombart è il primo a guardare all’azienda con un ruolo attivo che può influenzare il consumatore  pubblicità. ELEMENTI COGNITIVI: hanno a che fare con la conoscenza del singolo ELEMENTI NORMATIVI: le norme che orientano, valori che sono stati improntati nella formazione dei primi imprenditori (spirito borghese dalla matrice religiosa) CONSEGUENZE DEL CAPITALISMO MATURO:  Aumento spropositato della proletarizzazione;  Nascita del movimento operaio (non lo vede necessariamente come un elemento negativo)  i lavoratori si organizzano  ciò permette di tenere sotto controllo il conflitto sociale – Sombart dice che gli imprenditori potrebbero anche essere disposti ad innovare per andare incontro ai lavoratori. Sombart: il capitalismo non è destinato a crollare (vedi Marx)  Marx sottovaluta gli imprenditori, non da spazio agli individui Nel tardo capitalismo vediamo un ritorno dello Stato in economia  aumento della regolazione politica dell’economia (politiche in favore dei lavoratori). Bianca Agostini – Società ed Economia Il capitalismo maturo a causa di questi granelli di sabbia (nuove domande sociali  viste sia in modo positivo che come problema per il capitalismo,) tende a andare verso un indebolimento al proprio interno. Questo indebolimento del tardo capitalismo viene dalla mentalità economica  se all’inizio lo spirito economico era spinto da una matrice religiosa adesso questa si sta indebolendo e lo spirito imprenditoriale, di intrapresa si indebolisce. 1905: “PERCHÉ NEGLI STATI UNITI NON ESISTE IL SOCIALISMO” – Sombart. 1. Causa politica: la politica è fondata su un sistema bipartitico  non si riesce ad organizzare un terzo partito perché il sistema politico americano riesce a contenere il dissenso, si riesce a cooptare il dissenso (tra fine 800 e inizio 900 in Europa nascevano i partiti di sinistra che organizzavano il dissenso). I due partiti mangiano il conflitto alla base. - SPOIL SYSTEM  tutte le cariche amministrative vengono sostituite da uomini del presidente entrante  così si riesce a disinnescare il conflitto. - I grandi fondi disponibili per la campagna elettorale permettono di organizzare il consenso; - La partecipazione politica non è guidata dal valore (destra e sinistra) ma entrare a far parte di un partito per il desiderio di ottenere una carica e quindi elimina motivi di conflitto. 2. La classe operaia americana aspira a diventare classe media, ciò vuol dire che aspirava ad avere gli stessi consumi  quindi l’operaio non ha aspirazioni in conflitto con la classe media ma di continuità (l’operaio americano ha il doppio del potere d’acquisto a parità di salario di un operaio tedesco, ma perché? Le case costavano meno, ce n’erano molte ma soprattutto perché non c'è stigma sociale  aspirare ad una classe superiore non è associato a stigma sociale. In America non c'è soggezione per il potere, per la differenza di classe, non si osservano le norme formali di saluto che erano diffuse in Europa). 3. In America il lavoro è visto come ascensore sociale e non come oppressione come in Europa. La classe operaia americana è una classe in sé e non per sé  c'è la possibilità di migliorarsi. (razionalizzare il processo produttivo in America = “suggestion box”) 4. Se l’operario americano “sta per scoppiare” può scappare verso l’ovest  ha sempre un’opzione di EXIT  depotenzia il conflitto. La colonizzazione è iniziata ad Est e l’idea di fuga verso Ovest si è protratta perché il governo americano ha privatizzato più volte una serie di terreni disponibili per la popolazione (casa nella prateria)  questa cosa di poter scegliere sempre l’EXIT, del poter sempre estraniarsi da un’istituzione per farcela “da solo” ha contribuito ad aumentare spaventosamente il carattere individualista americano. “Davanti al roastbeef e all’apple pie tutte le utopie socialiste si sono infrante” Sombart produce un vero esempio di analisi sociologica  ci si pone un interrogativo di ricerca si fa un’analisi empirica della realtà e si risponde alla domanda. Share holder – azionisti Bianca Agostini – Società ed Economia WEBER (1864-1920) Autore di numerosissime opere ed indagini fondamentali per la nascita della sociologia. Prima di scrivere le sue grandi opere fa una tesi di dottorato sulla storia agraria romana in cui si pone gli stessi quesiti che lo spingono a studiare il sistema capitalistico. Studia la nascita della borsa e la condizione dei contadini all’est dell’Elba (perché la campagna è organizzata in un determinato modo, perché i contadini preferiscono rimanere sudditi invece che seguire le migrazioni verso la città?). Come nasce il capitalismo moderno?  Perché in occidente e non in oriente?  Studi sulla città;  In cosa consiste questa razionalizzazione del capitalismo;  Pone l’attenzione sugli elementi istituzionali e quindi non economici (da buon sociologo) che stanno alla base del capitalismo ( opposto di Marx: è la sovrastruttura che influenza la struttura secondo Weber);  Accende il riflettore sull’imprenditorialità (lo spirito capitalistico) che ha una matrice religiosa, protestante calvinista. “Storia economica” Opera complessa in cui cerca di capire come si è potuto passare da un’organizzazione tipica dell’impero romano ad un sistema feudale e infine alla nascita del capitalismo. “Etica protestante e spirito capitalistico” Ci sono collegamenti tra il capitalismo e l’etica protestante? L’influenza dell’etica religiosa influisce su una certa condotta economica di tipo razionale e da impulso alla nascita del capitalismo. “La borsa” - 1894 Studia il mercato come luogo fisico dove si esplica l’economia e quindi la borsa. Studia la differenza tra le borse di Parigi, Berlino e Londra. “Dalla terra alla fabbrica” (insieme di saggi)  condizione dei contadini dell’Est della Germania. ELEMENTI NON ECONOMICI INFLUENZANO PESANTEMENTE COMPORTAMENTI ECONOMICI: LA BORSA (1894) A fine ‘800 la borsa si era già affermata come la immaginiamo oggi e nasceva come l’evoluzione delle fiere. In quest’opera Weber descrive la storia delle borse e la loro struttura. La borsa ha diverse funzioni: Bianca Agostini – Società ed Economia Non è solo il mercato che spiega il fenomeno economico (influiscono anche elementi istituzionali, in questo caso il sistema degli obblighi legato al feudalesimo e la vicinanza alle città). IL CAPITALISMO MODERNO Secondo Weber il CAPITALISMO MODERNO è una forma di ORGANIZZAZIONE ECONOMICA dove: 1. Le imprese private producono beni da scambiare sul mercato e non per l’autoconsumo  i bisogni vengono soddisfatti tramite il mercato; 2. Si calcola razionalmente il capitale  aspettativa di profitto. Si separa il patrimonio di famiglia da quello d’impresa che permette di calcolare più facilmente la redditività. Impiego di innovazioni come la contabilità; 3. Si impiega forza lavoro salariato formalmente libera (non schiavi)  strettamente legato al secondo punto  questo fatto spinge a sua volta la razionalizzazione della contabilità perché è nell’interesse dal lavoratore essere contrattualizzato e anche perché sapendo quanto mi costa il lavoro posso calcolare in anticipo i costi dei prodotti. Questa definizione di capitalismo permette a Weber di distinguere il capitalismo moderno da altre forme di organizzazione economica che hanno come obiettivo il profitto (secondo Weber la ricerca del profitto è sempre esistita). Il capitalismo moderno è caratterizzato dalla ricerca di profitto nella sfera della produzione per il mercato, tramite lavoro salariato. Prima la ricerca del profitto caratterizzava altre sfere. PRIMA DEL CAPITALISMO MODERNO: Le opportunità economiche ci sono ma dipendono dall’autorità politica (basato sull’uso della forza)  capitalismo d’avventura (guerra, pirateria…) e capitalismo politico (uso di risorse garantite dallo Stato). A Weber non interessa ricercare come il capitalismo sia nato ma piuttosto quando e come lo spirito d’impresa borghese con la sua organizzazione razionale del lavoro libero si è diffuso e quindi chiarire le specificità dello SVILUPPO STORICO DELL’OCCIDENTE che hanno permesso questo fenomeno. LO SPIRITO CAPITALISTICO Orientamento economico tradizionalistico: - In passato il profitto non era pienamente giustificato dal punto di vista etico ma tollerato solo al di fuori delle cerchie sociali più strette (familiari, comunitarie); - L’acquisitività si manifestava nel commercio, nella guerra, nella pirateria, non investiva la sfera della produzione. Spirito del capitalismo: Bianca Agostini – Società ed Economia - La ricerca del profitto viene tollerata anche in cerchie più ristrette, ed è incoraggiata e giustificata anche sul piano etico. L’impegno nel lavoro diventa un dovere etico e ogni godimento spensierato viene condannato  non si devono accumulare i soldi ma vanno reinvestiti; - Ricerca del profitto nel campo della produzione (si rompe la staticità dell’economia tradizionale). L’imprenditore innova il processo produttivo e combina in modo diverso e più efficiente i tre fattori di produzione, si forma una nuova classe sociale dotata di un grande spirito di intrapresa che riesce ad affermarsi socialmente grazie alle sue qualità etiche fortemente associate a un’etica religiosa. L’imprenditore non è SOLO mosso dal voler fare profitto ma è anche mosso da una forte etica religiosa. La diffusione dello spirito capitalistico è dovuta secondo Weber alla diffusione dell’etica religiosa protestante, variante calvinista. I calvinisti sono orientati verso un’ascesi intramondana, IDEA DELLA PREDESTINAZIONE (chi è scelto da Dio si salva, non c'è modo di ricevere la grazia attraverso azioni). Il rapporto individuale