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La buona guida: come gestire un team per migliorare la qualità del lavoro, Appunti di Leadership e comunicazione

Consigli per il buon gestione di un team, con focus sulla motivazione, la chiarità dei ruoli e responsabilità, la riconoscenza dei risultati e comportamenti, la fornitura di risorse e competenze, la sicurezza al lavoro, i compiti sfidanti, la presenza fisica, la cura della relazione interna, l'empatia, la reperibilità e l'obiettivo smart. Viene inoltre discusso sulla importanza di focalizzare su obiettivi specifici, misurabili e di valore strategico per l'azienda.

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 03/01/2024

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chiara-venegoni 🇮🇹

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Scarica La buona guida: come gestire un team per migliorare la qualità del lavoro e più Appunti in PDF di Leadership e comunicazione solo su Docsity! LEZIONE 1 LEADERSHIP E MANAGEMENT Differenza tra leader e manager: - Manager: il capo è posto dall’alto e attribuito come ruolo; nessuno può opporsi al capo che gli è stato imposto. Il manager ha dei collaboratori, dei dipendenti, chiamati come tali perché c’è una dipendenza gerarchica. - Leader: il leader è un soggetto che ciascuno riconosce come tale. C’è un grande uso improprio della parola anche del descrivere e indicare manager (es. product leader al posto che manager). Il leader ha follower e seguaci che decidono di seguirlo e non sono alle sue dipendenze; lo seguono perché l’hanno scelto loro come leader. → L’obiettivo principale è quello che il manager sia anche il leader. E quindi che il capo imposto finisca con l’essere anche il soggetto che comunque i collaboratori avrebbero scelto come leader. Tuttavia, non è possibile che siano perfettamente uguali ma può esservi un’intersezione tra le due figure e questo è il reale obiettivo. CONDURRE E ANDARE → TO GO GESTIRE E MANEGGIARE → TO HANDLE NB: Entrambe le figure sono però essenziali al fine del corretto funzionamento del sistema sociale. Ognuno di essi gioca un ruolo differente. È inutile il controllo se non sono proiettato al futuro, è inutile il solo orientamento al futuro senza la gestione del breve termine. THE GOOD BOSS - La qualità del lavoro non è data dall’azienda ma dalle persone con cui si lavora. - “Raccomanderesti il tuo capo come una persona con cui si lavora bene insieme?”. Net Management Promote Score NMPS - La risposta a questa domanda è un indicatore diretto e concreto che dà risultati in tempo reale. (Difficile che mettendo a capo dei tecnici possano poi essere dei bravi manager e leader; ad oggi dual lend, doppia carriera, anzi che dare compiti di responsabilità con subordinati e responsabilità e benefit, dare solamente i benefit e aspettare con le responsabilità e team. Carriera tecnica, anche arrivando a ruoli elevati ma senza responsabilità di persone). Esempio: Il capo-operaio è riconosciuto dai meccanici perché tecnicamente è il più preparato e competente. Al livello base il capo una volta era riconosciuto per la maggiore competenza. Il direttore generale invece è seguito dai direttori delle funzioni specifiche perché dà le direttive e permette di avere una visione d’insieme. Il direttore generale si aspetta che il direttore funzionale sia competente della propria funzione, maggiormente rispetto a sé stesso, in quanto lui ha invece il compito di coordinare tutto, internamente ed esternamente. NB: Piramide dell’ignoranza, più si cresce di livello più il capo non sarà più quello tecnicamente più competente. “Cosa devo fare per permettere a te di lavorare al meglio?” Prima la domanda sbagliata veniva posta ai soggetti sbagliati perché si chiedeva ai dirigenti quali dovessero essere le competenze di un buon capo. Si è iniziato a fare la stessa domanda ma ai “clienti” dei capi, ossia i collaboratori, chiedendo loro quali dovessero essere le caratteristiche del buon capo, al fine di non forviare le risposte e far sì che non fossero di parte. COMPORTAMENTI 1. Colloca il compito in una prospettiva più ampia: spiega il perché di un compito e lo colloca all’interno del processo generale. 2. Chiarisce gli obiettivi 3. È sempre disponibile ad ascoltare i collaboratori quando hanno bisogno di un confronto 4. Ascolta le opinioni dei collaboratori 5. Fornisce feedback tempestivi 6. Si assicura che i collaboratori dispongano di tutte le risorse per svolgere il lavoro 7. Definisce con i collaboratori i criteri su cui verrà valutata la loro prestazione. Molte volte si valuta sia l’obiettivo sia i comportamenti (valori). (Es. numeri portati e come sono stati ottenuti) 8. Non ha paura a prendere decisioni difficili 9. Fornisce ai collaboratori costanti opportunità/sfide per crescere 10. Lascia un ampio grado di libertà nel modo in cui si conseguono i risultati 11. Riconosce e premia risultati e comportamenti Obiettivo deve essere SMART - SPECIFIC: devono essere scritti in forma esplicita senza dubbi su chi è il responsabile e su cosa va raggiunto - MEASURABLE: devono poter essere misurabili, con indicatori quantitativi se possibili o con parametri qualitativi se necessario. Se un obiettivo non può essere misurato non esiste. - ACTION ORIENTED: devono essere espressi in forma orientata all’azione e ai risultati (verbi orientati all’azione come raggiungere, arrivare ecc) - REACHABLE: devono essere sfidanti e motivanti ma realistici e raggiungibili but challenging - TIME ORIENTED: devono essere definiti limiti temporali entro l’anno corrente Il management è performance ! per fare i capi bisogna avere dei risultati, non si è credibili senza di essi. I risultati parlano. Il management senza la disciplina dell’esecuzione è incompleto e inefficace. Senza la capacità di esecuzione, tutte le altre qualità della leadership sono vuote. Nessuna azienda può mantenere i propri impegni se le persone non praticano la disciplina dell’esecuzione a tutti i livelli. L’esecuzione deve fare parte degli obiettivi strategici aziendali; è il nesso che manca tra aspirazioni e risultati. → Focalizzazione è ciò che più conta ed esecuzione è farlo accadere Gestione per obiettivi L’obiettivo è un risultato da conseguire, se non si sa dove andare si finisce da un’altra parte. L’obiettivo è l’enunciazione dei risultati che si intende conseguire. È necessario focalizzarsi sugli obiettivi “core” e non di routine. Perché definire gli obiettivi MBO: - Allineare obiettivi individuali e piani aziendali - Chiarire, condividere e