Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti Letteratura Inglese I - L'immaginario dell'isola nella letteratura inglese moderna, Appunti di Letteratura Inglese

Appunti dettagliati del corso di Letteratura Inglese I - L'immaginario dell'isola nella letteratura inglese moderna della Professoressa Elena Anna Spandri

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 15/10/2021

dmodst
dmodst 🇮🇹

4.5

(15)

8 documenti

1 / 62

Toggle sidebar

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti Letteratura Inglese I - L'immaginario dell'isola nella letteratura inglese moderna e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! LETTERATURA INGLESE IA BREXIT: evento politico e amministrativo, che è stato il culmine di 3 decenni di euroscetticismo da parte della GB, ma anche un grande evento culturale. Per molti cittadini britannici e per molti europei, la decisione di uscire dall'UE della gran Bretagna, presenta i tratti del dejà vu: non dice niente di nuovo rispetto a un profilo culturale già definito e contemporaneamente è espressione del tempo; sono presenti una matrice antica che vede la GB formarsi a partire da un sentimento di forte insularità, diversità e eccezionalità rispetto al resto dell'Europa e d'altra parte ha anche a vedere con una grande resourgence dei sovranismi e nazionalismi. In questo fenomeno politico-culturale si concentrano entrambe le anime: una sedimentazione cronologica di un certo sentimento di insularità e una compartecipazione ai nuovi nazionalismi e sovranismi. Possiamo dire che la brexit rappresenta un momento di emersione di subconscio politico e culturale che ha radici profonde e che ciclicamente torna a germinare, che riguarda la cultura britannica e il loro sentirsi insulari, diversi, lontani e anche un po’ eccezionali. Da questo punto di vista la brexit è un fenomeno pervaso di letterarietà: esprime una forte componente anche letteraria perché rappresenta la dimensione politico amministrativa di un discorso identitario che attinge a un immaginario dell’insularità e che è stato generato dalla prima modernità, dall’Early Modern (1150 ca.), che è stato costantemente rielaborato nelle epoche successive in rapporto alla specifica combinazione di nazionalismo e imperialismo che ha rappresentato la specificità della GB moderna. In questo senso, realmente la storia della GB è unica nel suo genere, perché contemporaneamente si sviluppa un grande senso di nazione e un grande senso di impero e imperialismo. LETTERATURA DELL'ISOLA Ovviamente, la letteratura dell’isola non è appartenente solo alla storia della GB, innanzitutto perché fonda le sue origini nell'antichità, però è indubbio che il motivo dell’isola è fondativo nella letteratura inglese moderna e nella costruzione della cosiddetta englishness, l'identità culturale di una nazione che si è sviluppata contestualmente come una grande potenza coloniale prima e in seguito come un vero e proprio impero. Dunque, la centralità dell’isola nei mondi anglofoni è riconosciuta da tempo ed è utile a comprendere i vari modi con cui la cultura inglese si è rapportata con la propria storia e ha costruito la propria identità con il resto del mondo. Esistono molti modi di considerare l'isola: in relazione alla terra, al mare o in relazione alle altre isole e ciascuno di questi modi rappresenta una sensibilità culturale e testuale diversa. Le isole possono essere concrezioni misteriose, polimorfiche, sfuggenti e se si sottraggono facilmente alle classificazioni; possono rappresentare luoghi sicuri, paradisiaci, oppure luoghi di terrore, prigioni, laboratori di eugenetica, spazi di reflusso oppure zone di contatto culturale e di creatività linguistica e soprattutto le isole sono gli elementi che compongono le costellazioni aperte e chiuse degli arcipelaghi. Il tema dell'arcipelago è uno dei grandi temi che viene ripreso nella letteratura post-coloniale, tanto in ambito francofono quanto in ambito anglofono (come il testo di Ghosh). Se il pensiero dell’sola enfatizza il senso di singolarità, del confine e della dicotomia tra esterno e interno, tra terra e mare e tra cento e margine, il pensiero dell'arcipelago ci riconduce a un pensiero di razionalità e interdipendenza materiale e immateriale tra persone, luoghi e culture. È interessante vedere come nei secoli questa retorica dell'isola ha portato a un allargamento del senso letterario dell’isola che è diventato sempre più una visione allargata in qualche modo. Le isole sono state sia distopie che utopie, metatesti, zone di contatto, ecc. in questa molteplice veste, sollevano interrogativi in merito a un'ampia galassia di temi del mondo moderno: l'esilio, il displacement, la traducibilità delle culture, solitudine, isolamento, relazione tra culture egemoniche e culture minoritarie. La letteratura inglese moderna, infatti, include moltissime tipologie di isole in tutti i generi letterari, perché il tema dell’isola è transgenerico. SPATIAL TURN Negli anni ’70 c'è stata la svolta spaziale degli studi umanistici, la cosiddetta spatial turn, che discende da un testo matrice di Henry Le Fevre sulla produzione dello spazio: lo spazio non è uno statico scenario della storia, ma un processo dinamico di continua costruzione, negoziazione e metamorfosi di senso e di valore. Lo spazio è quindi visto come prodotto di dinamiche di potere e egemonia, come un luogo in cui emerge la dialettica tra la natura e la storia, non è mai solo mero scenario. Lo spazio è una dimensione della conoscenza della nostra percezione del mondo che è prodotto dalla nostra conoscenza del mondo, Leggere l'isola in rapporto alla dimensione di studi sulla formazione dell'individuo e dell’individualismo in rapporto al post umanesimo: la letteratura dell’isola ha elaborato per prima la nozione di individuo che è squisitamente anglosassone, e che più di tutti ha visto l'elaborazione del paradigma dell'individuo e dell’individualismo e proprio per questo ha elaborato per prima una visione demistificante rispetto all'ideologia dell'individualismo e per tanto post-umana; il testo di Ghosh è un testo che programmaticamente assume questa prospettiva e in questo senso il paradigma dell’sola è di grande impatto culturale, filosofico, letterario che ci permette di guardare non solo al campo limitato della letteratura inglese, ma anche di allargare le prospettive al di là dei confini della letteratura nazionale. Tempesta è molto chiara la presenza dell’Eneide e delle Metamorfosi di Ovidio; d'altra parte, la grandezza di Shakespeare sta nell’abilità di rielaborare queste fonti in maniera mai banale. Le fonti moderne di Shakespeare invece si rifanno ai primi resoconti dei viaggi che circolavano e in particolare pare che egli sia venuto a contatto con il racconto di questa flotta che trasportavano abitanti che sarebbero andati a colonizzare la virginia, una di queste flotte naufragò, ma molti dei passeggeri riuscirono a sopravvivere e si ritrovarono in una delle Isole Bermuda; il racconto di questo viaggio fece grane scalpore, soprattutto dal punto di vista politico. Un'altra grande fonte della Tempesta fu il Saggio di Montaigne sui cannibali, tradotto da John Florio: un saggio estremamente interessante in cui Montaigne decostruisce la dicotomia tra civilizzato e selvaggio in quanto parla dei selvaggi brasiliani in termini di popoli innocenti che uccidono e si nutrono di carne umana perché semplicemente ignari di quei valori della civiltà europea. Trama: Il dramma si apre con una tempesta estremamente violenta e scenografica e con il naufragio di una nave che trasporta il duca di Milano e il Re di Napoli Antonio, con il fratello Sebastian e con il Figlio Ferdinando. Nella seconda scena i due personaggi che sono rappresentati sono Prospero, il padrone dell’isola e la figlia Miranda: qui si capisce che la tempesta è in realtà fasulla, prospero ha costruito l'illusione di tempesta per costringere la barca in cui dimora da anni con la figlia. La provvidenza ha fatto sì che la nave che trasportava i suoi antichi nemici ed ha approfittato di ciò per far confluire tutti i suoi nemici e parenti che hanno ordito anni prima la sua cacciata da Milano lascandolo praticamente morire. 08.10 ATTO I La tempesta è una delle pochissime opera di Shakespeare a rispettare le unità aristoteliche di luogo tempo e azione; Shakespeare non se ne è mai curato e c'era un grande dibattito sulla possibilità del teatro di seguire queste unità perché rispondono a una logica di verosimiglianza che Shakespeare non era interessato a seguire. Qui invece cambia idea e costruisce un play del tutto contenuto in un'unità spazio- temporale molto definita. La prima scena è una scena di grande impatto teatrale e drammatico che anticipa il grande tema affrontato dalla tempesta lungo cui si sviluppa tutta la drammaturgia shakespeariana: i fondamenti del potere e dell'autorità. Si tratta di una scena in cui si assiste ad una dialettica forte tra la ciurma che governa la nave, dove sono presenti il duca di Milano e il re di Napoli, che si fronteggiano perché gli aristocratici accusano la ciurma di non essere in grado di fronteggiare la tempesta e i marinai invitano i passeggeri a starsene nei loro spazi perché intralciano il loro lavoro. In questa dialettica molto forte emerge il tema dell'incapacità e inadeguatezza dell’autorità del potere politico di far fronte all’immenso potere della natura. Play the man + ci rimanda alla dimensione metateatrale di questa tempesta perché noi sappiamo che questa è un'illusione attivata da prospero per spaventare i passeggeri e portarli tutti in veste di naufraghi sulla sua isola. What cares these roarers for the name of king? + il mare in tempesta è indifferente rispetto alle gerarchie umane e politiche; errore di concordanza tra i cavalloni e il verbo al singolare, tipico del linguaggio del tempo Gli aristocratici a bordo credono che i marinai siano del tutto inadeguati, preferiscono pensare ad una inadeguatezza della ciurma piuttosto che pensare ad una qualità indomabile degli elementi, cioè del mare, perché discendono da una filosofia che è primariamente politica e che gli induce a pensare che non ci sia forza maggiore della forza politica e del sovrano ed è proprio questa arroganza che prospero punta a scardinare e a mettere alla prova a attraverso il confronto con il naufragio e con l'isola incantata che mette alla prova i buoni e cattivi sentimenti di questi personaggi. Con la tempesta si chiude così la prima scena alla quale segue una scena di grande pacatezza e stasi nella quale vengono introdotti i due personaggi principali: il Duca Prospero e Miranda. La tempesta inizia in medias res e tutto il primo atto racconta l’antefatto della tempesta: la vita anteriore all'isola di Prospero, Miranda e Caliban. Entra Miranda > ha appena assistito alla tempesta ed è profondamente turbata da ciò che ha visto e da ciò che la sua immaginazione simpatetica immagina sia successo nella nave. Miranda si presenta per essere un personaggio emotiva e compassionevole e ci vorrà un po’ di tempo in questa scena al padre per calmarla + be collected, no harm is done. Non ho mai voluto sapere di più + Miranda ci viene presentata come un personaggio innocente, ignaro, al limite di un'ingenuità eccessiva, una ragazza di 15 anni che non ha mai chiesto quale fosse la sua provenienza. L'elemento interessante è che Miranda è da un lato presentata come un personaggio del tutto innocente, ma dall'altra come un personaggio che mantiene delle memorie del passato del Ducato di Milano. Dell’approdo sull’isola miranda non ricorda nulla; l'idea del trauma non esisteva a quei tempi, ma Shakespeare in qualche modo lo anticipa e lo mette in scena. Prima di raccontare a Miranda del loro passato, Prospero chiede la mano invocando un contatto fisico con la figlia e chiede aiuto per potersi spogliare dei suoi abiti di mago che ha utilizzato per poter invocare la tempesta. Rientra nei panni di padre da essere umano ed è pronto a condividere con la figlia un racconto lungo e intricato del passato. Virtue of compassion + il traduttore decide di tradurre virtù con essenza per scoraggiare un'interpretazione in chiave cristiana. Prospero è incredulo che Miranda ricordi qualcosa; il trauma che Miranda non ricorda è u artificio retorico per raccontare al pubblico ciò che è successo prima. Both + Shakespeare apre all’ambivalenza di quanto accade, un avvenimento tragico che ha avuto anche un risvolto positivo, quasi benedetto; da un atto di usurpazione e valenza forse si sta aprendo una possibilità di riscatto e recupero. Comincia la lunga storia di Prospero in cui egli racconta le varie fasi dell’usurpazione, di come suo fratello Antonio si sia approfittato del fatto che Prospero gli avesse delegato molte delle funzioni governative per dedicarsi a ciò di cui era veramente appassionato, ovvero le arti, la cultura e soprattutto le arti magiche. A quel punto, poco alla volta, Antonio prese piede e decise di farlo fuori per diventare egli stesso il Duca di Milano. Il tema dell’usurpazione è un tema tipicamente rinascimentale che Shakespeare analizza in moltissime delle sue opere; qui viene analizzato in maniera molto simile in cui viene analizzato in King Lear: entrambi sono figure di grande autorevolezza che però decidono di abdicare, patendo delle conseguenze molto pericolose. Questo racconto è molto importante per farci conoscere l'antefatto e per darci una chiave di interpretazione per i personaggi che approderanno sull’isola, ma anche per introdurre un personaggio che è di grande spessore e problematicità: Prospero non è semplicemente un personaggio che coglie la possibilità di vendicarsi sulle persone che gli hanno fatto del male, ma è un personaggio che ha utilizzato questi 15 anni di purgatorio sull’isola per aver modo di riflettere su quello che gli è successo, mettendo in crisi se stesso e di comprendere il grado di complicità che lui aveva avuto nella sua stessa usurpazione. Nel momento in cui Prospero decide di raccontare tutta la storia a Miranda, esige da lei attenzione assoluta; da parte di Prospero c'è un continuo richiamo all'attenzione della figlia perché attraverso l’attenzione Miranda riuscirà ad attivare il suo sentimento di empatia (già dimostrato nei confronti dei naufraghi) verso il padre, di cui lui ha bisogno in quanto nel ripercorrere le tappe di questa vicenda, egli non ha potuto condividere con nessuno questo dolore e adesso ha bisogno di condivisione da parte della figlia. Il racconto di Prospero è molto compresso dal punto di vista sintattico ed è una scelta stilistica di Shakespeare che fa per grammaticalizzare la grande concitazione che Prospero ha in questo momento: incidentali, frasi contorte senza verbo, ecc. In questi versi è contenuta una visione politica dello stato, la elisabethian word picture: un corpo politico coeso che fa capo al re e riflette una cosmologia divina e in cui tutte le parti rispondono una all'altra > metafora musicale (tune). Queste metafore sono usate sia in chiave di riaffermazione di questo sistema delle corrispondenze rinascimentali, sia come chiave di messa in crisi di queste corrispondenze: ogni qual volta il meccanismo dello stato non funzione e lascia emergere delle fragilità (come può essere quella di un principe che non è in grado di governare, ma si dedica ad altro) di cui qualcuno si approfitta ed emerge l'esposizione all'atto dell’usurpazione. Antonio, avendo ricevuto da Prospero stesso il mandato di occuparsi delle cose del regno, ha deciso di voler ricoprire in pieno questa funzione, cosa che gli sarebbe stata permesso solamente eliminando il duca legittimo. Prospero è un personaggio quasi romanzesco, in quanto fa un'operazione di introspezione della sua psiche che è inedita rispetto alla caratterizzazione degli altri personaggi drammatici ed abbiamo una presa diretta delle sue responsabilità nell’usurpazione. È come se Prospero mettesse addirittura sotto accusa la virtù della fiducia, ovvero che quando essa è troppa, diventa trascuratezza, la fiducia deve avere dei limiti perché altrimenti equivale ad un'assenza di cura. Prospero contiene tutti i germi di un personaggio romanzesco. 