con Dio si esplica nella preghiera, non sono importanti gli atti di fede e nemmeno il pentimento. I calvinisti devono trovare un segnale di predestinazione durante la loro vita, la loro fede da dei precetti per vivere secondo la volontà di Dio e un precetto calvinista è l’impegno nel lavoro e il successo lavorativo rappresenta proprio un segno di predestinazione  cosa vuol dire questo? C'è volontà di avere successo, c’è bisogno di innovare il processo produttivo. Viene a compimento con il calvinismo tutto quel processo di DISINCANTAMENTO DEL MONDO  si rigettano con superstizione ed empietà tutti i mezzi magici per la ricerca della salvezza. Affinità di una condotta economica con uno stile di vita, in questo caso religioso. Come si forma il capitale? Tutto ciò che si guadagna viene reinvestito nell’impresa e nella comunità (accettazione della comunità) perché l’attaccamento a beni esteriori era condannato, non si spendeva in beni di lusso e nei piaceri. Il credo protestante ha spinto il processo di razionalizzazione Come mai i calvinisti, che hanno un rapporto così incerto con Dio, hanno un approccio attivo per la ricerca di un segno e non arrivano ad una conclusione nichilista? Erano spinti a considerarsi eletti di base e a impegnarsi nel lavoro, il successo nell’attività considerato come un segno. PRESUPPOSTI DEL CAPITALISMO MODERNO* 1. Proprietà privata dei mezzi di produzione da parte dell’imprenditore e assenza di vincoli per la loro commerciabilità; 2. Libertà di mercato  non ci devono essere vincoli culturali o politici per il consumo di determinati beni ( ampliamento del mercato), ma anche libertà di movimento dei tre fattori produttivi, non ci devono essere dei vincoli alla circolazione di terra, capitale e lavoro; 3. Esistenza di forza lavoro formalmente libera perché aiuta alla definizione del prezzo; 4. Tecnica razionale; Bianca Agostini – Società ed Economia 5. Commercializzazione dell’economia  disponibilità di strumenti giuridici come le azioni e i titoli di credito che facilitano la separazione tra patrimonio familiare e patrimonio dell’impresa, favoriscono la trasferibilità del capitale, rendono possibile un collegamento più razionale tra risparmio e investimento e permettono inoltre la formazione della borsa; 6. Diritto razionale  esistenza di mezzi giuridici che facilitino l’impresa economica, la contabilità, la partita doppia, i contratti…  gli scambi economici avvengono su scala sempre più ampia serve una garanzia dello Stato e un diritto sempre più raffinato in modo da ridurre l’incertezza  si riduce il rischio, aumenta la prevedibilità. CONDIZIONI CHE FACILITANO IL PROCESSO CHE PORTA AL CAPITALISMO MODERNO Perché i caratteri del capitalismo moderno si sono affermati in Occidente? FATTORI PRINCIPALI (specificamente occidentali): * - Fattori culturali : l’influenza dell’etica economica di origine religiosa sull’imprenditorialità; - Fattori istituzionali : città occidentale, Stato razionale e scienza/tecnica razionale. FATTORI CONTINGENTI/COMPLEMENTARI (non necessariamente occidentali): - Guerre; - Conquiste coloniali e afflusso di metalli preziosi; - Domanda di beni di lusso nelle corti; - Posizioni geografiche favorevoli. Secondo Weber solo in occidente si sono verificati tutti e sei i presupposti. Questi presupposti si sono combinati grazie ai FATTORI PRINCIPALI in maniera diversa nel tempo e nello spazio a causa dei FATTORI COMPLEMENTARI (l’Inghilterra è arrivata per prima perché è il primo paese dove si sviluppa una tecnica razionale – fattore principale). es. 1600: il Re Sole, deve creare un esercito e vestirlo  slancio al settore tessile (sviluppo proto- industriale)  si risponde ad una domanda, quella dell’esercito. Non si può parlare già di un sistema capitalistico ma l’idea c'è. La corte del re Sole ha una domanda di beni di lusso  l’offerta è sia locale (argenteria…) ma anche lontana  che necessita di una rete commerciale su larga scala (ho bisogno di tratte, di navi, di mercanti). Il lusso di corte è esistito anche in oriente ma in Cina per esempio la risposta alla domanda era previsto da un sistema di relazioni coatte in cui era DOVUTO al sovrano ciò che chiedeva (come delle corvée)  la domanda di beni di lusso quindi non porta sempre a dare impulso ad un sistema di tipo capitalistico. Si attivano solo in Europa quei fattori complementari che si intersecano con lo Stato, la città e la tecnica. Bianca Agostini – Società ed Economia STATO E DIRITTO RAZIONALE il diritto razionale è il frutto di uno Stato razionale (il potere politico ha dei compiti definiti da leggi e uguale i suoi funzionari)  lo Stato razionale è secondo Weber l’esito del processo di razionalizzazione avvenuto in occidente.  Fattore religioso: processo di demagizzazione che apre alla possibilità di cambiamento politico  affrontare i problemi senza superstizione  Fattore giuridico: diritto romano  può definire in modo formale i processi amministrativi (separare le fasi del processo)  aumenta la capacità di calcolabilità Lo Stato razionale occidentale costituisce l’ambiente perfetto per garantire lo sviluppo del capitalismo. Weber nota che questa razionalizzazione del capitalismo continuerà nel tempo e porterà ad una progressiva burocratizzazione che a sua volta porterà ad un rallentamento del capitalismo moderno come lo conosciamo. Le imprese dopo un po’ che stanno sul mercato aumentano la loro dimensione media che porta ad un crescente bisogno di organi burocratici, questa cosa si riflette sullo Stato. Finanziarizzazione del capitalismo  virtualizzazione delle attività economiche (Simmel: astrazione dell’economia con il denaro) Un’eccessiva burocratizzazione porta al PARADOSSO DELLA RAZIONALIZZAZIONE e quindi o:  al ritorno ad un capitalismo di tipo politico (opposto a quello di tipo economico)  mentre Marx diceva che la caduta del capitalismo avrebbe avuto motivi economici, Weber dice il contrario  la progressiva burocrazia porta sempre più ad opportunità politiche e a rentier e affaristi  al socialismo di Stato  eccessiva burocratizzazione dipendente dal centro porta alla stagnazione economica  aumenta il controllo degli uomini sul processo produttivo ma diminuisce la libertà individuale. VEBLEN E DURKHEIM Li studiamo insieme perché:  Fanno entrambi un’analisi di tipo istituzionale dell’economia;  Sono interessati alle conseguenze sociali del capitalismo, dell’operare del meccanismo di mercato. Durkheim vuole fondare la sociologia e Veblen vuole rifondare l’economia. V dice che bisogna tornare a fare un’analisi istituzionale dell’economia (tornare alla scuola classica). D è francese e nasce prima di Weber, quindi la sociologia non è ancora definita, la differenza tra Durkheim e Weber è che D è un uomo positivista (dell’800) e quindi ricerca leggi generali, non Bianca Agostini – Società ed Economia utilizza i tipi ideali, non guarda alle motivazioni individuali. Un’altra differenza tra D e W è che per D c’è un primato della società sugli individui ( il grado di autonomia dell’individuo diminuisce notevolmente) mentre per W sarà l’opposto. Il punto in comune sono le istituzioni. Come nascono le istituzioni, come si affermano e cambiano?  Per Durkheim si affermano in un momento di effervescenza collettiva  le istituzioni si affermano e sopravvivono agli individui.  Per Weber sono le regolarità delle motivazioni individuali che portano all’affermarsi delle istituzioni. Anche per Weber le istituzioni influenzano l’azione individuale. Anche per D e V l’azione economica è socialmente orientata. DURKHEIM (1858 - 1917) Durkheim è un sociologo positivista  valorizza un’indagine di tipo empirico e sostiene la critica fatta dagli storicisti: non si possono considerare i fenomeni economici prescindendo dal contesto storico in cui sono inseriti  fattori istituzionali influenzano lo sviluppo economico e ne sono a loro volta influenzati. Vuole studiare la società con un approccio scientifico. Si concentra sulle conseguenze sociali (negative) del capitalismo perché è un uomo del suo tempo, vive in un contesto francese molto instabile e conflittuale dal punto di vista politico e infatti il suo principale problema è quello dell’ordine sociale. Come fa una società a stare insieme con questi conflitti sociali?  