misurare i contributi individuali alla performance globale - Stimolare la cooperazione interfunzionale lungo i processi - Creare una visione unitaria degli obiettivi funzionali e interfunzionali - Fissare a priori una base oggettiva per il riconoscimento della performance - Stimolare lo sviluppo di sistemi di misurazione più aderenti alle necessità aziendali Se il lavoro è molto operativo è difficile stabilire MBO Il management è performance: un manager per essere credibile deve portare dei risultati consistenti e validi. Bisogna essere credibili, portare dei risultati, per fare management. Execution, the discipline of getting things done La disciplina dell’esecuzione – nessuna azienda può mantenere i propri impegni se le persone non praticano la disciplina della esecuzione a tutti i livelli. È fondamentale che tutta l’azienda proceda alla stessa velocità, l’obiettivo è mantenere il livello di competenze più lineare possibile. L’esecuzione dev’essere parte degli obiettivi strategici aziendale. Ed è il nesso che manca tra aspirazioni e risultati. Focalizzazione ciò che più conta ed esecuzione farlo accadere. È importante fissarsi su pochi obiettivi principali e portarli in esecuzione. Troppi obiettivi farebbero perdere il focus. → Focalizzazione su ciò che è estremamente importante, quelli “core” non routine. Il principio chiave che molti non riescono a capire circa la focalizzazione è che le persone sono naturalmente inclini a focalizzarsi su una cosa alla volta in maniera eccellente Alcuni traguardi sono chiaramente più critici di altri Obiettivo strategicamente importante → mancato conseguimento rende le altre conquiste irrilevanti e genera serie conseguenze Come si fa a capire ciò che è strategicamente importante? Si può ragionare al contrario chiedendosi quali sono le ripercussioni se una cosa andasse male; quali sono le conseguenze e la loro portata. Studi hanno dimostrato che la probabilità di successo è inversamente proporzionale al numero di obiettivi che ci si pone. Un solo obiettivo ha una probabilità di successo del 80%, aumentando gli obiettivi diminuisce drasticamente questa probabilità. È meglio darsi pochi obiettivi su cui concentrare tutte le proprie energie. Altra strategia potrebbe essere quella di dare un valore agli obiettivi al fine di prioritizzare le attività e le energie da dedicare ai singoli obiettivi. Ciò che è strategicamente importante si valuta analizzando la portata della perdita e delle conseguenze se non dovesse essere conseguito tale obiettivo. 3/4 COMUNICAZIONE E ASCOLTO Quali sono i principali comportamenti da ricordare: comunicazione e ascolto. Su 14 competenze/comportamenti possiamo notare come la maggior parte siano legati alla comunicazione e all’ascolto. - Fornisce feedback tempestivi - nel momento in cui non ricevete più feedback significa che non si sta crescendo - I segnali di ritorno occorre saper accoglierli, eliminarli e utilizzarli per riallineare le azioni. Questa è una operazione di sintonia fine, Nessun obiettivo è raggiunto senza questo continuo processo di gestione dei feedback. - capo chiede feedback al collaboratore, e lui risponde - quando il livello di maturità di entrambi è abbastanza alto, anche il capo chiederà un feedback (360 gradi) FEEDBACK deve essere - specifico - regolato ad esempio da leggi come i valori, missione e visione (es. si pagano le tasse non si accettano regali) CULTURA → qua da noi ci si comporta così 5. DA FEEDBACK TEMPESTIVI Obiettivo del feedback è di migliorare l’apprendimento e la performance, se il feedback è efficace: - Basato su fatti e comportamenti specifici – non sulla persona ma sui fatti - Costruttivo e vantaggioso (motivazione positiva) – il feedback deve sempre portare a qualcosa di successivo, costruttivo. - Immediato e semplice Il feedback pubblico può essere dato quando colpisce tutti o la maggioranza, in quanto non va a discriminare nessuno, né in positivo né in negativo. (sempre meglio non dare feedback in pubblico ma privatamente) 6. SI ASSICURA CHE I COLLABORATORI DISPONGANO DI TUTTE LE RISORSE PER SVOLGERE IL LAVORO 7. DEFINISCE CON I COLLABORATORI I CRITERI SU CUI SARA’ VALUTATA LA LORO PRESTAZIONE Ci sono due aspetti da tenere in considerazione: - Saper fare → risultati - Saper essere → comportamenti, modo col quale facciamo le cose P = f(RxC) performance = funzione di risultati e comportamenti Lascia un ampio grado di libertà nel modo in cui si conseguono i risultati La prestazione è data dal prodotto tra quello che faccio e come lo faccio. I risultati sono dati dagli obiettivi. È necessario concordare con il collaboratore cosa deve fare e come farlo. La definizione degli obiettivi prende di solito i mesi da novembre a gennaio. Il periodo è lungo perché c’è un grande lavoro di fondo. Al conseguimento degli obiettivi i collaboratori si aspettano un riconoscimento, verbale ma soprattutto a livello di premi; per questo motivo gli obiettivi definiscono i minimi dovuti della performance ma anche dei gradini a crescere. Inoltre l’attività del singolo non prescinde dall’andamento complessivo dell’azienda e quindi anche i premi promessi potrebbero non poter essere dati a causa dei risultati aziendali. Nelle aziende consolidate che vanno bene è più facile poter promettere premi di risultato, diviene difficile in situazioni incerte. Puntare a grandi risultati può essere rischioso se non si è certi dei risultati in termini monetari e né se si riuscirà a ripagare i collaboratori dei loro risultati. Meglio mantenersi su un livello medio che possa assicurare una buona performance e il ripagamento dei propri successi. Dietro ogni obiettivo c’è una riflessione se le promesse fatte al collaborare si riuscirà a mantenerle. Ulteriore problema degli obiettivi sta nella loro misurazione, dietro ad ogni obiettivo ci stanno dei key performance indicators stabiliti. A fronte degli obiettivi aziendali vengono calati obiettivi sui singoli direttori di funzione che a loro volta definiscono gli obiettivi dei collaboratori. NB: di solito a livelli di direzione si dividono i bonus in 70% come bonus di gruppo e 30% come bonus individuale per funzioni. In questo modo non ci sarà conflitto tra le funzioni né individualismo. Gli errori devono essere fatti in un certo cerchio 8. NON HA PAURA DI PRENDERE DECISIONI DIFFICILI Il capo che non decide non sta svolgendo il proprio lavoro e non permette agli altri di lavorare e di andare avanti, blocca tutta la struttura. (SBAGLIAMO CHE IMPARIAMO ENTRO CERTI LIMITI PERO’) LEZIONE 4 MOTIVAZIONE → Scegliere