7 What is the time of the day + rispetto dell'unità di tempo, luogo e azione, scelta artistica di Shakespeare tant'è che gli eventi si svolgono all'incirca nel giro di 4 ore. Viene messo in campo ancora il richiamo alla memoria: Ariel era stato sottomesso alla magia nera di Sycorax, una strega che non era nativa dell’isola ma era stata esiliata da Tunisi perché aveva commesso troppi misfatti, ma essendo incinta non era stata uccisa ma esiliata dell’isola che era all'ora abitata da spiriti e li aveva sottomesso, in particolare Ariel che essendo uno spirito buono, si era rifiuto di mettere in atto i comandi maligni della strega; la strega pertanto decise di esiliarlo in questo albero e sarà lì che Prospero lo salverà, quindi Ariel è legato a Prospero a un vincolo di gratitudine e debito. Iconografia della strega + altro tema esplorato dalla tempesta; la stregoneria al tempo non era considerato come frutto di superstizione, ma era parte integrante della percezione del mondo elisabettiano, lo stesso Giacomo | era stato autore di un Trattato di Demonologia, nel quale si parlava delle streghe che facevano parte della società rinascimentale e costituivano un vero pericolo. Per capire l’effetto della tempesta dobbiamo avere i presupposti della tempesta, pertanto attraverso l'attivazione della memoria, gli spettatori attingono al passato d tutti i personaggi, che quindi diventa un espediente drammaturgico e non solo un elemento tematico. Loop messo in atto da Shakespeare: Prospero sta raccontando una storia che non gli appartiene e la sta rimettendo in campo, ai fini drammaturgici, rilanciandola ad Ariele, così che ricordi ad Ariele il sentimento di gratitudine verso prospero; così Shakespeare ci dimostra come funziona la psicologia del dominio e dell'autorità. Linguaggio plastico e icastico usato da Prospero. Strange + altra parola tematica della Tempesta Kindness + prosegue il tema della gentilezza introdotto da Ariel e rilanciato da Prospero parlando di Caliban, che a differenza di Ariel non è mai gentile. Caliban e Ariel sono l'uno l'opposto dell'altro. Villain > parola prettamente teatrale, significa teatrale ma nel senso del cattivo per antonomasia del teatro, pertanto si riattiva alla componente metateatrale che è così presente nella Tempesta. L'incontro con Caliban rappresenta una delle scene più importanti di tutta la Tempesta, perché sono concentrati tutti i grandi temi culturali ed esistenziali della Tempesta. Miranda, dal punto di vista linguistico, sta dicendo che lei nell’insegnargli la lingua, nel trasmettergli il nome delle cose, gli avesse dato una nuova vita perché la lingua è ciò che fa esistere il mondo e nominando le cose offre anche a noi le parole per comprendere noi stessi. Attraverso questi versi, Frank Khermode ha definito la grande antitesi attorno a cui ruota tutta l’opera della Tempesta che è tra arte e natura. Attraverso le parole di Miranda, Shakespeare lascia emergere il grande tema con cui si confrontano tutti i personaggi, cioè la contrapposizione e anche la possibilità di interazione fra natura e arte. Miranda sta dicendo che Caliban, quando lo arrivarono sull’isola, non possedeva la lingua, non aveva un linguaggio per guardarsi dentro e dunque loro gli hanno fatto il grande dono di elevarlo al di sopra della sua natura bruta. Questo grande tema va visto anche dal punto di visto di un punto di vista native del linguaggio, perché loro gli hanno trasmesso la loro lingua, quindi comunicare la tua lingua a qualcuno che non la possiede, significa trasmettere i tuoi valori e la tua cultura (tema collegato alla conquista dell'America). Malvolentieri + al contrario di Ariele 10 14.10 Dopo l’incontro con Ariel e Caliban, Ariel ha assunto per ordine di Prospero le sembianze di una ninfa del mare e nella tempesta si introduce per la prima volta la musica che era una componente abbastanza importante. I romances in particolare sono pieni di musica, la musica ha una valenza profondamente filosofica nel mondo rinascimentale, nei romances in particolare perché essendo le ultime opere di Shakespeare e dunque quelle opere che hanno vissuto il passaggio dai teatri pubblici al Blackfriars (teatro privato) e pertanto poteva contare di un buon apparato tecnico, cioè molti effetti speciali tra cui anche la musica. La prima canzone di Ariel è rivolta direttamente agli spiriti dell’isola, ma è in realtà destinata alle orecchie di Ferdinand, figlio del re di Napoli Alonso, che è stato il primo a gettarsi dalla nave e che è stato da Ariel opportunamente isolato dagli altri naufraghi dell’isola; Ferdinand si risveglia in un'atmosfera incantata dell'isola. Tema della meraviglia + in Ferdinando si sveglia immediatamente la coscienza di trovarsi in un mondo altro rispetto a quello che conosce e rispetto al quale i suoi parametri non sono sufficienti; il tema della meraviglia è messo in campo anche da Cristoforo Colombo e Theodoroff: l'impatto dei colonizzatori europei verso il nuovo mando è stato un impatto di stupore ed è uno stato d'animo in cui noi sospendiamo le nostre categorie di giudizio essendo in attesa di resettare la nostra sensibilità ad un nuovo contesto e ad nuovo mondo. Ariel manda dei messaggi a Ferdinando attraverso la seconda canzone, dicendogli che suo padre non è morto ma che è semplicemente annegato in mare e sta subendo una metamorfosi marina che non lo annulla ma lo trasforma in qualcosa di diverso (something rich and strange) > grande tema barocco del fluire della vita, della trasformazione continua delle forme di vita e attinge ad un immaginario che è completamente precristiano, un tema classico e la cultura elisabettiana è stata una cultura profondamente sincretica in cui tutta una serie di apporti del mondo classico sono stati sintetizzati in maniera sublime dai grandi drammaturghi e in modo particolare da Shakespeare: il tema purgatoriale del perdono (attraverso l'Isola), tema della metamorfosi intesa in senso classico. Ferdinando è allertato rispetto a una serie di possibilità che vengono aperte dall'isola e il tema del see change è un'anticipazione di ciò che avverrà in seguito e di ciò che ha in mente Prospero per i naufraghi, ovvero quello di indurre in essi una trasformazione metamorfica consentita attraverso il passaggio purgatoriale verso l'isola. A questo punto l’attenzione si sposta su miranda e prospero e quest’ultimo la conduce per la prima volta alla vista di Ferdinand: Miranda appena lo vede è invasa dall'amore per Ferdinando, loro rappresentato la qualità romantica del romance. Aside + quando il personaggio si rivolge un po’ al pubblico e parla a sé stesso v. 432 + qui inizia una sorta di recita nella recita, perché da un lato Prospero ha orchestrato tuto sin dall'inizio e attraverso le sue arti magiche orchestra questo innamoramento perché attraverso il matrimonio di Ferdinand e Miranda li otterrà il raggiungimento del suo scopo politico di ricostituire un'alleanza tra il ducato di Milano e il regno di Napoli, ma ciò che è interessante è il fatto che l'imamoramento e il matrimonio finale avviene anche attraverso l'immissione di un minimo grado di discrezione da parte dei personaggi, in quanto Prospero ha previsto tutto, ma non è completamente arbitro 11 dei sentimenti e delle passioni di questi personaggi. Inoltre, abbiamo una vera e propria messa in scena di Prospero che deve fare la parte del padre iperprotettivo che non è così disponibile a lasciare sua figlia nelle mani del corteggiatore e deve testare l'autenticità dei sentimenti del giovane, ponendolo a una serie di prove superate le quali Ferdinand sarà degno di ottenere l’amore di Miranda. Il duca di Milano e il suo nobile figlio + elemento del testo totalmente incomprensibile, può esser stata una svista di Shakespeare perché si parla di questo fantomatico figlio del duca di Milano soltanto in questo punto del testo, dopodiché sparisce totalmente dal copione. Il ATTO Adesso incontriamo gli altri personaggi aristocratici che erano in transito da Tunisi a Napoli: re Alonso, Sebastian (fratello del re di Napoli), Francisco, re Antonio, Gonzalo e Adrien. La caratteristica di questa scena è che questi naufraghi si dividono in due gruppi: * ilgruppo cherimane fedele al Re e all'idea di monarchia legittima (Gonzalo, Adrien e Francisco) * Sebastiane Antonio invece portano avanti un atteggiamento cinico e accusatorio nei confronti del re ed entrano fin da subito in una dimensione di insubordinazione nei confronti di re Alonso e della figura che egli rappresenta, fino a concepirne l'assassinio, portando al trono il fratello Sebastian, in una replica esatta di ciò che era successo 12 anni prima tra Prospero e Antonio. La scena è costruita sulla dialettica di questi due gruppi di naufraghi su cui l'impatto con la tempesta ha prodotto due atteggiamenti completamente diversi. La scena si apre con Gonzalo che è caro a Prospero per il suo aiuto, le prime battute spettano a Gonzalo che cerca in tutti i modi di consolare il re della perdita del proprio figlio, un tentativo che viene costantemente deriso da Sebastian e Antonio che recitano la parte dei cinici. Nella tempesta in generale, aldilà del segmento narrativo in cui evoca la dimensione endemica dell’esistenza, Gonzalo rappresenta il buon senso che però viene decostruito intellettualmente e linguisticamente attraverso l’uso dei pun, molto presenti in questa scena, da Sebastian e da Antonio, ma che poi è stato preso profondamente i giro anche nella tradizione delle scritture shakespeariane: quanto negli anni '40, Holden, il gran poeta inglese modernista ha scritto una riscrittura della tempesta “The sea and the mirror”, la parte dedicata a Gonzalo è costruita con un monologo in cui rimprovera se stesso per aver preteso dal re un atteggiamento che era impossibile pretendere e per aver parlato troppo, richiesto troppo dal concetto di senso comune e per avere in qualche modo voluto censurare il dolore del re. In effetti, in questo tentativo sinistro e quasi insensibile di voler portare il re che ha appena perso suo figlio in una forma di accettazione risulta abbastanza buffonesco. Infatti, da qui iniziano una serie di battute in cui le parole di Gonzalo vengono rilanciate con giochi di parole da parte di Sebastiano e Adriano. v. 73 + in pochi versi sono condensati la doppia tradizione della figura di Didone, che da un lato è stata rappresentata come la regina fedele al re di Cartagine, quindi un paragone di virtù, ma d’altra parte Virgilio ce la trasmette come una moglie infedele che si era innamorata di Virgilio e in seguito alla sua partenza si uccise dal dolore. Africa + razzismo ante-litteram, Shakespeare in questo periodo si pone del problema che l’alterità etnica ha sugli europei perché è un tema che cominciava a circolare a partire dalla letteratura di viaggio in Europa. Shakespeare ha indagato il tema dell'incontro europeo e l’altro anche in altri testi, in particolare in Otello, Il Mercante di Venezia e in Antonio e Cleopatra, ma anche qui abbiamo un’immissione di questo tema in cui l’aristocratico europeo si sente superiore rispetto all'aristocrazia africana, veicolando un'idea asimmetrica di due tipologie di regalità: un conto è la regalità in Europa e un conto è quella in Africa. 12 20.10 III ATTO Il terzo atto rappresenta il cuore tematico del romance shakespeariano. L'atmosfera è d'incanto e di sospensione del tempo perché si apre con la scena recitata di dichiarazione d'amore reciproca tra Ferdinand e Miranda e prosegue con il descrivere ciò che accade, la perdita de sé e il senso di naufragarsi che investe il resto dei naufraghi. Ferdinando è sottoposto a una specie di lavori forzati, schiavizzato come Caliban, ma con una prospettiva diversa, ovvero Prospero per far sì che lui non ritenga Miranda una facile conquista, sottopone Ferdinand ad un love test per metterne alla prova il coraggio e i sentimenti. Il primo dialogo tra Ferdinando e miranda è costruito sulla retorica dell'amore cortese, Ferdinando inaugura il dialogo utilizzando una serie di opposti. Miranda vedendo Ferdinando affaticarsi è spinta dal sentimento dell’empatia (tipica del suo personaggio), la capacità di sintonizzarsi con la sofferenza e il dolore degli altri, in particolare con il suo amato. Ferdinando si dichiara come un uomo che ha già amato altre donne, ma nessuna di queste raggiungeva la perfezione come miranda, che rappresenta la sua più nobile grazia. Miranda risponde come una serie di incongruenza: ella aveva detto che si ricordava di alcune reminiscenze infantili, invece in questo momento sta dicendo che l’unico volto di donna che conosce è il suo. Miranda è un personaggio particolar rispetto alle altre donne shakespeariane, sembra per erti versi tornare indietro rispetto alle conquiste che le donne shakespeariane hanno fatto, ma ha una sua fisionomia e un suo percorso: lei si sta opponendo all'idea che per decidere della bellezza o del pregio di ciascuno, noi abbiamo bisogno di una verifica della realtà; questo è un altro grande tema che attraversa la tempesta + la conoscenza si basa sulla verifica dei fatti, ma qui Miranda è come se facesse un passo inverso, perché per lei non serve paragonare Ferdinand ad un altro uomo, perché lei sa internamente che lui sia il migliore degli uomini, anche se lei non ha la possibilità di paragonarlo con nessuno. È l'innocenza di Miranda che la porta a parlare in modo aperto della sua passione amorosa, l’impudicizia è figlia di un mondo che lei non conosce. Scena 2: scena di comicità e di velata malinconia; siamo passati dai personaggi più elevati a quelli comici e grotteschi: Trinculo, Stefan e Caliban. Caliban sta cercando di raccontare la sua storia, ma nel mezzo del racconto si intromette Ariel facendo la voce di Trinculo, impedendo a Caliban di proseguire il suo racconto creando una dinamica comica che però intensifica il lato malinconico della scena, perché in fondo Caliban sta cercando di virare da un dominio all’altro e il fatto che si frapponga un elemento comico nel racconto, rende il racconto ancora più difficile e pensoso: non c'è mai nella tempesta un guizzo puro di commedia, caratteristica propria dei romances, con una miscela continua di comico e drammatico che è ciò che rende il teatro shakespeariano fortemente moderno e apprezzato per esempio da Voltaire. Shakespeare è stato canalizzato nel ‘700 in Francia da Voltaire e in Inghilterra dal Doctor Johnson (colui che ha scritto il primo dizionario della lingua inglese). Il tema dell’usurpazione poteva essere giocato in altro modo: Caliban poteva chiedere aiuto pensando di ribellarsi e di prendere lui il governo dell'isola (come farà Robinson da qui a cent'anni), ma 15 paradossalmente qui Shakespeare è ancora più moderno di Defoe, perché mette in gioco una psicologia del dominio che è esattamente ciò che è successo con la decolonizzazione. Gli storici postcoloniali, infatti, hanno affermato che non bastava raggiungere l'indipendenza politica, quello è solo il primo passo di una decolonizzazione della mente, che è un processo molto più lungo e faticoso e Shakespeare sembra precorrere i tempi, immettendo in Caliban una psicologia moderna del personaggio schiavo che non riesce a concepire sé stesso in termini liberi e quindi deve replicare continuamente la dinamica del servo-padrone. Caliban dà consigli per come spodestare prospero: la prima cosa è quella di togliergli i libri, quindi sottrarlo dalla magia con la quale lui governa l'isola. Caliban descrive l'isola come un locus amoenus e il monologo ci mostra un Caliban attaccato al luogo in cui è nato e vediamo anche però un Caliban che si descrive in un atteggiamento onirico e immaginativo. Questo è forse l'unico momento in cui Caliban esprime la sua libertà, che non è un'istanza di libertà fattuale, ma è una libertà interiore che sembra connaturata a lui. Labirinto + topos classico delle difficoltà della vita, ma in questo caso è probabile che prospero abbia messo in atto le sue magie per confonderli ancora di più, senza portarli ad alcuna meta. Gonzalo non crede all'elemento sovrannaturale dell'isola e deve per forza rileggere questi spiriti come abitanti dell’isola, che hanno sì forme umane, ma che sono esseri viventi come noi. Gonzalo è erede dell'approccio scientifico della conoscenza che andava in parallelo ad una persistenza forte di un credito dato alla magia e al sovrannaturale. Il Seicento è il secolo in cui queste due dimensioni della conoscenza coesistono, poi ovviamente arriverà l’illuminismo e quindi prevarrà l'approccio scientifico. Atto di accusa di Ariel e sostenuto da Prospero + in questo passo coesistono due logiche religiose e cosmologiche diverse: da un lato c'è l'appello alle potenze del fato, come se prospero facesse appello ad un mondo pre-cristiano, dall'altro però il discorso si conclude con la reminiscenza con un atto di accusa per ciò che i personaggi hanno fatto a Prospero, in cui sembrerebbe che venga immesso una conoscenza profondamente religiosa e cristiana che prevede una forma purgatoriale per cui il peccato venga emendato soltanto attraverso una forma di dolore e fase purgatoriale. Ciò è interessante perché negli anni ci sono stati vari tentativi di cristianizzare Shakespeare, ma in realtà lui è un grande sintetizzatore di varie fonti mettendole insieme, pertanto non ci si deve stupire se all'intero di un passo vengono evocati logiche di fato e logiche cristiane. 