è interessato alla COESIONE SOCIALE. LA TEORIA DELL’ORDINE SOCIALE e la critica alle teorie utilitaristiche La Francia è figlia di una posizione positivista (che si evolverà nelle teorie funzionaliste)  se il mercato funziona in un determinato modo allora la società deve comportarsi in un certo modo. Critica molto l’utilitarismo che non considera affatto le istituzioni e riduce ogni rapporto sociale a rapporti contrattuali basati sull’utilità. Per fare queste sviluppa due punti: La divisione del lavoro non ha cause individualistiche: La vita individuale è nata dalla vita collettiva e ciò si può dedurre dalla storia. Anche la divisione del lavoro non è nata per accrescere soltanto il profitto dell’individuo:  La società semplice si tiene insieme grazie a un tipo di solidarietà meccanica perché il fatto di appartenere ad una determinata comunità fa sì che meccanicamente aderisco ad un certo sistema di valori e istituzioni condivise  l’ordine sociale non è minacciato dalla differenziazione (c’è omogeneità). Il controllo è esercitato dalla comunità religiosa o dal capo politico  il forte controllo della società sugli individui si riflette in un tipo di diritto repressivo (reprime quell’azione che minaccia l’ordine sociale)  si ripara all’azione deviante con una punizione; Bianca Agostini – Società ed Economia  La società complessa si forma con l’aumento della densità materiale, cresce la popolazione che si concentra nelle città, migliorano le vie di comunicazione e quindi si intensificano i rapporti sociali  la differenziazione è sempre più alta  divisione del lavoro sempre più alta  stimola solidarietà perché alimenta il senso di interdipendenza tra soggetti diversi  DIVISIONE SOCIALE DEL LAVORO. Le società complesse stanno insieme grazie a un tipo di solidarietà organica che garantisce un certo tipo di coesione e condivisione di valori e di riconoscimento, ma non al 100% come in una società semplice  c'è molto più spazio per l’individuo  In una società complessa, infatti, il diritto è restitutivo e formalizzato ed è volto alla reintegrazione del delinquente. Durkheim è uno dei primi che studia la morfologia della città fatta per spingere la differenziazione delle strutture sociali tipiche della modernità  popolazione più densa  tante relazioni sociali portano a sviluppare dei rituali collettivi che servono a creare e rinsaldare un immaginario collettivo che serve a far stare insieme la società. Le condizioni non contrattuali di un contratto A fronte di una progressiva differenziazione aumenta la libertà individuale, ciò non vuol dire che la collettività si annulla, si è sempre più succubi a delle convenzioni sociali a dei rituali collettivi, di una coscienza collettiva  non possiamo spiegare come si tiene insieme una società se non spieghiamo gli elementi istituzionali (non contrattuali) del contratto  non è solo la massimizzazione dell’utilità individuale a tenere insieme la società come dicevano i neoclassici. Gli interessi individuali che si scontrano sono la cosa meno costante del mondo e non possono mantenere l’ordine da soli anzi spesso alimentano il conflitto, sono necessari, secondo Durkheim, elementi non contrattuali che regolino questi contratti come un diritto contrattuale, ma anche i costumi e le norme morali. L’ordine sociale ha bisogno di elementi non contrattuali per essere spiegato. LE ORIGINI DELLE ISTITUZIONI Ci sono momenti temporanei, che D chiama di effervescenza collettiva, in cui le relazioni sociali raggiungono una particolare intensità  è in questo contesto che si creano le condizioni per la creazione di un nuovo immaginario collettivo, di nuovi ideali e nuovi valori. Dopo questi momenti di effervescenza i nuovi ideali si concretizzano in nuove istituzioni che vengono adattate ai problemi emergenti  ci sono le perfette condizioni per sciogliere gli interessi individuali in forti legami collettivi. Il conflitto si tiene sotto controllo fin quando le istituzioni sono adatte a regolare la società  la visione del mondo deve essere la stessa. Bianca Agostini – Società ed Economia Offese alla società: cambiano nel tempo. VEBLEN (1857-1929) È un economista e vuole rifondare l’economia facendone un’analisi istituzionale. Non si riesce secondo lui a spiegare la variabilità del sistema economico e dei fenomeni economici se non si considerano le istituzioni. Per affrontare le conseguenze sociali del capitalismo guarda alle istituzioni (per D servono ad attutire i costi sociali), Veblen dice che le istituzioni sono quelle che riescono a spiegare la varietà di capitalismi. È americano ma è influenzato dall’evoluzionismo darwiniano  si riflette sul suo modello di competizione. Fonda i consumi su un modello di competizione per lo status  per la competizione sullo status e non per l’utilità (come dicevano i neoclassici). CRITICHE AI NEOCLASSICI: 1. Critica la fondazione individualistica dell’azione  non si può spiegare l’economia solo in termini di utilità perché non si possono tralasciare tutti quegli elementi non economici (tradizioni, abitudini…) che di fatto influenzano l’agire economico; 2. Focus troppo alto sulla statica  modelli troppo generali che perdono di aderenza con la realtà, ragionamento di tipo deduttivo e normativo che non concepisce deviazione  se si guarda troppo alla statica economica non si riescono a cogliere i cambiamenti; 3. Accoppiamento automatico tra il perseguire il benessere individuale e il benessere collettivo  l’individuo che sia imprenditore o consumatore è mosso dalla massimizzazione dell’attività individuale (del profitto per il primo dell’utilità per il secondo). C'è stato un momento in cui la concorrenza funzionava bene (nel periodo in cui Smith operava) ma ora non è più così a fine ‘800 si affermano i grandi monopoli e in più non è detto che le imprese che stanno sul mercato siano le più efficienti. La tecnologia è il motore di mutamento ma in ogni luogo si possono incontrare impedimenti diversi dovuti a volte alla presenza di istituzioni inadeguate (oggi si parla di determinismo tecnologico: prima o poi la tecnologia si diffonderà e sarà disponibile a tutti, ma non è così). L’applicazione della tecnologia non ha esiti scontati, dipende tutto dalle istituzioni  le istituzioni sono quelle che riescono a spiegare lo sviluppo delle tecnologie (in alcuni casi le istituzioni favoriscono l’innovazione in altri la ostacolano). LA TEORIA DELLE ISTITUZIONI Per Veblen le istituzioni servono a spiegare la varietà dei capitalismi. Le istituzioni come abbiamo già detto influenzano lo sviluppo tecnologico che è il motore del capitalismo  Veblen non crede che ci sarà convergenza istituzionale – non accadrà mai che la tecnologia porti ad avere le stesse istituzioni in tutti i paesi. Bianca Agostini – Società ed Economia Le istituzioni “che sopravvivono” sono le migliori istituzioni possibili? Non è detto (qui l’influenza evoluzionista). Istituzioni in vigore possono essere protette da gruppi al potere che hanno nel loro interesse mantenere tutto come sta, ostacolando però lo sviluppo. Prima o poi l’adeguamento istituzionale avverrà, il tempo è variabile ma è scontato che il ritardo nell’adeguamento delle istituzioni verrà pagato a caro prezzo dalla società. L’evoluzione umana e quindi l’evoluzione dell’economia procedono grazie alla ricerca di modi inventivi per innovare il processo economico tramite la tecnologia  la tecnologia determina l’adattamento umano all’ambiente naturale e sociale. Questo processo di mutamento continuo che è spinto dalla tecnica è legato a momenti di sfasamento, quando l’abilità tecnica va più avanti delle istituzioni  vecchie istituzioni resistono all’evoluzione tecnologica. Sono in questi momenti di sfasamento temporale in cui si creano i COSTI SOCIALI (disoccupazione, conflitti…)  è la lunghezza di questi momenti di sfasamento che definisce la varietà dei capitalismi. Maggiore è il ritardo nell’adeguamento delle istituzioni alle nuove tecnologie e maggiore sarà la perdita di benessere collettivo  conflitti sociali che sono espressione del malfunzionamento del meccanismo di mercato. C'È PERDITA DI BENESSERE COLLETTIVO SIA:  Dal lato della produzione : sul finire dell’800 il capitalismo liberale ha già perso tutta l’efficienza iniziale  era rimasto indietro rispetto allo sviluppo tecnologico, che aveva permesso i commerci su più larga scala (produzione di massa) che richiedono ingenti investimenti ed è in questo momento che avviene: - la separazione tra proprietà e gestione di impresa  divisione tra i “capitani di industria” (imprenditori) e i manager durante il capitalismo consolidato (deconcretizzazione dell’impresa di Sombart)  aumenta la dimensione media dell’impresa e ci si allontana dalla dimensione della concorrenza – l’imprenditore non riesce a fare tutto da solo e gli serve aiuto, soprattutto per la gestione finanziaria. C'è perdita di benessere collettivo perché? Il manager non ha gli stessi obiettivi dell’imprenditore, quando la quota finanziaria di un’impresa è molto alta la massimizzazione del profitto non è uguale, l’imprenditore vuole una crescita sia dal punto di vista finanziario che da quello dell’innovazione, mentre il manager potrebbe invece puntare solo alla massimizzazione dei profitti e speculare finanziariamente - Ci si allontana dalla concorrenza di cui parlava Smith  si arriva in questo modo ai trust, al cartello (qui ha delle assonanze con Marx) ad un mercato chiuso di tipo monopolistico.  Dal punto di vista del consumo:  consumo o spreco vistoso (spread vistoso): è una modalità di consumo degli appartenenti alla classe agiata che devono competere per lo status (perché avere due Cadillac invece che una?)  la competizione non avviene più solo dal lato del mercato dal lato della produzione ma anche dal lato sociale dei consumi - Critica l’individualismo e utilitarismo perché non è tutto sempre in vista del bene della società  si vuole abbandonare il criterio di massimizzazione dell’utilità e della razionalizzazione per accogliere il principio di emulazione sociale, ovvero il perseguimento dello status sociale (mi impegno nelle attività economiche per questo). Il consumatore non Bianca Agostini – Società ed Economia opera in modo razionale e indipendente dalle influenze della società, come afferma la teoria atomistica dei neoclassici, anzi ne è succube, consuma per apparire per emulare gli altri. Questo consumo vistoso però è una perdita per la società perché di fatto si spreca. Il consumo vistoso avviene in città  “arena di sfogo dei consumatori” che voglio competere per lo status  Veblen può essere considerato il primo critico del consumismo. Il prestigio sociale diventa il principio regolatore dell’attività economica  col capitalismo cambia anche il modo di attribuire prestigio sociale. (Studio sul Potlatch  popolazioni indigene competevano con i banchetti per gli ospiti, regali e doni  esempio di consumo vistoso e del meccanismo di reciprocità, ogni anno