i giusti compagni di viaggio Le aziende si sono sempre basati molto sulle competenze, la cosa importante però sui cui fare forza sono i valori. I giusti compagni di viaggio bisogna sceglierli per i valori, non coloro che hanno esattamente gli stessi valori, ma l’ideale è avere alcuni valori condivisi e uguali e per i quali c’è totale sintonia. Ci saranno poi altri valori che saranno diversi ma non opposti; è quando ci sono valori opposti che iniziano i litigi. I valori si individuano osservando una persona perché non si può mentire sui propri comportamenti. Lo stage è un periodo utile per osservare i comportamenti di un potenziale futuro collaboratore. Il 78% dei collaboratori nel mondo è disengaged. La motivazione indica i motivi che spingono ad agire, all’azione. La motivazione è difficile perché non può essere di massa, ma per semplicità le aziende hanno sempre motivato tutti allo stesso modo. La motivazione per esistere deve essere o2o, calibrata di persona in persona. Ognuno di noi però non ha un solo bisogno e non sono costanti nel tempo. Ciò che ci motiva non sono tutti i bisogni che si hanno ma il bisogno dominante tra di essi, e lo si trova togliendo tra i vari bisogni e capendo quale davvero non può essere tolto. Ci interessa la motivazione perché le performance sono ottenute da una moltiplicazione di - competenza, - motivazione - fattori situazionali (risorse e contesto) La moltiplicazione evidenza che se solo uno dei due elementi è a zero non si ha performance. I bisogni cambiano con il passare degli anni solitamente, quindi in un periodo della mia vita l’apprendimento potrebbe essere la mia priorità, mentre in seguito i soldi ps non puoi cambiare strategia ogni 4 mesi, necessario aspettare l’anno Il bisogno che predomina sugli altri determina il comportamento (dinamico e potrebbe cambiare) SOLDI BENEFIT (ad esempio la macchina aziendale) CLIMA APPRENDIMENTO (azienda che mi fa crescere - percorsi di formazione, master) C’è tanta gente demotivata perché è difficile trovare il bisogno dominante di ognuno e sarebbe necessario indagare e chiedere a tu per tu a ciascuno dei collaboratori e questo costa tempo ed energie e spesso non viene fatto. Per individuare il bisogno motivante si va togliendo sempre di più perché sarà l’elemento a cui non si vuole rinunciare. La motivazione gioca un ruolo fondamentale perché designa i motivi che ci spingono all’azione. Per questo la motivazione è individuale. La motivazione non solo è soggettiva ma è dinamica e cambia nel corso del tempo. C’è tanta gente demotivata perché è difficile trovare il bisogno dominante di ognuno e sarebbe necessario indagare e chiedere a tu per tu a ciascuno dei collaboratori e questo costa tempo ed energie e spesso non viene fatto. Per individuare il bisogno motivante si va togliendo sempre di più perché sarà l’elemento a cui non si vuole rinunciare. Esistono numerose motivazioni ed ogni persona è mossa da una miscela interiore di motivazioni diverse il cui dosaggio è nello stesso tempo personale e variabile nel tempo. Esempi possono essere sicurezza, amore, comfort, giustizia, miglioramento, realizzazione di sé, armonia, libertà, ecc. Gli unici due bisogni che in realtà non esistono sono denaro e potere, perché non sono in realtà bisogni ma conseguenze di bisogni MASLOW ha ideato una piramide di bisogni evidenziando come al momento di agire bisognerà aver soddisfatto i bisogni più in basso nella piramide prima di passare a quelli di livelli superiori, una volta soddisfatti dei bisogni questi non muoveranno più i comportamenti. Al momento di agire il comportamento dell’uomo è guidato dal bisogno che sente più intensamente ed un bisogno soddisfatto non stimolerà più alla stessa maniera di uno non ancora soddisfatto. - FISIOLOGICI - SICUREZZA - AFFETTO - STIMA - AUTOREALIZZAZIONE ALDERFER ha criticato Maslow affermando che la motivazione non si muove secondo una piramide gerarchica; non è quindi necessario soddisfare prima un bisogno per accedere a un altro e si può essere stimolati da più bisogni contemporaneamente. Inoltre, ha sviluppato la teoria dei bisogni relazionali, sostenendo il concetto di universalità, continuità e progressività di tali bisogni. Ha affermato che pur rimanendo l’individualità della motivazione, tutti i soggetti presentano dei bisogni: - Universali: bisogni che sono presenti indipendente dallo status economico, dalla posizione di responsabilità o di potere delle persone (esempio l’ascolto - Continuità: avere soddisfatto un bisogno relazionale non implica che si possa trascurarlo nel futuro o che si debba passare alla soddisfazione di un bisogno differente - Progressività: se un bisogno relazionale non viene soddisfatto si ripresenterà sempre più forte. Ma anche una volta soddisfatto la sua intensità aumenterà. Questa teoria individua tre bisogni fondamentali: ascolto, feedback (forzato o non forzato) e partecipazione. Se vengono soddisfatti questi bisogni dei propri collaboratori non è sicuro che saranno motivati ma sicuramente non saranno demotivati. FREDERICK HERBERG ipotizzò la teoria bi-fattoriale della motivazione. Tale teoria mette in evidenza due categorie di fattori: quelli generatori di insoddisfazione che riguardano essenzialmente l’ambiente di lavoro e quelli portatori di soddisfazione che riguardano il contenuto del lavoro e le gratificazioni che procura. - I fattori ambientali possono demotivare ma che la loro soppressione non genera necessariamente motivazione - Fattori igienici: fornisce le risorse necessarie a svolgere il compito / crea ambienti di lavoro adeguati al compito / corrisponde uno stipendio adeguato alla posizione La motivazione, come l’apprendimento ed il cambiamento è principalmente autodiretta. Vale a dire che il nostro comportamento cambia quando è il risultato di una decisione o di una scelta. → come smettere di fumare, si ignorano le scritte sui pacchetti “fumare uccide”, a meno che non venga da noi l’idea di smettere ENGAGEMENT Una persona è engaged quando è intellettualmente, emotivamente e fisicamente attaccata al proprio lavoro e all’azienda in cui lavora. La misura dell’engagement è principalmente data da quello definito “extra mile”, è quel miglio che potrei fare in più senza che venga pagato, e viene fatto perché le persone scelgono di farlo non perché sono pagati per farlo; sono ad esempio gli straordinari fatti per concludere il proprio lavoro. ENGAGED quando - commitment - involvement - learning - motivation + company fit = condivisione di missione, visione e valori + add