16 21.10 IV ATTO Prospero come dono di fidanzamento, allestisce il mask allegorico, ed emerge il lato sentimentale di prospero. Mask > aumenta la presenza dei mask nella fase di allestimento dei teatri privati, e quindi dell'apertura del Black Friars; erano rappresentazioni allegoriche che richiamavano in causa i valori aristocratici messi al servizio dell'ideologia patriarcale della castità matrimoniale e della verginità matrimoniale. Poter ospitare un mask significava che la compagnia e il teatro fossero ricchi, perché ciò implicava un grande investimento finanziario. La sofisticatezza tecnica del mask era anche l’espressione di una sorta di sofisticatezza semantica e semiotica: il mask era rivolto primariamente al pubblico erudito ed era pieno di riferimenti ed allusioni colte. Il mask della Tempesta mette al centro Cerere, la dea della fertilità, ed esclude esplicitamente dalla rappresentazione la dimensione di Venere, ovvero la dimensione di eros puro al di là del vincolo matrimoniale, in quanto il mask del dramma è finalizzato a benedire quest'unione casta e legittima, legittima per l'unione dei due regni di Milano e Napoli. Increasing + verbo tematico che viene direttamente dall'esperienza di Shakespeare di scrittore di sonetti, il tema dell’increase era al centro di tutti i canzonieri elisabettiano perché attraverso l’increase si rinnova la vita. È giocato sia sul piano dell'amore e dell’eros o/anche sul tema dell’arte. Quest'opera è la summa di tutto un percorso che Shakespeare fa sin dalla fine del Cinquecento, quando è ancora autore di sonetti. Anche nell’uso della convenzione teatrale del mask, Shakespeare è sempre originale, non la utilizza in modo pitto ma in maniera creativa: anziché concludersi con l'esaltazione della celebrazione dell'amore, in realtà esso viene bruscamente interrotto da Prospero, che ne è l'artefice, perché egli si ricorda che c'è una congiura che lo aspetta da parte di Trinculo, Stefano e Calibano e quindi improvvisamente entra in uno stato di agitazione. Revols + rimanda alla baldoria, ma qui è anche utilizzato con il secondo significato della danza con un rimando metateatrale vv. 190 + dicotomia tra natura e cultura che in qualche caso sembrano escludersi del tutto. Nel caso di caliban per esempio, secondo Prospero, egli è l'esempio di una natura bassa e caduta che non ha possibilità di essere ingrafted con nessuna civiltà. Il quarto atto si chiude con la consapevolezza di Prospero di avere tutti ai suoi piedi con l’aiuto della sua magia e di Ariel. ATTOV C'è una rigorosa scansione e fedeltà del tempo, infatti la Tempesta finisce alle 18, così come le vere rappresentazioni generalmente iniziavano alle 15 e finivano alle 18. Procede l'educazione sentimentale di Prospero che vedi concludersi questo suo progetto e alla vigilia della conclusione decide di rinunciare alla sua magia per far emergere la sua umanità. L'abiura di Prospero sia e 17 22.10 THE TEMPEST -Romance + repertorio narrativo legato ad un'avventura, al corteggiamento, a eventi incredibili innestato sulla struttura del dramma dialettico (esplora i conflitti dell'individuo che elabora una propria identità libera al di fuori delle determinazioni sociali, storiche, culturali, politiche). -i romances shakespeariani coincidono con il rinnovamento del linguaggio teatrale legato al passaggio al Black Friars con un pubblico selezionato e aumentate possibilità tecniche (il mask, per esempio, rappresenta il climax del rinnovamento teatrale e drammaturgico); essendo The Tempest l’ultima opera shakespeariana, troviamo una distillazione di tutta l’esperienza teatrale di Shakespeare -Fonti multiple come spesso accade nelle opere di Shakespeare, ma nessuna diretta perché è stato un grande sintetizzatore: racconti di viaggi nel nuovo mondo, Des Cannibales (Montaigne), Eneide, Metamorfosi. ISOLA = ETEROTOPIA Eterotopia + uno spazio altro che riflette la realtà dello spazio primo non in chiave utopica o distopica di assenza e proiezione, ma in chiave di presenza, distorsione e inversione dello spazio originario di riferimento. -Idea dell’eterogeneità dello spazio: non una estensione vuota e omogenea da riaprire, ma un luogo di elaborazione tra le cose. Foucault ha parlato di etoropia: real places in which sites are represented, contested and inverted. È uno spazio altro che riflette uno spazio prima, non in chiave utopica o distopica, ma in chiave di presenza, distorsione, inversione dello spazio di riferimento. È un modo relazionale di guardare lo spazio, lo specchio è l'esempio classico di eterotopia perché mi rimanda un'immagine di presenza ed assenza, ma l’immagine dello specchio è legata a tutto ciò che ci circonda. Le tipologie di eterotopia di Foucault sono 3: * Eterotopie di crisi (società primitive) + luoghi sacri, segreti o proibiti che accolgono le fasi transazionali, donne mestruate o incinte, adolescenti o vecchi * Eterotopie di deviazione + ospedali, manicomi * Eterotopie/eterocronie + di accumulo archivio, musei e biblioteche Presuppongono sempre un sistema di apertura e chiusura che le rende al tempo stesso isolate e penetrabili; questo paradigma si attaglia decisamente bene all'isola di Prospero. ETEROTOPIE ® Creanospazidi elusione che denunciano l’illusorietà dello spazio reale (+ bordello). ® Creano spazi di compensazione reali e ordinati rispetto al disordine dello spazio quotidiano (SPA, terme, ashram; la nostra vita quotidiana ne è piena). * L'isola di Prospero è innanzitutto uno spazio della ripetizione in cui le trame dei personaggi vengono ripercosse e rivissute, seppur non in maniera fattuale ma come potenzialità: Prospero 20 usurpato a sua volta usurpa Caliban; Caliban usurpato progetta la morte di Prospero per riprendersi l'isola; Sebastian progetta l'omicidio di Alonso con Antonio e la sua sostituzione nel Regno di Napoli + tutto però rimane a livello potenziale. CALIBAN Ecco alcuni dei momenti essenziali del personaggio: ® II. 2 p. 106 monologo di Caliban: his spirits hear me / and yet | needs must curse Qui Caliban mette a fuoco un elemento importante del suo rapporto con la lingua di prospero; è come se ci stesse dicendo che la lingua del colonizzatore lo abita, lui non ha la libertà di usarla in maniera libera e arbitraria, ma in un certo senso è abitato e dominato da questa lingua perché pur sapendo quali saranno le punizioni cui verrà sottoposto per queste maledizioni, lui non può che maledire Prospero che gli insegna la lingua. Si creerà quindi un loop dal quale Caliban non può uscire e che però mostra la lingua come uno strumento che lui non usa in maniera libera e autonoma ma come un ulteriore strumento di dominio, perché nell’utilizzarlo conferma il suo posizionamento subalterno rispetto a Prospero. ® Naturalizzazione del dominio della subalternità: thou wondrous man (replica bassa dell'incontro con Prospero) ® III. 2Calibansi offre di servire chiunque lo liberi dal potere assoluto di Prospero. IL SELVAGGIO Shakespeare tratta il tema del selvaggio tramite Caliban. Il rinascimento è interessato al contrasto tra civiltà e barbarie e in particolare ai fondamenti della civiltà e del potere + cosa è che legittima il sovrano? Le forze della storia o le forze metafisiche? Dove si collocano queste forze? Shakespeare esplora la tematica anche nelle commedie, ad esempio in As you like it, in cui la foresta di Arden diventa luogo di distruzione e ricostruzione di un potere dinastico e di una corte di non corrotti, assolvendo la stessa funzione dell’isola ma con esiti meno ambigui rispetto a quelli della Tempesta. L'iconografia rinascimentale è ricca di rappresentazione del selvaggio, spesso animalizzato e associato a differenza etnica + visibile nelle prime scene in cui Trinculo e Stefano incontrano Caliban. Saggio di Montaigne (1603): non utilizza una lente etnica, bensì sociale e comportamentale; idealizza i brasiliani e rinviene le barbarie al cuore dell'Europa crudele e assetata di potere. Sicuramente Shakespeare aveva in mente questo tipo di ragionamenti nel rendere la figura del selvaggio così sfuggente, complessa, proteiforme, tutt'altro che piatta e semplicistica nella figura di Caliban. SELVAGGIO O NATIVO? La tempesta sembra affrontare il tema del selvaggio in modo frontale, attraverso tutti i tempi a esso correlati, in prima istanza quello del colonialismo: * Diritto alla terra che abita, in quanto colonizzato, diretto alla ribellione (subplot di Caliban che complotta l'eliminazione diretta di Prospero) * Oggetto di pedagogia interessata che lo avvicina al colonizzato senza mai identificarlo con lui ®* Ambivalenza rispetto alla cultura imposta e al linguaggio: utilizzare la lingua originaria, rischiando di limitare la audience di riferimento oppure utilizzare le grandi lingue europee della colonizzazione? * Ipersessualismo, contaminazione razziale + Caliban rappresenta entrambe per aver attentato alla bellezza di Miranda con un grande autocompiacimento di contaminare la razza. AFTERLIFE L'ambiguità sia del setting dell'isola sia del finale ha reso da sempre la tempesta un testo altamente mitopoietico, ovvero una matrice cultuale soggetta a ogni tipo di interpretazione, revisione, riscritture e transcodificazione in qualsiasi tipo di spettacolo. Inoltre, i personaggi incarnano le fondamentali relazioni umane, parentali, di potere, amicali e di servitù. IL NOVECENTO 21 Frank Khermode: il tema e il contrasto tra natura e arte, ma il punto è che esistono tanti modi di guadagnare entrambe perché si tratta di una dicotomia estremamente complessa: la natura può esser vista come una dimensione incorrotta chiusa (come Montaigne e Rousseau) oppure come una mancanza/vuoto che va riempito dall’educazione e l’arte come un tentativo di manipolarla per ottenere potere, oppure come il suo complemento (questione esplorata da Auden, nell'ultima parte della sua riscrittura della Tempesta che è tutta dedicata ad un monologo virtuosistico di Caliban). La lente postcoloniale combina le letture freudiane e quelle storicistiche: secondo le prime, Caliban e Ariel rappresentano rispettivamente l'inconscio e il Super-lo di Prospero; secondo le seconde la tempesta inscena tutti i conflitti interni ed esterni del colonialismo e dell'imperialismo. La critica novecentesca della Tempesta è interessata ai temi del potere e alle condizioni della performance - abbandona la focalizzazione sul carattere. I due poli della critica novecentesca sono rappresentati da Harold Bloom and Stephan Greenblatt. HAROLD BLOOM, Shakespeare. The invention of the Human (1998) Secondo Bloom, Shakespeare rappresenta l'apice di un percorso che gli studi umanistici fanno in Inghilterra verso la rappresentazione di tutti i valori dell'umanità, perché riesce a raccontare ed inventare l’interiorità degli individui. Invenzione dell'umano: interiorità narrativizzata, messa in parole da un'immaginazione generale e universale, quindi l'opera shakespeariana viene letta da Bloom come il prodotto di un genio. Bloom è l’ultimo epigono di una impostazione postromantica di una critica, perché legge Shakespeare come l'emblema di un genio universale. Ciò che Bloom però non prende in considerazione l’dea che l'umano è un concetto complesso e non universalizzabile. Secondo Bloom, la Tempesta può esser letta come un dramma sull’autorità: l'abiura di Prospero assomiglia più a una grande affermazione di potere che a un abbandono della magia (mi sembra che l'autorità sia il misterioso tema del dramma). Prospero potrà anche rinunciare alla magia ma il suo controllo delle cose è ormai interiorizzato e per questo non gli servono gli strumenti, ne è la prova la malinconia finale. Shakespeare non è più interessato alla personalità (nessun pubblico ha mai amato Prospero). Il dramma invita alla speculazione perché da Prospero attendiamo una saggezza che non viene rivelata; Prospero regala questo perdono unilateralmente, ma alla fine tutta questa messa in scena non rivela alcuna saggezza, Prospero si sottrae a una morale finale che viene messa in bocca a Gonzalo, che è un personaggio piuttosto risolto, a differenza di Prospero. Calibano come esplorazione del semiumano e mistero sulla sua fine, resterà sull’isola oppure seguirà Prospero che lo ha oramai affiliato? S. GREENBLATT, Shakespearean negotiations. The circulation of social energy in renaissance England (1998) Presupposto opposto a quello di Bloom: l'opera d'arte è il prodotto di uno scambio collettivo, non del genio individuale. L'opera shakespeariana frutto di un confronto tra un'artista totale e una società totalizzante. Per Greenblatt, il teatro è il prodotto di intenzioni collettive, drammi intertestuali le cui fonti sono manifeste e non occultate, audience adressed come fenomeno collettivo e non individuale, pubblico sentito dal drammaturgo come una comunità cui può rivolgersi. La vita delle opere è molto più lunga di quella dell'autore, dovuta alla circolazione dell'energia sociale: la capacità (tecnica, linguistica) dei testi di dare forma a determinate esperienze collettive, tanto fisiche quanto mentali, la cui origine non è rintracciabile, tantomeno in una immaginazione individuale; anche il genio attinge da un deposito collettivo, tanto più nel rinascimento. L'arte, e soprattutto il teatro, danno forma alle cose che sono in circolazione dando loro un’altra circolazione (immagini, metafore, tracce testuali, pratiche sociali e politiche, desideri). Il processo artistico non è verticale e assoluto (ovvero separato dalla realtà), ma orizzontale e negoziale e su questo si agganciano le riscritture dei grandi classici. Il classico, proprio per il suo essere classico, contiene in potenza tutte le sue future riscritture che diventano reinvestimenti nel suo valore simbolico e culturale. Il campo semantico che meglio denota il funzionamento del dramma elisabettiano è quello economico: appropriazioni, acquisti, circolazioni, negoziazioni. 22 Con Defoe, la letteratura diventa spazio dialettico tra nuovi e vecchi linguaggi e il romanzo sembra rispondere alle esigenze di questo nuovo mondo che è un mondo ancora profondamente religioso ma in via di secolarizzazione. Il romanzo tiene insieme 3 aspetti cruciali del nuovo mondo: 1. La necessità di istruire un popolo di lettori che è ancora profondamente poco alfabetizzato 2. L'utilità 3. L'evasione Il Robinson comincia con una prefazione molto breve, ma significativa perché enuncia le ragioni della pubblicazione della storia da parte di un privato cittadino. Si tratta di una storia di incontro con un'alterità coloniale, ma è la storia di un rapporto coloniale idillico nel quale l’occidentale esercita un'autorità legittima e benevola e che è espressione di una superiorità culturale sul selvaggio che si assoggetta felicemente, perché riconosce una grande garanzia di protezione. Il romanzo non è diviso in capitoli, ma può esser diviso in macro-sequenze diegetiche: 1. 1632-1659: dalla nascita al naufragio; il tema dominante è la disobbedienza, la trasgressione, l'inquietudine 2. primi 15 anni sull’isola: è articolata sul piano della scansione cronologica e il tema dominante è l’attività tecnica di Robinson 3. Quando Robinson avvista un’orma sulla sabbia e capisce di non esser solo sull’isola 4. Il ritorno di Robinson alla civiltà con grandi ricchezze Dal momento in cui Robinson capisce di non esser più solo sull’isola, si ripresentano le riflessioni e il tema sul fondamento del potere, quali sono glie elementi che rendono legittimi il potere? Il movimento principale del romanzo è il movimento interno al personaggio: il confronto dialettico tra l'io narrante e l'io narrato. Il giovane Robinson parla il linguaggio secolare e laico del mondo moderno, di un individuo che ha desiderato fortemente affrancarsi dalla propria storia familiare e contravviene alle aspettative di quella famiglia che sperava che egli potesse proseguire nella professione di mercante. Robinson rappresenta un grande mito di fondazione perché egli vuole seguire le sue propensioni che riguardano il mare e l'esplorazione del mondo; l'io giovane racconta la storia di questo affrancamento laico, l'io anziano invece spetta il compito di giustificare questa trasgressione e di inserire anche questo schema di trasgressione all'interno di uno schema provvidenziale. Paradossalmente Robinson, nel trasgredire alla legge del padre e alla legge divina, è passato attraverso un percorso purgatoriale avendo modo di ravvedersi e riconnettersi ad una tradizione familiare e religiosa e quindi a rendersi degno della grazia divina, andando a riconfermare quella stessa visione del mondo religiosa e fortemente puritana dalla quale discende: Defoe riesce a tenere insieme la morale laica e religiosa, creando un personaggio vitale, dinamico ed incredibilmente moderno come Robinson Crusoe. Nelle prime pagine Robinson racconta le circostanze del suo primo grande gesto di autonomia, ovvero quello di disobbedire alla famiglia. 