la isola che ospita cambia). IL RAPPORTO CON MARX Veblen condivide con Marx l’analisi sull’efficienza produttiva  in Veblen scarto tra tecnologia e istituzioni obsolete, in Marx tra forze produttive e rapporti di produzione obsoleti. Invece Veblen non vede nella classe operaia, come Marx, il motore del cambiamento, ma nella tecnologia  il conflitto non scoppierà mai perché la classe dominata è “integrata dal lato dei consumi” (Durkheim), il conflitto sociale viene depotenziato dai consumi. Se non si riesce a comprare qualcosa la si desidera ancora di più, se la produzione funziona in modo efficiente si riescono a tenere bassi i costi e si riesce ad allargare anche la quota di cittadini che può accedere a consumi diversi dai propri, tipici della classe superiore  carattere aspirazionale dei consumi. Quindi si riescono a tenere le vecchie istituzioni perché la popolazione è soggiogata dai consumi e il conflitto non scoppia. Gli attori che possono riallineare le istituzioni sono gli ingegneri  coloro che hanno in mano la tecnica (ora la tecnologia effettivamente pervade la nostra vita). PUNTI COMUNI TRA DURHEIME E VEBLEN:  Analisi istituzionali;  L’economia ha legittimità analitica ma non può occupare anche lo spazio della sociologia, bisogna riconoscere sia la statica che la dinamica;  Non cercano leggi generali;  Guardano ai costi sociali del capitalismo  e li collegano ad uno sfasamento temporale delle istituzioni, ritardo nell’allineamento istituzionale;  Non sono pessimisti  analizzano in modo oggettivo;  Sfiducia su come sia possibile riequilibrare le cose  non delineano un modo per riequilibrare i costi sociali; Bianca Agostini – Società ed Economia mercati regolatori dei prezzi (‘mercati autoregolati’) con i loro prerequisiti (proprietà privata dei mezzi di produzione, lavoro salariato, piena mobilità dei fattori produttivi). LA GRANDE TRASFORMAZIONE (1944) In quest’opera Polanyi parla della trasformazione, partita dalla Grande Crisi del ‘29, del capitalismo liberale in una forma di capitalismo più regolato anche dallo Stato. Polanyi nella grande trasformazione si chiede:  Quali sono le origini storiche dei mercati autoregolati;  Le conseguenze sociali di questi mercati. QUALI SONO LE ORIGINI STORICHE DEI MERCATI AUTOREGOLATI? L’autoregolazione implica che tutta la produzione sia in vendita sul mercato e che tutti i redditi dipendano da queste vendite (si produce solo se c’è una domanda e i prezzi devono essere tali da garantire un profitto). Nasce un’economia basata sullo scambio di mercato quando: - L’invenzione di macchinari in grado di rivoluzionare il modo di produrre  queste macchine per funzionare hanno bisogno di alimentazione costante, quindi di materie prime e lavoro. Assicurano profitto solo se è possibile smerciare un gran numero di beni (mercato ampio)  tutti i fattori produttivi devono essere disponibili, in vendita. In questo punto della sua analisi Polanyi si avvicina a Weber nel sottolineare l’importanza della piena disponibilità sul mercato di tutti i fattori produttivi  piena mobilità dei fattori produttivi  aumenta la calcolabilità; - Il mercante si trasforma in imprenditore che invece che comprare le materie prime per affidarle a terzi investe il suo capitale nelle nuove macchine e CREA L’IMPRESA  tutto ciò è possibile se esistono dei mercati per le merci da vendere e per le materie prime e per il lavoro che l’imprenditore acquista  si devono creare i mercati, quindi le motivazioni dell’azione economica cambiano, dalla sussistenza al guadagno. L’attenzione va posta soprattutto sui fattori produttivi terra e lavoro  secondo Polanyi infatti è proprio quando la sfera produttiva viene regolata anch’essa dal meccanismo di mercato che si afferma lo scambio di mercato come forma d’integrazione dell’economia. Come si formano i mercati per la terra e per il lavoro?  Grazie a interventi politici che per quanto riguarda la terra eliminarono quei rapporti di tipo feudale, tolsero le terre alla chiesa e portarono all’affermazione della proprietà privata. Con la crescita della popolazione urbana si dovette incrementare la produzione di prodotti agricoli e si eliminarono gradualmente le tutele sulla quantità minima di prodotto volta all’autoconsumo.  Per quanto riguarda il lavoro si eliminarono le forme di controllo sociale e giuridico che regolavano i rapporti di lavoro, le corporazioni. Quando in Inghilterra si abolì il sistema dei sussidi (la Speenhamland Law) cominciò a funzionare a tutti gli effetti un mercato del lavoro concorrenziale. Bianca Agostini – Società ed Economia Una volta che terra e lavoro diventano mobili e si possono commercializzare ecco che avviene la Grande Trasformazione a cui Polanyi fa riferimento nel titolo  trasformazione in merce di ciò che merce non deve essere:  LAVORO = legato alla VITA UMANA  TERRA = NATURA (non prodotta dall’uomo)  MONETA = simbolo del POTERE D’ACQUISTO Queste vengono chiamate da Polanyi “merci fittizie”. Un sistema economico basato su mercati autoregolati ‘richiede’ le merci fittizie  questo porta a conseguenze sociali distruttive. QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELL’OPERARE DI MERCATO? Che poi porteranno alla Grande Crisi del ’29. Considerare lavoro, terra e moneta come merci porta a conseguenze terribili per la società - LAVORO  DISOCCUPAZIONE e miseria. Trasformazione e distruzione delle forme più tradizionali di regolazione del lavoro (prima famiglia, religione e tribù). NUOVE FORME DI POVERTÀ perché adesso non c'è più nessun tipo di legame con la terra (non c'è più la possibilità di ottenere una remunerazione minima per il lavoro nei campi), il salario del lavoratore dipende esclusivamente dall’andamento del mercato (grande instabilità); - TERRA  piena mobilità della terra ovvero una piena commercializzazione della terra, prima c’era un tipo di proprietà che non permetteva a tutte le terre di essere messe sul mercato (terreni di proprietà ecclesiastica). Il problema è sia legato alla SUSSISTENZA DEI CONTADINI, che non hanno più nessuna garanzia e non possono più assicurarsi dei prodotti per l’autoconsumo, che per L’AMBIENTE sfruttato oltre modo  conseguenze ambientali gravissime. Questo porta delle implicazioni per i contadini, che incrementano l’urbanizzazione. - MONETA  quando si crea il mercato della moneta si hanno delle conseguenze negative sia per quanto riguarda la PRODUZIONE che L’OCCUPAZIONE, perché anch’essa è una merce fittizia. Con le importazioni, acquisto di merci che sono scarse nel paese importatore, si perde della moneta che non può essere investita all’interno (questione della base aurea). Quando questi tre fattori sono regolati dalle leggi di mercato hanno conseguenze negative sulla natura, sulla vita e sul potere. POLANY: il mercato non è efficiente e si porta con sé dei costi sociali importanti (tutto il contrario di ciò che dicono i neoclassici). Il mercato è autodistruttivo. La società si sente attaccata dal mercato, per la distruzione dell’ordine rurale (status quo) e delle gerarchie sociali. C'è un DOPPIO MOVIMENTO: da una parte il mercato si espande schiacciando la società che risponde chiedendo alle istituzioni politiche provvedimenti destinati a controllare l’azione del mercato  botta e risposta. Come reagisce la società: Bianca Agostini – Società ed Economia - LAVORO  creazione di movimenti socialisti, movimenti sindacali, regolamentazione sociale (prime assicurazioni sul lavoro e sulle malattie, giornata lavorativa delle otto ore, regolamentazione sul lavoro minorile)  protezionismo del lavoro. - TERRA  si istaura un protezionismo agrario. Ci sono diverse classi sociali, proprietari terrieri, operai e contadini che si trovano a richiedere una legislazione che limiti il mercato (dal 1870: interventi di protezione tariffaria e di sostegno all’agricoltura). Sodalizi inediti tra proprietari terrieri e contadini  si trovano a fare fronte comune contro i dazi doganali e per l’attuazione di politiche di protezionismo agrario. - MONETA  costruzione di un sistema bancario più raffinato  situazione più globalizzata e gli scambi avvengono a livello internazionale, queste strutture creditizie servono a colmare quei gap tra domanda e offerta, che consente di calmierare le differenze di ricchezza tra i vari paesi. La reazione della società quindi può essere individuata in una forma di PROTEZIONISMO. La reazione della società altera il funzionamento del mercato (altera quell’incontro immediato tra domanda e offerta), il protezionismo sul lavoro per esempio fa aumentare il costo del lavoro e l’imprenditore si deve regolare di conseguenza  queste reazioni ingessano il meccanismo di mercato (quello puro dei classici e neoclassici). C'è meno domanda rispetto all’offerta (vicini alla crisi del ’29)  nel momento in cui infatti le aziende si stanno ammodernando e aumentando la produzione questo protezionismo riduce le esportazioni  CRISI DI SOVRAPPRODUZIONE. A livello internazionale paesi che contavano sulle esportazioni vanno in crisi se un paese importatore smette di importare  il meccanismo di mercato internazionale era strettamente interdipendente. Si cerca di evitare una crisi di sovrapproduzione con: 1. POLITICHE IMPERIALISTE: politiche che spingono all’accaparramento di materie prime e risorse. Si ricercano nuovi mercati per smaltire le merci in surplus. Queste politiche imperialistiche sono accompagnate da una chiusura nella sfera politica  NAZIONALISMO, che ha portato poi alla prima guerra mondiale. 