value = desiderio di migliorare e di generare valore per l’azienda (il cliente capisce quando viene aggiunto valore) + learning and development = desiderio di imparare e di crescere professionalmente + job satisfaction = soddisfazione per quello che si sta facendo Elementi in grado di quantificare il livello di engagement: ✓Sono consapevole di ciò che “questa” azienda si aspetta da me sul lavoro ✓Sul lavoro ho l’opportunità di dimostrare quotidianamente quello di cui sono capace. Quotidianamente non è fattibile ma rende l’idea. ✓Sul lavoro le mie opinioni vengono considerate, quando parlo vengo ascoltato ✓La “missione” di “questa” azienda mi fa apprezzare l’importanza del mio lavoro. Per farlo l’azienda deve avere una missione esplicitata. ✓Nell’ultimo anno in azienda, ho avuto l’opportunità di imparare e crescere ✓I miei colleghi sono determinati a eccellere nel proprio lavoro; fa parte del clima e dell’ambiente e va a inficiare il proprio lavoro essendo tutti collegati. Viene poi associato al lavorare con persone più brave ed esperte per imparare da loro. 21 Elemento fondamentale è anche il tipo di capo che si ha, perché spesso si lascia un capo e non un’azienda. ✓Ritengo che il mio talento venga pienamente utilizzato da questa azienda ✓Sono sempre pronto a “farmi in quattro” per questa azienda svolgere il compito non crescerà mai perché non ha stimoli per imparare a fare cose nuove. Blanchard afferma che ogni tanto bisognerebbe delegare ad altri soggetti anche compiti che non sanno fare, in modo che lo imparino e crescano. Per farlo bisognerà spiegargli il compito e renderlo in grado di svolgerlo, la delega sarà quindi l’ultimo stato di un processo di crescita su un compito che non sa fare. Si riconduce ad una delle caratteristiche del buon capo, che fornisce sfide ai collaboratori, la sfida può essere la delega su un compito che non si sa ancora fare ma che si andrà ad apprendere. DELEGA - DI RESPONSABILITA’ - DI COMPITO = non va in organigramma Da tenere a mente: - I collaboratori sono degli di fiducia - I collaboratori non sono in concorrenza con i capi - Nessuno può fare le cose esattamente come noi - È possibile e umano commettere errori - Se il collaboratore è bravo il merito è anche del capo - La delega porta più soluzioni che problemi Come fallisce la delega? 1. Difficoltà da parte del delegante a causa di caratteristiche o limiti personali: - Scarsa comprensione del concetto di delega o mancanza delle capacità necessarie - Scarsa tolleranza degli errori - Tendenza a far sì che i collaboratori facciano le cose esattamente come le farebbe lui - Scarsa fiducia nel collaboratore - Timore di perdere il controllo o subire la concorrenza del collaboratore 2. Difficoltà da parte del delegato a causa di caratteristiche o limiti personali: - mancanza di competenza, effettiva o percepita - riluttanza ad impegnarsi in nuove attività - difficoltà ad accettare autorità e responsabilità 3. Difficoltà a causa di fattori dovuti alle circostanze: - scarsa valorizzazione della collaborazione - compiti intrinsecamente poco chiari - inadeguatezza delle risorse - clima generale di scarsa tolleranza nei confronti del fallimento Le persone, di qualsiasi età, hanno bisogno di attenzioni e per ottenerle talvolta “rompono il vaso cinese”, quindi si lamentano, dicono di essersi fatti male, abbassano le proprie prestazioni, al fine di ritornare ad avere attenzioni. In quel caso la cosa peggiore da fare con questo soggetto è di cazziarlo, perché se ad un professionista (con cui mi comportavo in S4) le cose vanno male significa che sta solo cercando attenzioni, e quindi bisogna subito spostarsi in S3 e darlo loro molto sostegno, quindi maggiori relazioni. Se dopo avergli dato attenzioni con un comportamento in S3 questo soggetto non torna ad essere un professionista (S4), sarà necessario parlare con lui e capire meglio. Oltre alla delega di compito bisogna parlare della di responsabilità, che a differenza della delega di compito è che questa non si attribuisce facilmente. La delega di compito non va in organigramma (né sul biglietto da visita), la delega di responsabilità invece è formale e presente in organigramma. Si capisce la differenza tra le due deleghe quando vi è la presenza in organigramma. La delega di responsabilità se troppe tolgono la funzione a chi delega. La delega deve essere accettata dal collaboratore, che può anche rifiutare. Chi è responsabile di qualcosa, chi è capo, ha l’autonomia di poter delegare alcune proprie attività a dei collaboratori. Il responsabile di funzione non deve chiedere autorizzazione a superiori per la delega perché ha un accordo con lui sui risultati, come il responsabile di funzione porta i risultati non dovrebbe interessare al superiore. La delega di responsabilità prevede un aumento di stipendio, a differenza della delega di compito per cui non è previsto nulla. La delega di responsabilità implica essere a capo della strategia e dei risultati, per questo si spiega l’aumento di stipendio. Una volta arricchito il proprio lavoro si possono delegare le responsabilità ad altri perché il proprio lavoro e il proprio ruolo rimane comunque giustificato. La delega può essere data solo dal capo al collaboratore e una volta ricevuta una delega non si può delegare nuovamente. Da un lato perché la delega è affidata ad una persona sulla base della fiducia riposta in essa e perché si potrebbe voler valutare tale soggetto, se venisse nuovamente delegato il compito questo secondo principio andrebbe svanendo. Funzioni delegabili e non Un altro aspetto importante è capire cosa delegare. È consigliabile non chiedersi cosa si può delegare, ma è meglio ragionare al contrario chiedendosi cosa NON POSSO delegare. Cosa non è delegabile ➢la scelta strategica finale; ➢la gestione (sviluppo, licenziamento, assunzione) dei collaboratori; ➢la gestione delle crisi; ➢la funzioni rituali o di rappresentanza. Delegarlo andrebbe a togliere l’importanza che la presenza fisica dimostra a quella persona, sia personalmente sia professionalmente. La presenza fisica significa dare tempo ed energia e quindi importanza; ➢Pianificazione e coordinamento; non si può delegare la scelta dei ruoli e la definizione delle priorità, perché il capo dovrebbe avere una visione più allargata che permette di prendere la scelta migliore. Non è quindi delegabile la scelta del team leader. … tutto il resto è delegabile Blanchard è il primo che vede la delega come punto d’arrivo di un percorso di crescita su un compito che il collaboratore non sa fare, e