25 28.10 Il Robinson si apre con un atto di insubordinazione rispetto alla logica paterna che è da considerarsi una specie di filiazione diretta dal Paradise Lost di Milton. Robinson riporta il discorso del padre che è molto importante ed ha a che vedere su come noi interpretiamo il nostro posto nel mondo relativamente alla società, alla famiglia e a noi stessi. Nel romanzo parla solo Robinson perché la modalità narrativa preferita dell'autore è quella del reported speech, riportando quasi sempre il discorso in modo indiretto creando un filtro tra chi legge e chi ha pronunciato le parole e questo filtro è la mediazione che fa il narratore. Discorso del padre sulla middle condition + condizioni di mezzo tale per cui gli uomini non sono né troppo ricchi né troppo poveri per potersi spendere nel mondo in maniera eccessiva, ma è quella condizione che consente il mantenimento dello status quo, una condizione di benessere ed agio e relativa felicita, è la condizione secondo il padre che rappresenterebbe la dimensione privilegiata dell’esistenza. C'è un segmento molto lungo che esplicita una filosofia di vita che corrisponde all'etica puritana del lavoro, ma di un lavoro che non sia per la pura sussistenza, ma nel quale vengano contemplate le ricchezze del corpo e spirituali. Nel romanzo si ha una doppia coscienza di Robinson che Defoe installa subito all'inizio del romanzo: è come se Robinson descrivendosi retrospettivamente, desse voce a una sorta di ventriloquio; da un lato c'è l'io narrato che sta nel momento in cui vive che racconta questa favola di trasgressione al dettato paterno e dall'altro c'è continuamente la prospettiva dell’uomo pentito che racconta tutto ciò che gli è accaduto per sconsigliare ai giovani di seguire la sua strada. È come se Robinson dicesse che per ottenere la salvezza occorre passare attraverso quegli stadi, ma è questa divaricazione che introduce l'elemento dinamico di questo romanzo. La prima parte del romanzo raccontano i suoi primi tentativi fallimentari di tentare la fortuna in mare: non tenta subito di farlo come marinaio, ma si imbarca come passeggero e per due volte è preda di una tempesta e questi eventi forse lo dovrebbero indurre a capire che quella non è esattamente la sua strada > tema del calling: la vocazione secondo l'etica puritana. Il calling è la vocazione alla quale siamo tutti chiamati per dettato divino e alla quale non possiamo che ubbidire e la misura del nostro valore morale consiste nella nostra capacità di accettare e comply con la natura di questa calling; d'altra parte, però, obbedire alla vocazione significa in qualche modo trovarsi in uno stato di grazia. Nel calvinismo e nel protestantesimo, la grazia sostituisce ciò che nel cristianesimo sono le opere. Proprio questo romanzo va a lavorare e mostrare ciò che nell’etica puritana della grazia è implicito e vincolante, cioè che da una parte nessuno può operare per essere l’eletto, dall'altro l'eletto, paradossalmente, non può far altro che passare 26 la vita alla ricerca di una conferma della sua grazia e ciò lo mette in uno stato di grande attivismo. La grazia deve emergere e l’unico modo per farla emergere è quello di invocarla e perseguire i segni visibili della grazia nel mondo, nella nostra realtà attuale. Il fatto che Robinson sopravviva a delle scelte sbagliate, che riesce a ricostruire al proprio mondo dal nulla, non fa altro che secolarizzare l’idea della grazia, passa la vita a perseguire le conferme della grazia che non è sicura di avere. Dopo questi viaggi fallimentari Robinson fa un breve ritorno in famiglia, ma capisce che non vuole seguire le orme del padre e quindi si rimette in mare. La retorica dei viaggi di Robinson è fatta attraverso la retorica della meraviglia (che ricorda un po’ la tempesta) e queste prime pagine raccontano l’incontro coloniale tra l’europeo e l’africano. In Brasile Robinson diventa un planter e succede che a pochi anni dopo esser sfuggito dall’orma paterna, si ritrova nella stessa middle condition dalla quale era scappato: si ritrova in uno stato di stanzialità, ma paradossalmente dopo aver attraversato l'oceano Robinson si ritrova nella stessa condizione di partenza e di nuovo sente emergere in lui il desiderio di rimettersi in mare e accetta l'invito ad entrare nel commercio degli schiavi. Nelle prime pagine del racconto del naufragio si ha una prosa molto densa, compatta, serrata, fatta di frasi brevi e diverbi di azione. Nel racconto in presa diretta del naufragio, Robinson dice che la sua prima reazione una volta messo piede sull'isola, è quella di ringraziare Dio di essere salvo. Nel diario invece, Robinson cambia versione e dirà che non appena arrivata a terra si lascia andare ad un gesto di disperazione: anche in queste incoerenze vediamo l’azione contemporanea di due diverse interiorità e modalità di espressione. Il Robinson anziano parte da tutto il percorso che Robinson ha fatto, un percorso di pentimento e razionalizzazione più matura di tutti gli eventi, mentre nel diario ovviamente si racconta in tutt'altra maniera. Le pagine che seguono rappresentano il racconto pedissequo di tutto ciò che accade nel momento in cui Robinson mette piede nell'isola: cerca riparo (istinto all’autoconservazione, che si attiva immediatamente). Consapevole che la nave non è completamente naufragata, si affretta a costruirsi una zattera per potere prendere alcuni oggetti di base che lo aiuteranno a sopravvivere sull’isola. Apartment + tentativo di trasformare e risemantizzare i segni e significati naturali in significati culturali Robinson spara all’uccello + si presenta come l’europeo colonizzatore che da un lato è incantato dalla bellezza dell’isola, dall'altro non può che svolgere il ruolo di disturbatore di quell’equilibrio inserendosi in quell’ecosistema violandolo ed essendo consapevole di violarlo per i suoi interessi e bisogni. Questo è il momento in cui Robinson decide autonomamente e ragionevolmente d violare un ordine, consapevole di violarlo, ma non può non farlo. Tutta la narrazione che segue questo periodo è una narrazione fatta attraverso una precisione quasi manualistica che evoca il metodo sperimentale e punta a creare una specie di effetto di prosa scientifica, oltre che ad un effetto di realismo e veridicità: Robinson usa continuamente le cifre. Tutto ciò ha un valore puramente pleonastico, un valore di enfasi retorica sulla scientificità. La sopravvivenza Robinson la racconta come capacità tecnica e trasformativa: infatti, abbiamo verbi legati all'attività cognitiva consapevole (consider, resolve, think); Robinson si abbatte ovviamente, ma non perde mai la lucidità e riesce a far sempre perno su se stesso anche nelle circostanze più tragiche. Con la costruzione del suo primo appartamento, inizia il processo di addomesticamento dell’isola e le due unità di misura di questo processo sono il tempo e il lavoro. Quest’'ultime sono le unità di misura del tempo moderno e soprattutto della classe che si forma all’interno della modernità, ovvero la middle class. 27 Defoe racconta e illustra una vera e proprio fenomenologia della conversione: Robinson ripercorre i passi che l'hanno portato a dio ripercorrendo tutte le volte in cui è stato cieco e insensibile ed è stato incapace di leggere i segni della provvidenza. La cosa interessante di questa parte innovativa è che l’accesso alla dimensione religiosa di Robinson viene descritto non tanto come un recupero di una dimensione religiosa impartita dalla famiglia e dalla società, ma viene descritto come una sorta di religiosità naturale e sentiamo agire la filosofia di David Hume che aveva scritto dei trattati sulla religione naturale. Robinson non ci descrive l'approdo a dio come recupero di una dimensione educativa, ma ce lo descrive come l'emergere di una dimensione spontaneistica e spontanea all’interno dell'io, come l'emersione di una capacità intensificata di leggere nelle storie individuali l'operato di una provvidenza e ciò è cruciale perché qui Robinson recupera tutta una eredità puritana che si basava originariamente sul rifiuto della chiesa cattolica romana e sul rifiuto di una classe di mediatori tra gli individui e dio e invece sul recupero di un contatto diretto con dio: è come se Robinson stesse ripercorrendo le stesse tappe che storicamente ha fatto il protestantesimo. L'accesso alla dimensione religiosa spontaneo è l'aspetto che piace maggiormente a Rousseau: nell’Émile egli include il Robinson proprio per questo motivo. Il problema della conversione in Robinson è ricondotto ad una insensibilità ai segni della natura e ad una incapacità linguistica: la scoperta di Dio equivale all'acquisizione di una polisemia, cioè di una capacità di vedere le diverse possibilità significative della lingua e corrisponde ad un incremento di significatività di alcuni termini chiave della sua esistenza: captivity e deliverance. Nel momento in cui Robinson riesce a percepire nei due concetti di captivity e deliverance una volumetria semantica egli arriva alla famosa conversione e questo lui lo dice molto chiaramente, non è un fatto che il lettore deve semplicemente dedurre. Il primo tentativo che Robinson propone all'emergere di questa coscienza religiosa è quello dell’attutimento e della letargia, ma ciò non basta. Ad una prima lettura, la parola deliverance viene interpretata da Robinson nel suo significato primario pratico di liberarlo dalla prigionia dell’isola, lui non ne percepisce minimamente la connotazione spirituale. La capacità connotativa del verbo to deliver comincia ad ampliarsi quando egli si riprende dalla febbre e dunque egli comincia a comprendere che forse dio non lo aveva ancora liberato dall'isola, ma comunque lo aveva liverato dalla malattia; egli comprende quindi che la parola deliverance può implicare tante impossibili interpretazioni e non soltanto quella immediata e strumentale che egli gli aveva inizialmente dato. Nel momento in cui Robinson riesce a guardare al suo passato in maniera critica la parola deliverance acquisisce la propria polisemia di liberazione dal peccato: cos+ si apre un nuovo spazio di vita e la sua vita sull’isola ha un nuovo inizio. Robinson non arriverà mai a descrivere l'isola attraverso un protocollo di bellezza estetica, non avrà mai una percezione di bellezza estetica, ma semmai in chiave di utilità: piante, acqua, flora e fauna che si offrono spontaneamente all’uso e alla trasformazione dell'essere umano in termini proprio lockiano. Il racconto di Defoe differisce totalmente dai racconti coevi e contemporanei della wildivity americana: Robinson scegli una dimensione stanziale, scopre che l’altra parte dell’isola è più bella ricca ma non ha voglia di lasciare il suo rifugio originario. AI compiersi del secondo anno la situazione è quasi ribaltata: l'isola è abitata, ci sono gli animali addomesticati (come il pappagallo), attraverso la conversione Robinson è riuscito ad arrivare ad un rapporto affettivo con l'isola tanto che è in grado di formulare nuovi pensieri, la sua situazione non gli appare più sfortunata ma paradossalmente fortunata. Comincia l'accettazione di questa condizione che non è una condizione passiva, ma il ritrovamento di un piacere di vivere e quindi di una capacità attiva di azione nel mondo. Egli si descrive come se fosse in un autoritratto (p.118) ed egli mostra l'efficacia dell'etica del lavoro dissociata dal circuito sociale: mostra l'etica del lavoro come modello conoscitivo del mondo e questa è la grande invenzione di Defoe. L'etica del lavoro non è solo ciò che ci consente di condurre una vita dignitosa, ma è quella che spogliata della sua strumentalità sociale, viene adottata da Robinson perché per lui ha un valore intrinseco e conoscitivo: diventa lo strumento grazie al quale Robinson riesce a conoscere e interiorizzare il volto del mondo e delle cose. 03.11 Il tema religioso nel Robinson è uno dei grandi temi che ha una sua assoluta centralità e si sviluppa su 3 piani distinti: ® Narrativo+ caratterizza il personaggio come un personaggio dell'epoca a metà tra il terreno e il trascendentale * Extra-narrativo+ la religione veicola i paradigmi ancora circonfusi di luce sacrale all'epoca del Robinson e in particolare il paradigma dello schema provvidenziale della colpa, condanna, pentimento e redenzione (schema peraltro già visto anche nella Tempesta) * Metanarrativo+ i paradigmi religiosi della grazia, della vocazione, dello schema provvidenziale, ecc. suggeriscono al lettore come interpretare la vicenda di Robinson perché la collegano agli archetipi biblici che erano noti ai contemporanei di Defoe. Pertanto, il tema religioso agisce a tutti i livelli della struttura del testo perché fornisce al lettore la chiave di interpretazione al testo. L'accesso alla dimensione religiosa viene descritto come una religiosità naturale, aspetto che piaceva ai romantici e a Rousseau. Abbiamo visto come il problema della conversione di Robinson viene ricondotto a una sorta di sensibilizzazione ai segni e a una maggiore capacità di percepire il livello polisemico della lingua; la scoperta di Dio equivale alla scoperta di una polisemia del linguaggio, infatti Robinson scopre Dio quando capisce che la parola deliverance ha altri significati relativi alla vita interiore, al percorso spirituale che possiamo fare in quanto credenti e non strettamente quello materiale della liberazione dell’isola (cosi come la captivity), quindi scoprire Dio significa acquisire una polisemia linguistica e concettuale e scoprire che il linguaggio ha anche una funzione allegorica (e non solo puramente referenziale) che è in grado di agganciare dei significati e valori sovradeterminati a determinati oggetti ed esperienze. Tutto ciò diventa percepibile nel momento in cui si avvicina alla religione e la conversione viene descritta come un nuovo inizio: da un atteggiamento disfattista, Robinson comincia ad avere un aspetto propositivo e proattivo nei confronti della sua vita sull'isola e tutto un habitus legato alla sua vita nell'isola che poi dopo un anno acquisirà una percezione ciclica e a quel punto a Robinson non serve più una scansione day by day del tempo perché sarà entrato in una dimensione di normale ciclicità delle stagioni ed a quel punto diventa stanziale e pur scoprendo che l’altra parte dell’isola è più bella, rimane nella sua abitazione originaria. Al 2° anniversario l'isola si è modificata attraverso la casa, le coltivazioni, il controllo del territorio e la presenza di un animale domestico; Robinson arriva a formulare i new thoughts e la sua situazione non gli appare più disperata ma la sua condizione religiosa lo rende più fortunato e produttivo. 31 Questa fase è quella che la critica associa alla descrizione del personaggio come homo economicous; ma cosa intende la critica quando parla di homo economicous rispetto a Robinson e cosa intende per economia naturalizzata? Invece di associare la vita e il lavoro alla lotta per la sopravvivenza, Robinson continua a valutarli secondo un criterio sociale che è astratto e tecnicistico; è opportuno ricordare che tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento vengono pubblicato i Principia e l'ottica di Newton che sono opere fondamentali perché restituiscono agli europei l’idea di un universo intelligibili, governato da leggi accessibili attraverso la matematica e la fisica. Robinson in questa sua descrizione e valorizzazione del tempo/lavoro mostra come l'etica del lavoro sia un efficacie filtro come modello di conoscenza del mondo, per esempio la fabbricazione degli utensili che lui riesce a fabbricare in maniera sempre più vicini ai manufatti che sono prodotti nello stesso periodo in Europa, e ciò lo riempie di meraviglia e lo rafforza nel credere in sé stesso. Lui non avrebbe bisogno di una scansione del tempo/lavoro così rigorosa, ma mantiene il valore simbolico e sociale di questa scansione che lo aggancia al tempo storico e sociale da un lato e dall'altro gli fornisce un tempo e una scansione interiore, infatti inizialmente non inserisce la domenica perché è il giorno del riposo e l'unità di misura tempo/lavoro non ha ragion d'essere. Attraverso il lavoro Robinson naturalizza le dinamiche economiche che sono proprie della società borghese riconducendole ad un livello di naturalità: le dinamiche dell'economia mercantile e borghese. È nel valore di scambio che si colloca la misura del valore umano perché è lì che si deposita il valore del lavoro dell’uomo. Ovviamente Robinson non può operare all’interno di questo sistema produttivo perché lui non ha alcun interesse a produrre di più di quanto non sia in grado di utilizzare, quindi non può che rimanere un'economia di uso, ciononostante nel legame e nel tipo di connotazione e investimento emotivo, affettivo, cognitivo, tecnologico che Robinson fa nelle sue opere e manufatti è come se si annidasse lì dentro il valore già di un economia di scambio, è come se lui percepisse e immettesse in questi oggetti che costruisce un potenziale di scambio. In tal senso Marx parla di Robinson come il primo capitalista perché è quel personaggio che immaginativamente ci illustra il passaggio da un'economia di sussistenza a un'economia di scambio di tipo capitalistico. Il rapporto di Robinson con le cose sull’isola è ricondotto ad un livello di trasparenza perché emerge la mediazione pura del tempo e del lavoro, quindi Robinson da un lato si specchia e dall'altro è come se a queste cose attribuisse già un potenziale valore di scambio; in questo modo è come se Robinson arrivasse ad inventariare se stesso (citazione di Marx) e nell'economia robinsoniana si annida una sorta di economia di scambio e una mistica borghese. Il mondo borghese si è sviluppato, promosso e concettualizzato nel tempo come un sistema assolutamente naturale dando scarso valore a tutti i sistemi alternativi ed è per questo che il capitalismo continua ancora a funzionare anche se ha mostrato ancora moltissime defaiance, ma l'enorme capacità del capitalismo di creare un'ideologia borghese andando oltre un'idea di puro ordinamento economico è ciò che l'ha reso così potente anche a partire da testi letterari come il Robinson. Robinson lascia trapelare il desiderio (frustrato, ma mai realmente sopito) di