2. PRESTITI INTERNAZIONALI: strutture creditizie che hanno funzionato come cuscinetto per momentanei disallineamenti del mercato della moneta  a lungo andare questa bolla che si crea sul mercato finanziario scoppia, lo scoppio di questa bolla richiederebbe una reazione delle società ma questa ha già reagito con varie forme di protezionismo e si trova ingessata  la crisi del ’29 è un perfetto esempio di crisi causata da fattori sociali e politici Tutti i fenomeni del ‘900 (New Deal, fascismo, nazismo, dittatura di franco, rivoluzione russa)  sono tutti fenomeni che hanno cercato di reagire al fallimento del capitalismo liberale = fallimento di mercato. Questi fenomeni storici possono anche spiegare come l’economia può essere ripresa e addomesticata e reincorporata nella società in modi diversi. Parlare di mercato solo dal punto di vista dell’efficienza il ‘tavolo crolla’ bisogna anche guardare all’equità. La fine della società di mercato non comporta l’assenza del mercato  fine di un sistema sociale basato sul mercato non del mercato come meccanismo di regolazione. Bisognerebbe salvare il Bianca Agostini – Società ed Economia Schumpeter smentisce tutte le prove che sostenevano che la caduta del capitalismo liberale fosse dovuta da fattori economici: - ‘L’evoluzione del capitalismo porta a una maggiore disoccupazione’ : la disoccupazione che segue la crisi del ’29 è anomala, è un determinato momento storico caratterizzato da particolari eventi storici. Ci sono una serie di elementi contingenti che rendono la disoccupazione persistente  bisogna guardare a quei fattori istituzionali che portano alla produzione di leggi anticapitalistiche (che Polanyi aveva chiamato nuovo protezionismo sociale) che portano all’irrigidimento del meccanismo di mercato. Secondo S. se si fosse lasciato agire il mercato liberamente esso si sarebbe riequilibrato in maniera autonoma. Se in un dato contesto i fattori istituzionali facilitano il capitalismo in altri momenti irrigidiscono il meccanismo di mercato con delle leggi protezionistiche. Eliminare la disoccupazione è irrealistico perché è legata al ciclo economico  l’unica soluzione è trovare il modo di attutire gli effetti della disoccupazione. - L’unico mercato efficiente è quello concorrenziale : non è vero che è solo la concorrenza che spinge la competizione e rende dinamico il sistema (anche in casi di monopoli e oligopoli c'è efficienza  investono tanto in ricerca e innovazione). Parla della concorrenza di tipo monopolistico e oligopolistico come stimolo imperioso all’innovazione che a lungo andare allarga la produzione e riduce i prezzi. - Declino delle opportunità di investimento : i momenti di declino del sistema economico possono essere legati al numero decrescente delle innovazioni (riduzione dei brevetti) oppure disoccupazione, minore disponibilità di terra o capitale. Il declino delle opportunità economiche è legato al declino del sistema economico ma è legato prima di tutto al protezionismo sociale (fattore extraeconomico), che irrigidisce il mercato. LE CAUSE CULTURALI E SOCIALI DEL DECLINO La borghesia non è più quella di Weber degli imprenditori, ma viene trasformata dall’operare stesso del capitalismo  viene meno la sua capacità imprenditoriale: 1. Decadimento della funzione imprenditoriale  burocratizzazione dovuta anche alla deconcretizzazione dell’attività imprenditoriale (le imprese hanno dimensioni più grandi). Per Schumpeter il motore del cambiamento è l’imprenditore ma se decade la funzione imprenditoriale?  non c'è più innovazione  gli imprenditori diventano dei retiner, si siedono sugli allori e vivono di rendita. 2. Dal momento in cui l’imprenditore ha provveduto all’azienda e ha provveduto alla famiglia di fatto viene a mancare quella spinta che inizialmente l’imprenditore aveva verso l’innovazione (il decadimento dell’imprenditore va di pari passo al decadimento della famiglia borghese)  viene meno la preoccupazione per il domani. (leone di Sicilia e l’inverno dei leoni  famiglia Florio) 3. L’aristocrazia può essere definito l’alleato politico della borghesia  forza economica che si lega con chi può esprimere più facilmente un’opinione politica. Dal momento in cui l’aristocrazia perde gradualmente il suo potere (per l’allargamento del bacino elettorale, per Bianca Agostini – Società ed Economia la nascita di partiti socialisti) la borghesia non si trova più rappresentata  un genio come un imprenditore nel mercato degli affari può diventare un pesce fuor d’acqua nei salotti politici, senza più rappresentanza Si assiste alla distruzione dell’impalcatura della società capitalistica  si apre la strada a queste leggi anticapitalistiche (quelle che rispondono alle richieste di protezione), si creano nuovi gruppi sociali (intellettuali, giornalisti…) che smuovono l’opinione pubblica  si crea un’atmosfera ostile per il capitalismo e la regolazione di mercato. Politiche anticapitalistiche  chiedono l’intervento dello Stato (prima non ce n’era bisogno) per la spesa pubblica, misure antitrust volte a contrastare imprese monopolistiche e al controllo per via amministrativa dei prezzi. Quiiiindi da un sistema liberale autoregolato si passa ad un capitalismo più regolato con l’intervento dello Stato. P e S parlano entrambi di azione e reazione, di una impalcatura che crolla, come società ed economia vanno di pari passo  fine del capitalismo liberale e post crisi del ’29 PUNTI DI CONTATTO TRA POLAYI E SCHUMPETER: - Riconoscono entrambi l’importanza delle istituzioni però: a. Polanyi limita la validità scientifica dell’economia e ne storicizza i risultati  non si possono applicare i principi del mercato a tutte le epoche storiche, la sua efficacia è ristretta al secolo in cui trionfa il capitalismo liberale, si cadrebbe nella ‘fallacia economicista’; b. Schumpeter : l’economia teorica è una disciplina analitica e ne trae la sua veridicità dalle verifiche empiriche quindi NON serve storicizzare. - Le cause del declino del capitalismo liberale non sono economiche ma sociali e istituzionali  Le reazioni sociali (‘autodifesa della società’ e ‘politiche anticapitalistiche’) scatenate dal prevalere dei mercati autoregolati nell’organizzazione economica inceppano il funzionamento dei mercati stessi con richieste di forme di protezionismo. - Arrivano alle stesse conclusioni sui requisiti non economici per il funzionamento del mercato  i mercati non possono esistere se non sono regolati da istituzioni adeguate, perché non sono isolati dal contesto sociale, sono totalmente integrati in esso. - Tendenza del capitalismo a diventare sempre più regolato dalla sfera politica per esempio (redistribuzione). Mentre Schumpeter da buon conservatore vorrebbe mantenere l’ordimento capitalistico liberale, seppur ne veda un declino inevitabile, Polanyi auspica la fine della società di mercato in vista di un meccanismo di mercato più incorporato nella società. Bianca Agostini – Società ed Economia IL SECONDO DOPOGUERRA E LA SOCIOLOGIA ECONOMICA UN NUOVO INTERESSE SOCIOLOGICO Una volta che il capitalismo nasce, fiorisce, va in crisi e tramonta… la sociologia economica ha quasi finito i campi di analisi in Europa  nuovo focus per esempio sul Sud America  TEORIE DELLA MODERNIZZAZIONE (non ci interessa)  studia i nuovi paesi che si affacciano allo sviluppo, come fa un paese a modernizzarsi: 1. Anni ’50-’60: copiando lo sviluppo dei paesi occidentali (USA e UK) 2. Anni ’70: non copiando, ci sono delle specificità di contesto che sono importanti  TEORIA DELLA DIPENDENZA 3. Anni ’90: entrano in scena i paesi del Sud Est asiatico (Malesia, Tailandia, Singapore) bisogna considerare la civiltà locale, istituzione culturale che incide sul percorso di sviluppo. Il contesto è talmente importante da influenzare lo sviluppo economico. Nasce la SOCIOLOGIA DELLO SVILUPPO. Si mette in discussione il modello produttivo:  A livello macro  l’attenzione è posta sul sistema di rappresentanza degli interessi, sulla composizione dei governi e sulla struttura ed efficienza degli apparati pubblici;  A livello micro  si guarda all’innovazione nei prodotti e nei processi produttivi, la crescita dell’imprenditorialità, alla formazione della manodopera, i rapporti di lavoro, la disponibilità di servizi e infrastrutture per le imprese. Ovvero, si guarda ai fattori istituzionali che influenzano i processi di innovazione e di adattamento a un mercato più incerto e instabile. Si cerca ora di valutare come le istituzioni influenzino l’offerta più che la regolazione della domanda. IL SECONDO DOPOGUERRA Dopo la crisi del ’29 si ristruttura il contesto istituzionale nel quale si era sviluppato il capitalismo ( Leggi antitrust in America). Nel secondo dopoguerra, grazie alla ristrutturazione e allo sconvolgimento delle strutture sociali si creano le condizioni per un nuovo sviluppo, che trasformano il capitalismo nel grande motore della prosperità occidentale: 1) Sviluppo più regolare; 2) Crescita rapida della produzione e del reddito; 3) Il nuovo benessere si è diffuso anche tra la popolazione  salari più alti e leggi a tutela dei lavoratori e crescita della protezione sociale; 4) Il flusso dei risparmi non diminuisce e si riescono a sostenere alti tassi di investimenti. Le cause dello sviluppo nel secondo dopoguerra sono anche dovute al mutamento delle forme di regolazione dell’economia  cambia il rapporto tra Stato e mercato. Dopo la seconda guerra Bianca Agostini – Società ed Economia Per quanto riguarda le differenze nei tempi di diffusione del modello fordista entrano in gioco fattori istituzionali, come la grandezza effettiva del paese che, inevitabilmente, influisce sull’ampiezza del mercato dei beni di massa e sulla chiusura dell’economia nazionale (dipende dalle scelte di politica economica). Cultura e stile di vita influenzano molto il tipo di consumo. Il MODELLO FORDISTA implica delle conseguenze non solo nell’organizzazione dei processi produttivi ma anche negli aspetti relativi alle relazioni industriali e al ruolo dello Stato. Le esigenze di stabilizzazione portano:  Ad una maggiore contrattazione collettiva e ad istituzionalizzare le relazioni industriali in modo da attenuare i conflitti.  