non più solo come la liberazione di un’attività e quindi di tempo ed energia da parte della persona che delega. Si richiama ad uno dei quattordici punti del leader, dare sfide al collaboratore per farlo crescere. Ci sono comunque persone che non vogliono fare carriera o crescere, è bene averne un po’ nel proprio team; non tutti, almeno uno che vuole crescere e che vuole dare di più all’azienda ci deve essere. È più facile far rallentare dei cavalli di razza che spingere dei muli. Anche a livello personale sarebbe sempre meglio cercare di trovare attività che non si è in grado di fare e quindi per cui mettersi nella fase S1 prescrivere al fine di continuare a crescere. Nessuno sarà mai maturo a 360 gradi quindi ed è sbagliato considerare una persona del tutto matura, potrà esserlo a seconda del compito che dovrà svolgere. LEZIONE 5 Il management è stato inventato per risolvere quali problemi? Management, manage, deriva da maneggiare, ho l’obiettivo di gestire. C’è una rivoluzione in atto in quanto la definizione di management su tutti i libri è sbagliata. Drunker definisce il management come organizzazione e coordinamento delle attività di un business al fine di conseguire obiettivi definiti. A fronte di questa frase possiamo affermare che il compito principale del management NON è di conseguire gli obiettivi. Il capo non deve ottenere i risultati, ma fare di tutto per far sì che i collaboratori operino al meglio per ottenere i risultati. Non è il manager che ottiene i risultati attraverso il coordinamento, ma di fare di tutto per permettere ai collaboratori di lavorare al meglio e quindi portare ai risultati. Non bisogna quindi investire tempo sui risultati direttamente ma investire sulle persone che poi porteranno i risultati. FARE DI TUTTO PER OTTENERE IL MEGLIO DAI COLLABORATORI. Il management ha a che fare con la complessità e si occupa di: pianificare, organizzare, motivare e controllare. Questi elementi derivano da teorie di decenni fa, in cui i soggetti erano poco scolarizzati e secondo la teoria di Blanchard si trattavano tutti nella sezione S1 del prescrivere. Ad oggi c’è molta più complessità individuale. Oltretutto la motivazione non è qualcosa che si può indurre del tutto ma deriva principalmente da spinte personali. Ai tempi di Taylor gli operai erano basso scolarizzati, talvolta non parlavano neanche la lingua del posto, quindi era più facile trattarli come macchine e limitarsi ad indicare loro cosa fare e imporgli di non distaccarsi da quanto indicato. Bisogni nel mondo di Taylor: svolgere attività ripetitive in modo efficiente. Produrre in larga scala gli stessi prodotti. Massificazione dei prodotti. Soluzioni: chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità. Regole chiare. Controllo e verifica del lavoro effettuato. Rigida gerarchia. Nella storia le aziende sono passate da proporre al cliente: a. Prodotto b. Servizio c. Soluzione d. Esperienza e. Story Telling (I believe what you believe) Ci sono state delle idee: Minimalist management Quando meno è più; l’obiettivo era di ridurre il controllo, le regole, l’operatività, la riservatezza, obbedienza, potere, attesa ed equilibrio, a favore di iniziative, passione, innovazione, libertà, pensiero, responsabilità, significato, fiducia e chaos (disordine ordinato). La riduzione dei primi elementi avrebbe portato ad un aumento degli aspetti successivi. LEZIONE 6 MANAGEMENT MODEL Tutto il percorso verte sul management model; se quasi tutti sanno definire il proprio business model, ossia come fanno business, pochi manager sanno definire il proprio management model. Il sistema azienda, così come il mondo, è fatto da saper essere e saper fare, ed è necessario giungere ad un corretto equilibrio tra questi due elementi; tra una persona che sa fare ma non sa essere, non sa comportarsi con gli altri, ed una persona un po’ meno competente ma con maggiori capacità relazionali, si preferirà la seconda. Il sistema azienda è quindi un mix tra business model e management model, che a loro volta si contaminano a vicenda. Un modello di business senza modello di management è perdente come un modello di management senza modello di business è pura teoria. Modello di management significa gestione delle persone Per business model si intendono le scelte inerenti il business come diversificazione/concentrazione, struttura dei costi, internalizzazione/esternalizzazione e come generare ricavi. Tutto questo è inutile se secondo i dati l’84% dei collaboratori è disengaged. Il management model riguarda invece le scelte inerenti persone ed organizzazione: struttura organizzativa, definizione obiettivi, definizione mappa strategica (mission, vision) e sistemi di gestione, motivazione e valutazione. BUSINESS MODEL MANAGEMENT MODEL Scelte inerenti al business: Scelte inerenti a persone e organizzazione - diversificazione/concentrazione - struttura organizzativa - struttura dei costi - definizione obiettivi - internalizzazione/esternalizzazione - definizione mappa strategica - come generare ricavi - sistemi di gestione, motivazione e valutazione Business model è quindi il modo in cui l’azienda sviluppa il proprio business e definisce le relazioni con gli stakeholder. Il primo a parlare di modello di management è il professore Julian Birkinshaw, definendo il management model come le scelte che i capi di un’azienda fanno per quanto concerne obiettivi, come motivare le persone, il coordinamento delle attività, l’allocazione delle risorse e, in altre parole, come il lavoro di management viene fatto. (2010) Si è poi proceduto per comprendere meglio gli elementi del modello di management. È stato affermato che il Management model deve esplicitare i principi fondamentali su cui si basano i comportamenti e di conseguenza le principali scelte manageriali in relazione a come: - Si definiscono gli obiettivi; si pensi alla differenza tra aziende quotate e aziende familiari con diverse prospettive di guadagno tra breve e lungo termine, le quotate saranno interessate a capitalizzare il più possibile nel breve rispetto a quelle familiari che potrebbero decidere di andare in perdita per un anno al fine di investire sul futuro. - Si motivano le persone; - Si coordinano le attività; - Si prendono le decisioni; aspetto che si ricollega al tema della delega; - Si gestiscono le informazioni; aziende che comunicano, che sono trasparenti, inclusive, basate su feedback o no. Perché è importante parlare di management model? Per riuscire a sopravvivere alla sfida del tempo i manager dovranno imparare