mercificare gli oggetti che lo circondano e il suo ascetismo è legato alla situazione, è effimero e legato alle circostanze, ma comunque è per noi lettori del 2020 è comunque una grande apertura rispetto a tutta una serie di tematiche di cui ci parlano al momento gli economisti che parlano della cosiddetta decrescita felice (Serge Latouche). In questo passo Robinson parla di uno stato di natura che non è che una forma di drammatizzazione ingannevole di una condizione di sopravvivenza alle quale mancano fisicamente le infrastrutture della civiltà, ma non cognitivamente e intellettualmente perché Robinson non entra mai in una dimensione puramente pulsionale di abbandono all'isola, ma sopravvive intrattenendo un dialogo continuo con se stesso e con il suo gruppo di provenienza quindi l'isola si arricchisce di tutto un potenziale di civiltà, ma già in questa fase Robinson sta dentro a questa idea di civiltà (anche attraverso metafore linguistiche). p. 102 Siamo al quarto anno in cui Robinson si è stanzializzato e fa una serie di ragionamenti intorno alla sua posizione. Inizia facendo una sorta di elogio alla solitudine; lord, king, emperor. Nel grande potenziale di produrre ricchezze nell'isola, Robinson ha un atteggiamento ambivalente: da un lato sa che è inutile che si disperi per coltivare grano o raccogliere vino perché sa che non potrà mai utilizzarlo (valore d'uso), ma 32 04.11 Nel romanzo di Defoe è contenuto una critica politica rivolta al colonialismo brutale degli spagnoli che Defoe contrappone a una modalità più benevola e solidale che sarebbe rappresentata dal colonialismo inglese; a fronte di un approccio marcatamente filosofico di Montaigne, c'è un approccio molto più storico e storicizzante di Defoe. Robinson ha ritrovato i resti dei riti cannibalistici, e all’inizio pensa di attaccarli sulla base dell’assoluta innaturalità di questi riti; questo è il momento in cui la domanda etica di Robinson diventa anche una domanda politica: Defoe non si ferma alla dimensione etica di questa problematica, ma esplora anche la dimensione politica; ricordiamoci che Defoe non nasce come romanziere, ma era contemporaneamente un uomo politico, grande giornalista e uomo che si intende di politica e il Robinson è il frutto di una sinergia tra tutte queste dimensioni intellettuali di Defoe. Defoe parla del diritto di vita e morte sugli individui e quale sia il principio che governa il diritto di vita e morte su di essi: Robinson, come espressione di Defoe, si dichiara l'apologeta di una morale laica e individualista. Nel momento in cui lui dibatte se intervenire o meno sui cannibali e ragiona sul fatto che l’unica giustificazione è quella di essere in pericolo di vita, egli fa un riferimento filosofico a Locke che nei Trattati sul Governo aveva scritto che l’autoconservazione è un diritto naturale di ciascuno e nel momento in cui qualcuno o qualcosa minaccia l'integrità personale, non ha bisogno di autorizzazioni né governative né divine. Robinson pur riconoscendo questo diritto si ritira perché si rende conto che i cannibali non attentano direttamente alla sua vita, ma lo fa facendo appello ad un principio di relativismo culturale; non a caso, nel 1697, Defoe aveva scritto l’Essay Upon Projects che può essere considerato come una forma di riscrittura del saggio di Montaigne perché qui scrive che l’inferiorità del selvaggio non è una tara, un qualcosa di ineliminabile, ma è qualcosa di redimibile e che può essere debellata perché proviene dall'ignoranza. Il passo avanti di Defoe rispetto a Montaigne è quello di considerare l'ignoranza come un qualcosa che può essere riscattata attraverso l'introduzione dell'istruzione e della luce. Robinson utilizza questo momento diegetico del testo per attaccare il colonialismo spagnolo le cui pratiche si rivelano altrettanto barbare di quelle dei cannibali che gli spagnoli puntano a sterminare. (p.136) Il suo ragionamento viene esteso immediatamente in chiave critica al colonialismo spagnolo: gli spagnoli che hanno massacrato questi cannibali che sicuramente avevano uno stile di vita barbaro, ma ai quali i cannibali non avevano fatto assolutamente nulla. 35 Defoe ovviamente porta avanti la sua matrice politica-religiosa: lui è stato un grande wig, apparteneva alla chiesa dei dissenter, e quindi interessatamente sposta la problematica di natura etica sul piano politico per portare avanti una critica che è la critica all’imperialismo spagnolo. Questo discorso va avanti e ad un certo punto arriva ad una svolta ancora più importante, sia per la caratterizzazione di Robinson sia per il livello interpretativo e metadiegetico che Defoe inserisce nel romanzo (pp. 138-139): Robinson si compiace con se stesso per la decisione presa e questo momento di autocompiacimento segna un altro importante spartiacque narrativo perché precede immediatamente l’incontro con Friday + Robinson si compiace di aver fatto la scelta giusta, perché lui sa benissimo che se avesse massacrato quei cannibali, poi non ci sarebbero state le evoluzioni successive, come per esempio il fatto di incontrare Friday ed in seguito liberarsi dall'isola; qui Robinson sta facendo un appello ad ascoltare le voci interiori, le nostre molle interiori, queste intenzioni la cui provenienza noi neanche conosciamo ma è come un istinto che ci guida nel prendere una strada piuttosto che un'altra. Quando Robinson parla di considerazione razionale esterna, sta parlando anche di gerarchia religiosa perché la nostra luce interiore (come sostengono i calvinisti) non è altro che il riconoscimento di Dio; è un altro momento di svolta nel quale Robinson va a redimere il suo peccato originale che era stato quello di inseguire questi pensieri errabondi che all’inizio non lo portavano da nessuna parte, ma adesso l'intuizione interiore che lo porta ad astenersi dall’uccidere i cannibali viene riconosciuto come un grande momento di verità nella sua storia, come il momento in cui lui sceglie la strada giusta e che inevitabilmente lo porterà alla strada giusta; questo è il momento in cui il calvinista che ha passato tutta la vita alla ricerca di un segno della sua elezione, ravvisa in questo esattamente il segno della sua predilezione. Il discorso di Robinson è quindi molto importante che ha due funzioni primarie: 1. affermazione di una moralità laica che si combina anche con una moralità religiosa, ma che parte da una condizione di laicismo la cui molla è l'esperienza del mondo e di noi stessi 2. Prosegue la critica al colonialismo brutale che lui associa agli spagnoli, attraverso l'appello ad un'etica individualizzata e non di gruppo; se gli uomini ascoltano se stesse sono allo stesso tempo migliori e più felici. Robinson fa un sogno premonitore nel quale salva un indigeno che si mette al suo servizio; a quel punto Robinson decide di catturare un selvaggio riprendendo il discorso sulla legittimità della violenza. Quando veramente il sogno si realizza e riesce a salvare Friday: il primo gesto di Friday quando capisce di esser stato salvato è quello di mettere il piede del suo salvatore sulla sua testa come segno di gratitudine. Friday non ha nulla in comune con il Caliban di Shakespeare, siamo oltre quella rappresentazione, ma anche qua c'è un dato di profondo irrealismo e idealismo. Il ritrovamento di Friday, la sua evangelizzazione ed europeizzazione rispondono ad una logica più da romance che da novel, ma a Defoe fa comodo perché egli vuole accreditare l'immagine di un colonialismo chiaramente inglese che non è brutale, ma inserito in una sorta di disegno provvidenziale tale per cui i popoli civilizzati hanno il compito di andare nel mondo e disseminare la luce della religione che loro non conoscono, ed è qui che si annida l'elemento fiabesco da romance che è filiazione diretta della Tempesta di Shakespeare. Da pag. 160 in poi inizia una lunga descrizione del rapporto tra Friday e Robinson che si annuncia immediatamente come un rapporto di sottomissione che non è stata imposta, ma offerta e concessa in maniera del tutto naturale (qualità romantica e proiezione fiabesca di Defoe sul piano del tema del colonialismo). Nella descrizione di Friday, siamo ancora ben lontani dalle tassonomie razziali legate a una pseudoscienza biologica che divideva gli esseri umani in razze, ma certamente siamo dentro a una consapevolezza della differenza entica delle persone e ad anche ad una valorizzazione di questa diversità. Quanto più l’indigeno esprime una vicinanza con i tratti somatici europei, tanto più acquista punti all'occhio dell’europeo che se lo sente più vicino: è un gioco di differenze e identità che viene ampiamente utilizzato in Robinson e in altri romanzi. Questo è un punto in cui non avvertiamo molta differenza tra l'io narrante e l'io narrato perché entrambe le funzioni narrative convergono in questo ritratto profondamente affettuoso e affettivo, che rappresenta la quint'essenza dell’indigeno collaborativo e servizievole. Robinson ha attesto questo compagno a lungo, perché da un certo punto in poi ha cominciato a percepire il bisogno di avere qualcuno e dal momento in cui lo trova e legge i primi segni come segni di amicizia e 36 sottomissione non può che farne un ritratto del tutto favorevole e quindi un altro momento in cui le due conoscenze tra l'io narrante e l'io narrato si identificano. Robinson gli dà il nome di Friday che è ovviamente il nome del giorno in cui l’ha trovato, ma il fatto di non chiedergli come si chiami e ribattezzarlo sta a significare una sorta di volontà di paternità nei confronti di Friday perché spera di intrattenere con lui un rapporto paterno e paternalistico, con un'idea di padrone padre (e non padre-padrone). Qui siamo già in pieno regime illuminista e Defoe crede nella perfettibilità di tutti gli esseri umani, così come ci credevano Locke, Hume e tutti i filosofi dell'illuminismo scozzese che poi faranno la storia della filosofia britannica: gli uomini sono tendenzialmente buoni, la corruzione nasce dall’ignoranza e attaccare l'ignoranza attraverso l'educazione, la civiltà e la parola di dio significa sconfiggere la tendenza alla degenerazione. In questo discorso Defoe non introduce alcun tipo di ambiguità rispetto alla relazione pedagogica che Robinson intrattiene con Friday. Attraverso Friday Defoe umanizza profondamente ei cannibali e sembra negare totalmente la logica dell’alterità radicale che sembrava abbracciare Shakespeare e che riemergerà nell'Ottocento, perché sarà proprio quello di sconfessare l'elitarismo e fiducia nella perfettibilitò umana, che è frutto della cultura dell'illuminismo, per invece elaborare una nozione di umanità ed esseri umani differenziati per collocazioni geopolitiche e culturali, per cui poi esattamente dopo 100 anni ci saranno le Tesi della Filosofia e della Storia di Hegel in cui egli dividerà l'umanità in gruppi legando ciascun gruppo a delle caratteristiche di tipo storico culturale che introdurranno un'idea di differenza profonda tra i popoli. Qui però siamo ad un secolo prima, un secolo che sta elaborando l’idea di un'umanità comune, di universalismo e aspetti universali dell'uomo e che quindi non riconosce e non appoggia l’idea che tra gli uomini esistano delle differenze che non siano colmabili attraverso la razionalità, la cultura e la civiltà e infatti Robinson arriva addirittura a pensare di poter riumanizzare un cannibale per riprogettarlo secondo una logica coloniale di utilità e servizio che passa attraverso una sorta di affiliazione paternalistica, e più tardi arriverà a metterne la prova la fedeltà. Robinson lo vede innanzitutto come un lavoratore subordinato e anche come un informatore nativo, esattamente come Caliban era visto da prospero, qui siamo un passo oltre rispetto alla tempesta perché Friday non è schiavizzato ma si pone nella condizione di lavoratore e fedele in modo assolutamente spontaneo. Robinson lo diseduca al consumo di carne umana portandolo vicino ai resti di coloro che sono stati cannibalizzati e gli mima il disgusto e l'obbligo di non mangiare questi resti; uccide un uccello, lo cucina e gli fa assaggiare questa pietanza in modo da decannabilizzarlo, lo veste, lo arma (perché si fida spontaneamente di lui) e dopo di che comincia anche ad evangelizzarlo e in questo tentativo scopre che mentre naturalmente Friday capisce immediatamente il concetto di Dio, dall'altra parte fa fatica a concepire l’idea del diavolo e non si spiega come mai a fronte di un principio di potenza benefica dovrebbe esistere anche un principio contrapposto di malvagità. Friday prende in carico una delle domande che la teologia e la filosofia si sono fatte nel corso dei secoli: l'origine del male e perché se dio è onnipotente non è riuscito a sconfiggere il male. Questa pedagogia religiosa diventa anche un autopedagogia per Robinson, perché evangelizzando Friday egli è costretto a riflettere nuovamente sul testo sacro e a crescere sul piano della consapevolezza. Come ultima tappa Robinson arriva a raccontargli la sua storia e Robinson lo ritiene all'altezza di concepire la sua storia. p.166 grado di proiezione romantica e fiabesca in questo incontro coloniale, del tutto antimimetico. Ad un certo punto Robinson passa in rassegna la geografia dell'isola e riesce a collocarla meglio rispetto alla mappa delle colonie europee che la circondavano, ma considerano che si trova in territori spagnoli che non sono stati colonizzati dagli inglesi. Parlando di religione e religiosità Robinson lascia emergere la sua idea di religiosità naturale perché in Friday l'idea di Dio sembra già essere presente e innata in lui, ma nel momento in cui egli sta evangelizzando Friday non si ferma a ciò ma fa anche un discorso sull'importanza di accostare a questo spontaneismo religioso l’idea e la conoscenza di cristo (p. 170). Robinson fa anche un elogio del protestantesimo e della pratica della lettura delle sacre scritture e del confronto diretto con dio che non passa attraverso la mediazione di una Chiesa o classe di preti. Nel momento in cui Friday sostiene di voler 37 Parlare di colonialismo e imperialismo significa riferirsi a due modalità molto simili ma non identificabili perfettamente. LETTERATURA Attraversi quali temi emerge la simbiosi tra impero e romanzo in Inghilterra? Ci sono due principali linee tematiche: 1. L'incontro con il culturalmente altro+ nativo, selvaggio, colonizzato 2. La riflessione sulla natura umana+ molto presente in Defoe, in particolare nella fase in cui racconta tutto il percorso di evangelizzazione e pedagogizzazione di Friday. NATURA UMANA Assistiamo a duna divaricazione: Defoe parla all’interno di una cultura illuminista che concepisce la natura umana in chiave universalistica con delle differenziazioni: Illu mo Romanticismo ® Universale, ma scarsamente sviluppata * Molteplice e locale nei bambini e nei selvaggi * Diversificata per differenze climatiche * Espressaalmassimo grado in Europa (illuministi scozzesi e la teoria stadiale) o ® Differenza culturale colmabile e per percorsi evolutivi (teorie razziali) assimilabile (Locke, Hume, Smith, ® Alterità esotica inassimilabile (Herder, Rousseau) Hegel, Mill, Ruskin) NOVEL Prodotto della cultura illuminista che distingue i fatti dalle opinioni. Mette in campo un'episteme empirista per cui l'esperienza è il fondamento della conoscenza. Si stabilizza a metà Settecento con Richardson e Fielding ed è avversato dalla cultura puritana per la componente finzionale e immaginativa, da cui ovviamente discende la necessità per questi romanzi di inizio Settecento di essere introdotti dalle prefazioni giustificative della necessità di pubblicare resoconti sulla base della loro assoluta veridicità. Ciò vale anche per l'isola del dottor Moreau perché anche questa ha un valore giustificativo perché introduce un racconto ai limiti del verosimile. CONVENZIONI DEL NOVEL ® Strutture narrative oscillanti tra realismo e romance ® Scetticismo che si accompagna a una filosofia empirista (Defoe, Swift, Fielding, Sterne) Il novel apre uno spazio dialettico tra vecchi e nuovi generi e linguaggi e la formula narrativa vincente del novel è quella forma estremamente fruibile che unisce l'utilità, l'istruzione e l'evasione. CUORE E IDEOLOGIA Il cuore ideologico e retorico del novel è la dottrina calvinista della grazia > passaggio dal peccato, punizione, espiazione e redenzione attraverso la contrizione e la confessione. Questo schema calvinista è ga attivo nella Tempesta shakespeariana. ROBINSON CRUSOE, 1719 Rappresenta il mito di fondazione della modernità e in questa sua funzione una specie di masterplot della cultura occidentale. FONTI DEL Robinson * Resocontidiviaggio * Letteratura religiosa (diari, sermoni funebri, autobiografie spirituali) * Raccontisensazionalistici (captivity narrattive) * Divulgazione pseudo scientifica (transazioni della royal society) 40 ® Resocontidifatti straordinari STILE MISTO DEL NOVEL La eterogeneità delle fonti implica convenzioni narrative diverse e contrastanti: * Memoriale di viaggio e prosa scientifica + stile denotativo, oggettività (retorica tecnica del romanzo) * Captivity narrative + stile enfatico e un'accentuazione sulla soggettività del personaggio L’ISOLA