Lo Stato invece si trova a regolare la domanda Questo tipo di impresa nacque in America ma fu esportato in Europa  nasce in America perché era un paese di immigrati che volevano lavorare. In America il mercato di massa nasce prima che in Europa per questioni di tipo culturale. C’era un’attitudine al consumo diversa. In Europa l’arrivo della grande impresa si è scontrato con una tecnica artigianale tradizionale che in America non c’era. Abbiamo quindi FORDISMO A LIVELLO MICRO e STATO SOCIALE KEYNESIANO A LIVELLO MACRO. È qui che si possono cogliere i FATTORI DI CRISI DEL MODELLO FORDISTA degli anni ’70: FATTORI CONTINGENTI: o Crisi petrolifera  spinta inflattiva (aumento dei prezzi del petrolio e delle materie prime); o Eliminazione di un sistema di cambi fissi che era prevalso dalla fine della seconda guerra mondiale  Nixon dice che il dollaro non è più pari all’oro  incertezza, meno stabilità del mercato internazionale  spinta inflattiva. CAMBIAMENTI STRUTTURALI: o Saturazione dei mercati standardizzati (es. 1953: il 43% degli americani avevano una televisione  1970: il 99% ne aveva uno); o Aumenta la concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione: entrano in scena nuovi paesi (come l’Argentina) che producono a costi minori, perché per esempio i costi di lavoro inferiori perché non ha tutti quei costi dovuti alla contrattazione collettiva (che invece si erano sviluppati nei paesi occidentali); o Nascono nuovi gruppi sociali istruiti grazie all’aumento dei redditi, che producono una domanda di beni più diversificati e di maggiore qualità  nuovi stili di vita e modelli di consumo. o La disponibilità di nuove tecnologie elettroniche permette alle imprese di spostarsi su una produzione più diversificata e di qualità (abbassamento dei costi della produzione flessibile). Bianca Agostini – Società ed Economia Esplode anche la conflittualità industriale  la classe operaia pienamente occupata è forte e reagisce ai processi di intensificazione dell’organizzazione del lavoro taylorista, per far fronte alla concorrenza. Tutti questi fattori concorrono a creare una situazione in cui viene meno quella stabilità necessaria per i grandi investimenti richiesti dal modello produttivo della grande impresa. Ma non ci fu una crisi generale perché TUTTI I PAESI RIUSCIRONO A RISPONDERE, in modo diverso, a questi cambiamenti. La diffusione delle nuove tecnologie, per esempio, permette ad alcune grandi imprese di allontanarsi dalla produzione di massa e concentrarsi su una produzione più flessibile e alle piccole imprese di staccarsi da forme tradizionali di produzione artigianale  così si riesce a sfuggire alla concorrenza dei paesi di nuova industrializzazione. Si svilupparono due tendenze, l’uso delle nuove tecnologie per riadattare il modello fordista e la spinta alla multinazionazionalizzazione. EFFETTI PERVERSI DELLO STATO KEYNESIANO Lo Stato sociale keynesiano è quello che si afferma nel secondo dopoguerra ed è quello che riesce a coniugare efficienza, data dalla grande impresa ed equità, dato dallo Stato sociale, dal welfare. Questo meccanismo si è inceppato, l’effetto perverso è che queste politiche di spesa pubblica sono state utilizzate anche per accrescere consenso sociale. Le politiche economiche sono promosse dai governi  lo Stato deve rispondere alle domande sociali per evitare il conflitto. Non si promuovono politiche di welfare solo per l’equità e lo sviluppo economico ma anche per consenso politico. Interessi particolaristici e non universalistici. In Italia questi effetti perversi sono stati più dirompenti perché non c’era un contesto istituzionale che riuscisse a contenere in altro modo i conflitti sociali (in Francia e in Germania c’era uno stile di relazioni industriali che è riuscito a mediare tra richieste particolaristiche dalla società a risposte particolaristiche dello Stato). PICCOLE IMPRESE E DISTRETTI INDUSTRIALI Negli anni ’70 salta il tappo che aveva mantenuto un sistema economico stabile. Salta questo sistema ma NON il sistema capitalistico. Le PICCOLE E MEDIE IMPRESE hanno la caratteristica di essere FLESSIBILI  vanno bene in contesti instabili. La piccola impresa riesce a rispondere in modo flessibile ad una domanda che non è più standardizzata  Si risponde più velocemente al cambiamento della domanda. La manodopera è flessibile  la manodopera qui è qualificata. Hanno risorse territorialmente localizzate. La manodopera qualificata richiede uno stipendio maggiore  conflitto sociale basso. Queste imprese sonno dinamiche perché riescono ad innovare, dal punto di vista tecnologico, più velocemente della grande impresa perché prima di comprare da fuori l’innovazione puntava a produrla internamente. I RAPPORTI TRA CAPITALE E LAVORO POSSONO ANCHE VIRARE SULLA COOPERAZIONE. Bianca Agostini – Società ed Economia Queste piccole e medie imprese sono territorialmente localizzate e possono essere SISTEMI LOCALI DI PICCOLE IMPRESE (clusters) o DISTRETTI INDUSTRIALI. SISTEMI LOCALI DI PICCOLE IMPRESE Gruppi di imprese che: o Si specializzano su uno o più settori produttivi. o Dispongono di economie esterne come: - manodopera qualificata (la qualità della manodopera viene dalla formazione in specifiche scuole  la tradizione territoriale influisce molto); - elementi infrastrutturali (vie di comunicazione) e servizi comuni. o Sono meno integrate orizzontalmente. Molte di queste imprese, infatti, hanno la possibilità di entrare direttamente sul mercato finale  riescono a produrre qualcosa che possono direttamente vendere al consumatore  su questo aspetto si differenziano con i distretti industriali. DISTETTI INDUSTRIALI Un’altra forma organizzativa di gruppi di imprese molto integrate tra di loro dal punto di vista della produzione  poche di queste hanno accesso diretto al mercato finale. o Si specializzano in UN settore produttivo o Se le grandi imprese erano integrate verticalmente queste sono INTEGRATE ORIZZONTALMENTE, si suddividono il processo produttivo o Forte identità culturale  lavoro e capitale condividono un entroterra culturale comune  attitudine alla cooperazione maggiore. Il mercato del lavoro dei distretti è integrato (ognuno si specializza in modo ‘pacifico’), il potenziale di conflitto è contenuto. C'è un’alta specializzazione nella filiera. Questa filiera orizzontale si fornisce anche su una rete di SUBFORNITORI prevalentemente localizzati nella stessa area. L’esistenza di queste piccole e medie imprese è stata fondamentale per il decentramento produttivo delle grandi imprese  quando la grande impresa va in crisi si deve ristrutturare  comincia a guardare fuori dal processo verticale (es. FIAT: viti da piccole imprese), esternalizza certe fasi della produzione. In certi territori dove c'è identità culturale queste piccole imprese si organizzano in distretti industriali. Questo permette di aumentare la cooperazione e ridurre il conflitto e aumentare la disponibilità di informazioni utili e risorse cognitive utili. LA TERZA ITALIA In Italia, nel corso degli anni ’70, in Toscana, Emilia Romagna, Veneto, Trentino e Friuli si sviluppano molte piccole e medie imprese  questa è l’area che verrà definita come TERZA ITALIA. Bianca Agostini – Società ed Economia I distretti industriali hanno avuto tanto successo perché erano competitivi dal punto di vista economico ma dall’altro c’era un ALTA ACCETTAZIONE SOCIALE di questo modello  ciò ne ha permesso la lunga riproduzione nel tempo. RIPRODUZIONE DEI DISTRETTI ED EVOLUZIONE La riproduzione dei distretti è anche accentuata dalla diffusione di innovazioni tecnologiche, come quella dell’HIGH TECH (anni ’90). Es. Pisa: c'è l’università e un grande CNR  concentrazione di piccole medie imprese, CINI  la prima volta che ci si è connessi ad una rete internet negli anni ’60 è stato proprio qui  elementi istituzionali, cognitivi e normativi. Il settore dell’high tech si è sposato bene con il processo produttivo del distretto anche se non si produce più un bene fisico, ma un software per esempio. Per produrre software la dimensione media dell’impresa non deve per forza crescere  piccole imprese in rete. Non c'è un’evoluzione nella dimensione ma nella rete. Quando si arriva agli anni ’90 e la globalizzazione (delle reti di imprese) diventa sempre più evidente e introduce ulteriori incertezze  la rete di imprese risponde benissimo all’incertezza globale (il distretto industriale si riorganizza nei settori dei software perché è un settore che funziona bene, si mantiene la piccola impresa, è un processo flessibile…). Es. packaging valley e motor valley e etna valley (produzione dei software) VIDEO SULLA ZONA INDUSTRIALE DI CARPI L’industria di carpi in cento anni si è adattata per sopravvivere al cambiamento dei consumi  dalla produzione di cappelli in truciolo alla maglieria. Negli anni ’80 carpi non riuscì a rispondere ma si riprese. I capi diventano simboli, la MODA si afferma nella società. Non si deve più riempire l’armadio, si cerca altro. La domanda spinge sul mercato ma anche il mercato spinge sulla domanda  sono le aziende che capiscono che a livello internazionale cambia la domanda, non si fa più