a lavorare contemporaneamente su BM e MM. L’innovazione solitamente è sul modello di business, innovazione di prodotto, processo, ecc. in quanto hanno un impatto diretto sulle performance aziendali. Dovrebbe esserci molta più attenzione all’aspetto umano delle organizzazioni innovando anche il modello di management. L’unità di analisi del fenomeno innovativo non è il prodotto, servizio o esperienza, ma il sistema di business, ossia l’unione di business model e management model. Nella “dot.com era” le sperimentazioni di successo sempre più difficili riguardano: - Inter-competizione - Mondo V.U.C.A. - Innovazione tecnologica Per le aziende diventa sempre più difficile trovare modelli di business innovativi che permettano loro di distinguersi sul mercato. La mancanza di coerenza tra uno o più elementi del sistema rende vana qualsiasi innovazione che non consideri l’intero sistema. Le organizzazioni dell’ultimo decennio, in particolare, si sono trovate a ricercare nuove forme di differenziazione e distintività, difficili da imitare e che abbiano valore sul mercato. ➔ Il management model diventa così fonte di vantaggio competitivo ESEMPI DI MODELLI DI MANAGEMENT FESTO Manager come coach – spendere tempo per aiutare gli altri a capire come risolvere i propri problemi L’individuo azienda è più forte del singolo individuo Trasparenza totale – es. retribuzioni pubbliche ! meritocrazia I valori fanno cambiare velocità all’azienda Creare un ambiente in cui le persone riescono a dare il massimo Pochi KPI da utilizzarsi quotidianamente Controllo nelle mani di tutti – tutti si sentono responsabili del sistema Processo strategico come lavoro di gruppo La visione deve arrivare dall’alto MODELLO DI MANAGEMENT VINCENTE Potenzialmente possono esistere infiniti modelli di business ma studiando diverse aziende si è arrivati a definire 4 modelli di management. I modelli di business necessitano innanzitutto di compatibilità con: - Le caratteristiche / peculiarità aziendali - Le condizioni del contesto in cui l’azienda opera - Le esigenze degli stakeholder Molte organizzazioni ancora oggi utilizzano modelli manageriali obsoleti compatibili con contesti socio-economici del passato, ma non adatti alle sfide attuali. ARCHETIPI DI MANAGEMENT MODEL 1. Hierarchical Model – FARE Classico nelle aziende padronali che dominano in Italia, in cui le decisioni sono prese da poche persone e generalmente sono i proprietari. Le informazioni sono scarse e le persone spesso non conoscono i principali dati aziendali come fatturato, utile, costi, quote di mercato. La funzione di coordinamento e controllo è nelle mani di pochi, i proprietari o persone di loro fiducia. La motivazione è esclusivamente estrinseca e basata sulla “logica della foca” che se si fa qualcosa di giusto si ottiene un premio. Gli obiettivi si basano su traguardi a breve termine e sono quasi esclusivamente concentrati nel fornire benefici agli shareholder. → Orientamento delle persone al FARE 2. Planning Model – MIGLIORARE Le decisioni sono ancora prese da pochi ma c’è più libertà nel come realizzare il lavoro. Le informazioni sono ancora scarse ma c’è più possibilità di reperirle, secondo il concetto del “chi cerca trova”. Le funzioni di coordinamento e controllo iniziano ad essere delegate alle prime linee. La motivazione è ancora estrinseca ma si inizia ad incentivare le persone a ragionare su cosa fanno e non solo fare. Gli obiettivi sono ancora principalmente incentrati su traguardi a breve ma si iniziano a vedere barlumi di interesse per gli stakeholder pur rimanendo un orientamento al breve periodo. → L’orientamento delle persone è ancora quello del fare con alcune aperture alla riflessione che portano verso una cultura del miglioramento continuo. 3. Changing Model – MIGLIORARE Le decisioni strategicamente importanti sono nelle mani di pochi mentre ognuno è libero di decidere all’interno delle proprie responsabilità e del proprio ruolo. Le persone sono informate sui principali dati aziendali. Le persone svolgono autonomamente la funzione di coordinamento e controllo, sotto la supervisione dei capi. La motivazione è sia estrinseca (premi, bonus, incentivi) ma anche intrinseca basata sulla possibilità di svolgere in autonomia il proprio lavoro. Gli obiettivi sono sia di breve che di medio periodo ed inglobano una visione allargata dell’organizzazione che include tutti gli stakeholder. → La cultura è sia quella del fare sia del riflettere. Le persone sono orientate al miglioramento costante ed al cambiamento. 4. Learning Model – INNOVARE Per la presa di decisioni si coinvolgono tutti gli attori che possono contribuire qualitativamente con la loro competenza alla presa della decisione, indipendentemente dal ruolo che occupano. Prevalgono competenza e collaborazione. Le informazioni circolano liberamente, sono facilmente reperibili. La struttura organizzativa è costantemente messa in discussione per trovare il miglior compromesso strategia/struttura. La motivazione è principalmente intrinseca (qualità del lavoro, collaborazione, ricerca costante di sfide). Gli obiettivi sono di breve e di medio termine e tengono conto di tutti gli stakeholder. → La cultura è quella dell’innovazione e della sperimentazione continua finalizzata alla ricerca di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. MANAGEMENT INNOVATION Significa cambiare il modo in cui i manager svolgono il proprio lavoro: - Definizione di obiettivi e piani per la realizzazione degli stessi - Motivazione de allineamento degli sforzi - Gestione ed allocazione delle risorse - Acquisizione ed applicazione della conoscenza - Creazione e sviluppo delle relazioni •Identificazione e sviluppo di talenti - Gestione delle richieste/pressioni esterne L’innovazione dei principi e dei processi manageriali può creare vantaggi di lungo periodo, permettendo alle organizzazioni di varcare la soglia di nuove performance. L’innovazione del management consente un vantaggio competitivo molto maggiore rispetto a quello di business. LEADERSHIP RISONANTE I leader sanno che entusiasmo genera entusiasmo; parliamo di leadership risonante, in cui il comportamento del leader e il suo approccio si trasmette ai suoi collaboratori. I leader si concentrano su aspetti “soft”, a differenza del manager che si sofferma di più su aspetti di performance. Il leader invece si concentra su aspetti come la visione, il trascinare e motivare le persone, infondere carica emotiva. Possiamo però affermare che “soft” è in realtà “hard”, in quanto, nel momento in cui i