DI Robinson ® Variamente connotata: solitary, horrible, beloved ® Spazio esotico di ricchezza naturale incontaminata, osservata non attraverso canoni estetici, ma attraverso parametri scientifico-matematici * Spaziodi lavoro e di sperimentazione tecnologica ® Spazio di appropriazione e addomesticamento in cui si sperimenta un modello di colonialismo benevolo * Spaziodiriflessione, contrizione e conversione religiosa * Spazio di performance dei fondamenti del potere, nel quale l'individuo comune (ma eccezionalmente dotato) assume le prerogative e le responsabilità del sovrano-leader moderno In gran parte di queste accezioni, l’isola di Robinson assomiglia in parte all'Isola di Prospero. NAZIONE e IMPERO Identificazione problematica: ® Funziona sul piano degli obiettivi ma non su quello dei diritti civili e politici: l'indiano anglicizzato rimane organico all'impero, ma soltanto in quanto periferico perché non viene mai completamente assimilato con il cittadino britannico * Il movimento e centrifugo per la nazione che si espande, ma non è centripeto per chi vuole entrare nell'impero perché non ha il diritto di passare dalla periferia al centro. APPARATI DELLO STATO COLONIALE * Censimento + che quantifica le differenze etniche * Mappa + rappresenta astrattamente la realtà geografica e ne diventa un modello; ha funzione decorativa di logo di un potere coloniale virtualmente infinito * Museo + parte del progetto di controllo centralizzato delle colonie attraverso la rivalutazione della storia e delle tradizioni locali, progetto di cui il turismo diventa parte integrante (fenomeno che comincia alla fine dell'Ottocento) THE AGES OF EMPIRE ® 1660-1776 first empire > Impero Atlantico (dall'approdo dei padri pellegrini fino alla guerra d'indipendenza) ® 1776-1857 Second Empire + Impero Asiatico ® 1870-1915 New Imperialism + Zuffa per l'Africa (scramble for Africa) IMPERO ATLANTICO È costituito da insediamenti coloniali amministrati a distanza, ma anche autonomi, che in seguito ne reclamano l'indipendenza. È stato originariamente ricettacolo di dissidenti religiosi e criminali (come Defoe) ed è caratterizzato da un sistema mercantilistico. IMPERO ASIATICO È un impero che già si costruisce intorno ad un'idea di economia globalizzata; prende le mosse dall’indipendenza americana e si istituisce come elemento di contrasto al monopolio della EIC (East Indian 41 Company), commercio con la Cina (all’inizio di tè, poi di oppio) che alimenta la produzione di zucchero nell’atlantico. AMMINISTRAZIONE DELL’INDIA BRITANNICA Avviene attraverso: * Espansioneterritoriale basata su iniziative locali che vengono poi ratificate dal parlamento * Pesantetassazione della terra: i coltivatori vengono riconvertiti in proprietari * Subsidiary alliance: protezione militare dei governi locali in cambio del versamento nelle casse della compagnia di una larga parte delle entrate * Parziale deindustrializzazione dell'india di cui si depotenzia la produzione tessile: da esportatore diventa importatore di tessuti inglesi CARATTERE ASSIMILAZIONISTA DELL'IMPERO ASIATICO Carattere profondamente assimilazionista + l'impero britannico della seconda fase punta a rendere i sudditi simili ai cittadini britannici, quindi ad includerli nell'orbita dei diritti e dei doveri dei cittadini senza mai portarli ad un livello identità ed identificazione con i cittadini britannici (l'impero è centrifugo, ma non centripeto). Esigenza di rafforzare i fondamenti della nazione: corona, stato, chiesa, commercio e legge; dalla metà dell'Ottocento in poi si ha la coincidenza degli obiettivi e i presupposti della nazione con quelli dell'impero. Le linee lungo le quali si sviluppa l'imperialismo asiatico sono: 1. Evangelizzazione 2. Commercio 3. Gloria nazionale (tema importante trattato in maniera distopica nell'isola del doctor Moreau) 4. Diritto morale a governare i popoli inferiori PRIMA GUERRA DI INDEPENDENZA (1857-1858 INDIAN MUTINITY) Abbiamo la prima grande ferita all'interno dell'Impero britannico: ® Rivolta dei Sepoys nelle pianure del nord, trauma nazionale e crisi del potere coloniale. Ciò ha un incidenza molto forte tanto nell'immaginario indiano, quanto in quello britannico. Da qui, nasce la fase del nuovo imperialismo o terzo impero. I DISCORSI DELL'IMPERO ® 1876:regina vittoria diventa regina dell’india ®* 1882:l’Inghilterra occupa l'Egitto ® 1885: generale Gordon viene sconfitto in Sudan ® 1884-1885: con la conferenza di Berlino l'Europa si spartisce l'africa e l'Inghilterra annette Somalia, Nigeria, Malawi, Zanzibar, Kenya e l'Olanda. Cause storico culturali della grande recrudescenza dell’imperialismo a fine secolo: * Perdita della supremazia economica e militare dell'Inghilterra in Europa, legata all'avanzamento economico militare della Germania e degli USA ® Profondacrisi di identità nazionale * Pauradi controinvasioni da parte delle periferie imperiali Dalla fine dell'Ottocento in poi ciò ha sempre contraddistinto una certa sensibilità sovranistica britannica che è anche alla base del fenomeno contemporaneo della brexit. 1170-1815 ORIENTAL RENAISSANCE (INDOLOGI) ® Nascita dell'indologia moderna basata sulla valorizzazione della civiltà indiana antica e sulla traduzione in inglese dei testi sanscriti (W. Jones, C. Wilkins, H. Colebrooke) ® Arianesimo + idea di una origine comune della civiltà occidentale e di quella indiana * Sanscrito +linguaa elevato grado di razionalità 42 10.11 DIFFERENZA TRA FONTE e INTERTESTO Fonte + source esplicitata nel testo da cui un testo discende e viene influenzato nelle forme, temi e contenuti Intertesto + patrimonio e inconscio letterario che si muove all’interno dei testi e che non sempre intenzionalmente o esplicitamente fa parte o entra nell'estetica dell'autore. La differenza tra fonte e intertesto, soprattutto per quanto riguarda il romanzo moderno, è abbastanza labile perché l’intertesto molto difficilmente rappresenta solo un inconscio letterario dell’opera, perché più frequentemente sono consciamente utilizzati dall'autore. Intertesti dell'Isola del Doctor Moreau: 1 NAÒSN The Tempest Robinson I Viaggi di Gulliver + satira dell'Inghilterra del Settecento di Swift Frankenstein The Rhyme of the Ancient Mariner + è il testo che originariamente apriva le ballate liriche del 1798 (dopodiche è stato espulso da tutta la raccolta) e rimane uno dei testi fondativi del romanticismo britannico in quanto lavora alla natura animizzata e spiritualizzata contenete l'elemento di sovrannaturale, fiabesco e perturbante e, d'altra parte, lavora sulla figura umana parimenti perturbante che passa attraverso un esperienza di perdita di se stesso, di contatto con la morte, sopravvive a questa esperienza ma quando torna è un personaggio estremamente straniato e incapace di tornare a pieno titolo al consorzio umano (è una delle fonti dirette del Frankenstein) The Mark of the Beast + racconto dell'orrore pubblicato nel 1890, il quale tema centrale è il contatto con l’altro coloniale (colonialismo indiano) del tutto degenerato in una forma di abuso e 45 violenza nei confronti degli indigeni, in cui Kipling fa i conti attraverso i codici del gotico e dell'orrore con la parte più cruenta del colonialismo e dell'imperialismo, con l’effetto degenerativo che la pratica del dominio in Asia produce nei colonizzatori. Il racconto trae il suo titolo da una citazione dell’apocalisse perché il marchio della bestia è il marchio del diavolo che ritorna prendendo diverse forme bestiali. Il testo di Wells è tornato in auge con la crisi dell'umanesimo e con la corrente di studi che va sotto al nome di post umano ed ha al centro, analogamente al Frankenstein, c'è una domanda sulla valenza morale della eugenetica + cosa è e che tipo di impatto etico e morale ha sulla società. L'eugenetica è una linea di pensiero scientifico volto al miglioramento della specie umana. La cornice del romanzo viene tratta direttamente dal Frankenstein, in quanto anch'esso ha una struttura narrativa a scatole cinesi, nel quale l'elemento più perturbante (quello fatto dal mostro senza nome) viene collocato al centro della vicenda e contenuto attraverso una serie di soglie e altri contenuti e il racconto dell'orrore viene contenuto dalla cornice del travellogue, ma che contrariamente ad altri casi non viene ripristinata alcun tipo di armonia tra gli esseri umani e la natura. A differenza di Kipling, qui nel romanzo di Wells, il fuoco dell’attenzione è spostato sul tema scientifico del momento, ovvero il crinale tra umano e l’animalesco; Darwin ha aperto degli spazi di grande conoscenza ma anche perturbante e inquietante perché l'idea della vicinanza degli esseri umani alle scimmie ha frantumato la certezza dell’assoluta eccezionalità dell'essere umano e della presenza di un confine invalicabile. Wells entra a gamba tesa in questo dibattito post darwiniano dell'Inghilterra dell'Ottocento declinandolo in chiave pseudoscientifica, cioè negando la presenza di un confine radicale e inaccessibile tra queste due dimensioni dell'essere. Ecco perché tutta la critica postumana in questi ultimi anni si è riappropriato delle opere di Wells. CAPITOLO 1 | primi capitoli stabiliscono una serie di coordinate attraverso cui è possibile ci troviamo nelle acque del Perù, vengono nominati alcuni toponimi e in corsivo le navi che sono state coinvolte. Il primo elemento che viene fuori da questo resoconto è che alcune notizie trapelate dalla stampa non erano corrette e racconta cosa è successo immediatamente dopo il naufragio della Lady Vain e il momento in cui i tre naufraghi si trovano sulla lancia. L'orrore dell'esperienza è immesso nel testo già dal primo capitolo, perché Prendick allude immediatamente a un potenziale atto di cannibalismo tra questi tre personaggi rimasti tra la goletta dato che sono rimasti senza viveri. Tutto ciò accade in una fase diegetica che precede tutto ciò che accade sull'isola ed è importante perché potremmo essere tentati di leggere ciò che accade sull’isola semplicemente come evento distopico che però rimane isolato e limitato allo spazio dell'isola, ma qui ci dice chiaramente che l'orrore di tutta la sua vicenda inizia molto prima ed ha a che vedere con la tentazione al cannibalismo di questi personaggi sottoposti ad uno stato di stress. Non arriveranno al cannibalismo perché tirano a sorte su chi dovrà morire, ma i suoi due compagni di sventura lottano tra di loro cadendo fortuitamente dalla barca affogando e quindi Predick rimane l’unico in questa barca alla deriva. Fin da questo primo momento si sviluppa in Prendick uno stato di dissociazione da sé stesso, una forma di derealizzazione + quella risata mi colse immediatamente come una cosa da fuori: è come se sentisse sé stesso ridere da fuori. Sin dall'inizio il racconto si presenta come un racconto denso e molto coinciso e lo stile di Wells è fondato sulla precisione, concisione, sintassi paratattica (accumula gesti, azioni, verbi, emozioni) e in questo modo costruisce questo grande impatto perturbante sul lettore. Ovviamente sono passati due secoli dalla lingua romanzesca di Robinson alla lingua di Wells, quindi il romanzo ha già passato dei passaggi di consolidamento delle forme degli stilemi che lo rendono all'altezza della fine del secolo, con un linguaggio estremamente consolidato, trasparente, fruibili con delle forme molto riconoscibili e controllate da parte dell'autore. CAPITOLO 2 Predick racconta del risveglio nella cabina di questa goletta che sta trasportando Montgomery e il suo attendente (Miling) sull’isola del doctor Moreau dopo che si sono fermati nella stazione da cui hanno 46 acquistato queste bestie che vengono una volta l’anno trasportate sull’isola per esperimenti di vivisezione del doctor Moreau + ovviamente tutto ciò non si apprende in questo capitolo, per il momento siamo soltanto nella fase di conoscenza. Il primo personaggio che si presenta a Prendick è Montgomery, con il quale stabilisce una forma di comunicazione sulla base dell'origine londinese comune e sulla base del fatto che anche lui è stato uno studente di biologia e medicina e si stabilisce una forma di comunicazione che è e rimane fino alla fine del romanzo una comunicazione imperfetta tra questi due personaggi, perché Montgomery non ha alcuna intenzione di rivelare i segreti dell'isola. Nel momento in cui la goletta si avvicina all'isola, il capitano decide che non vuole portarsi indietro Pendrick e vorrebbe scaricarlo nella lancia che va a prendere Montgomery, ma neanche Montgomery lo vorrà, quindi Pendrick verrà lasciato alla deriva in una zattera, fin quando Montgomery non avrà il coraggio di abbandonarlo e ucciderlo e quindi tornerà indietro in suo soccorso. In questo capitolo Pendrick entra in contatto descrivendo quest'uomo con un'espressione flaccida e abbandonata, con degli occhi liquidi e molto reticente a risponde alle sue domande. Il capitano Davis è un uomo violento, brutale e sempre ubriaco, perché solo un uomo del genere potrebbe dare alla propria barca il nome di una pianta brasiliana che induce il vomito; ciò è interessante perché nel momento in cui Pendrick descrive la plancia della nave, la descrive come un luogo di sporcizia, disordine e profondamente disgustoso ed è come una materializzazione della natura brutale e selvaggia di chi governa questa nave. La comunicazione tra Prendick e Montogmery viene continuamente interrotta da suoni animaleschi che provengono dalla coperta, ma ciò non impedisce loro di scambiarsi alcune informazioni (anche questo è un racconto autodiegetico): Prendick gli dice immediatamente il suo nome e si colloca dal punto di vista sociale raccontandogli che si era appassionato alla storia naturale dalla monotonia della sua confortevole indipendenza + ciò ci rimanda al Robinson e all’universo di quella middling condition per cui le persone possono godere di una certa libertà e sollievo. A sua volta, montgomery gli dice che anche lui ha frequentato l’University College di Biology a Londra e fa una prima allusione al motivo della vivisezione in quanto si era trovato a lavorare su questi vermi. Il testo è pieno di toponimi londinesi e ciò è molto importante perché anche qui il cordone ombelicale tra l'isola e la madre patria non è mai interrotto tenendo il lettore sempre agganciato contemporaneamente alla vicenda perturbante dell’isola e alla storia britannica, presentando la vicenda distopica dell’isola come parte integrante della cronologia e della storia di quel paese. CAPITOLO 3 Tutto il terzo capitolo è incentrato sull'impatto profondamente straniante che la vista dell’attendente di montgomery esercita su Prendick che lui incontra sulla scaletta nel momento in cui raggiunge gli altri sulla plancia. L'attendente è, tra tutte le creature geneticamente manipolate da Moreau, quello riuscito meglio in un certo senso e gli elementi puramente fisici che vengono identificati sono la deformità, la bassezza, la goffaggine, con una schiena arcuata, un collo peloso, la testa sprofondata all’interno delle spalle, i capelli neri e ruvidi e l'espressione scura che colpisce profondamente e ricorda vagamente il muso di un animale. Questa vista turba immediatamente Pendrick; il suo secondo impatto straniante sarà quello di vedere come la ciurma maltratti e abusi l'attendente usando violenza, cacciandolo da una parte all'altra della nave perché nessuno trova una collocazione adatta a lui. Questo è forse il capitolo più violento di tutto il racconto, perché dal momento in cui entriamo nell'isola e nelle intenzioni e nel progetto scientifico di Moreau, acquisiamo una logica diversa, ma qui Wells descrive un punto importante in cui illustra la violenza del colonialismo e di un'economia mercantile basata su commerci non controllati, sulla transazione di merci non autorizzate (come quella di animali esotici), sulla profonda psicologia della violenza e del dominio esercitata su classi subalterne, sia che si tratti di semplici animali sia che si tratti di marinai e attendenti e servitori che appartengono alle razze indigene. Questa è certamente una delle sedi in cui si colloca maggiormente la violenza del romanzo, che per certi versi potrebbe essere escluso da una prospettiva coloniale perché il romanzo non parla mai direttamente di colonialismo (come nella Tempesta e nel Robinson), questo è un romanzo al cui centro c'è il tema dell’eugenetica, ma che può essere 47 con delle mutilazioni particolari. Tale scandalo gli costò la carriera e infatti fu espulso dalla comunità scientifica e pur di non retrocedere su suoi progressi scientifici, aveva preferito auto esiliarsi in questa isola del nord America. CAPITOLO 8 Prendrick ha un primo assaggio del lavoro del dottor Moreau; in questa prima fase siamo ancora in un regime epistemologico profondamente altalenante e instabile e infatti tutta la suspense di questi primi capitoli è costruita sull’incertezza e l'instabilità delle percezioni sensoriali di Predrick: il suono, l'olfatto e la vista, ma anche sulle congetture che predrick fa rispetto alla situazione. Dal momento in cui, dopo le due fughe di pedrick e dopo che Moreau avrà raccontato in modo disteso e circostanziato gli eventi dell’isola, Predrick entrerà in un