maglieria di primo prezzo ma producono in modo più sofisticato per differenziarsi da una concorrenza a livello internazionale cinese (manodopera più economica). I carpigiani quindi lasciano il mercato del primo prezzo e utilizzano le loro conoscenze (elemento cognitivo) per andare su un mercato più di qualità. L’elemento organizzativo: o Tradizione del truciolo secolare o Lavoro a domicilio delle donne (tipo di lavoro che si consolida nel medioevo) che già c’era sul territorio o Questo tipo di lavoro viene sfruttato dai nuovi imprenditori per avere dipendenti competenti (che prima magari erano a domicilio) Bianca Agostini – Società ed Economia Il processo produttivo è distribuito sul territorio e riesce ad essere flessibile (si sposa bene anche l’attività familiare) perché si adatta alla domanda che cambia. L’elemento tecnologico  nuove macchine per soddisfare la domanda. Ci sono macchine più complesse che hanno permesso lavorazioni più elaborate. Era necessaria anche una manodopera qualificata che sapesse gestire queste innovazioni. Le fiere servono poi a far incontrare domanda e offerta per trovare ispirazione (‘900 di Bertolucci) Mentre si afferma il modello della terza Italia LA GRANDE IMPRESA si TRASFORMA. Quando quest’ultima era integrata verticalmente aveva rapporti scarsi con l’esterno  tanto ha tutto al suo interno (al contrario della piccola e media impresa che è embedded con il territorio perché è lì che trova le risorse cognitive e normative, la fiducia e per trovare le risorse per cambiare). **Le imprese per reagire alle sfide e rimanere competitive possono reagire in due modi: o Una via bassa  ridurre i costi (scorciatoia alla flessibilità)  si gioca sulla competitività di prezzo, spesso attraverso l’economia informale*. o Una via alta  si spinge sull’innovazione, si investe sulla tecnologia, nell’informazione e sulla formazione della manodopera. Un imprenditore non può intraprendere questa via senza l’aiuto delle istituzioni: che devono fornire aiuti, infrastrutture, fiducia (BENI COLLETTIVI). Queste due vie hanno un confine molto fluido, spesso le imprese nel corso del loro sviluppo, della loro storia le percorrono entrambe. Le istituzioni devono essere sia dei vincoli che delle opportunità in modo da convogliare sempre di più ad una via alta  rigidità flessibile. UN NUOVO INTERESSE ALL’ECONOMIA E ALLA SOCIOLOGIA  Dal ‘700  crisi del ’29: studio del CAPITALISMO LIBERALE (si studiavano l’origine del capitalismo, come si sviluppa, la sua maturazione).  Dal ’29 in poi i sociologi e gli economisti si comincia a guardare alla VARIETÀ DEI CAPITALISMI. Il meccanismo di mercato di ogni paese è diverso perché in ogni paese le istituzioni sono diverse (questo ormai era stato compreso dagli studiosi)  ed è qui che economia e sociologia si intersecano. Nel secondo dopoguerra si va a studiare quindi la varietà, che richiede FLESSIBILITÀ. Per rispondere alla richiesta dell’economia di una maggiore flessibilità ci sono diversi modi tra cui appunto una via alta (investimenti sulle risorse umane e sull’innovazione) o una via bassa (si tagliano i costi). Anche il distretto industriale è una risposta alla ricerca di flessibilità. Bianca Agostini – Società ed Economia L’ECONOMIA INFORMALE Cresce quindi l’interesse per l’economia informale come meccanismo di adattamento della grande impresa alla nuova situazione  sfugge alla contabilità nazionale. Gli economisti sono così interessati perché se queste attività economiche venissero formalizzato il PIL aumenterebbe moltissimo (babysitter, lavoro in nero…). Le attività informali possono essere considerate adattamenti alla crisi della grande impresa. Economia formale: regolata dalla contabilità nazionale CON QUALI DIMENSIONI ANALITICHE SI POSSONO STUDIARE LE ATTIVITÀ INFORMALI dato che le attività dell’economia informale sono molte varie (dall’economia criminale alla produzione di beni per l’autoconusmo) è necessario classificarle tenendo conto di tre dimensioni: 1. MODALITÀ DI PRODUZIONE: è legale o non è legale. 2. TIPO DI BENI PRODOTTI: legale o non legale 3. ORIENTAMENTO AL MERCATO (per autoconsumo oppure no) Si intreccia all’economia formale: offre risorse aggiuntive a chi ha un’occupazione instabile e offre alle imprese possibilità di articolare diversamente la rete di subfornitori. LA CRESCENTE DIFFUSIONE DELL’ECONOMIA INFORMALE È DA COLLEGARE A:  Dagli anni ’70 in poi in risposta alla crisi della grande impresa e alla crescente disoccupazione abbiamo una crescita di queste attività (le grandi aziende decentrano e cercano per esempio, manodopera a costi più bassi in altri paesi ricorrendo ad un’area dell’economia informale). Queste attività sono diventate sempre più visibili e non sono più simbolo di arretratezza anche perché si diffondono nei paesi più industrializzati (sharing economy  non si pensa a qualcosa di arretrato, ma a qualcosa di nuovo, di innovativo). Dagli anni ’80 parte la cosiddetta deregulation in diversi settori grazie al duo Reagan Thatcher (il primo nel settore aereo, la seconda, nel settore minerario – la nascita delle compagnie aeree low cost potrebbe essere considerata come un effetto della deregolamenatazione).  l’economia informale può anche essere il frutto di questi nuovi cambiamenti. IRLANDA  anni ’90: è in crisi, pochissimi investimenti  decide di far pagare pochissime tasse a coloro che decidessero di spostare le loro sedi nel paese.  Inizia la crisi del welfare state perché i costi cominciano a essere troppo alti  bisogna riadattarsi e trovare altre politiche di protezione sociale. Welfare state (redistribuzione)  risposta a nuove domande sociali da parte dello Stato, che ora deve per forza ridimensionare il sistema di protezione sociale pubblico. Bianca Agostini – Società ed Economia Williamson non da più per scontate la piena informazione e la razionalità c'è sempre il rischio di comportamenti opportunistici. I costi di transazione dipendono da: 1. SPECIFICITÀ: quanto specifici sono i beni di cui ho bisogno? C'è un unico fornitore che me lo può produrre? Maggiore è la specificità maggiore la possibilità di comportamenti opportunistici. 2. FREQUENZA: quanto spesso devo andare a reperire un bene? Maggiore è la frequenza maggiore la possibilità di comportamenti opportunistici.  si richiedono delle strutture di governo volte a proteggere le parti contraenti per diminuire il più possibile comportamenti opportunistici. Ci possono essere diverse combinazione di questi due fattori: o Bassa specificità e alta o bassa frequenza : prevale il tradizionale scambio di mercato (richiesta ricorrente o occasionale di beni standardizzati); o Alta specificità e bassa frequenza (es. acquisto di macchinari speciali)  si ricorre sempre al mercato ma c’è bisogno dell’intervento di terze parti, come un consulente che regoli i rapporti tra i contraenti per evitare comportamenti opportunistici; o Alta specificità e alta frequenza (rapporti di subfornitura per elementi di alta qualità)  si afferma un tipo di governo bilaterale che si affida su accordi di lunga durata come i joint ventures. Questi tipi di organizzazione sono una novità come via intermedia tra mercato e gerarchia (partnership pubblico privato), le imprese si aprono all’esterno ma hanno comunque bisogno di protezione. o Se la specificità è ancora più alta  investimenti che non hanno altri usi, le imprese ricorreranno alla gerarchia. Le istituzioni per Williamson sono dei contratti che devono essere fatti almeno tra due operatori in base alla specificità delle risorse e la frequenza dello scambio: solo così si possono capire la variabilità delle forme economiche. L’incertezza si bilancia con i contratti. DIFFERENZE TRA STRUTTURALISMO, NEOISTITUZ. SOCIOLOGICO E NEOISTITUZ. ECONOMICO  Secondo l’approccio strutturalista e neoistituz. sociologico l’azione è socialmente orientata, viene critica la visione atomistica e utilitaristica dell’economia istituzionale (il soggetto agisce solo per massimizzare l’efficienza). Prendono le distanze anche dalla concezione ipersocializzata dell’azione tipica della sociologia (i soggetti non agiscono SOLTANTO perché influenzati dal contesto culturale e dalle reti sociali in cui sono immersi); Nella nuova sociologia economica si prendono le distanze dagli estremi.  