prodotti l’unico elemento presente sul mercato e non si hanno competitor sono aspetti hard, quando però arrivano competitor aspetti soft come la relazione diventano fondamentali per poter superare la concorrenza. Si parla di resonant Leadership in riferimento a quel fenomeno per cui a fronte del comportamento di una persona, che sia di gioia o di dolore, risuonerà negli altri l’energia che si sprigiona, sia essa positiva o negativa. Il leader quindi, oltre alle competenze già viste, ha il compito di fissare lo standard emotivo del gruppo. La leadership è quindi una relazione e una relazione risonante, bisogna quindi essere in sintonia emotiva con gli altri. Questo implica anche il compito del capo di cerca di allineare le emozioni dei componenti del team. La differenza tra un leader mediocre e uno eccellente è legato alla capacità di gestire le emozioni proprie e degli altri; questa capacità si chiama intelligenza emotiva. Ci occupiamo di emozioni perché l’emozione precede il pensiero. Ogni agitazione o turbamento della mente, sentimento, passione, ogni stato mentale che sia violento o eccitato, si impadronisce del cervello rettile. Tutte le emozioni sono essenzialmente impulsi ad agire, piani d’azione dei quali ci ha dotato l’evoluzione per gestire in tempo reale le emergenze della vita. Ci sono 8 emozioni primarie: sorpresa, disgusto, vergogna, amore, collera, gioia, paura, tristezza. Non sono un problema di per sé, il problema sussiste quando vengono portate all’eccesso. Le emozioni sostengono o annullano, esaltano o deprimono, le attività cognitive diffuse all’interno dell’organizzazione. La miglior decisione sarà un’unione della teoria della mente, quindi razionalità, con una teoria delle emozioni. Il problema per ciascun individuo è di riuscire a bilanciare bene questi due aspetti, anche in base alle proprie inclinazioni personali; ci saranno persone più portate a far fede alla parte razionale e chi alla parte emotiva, nessuna delle due parti deve prevalere eccessivamente sull’altra. All’interno delle aziende le persone, indipendentemente dal ruolo, possono essere distinte per le funzioni emotive che svolgono. Il curriculum rappresenta la rappresentazione razionale di un individuo, inserendo tutte le sue esperienze, ci sono poi tanti altri aspetti che compongono la propria rappresentazione emotiva. In azienda le persone possono essere distinte in diverse tipologie di soggetti; chi è più predisposto a: - generare amore - sostenere speranza - contenere sofferenza: ci sono sofferenze fisiche e non fisiche - desiderio di apprendere Chi invece è più predisposto a: - diffondere odio - seminare disperazione - emanare ansia - produrre confusione L’aspetto emotivo diventa fondamentale anche nella scelta di una persona. La maggior parte delle abilità cognitive rappresenta la base di partenza, se non le si possiede è probabile che non si possa neppure aspirare a posizioni di leadership. Tuttavia, l’intelletto non è sufficiente da solo a fare un leader in quanto realizzano un’idea motivando, guidando, ispirando, ascoltando, convincendo e soprattutto creando risonanza: fissando lo standard emotivo del gruppo. Il compito fondamentale dei leader di nuova generazione è quello di diffondere e innescare sentimenti positivi nelle persone che gestisce; nella sua essenza il compito fondamentale della leadership è di natura emozionale. Per questo motivo affermiamo che i buoni leader sono emozionalmente intelligenti, sono degli esseri umani “completi”, per quanto riguarfa mente, corpo, cuore e spirito. I grandi leader creano risonanza. I bravi leader sono leader risonanti, sanno dare la carica e ottenere risultati, sono in grado di dar vita a relazioni risonanti con le persone che li circondano. Sono in sintonia con le persone che li circondano e questo fa sì che lavorino in sintonia reciproca a livello di pensiero (che cosa fare) e di emozioni (perché faro). RISONANZA L’origine della parola risonanza deriva dal latino resonare, ovvero risuonare. Il dizionario la definisce come un fenomeno fisico grazie al quale un suono viene rafforzato o prolungato per riflessione o, più specificatamente, per vibrazione sincrona. La risonanza è l’abilità del leader a orientare le emozioni del gruppo in senso positivo, facendo emergere il meglio di ciascuno e quando il gruppo si muove all’unisono con l’entusiasmo e l’energia del capo. Quanto maggiore è la risonanza tra le persone, tanto meno statiche saranno le loro interazioni. L’abilità del leader nel gestire e orientare tali emozioni in modo da guidare il gruppo verso il raggiungimento dei suoi obiettivi dipende dal livello di intelligenza emotiva. I leader risonanti sanno gestire le emozioni, e leggere con precisione gli individui e i gruppi; entrano consapevolmente in sintonia con le persone portandole a focalizzarsi su una causa comune, costruiscono il senso di appartenenza e creano un clima che permette a tutti di attingere alla passione, all’energia e al desiderio per dirigersi insieme verso una direzione positiva. Sono ottimisti e realisti allo stesso tempo. ELEMENTI ESSENZIALI DEL LEADER RISONANTE - Mindfulness: vivere in uno stato di piena e cosciente consapevolezza del proprio sé, delle altre persone e del contesto nel quale si lavora. Significa essere consci, consapevoli e orientati alla cura di sé stessi e del mondo circostante. Essere stanchi e stressati si riversa nell’azienda e sui collaboratori, per questo motivo il leader deve prendersi cura di sé, al fine di poter dare il meglio e essere il meglio per il team. La mindfulness è una sana condizione di apertura mentale, curiosità e consapevolezza. Significa sviluppare le proprie capacità intellettive, prendersi cura del proprio corpo, utilizzare il potere delle proprie emozioni e occuparsi della propria spiritualità. Uno stato in cui si è presenti, consapevoli e attenti verso sé stessi e il mondo circostante. Le aziende implementano attività di wellness per migliorare la employee experience al fine di far stare meglio i collaboratori come persone e quindi meglio all’interno dell’azienda. Per sviluppare la consapevolezza serve sia self assessment, sia l’incontro e confronto con gli altri. - Speranza: convinzione di poter realizzare il futuro che immaginiamo dentro di noi e ci permette di dirigerci verso i nostri progetti e obiettivi, motivando gli altri a fare lo stesso riguardo ai propri. La speranza è una calamita emozionale, spinge ad andare avanti le persone anche quando si trovano in difficoltà. Per avere speranza bisogna