regime cognitivo completamente diverso e questa costruzione della suspense sulla incertezza percettiva verrà sostituito da altre cose. Qui siamo ancora nel momento in cui Predrick, uomo europeo, si è trovato gettato in mezzo a uno scenario di violenza: dapprima il naufragio, poi il trauma dell’esser stato salvato e dell’esser stato rimesso in acqua con un intento di omicida, adesso l'esperienza ancora più straniante di trovarsi in un’isola dalle connotazioni incerte e con dei personaggi discutibili e misteriosi. In uno spazio che lui condivide con questi animali (soprattutto con il puma), Pedrick prende atto di cosa stia succedendo rivolgendosi a montgomery, che è una specie di mediatore nel romanzo sia tra le comunicazioni tra Predrick e Moreau sia quella tra Moreau e gli animali, perché quest’ultimo, una volta che ha esaurito e esaudito i suoi intenti scientifici, abbandona queste bestie al proprio destino e chi si fa carico di queste bestie è proprio montgomery + paragenitorialità (come in Frankenstein). Il primo grande interrogativo che Predrick apre con Montgomery è quello di capire di che razza siano questi attendenti sull'isola, ma di sottofondo si sentono queste grida del puma che sta venendo vivisezionato da Moreau. Il tema dell’alcool è molto preminente: dapprima con il capitano Davis e adesso con montgomery che dice di essere sopravvissuto a questi anni semplicemente attaccandosi ad una bottiglia, che propone anche a Predrick, ma che sin dall'inizio si proclama come un astemio convinto; ciò è importante perché questo elemento perché la dipendenza dall'alcool rappresenta un discrimine tra l'uomo che pur essendo in una situazione di pericolo e selvaggeria totale rimane alla sua etica civilizzata e l'uomo che si abbandonato agli impulsi dell’isola, della natura e della magia nera (la scienza). Per Prednrick le urla del puma non sono più tollerabili; il capitolo si conclude con una considerazione di natura morale che apre il testo al grande tema affrontato da Wells: la funzione e il valore del dolore fisico delle persone. Predrick fa una considerazione di buon senso perché qua è come se fosse la voce del buon senso e della razionalità che l'uomo europeo non dovrebbe mai abbandonare anche in queste condizioni, la stessa razionalità messa in campo da Robinson nel momento in cui si trova nella situazione disperata del naufragio: chiaramente, in questo senso, Predrick è una reincarnazione del Robinson di Defoe. Egli sostiene che gli esseri umani sono sensibili ed entrano in empatia con il dolore fisico, soltanto quando il dolore acquista una voce e li colpisce nella loro sensibilità corporea. Attraverso questa riflessione, si apre un discorso che poi sarà portato avanti da Moreau, sul valore del dolore nell'evoluzione della specie e sul valore sociale dell'’empatia nell’ambito di una collettività, perché nella visione del mondo di Moreau si scontrano due logiche: 1. La logica materialistica dell'empatia su cui si basa la simpathy (nel senso originale del termine) che è in fondo un sentimento nobile, perché è ciò che tiene unita una comunità e ci permette di non richiudersi in un solipsismo e individualismo gretto perché ci consente di metterci nei panni degli altri (così come sosteneva il filosofo Adam Smith nella sua theory of common sentiments) 2. L'empatia è anche un sentimento pericoloso perché porta le persone verso un eccessivo contatto con il dolore, soprattutto fisico, che altro non è che l’espressione di un difetto intrinseco all'essere umano, è il sentimento di un sintomo di una non ancora perfezione ed efficienza nella scala emotiva. Quindi, questo discorso aperto a fine capitolo da Prendrick verrà ripreso da Moreau in una chiave pseudo filosofica e pseudo scientifica. CAPITOLO 9 50 Predrick racconta del primo incontro con la popolazione dell’isola: the thing in the forest è questa creatura ibrida che lui non riesce a nominare e identificare da cui lui si sente molto intimorito. Nelle foreste predrick fa vari incontri, in particolare questuo uomo animale, che lui decodifica come uomo ma lo vede a carponi come una bestia. Predrick è ancora convinto di trovarsi in un'isola abitata da indigeni semplicemente diversi da loro, un'umanità molto differente, ma fondamentalmente umana, ancora non è entrato nell'ottica di una specie animalesca e questo capitolo la narrazione si concentra nella varietà, indeterminatezza e instabilità delle percezioni sensoriali e concettuali e sul suo accumulo di tensioni da parte di predrick. Predrick riscrive questa esperienza d'incontro quasi come un'esperienza di un incontro coloniale perché parla di expedition e popoli sconosciuti. In seguito, abbiamo la descrizione di alcuni di queste bestie: nude e di un colore che lui non aveva mai visto in nessun selvaggio, con sguardi bestiali. L'estetica del grottesco è sempre chiamata in ballo ed è un aggettivo perfettamente fruibile sia in una descrizione degli animali, sia nella descrizione di razze diverse perché fa capo ad un'estetica del pittoresco che è stata molto utilizzata storicamente nella descrizione delle razze diverse di quelle europee, pertanto si attaglia perfettamente tanto ad una razza umana che ad una razza non umana. Mark of the beast + è un'allusione biblica all’apocalisse e all'intertesto del testo di Kipling; si tratta di un paragrafo bellissimo in cui Wells con pochi tocchi riesce a ricostruire un'atmosfera di inquietudine che soltanto i grandi scrittori riescono a fare. Si tratta di una descrizione narrativa di quello che Freud descrive nel saggio del perturbante: cosa è che perturba l'occhio di Predrick alla loro vista? Ciò che il suo occhio coglie è il confine labile tra l'umano e l’animale, in cui il tratto animale è umanizzato (hanno un livello elementare di comunicazione e linguaggio), contemporaneamente l'umano è animalizzato e che quindi evocano allo stesso tempo in éredrick la sensazione della familiarità e della non familiarità, e quindi del perturbante. Per Freud, infatti, il perturbante si attiva nel momento in cui una circostanza, un evento, un oggetto, rispetto al quale noi abbiamo una familiarità e quindi non si attacca alcun sentimento di stranezza, ad un certo punto cambia la fisionomia acquisendo i tratti e le connotazioni dello straniante e incomprensibile. Soltanto da ciò emerge il perturbante, perché è un sentimento diverso rispetto dalla paura o dal terrore, questi ultimi sono evocati da oggetti e eventi che oi percepiamo come profondamente altre da noi e minacciose, mentre il perturbante è un sentimento sottile e inquieto perché si ingenera dalla trasformazione della familiarità in stranezza, terrore e minaccia. Strange + aggettivo tematico per tutti i testi affrontati nel corso. Alla fine del capitolo, l'uomo leopardo comincia a seguirlo per curiosità, e prendrick impaurito lo colpisce con un sasso e lo lascia tramortito, ritornando impaurito al recinto. CAPITOLO 10 Quando torna Predrick, ha esaurito tutte le sue via di fuga ed è costretto a riprende l'interrogatorio con montgomery, il quale non da spiegazioni e lo invita a dormire. La mattina dopo, Predrick trova la porta del laboratorio del dottor Moreau aperto e trova lo spettacolo di questo puma vivisezionato. Nel momento in cui entra e vede questa creatura martorizzata, arriva Moreau con le mani insanguinante e Predrick fugge per la seconda volta da quel posto. Questo è il momento del testo in cui la rappresentazione della vivisezione si avvicina all'immaginario sadomasochista evocato dalla letteratura pornografica tardovittoriana: il tema della new woman e dell’emancipazione femminile è trattato nel testo. Poco prima, Montgomery aveva fatto riferimento nel testo alle gatte di Gower Street, che non sono altro che le prostitute, e il tema della new woman emergerà ancora più chiaramente nel momento in cui il puma fuggirà, si scoprirà che si tratta di un puma donna e sarà proprio questo puma ad uccidere Moreau: l'undercurrent femminista del romanzo rimane sottotraccia, emerge ogni tanto in momenti come questi e alla fine, nel momento in cui la vendetta delle bestie viene attuato non a caso da quella dimensione femminile che Moreau nella sua scienza pazza ha totalmente estromesso dalla sua vita. Quindi, sotterraneamente, il romanzo porta avanti anche un discorso di genere che riguarda l'uso e l'abuso del corpo femminile tanto nella medicina quanto nella pornografia. CAPITOLO 11 51 Viene descritta la seconda fuga di Predrick, una fuga dall’orrore della vivisezione e di quella che è una miscoception da parte di predrick: egli è convinto che Moreau porti avanti esperimenti di vivisezione non sugli animali ma sugli esseri umani. In questo capitolo è interessante un'associazione letteraria che Predrick fa con il mago komus, un mago descritto dall'omonimo mask di Milton, che è la storia di questo mago che tenta di sedurre una fanciulla, ma lei oppone il valore della moderazione e della castità, riprendendo il tema dell’eros e della new woman. In questa seconda fuga, l'isola appare a Prendrick ancora più straniante e carica di minacce rispetto alla visita precedente e la sua condizione gli appare ancora più disperata. Se mettiamo in parallelo la descrizione di questo capitolo con le descrizioni di Robinson, possiamo dire che Predrick non si riconosce alcuna capacità di interagire con l'ambiente, non conosce le piante, non riconosce di avere un senso di orientamento che gli permetta di orientarsi sull’isola, ecc. quindi si presenta in chiave completamente anti robinsoniana: laddove Robinson, fin dall'inizio, è in grado di fare leva sulla sua razionalità, sulle sue competenze tecniche seppur povere e scarse, e a partire da ciò costruire la sua vita sull'isola, Predick assume una posizione totalmente opposta di passività nei confronti dell'isola; è come se Wells ci stesse dicendo che l'epoca del Robinson si è conclusa, è stato sicuramente un grande mito per il settecento e fino alla metà dell'Ottocento, ma ormai alla fine del secolo un personaggio come Robinson è impensabile perché il mito di Robinson è stato talmente frantumato, smitizzato, che non può essere più ricollocato e rilanciato da nessun punto di vista, tant'è che anche il finale dei due romanzi è profondamente diverso. Robinson e Prendick fanno un cammino infondo simile su queste isole perché entrambe rappresentano delle sfide e un testing ground rispetto alle loro certezze di natura identitaria, maschile, religiose, etiche etc., ma mentre la prova per Robinson risulta totalmente positiva, Prendick sopravvive dal punto di vista fisico ma non dal punto di vista psicologico ed emotivo e questo è il gap che separa l'immaginario dell'isola nel Robinson e l'immaginario dell’isola in un romanzo di fine secolo. In questo capitolo, nell'impeto di disperazione e autodistruzione, Prendick ipotizza addirittura di uccidersi (cosa mai pensata da Robinson) in pieno spirito decadente. È vero che Prendick descrive la sua tentazione verso il suicidio, ma alla fine decide di non farlo, non tanto per il suo istinto di autoconservazione (più tipico del Robinson), ma più che altro per una strana curiosità di capire e sapere di più, una specie di spirito faustiano che lo lega a questo destino di sopravvivenza sull’isola; aveva toccato i limiti del terrore e della disperazione, quindi a quel punto avendo toccato i suoi limiti umani, riuscì a superare questo impulso suicida e autodistruttivo che ad un certo punto lo aveva preso. In questa sua affermazione, anticipa il tema decadente, nietzschiano e superomistico che poi viene incarnato e rappresentato in maniera più consapevole dal personaggio di Moreau (?). Alla fine del capitolo incontra anche la figura scimmiesca che gli fa meno orrore degli altri e prova a stabilire un contatto: intuisce che sappia contare e gli chiede dove possa trovare del cibo e lui lo conduce alla radura dove sono collocate le capanne dei beastfolk. CAPITOLO 12 Prendick si fa strada nella tana dei beastfolk, seguendo questa specie di bradipo, e assiste e partecipa ad un rituale scimmiesco che lui descrive come evocativo di una liturgia religiosa, che lui definisce una cerimonia insana. L'istinto di Prendick gli dice di stare lontano dal laboratorio di Moreau e anche da Moreau e Montgomery perché pensa che loro lo stiano inseguendo per ucciderlo, ma in realtà lo stanno inseguendo per riportarlo a casa e spiegarli la situazione. Lu entra nell'oscurità e questo uomo scimmia gli porge questa noce di cocco aperta + i verbi scelti da Wells per descrivere l'ingresso di Prendick nella tana sono simbolici: strisciare e accovacciarsi, e sono entrambi verbi che si possono riferire all'universo animale e all'universo umano. In questa cantilena orripilante si recitano una serie di regole e leggi che sono tutte finalizzate ad antropizzare questi animali, allontanandoli dalla loro figura animale e avvicinandoli all'uomo. Questa cerimonia che viene descritta come insana, ma che si avvicina ad una liturgia religiosa, è un'invenzione di Wells per aprire un grande interrogativo sulla natura e sulle fonti della moralità e dell'etica: quali sono le radici dell'etica umana? Che cosa è l'etica? È un imperativo categorico che ci proviene direttamente da dio e a cui gli esseri umani rispondono? Oppure non è altro che una forma di abitudine interiorizzata? In questo punto del testo Wells apre un interrogativo interessante, perché mostrandoci Prendick coinvolto in questa litania che scimmiotta la liturgia religiosa, è come se stesse descrivendo in chiave ironica le fonti dell’etica e della moralità degli individui. 52 che il suo gorilla umanizzato continua comunque a mantenere un comportamento selvatico e pertanto rinuncia alla divulgazione; malgrado tutti i suoi sforzi, ancora non era riuscito ad ottenere una metamorfosi definitiva di una forma nell'altra perché queste bestie regredivano. Moreau racconta che il gorilla uccise un canaca e diverse altre creature che riesce a cacciare. Wells è uno di quei pochi scrittori intellettuali che effettivamente potevano combinare il dolo di letteratura e il dono della scienza, perché egli aveva studiato biologia e quindi tutto ciò che lui scrive non è frutto di farneticazioni di uno scrittore che aveva un'immaginazione feconda, ma è tutto materiale presente nei dibattiti scientifico dell'epoca che viene incorporato; tutto ciò che sta descrivendo sul cervello per esempio, sono tutte ipotesi che sono presenti alla fine dell'ottocento, Wells, essendone ben consapevole, incorpora tutta questa conoscenza scientifica in questo romanzo. Nel momento in cui ritornano i tratti di animalità, questi uomini bestie entrano nella giurisdizione di montgomery che se ne fa carico per una strana simpatia con questi esseri e Moreau ha il sospetto che queste bestie un po’ gli piacciano. I have worked hard on their heads and brains + questo è un punto in cui il lettore deve percepire una grande ironia in questo racconto gotico di queste bestie, perché la descrizione di questi esseri presi a metà tra l'animalesco e il razionale, è chiaramente un'allegoria degli esseri umani; non c'è soltanto il racconto gotico di primo livello di questa prima razza, ma ciò che deve passare è l'ironia: attraverso la descrizione di questi uomini bestia, Wells fa passare una forte ironia rispetto alla qualità profondamente caduta e irredimibile dell'essere umano che è irrevocabilmente scisso tra le pulsioni animalesche e lo scimmiottamento di un etica e interiorità meccanica che non lo porta mai a conquistare del tutto una posizione razionale, mai totalmente al di là dell'umanità. Le letture post umaniste considerano tutto questo un elemento positivo: l'incapacità dell'essere umano di superare definitivamente la propria dimensione animalesca, che viene qui denunciata in modo allegorico da Wells e che in questo periodo tardo vittoriano è considerato un elemento negativo che la scienza e la religione devono combattere, viene considerata invece come una grande scoperta in epoca post umana; la vicinanza dell'essere umano all'animale non viene più decodificata oggi da certa filosofia e da certa epistemologia contemporanea come il marchio della bestia, ma invece viene considerato come un elemento di tranquillità e una garanzia per l’uomo di un'armonia con il pianeta che lo colloca in una posizione di solidarietà dell'ambiente in cui si trova. Questo tema verrà ripreso a piene mani dal romanzo di Amitav Gosh, ma qui in fondo è presente la possibilità di leggere in chiave post umana questo testo. CAPITOLO 15 La mattina dopo, montgomery prosegue nelle spiegazioni che ha iniziato a dare Moreau e qui abbiamo un cambio di tono: il racconto di Prendick assume un tono molto più oggettivo e scientifico e il tema della plasticità dell'essere vivente prosegue applicato sia a Montgomery che a Predrick, il quale, dopo lo straniamento iniziale, comincia ad abituarsi agli uomini bestia. Viene detto chiaramente che Moreau utilizza la paura del dolore come sostituto della legge morale che però non attecchisce sui suoi ibridi che l'hanno interiorizzata in modo meccanico e la abbandonano non appena riemerge in loro il marchio della bestia. Anche Predick dopo esser stato avvisato