Entrambi gli approcci della nuova sociologia economica non condividono la critica agli economisti istituzionali, l’origine delle varie forme di organizzazione economica non si riduce alla mera ricerca di soluzioni efficienti per minimizzare i costi di transizione entra in gioco anche il radicamento sociale dell’azione economica (Strutturalisti: l’azione economica è influenzata dalle reti in cui i soggetti sono inseriti. Neoistituzionalisti: l’azione Bianca Agostini – Società ed Economia è profondamente influenzata da fattori cognitivi e normativi e quindi dal ruolo autonomo della cultura). L’APPROCCIO STRUTTURALISTA Il filone strutturalista della sociologia economica, emerso dopo la crisi della grande impresa degli anni ’70 sostiene che l’azione economica sia influenzata dalla struttura sociale, perché vi è radicata e immersa. Proprio in funzione delle diverse strutture sociali in cui può essere radicata, l’azione economica assume forme diverse (secondo gli economisti l’azione economica è orientata solo dalla razionalità dell’attore e dalla perfetta informazione e assume le forme che ha solo in relazione a questi elementi). Le reti di relazioni (familiari, amicali, lavorative…) costituiscono la struttura sociale. La partecipazione a tali reti di relazioni fornisce delle risorse e delle opportunità che permettono o non permettono di mettere in campo una determinata azione economica. Si possono creare legami fiduciari volti a migliorare le performance dell’impresa ma possono anche in modo più o meno legale dare degli strumenti per aggirare o eludere la concorrenza  questa apertura delle reti sociali a esiti diversi è esemplificata dal CAPITALE SOCIALE: insieme delle risorse che si trovano all’interno di queste reti di informazione. CAPITALE SOCIALE È l’insieme dalle relazioni sociali di cui un soggetto individuale o collettivo dispone in un determinato momento. il concetto di capitale sociale fa riferimento all’insieme delle risorse disponibili all’interno delle reti di relazioni sociali in cui ogni attore economico è immerso (e che possono o meno essere sfruttate da tale attore). Quello di capitale sociale è un concetto aperto, che da una parte contribuisce a diminuire l’incertezza legata ad es. alle transazioni, ma che dall’altra conduce ad esiti incerti, perché le reti di relazioni tra gli individui hanno tratti mutevoli e dinamici e perché non sono connotati esclusivamente positivamente o negativamente (dunque possono avere sui soggetti effetti positivi ma anche effetti negativi). - PIERRE BOURDIEU → Bourdieu definisce il capitale sociale come «la somma delle risorse, materiali o meno, attuali o potenziali, che ciascun individuo o gruppo sociale ottiene grazie alla partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento». Si tratta quindi di una risorsa individuale, che è connessa all'appartenenza a un gruppo o a una rete sociale, ed è collegata all'interazione tra le persone. Nel corso dei suoi studi, Bourdieu collega il capitale sociale alle inclinazioni imprenditoriali e di innovazione dei soggetti. - ROBERT PUTNAM → usa il concetto di capitale sociale in relazione al path dependency per spiegare l’efficienza istituzionale delle regioni italiane del Nord in contrapposizione a quelle del Sud, negli anni ‘70 (La tradizione civica nelle regioni italiane). Nel caso italiano si potevano individuare, da un lato, regioni dotate di una forte cittadinanza attiva, fondata sui valori della Bianca Agostini – Società ed Economia fiducia e della cooperazione, che si manifestavano nella presenza di una fitta rete di associazioni. Dall’altro, regioni con un tessuto sociale più frammentato e individualizzato, permeato da un clima di sfiducia e di delegittimazione dell’autorità. Il rendimento delle istituzioni fu ovviamente maggiore nelle prime regioni rispetto alle seconde. Secondo Putnam la causa dell’efficienza o dell’inefficienza delle istituzioni locali è da ricercare nell’esperienza dei comuni, tradizione istituzionale che ha generato o meno fiducia nelle istituzioni, offrendo o meno beni collettivi che hanno stimolato l’imprenditorialità → teoria criticata perché nell’analisi di Putnam si spiega il buon funzionamento delle istituzioni con la fiducia nutrita in periodi precedenti e tale fiducia, con il buon funzionamento delle istituzioni (circolo vizioso, si spiega la causa con l’effetto e l’effetto con la causa). Una cultura condivisa genera automaticamente disponibilità alla cooperazione e fiducia. - MAX WEBER → studia le sette protestanti e la borsa inglese: far parte di tali gruppi sociali richiede una condotta morale precisa (che permette ai membri del “club” di nutrire fiducia e ridurre l’incertezza nell’instaurare relazioni con gli altri membri) e vuol dire anche avere accesso a un capitale sociale esclusivo e dagli esiti vantaggiosi. - ALEJANDRO PORTES → studia il rapporto tra flussi migratori e criminalità: nelle reti sociali non si trovano solamente stimoli positivi, ma esse possono portare a fare scelte devianti, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista etico (es. coinvolgimenti in mafia, gang, ecc.). Il distretto industriale come esempio di capitale sociale Il distretto industriale è considerabile un esempio di capitale sociale, in quanto è una rete di relazioni che orienta i comportamenti economici e che permette di ridurre l’incertezza delle transazioni (dunque i costi di transazione) e dei rapporti economici, in quanto permette di instaurare rapporti di fiducia tra gli imprenditori, tra i quali c’è cooperazione e la cui concorrenza non è mai spietata, e di mettere in comune risorse cognitive a vantaggio di tutti. Esso (il distretto industriale), come esempio di capitale sociale, è anche capace di mettere insieme flessibilità e coordinamento del sistema produttivo: - la flessibilità serve a rispondere alla variabilità della domanda del mercato - la capacità di coordinamento serve a far sì che l’impresa funzioni correttamente e in modo integrato nella sua organizzazione orizzontale. Questa integrazione tra flessibilità e coordinamento non sarebbe possibile senza una rete di relazioni a cui attingere per trovare le risorse (cognitive, umane e materiali) utili per la produzione. LEGAMI FORTI E LEGAMI DEBOLI I legami delle reti relazionali che costituiscono il capitale sociale possono essere forti o deboli e la differenza risiede nella diversità delle risorse alle quali danno l’accesso:  legami forti → legami familiari, che solitamente danno accesso a reti di contatto omogenee e che limitano il contatto con ambienti diversi da quello di appartenenza e quindi la circolazione di informazioni e idee nuove  legami deboli → legami di conoscenza e amicali, che danno accesso a reti di contatto diversificate ed eterogenee e possono portare a conoscenze lontane e accrescere così le possibilità di trovare, ad esempio, un buon lavoro o una casa. Si riscontra quindi una maggiore Bianca Agostini – Società ed Economia II. I fattori culturali hanno la loro autonomia . Qual è questo ruolo della cultura? Le STRATEGIE ATTIVE del CONSUMATORE, nel caso prima enunciato (e in moltissime altre teorie) il consumatore è passivo e influenzato da fattori esterni. Il consumatore sceglie cosa consumare  il collegamento tra identità e consumi viene indagato a fondo, se io scelgo a consumare piuttosto che no, qui esprimo la mia identità. Dal ’68 in poi la moda ottiene via via più rilevanza nel definire la propria identità (i figli vogliono affermare la loro identità sui padri). MILLER: La società cambia come un pendolo che si muove tra un polo e un altro, da un lato c'è l’individualismo dall’altro il collettivismo  negli anni settanta era spostato sul collettivismo negli anni 80-90-00 si sposta sempre più verso l’individualismo (le subculture giovanili sono anch’esse un simbolo). DOUGLAS e ISHERWOOD: “i beni rendono visibili e stabili le categorie della cultura” i beni concretizzano. Ciò che si consuma non ha per forza un’utilità ma ha un valore simbolico (ribaltamento della visione dei neoclassici e la loro utilità). ZELIZER (leggere il pdf) Sociologa economica che per prima ha sistematizzato l’approccio ai consumi in rapporto on la cultura. Si accorge che l’economia e la cultura non si parlano. Il mercato tende a mangiare terreno ad aspetti culturali  mercato della morte  Ci sono in sociologia dei beni sacri e dei beni profani, il mercato ha spostato la morte dal sacro al profano. Nota che a fine ‘800 le compagnie di assicurazioni in America già esistevano ma pochissimi le compravano perché non si poteva scommettere sulla morte, era considerato sconveniente scommettere sulla propria morte. Poi vede un cambiamento nell’atteggiamento culturale delle famiglie e del capo famiglia che nel giro di trenta/quaranta anni cambia idea, considerando l’investimento sulla morte una cosa vantaggiosa. Questo è causato dal cambiamento della struttura familiare che prima era l’uomo lavora, la donna sta a casa e si occupa dei figli, era una persona che portava il pane a casa, consapevolo che le reti della comunità avrebbero provveduto all’aiuto della famiglia. Ora l’urbanizzazione aumenta  si slegano le reti comunitarie, si ha sempre più bisogno di un’assicurazione. Le assicurazioni sulla morte hanno preso piede in seguito a mutamenti urbani, della famiglia che hanno reso accettabile questo investimento  CAPITALIZZAZIONE DELL’AFFETTO. Zelizer ci fa vedere anche come l’assicurazione diventa una sorta di rituale  un buon padre di famiglia che non fa l’assicurazione non è più un buon padre di famiglia. Adesso l’assicurazione è vista come risposta all’incertezza (ora che la mia famiglia non è più in una rete comunitaria). Il valore dell’uomo diventa sempre più misurabile e scambiabile, con l’assicurazione si da un valore alla vita umana. Bianca Agostini – Società ed Economia Ci sono connessioni tra economia e cultura ma sociologi ed economisti tendono a non parlarsi  zelizer parla della teoria dei mondi ostili: sono due mondi che non si toccano perché il mercato tenderebbe a mangiarsi la cultura. Ci sono economisti che tendono a considerare degli elementi non economici interessanti e cercano di ridurlo al mercato  teoria del riduzionismo. Becker studia con strumenti economici il mercato matrimoniali  la gente si sposa per l’incontro tra una domanda e un’offerta. Secondo Zelizer riducono tutto a un calcolo razionale, a un rapporto di potere QUESTO RIDUZIONISMO SI DEVE EVITARE Zelizer è una studiosa del denaro che non è più solo uno strumento ma ha una valenza simbolica  come viene utilizzato il denaro non in un ambito di mercato. Studia come viene utilizzato il pocket money (il denaro che si ha in casa). Per viaggi, per la spesa… non sono tutti usi razionali o utilitaristici, si può decidere di destinare il proprio denaro per cose che altri definirebbero come spreco (spreco vistoso di Veblen).
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