sviluppare ottimismo, immagine di un futuro migliore e convinzioni che si possa far succedere le cose. Speranza significa anche smettere di fare la vittima, perché non solo si rischia di confermare le proprie parole, ma soprattutto si perde credibilità, diventando risonante anche per le persone attorno. - Compassione: Compassione: comprendiamo i desideri e bisogni altrui e ci sentiamo motivati ad agire sulla base dei nostri sentimenti. Con-passion, è diversa dalla simpatia o dall’empatia poiché non si limita alla comprensione ma la unisce alla partecipazione; è una particolare prontezza ad agire per il bene proprio ed altrui. I leader efficaci sono capaci di sospendere i loro automatismi di giudizio e di lavorare per cercare di capire le persone senza filtri. Essi sono abbastanza interessati agli altri da voler sapere qualcosa di loro, sentire quello che essi sentono e vedere il mondo dal loro punto di vista: poi ne fanno tesoro e utilizzano ciò che hanno imparato. Comprensione ed empatia nei confronti dei sentimenti e delle esperienze altrui, interesse verso gli altri, ma anche disponibilità ad utilizzare in senso operativo l’empatia e l’interessamento. Si mette passione in quello che si è capito. La compassione è empatia in azione e si basa sul desiderio di creare un legame con gli altri e rispondere ai loro bisogni ! entrare in risonanza con gli altri. L’ascolto ha aperto la strada alla comprensione e quindi alla compassione. LEZIONE 9 IL TEAM Stesso obiettivo, collaborano e possiedono competenze differenti, tutti vogliono vincere ma non sono in competizione tra loro. La squadra è un gruppo di persone con un elevato grado di interdipendenza, che collaborano per il raggiungimento di un obiettivo comune. Un team è composto almeno da tre persone per assicurare democrazia. I pilastri del team: ❖Fiducia – persone competenti, che portano risultati, onesti e leali. La fiducia ha due aspetti fondamentali quali la velocità e i soldi, in quanto non si perderà tempo a controllare e si risparmieranno soldi. Si fonda su lealtà e affidabilità. ❖Spirito di squadra Perché lavorare in team? Nel team si può avere collaborazione, aiuto, confronto, visioni diverse, supporto nella risoluzione dei problemi, combinazione di conoscenze e competenze diverse, responsabilità diffusa, creazione di partecipazione e coinvolgimento, aumento delle proposte di soluzioni alternative, creazione di una visione allargata della situazione, decisioni qualitativamente migliori. Il team più forte in azienda è il management team che compone tutti i direttori di area, avendo quindi una visione di tutte le divisioni aziendali, oltre che una responsabilità diffusa nel team. La responsabilità diffusa può essere un elemento di vantaggio ma anche un modo per camuffare e annacquare la responsabilità. Quando non ha senso lavorare in team? Quando l’attività può essere svolta individualmente, anche considerato che il team costa. Inoltre, tutto quello che rientra nel proprio ruolo e responsabilità non può essere oggetto di un lavoro in team. Se si è pagati per svolgere un’attività questa deve essere svolta dal singolo, altrimenti potrebbero venire dubbi sul ruolo del soggetto e sulle sue competenze. Creare un team per una propria responsabilità potrebbe essere un modo per far ricadere le proprie responsabilità anche su qualcun altro. Da non confondere con ascolto e collaborazione con altri che permettono di avere tutti gli elementi che permettano al singolo di prendere la decisione migliore. Caratteristiche di un gruppo efficace: 1. Consapevolezza dello scopo, obiettivo chiaro e condiviso 2. Ascolto e partecipazione attiva: i membri del gruppo sono orientati ad ascoltarsi vicendevolmente; la partecipazione è attiva e propositiva. La comunicazione è aperta ed efficace. 3. Dare e ricevere feedback: indirizzare subito i comportamenti sbagliati. NB: Kennet Blanchard, ricevere feedback da chi è maturo; il collaboratore non maturo potrebbe non dare feedback costruttivi. 4. Decisioni per consenso: per le decisioni importanti, l’obiettivo è un accordo fondamentale, ma non necessariamente unanime, attraverso la discussione aperta delle idee di tutti. Si basa su un concetto di responsabilità diffusa. Eccessiva democrazia è indice di immaturità, per prendere delle decisioni talvolta è meglio affidare la scelta al capo e non portare la democrazia all’estremo. Ma se non c’è consenso unanime c’è qualcosa che non funziona nel team. 5. Delega: ogni membro del gruppo ha chiarezza circa la sua responsabilità, i suoi compiti e quelli degli altri membri del gruppo. Esiste la propensione a dare e ricevere deleghe. La precisione dei ruoli, mansioni e compiti favorisce e non impedisce flessibilità. 6. Relazioni esterne: i membri del gruppo difficilmente sono mostrati all’esterno. Il gruppo efficace dedica del tempo allo sviluppo di importanti relazioni chiave, alla mobilitazione delle risorse e alla generazione di credibilità da parte di persone importanza di altri reparti dell’organizzazione. 7. Diversità di stile: gruppo è costituito da membri con diversi stili (collaborativo, contributivo, timido, relazionale, ecc.) che si adoperano per portare a termine i compiti, che spingono il gruppo a definire obiettivi, che lavorano sodo per assicurare un processo di gruppo positivo e che mettono in dubbio il funzionamento del gruppo. 8. Leadership diffusa: anche se il gruppo ha un leader formale, ogni membro si sente corresponsabile e contribuisce agli obiettivi con la propria competenza ed esperienza. Ognuno partecipa attivamente con 3 E: envision, energizing, enabling. 9. Autovalutazione: periodicamente, il gruppo si sofferma ad esaminare il proprio funzionamento ed i fattori che possono incidere sulla sua efficienza. Come motivare un team? Il team è motivato da risorse che permettono una buona performance, la disponibilità quindi di risorse sufficienti. Devono inoltre essere rimosse eventuali barriere. A definire i componenti del team può essere il capo, o su proposta di un team leader che valuterà le persone più al compito che bisogna portare a termine. È utile avere, fuori dal team, anche uno sponsor più alto come grado gerarchico che facilita i rapporti e i contatti, non partecipa direttamente al team ma lo supporta e ne agevola il processo. Ma anche avere l’incoraggiamento del top management, il far conoscere i risultati del team ed il riconoscimento dei contributi importanti. COMPETENZE PER LAVORARE IN TEAM Fasi di sviluppo di un team
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