da Moreau, nota la familiarità che montgomery ha con questi uomini bestia e allude a una qualche forma di interazione indicibile tra lui e queste bestie (tema sessuale sempre sottotraccia). Montgomery afferma che le bestie diventavano particolarmente inclini alla tentazione del sangue di notte e questo è un punto in cui il romanzo dialoga anche con il contemporaneo romanzo di Stevenson del dottor JekyIl e mister Hyde + il racconto straniante e perturbante tra il bene e il male, l’animalesco e il razionale, che non avviene negli uomini bestia, ma addirittura in un medico, quindi in un rappresentante della scienza medica al massimo livello. Si tratta dell'atmosfera tardovittoriana di queste paure e paranoie legate alla possibilità per l'essere umano che non viene più percepito nei suoi fondamenti teologici e metafisici, ma che invece viene considerato dal punto di vista di una specie evoluta e quindi il rischio di regredire in questa evoluzione. Wells ricorre allo stesso stratagemma narrativo a cui era ricorso Defoe quasi due secoli prima: è come se ricominciasse il racconto descrivendo nuovamente l'isola con le nuove consapevolezze che Prendick ha acquisito, con un tono molto più descrittivo, scientifico e oggettiva e meno emotiva. La descrizione finisce con la menzione di questi 120 beastfolks che sarebbero uscite dalla mano di Moreau: la cosa che più lo 55 colpisce è la sproporzione tra la lunghezza del busto e quella dei loro arti e ovviamente anche la testa che sporge in avanti con la curvatura della spina dorsale che è goffa e completamente inumana. Pendrick va avanti nel descrivere queste creature, ripetendo sostanzialmente il racconto precedente, ma privandolo di quella componente di perturbante, terrore e orrore che lo aveva caratterizzato, con un registro molto più distaccato e scientifico. Un altro punto fondamentale del testo è quello in cui Wells entra a piene mani nella concezione antropocentrica dell’universo, in cui di nuovo racconta di profonde connessioni tra esseri umani e animali, tra esseri umani e razze inferiore; racconta che all'inizio questi esseri gli facevano orrore, ma poi si è abituato (tema della plasticità degli esseri che viene spostato completamente sulla capacità plastica di abituarsi di Predick); Predick fa delle considerazioni su Montgomery dicendo che oramai egli si è abituato alle creature e le tratta al pari degli esseri umani e che quelle rare volte in cui montgomery si ritrova a contatto con questi esseri umani, gli spanish mongreal (meticci), questi gli sembrino più animaleschi di quanto non lo siano i beastfolks + eccome come il confine tra umano e animale cade completamente in questo laboratorio di eugenetica. Abbiamo un ritratto circonstanziato di Miling che è una creatura ibrida tra un cane, un bue e un orso, quindi un ibrido a tutti gli effetti: egli rappresenta a tutti gli effetti l'elemento di congiunzione tra Caliban e Friday perché è l’unica bestia con un nome come Friday ed ha un lato umano e un lato animalesco che si equilibrano a vicenda, come Caliban. Miling ha i tratti di Caliban perché è deforme, ha un senso di devozione come Caliban, ma la sua particolare docilità lo accumuna a Friday ed è proprio la metafora di una popolazione indigena che è colonizzato, resa e trasformata in forza lavoro e che a forza di essere sottomessa ha interiorizzato questa sua posizione di subalternità e si adegua al ruolo in maniera automatica e quasi affezionandosi a chi ne detiene il potere. Pendrick fa una riflessione dicendo che è chiaro che noi siamo delle creature in connessione con l'ambiente e che lo decifrano secondo i parametri di questo ambiente; addirittura, ad un certo punto queste bestie umanizzate arrivano a ricordagli un'umanità ordinaria più di quanto non fossero riusciti montgomery e Moreau che erano talmente particolari nella loro umanità che non potevano essere considerati degli individui ordinari. La decodifica di Prendrick di questi beastfolk è un’assimilazione alle classi lavoratrici e non alle classi dominanti, a cui appartengono Moreau e Montgomery. Questo capitolo si conclude con una considerazione di genere che riguarda l'imbarazzo delle bestie femmine a mostrarsi nude davanti Prendick perché sono consapevoli del loro aspetto ripugnante e ciò è interessante perché Wells vuole dirci che le bestie femmine sono più autoconsapevoli della loro deformità rispetto ai maschi e che quindi anche nel regno animale vige la legge di genere per cui le femmine introiettano automaticamente lo sguardo e il desiderio maschile e quindi rispondo a questo sguardo di dominio e possesso. (Wells non lo dice chiaramente, è una supposizione). Il 14esimo e il 15esimo capitolo sono i più importanti perché nel momento in cui Predick ha condiviso il racconto di montgomery e Moreau, in quel momento l'isola gli appare come una sorta fi colonia penale in cui queste creature dopo essere state geneticamente manipolare vengono messe al servizio degli uomini e educate all'osservanza della legge sotto la minaccia del dolore. È chiaro che Moreau sia una riscrittura moderna di Prospero al netto del pentimento, perché prospero ad un certo punto si pente, è consapevole dei suoi errori commessi a Milano ed è stato corresponsabile della sua cacciata da Milano e Moreau in qualche modo eredita anche il senso di efficienza, il mito del lavoro e della creazione di Robinson, perché la figura di Robinson si sdoppia in due in questo romanzo: da una parte, è chiaro che Predrick sia l'erede legittimo di Robinson, perché arriva sull’isola e riesce a tornare poi indietro, d'altra parte però l'erede più autentico del mito robinsoniano del lavoro, dell’efficienza, della produttività e dell'energia è piuttosto lo stesso Moreau. Moreau però riscrive il mito di Robinson in chiave profondamente distopica prendendolo e distruggendolo: tutto il frutto del lavoro di Moreau va a finire male, quindi se Robinson si afferma attraverso l'accumulo dei prodotti del suo lavoro, Moreau invece non ha la possibilità di accumulare perché il suo lavoro si disfa perché tutti i suoi uomini bestia prima o poi regrediscono alla loro natura felina. Inoltre, a differenza di Robinson, Moreau popola l'isola così come Robinson, ma qui non rimane niente: rimane una memoria frantumata e malata di Predick che torna a Londra scrivendo questo suo resoconto sperando che qualcuno lo legga e condivida il monito che è inscritto nell'avventura fallimentare di Moreau. 56 CAPITOLO 16 Nel momento in cui i tre trovano tracce del comportamento carnivoro da parte delle bestie, scatta immediatamente la caccia al presunto colpevole e Prendrick si lascia coinvolgere ritraendosene poi orripilato perché percepisce l’insensatezza di tutta questa impresa. Quando il leopard man viene scoperto e si presume che debba essere ucciso, per evitargli una punizione, Pendrick sarà il primo ad ucciderlo. Nei capitoli finali del romanzo il racconto insiste sul grado di somiglianza tra l'uomo e le bestie: più le creature manifestano tratti bestiali, più pendrick ne percepisce un inquietante somiglianza con gli esseri umani. Moreau tenta di soggiogare con lo sguardo l’uomo leopardo, ma non ci riesce e mentre Pendrick lo insegue, a sua volta viene braccato dalla iena: in questa caccia emerge chiaramente la differenza tra Prendick e Moreau + Prendick incarna perfettamente un'etica borghese e utilitaristica che si basa anche sulla possibilità di provare pena per gli altri, mentre Moreau incarna uno spirito scientifico estremo e radicale che nega ogni legame con une etica e una filosofia utilitaristica della scienza. L'implicazione di questi capitoli finali è che questo impulso carnivoro degli uomini bestia non sia poi cosi dissimile dall’impulso a consumare gli animali di Moreau per nutrire la sua fame di conoscenza: nell'ultima arte del romanzo, in cui si racconta la regressione degli uomini bestia a bestie, è svolta in parallelo alla mistificazione sempre maggiore di Moreau, il quale a sua volta utilizza la carne e se ne ciba per una pura sete di conoscenza. Moreau replica un modello coloniale basato sull’assimilazione dell'altro, anche quasi in senso fisico, che tuttavia però non deve mai annullare del tutto questa differenza e allo stesso tempo il suo sperimentalismo evoca il lavoro che l'impero britannico fa sulla civilizzazione delle razze inferiori; l'ambizione è quella di umanizzare le bestie/indigeni rendendole vicine agli uomini, ma mai portandole allo stesso livello, lasciando quel gap che consente a Moreau/colonizzatori di poterli dominare. Ecco come l'ultima parte del romanzo approfondisce ancora di più l’allegoria coloniale: è una distopia scientifica che chiaramente contiene una grandissima allegoria del colonialismo, pur non essendo il suo primo tema. Il discorso sul gusto della carne viene condotto attraverso un parallelismo tra il desiderio di carne e la vivisezione che riduce i corpi ad un ammasso di carne e discende dallo smodato desiderio di conoscenza che in un certo senso confina nel cannibalismo. Wells attraverso queste allusioni al cannibalismo, incorpora i dibattiti tardovittoriani sulla vivisezione e sull'importanza del vegetarianismo che era stato difeso da molti scrittori in funzione tanto ecologica quanto di solidarietà sociale con le classi povere che non potevano permettersi il consumo di carne; in questo testo, quindi, converge anche questo dibattito postumano sull'importanza di una dieta vegetariana. 17.11 Miling + addestrato ai lavori domestici, fa il lavoro sporco dell’household di Moreau e Montgomery rappresenta una combinazione tra Caliban e Friday: ha l'aspetto deforme del Caliban shakespeariano, ma ha la naturale tendenza alla sottomissione di Friday. Predick, ragionando nel momento in cui ha superato la fase dell'orrore, comincia a percepire l'isola come una specie di colonia in cui queste creature, dopo esser state manipolate geneticamente, vengono trasformate in una forza lavoro e infatti le similitudini che Predrick evoca tra questo popolo bestia e l'essere umano, sono tutte similitudini che gli avvicinano alle classi lavoratrici, ai contadini, agli abitanti dei villaggi e della campagna, le persone incolte e marginali (ma centrali per quanto riguarda la forza lavoro). Moreau può essere considerato come una riscrittura di Prospero al netto di pentimento, ma ancor di più l'evoluzione in senso disforico e profondamente anti borghese del Robinson, perché laddove il lavoro per 57 montgomery e Moreau. Questo periodo comincia on uno stato di impotenza fisica, perché lui ha il braccio rotto dalla fuga del puma; Prendick ha la presenza di spirito di utilizzare gli uomini bestia più inclini ad eseguire gli ordini per far sgomberare la spiaggia dalla vista di quei cadaveri per evitare l'emergere degli istinti felini di quelle bestie. In questo punto (p. 115) il testo dialoga con il Robinson perché è come se Prendick facesse un passo indietro rispetto alla politica di supremazia e dominio assoluto esercitata da Moreau sull’isola, perché lui rifiuta in un gesto di liberalismo politico di adeguare la sua situazione a quella di un tiranno despota che era stata quella di Moreau sostanzialmente. È chiaro che Robinson aveva fornito una versione non tirannica di questo momento, ma una versione assolutamente democratica dell’autoinvestitura del Robinson che si era dichiarato governatore perché aveva salvato gli altri da morte certa e quindi era degno della loro fiducia; Moreau aveva fato un cammino diverso rispetto a Robinson perché aveva popolato l'isola attraverso le manipolazioni scientifiche, dopodiché le aveva abbandonate al loro destino, non mostrandosi un degno governatore dell'isola; Prendick quindi, da emissario di una cultura politica liberal, non se la sente di assumere il ruolo parapolitico che aveva assunto Moreau sull’isola, ma paradossalmente quando dovrà fare una considerazione finale di questo atteggiamento di rifiuto di tirannia, lui la legge come una defaiance di carattere perché per lui è un gesto di codardia e viltà. Prendick descrive i 10 mesi passati, ma ce lo descrive in un sommario inedito con un riferimento esplicito al Robinson che ad un certo punto inizio il suo journal, qui lui dice che non ne farà una cronaca giornaliera ma che farà un riassunto di quei 10 mesi che altro non è che la raccolta di tanti piccoli dettagli spiacevoli e questo sentimento di disagio continuo e costante rispetto a questa situazione. Viene introdotto ancora una volta il tema della memoria che apre e chiude il romanzo: una memoria traumatizzata che non si indugia con gioia nel ricordo delle avventure di quest'isola e che quindi preferisce dimenticare. In questo romanzo non abbiamo la possibilità di ripristinare un ordine precedente come nella Tempesta, una volta pervertito un ordine, non si può tornare indietro; le bestie animalizzate non torneranno alla loro dimensione felina così come si manifestava originariamente. Qui c'è chiaramente un richiamo del lettore, un appello diretto al lettore che sarà il testimone del racconto. Abbiamo un altro punto importante del testo in questo capitolo: non è possibile pensare di pervertire e modificare un ambiente rimanendo fuori da questi cambiamenti; il mito dell’uomo che domina e manipola la natura e rimane fuori da queste metamorfosi è per l'appunto un mito, titanismo del romanticismo ormai superato perché chi perverte coinvolge sé stesso in questo pervertimento. Questo punto si congiunge direttamente all'autoritratto di Robinson: molto più sintetico rispetto a quello di Robinson, ma qui Prendick ci descrive il suo mutamento fisico che potremmo descrivere come un imbestialimento, animalizzazione, facendo un chiaro riferimento alla pelle abbronzata assimilandosi non solo alle bestie, ma anche alle razze inferiori dalla pelle scura. La regressione degli animali viene descritta con toni patetici; l'uomo-cane resta fedele e pertanto verrà attaccato dalla iena che rimarrà il principale antagonista di Predick e pertanto lui proverà a costruirsi una zattera che però non regge + altro momento pseudo robinsoniano in cui Prendick si rivela come l'antiRobinson, perché manca di tecnica, materie prime, tranquillità, self reliance e si scopre del tutto inadeguato a rispondere alle esigenze della sua situazione contingente. Infatti, mentre Robinson lascia l'isola con un nuovo ordine politico di cui lui è l’ultimo garante, Prendick lascia l'isola in uno stato di profondo disordine ambientale e la sua è la posizione del testimone e compartecipe che condivide la responsabilità, s e non la colpa, di Moreau perché ne condivide la stessa razza umana e cultura che esercitando il controllo imperiale di queste zone così lontane, ha causato il pervertimento dell'ordine sull'isola. Da questa posizione di totale impotenza e senso di sé stesso e del mondo, Prendick torna a casa essendo salvato da una barca in cui trova solo persone morte, e questo è il momento in cui il romanzo dialoga con la fonte del The Rhyme of the Ancient Mariner. L'avventura di Prendick finisce come quella di un uomo solo e senza alcun desiderio di tornare alla normalità; il ritorno in Inghilterra non è un ritorno redentivo, ma permane il trauma, la memoria dell'orrore e a paura della degenerazione che si allarga fio ad abbracciare l’intera specie umana: la percezione di un destino crudele dell'umanità che così come sono passibili di evoluzione naturale, lo sono altrettanto di involuzione. Questa scoperta in Predick non è circoscritta al mondo della natura, ma anche dell'umanità e della specie umana perché ha fatto esperienza della profonda prossimità tra la dimensione umana e la dimensione naturale, facendo esperienza di un'assenza di un limite invalicabile tra l’una e l’altra; malgrado tutti i tentativi che Predick farà per rientrare 60 nella società umana, tutto ciò non produce alcun effetto, perché egli sente solo parzialmente di far parte dell'umanità. L'incontro con la gente comune e con alcune categorie di persone come le prostitute, la gente che vive di stenti, i lavoratori pallidi e stanchi, i vecchi, i bambini, che altro non sono che gli emarginati della società, non fanno altro che evocare in lui le memorie del contatto con i beast folks; quindi, invece che rassicurarlo del fatto del suo ritorno alla civiltà e alla vita umana, lo relegano ancora di più allo stato di incertezza. La conclusione è un finale aperto e in ciò si rivela la qualità moderna e premodermnista della prosa di Wells, soprattutto nel suo spirito, perché apre a una serie di possibilità e considerazioni: Prendick torna e non cade in un apatia completa, pur avendo paura del consorzio umano, ma nella sua solitudine ricomincia a reinvestire in due attività scientifiche + la chimica e l'astronomia (che ha come oggetto di studio gli altri mondi, quindi c'è un apertura forte ad altri mondi): il romanzo non chiude il discorso alla scienza, come aveva fatto prima il Frankenstein, qui, il barlume di memoria che resta vivo in Prendick, viene riutilizzato per rilanciare un progetto scientifico che potrebbe avere degli esiti differenti e non più negativi rispetto a quelli di Moreau. 61 62
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved