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Appunti letteratura inglese II A B 2020-2021 De Biasio, Appunti di Letteratura Inglese

Appunti letteratura inglese II A B 2020-2021 De Biasio: - Pride and prejudice - Great Expectations - Portrait of a lady - A Portrait of the artist as a young man - The bloody chamber - The Buddha of suburbia

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 13/11/2021

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Scarica Appunti letteratura inglese II A B 2020-2021 De Biasio e più Appunti in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! LETTERATURA INGLESE HI 1 AB 1° lezione 23/02/21 Corso che ruota attorno al romanzo di formazione, un termine molto usato nella cultura anglofona. Dobbiamo provare a identificare questo genere e come evolve nel tempo. Abbiamo due secoli di riferimento (‘700 e principalmente ‘800) all’interno del quale fare piccoli prelievi, per vedere come questo genere si sviluppa e cambia in alcune opere (i classici più famosi). 6 opere (3 nel primo modulo e 3 nel secondo) in totale. Leggeremo testi e li analizzeremo in relazione ai loro contesti storico e culturale e ci occuperemo di questioni tecniche che hanno a che fare con la macchina narrativa del romanzo, che impatto ha lo stile delle opere sui contenuti + riflessione critica. Esame: sarà fondamentale la conoscenza delle opere letterarie fatte (solo per la prima vale la conoscenza integrale del testo). Prevede una piccola prova di traduzione + commento di un brano. Si dovrebbe tenere in forma scritta ma probabilmente sarà orale. Il romanzo/ il romanzo di formazione Come si forma questo genere e quali sono le caratteristiche costitutive che va ad assumere? Prima di fare questo dobbiamo porci il problema di definire che cos’è il romanzo. Non è una cosa semplice: ci sono stati vari studi su questo genere letterario e si può affrontare la definizione di romanzo da tante angolature diverse; noi ne daremo una abbastanza generica. Romanzo: nell’uso moderno (in quanto esisteva anche nell’antichità una forma narrativa paragonabile al romanzo- già in età ellenistica, infatti, circolavano narrazioni romanzesche che però non erano definite) è una narrazione in prosa che ha una lunghezza media, anche se può variare molto, in quanto, nei termini di dimensioni dell’opera romanzesca, da un lato troviamo il romanzo breve o racconto lungo (un esempio canonico è l’opera The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr Hyde di Robert Louis Stevenson che possiamo appunto definire sia romanzo breve che racconto lungo); all’altro estremo troviamo il romanzo-fiume, un romanzo in più volumi e quindi una narrazione estremamente estesa. Però la maggior parte delle opere si colloca in un’altezza intermedia rispetto a questi due poli opposti. Di cosa tratta il romanzo? Degli argomenti più svariati, essendo una forma molto plasmabile, duttile e flessibile; esso tratta vicende di uno o più personaggi su uno sfondo che può essere sia storico, con riferimento a fatti realmente accaduti, oppure queste invenzioni/storie possono svolgersi su uno sfondo di fantasia. Evolvendo da forme precedenti, si afferma nel XVII secolo in Europa e raggiunge il suo sviluppo più articolato nel IXX secolo (definito come “il secolo d’oro del romanzo”). L’ ‘800 è proprio l’età aurea del romanzo, nella quale sia in Europa, sia negli Stati Uniti (quello che chiamiamo “il mondo occidentale”) vede il trionfo la borghesia, tant'è che possiamo apprezzare una celeberrima definizione che diede il filosofo tedesco Hegel a proposito del romanzo nelle sue Lezioni di estetica (1823) come una “moderna epopea borghese”. Questa definizione 1 fornisce già degli spunti interessanti per cominciare a mettere il romanzo a confronto con qualcosa d'altro, per esempio in questa definizione è chiaro il contrasto (oltre le somiglianze) con l’epopea, una forma narrativa che precede il romanzo. In comune con il romanzo, essa prevede una maturazione del personaggio (tema del cambiamento) , il tema del viaggio e il tema della battaglia (si pensi al romanzo Guerra e pace di Lev Tolstoj). EPOPEA= narrazione di ampia portata in forma tradizionalmente poetica di gesta eroiche (anche il viaggio fa parte di un contesto di azioni eroiche, dove si muovono personaggi illustri/straordinari che vanno al di là della loro individualità stretta, andando a rappresentare il destino di un intero popolo). Nell’epopea classicamente si rispecchia un intero popolo che vede registrata la propria storia. Qual è la contraddizione principale che pone questo genere a confronto con il romanzo? La tipologia dei personaggi. I soggetti rappresentati, i committenti, gli esecutori, i destinatari del romanzo sono principalmente i borghesi+ quindi i borghesi che danno corpo a questo nuovo genere sono, a differenza di questi personaggi illustri ed eroici, piuttosto anonimi. Sono tanti e non pochi (come questa èlite che dà forma ai racconti epici) e conducono esistenze generalmente poco illustri. Nonostante questo, vogliono vedere rappresentate le proprie esistenze, i propri viaggi, i propri cambiamenti nel romanzo sempre di più nel corso della seconda metà ‘700, per poi vedere trionfare questa forma di rappresentazione della vita borghese nell’800. Dobbiamo tenere in considerazione che con il romanzo si costituisce anche un nuovo pubblico per la letteratura che sempre di più vede come attori/lettrici/scrittrici fondamentali le donne(soprattutto nel contesto culturale inglese). Comincia anche a costituirsi un mercato del libro che risponde a delle dinamiche di domanda e di offerta, come qualsiasi altro prodotto. Ci si sposta, perciò, da questa forma di fruizione elitaria della letteratura a una forma che è alla portata di più, a cominciare dal fatto che i libri cominciano a costare meno e possono essere accessibili a più persone. Il borghese vuole essere riflesso, rappresentato nel romanzo per poter leggere di sé, così da poter dar luogo a narrazioni che riflettono, secondo la definizione del critico italiano Giacomo Debenedetti, al «grigiore impoetico dei suoi giorni uguali». Il romanzo rifletterebbe il grigiore impoetico dei giorni uguali dei borghesi® è una riflessione un po’ ingenerosa, perché in realtà il romanzo è considerato un genere che dà grandi emozioni, istruisce e fa divertire, ma è considerato sulla scia della vita borghese. Proseguiamo prendendo anche in esame alcuni aspetti di questa riflessione cruciale della storia della critica letteraria ad opera di Ian Watt con The Rise of the Novel, 1957. Tutto ciò che diremo in avanti si riferisce, appunto, a questo studio del romanzo, molto datato da come si può evincere, ma ancora oggi molto utile, in quanto ci permette di riflettere sui cardini, sulla forma e sui contenuti di questo genere (i contenuti però vengono esaminati attraverso la forma del genere). Lo studio di Watt si concentra sul romanzo del ‘700 e apparentemente non ci riguarda, ma mette a fuoco le basi su cui si edificherà la grande architettura del romanzo dell’’800. Ian Watt, nel suo studio sull’affermazione del romanzo nel ‘700 inglese riflette molto sulla questione della novità costituita dal genere e va ad esaminare quali sono i luoghi di questa novità. Tornando al tema imprescindibile del 2 e redenzione (questo è un modello classico della letteratura religiosa); e nella storia di Mall Flanders si vuole mettere in luce questa parabola, attraverso azioni ed eventi che riguardano la sua vita e che hanno che fare col peccato (nasce peccatrice, prostituta, incestuosa, ruba) e con la redenzione (muore pentita). Il fatto che viene rappresentata l’intera vita si riferisce ancora una volta a questa dimensione così influente della visione/letteratura religiosa. Al tempo stesso, però, abbiamo il focus su una qualsiasi donna della società inglese non particolarmente altolocata e notiamo, sempre nel titolo esteso, un’insistenza sull’elemento temporale, soprattutto si mette in luce l’identità plasmata attraverso le esperienze che si susseguono nel tempo, cioè l’identità è immersa nel tempo e le condizioni che Mall Flanders incarna nel corso della sua vita sono l’effetto di questo passaggio di tempo. Vedere il mutamento del personaggio nella durata di un momento cruciale della sua vita, (che non sarà più l’intero arco di vita, ma una particolare sessione temporale, “time span”, che coincide con quella della giovinezza) sarà fondamentale nel romanzo di formazione. Ciò che interessa al romanzo di formazione è mostrare come si sviluppa l’identità, la personalità, il carattere nel corso degli anni, in un breve arco di tempo. Un altro punto su cui concentrarsi per capire l’importanza del tempo è pensare alla forma del romanzo epistolare, ancora molto rappresentata nel ‘700 con riferimento alle lettere (Si pensi al Pamela di Samuel Richardson).Viene sottolineata l’importanza dei giorni, delle ore che vengono riportate nelle lettere, perché anche qui il riferimento alla dimensione economica della vita è fondamentale, il tempo è essenziale, perché corrisponde al tempo del mercante che calcola il suo tempo, il tempo è denaro. Fa tutto parte di questo grande sviluppo che interessa la società inglese dell’epoca, che si riflette in tante dimensioni diverse. A cominciare dalle seconda metà del ‘700 fino alla sua fine, si afferma anche un nuovo interesse per la storiografia: c’è uno sviluppo che impatta il piano degli studi storici, dove si dà più importanza alla scansione temporale, all’oggettività del fattore tempo. Nei generi classici/tragedia questo aspetto del tempo era molto meno marcato, la scansione temporale era meno cruciale perché si rispondeva a delle convenzioni, mentre nel romanzo la scala del tempo viene minutamente rappresentata (una giornata può avere una dilatazione massima nella rappresentazione romanzesca). Nei generi del passato la dimensione temporale era molto più vaga e aleatoria/imprevedibile, rispondente più a delle condizioni fisse (pensiamo alla tragedia e al principio dell’unità del tempo: l’azione deve necessariamente svolgersi nell’arco delle 24 ore e questo comporta una serie di inverosimiglianze e coincidenze che devono essere create per far sì che tutto avvenga in un lasso di tempo tale da rispettare questa regola fondamentale del genere); nel romanzo questo non è più richiesto e ci si adopera per una rappresentazione più realistica del tempo. L’altro aspetto fondamentale è l’importanza dello SPAZIO, altra discontinuità rispetto al passato. Nella tragedia/commedia/romance delle epoche passate le 5 ambientazioni erano assai vaghe (anche in Shakespeare non erano così importanti), avevano più valore simbolico o allegorico> non è importante in quanto ambientazione in quel particolare momento e in quel particolare luogo, risulta piuttosto nebulosa. Nel romanzo la narrazione si distingue perché ha luogo in uno preciso spazio; pensiamo al Robinson Crusoe: quant'è importante l’attenzione narrativa destinata allo spazio fisico in cui si muove Robinson una volta che si ritrova naufrago sull’isola? Attenzione anche agli oggetti che si muovono nello spazio che vengono descritti in maniera molto precisa, perché sono quei particolari oggetti che occupano quel particolare spazio fisico ed hanno un importanza cruciale per la vita dell’individuo. L’idea è che l’esistenza di precise coordinate spazio-temporali è funzionale alla percezione del romanzo come un resoconto autentico delle vere esperienze vissute da esperienze vere. Questo non significa che le persone rappresentate nei romanzi debbano essere esistite veramente, perché la dimensione della fantasia è fondamentale, è prevalente. Tuttavia devono essere vicine al vero, ecco perché diventa cruciale nel romanzo il principio della verosimiglianza. Anche quando nelle storie i personaggi sono di fantasia, potrebbero comunque essere accaduti in un possibile spazio-tempo, però è importante che venga reso in maniera realistica, altrimenti i lettori non credono più a queste storie. Come si rispecchia tutto ciò che abbiamo detto a livello dello stile? Quali sono i legami che possiamo stabilire tra queste premesse del romanzo e dell’esperienza che viene rappresentata nel romanzo con il piano dell’espressione, cioè il piano in cui i contenuti vengono veicolati, la forma? Il linguaggio del borghese è un linguaggio più vicino a una forma media e possiamo dire che rispecchia la condizione sociale e culturale di chi scrive e di chi legge. Lo stile ornato, l’abbondanza di metafore o di altre figure retoriche, proprio la densità stilistica/poetica del testo che caratterizzava le forme letterarie tradizionali non ha più senso nel romanzo, appunto perché trattandosi di una narrazione in prosa così legata all’obiettivo di dare una rappresentazione realistica dell'esperienza umana/individuale, è chiaro che quello che si ritrova a livello di stile sarà anche una veridicità espressiva. Quindi, il racconto del reale è attento al piano della descrizione accurata della realtà fisica se si sta parlando della realtà fisica, del mondo materiale, ma anche della realtà spirituale, emozionale e psicologica se si sta parlando di quest'altra dimensione della narrazione. Pertanto, sia che si tratti dei romanzi di Defoe che è molto attento a questo aspetto più legato proprio alla fisicità del mondo, sia che si tratti di Richardson che è molto attento agli aspetti psicologici/emotivi dell’esperienza individuale, comunque abbiamo un’attenzione al piano del verosimile; e la veridicità del racconto del reale ha una sua dimensione anche stilistica, per cui prevale un USO DENOTATIVO DEL LINGUAGGIO, ovvero le parole tendono a voler indicare proprio quell’oggetto lì, specifico e non ad evocare le valenze simboliche, metaforiche, affettive, psichiche delle 6 parole o degli oggetti. Ad esempio, se si dice “sole” vuole dire proprio quella sfera infuocata che vedo nel cielo e non la potenza del re di Francia o l’allegria che porta quella tale persona nella stanza (“sei il mio sole”). Quindi la differenza tra il piano denotativo e il piano connotativo del linguaggio la ritroviamo in questa distinzione di significato oggettivo/referenziale delle parole e le loro altre dimensioni che vanno ad accrescere il significato delle parole, portandole però su un piano più simbolico. Nel romanzo del ‘700 prevale la dimensione oggettiva del linguaggio, questa attenzione alla referenzialità della lingua. Naturalmente tutto questo rispecchia le caratteristiche e le esigenze del nuovo pubblico che è sicuramente meno colto ed esigente rispetto a quel pubblico che assisteva alle esibizioni di abilità linguistica/stilistica dello scrittore che agiva in altri contesti (elitari o delle corti dei salotti aristocratici). Per cui differenze sociali e culturali sostanziali che hanno un impatto anche sul piano della forma, oltre che dei contenuti. Vedremo come il romanzo dell’800 trasforma questo aspetto, nel senso che su questa base poi costruisce/differenzia creando dei percorsi personali a seconda di chi sceglie questa forma per esprimere la propria visione del mondo. Ci saranno differenze stilistiche molto marcate fra una Jane Austen e un Charles Dickens. 2° lezione 26/02/21 Altro problema di definizione: il sottogenere del romanzo, ovvero il romanzo di formazione. Sottogenere è una etichetta poco adeguata perché sembra sminuire la centralità che in effetti ebbe nel corso del secolo d’oro il Bildungsroman. Quindi, definirlo sottogenere può essere utile per capire che si sta parlando di un differenziazione del macrogenere romanzo, e tuttavia potrebbe risultare anche limitante, soprattutto se ci si concentra sull’importanza fondamentale che questo genere ha avuto nella dimensione del racconto nella formazione. Un critico che considera la definizione di sottogenere inadeguata è Franco Moretti, uno dei punti di riferimento in queste riflessioni sulla narrativa ‘800esca/di formazione. Secondo Moretti non si può parlare di una forma minore, ma anzi, il romanzo di formazione è la forma che domina/rende possibile il secolo d’oro della narrativa occidentale, ovvero il romanzo dell’800. Infatti, importanti veri e propri classici dell’800 sono storie di formazione. Tentiamo una definizione generica di romanzo di formazione, proprio come avevamo fatto con il romanzo. Il romanzo di formazione traccia l’evoluzione di un/a giovane protagonista come maturazione morale e psicologica attraverso un rapporto dialettico (di scambio reciproco) e costruttivo con la realtà circostante, che include incontri, viaggi o eventi importanti. Un rapporto con il mondo che porta alla costruzione della personalità. Questo rapporto di scambio si attua attraverso una serie di eventi che includono incontri con persone (centrale sarà il rapporto sentimentale con i personaggi con cui entra in relazione il/la protagonista; il viaggio ha anche valenza formativa essenziale). Questi 7 mondo, venendo in qualche modo a dei compromessi con la realtà esterna. Buckley si concretizza nell’accettazione di una professione all’interno dei ranghi borghesi della società capitalistica industriale, in cui questa storia di ricerca di sé è inserita. L'intreccio archetipico, anche se non necessariamente, include un ritorno del protagonista che si ricongiunge al suo ambiente di origine e può far apprezzare al lettore le differenze che sono intercorse. E° un bello sforzo di sintesi quello che fa Buckley, di cui apprezzeremo il potere di spiegazione/illustrazione delle narrazioni che andremo ad incontrare. Sintesi sull’intreccio archetipico del Bildungsroman, mettendo in luce i nessi/passaggi fondamentali in queste storie di formazione: e Giovane sensibile limitato dall’ambiente provinciale e Nutrimento dell’immaginazione grazie ai libri ® Distacco- trasferimento in grande città e Esperienze amorose trasformative e Adattamento (momento dell’accettazione) alla realtà borghese/industriale come cittadino e lavoratore e Eventuale ritorno che rimarca la differenza con chi è rimasto e mostra la maturazione del personaggio Buckley sottolinea che nessun romanzo di formazione possiede tutti questi elementi, ma nessuno può ignorarne più di 2 o 3 una riflessione intelligente da parte del critico che non pretende di aver trovato la chiave di volta che spiega tutti i romanzi di formazione, ma è arrivato a mettere in piedi uno schema molto utile in cui sono in gioco degli elementi che ricorrono nei romanzi di formazione con una certa dinamicità, ma senza un legame di stretta necessità. Pertanto, non tutti gli elementi sono presenti, ma possiamo ritrovarne perlomeno 203. “A sensitive child grows up in the provinces, where his lively imagination is frustrated by his neighbors'—and often by his family’s—social prejudices and intellectual obtuseness. School and private reading stimulate his hopes for a different life away from home, and so he goes to the metropolis, where his transformative education begins. He has at least two love affairs, one good and one bad, which help him revalue his values. He makes some accommodation, as citizen and worker, with the industrial urban world, and after a time he perhaps revisits his old home to show folks how much he has grown.” (Jerome Buckley, Season of Youth: The Bildungsroman from Dickens to Golding, 1974). Qual è il problema fondamentale con questo tipo di soluzione critica/sintesi interpretativa che ci viene offerta dal testo di Buckley? I pronomi personali usati dal critico per descrivere il suo personaggio sono al maschile e prevale l’idea che si tratti di un bambino o un individuo molto giovane (“child”). Il problema è che qui tutto è declinato al maschile (“his”). Qui abbiamo un doppio tipo di criticità: il primo tipo riguarda la narrazione romanzesca/di formazione in sè, che deve necessariamente tener conto di questi aspetti della limitazione intrinseca della vita nelle donne nel periodo storico preso in considerazione da 10 questi romanzi (che sono normalmente narrazioni del proprio presente); siamo in epoca 800esca, esistono dei vincoli in cui la vita delle donne rientra e viene costretta. Vige quindi un evidente problema di prospettive. Il secondo tipo di criticità che emerge si colloca in un presente vicino a noi: siamo nel 1974 e Buckley, pur nella sua validissima interpretazione critica, pecca fondamentalmente di una limitazione della visione, perché prende in considerazione quella che è la forma dominante del romanzo di formazione, ovvero gli esempi che sono quelli relativi alle narrazioni al maschile e soprattutto immagina che, a causa di questa selezione di un modello dominante, dà per presupposto che esista un individuo universale. Questa è stata la critica che è stata mossa a studi come quello di Buckley, ovvero interpretazioni critiche delle narrazioni dello sviluppo personale che riscontrano ricorrenze tematiche e strutturali molto spesso basate su una definizione limitata del Bildungsroman come un individuo centrato su determinate caratteristiche, cioè: uomo, maschio, bianco e appartenente alla middle-class. Per cui non c’è solo un problema di definizione dell’individuo dal punto di vista della sua identità di genere, ma anche un problema di identificazione di un modello dominante dove l’individuo tipo non è solo un uomo, ma deve essere di razza bianca proveniente dai ranghi della classe media. La sua interpretazione non va a considerare la significativa presenza di romanzi di formazione al femminile, a cominciare da Pride and Prejudice. E’ chiaro che in questa sintesi Buckley ha in mente un personaggio connotato, sia dal punto di vista del genere, sia dalla razza e dalla classe sociale; agisce uno sguardo universalistico, dove si identifica il soggetto universale con un individuo situato come dominante e che tuttavia non permette di cogliere le differenze e le molteplici declinazioni dell’identità. Ecco perché a partire dalla fine degli anni ‘70 la critica femminista sostiene che sia necessario riconsiderare la riflessione di genere sul romanzo per cogliere una differenziazione chiamata “female Bildungsroman”, dove sono presenti matrici narrative specifiche/patterns. Pride and prejudice sarà un esempio lampante di questa categoria di romanzi al femminile. Quindi errore di prospettiva che è l’universalismo al maschile. Possiamo dire che la realizzazione personale non era nell’ordine dell’attesa per quanto riguarda i soggetti femminili. Franco Moretti non sceglie di accogliere la critica femminista che è stata rivolta a gli studi sul Bildungsroman, che non tengono conto delle specificità delle narrazioni al femminile. Lo studio di Moretti, // romanzo di formazione, pur considerando romanzi scritti da donne con protagoniste donne , di fatto non lo differenzia, egli considera il concetto di formazione come un concetto universale. Tutte queste sono prospettive critiche, si tratta di punti di vista che vanno considerati di volta in volta. L’idea fondamentale di Moretti è che il romanzo di formazione non solo domina e rende possibile l’espressione della narrativa occidentale nel secolo d’oro, ma traccia e registra quella che il critico ritiene una sorta di mutazione antropologica intervenuta a fine ‘700, ovvero l’elezione della gioventù come determinazione fondamentale non solo dei personaggi delle opere, ma proprio come determinazione dell’identità occidentale. Per la cultura occidentale moderna, sostiene Moretti, la gioventù racchiude il senso della vita, non solo per ragioni fisiche ed estetiche (come ne // ritratto di Dorian Gray di Oscar Wild), ma anche per ragioni radicate nella trasformazione del 11 significato che si dà all’esistenza. Tra fine ‘700e inizio ‘800 l’essere giovani diventa il segno della modernità, vivere nell'epoca moderna significa rispecchiarsi in un’identità giovane, la modernità significa avere come valori di riferimento la mobilità e la mutevolezza, così come l’irrequietezza interiore che diviene un tratto tipico della gioventù. Questa idea fondamentale che il romanzo di formazione sia la forma simbolica della modernità, si basa sull’idea che la modernità si rispecchi nella gioventù. Nelle sue parole la modernità va a coincidere con la gioventù, ecco perché secondo lui il romanzo di formazione diventa così decisivo nell’ ‘800 per la storia del romanzo dal punto di vista proprio dello sviluppo del genere, proprio perché c’è quest’identificazione così stretta tra la modernità e i valori associati alla gioventù. Dunque, il mondo moderno non è più rivolto all’esempio della maturità o al punto di riferimento della vecchiaia, ma si rivolge al futuro. Il futuro è chiaramente quello che sono richiamati a vivere i giovani. Ecco che il romanzo di formazione va a riflettere su questo sistema di valori che ha a che fare con la mobilità; la mobilità ha a che fare anche con l’interiorità stretta, ecco perché traccia così finemente questo percorso di sviluppo dell’io, con particolare attenzione ai cambiamenti interiori. Moretti studia il romanzo da un punto di vista comparatistico (ha una prospettiva da studioso di letterature comparate e non si limita a una sola tradizione nazionale), cogliendo differenze significative tra il romanzo francese e quello inglese (quello tedesco rientra nel prototipo inglese): il romanzo inglese è dominato dal PRINCIPIO DI CLASSIFICAZIONE, dove vi è una tensione molto forte verso la risoluzione del finale che permette il ritorno all’ordine, ovvero il principio dello scioglimento delle turbolenze/difficoltà che incontra l’io nel suo sviluppo e queste trasformazioni tenderanno alla pacificazione. Dunque, il romanzo inglese è dominato dal suo happy ending in cui i conflitti sono risolti. Mentre nel romanzo francese il PRINCIPIO DELLA TRASFORMAZIONE darebbe luogo a narrazioni più aperte. Pride and Prejudice (Jane Austen) 1796-1798 scritto nello Hampshire, regione al centro-sud dell’Inghilterra, dove visse Jane Austen i primi anni della sua vita. L’autrice compie una riscrittura nel 1812 di questo romanzo, che ripercorre da capo a piedi. Viene pubblicato l’anno successivo, nel 1813, con un ottimo successo, le prime 1500 copie della prima edizione vengono esaurite. I romanzi vengono pubblicati in modo anonimo, in quanto entrano in gioco fattori motivati dalla classe sociale a cui apparteneva Jane Austen. Non vedeva di buon occhio il fatto che una donna mettesse il proprio nome su una pubblicazione narrativa, come per far capire che aveva bisogno di guadagnare. Ci sono anche motivi di genere: come donna, all’epoca l’autrice ha delle forti resistenze a mostrarsi in pubblico. E infine motivi di personalità : la Austen era una persona estremamente schiva. E? il terzo romanzo dell’autrice e conferma la scelta di restringere il campo della narrazione a quelle che saranno le presenze costanti dell’universo imaginario della Austen, ossia famiglia, conoscenti e l’ambiente della provincia. 12 e It isa truth universally acknowledged, that a single man in possession of a good fortune, must be in want of a wife. e However little known the feelings or views of such a man may be on his first entering a neighbourhood, this truth is so well fixed in the minds of the surrounding families, that he is considered the righiful property of someone or other of their daughters. Ecco nella sua scintillante veste l’inizio di Pride and Prejudice. Possiamo definirlo brillante, di grande impatto, con questa pima frase che ci mette direttamente in contatto con uno dei registri dominanti nel romanzo, quello dell’ironia insieme al gusto per la provocazione che caratterizza Jane Austen. Perché questo incipit è così celebre e così fissato nella memoria culturale collettiva? Perché si basa su una caratteristica essenziale del mondo e dello stile della Austin che è l’ironia e, in particolare, rappresenta in sé stesso un’affermazione ironica. Come possiamo definire l’ironia? Come una affermazione che dice il contrario di quello che sottintende, è una forma di comunicazione indiretta basata sull’affermazione del proprio contrario (es. dire “che bella giornata” di fronte a una giornata piovosa e uggiosa). E come si chiama questa forma di ironia quando la definiamo in questa particolare accezione? La sua definizione tecnica è ANTIFRASI. “E’ una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo che sia in possesso di una discreta fortuna debba/sia alla ricerca di una moglie”. C’è un primo livello di ironia basata sul contrasto di un’affermazione di una verità definita universale, quindi con una aspettativa universale e ci si aspetta che si tratti di una affermazione che ha a che fare con le grandi domande dell’uomo, vale a dire il piano dell’etica, della religione, della metafisica (verità universali). Qualcosa di grande impatto sulla natura umana. Invece, come significato associato a questa verità universale (che non appartiene né al piano dell’etica, della religione e della metafisica), troviamo una questione molto banale, di ordine matrimoniale, che sottolinea l’aspetto materialistico del matrimonio, quindi non una verità spirituale come la frase “a thruth universally acknoledged” sembrerebbe far supporre. Quindi spirito e materia, e in particolare un aspetto materialistico di una questione come quella del matrimonio, perciò una prima forma di opposizione. Un secondo livello di ironia è legato alla letteralità dell’affermazione che sembrerebbe supporre che tutti sanno che un uomo scapolo e ricco cerca moglie, ma in realtà l’affermazione funziona diversamente: tutti sanno che uno scapolo ricco sarà inseguito da donne che vogliono diventare sua moglie. Possiamo dire che è questa l’implicazione di quel “must be in want of a wife”, quindi non una semplice affermazione come quella abbastanza banale indicata sotto questa forma, ma l’idea che in realtà viene comunicata è che un sapere diffuso e universalmente noto è che uno scapolo ricco sarà inseguito da donne che vogliono diventare sua moglie. Abbiamo pertanto un nocciolo di stile ironico che di fatto è anche un annuncio di quello che sarà il grande tema del romanzo, ovvero il tema del matrimonio, declinato in varie modalità; sono molte le sfaccettature del tema matrimoniale al centro dell’attenzione della Austin e senz’altro uno degli aspetti più incisivi dell’approccio dell’autrice a questo tema è l’aver messo in luce il suo aspetto più pragmatico/pratico/tecnico, quello legato agli aspetti economici (ricerca del partner giusto che attraverso un’unione matrimoniale permette di godere di un certo 15 vantaggio economico). Nel mondo di Jane Austin viene introdotto con grande lucidità il fatto che le persone, in particolare le donne, siano spaventate dalla eventualità di non trovare un partner con le caratteristiche desiderabili, perché la mancanza del matrimonio potrebbe significare la rovina delle persone. Questo è, di fatto, il punto di vista che viene assunto/fatto proprio da uno dei personaggi cruciali del romanzo, che è Mrs. Bennet, portavoce di una visione a volte disperata di questo tema. Viene messa in evidenza dalla Austin questa ricerca disperata da parte delle donne, di cui in particolare Mrs. Bennet diviene ossessiva. Con questo personaggio ci troviamo spesso in un ambito vicino alla satira, in cui emergono questi aspetti più amari e disperati rispetto al tema matrimoniale, dove li però sono molto chiari all’autrice i propri presupposti strutturali della società del tempo, dove le donne appaiono come i soggetti più deboli, soprattutto dinanzi a leggi come quella dell’ “ENTAILMENT” (legge che prevede il passaggio della proprietà soltanto tra i membri maschi della famiglia allargata) che mettono a repentaglio il futuro delle donne della famiglia. E’ interessante anche osservare come a primo impatto questo incipit folgorante del romanzo sia dedicato a un matrimonio che ha caratteristiche di felicità, le quali mostrano come sia possibile realizzare un’unione non solo desiderabile, ma anche pienamente soddisfacente e foriera di felicità. Sappiamo che questo è solo l’inizio e i primi due paragrafi sono seguiti da un dialogo tra due personaggi, quello tra Mr. e Mrs. Bennet che rappresentano una delle facce del matrimonio. Si tratta di una coppia di membri della “LANDED GENTRY”, (classe sociale alla quale apparteneva la stessa Jane Austin) [**Landed gentry è una classe sociale britannica che veniva definita “piccola nobiltà” di campagna e che aveva carattere ereditario; comprende proprietari terrieri che potevano vivere interamente di rendite terriere o immobiliari in generale**] e che possiamo definire come una sorta di “upper middle-class” che si può relazionare all’aristocrazia, pur occupando gradini più bassi rispetto alla classe aristocratica. Due membri di una classe ricca di fragilità e che soprattutto hanno una visione diversa del matrimonio e del modo in cui si dovrebbe affrontare questo tema così presente nella mente di Mrs. Bennet. Questa riflessione sulla “truth universally acknoledged” è una riflessione che il narratore associa soprattutto al personaggio di Mrs. Bennet, che ha sempre fortemente presente il fatto che qualsiasi scapolo ricco sia una possibile preda di una giovane donna bisognosa di sposarsi, ma rappresenta anche il punto di vista condiviso dell’ambiente sociale a cui appartengono i Bennet. Che tipo di matrimonio è quello che viene messo in luce attraverso questo primo dialogo con cui si apre il romanzo tra i due coniugi Bennet? Qui Mrs. Bennet ha da poco saputo che nei paraggi si è trasferito uno scapolo ricco e apparentemente molto interessante, Mr. Bingley, e insiste fortemente con il marito affinchè quest’ultimo vada a fargli visita, così da creare le condizioni perché il giovane possa conoscere le cinque figlie bisognose di sposarsi. Questa insistenza cozza contro un atteggiamento più pacato e riflessivo e a tratti anche infastidito del marito, e quindi vengono messi in gioco già questi due personaggi con caratteristiche molto diverse fra loro: lì dove Mr. Bennet è ironico, pacato e riflessivo, al contrario Mrs. Bennet è definita in termini poco lusinghieri ed è un personaggio su cui il 16 narratore fa spesso della satira. Infatti, una delle celebri definizioni del personaggio nel corso del romanzo sarà quella di “a woman of mean understanding, little information and uncertain temper”è quindi una donna fondamentalmente limitata nell’intelligenza, piuttosto ignorante e dal carattere instabile. Quello che ci propone Jane Austen in apertura di romanzo è un matrimonio salvifico, felice, riuscito, ma che all’opposto è un matrimonio malassortito/non particolarmente riuscito, perché questi due personaggi sono fondamentalmente malcombinati, esprimono spesso punti di vista diversi. Poniamo l’attenzione sull’uso di questo verbo modale che troviamo già nell’incipit: “must be in want of a wife”: letteramente “è universalmente noto che uno scapolo ricco debba essere alla ricerca di una moglie”+ traduce il modale del dovere. Nel primo capitolo si trovano ben 6 ricorrenze del modale del dovere: “you must know”, “she ought to be”, “you must indeed go”. Dunque una presenza importante dell’uso del modale del dovere che si impone all’attenzione; che cosa ci vuol dire questa presenza continua di affermazioni fondate sul concetto del dovere/dover essere e della necessità? (Precisiamo che questa ricorrenza la troviamo spesso nelle parole di Mrs. Bennet). Il fatto che il matrimonio sia un passaggio obbligato per una corretta e serena esistenza sociale; più in generale possiamo rilevare in questo primo capitolo, e in particolare in questa prima frase del romanzo, l’importanza che ha il punto di vista dell'ambiente sociale all’interno della rappresentazione dell’esperienza umana. E’ importante quello che gli altri pensano, ciò che l’ambiente sociale in cui si è inseriti ritiene corretto, è un po’ l’opinione dei più ciò che emerge in questo quadro. Nel “truth universally acknoledged” viene rappresentata quella società con le sue limitazioni e caratteristiche specifiche, non di certo una verità umana universale. E’ quindi un paradosso. Viene sottolineata l’importanza della pressione del sistema sociale di cui Mrs. Bennet è chiaramente una delle portavoci più entusiaste e meno critiche, e l’idea che viene immediatamente avanzata è che qualsiasi desiderio di autonomia l’individuo possa coltivare, questo desiderio di esprimersi autonomamente deve comunque necessariamente fare i conti con le aspettative dell’ambiente sociale in cui è inserito, il quale punta a un’integrazione il più normale possibile del singolo, che ha le sue legittime aspirazioni, un’autonomia. Quindi, quello che sappiamo sin dall’inizio riguardo al mondo di Pride and Prejudice è che lo spazio dell’autonomia dell’io deve sempre necessariamente negoziare le sue richieste con la necessità dell’interazione del singolo nel sistema sociale che lo ricomprende e lo precede, perché abbiamo quella frase che ci incornicia esattamente questo tipo di rapporto + in sintesi, nel mondo di questo romanzo l’io deve sempre necessariamente confrontarsi con l’ambiente sociale nel momento in cui esprime un desiderio di affermazione autonoma. La struttura sociale è imprescindibile dalla volontà del singolo e questo lo si vede nel momento in cui ci si confronta con personaggi come Elizabeth Bennet, i quali sono più caratterizzati dalla spinta a mostrare un punto di vista autonomo/un desiderio di autonomia nel mostrare le proprie opinioni che però, sin dall’inizio, non possono in nessun modo prendere realmente le distanze dalla struttura sociale che li ricomprendono. 17 abbia un potere sproporzionato alla base dell’errore di giudizio che poi compirà, è ciò che la rende capace di osservare i pericoli che vengono dall’esterno e che le permette di stare in guardia rispetto a persone che non la convincono del tutto o non bendisposte nei suoi confronti o nelle persone che ama. Quindi è una caratteristica senz'altro positiva questa capacità di osservazione e di critica/desiderio di esercitare un giudizio sul prossimo. Ma cosa possiamo dire invece dal punto di vista della tecnica narrativa? Qui è interessante vedere a che tipo di narratore ci troviamo di fronte. Innanzitutto dobbiamo chiarire che quando ci poniamo questa domanda dobbiamo far attenzione alla quantità di sapere di cui dispone il narratore per raccontare il suo mondo. Esistono diverse funzioni che può assumere il narratore rispetto alla quantità di sapere di cui dispone. Vediamo sotto riassunte le principali tipologie legate alla focalizzazione, cioè al punto di vista che assume il narratore. Esistono tre tipi di narratore principali: e Narratore onnisciente= conosce più del suo personaggio; focalizzazione zero ® Narratore che ne sa tanto quanto il personaggio; assume una focalizzazione interna al personaggio e Narratore che conosce meno del personaggio; guarda il personaggio dall’esterno senza entrare nel suo mondo interiore fatto di pensieri/giudizi. E’ la tipologia di narrazione meno frequente, più legata a sperimentazioni letterarie come ad esempio quella modernista; tipicamente nella narrativa di Hemingway i personaggi agiscono ma non pensano, il narratore non riporta i loro pensieri. La caratteristica fondamentale del narratore del romanzo dell’800 è quella di sapere tutto del suo mondo e, infatti, si parla di ONNISCIENZA DEL NARRATORE. Guido Mazzoni, definisce le impalcature del PARADIGMA 800ESCO, ovvero di quel modello di romanzo dell’800 che non corrisponde a un vero romanzo, ma è il risultato di una media delle caratteristiche della maggior parte dei romanzi del IXX secolo che è possibile enumerare perché sono simili e ricorrenti. Tra queste strutture ricorrenti troviamo la tipologia di narratore dominante, che è quella del narratore onnisciente, quello che Mazzoni definisce “un nuovo tipo di narratore” e che verrà perfezionato nel corso del secolo. Questa particolare voce narrante è in grado di descrivere il mondo dall’esterno, nelle sue caratteristiche macro e micro (tutte le dimensioni vengono conosciute e dominate dalla voce narrante), e anche il mondo interiore dei suoi personaggi, spiegando ciò che pensano, le loro riflessioni. Questo tipo di narratore è anche fortemente presente nell’esercitare un giudizio su quello che accade nel mondo che racconta e quindi lo troviamo anche nella funzione di commentatore dei fatti narrati o dei personaggi che vengono rappresentati. E° un po’ uno sguardo a tutto campo quello che offre il narratore dell’800 e che poi cambierà nel corso del tempo; già in Henry James vedremo che comincia a mutare questa funzione onnisciente del narratore, favorendo una focalizzazione più stringente sui personaggi. Qui, invece, ci viene detto qualcosa dei pensieri di Elizabeth, perché la voce narrante ci afferma che aveva “listened in silence”, e questo potrebbe essere semplicemente uno sguardo esterno, alla 20 Hemingway, con un narratore che si limita a descrivere quello che vede dall’esterno. Però poi si aggiunge “but was not convinced” e ciò vuol dire che questa voce narrante è in grado di dire quello che si agita nella mente del personaggio, cioè Elizabeth non era stata convinta da quello che aveva detto la sorella, perciò lo scetticismo di Elizabeth e il suo spirito critico lo ricaviamo da questo introdursi della voce narrante nel suo mondo interiore. La frase “Their behaviour at the assembly had not been calculated to please in general...” e quella che segue la possiamo considerare una prosecuzione dei pensieri di Elizabeth; possiamo dire che il narratore onnisciente della Austin traghetta/trasmette i pensieri del personaggio al lettore, però fa anche degli interventi, perchè quando dice: “with more quickness of observation and less pliancy of temper than her sister” qui sentiamo che la voce narrante si è posta invece in una condizione di giudizio nei confronti del suo personaggio. Per cui siamo di fronte a un comportamento vario e variabile, dove la voce narrante entra ed esce dai personaggi con grande agilità, fornendo anche informazioni molto oggettive, come quelle che seguono sulle caratteristiche sociali delle sorelle Bingley. Dalla frase che comincia con “They were rather hansome in poi...” si sente abbastanza distintamente che ci stiamo staccando dal punto di vista di Elizabeth per entrare in un’area in cui prevalgono le informazioni oggettive che vengono offerte direttamente dal narratore. E quindi ci troviamo in quest'altro territorio della sua azione onnisciente, che ne sa più del personaggio perché in grado di giudicarlo, ma è anche in grado di fomire qualsiasi tipo di informazione e spiegazione sul mondo; per questo si parla di focalizzazione zero. Tornando alla costruzione graduale del personaggio di Elizabeth, possiamo dire che è progressivamente forgiato attraverso questi inserti di focalizzazione interna ancora molto rapidi (su cui il narratore non si sofferma a lungo) ma molto importanti e poi attraverso i commenti che il narratore offre su Elizabeth e i dialoghi. I dialoghi sono molto importanti nella costruzione del personaggio, perché apprendiamo molto su Elizabeth ascoltandola dialogare con i suoi parenti, amici e conoscenti e del suo stile di conversazione (modo in cui parla e si rapporta attraverso la sua voce). Abbiamo pause riflessive (dove il narratore si sofferma sui suoi pensieri/riflessioni/commenti sul personaggio) che si alternano al dialogo per fornire elementi utili alla costruzione del personaggio. Come ci si aspetta guardando al titolo del romanzo, il tema dell’ORGOGLIO è fondamentale in Pride and Prejudice e costituisce uno degli aspetti più significativi che permettono di inquadrare il personaggio di Elizabeth. Nel capitolo 5° ci troviamo di fronte a un dialogo piuttosto carico di informazioni, ma soprattutto di elementi caratterizzanti per comprendere la prospettiva che Elizabeth ha sul tema dell’orgoglio. Oltre ad aver commentato con la sorella Jane gli accadimenti del ballo e le nuove persone con cui hanno fatto conoscenza, Elizabeth è impegnata in una importante conversazione con l’amica Charlotte Lucas, colei che poi sceglierà di immolarsi per potersi sistemare dal punto di vista matrimoniale, andando in sposa a Mr. Collins, pur non chiaramente amandolo. Charlotte Lucas è un personaggio significativo nel romanzo, perché rappresenta un punto di vista diverso, non solo sul matrimonio, ma in generale sulla società e sui comportamenti delle persone. In particolare le due amiche stanno commentando il comportamento di Darcy, la 21 cui superbia e freddezza ha destato tanta impressione nel vicinato e nella famiglia (addirittura snobbava il consesso in cui si era ritrovato quasi malvolentieri quella sera al ballo). Le due giovani donne discutono sull’argomento dell’orgoglio (pride) associato a Darcy: e “His pride”, said Miss Lucas “does not offend me so much as pride often does, because there is an excuse for it. Once cannot wonder that so very fine a young man, with family, fortune, everything in his favour, should think highly of himself. If I may so express it, he has a right to be proud”. è “That is very true”, replied Elizabeth, “and I could easily forgive his pride, if he had not mortified mine”. I due punti di vista dell’orgoglio che mette in evidenza questo scambio di opinione tra le due amiche: Miss Lucas sostiene che Darcy abbia tutto il diritto ad essere orgoglioso e a manifestare così pubblicamente il suo orgoglio, perché mentre in altri casi la manifestazione e l’esibizione di orgoglio può risultare sgradevole e offensiva, in questo caso è una sorta di naturale emanazione della condizione di privilegio in cui si trova questa persona. Darcy è un giovane, raffinato, di bell’aspetto, di ottima famiglia, di ottime sostanze (molto ricco e ben collocato dal punto di vista della appartenenza familiare), con tutto in suo favore. Charlotte pensa: perché un uomo in una tale condizione non dovrebbe avere un’opinione così elevata di sé? “Lui ha il diritto di essere orgoglioso”. Quello di Miss Lucas, è un giudizio influenzato dall’opinione condivisa e soprattutto ritiene che esistano delle differenze naturali tra le classi sociali, esiste un naturale diritto ad esprimere l’orgoglio da parte di una persona appartenente a una classe sociale così elevata come quella di Darcyd fondamentalmente IL SINGOLO E’ ESPRESSIONE DELLA SUA COLLOCAZIONE SOCIALE. La sua è un’opinione conservatrice, da Ancien Règime: il singolo è per collocazione divina e naturale inserito in una certa casella della società. La società è strutturata in maniera rigida e tu nasci in una condizione e muori nella stessa condizione, con poche possibilità di variare questo destino innato. La sua è una visone statica del rapporto fra il singolo e l’ambiente sociale. In qualche modo Charlotte giustifica la propria condizione di inferiorità. Elizabeth, al contrario, sembra veicolare una visione molto più moderna del rapporto fra il singolo e l’ambiente sociale: si pone sullo stesso piano dal punto di vista del suo diritto a rivendicare l’orgoglio. Elizabeth è rappresentante di una classe sociale inferiore rispetto a quella di Darcy e quello che sostiene è che non devono esistere differenze nella considerazione che hanno di sé le persone e degli altri. Lei trova intollerabile che questo orgoglio e sprezzo nei confronti di chi è considerato inferiore sia stato espresso pubblicamente e quindi c’è una rivendicazione progressista e democratica, anche perché c’è un’ ulteriore declinazione del soggetto: Elizabeth sta parlando sì di sé stessa ma è anche una donna e c’è una rivendicazione di eguaglianza che non è scontata (ricordiamo anche la battuta maschilista di Mr. Bennet a inizio romanzo). Nella gerarchia sociale non esiste solo un fattore di classe, ma anche un fattore di genere. E’ un affermazione forte la sua. Cè 22 classe. Appartenendo a una classe sociale inferiore a quella di Darcy, può darsi che Elizabeth non abbia avuto l’opportunità di trovarsi in un ambiente dove pullulavano questo tipo di donne. Del modo in cui Elizabeth esprime la sua opinione ci colpisce soprattutto la franchezza e lo spirito contrappositivo. Tuttavia, nel contenuto/significato/messaggio della sua affermazione troviamo degli elementi interessanti per mettere a fuoco il modo in cui Elizabeth pensa all’identità femminile/all’essere donna e al modo in cui si rapporta/si incarna con questa identità. Questa opinione così forte cosa ci suggerisce rispetto al modo in cui Elizabeth pensa all’identità femminile e nel modo in cui lei stessa la mette in pratica vivendola sulla sua pelle? L'osservazione di Elizabeth sembra una negazione, quasi un desiderio di opporsi/contrastare l’opinione altrui, ma in realtà possiamo leggere in questa opinione una volontà affermativa, un controideale che suggerisce il rifiuto di essere inquadrata sotto un’ etichetta e, quindi, una volontà di affermare un’idea di femminilità più aperta/flessibile, non irrigidita da aspettative e da etichette. Vedremo poi come entra in gioco questo tipo di RIFLESSIONE METANARRATIVA nel tema del romanzo, vale a dire come si definisce l’identità femminile in Pride and Prejudice. Sembra in qualche modo quasi una riflessione che il romanzo fa sudi sé, su quello che sta compiendo, mostrando attraverso Elizabeth un modello alternativo a quello suggerito dall’ideale di Darcy. Abbiamo perciò di nuovo una prova della capacità di Elizabeth di fornire giudizi molto taglienti, opinioni repentine, affascinanti anche per la loro capacità di mettersi a confronto con una figura per certi versi minacciosa come quella di Darcy (è un personaggio di una certa caratura, anche fisica. Spesso descritto come molto alto, imponente), con tutte le sue specifiche sociali e caratteriali che conosciamo. Tuttavia questo atteggiamento, per quanto affascinante e intrigante, è spesso il frutto di una fretta eccessiva nel formulare opinioni e giudizi da parte di Elizabeth e anche di un orgoglio che a sua volta ha tratti sproporzionati. Per orgoglio in questo caso intendiamo una considerazione di sé e della correttezza delle proprie convinzioni da parte di Elizabeth. Quindi ci sono entrambi questi aspetti nella modalità che mette in campo Elizabeth, soprattutto attraverso i dialoghi le conversazioni in questa fase della narrazione. Viene messo a fuoco, anche in maniera più diretta e manifesta, il meccanismo che presiede alla formulazione da parte di Elizabeth di giudizi un po’ troppo affrettati e come tali, di fatto, non corretti. Vediamo nel capitolo 10° un esempio di questa dinamica psicologica: CHAPTER 10: e Mrs. Hurst sang with her sister, and while they were thus employed, Elizabeth could not help observing, as she turned over some music-books that lay on the instrument, how frequently Mr. Darcy's eyes were fixed on her. She hardly knew how to suppose that she could be an object of admiration to so great a man; and yet that he should look at her because he disliked her, was still more strange. She could only imagine, however, at last that she drew his notice because there was something more wrong and reprehensible, according to his ideas of right, than in any other person present. The supposition did not pain her. She liked him too little to care for his approbation. 25 Ci troviamo sempre nello stesso contesto, siamo ancora in questa serie di capitoli dedicati alla visita da parte di Elizabeth e Jane a Netherfield. Dopo una conversazione efficace e non priva di polemica in cui Darcy è stato criticato e punzecchiato da Elizabeth, tipicamente Elizabeth si trova a essere l’oggetto dello sguardo di Darcy. Darcy è un po’spiazzato da lei ma allo stesso tempo è fortemente attratto e non può impedirsi di guardarla. Accorgendosi di questo sguardo, Elizabeth lo attribuisce al fatto che lui debba trovare dei motivi di condanna/difetti nel suo modo di vedere/comportamento. Elizabeth pensa di essere ai suoi occhi un oggetto di critica e riprovazione. Tuttavia questa supposizione non le causa dispiacere, perché Darcy le piaceva troppo poco per preoccuparsi della sua approvazione. Ecco il tipico modo di ragionare di Elizabeth: si forma un’idea e poi crede nella sua verità traendone delle conseguenze e comportandosi di conseguenza. Elizabeth però sbaglia nell’attribuire all’altro dei pensieri/delle convinzioni nei comportamenti, che sono in realtà il frutto di una sua impressione(ecco il legame con il titolo originario del romanzo, “Prime impressioni” > motto di Jane Austen= attenzione a soffermarsi sulle prime impressioni). La Austin ci mostra, attraverso Elizabeth, a quali errori può condurre il soffermarsi sulle prime impressioni (superficiali e scorrette) che, in quanto tali, possono condurre a errori di comprensione e sfiducia nell’altro. Ci troviamo, pertanto, di fronte a un personaggio ricco di qualità, virtù, interesse e motivi per essere ammirato (Elizabeth), ma al tempo stesso ricco di difetti e lacune caratteriali. Questo personaggio così ricco e così sfaccettato lo possiamo definire come un ORGANISMO VIVENTE (l'essere veritieri/la verosimiglianza di questo modo di presentare questo carattere risulta dal fatto che sembra che questi elementi, che danno vita alla personalità, siano mobili, flessibili, in grado di mutare). Questo tipo di personaggio, nel quale la propensione a sbagliare fa parte della crescita personale, è una delle caratteristiche fondamentali della plasmabilità del personaggio, della sua mutevolezza e capacità di essere ricettivo e non definito da ruoli fis: questo paragone con l’ideale dell’accomplished woman. Franco Moretti definisce questo tipo di personaggio assolutamente “emblematico” del romanzo di formazione, ma non limitato al romanzo di formazione come PERSONAGGIO POLIPARADIGMATICO, e più precisamente lo qualifica come un’entità definita da tratti molteplici, eterogenei al limite contradditori tra di loro. Prevale dunque l’idea che questo tipo di personaggio sia un organismo vitale e variabile, pieno di tratti che non necessariamente sono in simmetria/equilibrio e —che non necessariamente sono immediatamente leggibili, producendo una personalità facilmente definibile attraverso tratti fissi. Questo tipo di personaggio (poliparadigmatico) ha una premessa/precondizone che risiede nelle nuove accezioni di significato che assume il concetto di personalità nel passaggio tra ‘700 e ‘800, periodo cruciale della scrittura del romanzo di Jane Austen. Come muta il concetto di personalità a cavallo tra i due secoli? Il suo contenuto semantico cambia proprio in questo periodo andando a designare un individuo unico. Per personalità si comincia a intendere l’unicità dell’individuo, un tratto distintivo che rende l’individuo unico e insostituibile. L'altro tratto di significato di questa nuova versione del concetto di personalità è che tale unicità non dipende da un’ attività specifica un occupazione singola o 26 , come suggeriva caratteristica che impegna l’individuo, ma vi è una sorta di paradosso in gioco. L’io moderno (che corrisponde a questa nuova definizione della personalità) sente che nessun mestiere/lavoro arriva veramente a esprimere appieno la sua personalità, perché la personalità è troppo poliedrica e sfaccettata. Moretti la definisce UN IDOLO SEMPRE INSODDISFATTO. Niente di tutto quello che può fare un individuo (come occupazione, ruolo, compito che svolge) può definirlo completamente, in quanto la personalità è un pozzo incolmabile dove tutto ciò che fai/esperisci/vivi/senti e pensi serve a sviluppare questa personalità come organismo vivente e inesausto/inesauribile/. Quindi tutto è funzionale allo sviluppo della personalità, che si installa al centro della vita quotidiana. Da qui anche l'importanza della vita quotidiana per il romanzo. E proprio in base a questo principio per cui nulla definisce in maniera totalizzante la personalità, ma la personalità è attratta da tutto ciò che la circonda per trarne linfa vitale. E proprio in base a questo principio, tutto ciò che sta attomno all’individuo diventa una sorta nutrimento vitale e quindi entra a far parte della sua orbita; la personalità diventa una sorta di entità vorace e insaziabile che tende a ricomprendere tutto dentro di sé, dilagando. Moretti aggiunge che “la chiave della personalità moderna-come quella della sua sfera d’azione quotidiana-non la troveremo tanto in attività specifiche, quanto in una peculiare disposizione d’animo. La disposizione d’animo che definisce la personalità moderna è tale per cui in ogni occupazione s’infiltra, la rimugina, la rivaluta, la osteggia, si sforza di renderla consona allo sviluppo individuale come ATTIVITA’ DISPIEGATA”>L’idea che tutto sia funzionale alla crescita della persona. Se accogliamo questa interpretazione da parte del critico, molto ricca e fruttuosa, capiamo anche qualcosa di più della tecnica narrativa tipica di Jane Austen, ovvero questa funzione del narratore onnisciente che però sa anche selezionare un punto di vista del suo personaggio d’elezione (Elizabeth), mostrando come la mente/psiche/coscienza/animo della protagonista sia sensibile a tutto ciò che le accade e che sia in grado di analizzare gli eventi, le proprie sensazioni/pensieri e di processare il vissuto in maniera molto minuta, soppesando, valutando e giudicando. Questo tipo di attività interiore molto ricca e fine la ritroviamo dispiegata attraverso queste pause riflessive che costellano il romanzo di Jane Austen, che però sono un tipico tratto narrativo del romanzo 800esco in generale. (0:42:30) Possiamo cominciare ad affrontare quest’altro aspetto della narrativa della Austin legato al TEMA DEL CAMBIAMENTO E DELLA CONOSCENZA DI SÉ, che è un po” l’obiettivo del romanzo, attraverso la messa in luce del modo in cui si interpreta, si declina e si supera l’orgoglio e il pregiudizio. Nell’economia del romanzo, così come in quasi tutti i romanzi di formazione, almeno secondo quell’intreccio archetipico che metteva in luce Buckley, cruciale nel romanzo è il tema del viaggio o meglio della separazione fisica dell’ambiente noto/familiare, così come dagli affetti familiari che si trovano nel luogo di partenza. Quindi l’importanza della condizione della separazione ai fini dell’innescamento del meccanismo della crescita. Anche Elizabeth, al fine di compiere il suo viaggio di formazione, si stacca di casa e compie un viaggio, fatto di nuove esperienze e scoperte: Fondamentalmente il suo viaggio è costituito da una serie di tappe che prevedono anche un ritorno. Inizialmente fa visita all’amica Charlotte Lucas, la quale si è trasferita nel Kent a seguito del matrimonio 27 Ecco dunque come viene descritta la reazione provata da Elizabeth quando entra nella casa e vede il panorama esterno dall’interno. E° molto interessante il modo in cui la voce narrante ci restituisce la natura di quest'esperienza vissuta da Elizabeth per due aspetti: innanzitutto perché sono mescolati aspetti diversi nella reazione di Elizabeth + potremmo definirla una reazione estetica, in quanto la giovane si dispone ad apprezzare la bellezza con la quale si mette a confronto. Tuttavia non è una reazione estetica in senso stretto nella misura in cui questo suo accostamento al bello non è fine a sé stesso, ma le permette di ricevere delle impressioni/informazioni/un messaggio che ha in realtà a che fare con le relazioni con le persone. Quest’ apprezzamento estetico si carica di una dimensione etica. La mescolanza di queste due componenti è perfettamente tradotta dall’uso di un aggettivo che ricorre con frequenza, “HANDSOME”, che è particolarmente importante in questo passo. Possiamo notare come la voce narrante dal punto di vista di Elizabeth descrive l’esterno (paesaggio, gli elementi della natura) e l’intero. Nel passo è utilizzato il termine “beautiful” e “beauty”, però anche “handsome”. Beautiful viene usato esclusivamente per descrivere la natura, mentre le case, la stanza e il mobilio sono invece “handsome”. Perché questa differenza? Ci sono persino tre ripetizioni dell’aggettivo handsome, per esempio quando Darcy viene descritto dalla governante per 4 volte in 10 righe verrà ripetuto il termine “handsome” per designarlo. “Beautiful” si applica alla natura, mentre handsomeness descrive l’interno della casa e poi si applicherà alla persona. “Handsome” parte da un significato che nel XVI secolo si riferisce alla facilità di un oggetto di essere maneggiato/manovrato, per arrivare a indicare, nel XVII secolo, una bellezza non minacciosa, non sconcertante, non autonoma, ma relazionale, che esprime il legame fra il singolo e il suo contesto. Una nozione di bellezza che racchiude un ideale di aurea è una bellezza più orientata alla piacevolezza, che esprime questo luminoso legame tra le cose, gli oggetti e le persone. Franco Moretti, riflettendo su questo aggettivo, parla del “miracolo del gusto 700esco”, dove l’arte è ancora presente nella vita quotidiana, non si è ancora insediata nel mercato, non è ancora soggetta proporzione. Quindi “Handsomeness” alla legge della domanda e dell’offerta, ma si dispiega ancora all’interno dei luoghi vissuti e dei ritmi della vita (architettura e pittura soprattutto). E infatti poi Elizabeth compirà una visita all’interno della casa apprezzando la galleria dei ritratti, soffermandosi in particolare su una statua che ritrae Darcy che le permette di apprezzare la somiglianza e cominciare a mutuare il suo punto di vista su Darcy. E’ proprio questa bellezza che viene riconosciuta nel contesto domestico e che innesca una riconsiderazione del rifiuto di Elizabeth della proposta di Darcy. E’ proprio questa visita e questa reazione etica-estetica che Elizabeth esperisce che le fa pensare che avrebbe potuto essere la moglie di Darcy. E’ da qui che parte poi il processo in cui Elizabeth si mette sotto accusa (lo aveva già fatto prima, perché nel capitolo 36°, a seguito dei chiarimenti di Darcy, Lizzie sottopone a critica il suo punto di vista precedente, arrivando quasi ad autodenigrarsi): Chapter 36: She grew absolutely ashamed of herself. Of neither Darcy nor Wickham could she think without feeling she had been blind, partial, prejudiced, absurd. "How despicably I have 30 acted!" she cried; "I, who have prided myself on my discernment! I, who have valued myself on my abilities! who have often disdained the generous candour of my sister, and gratified my vanity in useless or blameable mistrust! How humiliating is this discovery! Yet, how just a humiliation! Had I been in love, I could not have been more wretchedly blind! But vanity, not love, has been my folly. Pleased with the preference of one, and offended by the neglect of the other, on the very beginning of our acquaintance, I have courted prepossession and ignorance, and driven reason away, where either were concerned. Till this moment I never knew myself”. Queste sono le premesse che portano Elizabeth a conoscere l’atro, perché aveva conosciuto sé stessa riconoscendo il suo errore. Qual è un possibile punto di contraddizione rispetto a questo meccanismo che viene inscenato/questa rivendicazione della posizione sociale proposta da Elizabeth? Qui in qualche modo Elizabeth sembra cedere all’ammirazione della superiorità sociale altrui, ma possiamo dire che il meccanismo profondo della narrazione è che Elizabeth, nel momento in cui riconosce la superiorità sociale, al tempo stesso riconosce una superiorità morale, che passa attraverso l’esperienza estetica rappresentata dall’apprezzamento della handsomeness e da altre considerazioni la porteranno ad apprezzare la profondità di Darcy con tutte le sue qualità positive. Questo apprezzamento delle qualità positive comincia con questo apprezzamento della handsomeness: Darcy è un uomo responsabile, ottimo proprietario, cura molto la sua tenuta che considera importante, così come considera importanti le persone che lavorano per lui, tenendo moltissimo al benessere della sorella (“he cares for others”)d tutto ciò è davvero importante per Elizabeth, in quanto lei ha come esempio l’esempio di suo padre che è incapace di prendersi le sue responsabilità, come quando non si oppone al viaggio di Lydia con Wickham, così come non ha gestito bene le sue finanze facendo rischiare le sue figlie di finire in povertà. AI contrario, Darcy si cura del bene altrui, prendendosi appunto le proprie responsabilità. Inizia così il processo di rivalutazione da parte di Elizabeth nei suoi confronti. 5° lezione 09/03/21 Great Expectations (Charles Dickens) Questo romanzo di Dickens appartiene alla fase più matura dello scrittore, nato negli anni ‘10 dell’800 e che muore nel 1870. La fama di Dickens era già grandissima dell’epoca in cui era ancora in vita, celebrato come il romanziere per eccellenza dell’Inghilterra vittoriana nella sua prima fase. Periodo vittoriano: con significato denotativo (quindi periodizzazione storica) vicino al regno della regina Vittoria, un lungo periodo che copre la gran parte del secolo dell’ 800. Inghilterra che vede una crescita dal punto di vista economico e sociale, il PIL della nazione cresce prepotentemente facendo diventare l’Inghilterra come potenza economica e imperiale. 31 Ci sono contrasti sociali che ne appartengono le classi: emergono situazioni di miseria della working class che hanno tutti i pesi della rivoluzione industriale e sono totalmente sfruttati. Una delle piaghe è anche lo sfruttamento del lavoro minorile, che venivano impiegati nelle fabbriche e miniere con ritmi massacranti fino a 14 ore al giorno, dai 5 anni in avanti. C’era anche l’impiego delle donne finalmente. Questo fatto dell’impiego minorile in queste condizioni estreme cominciava a suscitare indignazione e proteste, gli scrittori stessi usano i loro strumenti per svegliare la coscienza dei loro connazionali. Sono gli stessi poeti che prendono parola quindi tramite la scrittura per denunciare questo stato di cose: esempio di Elizabeth Drowning che scrive testi come “The cry of the children”, dove sottolinea la mancanza di coscienza dei connazionali che non si accorgono di calpestare i loro stessi figli. Dickens interviene a sua volta con le proprie opere come “Oliver Twist” (1937) e che denuncia le condizioni dell’infanzia povera e dei bambini degli strati più poveri della situazione londinese e che sono reclutati dalla malavita di Londra. Egli coltiva la sensibilità letteraria per la questione infantile anche per la sua condizione di vita personale dove fu costretto da piccolo a lavorare e anche per denunciare la piaga del secolo. In Great Expectations si tratta il periodo dell’infanzia e gli abusi subiti da un bambino, all’inizio del romanzo ci troviamo nell’Inghilterra rurale dei primi anni dell’800, una fase che ancora non aveva conosciuto la piaga del secolo sopra citata. La prima parte del romanzo, suddiviso in tre sezioni, si colloca in un villaggio del Kent, dove ci sono ritmi pre-industriali. Anche la figura di Joe Gargery rappresenta una figura che sembra far parte della situazione pre-industriale, era un artigiano. Accanto a questa dimensione denotativa c’è anche quella connotativa del concetto di periodo vittoriano: un periodo di ipocrisia, con una ricchezza dal punto di vista letterario, un periodo pudico che si lega anche agli stili dell’abbigliamento e questa necessità di ricoprire le cose che non dovevano apparire alla nudità, apparenze di rispettabilità più che realtà di rispettabilità, una condizione di bigotti e bacchettoni, un gusto per l’esotico. La famiglia è uno dei cardini dove si regge la concezione vittoriana del mondo: Lytton Strachey ci parla del termine “victorian household”, della famiglia non come insieme di persone, ma una istituzione rappresentata da questa casa che la contiene e riflette la sua facciata, ciò che rappresenta dall’esterno in apparenza, una aria di solidità. Ha a che fare con lo status sociale della famiglia ovviamente: rapporti di amore reciproco dove tutti contribuiscono al benessere dell’unità famigliare svolgendo il ruolo assegnato dal loro status. La rispettabilità si tramanda attraverso la famiglia soprattutto. Anche in Dickens la famiglia è centrale, ma anche disfunzionale, ha un ritratto più realistico anche con le sue sofferenze. Raffigura soprattutto classi medie e classi popolari. 32 Torna nella casa di infanzia mostrando riconoscenza ai suoi amici rimasti al villaggio e con la sua nuova sposa che si chiamava Biddy. La fine vede Pip e Estella riuniti in una passeggiata nel giardino della defunta Miss Havisham, con una fine che intende un possibile futuro insieme. In questa trama tumultuosa si trova rappresentato l’affresco di un’epoca, quella vittoriana: con i suoi azzardi, le sue miserie, con il funerale dei poveri e le speculazioni, con avvelenamenti e truffe (cit. Marcus Clarke, un critico). Dickens è stato in grado di rappresentare un’intera epoca. Rappresenta un Bildungsroman che inizia proprio dall'infanzia del protagonista. Capitolo 1: una autopresentazione del protagonista, Philip che scegli di chiamarsi ed essere chiamato Pip. Siamo di fronte a una narrazione in prima persona che si incardina su un protagonista che è un personaggio che agisce nel mondo narrativo. Viene definito OMODIEGETICO questo NARRATORE: il narratore è anche un personaggio che agisce nella storia. Non è un narratore onnisciente di solito, tuttavia Pip spesso assume i tratti del narratore omnisciente e si carica della disponibilità del sapere come quando parla della percezione degli inglesi del successo del loro paese nell’epoca. Non come frutto del bagaglio di Pip, ma come una voce che proviene dall’esterno e in questi stacchi di giudizio o di commento emerge la caratteristica di narratore onnisciente. La voce narrante sta parlando a una distanza temporale notevole dal tempo dell’azione della storia: una NARRAZIONE omodiegetica, ma anche RETROSPETTIVA! Non è la voce di un bambino, è chiaro che è un individuo adulto che sta raccontando. I primi due paragrafi si collocano in uno SPAZIO come EXTRADIEGETICO= fuori dall’azione perché non situati nello spazio tempo del racconto. Questi due paragrafi sono funzionali perché è la presentazione del personaggio, i suoi dati anagrafici (nome, collocazione sociale che si capisce anche dal cognome non alto locato, famiglia, provenienza...). Il fatto che sia sempre identificato con un soprannome come Pip, è un nome umile, continua a riportare l'identità del protagonista alla sua dimensione infantile: è l'ossessione di Dickens di non staccarsi da questa dimensione, si è sempre attratti e attaccati a questo passato. Il fatto che lui sia stato adottato dalla sorella, fa si che Pip sia legato dalla condizione della professione di Joe, il marito della sorella, la quale domina sia lui sia il marito a suon di bacchettate letteralmente. Questi primi due paragrafi danno anche altre informazioni: rapporto assente con i suoi genitori, apprendiamo che è orfano e che non ha nemmeno conosciuto nessuno di loro. Quando cerca di stabilire un legame con i suoi genitori? Va a trovarli al cimitero e l’identità dei suoi genitori cerca di spremerla dalle lapidi. Di fronte alle lapidi della sua famiglia collega le forme delle lapidi e le lettere iscritte con tratti immaginati delle figure dei suoi genitori: le forme delle lettere della madre per 35 esempio gli dava l’idea che fosse una donna lentigginosa e malaticcia o il padre un tipo tarchiato. Una situazione tragica quella del bambino senza genitori effettivi e dove conduce una vita grama con la sorella che ha un atteggiamento cattivo e che lo maltratta picchiandolo e dicendogli che è un peso per lei. Dickens espone questa profondità psicologica nel ricordare e riprodurre una tipica modalità di pensiero infantile di formazione di immagini attraverso la fantasia. Questo viene riconosciuto da George Orwell che afferma che Dickens è l’unico ad aver rappresentato questa modalità infantile in maniera così realistica. Troviamo altre informazioni ancora: il fatto delle mani in tasca che immagina Pip dei bambini morti, suoi fratellini morti insieme ai genitori, vuole farci capire che hanno rinunciato a combattere in questa lotta universale per la vita, ma quello che colpisce è il cambio di registro. Vediamo questi bambini con le mani in tasca, una visione che ci fa sorridere e sono in un contesto molto serio e triste. Troviamo questo elemento dello humor, Dickens ha la capacità di muoversi abilmente nei registri. Ci fa passare da una condizione emotiva all’altra e non appesantisce il racconto tenendo sempre un registro triste, nonostante siano situazioni dure. 6° lezione 12/03/21 Consideriamo il terzo paragrafo del 1° capitolo, che fa fare un ulteriore avanzamento nella visione che il lettore ha del protagonista Pip, si tratta di una visione in senso letterale/stretto, perché è una visualizzazione che colloca il racconto finalmente in uno spazio-tempo. Avevamo sottolineato che i paragrafi precedenti avevano un carattere extradiegetico, quindi si collocavano al di fuori dello spazio-tempo del racconto. Qui invece, a partire dal terzo paragrafo, ci ritroviamo ad allargare lo spazio su un luogo in particolare con caratteristiche molto specifiche vi sono delle specifiche ambientali che vengono fornite con precisone dalla voce narrante: CHAPTER1 e Ours was the marsh country, down by the river, within, as the river wound, twenty miles of the sea. My first most vivid and broad impression of the identity of things, seems to me to have been gained on a memorable raw afternoon towards evening. At such a time I found out for certain, that this bleak place overgrown with nettles was the churchyard; and that Philip Pirrip, late of this parish, and also Georgiana wife of the above, were dead and buried; and that Alexander, Bartholomew, Abraham, Tobias, and Roger, infant children of the aforesaid, were also dead and buried; and that the dark flat wilderness beyond the churchyard, intersected with dykes and mounds and gates, with scattered cattle feeding on it, was the marshes; and that the low leaden line beyond, was the river; and that the distant savage lair from which the 36 wind was rushing, was the sea; and that the small bundle of shivers growing afraid of it all and beginning to cry, was Pip. * ‘Hold your noise!’ cried a terrible voice, as a man started up from among the graves at the side of the church porch. ‘Keep still, you little devil, or I'll cut your throat!” Presentazione non più del personaggio all’infuori di uno spazio-tempo, ma una collocazione precisa del luogo e del tempo in cui si colloca l’azione, che prende le mosse dall’individuazione del protagonista Pip, che viene definito “un fagottino di brividi” e del dialogo che si avvia a partire dall’esclamazione di questa “terribile voice”, che si scoprirà poi essere quella del prigioniero galeotto evaso. L'ambiente ci viene descritto con un certo dettaglio: questa campagna paludosa che si colloca geograficamente all’estuario del Tamigi, a circa 30 chilometri dal mare e che possiamo riconoscere come un territorio collocato nel Kent del Nord (regione dell’Inghilterra del sud), sebbene questa precisa informazione geografica non venga fornita qui. Notiamo che abbiamo specifiche molto precise in questa descrizione, ci viene detto appunto che si tratta di un freddo pomeriggio, volgeva la sera, si trattava di un posto piuttosto squallido, quasi soffocato dalle ortiche, in quanto il personaggio si trova esattamente collocato in un cimitero, lo stesso di cui parlava più genericamente nei paragrafi precedenti. Tuttavia notiamo che, a differenza della trattazione ancora più precisa, quasi letterale dell'ambiente londinese (quando poi l’azione del romanzo si sposterà nella metropoli), qui non ci vengono date informazioni dettagliate, come per esempio sul nome del villaggio o della regione. Pertanto si tratta di una descrizione che individualizza il paesaggio, ma al tempo stesso non presenta quella medesima veridicità/volontà di essere veritieri e precisi con cui Dickens invece riporta i luoghi di Londra e addirittura le strade, che sono proprio riconoscibili come se si trattasse di una mappa che possiamo tenere sott'occhio per capire gli spostamenti dei personaggi e comprendere dove con grande forza di dettaglio avviene la storia. C'è quindi una diversa trattazione della campagna rispetto alla città nel grado di dettagliamento delle informazioni geografiche. Senz'altro ci troviamo di fronte a un restringimento della prospettiva® quindi il territorio, queste campagne paludose (the marshes) che caratterizzeranno in toto questa zona in cui cresce Pip, poi il cimitero (restringimento progressivo), le tombe dei genitori e poi Pip davanti alle tombe dei suoi genitori e dei suoi fratelli. Questo è un tipico procedimento da romanzo dell’800, ne parla con grande abbondanza di osservazione Guido Mazzoni nel suo saggio Teoria del romanzo nel capitolo “Il paradigma ottocentesco”. E” proprio una sorta di presentazione standard che solitamente apre i romanzi 800eschi diventando paradigmatica di questo genere narrativo. E° come se si aprisse una quinta di scena in uno spazio-tempo inquadrato con precisone e, una volta che sono state fornite queste coordinate spazio-temporali/ una volta che è stato individuato il quadro dell’azione, ecco che i personaggi cominciano a parlare. Questo avviene anche ne / Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (il romanzo qui prende avvio con un’ampia visione del paesaggio in cui si colloca il paese brianzolo dove abitano Renzo e Lucia, i due promessi sposi). Viene ritratto il primo incontro tra Pip e questo misterioso personaggio, identificato inizialmente attraverso la sua voce terribile, e che immediatamente rivolge al povero bimbo 37 DESCRIZONE IMMERSIVA, perché ci sembra di entrare a pieno titolo nello spazio in cui ci troviamo contatto con questo personaggio, lo vediamo, ne sentiamo vicini tutti i dettagli che lo caratterizzano. Questa capacità è tipica di Dickens, ossia quella di creare sin da subito/dalla prima descrizione dei ritratti fortemente individualizzati dei personaggi con pochi gesti caratterizzanti. Per esempio Pip, a questo punto del suo sviluppo, è un “bundle of shivers” e si fissa questo particolare; e spesso poi torna Dickens su dettagli fisici o gesti che caratterizzano un personaggio. Però, appunto, è quasi “sovraccarica” questa descrizione. Questa abbondanza e quasi esagerazione del dettaglio che crea un effetto patetico che ci permette di entrare anche in relazione emotiva col personaggio del galeotto, e quindi di affiancare all’effetto del terrore/paura che suscita anche un’emozione diversa come quella della pietà, tutto questo insieme di effetti creati dalla descrizione si basa dal punto di vista tecnico su una figura retorica, lANAFORA, ovvero la ripetizione a inizio verso/frase delle stesse parole. Abbiamo questa successione di “end”,“who”> viene ripreso lo stesso sintagma, in questo caso la frase relativa o la stedsa sequenza con la correlazione della particella copulativa, creando una sorta di effetto sonoro che ha una qualità incantatoria e che assume una dimensione quali lirica/poetica. Quindi vi è un’ attenzione molto intensa alle modalità di presentazione del materiale narrativo con uso di figure retoriche e creazione di effetti e che rende il testo di Dickens particolarmente adatto ad essere letto ad alta voce+ c’è una qualità proprio di “auralità” che ha il romanzo che ci fa capire molto bene come fosse un tipo di lettura favorita dalle famiglie dell’800, le quali si sedevano attorno al tavolo del salotto a leggere Dickens tutti insieme; c’è proprio una qualità oratoria che vediamo qui perfettamente rappresentata da un passo come quello che stiamo analizzando. Sempre però pensando alla funzione realistica della caratterizzazione, perché abbiamo sempre queste due dimensioni: REALISMO e EFFETTI ALTRI, che vanno in direzioni plurime, dal terrore, al pathos, alla pietà alla comicità. Una delle caratteristiche della dimensione realistica della narrazione (che poi la narrazione si trasforma in dialogo) è rappresentata dall’attenzione con cui Dickens riproduce il parlato/lo stile orale dei personaggi. Nella slide sono segnalate in rosso le infrazioni all’inglese standard. Queste espressioni sono indice del fatto che Magwitch è un uomo appartenente agli strati più bassi della società, non si esprime correttamente: le “V” le pronuncia come “W”; “ain’t” sta per “isn’t">le persone espresse con “ain’t” invece di venire coniugate secondo il riferimento al soggetto + altre particolarità dello slang in cui si esprime l’uomo+ questa attenzione al modo in cui si esprimono i personaggi, a partire dalla loro collocazione nella scala sociale, sarà un tratto fondamentale del romanzo. I (V)Wittles sono viveri/cose da mangiare che Magwitch impone a Pip di portargli l'indomani insieme a una lima, quando viene a scoprire che il suo patrigno è un fabbro e obbligherà Pip a trasgredire agli ordini in famiglia e ad associarsi per sempre al galeotto, soddisfando le sue richieste. Questa volontà di riprodurre correttamente le modalità espressive dei personaggi a seconda della loro collocazione sociale rientra nella funzione realistica della narrazione, mentre poco realistica o in maniera più problematica appare il prosieguo della caratterizzazione del personaggio di Magwitch, nel momento in cui convince Pip a portargli quello di cui 40 necessita, lo minaccia in maniera molto dettagliata: fa un lungo discorso in cui comunica a Pip di essere accompagnato da un giovane uomo che è nascosto lì vicino tra cespugli e se il bambino non eseguirà gli ordini Magwitch lo mangerà vivo, con dettagli sul modo in cui lo sventrerà, si ciberà del suo fegato, ricordandogli che non po’ dormire tranquillo in nessun modo. Questa scelta da parte di Dickens nel proseguire nella caratterizzazione di Magwitch come personaggio spaventoso, inquietante e terrificante agli occhi di Pip, si basa su questo discorso che appare fondamentalmente esagerato; l’evocazione di questo giovane cannibale che si impadronirebbe di Pip sottoponendolo a torture sembra da parte di Dickens una sorta di scelta di caricare in maniera esasperata quegli effetti che erano stati avviati nella caratterizzazione del personaggio di Mggwitch. George Orwell, in un saggio su Dickens, sostiene che qui Dickens si fa prendere un po’ la mano in passi emblematici come questo. Vi è più volte, nel corso del romanzo, questa sorta di effetto deformante che la prosa realistica di Dickens comincia ad assumere quando l’autore si fa in qualche modo prendere la mano, viene sopraffatto dalla sua stessa immaginazione fervida; perché non è tanto realistico che un uomo come Magwitch si lasci andare a parlare in questi termini, evocando un irrealistico banchetto cannibale. Il realismo di Dickens ha dei limiti nel momento in cui appaiono questi effetti deformanti. E in questo caso sembra che il personaggio di Magwitch si trasformi in sorta di orco nell’immaginazione del bambino. Uno dei temi centrali del primo capitolo: interazione tra Magwitch e Pip ed effetto di pietà e terrore ma anche richiesta del galeotto che si incentra sul bisogno del cibo; egli ha bisogno di mangiare, è affamato; altra cosa è il richiamo al fatto di mangiare Pip, quindi l’evocazione della paura di essere mangiati che è tipica dei bambini ed evocata in tantissime fiabe; quindi la paura di non avere abbastanza da mangiare e di essere mangiati è centrale nel primo capitolo. Che cosa ci dice questo sullo scrittore, sul romanzo e in generale sull’importanza che certi temi assumono in Dickens? Il tema orale > Oral Dickens è il titolo di un saggio di Ian Watt, lo stesso critico che ci ha spiegato le caratteristiche del romanzo realistico 700esco inglese nella sua prima fase. In questo saggio Watt porta l’attenzione sulla centralità e sulla ricorrenza del motivo del cibo in maniera coinvolgente e significativa in Great Expecations ®fin dal primo capitolo troviamo accenni all’importanza della funzione orale. Parlare ma anche mangiare. Il cibo risulta essere un motivo ricorrente che assolve a una funzione realistica. Perché? Le varie classi sociali mangiano tutte in un certo modo, diverso le une dalle altre. Il cibo è un fattore di differenza e di distinzione sociale; per esempio un personaggio nelle condizioni di Magwitch è affamato perché si trova in una condizione di estrema depravazione e questo in ottemperanza alla sua origine sociale, che è la povertà estrema. Quindi classe popolare povera al punto di non avere cibo a sufficienza per sostentarsi; infatti quando Magwitch approfondirà il suo racconto su di sé a Pip, al momento del suo ritorno sulla scena a Londra, 41 farà proprio riferimento al fatto che la sua carriera di criminale è iniziata col bisogno di rubare le rape per tirare avanti da bambino. Quindi il grado zero della scala sociale. Tutti mangiano in una certa maniera in Great Exprectations : nella classe degli artigiani a cui appartiene Pip si mangia pane e formaggio e si beve birra (inizio romanzo), anche i bambini. Quando Pip si trasferirà a Londra inizierà a confrontarsi con un modo diverso di mangiare, con pietanze diverse servite in una certa maniera, per esempio su vasellame, con l’utilizzo di posate molto più numerose, difficili da gestire e da utilizzare correttamente per chi non ha ricevuto un’educazione nella classe borghese o altoborghese. Ed ecco che l'educazione di Pip a Londra passerà anche attraverso descrizioni che ci vengono fomite del modo in cui sbaglia mangiare e viene ripreso in maniera affettuosa dall’amico Herbert Pocket+ il buon gentiluomo è attento a non fare infrazioni al bon ton ed necessario rispettare delle regole nel modo in cui si mangia. Serie di riferimenti precisi ai cibi raffinati che si presentano sulla tavola di Pip in questa fase del suo avanzamento sociale. Perciò attenzione a questa dimensione realistica nel trattamento del tema del cibo. Le classi diverse si rapportano al cibo in maniera diversa. Accanto a questa dimensione c’è anche una funzione simbolica importante svolta dal cibo: in Great Expectations tutti i personaggi in larga parte positivi, come Pip, Joe (il marito della sorella), Wemmick (l’impiegato dello studio legale di Jaggers, che diventa amico di Pip), Herbert Pocket (il miglior amico di Pip) e lo stesso Magwitch sono tutti personaggi “good guys” che amano al tempo stesso il buon mangiare e il buon bere e si caratterizzano per una capacità di condividere questa funzione del mangiare e dell’offrire cibo. In questo modo mostrano la loro considerazione per gli altri. Lo stesso Pip nel 1° capitolo accoglie la richiesta di Magwitch portandogli del cibo che ruba dalla dispenda della casa dove vive e di cui ci viene fornita una descrizione dettagliata: il pasticcio di carne fatto in un certo modo, la pagnotta cucinata in un certo modo... Si scoprono anche dettagli interessanti sul modo in cui al tempo mangiavano gli inglesi. In questa fase della sua crescita è importante per la caratterizzazione di Pip che egli porti questo cibo a Magwitch. Quando ritorna al cimitero e lo vede mangiare nota che ha mangiato tutto e gli dice con ironia inglese “oh, you see to enjoy your foo” (oh, hai divorato tutto”)®crea un effetto umoristico, perché il terrore del momento che era stato evocato prima da parte di Pip si trasforma in un commento buffo sul fatto che chiaramente Magwitch sta divorando tutto quello che gli è stato portato dal bambino. Magwitch caratterizzato come un divoratore di cibo, ingurgita il cibo voracemente, in maniera quasi animalesca>è la caratterizzazione di Magwitch più precisa: non solo come amante del cibo, ma anche un divoratore di cibo; infatti lo dice il personaggio stesso, riferendosi a perché stesso come “heavy grubber”, uno che afferra/divora il cibo in maniera pesante; ma questo, che è un tratto sgradevole della sua persona e che addirittura arriverà a disgustare/scioccare Pip, quando, tornato sulla scena a Londra, durante la notte di pioggia gli rivela la sua vera identità e Pip gli offre cibo molto raffinato e molto buono e Magwitch lo divora nuovamente> anche in questo caso troviamo una giustificazione al cattivo comportamento di Magwitch come legato da un lato al bisogno primario/essenziale di cibo in quanto 42 Non solo non si fa mai vedere nell’atto di bere e mangiare, ma si ciba in maniera disordinata girando nel suo palazzo di notte e prendendo quello che le capita sottomano. In questo cattivo rapporto col cibo troviamo un sintomo della sua malattia individuale e sociale > incapacità di essere conviviale che è sintomo di rapportarsi in maniera positiva con gli altri. Scelta di lasciare la stanza del banchetto intatta così come si presentava quel mattino delle nozze in cui il suo mondo è crollato. Torta nuziale in decomposizione sul tavolo imbandito, così come cadono a pezzi e vesti dell’abito da sposa in cui è avvolta Miss Havisham, e così come cadono a pezzi le tovaglie, avvolte da ragnatele. Miss Havisham è associata al cibo guasto e nocivo, che è simbolo del suo rapporto malato col mondo. Paure infantili viene evocato il genere horror, la narrazione orientata ad effetti di spavento e terrore, gotica ma anche la fiaba, come si accennava con Magwitch che sembrava un orco (la paura di essere divorati) quindi il codice fiabesco che in alcune interpretazioni del romanzo è la sua vera natura camuffata. Franco Moretti sostiene che dietro le spoglie del romanzo realistico si nasconde una fiaba. Elemento fiabesco in Great Expectations ricorrente: Miss Havisham somiglia a una strega; motivo dell’eredità che sembra provenire dal nulla, come attraverso una magia > pensiamo al nome Magwitch: desinenza witch= designa magia. Ritratto del palazzo decadente in cui vive Miss Havisham, immerso nelle edere; ella è un ibrido nel suo evocare l’immaginario fiabesco come strega che lancia maledizioni nei confronti del mondo. Dal punto di vista di Pip è vista come una madrina buona, una fata. Elementi gotici: l’ambientazione (antica dimora aristocratica, un castello in cui si annidano personaggi misteriosi, fantasmi, in cui circolano segreti inconfessabili). E” un mondo in decadenza anche quello gotico+ Miss Havisham rappresentante di un mondo di confine. La follia è uno dei temi del romanzo gotico, uno stato di mezzo tra raziocinio e squilibrio mentale. Come potremmo definire Great Expectations? Quali sono altri elementi che lo caratterizzano? Una sorta di romanzo di avventura: avventura di Pip che attraversa più mondi vivendo più avventure eccitanti, sensazionalistiche nel momento in cui si incontra il personaggio redivivo di Magwitch — la fuga di Magwitch. Pensiamo anche al ruolo della polizia: Magwitch sfugge alla cattura della polizia, è perennemente in fuga. Ci sono alcuni elementi che riguardano il genere della detective-fiction/mystery, come quella della polizia e del criminale misterioso. Anche un altro genere: quello del romanzo cavalleresco+ con riferimento alla figura di Pip e alle sue fantasie. Nel cpitolo 29 c’è un’esplicitazone da parte della voce narrante di tutte le sue fantasie. Pip finge di essere un cavaliere, che dopo aver sconfitto mostri e draghi sul suo cammino, può felicemente sposare Estella. Così il ragazzo si autoinganna. Attenzione medievale alla figura del cavaliere. Naturalmente Great Exprectations è soprattutto l’incarnazione di un Bildugsroman, con un’attenzione a diverse letture che sono date a questa sua appartenenza. Interpretazioni che entrano anche in collisione tra loro, come vedremo. E’ anche un melodramma+> estroflessione dei gesti e comportamenti dei personaggi, dove prevale l’esagerazione dei sentimenti. Questo è possibile vederli in Great Expectations già 45 dal primo capitolo. Il male è rappresentato nel personaggio di Magwitch così come lo vede Pip in quel momento, fiabesco ma anche melodrammatico nel modo in cui si esprime, esprime tutta la sua cattiveria. Innocenza e malvagità, due principi contrapposti. Altro elemento melodrammatico lo possiamo vedere rappresentato nella parte conclusiva della vicenda, quando Pip torna a casa nel suo tentativo di riscatto riuscito, si confronta nuovamente con Joe e Biddy, che si sono sposati, e qui troviamo una manifestazione estrema dei sentimenti, in cui Pip esprime il suo pentimento in maniera enfatica, ripromettendosi di riportare estrema stima e gratitudine ai suoi cari. 7° lezione 16/03/21 In sintesi, In Great Expectations vige una compresenza di tradizioni letterarie e di genere diverse tra loro, ma quella che rende il romanzo davvero riconoscibile dal punto di vista del genere è il contenitore del Bildungsroman. Facciamo riferimento a Gerome Buckley, il quale parendo proprio da Charles Dickens, aveva elaborato questa sorta di modello archetipico del romanzo di formazione (vedi schema a pg. 10). Schema semplificato che si basava sulla proposta di Buckley relativamente al coming-of- age-novel come imperniato su una storia condivisa e Great Expectations sembrerebbe perfettamente aderire a questo modello, perché troviamo rispettate tutte le tappe della storia di formazione archetipica: siamo di fronte a un giovane che risulta costretto dall'ambiente di provenienza perché provinciale, non sufficientemente aperto, non sufficientemente ricco di stimoli, colto e non sufficientemente elevato dal punto di vista della collocazione sociale e questo è un elemento tipico di Great Expectations, quindi non necessariamente rispecchiato in atri romanzi di formazione, ma senz'altro un elemento che arricchisce questa percezione da parte del giovane ricco di immaginazione, ostacolato dal mondo nel quale è cresciuto. Altro elemento che troviamo in questo romanzo è il fattore del nutrimento dell’immaginazione grazie alla lettura> con riferimento alle fantasie che nutre Pip relativamente alla speranza di essere un giorno unito a Estella come un cavaliere degli antichi poemi cavallereschi che, dopo una serie di vicissitudini e prove che deve superare per mostrare il proprio valore, può sposare la principessa a lui premessa; questo è un esempio della inclinazione tipica di Pip ad essere condizionato/influenzato, molto spinto dalla sua vivida immaginazione letteraria a confondere il piano della realtà con quello della fantasia nella sua fase più fantasiosamente formativa. Possiamo di fatto confermare questa vicinanza di GE al modello archetipico tracciato d Buckley. Anche Pip nutre la propria immaginazione letteraria grazie a una fervida fantasia, nutrendo il proprio desiderio/speranza di cambiamento grazie all’interesse per i libri e per la letteratura. Nella sua prima fase Pip non ha grandi stimoli in questa direzione, perché non ha accesso a un'istruzione di qualità: frequenta una piccola scuola di villaggio che non è assolutamente adeguata a dare una completa frazione scolastica, si tratta di un ambiente molto povero da punto di vista culturale dove c’è una vecchi maestra poco interessata all’insegnamento, dove i bambini poveri che la frequentano non hanno grosse risorse (proprio in termine di libri) a 46 cui accedere. E’ lì che Pip incontra Biddy, che diventerà un punto di riferimento molto importante per la sua vicenda ed è lì che Pip trae alcuni stimoli per la sua immaginazione, ma si tratta di stimoli legati a materiale scadente, come quella canzone popolare a sfondo comico che proprio Biddy, la sua amica, gli insegna a scuola e che Pip imparerà a memoria+ canzone che parla di un non specificato soggetto di sesso maschile che arriva a Londra sperando di diventare un gran signore; Pip, imparando a memoria questa canzone popolare, rivela tutto il suo desiderio di evasione dall’ ambiente di provenienza, ma allo stesso tempo rivela questo tratto che lo distingue come giovane da una fervida immaginazione, che si nutre di storie e di racconti... Siamo proprio all’inizio del capitolo 15° e la voce narrante in prima persona esplicita proprio questo desiderio di migliorarsi dal punto di vista culturale> Dickens usa 2 espressioni a questo proposito: - Mydesire to be wiser - My hunger for information Come dicevamo, i materiali di cui può disporre a questo stadio della sua formazione sono scadenti, ma nonostante questo Pip cerca qualsiasi appiglio per immaginarsi in un altrove e il suo desiderio di cultura è parte integrante di questa spinta al cambiamento di sé; la potremmo definire un esempio di BUONA VOLONTA’ CULTURALE, per usare un termine fornito dalla sociologia, e in particolare dalla teoria sociologica del francese Pierre Bourdieu, per riferirsi a quei soggetti che desiderano elevarsi socialmente anche grazie alla leva dell’istruzione. Pip non ha perché risorse, né grandi opportunità a questo stadio, ma nel momento in cui gli verrà fornita la grande occasione della sua vita, uno dei primi gesti che compirà sarà quello di assicurarsi una buona formazione dal punto di vista dell’acquisizione di strumenti culturali, frequentando la scuola privata gestita dal padre di Herbert Pocket (quello che diverrà il suo migliore amico) e leggendo tutto quello che gli capita a tiro; e in questo momento della sua vita è in grado anche di selezionare materiali di qualità per la sua formazione culturale. Tipicamente Magwitch, il suo benefattore, lo coglierà in quella notte buia e tempestosa in un momento tipico della giornata di Pip, specie collocato nelle ore serali in cui il giovane si dedica alla lettura approfondita di libri. Ciò verrà notato dallo stesso Magwitch che, orgoglioso, sottolinea come l’essere “gentleman” abbia strettamente a che fare con questa distinzione culturale. Altro aspetto dell’intreccio archetipico: troviamo Pip nell’atto di distaccarsi dal villaggio di provenienza nel momento in cui riceve questa grossa somma che lo libera /emancipa dal villaggio, dandogli l’opportunità di trasferirsi nella grande città moderna di Londra>la vicenda di Pip rispetta chiaramente questo momento del distacco. Pip vive esperienze amorose senz'altro trasformative, anche se si tratta sostanzialmente di una vicenda amorosa più importante di altre, che è quella del suo amore nei confronti di Estella, e solo secondariamente aggiungiamo questa sfera della crescita della formazione/cambiamento del protagonista dal punto di vista sentimentale , anche l’interesse per Biddy, che però non si concretizzerà e solo alla fine della vicenda contemplerà 47 FIABESCO in tutti questi romanzi, e senz'altro in Great Exprectations. Secondo Moretti, l’ossatura fiabesca di Great Expectations è molto solida, al punto che Pip non sarebbe altro che un eroe da fiaba che trasgredisce la regola principale della fiaba, ovvero quella di conservare le caratteristiche “common”, anonime, ordinarie, condivise dai più, che sono tipiche delle fiabe, dove il protagonista non è un individuo eccezionale, ma un soggetto/eroe comune in cui tutti possono riconoscersi, persino un bambino. Il peccato di Pip sarebbe quello di rifiutare questo suo destino di “common” e di aspirare ad altro. Fallisce nella sua impresa perché questo desiderio di abbandonare queste qualità “common” in realtà non viene realmente sostituito da una possibilità esistenziale alternativa e quindi, rifiutando queste caratteristiche che lo contraddis vicenda, Pip vede svanire la sua fortuna come fumo al vento. Questa è la tesi di Moretti. Si tratta di un’interpretazione forte, che dà una lettura molto netta sul romanzo di Dickens e che tralascia diversi aspetti che possono essere considerati per pensare in maniera alternativa proprio al modo in cui il Bildungsroman si manifesta in Great Expectations. Tesi che ha avuto una grande fortuna e che tuttavia è stata criticata. Possiamo prendere in considerazione delle critiche che sono state mosse proprio sulla base della lettura di Great Expectations come Bildungsroman che rappresenta anche una realtà economica, cioè un mondo dove l’incarnazione sociale degli individui ha a che fare con la dimensione economica e da cui il loro status sociale dipende strettamente. Quindi se noi andiamo a vedere la dimensione della rappresentazione sociale in Great Expectations, non possiamo prescindere dalle basi economiche di questa dimensione sociale. Però se scegliamo una chiave di lettura che dà particolare attenzione alla rappresentazione del mondo sociale che viene fatta in Great Expectations e in particolare del movimento di ascesa sociale (la traiettoria di Pip è chiaramente orientata all’ ascesa sociale), “upward mobility”) se ci concentriamo su questo e andiamo a vedere anche quali sono altri aspetti che nel romanzo possono essere ricollegati al cambiamento della propria collocazione sociale attraverso la figura del protagonista e altri personaggi che abitano questo mondo sociale, allora dobbiamo però prestare maggiore attenzione al modo in cui nel romanzo viene trasmessa anche la dimensione economica. Fa parte della rappresentazione del cambiamento di status sociale. nguono all’inizio della sua E questa una delle prime critiche che sono state fatte all’interpretazione di Moretti. Egli, infatti, non dà una lettura sufficientemente approfondita del modo in cui il sistema capitalistico viene rappresentato in Great Expectations, perché trascura diversi importanti elementi del romanzo; quello che si può subito rivelare è il fatto che Pip è vero che torna poi al villaggio, ma sappiamo che precedentemente vive 11 anni in Egitto, dove assume una posizione ben definita all’interno della classe manageriale. Dopo la vicenda tumultuosa e rocambolesca del suo ritrovamento di Magwitch e una volta che Magwitch muore e Pip rinuncia al resto dell’eredità, che va a finire nelle mani della corona, come è previsto, si trova coperto di debiti, per poi ammalarsi. E dopo questa esperienza di “downfall”, Pip lo ritroviamo lavoratore e buon cittadino che prende il suo 50 posto accanto all'amico nell’agenzia marittima della quale Herbert è socio (grazie all’intervento di Pip) e Pip lo ritroviamo appunto ad essere un funzionario/manager nell’agenzia, e sceglierà di andare a lavorare nella filiale a Il Cairo. Questo aspetto della vicenda di Pip non viene nemmeno considerato da Moretti, e tuttavia è un esito che non possiamo trascurare, anche perché è strettamente legato al modo in cui sin dall’inizio viene caratterizzata la vicenda di Pip e alla sua appartenenza sociale. Ovvero, ci mostra intanto che Dickens ha un’idea piuttosto definita del sistema capitalistico dell’epoca, in quanto l’agenzia marittima rappresenta chiaramente uno degli spazi di questo sistema, Rappresenta il settore del commercio e dei servizi. Possiamo perciò dire che Pip fruisce di un’ opportunità di mobilità internazionale che viene garantita dal capitalismo britannico di fine ‘800. E qui però siamo alla fine della sua vicenda; ma cosa succede all’inizio? Andiamo a vedere quella che è la collocazione di Pip all’inizio della sua vicenda. Chapter 7: e “WhenI was old enough, I was to be apprenticed to Joe, and until I could assume that dignity I was not to be what Mrs. Joe called ‘Pompeyed’, or (as I render it) pampered”. Sappiamo che Pip è orfano, è stato affidato alla sorella maggiore, Georgiana Maria, che ha sposato un fabbro, Joe Gargery, e ciò sembra quasi far fare un passo indietro alla rappresentazione delle trasformazioni che avevano interessato la società e l'economia inglese nell'epoca in cui Dickens scrive e che invece troviamo rappresentata con più attenzione per esempio all’aspetto dello sfruttamento nelle fabbriche), come nel romanzo di Oliver Twist. Nel mondo del villaggio con cui si apre il romanzo e nel quale ritroviamo Joe come fabbro, sembra che si faccia un passo indietro rispetto alle grandi trasformazioni dell’Inghilterra industriale, perché Joe incarna un mestiere dove lo vediamo padrone del prodotto del suo lavoro, a differenza degli operai della fabbrica che risultano alienati proprio perché contribuiscono solo per un frammento a quel prodotto del lavoro posseduto da altri e su cui non hanno nessun controllo. Joe è fedele a un’etica economica e sociale tradizionale, è contento della sua posizione e non vuole cambiarla, anzi mira a riprodurla facendo fare a Pip lo stesso tipo di mestiere che lui stesso ha ricevuto in eredità dal padre; rappresenta una prospettiva del mondo del lavoro molto tradizionale, dove rimani nella posizione che ti è stata assegnata. Questo è per Joe il modo naturale a di guardare al proprio lavoro e anche alla propria collocazione sociale; è naturale che avvenga così. Joe è rappresentante di un mondo del lavoro che non è stato toccato dagli imperativi del capitalismo come la competizione, la massimizzazione dei profitti o l’accumulazione del capitale... E tuttavia non possiamo dire che Joe rappresenta il mondo rurale preindustriale, in quanto Great Expectations: è collocato dal punto di vista del contesto temporale all’inizio dell’800 (1810-12 ca.) e all’epoca l’Inghilterra è già un paese che si basa su una organizzazione del lavoro di tipo capitalistico. Lo dice chiaramente uno storico della cultura molto importante, 51 Raymond Williams, in The Country and The City. Alla fine del XVIII secolo si può già parlare di una vera e propria organizzazione capitalistica della società inglese. Pertanto possiamo considerare Joe come rappresentante sì di una pratica del lavoro di tipo tradizionale, ma comunque inserita in un sistema che ha le caratteristiche di un’economia capitalistica, quindi lo possiamo definire come un artigiano relativamente indipendente che però contribuisce a questo tipo di economia vendendo i suoi prodotti sul mercato. Nella prima fase della sua vicenda, Pip lo troviamo allineato alla visione di Joe, anche perché Pip dà per scontato che anche lui avrebbe ricoperto lo stesso tipo di ruolo che Joe ricopre nel villaggio. Nel capitolo 7 viene usato il termine “Pampered”= deriva da “to pamper” coccolare. Pip ci dice: “quando fossi stato dell’età giusta sarei stato formato da Joe, ma finchè non assumevo quel ruolo non dovevo essere, come sosteneva Mrs. Joe, ‘coccolato’’+ quindi all’inizio della vicenda Pip vive nell’attesa di diventare quello che Joe è, ciò che è naturale che avvenga per i ragazzi che si trovano nella sua situazione sociale ed economica. Pip, dopo il suo periodo di tirocinio presso Joe, diventa a tutti gli effetti un fabbro ferraio. Vi è una collocazione originaria di Pip che lo affianca a questa visione ti tipo tradizionale del lavoro e della propria posizione nella società. E° l’elemento destabilizzante dell’ingresso di Pip nella casa di Miss Havisham ad avere un effetto molto importante sull’immaginazione del proprio futuro da parte di Pip, possiamo dire proprio un effetto di terremoto; venendo messo a contatto con un ambiente socialmente ed economicamente superiore, Pip trasforma tutta la sua visione di sé e del proprio avvenire, trasformando anche la sua personalità stessa e i legami sociali che forma con gli altri. Un esempio del cambiamento di prospettiva lo possiamo trovare nel dialogo che intercorre tra Pip ed Estella relativamente al significato del nome della casa di Miss Havisham che è “Satis House” e proviene dal latino “abbastanza” infatti Estella spiega a Pip che “Satis” vuol dire “Enough”: Chapter 8: e “Enough House,” said I; “that’s a curious name, miss.” e “Yes,” she replied; “but it meant more than it said. It meant, when it was given, that whoever had this house could want nothing else. They must have been easily satisfied in those days, I should think. But don't loiter, boy.” Notiamo il modo in cui Estella si rivolge a Pip in questa fase, rimarcando la sua bassa collocazione sociale attraverso l’uso del termine piuttosto dispregiativo “boy” (“ragazzo che lavora, servitore”), tipico appellativo con cui i membri delle classi agiate si riferivano ai membri maschi della servitù. Che tipo di visione emerge da questo commento che fa Estella sul significato di Satis house/enough house nel capitolo 8°? E’ possibile trovare qualche spunto per la riflessione sulle aspettative sociali ed economiche che coltivano i personaggi di Great Expectations? Partiamo dal presupposto che il mondo aristocratico non è rappresentato nel romanzo in 52 serie di procedure sistematiche e impersonali, non prevedono il contatto diretto con la persona che incarna una precisa funzione, cioè devono risultare precise, efficienti e razionalmente calcolate. Un esempio dell’importanza di questa razionalizzazione è rappresentato dall’importanza assunta dalla legge: se facciamo nuovamente riferimento alle società premoderne, vediamo che l’amministrazione della giustizia è affidata a persone concrete, i capi del villaggio, gli anziani del villaggio che fanno parte del mondo sociale. Mente nella società moderna la giustizia viene delegata alle leggi, intese come norme applicate in modo personale e imparziale. E” come se diventasse importantissimo il ruolo occupato dalle mediazioni, che sono più importanti delle persone con cui ti rapporti nel momento in cui ti trovi ad avere problemi con la giustizia. Questo aspetto dall’importanza crescente, per arrivare a quello che viene definito un vero e proprio “dominio della burocrazia” nella società contemporanea, lo vediamo rappresentato in Great Expectations dalla figura dell’avvocato e dal mondo dello studio legale a cui è legata la figura dell’avvocato: Jaggers. Jaggers è chiaramente il rappresentante del nuovo potere della burocrazia, coè delle regole impersonali applicate in maniera sistematica ed efficiente, e dietro le quali la persona scompare. Jaggers è una rappresentazione emblematica di questa realtà, perché lo vediamo rappresentato come un essere impersonale, che non tradisce le sue emozioni, non ha mai un cedimento, si esprime in modo sempre così preciso, evitando qualsiasi equivoco, proprio come una sorta di simbolo del meccanismo burocratico, in questa sua aderenza perfetta alla professione che esercita (avvocato legale). Non ha una vita privata, non è sposato, non ha figli, non coltiva i rapporti umani. Anche la sera, quando torna a casa, studia casi e pratiche giudiziarie. Nonostante questo, non è completamente disumanizzato, perché sappiamo che ha fatto del bene aiutando persone in difficoltà, tra cui la stessa Estella. Dickens lo rappresenta in maniera efficace come l’ incarnazione di questa nuova modalità. DIVISIONE TRA VITA PRIVATA E VITA LAVORATIVA= esperienza per noi naturale. Tuttavia, in questo stadio dello sviluppo capitalistico è già nettamente delineato che le persone che fanno parte di questo mondo moderno (e lo studio degli avvocati è un chiaro emblema di questa nuova realtà) non possono che aderire a queste nuove regole, per esempio distinguendo nettamente quello che si è sul luogo del lavoro da quello che si in privato. Se Jaggers non mostra nessuna differenza perché sembra non avere una vita privata, troviamo invece un’altra declinazione di questa nuova realtà nel personaggio di Wemmick, l’impiegato nello studio legale di cui diventa amico Pip, il quale è un’altra persona quando si trova in ufficio rispetto a quello che è quando è a casa sua. Dickens traccia con grande lucidità le trasformazioni operate da nuovo sistema economico sulla vita delle persone. 55 Wemmick, quando si trova in ufficio è anche lui molto efficiente, non tradisce emozioni, meccanico anche nel modo in cui sorride. Ma poi quando si trova nella sua residenza privata diventa gentile, disponibile, aperto. Per cui quando stacca è una persona felice, si nutre di emozioni, di rapporti umani, si dedica agli hobby, alla cura del padre, al buon cibo. Dickens punta all’idea che queste persone che vivono in questo maniera vivono anche una sorta di scompenso, dividendo in maniera così netta la propria immagine sociale lavorativa da quella privata. Tornando all’immagine di Pip alla conclusione della sua vicenda, sappiamo che durante tutto il periodo londinese Pip vive in modo molto inconsapevole la sua nuova condizione. Non si chiede veramente da dove provengano questi soldi che gli sono stati regalati; ha questa fantasia romantica che si tratti di un lascito di Miss Havisham che lo vuole sposare a Estella. E nel momento in cui viene messo a contatto con la realtà della causa della sua nuova condizione, quando Magwitch fa il suo riorno sulla scena, Pip è traumatizzato. Ciò che aveva cancellato lo travolge. Una sorta di sogno che crolla. Ma che cos'è che viene fuori nel momento in cui Magwitch rivela la sua vera identità e quello che ha fatto? E’ vero che Magwitch è un criminale ed è stato condannato, però bisogna sottolineare che nel momento in cui accumula la sua fortuna lavora in maniera onesta: prima fa il pastore e poi l’allevatore, per poi mettere insieme una grande somma che destinerà a Pip. Per cui non possiamo dire che abbia accumulato in maniera illegale quei soldi. Ma quello che comunque emerge in questo meccanismo della rivelazione dell’identità di Magwitch è proprio il fatto che non è possibile prescindere dalle basi economiche, cioè il sogno della distinzione borghese ha delle radici molto pesanti, come lo sfruttamento di sé che attua Magwitch come pastore e poi come allevatore al fine di far diventare Pip un gentiluomo. Magwitch sfrutta sé stesso e non è un caso che si parli dell’ Australia, ovvero della colonia> il fatto che la ricchezza torna nella madrepatria è originata dal lavoro di sfruttamento nelle colonie. Per cui questo passaggio di Magwitch dalla madrepatria alla colonia diventa quasi emblematico del RAPPORTO TRA MADREPATRIA E COLONIA. Quindi la ricchezza inglese è quella che viene creata dal lavoro che si svolge e dallo sfruttamento che viene svolto nei territori coloniali. Ma quello che mette in luce questo risveglio durissimo cui Magwitch costringe Pip, è quello che Karl Marx definisce come: ‘“I/ grondare sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro del capitale” il capitale non viene al mondo in modo spontaneo, gronda sangue e sporcizia da ogni poro. E l’immagine di Magwitch, che effettivamente è tutto sporco, trasandato, è un criminale,.. mostrerebbe che il capitale che viene speso alla base del consumo ha quest’origine molto sporca. Sembra appunto che in questa sua rappresentazione romanzesca, Dickens abbia anticipato Marx di qualche anno. Per concludere, Pip vive un ulteriore passaggio: dopo il suo downfall e prima del suo ritorno al villaggio, si impiega nel settore finanziario, quello del commercio navale, diventando 56 economicamente e socialmente indipendente, di fatto pagando i suoi debiti maturazione del personaggio. Contestualmente a questa sistemazione di tipo economico, Pip si prende anche cura degli altri, questa sua assunzione di responsabilità a livello lavorativo ed economico ha anche una controparte che riguarda i rapporti del giovane con gli altri, in particolare i suoi amici fraterni e i suoi cari, come Herbert Pocket, Joe e Biddy, ai quali scrive in maniera regolare curando le relazioni interpersonali e lavorando affianco di Herbert, beneficiato dallo stesso Pip grazie a un investimento economico di natura altruistica. Quindi, nel compromesso realizzato da Dickens, LA DIMENSIONE ECONOMICA E’ SMEPRE UNITA ALLA DIMENSIONE DEL SENTIMENTO. I soldi sono sempre uniti ai sentimenti in Dickens. Interessante vedere Pip, come suggerito da una critica, come la prefigurazione di una nuova classe di professionisti colti che si dedicano al servizio pubblico e che ha interessato la società inglese proprio negli anni ’60 dell’’800, quando in contemporanea viene pubblicato questo romanzo. Questa interpretazione ci porta molto lontani dalla lettura che ha fatto Moretti. Preme sottolineare che quest’opera non è necessariamente così segnata da questa pulsione al ritorno all’infanzia, anche se effettivamente ci sono tracce di questa matrice infantile che non viene mai realmente sconfessata né marginalizzata, lo sottolineiamo col fatto che Pip rimane Pip anche nel nome, sempre questo bambino caratterizzato come “un fagottino di brividi” 8° lezione 19/03/21 Sintesi: Great Expectations interpreta il modello del Bildungsroman. Abbiamo visto che ci sono pareri discordanti. In particolare ci siamo concentrati su due letture. A sostegno della tesi di Franco Moretti, che abbiamo considerato stimolante e provocatoria ma al tempo stesso piuttosto problematica, perché un po’ lacunosa nella struttura dell’argomentazione, proprio perché non offre un’argomentazione sistematica che dia conto di diversi aspetti e snodi del romanzo, e sostanzialmente si configura appunto come una lettura stimolante e piuttosto polemica. Stando dalla parte di Moretti, si può effettivamente osservare che Pip fino alla fine si dimostra caratterizzato da aspetti infantili, ma non riguarda solo la permanenza del nome, egli infatti non si dimostra sufficientemente desideroso di costruire per sé un’ indipendenza a livello di scelte familiari, ovvero perseguendo il suo sogno di unirsi ad Estella; ed essendo fallito il suo piano, forse neanche così desiderato, di sposarsi con Biddy lo ritroviamo solo sino alla fine, ma non solo questo. Pip rimane un po’ bambino perché per anni nella famiglia di Herbert Pocket, si associa a un familiare che non è il suo, un po” come bambino adottato e questo è l’ atteggiamento che lo vede anche alla fine del romanzo, quando si incontra nuovamente con gli amici Joe e Biddy, 57 Il titolo ci fa capire che si tratta di una storia centrata su un personaggio femminile, la donna/signora del titolo, che inizialmente è una giovane americana nubile, non ancora sposata, mentre il titolo “Lady” ci fa già capire che la condizione della protagonista passerà a essere quella della signora a tutti gli effetti, sposata. Isabel Archer è una giovane originaria di Albany, capitale dello stato di New York, ma che approderà in Europa: prima in Inghilterra, a seguito della zia, Mrs. Touchett e poi in Italia, inizialmente nella zona di Firenze e poi a Roma. La prima parte del romanzo si centra sull’arrivo di Isabel in Inghilterra, in particolare a Gardencourt, la zona di residenza che è proprietà degli zii americani di Isabel, i Touchett, i quali si sono trapiantati in Inghilterra. A Gardencourt Isabel, che è ospite degli zii, fa la conoscenza del cugino, Ralph Touchett, un uomo giovane, brillante, di un'intelligenza acuta ma malato di una malattia molto grave che gli rende impossibile manifestare alla cugina il suo progressivo innamoramento per lei. Isabel è infatti una giovane donna molto interessante, dalla quale sono attratti praticamente tutti gli uomini di cui fa la conoscenza. Mentre risiede a Gardencourt, Isabel fa la conoscenza di un amico caro di Ralph, Lord Warburton, un personaggio importante nel romanzo, rappresenta il meglio che l’Inghilterra può produrre perché è di bellissimo aspetto, di collocazione sociale elevatissima (è appunto un Lord, un pari d’Inghilterra), dotato di grande intelligenza, simpatia, arguzia, gentilezza, idee liberali, vive in una meravigliosa dimora in campagna. Un sorta di principe azzurro che si innamora di Isabel, la quale riceve l’attenzione dei due uomini (anche se quelle di Ralph non sono dirette, non solo perchè è il cugino, ma soprattutto perché è segnato dalla malattia e gli risulta difficile dichiararsi) e contestualmente subisce le pressioni del corteggiamento di Caspar Goodwood, un americano anch’egli desiderabile. E’ colto, laureato ad Harvard, di bell’aspetto, ricco (proprietario di industrie) ma un po’ rigido e testardo, fortemente e intensamente innamorato di Isabel. Quindi nella prima parte del romanzo assistiamo al modo in cui Isabel si destreggia fra questi diversi corteggiatori e, al tempo stesso, ribadisce la sua intenzione di non sposarsi, perché i suoi piani di vita sono diversi. Esplicita chiaramente questa sua volontà. Alla morte dello zio, Mr. Touchett, anch’egli malato come si evince a inizio romanzo, Isabel tuttavia comincia a cambiare prospettiva sulla vita e perché viene resa beneficiaria di un’importante eredità elargita dallo stesso zio, che è stata sollecitata in realtà dal cugino Ralph. Si tratta di una cospicua eredità che la rende ricca, permettendole di soddisfare i suoi desideri e potendo fare di sé quello che vuole. Per cui il lettore è di nuovo in attesa di vedere come questo cambiamento significativo nella condizione della protagonista si traduce rispetto al suo essere in attesa che il suo destino si manifesti in qualche modo, attraverso delle scelte che per una cospicua porzione della narrazione non vengono di fatto effettuate; cioè Isabel non sceglie, vive. A Gardencourt Isabel fa la conoscenza di Madame Merle, un’americana espatriata in Europa che vive in Italia, ma si sposta molto spesso come dama di compagnia attraverso le residenza di amici ricchi; non è una professione come la gran parte delle donne dell’epoca, e 60 in qualche modo capiamo che vive del fatto di essere gradita ad amici altolocati e abbienti che la ospitano nelle proprie case, così come fanno i signori Tocuhett che Madame Merle intrattiene con le sue abilità/doti: è una bellissima conversatrice, una donna molto colta che suona il piano e che diventa amica di Isabel, guadagnandone la confidenza. A un certo punto, nel momento in cui Isabel si trasferisce con la zia in Italia, Madame Merle le presenta un suo amico, un certo Gilbert Osmond, il quale risulta essere molto interessante agli occhi della giovane, a tal punto da innamorarsene man mano che la conoscenza si approfondisce tra i due, decidendo di accettare la sua proposta di matrimonio. Gilbert Osmond si caratterizza come un dandy (all’epoca andavano di moda, cioè gli esteti, coloro che si atteggiavano a grandi conoscitori d’arte, che rifiutavano il materialismo dell’esistenza e si circondavano di cose belle, dedicandosi al culto del bello); egli non lavora, persegue soltanto il suo hobby principale che è l’interesse per l’arte figurativa, risultando essere però uno squattrinato. Mettendo gli occhi su Isabel e trovandola molto interessante come per altro tutti quelli che entrano in contatto con lei, Osmond decide di proporsi. Isabel accetta la proposta di matrimonio e a un certo punto della narrazione la condizione di Isabel cambia radicalmente, perché diventa una donna coniugata che va a vivere a Roma. Grazie all’eredità che ha ricevuto è in grado di vivere sfarzosamente, permettendo al marito di mettere a pieno frutto le sue abilità artistiche, vivendo in una dimora molto vistosa e perfettamente arredata e ornata di opere d’arte. Sempre a Roma, Isabel conduce una vita splendida dal punto di vista sociale, con ricevimenti, etc.., arrivando ad essere la Lady del ritratto, ma al tempo stesso comincia a diventare sempre più consapevole del fatto di essere intrappolata in un matrimonio infelice. L’uomo che ha sposato non è quello che lei pensava e comincia a notare tutti i gravissimi difetti della personalità del marito, a cominciare dall’egoismo, dalla freddezza e dal disinteresse per il bene altrui. Ecco che si incrina l’unione> alla fine del romanzo troviamo la protagonista che ha violato il mandato/volere del marito che non le aveva permesso di andare a visitare il cugino morente a in Inghilterra. Isabel sceglie di ignorare il marito e parte per Gardencourt, assistendo Ralph nelle sue ultime ore e confessandogli che la sua vita è infelice e che il suo matrimonio si è rivelato un unione sbagliata> LA NARRAZIONE SI CHIUDE DOVE ERA INIZIATA. Il finale del romanzo è uno dei più celebri della storia della letteratura moderna, che ci presenta una situazione aperta: si definisce un” OPEN ENDING, perché rimaniamo in qualche modo sospesi: Isabel, avendo rifiutato l’ultimo tentativo da parte del pretendente americano di unirsi a lui (Caspar Goodwood, che troviamo anche all’inizio del romanzo ad Albany- non abbandonerà mai la speranza di sposarla e seguirla Isabel ribadendo la sua ultima offerta) e di costruire con lui una vita alternativa al suo infelice matrimonio, sceglierà alla fine di tornare a Roma (lo sappiamo perché ce lo dice un personaggio secondario, anche se è l’unica cosa che sappiamo) però non si capisce con quale scopo e quale intenzione; forse tornare con Osmond? Per tenere fede alla promessa che aveva fatto alla figlia di 61 Osmond, Pancy? Pancy è completamente soggiogata al volere del padre e conta moltissimo sull’affetto della matrigna. O forse ci torna per dare un nuovo corso alla sua vita? L’open ending di The Portrait of a Lady sarà uno degli aspetti da prendere in considerazione per vedere il progresso che ha fatto il romanzo 800esco, che pure è un modello che questo romanzo incarna per moltissimi aspetti rispetto a quelle che sono le strutture di riferimento di quel modello, per esempio la chiusura nella conclusione. Già abbiamo visto che Great Expectations lasciava qualche spiraglio di un’apertura, ma in ogni caso anche in Great Expectations come in Pride and prejudice, la conclusione permette all’autore di tirare i fili della narrazione, di sciogliere i nodi principali, per permettere al lettore di soddisfarsi e di sentirsi appagato, per permettergli chiudere la partita con il romanzo, sapendo che fine fanno i personaggi, aspettandosi un finale positivo. In The Portrait of a Lady non solo non abbiamo un finale positivo, la protagonista rimane chiaramente una donna alle prese con la propria infelicità, ma al tempo stesso, proprio dal punto di vista dello scioglimento dei nodi narrativi/della sintesi narrativa che il finale presuppone, vediamo che si lasciano sospesi dei fili e il lettore è incoraggiato a interpretare il finale. Questi sono gli anni in cui in letteratura si comincia a parlare di matrimonio infelice e di separazione. Magari il divorzio non è proprio all’orizzonte perché le leggi sul divorzio stentano ad essere approvate ufficialmente+ una donna separata è comunque “disgraced” dal punto di vista sociale. Pensiamo ai grandi romanzi dell’800 che trattano TEMA DEL MATRIMONIO INFELICE dal punto di vista femminile: Madame Bovary, Anna Karenina, Effi Briest. Le aspettative delle donne sulla vita e sulla felicità stanno cambiando e non sempre il matrimonio risulta essere il destino felice per la donna, anzi può essere la trappola che la conduce all’infelicità/rovina o addirittura alla morte. Al tempo stesso, in queste storie di infelicità, esse manifestano delle tensioni diverse che fanno capire che l’orizzonte della sistemazione sociale non è l’unica chiave che risolve la vita della donna, ma può essere l’origine di una crisi che ha esiti non controllabili. Per certi aspetti The Portrait of a Lady appartiene a questa tradizione, anche se non si caratterizza come romanzo d’adulterio, perché non è prevista la possibilità per Isabel di trovare un’altemativa all’infelicità matrimoniale attraverso il tradimento. Cominciamo dall’incipit. Il 1° Capitolo sarà il centro su un prima riflessione di the The Portrait of a Lady, va considerato come una scatola dei tesori che contiene/induce tutta una serie di temi ed implicazioni che verranno sviluppati successivamente nell’opera; spesso le grandi opere hanno questa caratteristica del primo capitolo che sembra racchiudere più significati, va oltre la sua funzione di introduzione alla narrazione. Chapter 1: Under certain circumstances there are few hours in life more agreeable than the hour dedicated to the ceremony known as afternoon tea. There are circumstances in which, whether you partake of the tea or not, — some people of course never do, — the situation is in itself delightful Those that I have in mind in beginning to unfold this simple history 62 desiderino il matrimonio. Infatti quello che lei desidera è conoscere il mondo, fare esperienza, guardarsi attorno. Il tema del matrimonio in effetti viene ulteriormente rafforzato a questo tema del racconto anticipato dal fatto che questi uomini in conversazione a un certo punto si mettono a parlare di matrimonio. E infatti il vecchio Mr. Touchett alla fine del capitolo esorta Lord Warburton per dare senso alla sua vita e trovare un antidoto alla noia che pare pervaderlo. E questo è un motivo legato al CONTESTO DEL DECADENTISMO INGLESE, che all’epoca era un tema culturale molto presente. Però quello che bisogna sottolineare è che vi è una focalizzazione sul TEMA DEL MATRIMONIO e sul POTENZIALE MATCHING TRA I VARI PERSONAGGI, perché poi verrà introdotta Isabel e sappiamo che Warburton contempla la possibilità di sposarsi. Poi esplicitamente lo zio Touchett gli intima di non innamorarsi di sua nipote che sta per arrivare. Cosa possiamo dire rispetto a Jane Austin e al suo celebre incipit? Qui c’è una citazione indiretta all’incipit di Pride and Prejudice perché si tratta di esordi che hanno qualcosa in comune: l’IRONIA. Altri punti di convergenza: lo statement dichiarativo/ironico che si propone di esprimere una verità filosofica in generale, facendo appello al senso comune e però intessendola contestualmente di una sottile ironia, perché ci si aspetta l’enunciazione di una grande legge morale (there are few hours in life more agreeble) e invece si parla di un fatto banale semplice e concreto come quello di bere il tè. Quindi i due incipit dei due rispettivi romanzi sono basati sullo stesso meccanismo. Qui non si parla del fatto che tutti sanno che i ricchi scapoli dovranno sposarsi in fretta, ma si parla del fatto che l’ora del tè è una delle cose più belle della vita. Esistono altri importanti punti di contatto tra Henry James e Jane Austin e possiamo dire che Pride and Prejudice, così come altri romanzi della Austin, agiscono come modello tra le righe di The Portrait of a Lady, però è un modello da cui al tempo stesso James prende le distanze, perché è passato tanto tempo e le condizioni di possibilità della vita delle donne, oltre che le condizioni di possibilità del racconto romanzesco, sono cambiate radicalmente. Però ci sono dei punti di contatto senz’altro imprescindibili, a cominciare dalla caratterizzazione della protagonista. Prima di focalizzarci sulla caratterizzazione di Isabel Archer e mettendola a confronto con Elizabeth Bennet, per vedere che James lavora sempre a contatto ma prendendo anche le distanze da Jane Austin, concentriamoci sul modo in cui questo esordio narrativo; da un lato ripercorre quelli che sono proprio i cardini dell’ossatura del romanzo 800esco e al tempo stesso ne discosta. Concentriamoci sulla struttura narrativa e stilistica, tornando al modello del paradigma ottocentesco tracciato da Guido Mazzoni. Quali sono le impalcature del paradigma ottocentesco? Innanzitutto la scelta tematica, seguita poi da 3 dispositivi tecnici. 65 La scelta tematica è un po’ la premessa. La scelta tematica che sorregge il paradigma ottocentesco è LA SERIETA’ DEL QUOTIDIANO, IL REALISMO ESISTENZIALE di questo ce ne parla il grande critico del ‘900 Erich Auerbach> il romanzo sceglie di trattare la serietà del quotidiano e il realismo esistenziale. Le premesse sappiamo che erano già nel romanzo del ‘700 inglese. Quali sono i 3 dispositivi tecnici? 1) 2) 3) MIMESI= l’opera d’arte si propone come un rispecchiamento della realtà, si basa su un'illusione, ovvero che noi, leggendo le pagine di un romanzo, ritroviamo sotto la scrittura un mondo ricreato come se fosse la copia della vita reale, del mondo in cui viviamo. L’aspettativa è che la realtà possa essere rispecchiata in maniera naturale nel romanzo. IL TIPO DI NARRATORE= che sappiamo essere il narratore omnisciente e obiettivo, imparziale come uno storico, intento a commentare la trama ma al tempo stesso desideroso di creare un mondo che sembri vero e assestante, mettendo i protagonisti al centro della scena e portando l’interesse su di loro. Accanto a questo narratore troviamo un certo tempo narrativo, l’ “aoristo narrativo”, cioè il passato remoto che si caratterizza come il tempo verbale dell’illusione mimetica. Quindi si parla di un mondo che si colloca in un passato più o meno recente. IL RAPPORTO CON LE ARTI PUBBLICHE= ovvero pittura e teatro. Mazzoni parla del fatto che il lettore di questa particolare declinazione narrativa che è il romanzo dell’800, è come se fosse uno spettatore a teatro, assiste a delle scene che si svolgono davanti ai suoi occhi e che vengono descritte come se fossero viste per la prima volta. Quindi i personaggi sono presentati in un certo modo: inizialmente appaiono come sconosciuti che il lettore ha il compito di identificare in base ad alcuni segni fisici, morali e sociali che vengono rilevati dalla voce narrante. Per cui sia l’ambiente, sia i costumi, i gesti, le parole (quello che si vede e quello che si sente) rappresentano un complesso di segni che il lettore ha il compito di decifrare e di comprendere. Capiamo che nel romanzo 800esco è fondamentale ad esempio il senso della vista, che nel corrispettivo della scrittura corrisponde al momento in cui il racconto non procede dal punto di vista temporale e si crea una sorta di pausa nella narrazione in cui vengono descritti degli ambienti, dei personaggi, degli oggetti con i quali il lettore ha il compito di familiarizzarsi, inizialmente per identificarli. Da qui L'IMPORTANZA DELLA VISIVITA” nel romanzo 800esco, molto diversa da quella a cui siamo abituati oggi, perché il tipo di visività evocata da Dickens o Henry James è una visività da cui noi ormai siamo distanti, perché siamo abituati a vedere nel racconto romanzesco le cose in maniera diversa, secondo anche tempi diversi, perché siamo stati influenzati dal cinema, dalla fotografia, dai video musicali...lo sviluppo dei media ha inciso pesantemente sul modo in cui ci rapportiamo alla pausa descrittiva nel racconto, abbiamo molta più familiarità con 66 una visività di tipo allusivo, rapido, franto, spezzato e non con queste lunghe descrizioni, perché risultano noiose. Se riprendiamo questo modello, cosa possiamo dire rispetto all’incipit di The Portrait of a Lady se lo mettiamo a confronto a quello che ci offre James in questo esordio narrativo? Questo romanzo rispecchia o meno queste caratteristiche del paradigma? Notiamo sia la presenza di questa impalcatura del paradigma, sia il progressivo, sottile e a volte impercettibile allontanamento di James. Rispetto a questi dispositivi siamo di fronte a un mondo che appare come lo specchio della realtà. Ci troviamo di fronte a una scena che viene progressivamente svelata perché abbiamo un riferimento a delle figure che non hanno ancora un'identità, che sono caratterizzate da determinati segni+ per esempio attenzione al segno dei rapporti fra i personaggi che caratterizza il personaggio più giovane, che poi scopriremo essere Ralph, come “caring”, attento, sollecito nei confronti del padre malato, perché lo guarda. Sono tutti segni che dovranno poi concretizzarsi in messaggi più chiari sui personaggi, ma viene preparata gradualmente questa conoscenza da parte del lettore. Abbiamo dal punto di vista della figura del narratore una classica terza persona, il tempo è al passato e ci sembra di essere di fronte a una narrazione classica da narratore onnisciente, che addirittura si autoidentifica con un “I° che lo rende esterno alla scena romanzesca. Al punto che fa giudizi, entra ed esce, sembra essere proprio il regista della sua scena. Al tempo stesso siamo di fronte a delle alterazioni molto sottili di questo modello, si potrebbero definire degli effetti di straniamento/allontanamento, cioè qualcosa che sembra seguire una strada conosciuta, che è quella del paradigma ottocentesco, ma al tempo stesso notiamo che viene un po’ messo in crisi il principio della scrittura che lascia trasparire in modo naturale la realtà. E° vero che la narrazione classica 800esca ha forte tasso di visività (meticolosa, dettagliata, etc..), ma qui sembra che la lentezza stessa della descrizione sia il tema del racconto. Sembra che l’oggetto che viene descritto dalla voce narrante stia parlando della scrittura stessa, in quanto si protrae a lungo/per righe intere questa descrizione del tempo, della lentezza in cui il pomeriggio sta per trascolorare nella sera, la lentezza nel modo in cui vengono evocati questi personaggi che poi concretizzeranno in figure in carne ed ossa. Intanto prima di parlare delle figure in carne ed ossa, come vengono identificati i personaggi? Attraverso quale modalità? Di cosa si parla prima di tutto? Delle loro OMBRE. Ciò che viene descritto sono le ombre dei personaggi e poi si va a parlare dei personaggi in carne ed ossa. C’è un inversione del rapporto di causa-effetto, piccolo principio di straniamento. Qual è un’altra inversione rispetto alle aspettative (che qui ci viene specificata dalla voce narrante) che riguarda i personaggi? “The persons concerned in it were taking their pleasure quietly, and they were not of the sex which is supposed to furnish the regular votaries of the ceremony I have mentioned”. Le persone che si stanno godendo questo piacere e lo stanno assaporando silenziosamente, non appartengono al sesso che normalmente si suppone siano i regolari seguaci della cerimonia menzionata > questa è 67 In questo primissimo ritratto di Isabel, la giovane ci viene presentata come se nulla le sfuggisse, la sua capacità di osservazione sembra dispiegarsi 360°, è definita “both intelligent and excited” (di nuovo richiamo indiretto alla tradizione austeniana della rappresentazione dell’eroina intelligente) e “pretty”. Tentiamo ora un confronto, anticipando alcune questioni tra il modo di essere di Isabel e i canoni della “TRUE HUMANHOOD”, che sono stati delineati con grande chiarezza dalla studiosa Barbara Welter che, in un saggio molto importante nel dibattito sulla costruzione dei generi e soprattutto dell’identità femminile nella cultura vittoriana, condivisa dalla cultura statunitense e da quella britannica, tratta di tratti dell’identità che in qualche modo sconfinano e appartengono a una sorta di cultura comune tra le due sponde dell’atlantico [saggio: The Cult of True Womanhood: 1820-1860 (1966)]. Il culto della “true humanhood” è il modo in cui viene delineato l’ideale della femminilità in quel lasso temporale che va dal 1820 al 1860, periodo in cui si vengono a fissare alcuni tratti distintivi di ciò che è la cosiddetta “femminilità normativa”, ideale, di riferimento per la costruzione dei soggetti di genere. Il terreno di indagine a cui attinge Barbara Welter per sintetizzare questa femminilità canonica è molto vasto e vario: si parla di letteratura, di testi che vanno dalle riviste, agli articoli sulle riviste dell’epoca, agli articoli giornalistici, ai manuali di comportamento, ai testi religiosi. Ci sono una varietà di fonti che permettono a Welter di fissare alcuni elementi del canone femminile: e Religione (religion- piety)= all’epoca si riteneva che le donne avessero una particolare propensione religiosa, una sorta di comunicazione speciale con il divino e che fossero particolarmente inclini a farsi portavoce degli aspetti salienti del catechismo e quindi a insegnare un comportamento ai figli, oltre che ad avere una condotta in ottemperanza ai principi della religione cristiana, perché venivano ritenute più spirituali degli uomini, invece ritenuti più inclini/attenti ai bisogni materiali più carnali, anche nel loro rapporto con la sessualità. ® Purezza (purity- double standrd)= caratteristica essenziale delle donne, proprio la purezza nel senso del prevalere dell’elemento spirituale su quello carnale e di conseguenza l’aspettativa che le donne si comportino in modo adeguato a questa attesa. Per cui purezza estrema fino al matrimonio e fedeltà assoluta. Disinteresse verso la sfera sessuale nel rispetto di una diversa attesa rispetto al comportamento maschile. e Sottomissione (submissiveness)= l’aspettativa che la donna sappia correttamente occupare la sua posizione nella gerarchia dei generi, quindi non pretendere in nessun modo di mettersi alla paro o tentare di superare il maschile nella sua corretta occupazione del vertice della gerarchia dei generi. Quindi sottomissione e capacità di essere correttamente modesta e non arrogante e capace di tacere al momento giusto, parlare quando previsto e non affrontare certi argomenti in una conversazione pubblica. 70 ® Domesticity= la collocazione ideale della donna nella sfera domestica, quindi la casa e quello che la circonda, come il giardino. L'occupazione della sfera domestica è in opposizione a tute le sfere dell’attività pubblica, ritenute un naturale appannaggio maschile. Sintetizziamo al massimo questo ritratto per andare ad accennare al modo in cui Isabel Archer si colloca rispetto a questi ideali ideali di cui James non parla, ma di cui non possiamo non tenere conto, perché si tratta proprio di un sottotesto del romanzo. Possiamo dire che Isabel si colloca in un rapporto piuttosto complicato rispetto a questi ideali, perché da una parte li viola, dall’altra invece pare rispettarli in maniera non volontaria ed esplicita. Partendo dall’ultimo ideale, la domesticity, sappiamo che lei sin dall’inizio si caratterizza come una viaggiatrice: la ritroviamo a New York ma retrospettivamente e nel corso del romanzo si sposta più volte, è un soggetto altamente mobile, appare molto irrequieto rispetto alla possibilità di essere definita nella sfera domestica, ed è già un tratto moderno. Già nel 1° e nel 2° capitolo l’ aggettivo “indipendence” la caratterizza in modo essenziale e senz'altro la “submissiveness” non è un tratto che la identifica, al contrario, tende a porsi in modo molto interlocutorio e molto paritario rispetto ai suoi interlocutori maschili, anche nel modo in cui si racconta/ritrae, nei suoi gusti, nelle sue aspettative, nei valori che dichiara di avere, non sembra ricoprire questa posizione subalterna che l’elemento della “submissiveness” va a identificare. Più complicato è il punto relativo alla “Purezza”, molto dibattuto nel romanzo. Isabel, a differenza delle sue colleghe eroine del romanzo dell’infelicità matrimoniale, non è una giovane donna che appaia attratta dalla sfera della sensualità, viene anzi definita “pure and proud” e nel capitolo 6°, fondamentale per il ritratto della giovane Isabel e che pone le basi non solo della sua personalità, ma anche della sua evoluzione+ un corteggiatore non gradito avrebbe potuto definire questo qualcosa che c’era in lei come “cold and dry” (freddo e arido), quindi in maniera non intenzionale Isabel rispetta il canone della “purity”, ma perché pare la sua inclinazione di fondo. Forse perché Isabel Archer è una esponente indiretta e non esplicita, non tale dal punto di vista del rispetto dei canoni religiosi, forse perchè è una rappresentante della cultura puritana? In ogni caso non possiamo prescindere dalla collocazione di Isabel dentro il framework della cultura statunitense a base puritana. Perché? Isabel è una giovane donna secolarizzata, l’elemento religioso non la riguarda, e tuttavia Isabel è il frutto di quella cultura radicale che è stata creata dai puritani d’ America, da quei separatisti inglesi che nel 1600, appartenendo a una delle sette più estremiste del puritanesimo inglese, avevano deciso di lasciare la madrepatria per creare una società basata sui principi del vangelo applicati radicalmente. Questo elemento della cultura protestante agisce involontariamente in Isabel e va a definire il modo in cui le donne nella cultura protestante, soprattutto di matrice americana, interpretano la propria collocazione nel contesto sociale anche il relazione ai rapporti all’altro sesso. 71 In che modo si pongono le donne protestanti nella sfera sociale e in rapporto alla controparte maschile? Si pongono su un piano di maggiore parità ed eguaglianza rispetto alle donne che sono inserite nella storia e soprattutto nella cultura europea della stessa epoca. Alexis de Tocqueville ci dà una splendida immagine del modo in cui a un osservatore europeo, negli anni 30 dell’800, apparivano le donne americane. Nel corso di questo viaggio compiuto negli Stati Uniti per osservarne il sistema penale, Alexis de Tocqueville, ambasciatore francese, nota che negli Stati Uniti le dottrine del protestantesimo sono combinate con una grande libertà politica e una condizione altamente democratica della società, e da nessuna parte come negli Stati Uniti, le giovani donne si affidano o vengono affidate prima o più completamente alla loro stessa guida > ciò vuol dire che le giovani donne americane sono molto più padrone della propria vita e questo già negli anni °30 dell’800 era un elemento distintivo che le differenziava dalle europee. Isabel è senz'altro il prodotto di questa cultura. Concentriamoci sull’esplicitazione della radice culturale nazionale della personalità di Isabel, del suo essere un soggetto definito dal punto di vista del genere. Isabel è anche un’americana > citazione che porta un esempio di questa esplicitazione della matrice statunitense della sua personalità: Chapter 6 e INDIPENDENT Like the mass of American girls Isabel had been encouraged to express herself; her remarks had been attended to; she had been expected to have emotions and opinions. Ecco in che modo Isabel rispecchia questo modo di essere proprio con le osservazioni di Tocqueville. Isabel, come la massa delle ragazze americane, era stata incoraggiata ad esprimersi, le sue osservazioni erano state ascoltate e ci si aspettava da lei che avesse delle emozioni e delle opinioni. Questo è il modo in cui lo zio la guarda e la giudica. Isabel è spesso filtrata dallo sguardo altrui, specie quello maschile. Attenzione all’aspetto lessicale: viene spesso citata la parola “declaration” rispetto alle cose che dice Isabel o rispetto al modo in cui ella si esprime. “Declaration” fa pensare alla Dichiarazione di Indipendenza del 1776, in cui gli Stati Uniti si dichiararono indipendenti e un soggetto nuovo e pienamente legittimo rispetto alla corona inglese. C’è proprio una costruzione stilistica sottile da parte di James rispetto a queste radici americane di Isabel. Sono tutti esempi di questa tessitura che vano quasi a costruire questa immagine quasi da Colombia, perché Isabel si sta esprimendo in Europa, in una cultura altra, quella inglese, come un soggetto nazionale. E qui c’è un sottile gioco sugli stereotipi nazionali e culturali che James si diverte a tracciare. (L’ “intentio auctoris”> fin dove possiamo fissare il limite dell’intenzionalità dell’espressione della comunicazione di certi messaggi da parte dell’autore e che cos'è 72 contraddittori produce come conseguenza il NON riuscire veramente ad arrivare a una sintesi. Qual è l’immagine che ci siamo formati di Isabel? Queste ulteriori specificazioni vanno a tentare una definizione ancora più approfondita del personaggio, che ha l’effetto paradossale di farlo risultare quasi sfuggente, imprendibile > qui abbiamo proprio esempio dell’approfondimento della realtà psicologica che ci viene filtrata dallo sguardo di un narratore onnisciente, in terza persona, che ci sta spiegando il personaggio. E come Jane Austin, questo narratore fa dell’ironia sul personaggio, giudicandolo con uno sguardo divertito rispetto a queste debolezze e ponendosi in una posizione di superiorità rispetto ad esso. Sembrerebbe quindi una classica rappresentazione da narratore onnisciente, giudice, entità divina che tutto governa, tutto sa, dice e prevede. Ma in realtà, all’opposto/paradossalmente, ci ritroviamo in una creazione di un'immagine del personaggio che sfugge da tutte le parti e che appunto si oppone a questo tentativo di determinazione attraverso l’istanza autoriale che, al contrario, dovrebbe ben definire, giudicare e prevedere l’evoluzione. Quello che ricaviamo da questo gioco degli opposti è che James sta andando nella direzione di privilegiare un punto di vista limitato sul personaggio. Cosa vuol dire? Che il NARRATORE ONNISCIENTE è sempre presente ma TENDE A NASCONDERSI DIETRO AL PERSONAGGIO, a farlo parlare imitando i sui procedimenti psicologici, seguendo lo svolgersi dei suoi pensieri così come appaiono spontaneamente alla mente, molto più di quello che era riuscita a fare Jane Austin. A un certo punto, nella seconda parte del romanzo, la narrazione onnisciente si sgretola ed emerge questo “LIMITED POINT OF VIEW”, considerata una grande strategia jamesiana che ci porta verso James Joyce e altri modernisti. Qui però siamo ancora dentro alle coordinate 800esche. Ricordiamoci come avveniva la descrizione dei pensieri di Elizabeth Bennet in Pride and Prejudice? c’era una parte del paragrafo di tre righe ad esempio, in cui si descrivevano i moti dell’anima; dopo tre righe interveniva di nuovo il narratore che ci diceva che cosa pensava un altro personaggio o si metteva a raccontare dei fatti oggettivi, uscendo dalla sfera psicologica della protagonista. E” come se questi approfondimenti psicologici avessero una durata minore o si estendessero in uno spazio minore. Qui, invece, in un intero paragrafo è come se ci stessimo perdendo nei meandri della personalità della protagonista, così come ci viene tracciata dal narratore. Abbiamo a che fare con un organismo in evoluzione e dal punto di vista del realismo psicologico non è possibile avere un’idea che sia chiara, perché è troppo giovane, non ha fatto esperienza. Un capitolo di fondamentale importanza nella costruzione progressiva della personalità di Isabel, che muta anche in rapporto a ciò che le succede e alle persone che incontra e che quindi è in una dimensione di grande dinamicità narrativa, la troviamo nel 19° capitolo. *Di nuovo James ci fa capire che ci muoviamo pienamente in quella dimensione del dispiegarsi del concetto della personalità romantica, post- illuminista, poliedrica, sfaccettata e 75 inesauribile, l’idea che la personalità non possa essere definita da nessuna occupazione perché è in continuo divenire e tende ad assorbire tutto ciò che la circonda.* Nel 19° capitolo ci troviamo di fronte a uno dei tanti esempi del dibattito di idee che costella questo romanzo. Potremmo caratterizzare The Portrait of a Lady come un romanzo d’idee, poiché i personaggi sono impegnati in dialoghi che si sforzano di definire delle posizioni e dei valori che vengono dibattuti attraverso un confronto dialettico. In questo capitolo ci troviamo ancora a Gardencourt, in questa prima parte del romanzo in cui il terreno d’azione è la casa dei Touchett, dove Isabel ha incontrato Madame Merle, una perfetta dama della società. Madame Merle è una campionessa del bon-ton, è un’americana espatriata molto europeizzata, si muove tra Roma e Firenze e vive ospite di amici facoltosi, viaggiando in maniera molto mobile; è una perfetta dama della società: dipinge, legge, ricama, suona il piano...è una magnifica conversatrice e tutte queste doti le esprime al massimo grado+ sembra proprio quell’immagine in versione vittoriana della donna ideale secondo Fitzwilliam Darcy: risulta sempre gradevole, è intelligente, molto misteriosa. Ma perché misteriosa? A questo punto della narrazione il lettore ignora quella che sarà poi una scoperta agghiacciante che verrà fatta da Isabel, ovvero dei rapporti reali che la madame intrattiene con Gilbert Osmond. Lei è vedova, è rimasta solla e all'apparenza sembra che non abbia un passato. Ma in realtà scopriamo che è stata l’amante di Gilbert Osmond, con cui ha avuto una figlia illegittima, Pency. La sua vita è caratterizzata da questo elemento di vergogna e di scandalo indicibile per i canoni dell’accettabilità sociale che già vediamo tracciati in Pride and Prejudice. Tratto che la rende debole socialmente e che la rende anche parte attiva fondamentale di questo inganno ordito ai danni di Isabel, al fine di fruire dell’eredità della giovane e della sua splendida collocazione sociale per dare una possibilità di sistemazione alla figlia Pency. E questo è un obiettivo che Madame Merle comincia a porsi e che condividerà poi con Osmond. Donna intelligente, acuta, una perfetta compagna di dibatti per Isabel in questa fase. E’ più vecchia di Isabel e si permette di trattarla con uno sguardo che la colloca su un piano di superiorità dal punto di vista della profondità dell’esperienza di vita che ha intrapreso. Importante in questo paragrafo è il dibattito su come si definisce l’IO. E’ una discussione teorica quella che avviene tra i personaggi: Chapter 19: e “That's very crude of you. When you've lived as long I you'll see that every human being has his shell and that you must take the shell into account. By the shell I mean the whole envelope of circumstances. There's no such thing as an isolated man or woman; we're each of us made up of some cluster of appurtenances. What shell we call our ‘self’? Where does it begin? Where does it end? It overflows into everything that belongs to us- and then it flows back again. I know a large part of myself is in the clothes I choose to wear. I’ve a great respect for THINGS! One's self- for other people- is one’s garments, the books one reads, the company one keeps- these things are all expressive”. 76 e This was very metaphorical; not more so, however, than several observations Madame Merle had already made. Isabel was fond of metaphysics, but was unable to accompany her friend into this bold analysis of the human personality. “I don't agree with you. I think just the other way. I don’t know whether I succeed in expressing myself, but I know that nothing else expresses me. Nothing that belongs to me is any measure of me; everything’s on the contrary a limit, a barrier, and a perfectly arbitrary one. Certainly the clothes which, as you say, I choose to wear, don't express me; and heaven forbid they should!”. Come caratterizziamo questa opposizione sui punti di vista su quello che è l’io e come viene definito? Conversazione molto significativa tra Isabel e Madame Merle che ha a che fare con due opposte visioni di quello che è il sé e come si definisce: da una parte Madame Merle esprime una visione del sé dove l’io è il prodotto delle circostanze, delle condizioni materiali che lo generano, delle scelte che compie, dei gusti che esprime. “io sono quello che sono le persone che frequento, i mobili che arredano la mia casa, i vestiti che scelgo di indossare, libri che leggo...”. Tutte queste determinazioni estrinseche esprimono il significato intrinseco di quello che io sono. “Io ho un grande rispetto per le cose”. AI contrario, Isabel non accetta questa visione e ritiene che l’io sfugge a questi tentativi di definirlo. “Io non sono quello che scelgo di indossare, non sono la musica che ascolto, non sono gli amici che frequento, nulla di quello che mi appartiene è una misura di me. Al contrario tutto è un limite e una barriera arbitraria, nulla può esprimermi”. Madame Merle pensa che sia rozzo il contenuto della visione di Isabel e per certi aspetti il romanzo si incaricherà di dimostrare quanto Isabel si sbagliava. Per tornare alla definizione americana della personalità di Isabel, facciamo riferimento a questa visione filosofica dell’idealismo di Ralph Waldo Emerson (Se/f- Reliance, 1841): «nulla è alla fine sacro se non l’integrità della tua stessa mente; abbi fiducia in te stesso: ogni cuore vibra a questa corda di ferro». L’idea che l’io sia infinito, questa espressione della potenza infinita del divino è imprendibile perché inesprimibile ed espressione di sé (sfugge a qualsiasi tentativo di limitazione/definizione da parte degli altri e delle condizioni estrinseche all’io medesimo). E’ una possibile visione religiosa della potenza dell’essere, ed è tipica della fase giovanile dello sviluppo della personalità; in parte questa visione di Isabel è frutto del suo mancato contatto col terreno dell’esperienza e sarà il proseguio della narrazione che mostrerà come sia difficilmente sostenibile che l’io sfugga in maniera così radicale alle determinazioni a cui va incontro e che infondo contribuiscono a definirlo. La posizione più equilibrata si pone tra il determinismo spinto da Madame Merle e l’idealismo romantico estremo di Isabel. Questa condizione del sé espressa da Isabel possiamo considerarla all’origine dell’errore di valutazione che commette Elizabeth Bennet e che le fa scegliere l’uomo sbagliato per sé. 10° lezione 26/03/21 77 in un matrimonio sano) che vedono Osmond farle una richiesta che Isabel non è in grado di accogliere. Cede al fine di convincerlo a chiedere la mano della piccola Pency, la figlia di Omsond. Osmond spinge Isabel a usare utilitaristicamente ....matrimonilo di interesse. Questo è banalmente la goccia che fa traboccare il vaso e Isabel, grazie a questo SHOCK OF RECOGNITION, ovvero presa di coscienza, mette a fuoco le falle del carattere di Omsond. Chapter 42: e She could live it over again, the incredulous terror with which she had taken the measure of her dwelling. Between those four walls she had lived ever since; they were to surround her for the rest of her life. It was the house of darkness, the house of dumbness, the house of suffocation. Osmond's beautiful mind gave it neither light nor air; Osmond's beautiful mind indeed seemed to peep down from a small high window and mock at her. Of course it had not been physical suffering; for physical suffering there might have been a remedy. She could come and go; she had her liberty; her husband was perfectly polite. He took himself so seriously; it was something appalling. Under all his culture, his cleverness, his amenity, under his good-nature, his facility, his knowledge of life, his egotism lay hidden like a serpent in a bank of flowers. She had taken him seriously, but she had not taken him so seriously as that. How could she--especially when she had known him better? She was to think of him as he thought of himself--as the first gentleman in Europe. So it was that she had thought of him at first, and that indeed was the reason she had married him. But when she began to see what it implied she drew back; there was more in the bond than she had meant to put her name to. It implied a sovereign contempt for every one but some three or four very exalted people whom he envied, and for everything in the world but half a dozen ideas of his own. Ecco lo spaventoso ritratto che Isabel comincia a tracciare del marito e che prende una forma particolare, anche dal punto di vista della voce narrante e della modalità attraverso cui il punto di vista del personaggio viene trasmesso. Dal punto di vista dei contenuti cosa possiamo dire? All’inizio del capitolo Isabel passa in rassegna tutta una serie di motivi per cui Osmond risulta a lei alieno, nonostante questo innamoramento che l’aveva animata nella prima fase del rapporto. Lei realizza che Osmond avvelena per lei ogni cosa che tocca (serie di “overtones” gotici che lo associano al personaggio cattivo del romanzo gotico).d si tratta di tratti che hanno una sostanza soltanto metaforica/figurata, così com’è figurata l’immagine dell’egoismo o egotismo che proiettano Osmond come un serpente in un’aiuola di fiori. L’aiuola era agli occhi di Isabel l’attrattiva della sua personalità, che nascondeva ciò che lei non era stata in grado di vedere. Quindi, la materia del racconto è fondamentalmente ricontenuta in questi processi mentali, non stiamo parlando di riaccadimenti reali delle azioni che vengono intraprese dai personaggi, il piano dell’azione è ridotto al minimo, ci sono svolte narrative che vengono 80 su due piani: uno è lo scambio tra i personaggi attraverso il dialogo sul piano della scena e l’altro nella mente dei personaggi. Isabel si trova in una veglia meditativa che funziona come una presa di coscienza profonda di sé, di come è cambiata e di come è cambiato il suo rapporto con il marito. Dal punto di vista stilistico e narrativo cosa possiamo notare rispetto ad altri esempi precedenti nello stesso romanzo e con riferimento anche agli altri romanzi considerati finora? Il narratore è come se plasmasse il suo punto di vista su quello del personaggio, come se avvenisse uno scambio di personalità. Sembra di trovarsi di fronte a una nuova modalità rispetto a quelle osservate precedentemente, il narratore qui si mette in completo ascolto del suo personaggio ed è come se sparisse dietro di esso, intervenendo poco o nulla. Nella seconda parte dell’opera ci troviamo di fronte alla presa di potere del personaggio, nei cui meandri mentali entra il narratore con il solo scopo di illustrarli al lettore, senza la volontà di giudicarli. Sembra di trovarsi di fronte a questa successione spontanea dei pensieri. Siamo ancora di fronte a un procedimento logico di tipo razionale e quindi non vi è ancora un tentativo del narratore di mimare i processi consci della mente umana (vedi Joyce e lo stream of consciousness), questo romanzo non ci mette ancora nel piano delle libere associazioni. E tuttavia, pur rimanendo entro i confini di un procedere che non dà conto della dimensione dell’irrazionale, troviamo delle marche stilistiche che ci fanno capire che sono cambiate le modalità di rappresentazione. Cosa colpisce della messa in forma del pensiero di Isabel, anche stilisticamente parlando? La punteggiatura sembra quasi mimare la velocità variabile dei pensieri, così come si dipanano della mente. Vi è un succedersi di ripetizioni, come per capire lei stessa la situazione, per uno scopo di comprensione di sé. E” come se non si arrivasse a un punto fermo nell’associazione dei pensieri e dei giudizi, è un procedere concitato dei pensieri che affastella i dati dove i ricordi si mescolano alle impressioni, ai giudizi parziali, provvisori. Ripetizione del termine “house”> la sua vita è diventata l’immagine di questa casa, chiamata “Palazzo Roccanera” (allusione al gotico)® la sua vita stessa è diventata una casa di oscurità, di silenzio e soffocazione. Dall’atro lato, abbiamo la presenza dello scrittore come stilista e produttore di metafore. Isabel mescola la sua voce con quella del narratore. Prevale una scarsità di punti fermi, mentre i punti di domanda trasmettono anche loro questa ricerca di verità e comprensione da parte di Isabel, senza che non vi sia una riposta univoca. Isabel ricapitola nella sua mente il corteggiamento; il fatto che ha sottovalutato abbastanza chiaramente una delle richieste importanti fondamentali di Osmnod nei suoi confronti, ovvero che fosse meno pronta nell’esprimere il suo punto di vista> e questo è all’origine dell’impossibilità dei due di trovare una possibile intesa e continuare un rapporto fecondo. La parole “fine” al suo matrimonio la mette questa richiesta per Isabel difficile da recepire e che spegne completamente il suo personaggio, il quale sappiamo essere definito dalla sua vivacità, dalle sue opinioni e questa richiesta risulta irricevibile. 81 Vi è poi da considerare una dimensione che ha che fare con la caratterizzazione di Isabel in senso culturale e nazionale. Prima, però, poniamo l’attenzione al piano della tecnica narrativa attraverso il punto di vista di James. James non è solo un romanziere e scrittore di racconti, ma è anche un fine teorico della letteratura e in particolare del romanzo, è uno dei primi teorici moderni del romanzo. La sua opera è stata ripubblicata da lui medesimo nel 1908, data di pubblicazione della New York edition della sua opera, che riunisce in un romanzo i suoi racconti più celebri. Questa ripubblicazione della sua opera comporta una parziale riscrittura (con variazioni stilistiche tra un’edizione e l’altra) e vi è questa presenza importante delle PREFAZIONI, che James scrive ai suoi romanzi e che permettono a lui di fare il punto sulla sua scrittura e, al tempo stesso, di guardare con uno sguardo retrospettivo alle sue creazioni. Ma è interessante la prefazione in The Portrait of a Lady, perché ci fa cogliere l’importanza che James dà a certi momenti del romanzo. La veglia meditativa, per esempio, James è il primo ad enfatizzarla: Henry James, Prefazione a The Portrait ofa Lady (1908) . .... the long statement, just beyond the middle of the book, of my young woman’s extraordinary meditative vigil on the occasion that was to become for her such a landmark. Reduced to its essence, it is but the vigil of searching criticism; but _it throws tha action further forward that twenty “incidents” might have done. It was designed to have all the vivacity of incidents and all the economy of picture. She sits up, by her dying fire, far into the night, under the spell of recognitions on which she finds the last sharpness suddenly wait. It is a representation simply of her motionlessly seeing, and an attempt withal to make the mere still lucidity of her act as “interesting” as the surprise of a caravan or the identification of a pirate. It represents, for that matter, one of the identifications dear to the novelist, and even indispensable to him; but it all goes on without her being approached by another person and without her leaving her chair. Ecco l’autoriflessione jamesiana sulle grandi trasformazioni che sono all’opera in The Portrait of a Lady. C’è uno spostamento netto dal piano della rappresentazione della narrazione al piano dei pensieri, che diventa più appagante per il lettore rispetto a una successione di fatti ricchi di interesse come l’apparizione improvvisa di una carrozza o l’identificazione di un pirata. Questa veglia di penetrante critica è in grado di spingere avanti l’azione più di quanto avrebbero fatto venti incidenti reali (per “incidenti” si intendono azioni concrete, come se Omsond le avesse dato uno schiaffo improvviso o le avesse fatto una provocazione diretta, mettendola a conoscenza dei suoi segreti più inconfessabili) tutto quello di eccitante che avviene nella mente di Isabel nella sua successione di atti mentali. C'è una dimensione importante nella presa di consapevolezza di Isabel che ha che fare con il suo collocarsi in una particolare condizione come americana espatriata, e lo vedremo con un riferimento a ciò che la ragazza a un certo punto esterna a sé stessa e al lettore. 82 e She had long ago taken old Rome into her confidence, for in a world of ruins the ruin of her happiness seemed a less unnatural catastrophe. She rested her weariness upon things that had crumbled for centuries and yet were still upright; she dropped her secret sadness into the silence of lonely places... Small it was, in the large Roman record, and her haunting sense of the continuity of the human lot easily carried her from the less to the greater. She had become deeply, tenderly acquainted with Rome; it interfused and moderated her passion. But she had grown to think of it chiefly as the place where people had suffered”. Che ritratto di Isabel ci restituisce questo passo? Siamo molto avanti nella narrazione e siamo a un passo da questa decisione che renderà Isabel di contravvenire alla proibizione di Osmond rispetto al viaggio in Inghilterra. E° ormai agli sgoccioli con il suo rapporto con Osmond. Si trova ad essere spesso sola. Ma come si caratterizza il suo stare sola in rapporto all'ambiente esterno (in questo caso le rovine di Roma)? La sofferenza personale diventa comunicabile perché si trova una sorta di contraltare nella sofferenza altrui, ma viene filtrata attraverso questo passato architettonico/artistico della città. Le rovine sono espressione della sofferenza che le persone hanno vissuto nel tempo. La formazione di Isabel passa anche attraverso questa scoperta dell’importanza del rapporto con una ragazza molto giovane, Pansy, che sa di essere in pericolo perché sotto il torchio di Osmond (che le annulla la volontà), nella quale si rispecchia e che sceglie di affiancare e proteggere. Chapter 40: e The two were constantly together; Mrs. Osmond was rarely seen without her stephdaughter. Isabel liked her company; it had the effect of one’s carrying a a nosegay composed all of the same flower. And then not to neglect Pansy, not under any provocation to neglect her-this she had made an article of religion. The young girl had every apperanance of being happier in Isabel’s society than in that of any one save her father, whom she admired with an intensity justified by the fact that, as paternity was an exquisite pleasure to Gilbert Osmond, he had always been luxuriously mild. Eccoci di fronte a questo rapporto tra Isabel e Pansy dove Isabel si trova per la prima volta nella sua vita a prendersi un impegno profondo. Era diventato un principio dottrinario per lei /una regola assoluta quella di non trascurare Pansy in nessun avvenimento. Questo senso di responsabilità che Isabel gradualmente sviluppa, fa sì che si aggiunga una dimensione importante nella sua formazione, rappresentata nella sua capacità di relazionarsi agli altri in modo profondo, diventando appunto responsabile per gli altri. E’ interessante come James faccia questo tipo di rappresentazione mettendo in luce questa importante svolta nella crescita del personaggio all’interno di una dinamica che ha il centro i rapporto familiari, ma dove non sono i rapporti di sangue ad essere importanti. (Isabel avrà un bambino ma morirà poco dopo ma James non sofferma troppo su questo aspetto). 85 Non è un rapporto di figliazione biologica quello che fa crescere Isabel, ma lo sviluppo di un rapporto interpersonale generativo che prescinde dai legami biologici e permette ad istituire una sorta di alleanza fra le due donne, che condividono in parte un destino comune. 11° lezione 30/03/21 Lezione introduttiva a James Joyce e al suo romanzo: A Portrait of the Artist as a Young Man (James Joyce) Se proviamo a definire l’ ambito/ lo sfondo/ il campo di indagine in cui si colloca quest’opera, non possiamo prescindere dal tentativo di definire cos’è il Modernismo. MODERNISMO Un primo tentativo molto scolastico di definizione ci porta ad affermare che per modernismo si intende quella galassia di rinnovamento radicale che investe in Europa e negli Stati Uniti i linguaggi dell’arte (dalla pittura alla letteratura e alla poesia, dal teatro alla musica), e che vede anche l’emergere di nuove forme d’arte come il cinema e la fotografia, (nel senso della canonizzazione dell’avvio di una percezione della fotografia come forma d’arte). Ma fondamentalmente intendiamo questo fenomeno di trasformazione radicale dei codici artistici, principalmente nel campo della pittura e della letteratura. E’ una definizione assai povera, ma quantomeno ci permette di identificare alcuni unti di riferimento, come quello della trasformazione radicale. Passo di Virginia Woolf che troviamo nell’opera Mr. Bennet and Mrs. Brown del 19245 tentativo di definire questo cambiamento o almeno di dare una suggestione di che cosa per i contemporanei aveva comportato la percezione che qualcosa fosse cambiato in modo radicale: e “...in or about December 1910 human character changed. ... AIl human relations between masters and servants, husbands and wives, parents and children. And when human relations change there is at the same time a change in religion, conduct, politics and literature”. Tentativo da parte di Virginia Woolf di compiere una missione impossibile per due aspetti: 1) Perché non è tecnicamente possibile determinare una data precisa di inizio di un fenomeno che appare come un processo piuttosto che come un fenomeno puntuale con un inizio e una fine+ e quindi di determinare il 1910 come data di riferimento per l’inizio dell’epoca modernista. 2) Stabilire un rapporto di causa-effetto, ovvero che siano state le relazioni umane a cambiare per prime (fa un esempio di relazioni umane: tra servo e padrone, moglie e marito, genitore e figlio) e che sia questo cambiamento dei rapporti privati ad aver determinato cambiamenti importanti nel piano della religione, della morale, della politica e della letteratura. 86 E’ interessante come la Woolf comunichi l’impressione e che già all’epoca i suoi contemporanei percepissero il periodo che stavano vivendo come un periodo di mutazioni di grande portata, quasi una mutazione antropologica, come sembrerebbe affermare la scrittrice parlando del cambiamento dell’umanità. E’ anche interessante il fatto che ci dia una data, non effettiva, ma convenzionale. Il 1910 è la data di una mostra importante organizzata da Roger Fry, amico di Virginia Woolf, che introduce al pubblico londinese artisti come Seurat, Van Gogh, Gaugin, Cèzanne... 3costituiscono la galassia post-impressionista che va nella direzione di quei nuovi movimenti artistici che stavano cominciando ad affermarsi in quegli anni, a cominciare dal FUTURISMO (1909= data di pubblicazione del manifesto futurista), CUBISMO, SURREALISMO, ESPRESSIONISMO, DADAISMO, IMAGISMO, VOTICISMO in direzione dell’astrattismo. Facciamo due esempi per familiarizzarci con questi cambiamenti radicali di grande portata: 2 quadri: Città che sale, Umberto Boccioni (1910) “nr = Nudo che scende le scale n°2, Marcel Duchamp, 1912 (Armony Show, New York 1913) Primo quadro a sinistra: Nudo che scende le scale (n° 2) del francese Marcel Duchamp. Armony Show= mostra londinese; evento che era servito a sua volta a familiarizzare gli americani con quelle che erano le novità nel campo della pittura europea. Il secondo quadro a destra è un quadro futurista dell’italiano Umberto Boccioni, intitolato Città che sale. Stiamo andando nella direzione dell’astrattismo e lo possiamo cogliere anche da spettatori non specialisti: ci troviamo di fronte a delle rappresentazioni dell’oggetto pittorico in cui e la percezione realistica del mondo vengono stravolte nella rappresentazione. Nel caso del quadro di Duchamp osserviamo innanzitutto che abbiamo bisogno di un titolo per orientarci 87 Possiamo citare nuovamente Karl Marx con la sua concezione materialistica della storia e la denuncia della realtà di sfruttamento che è alla base del sistema capitalistico che ha creato un enorme realtà di progresso. Un altro grande nome da citare spostandosi nella seconda metà dell’ ‘800 è Friedrich Nietzsche, filosofo tedesco che nel suo studio sulla Genealogia della morale (1887) sostiene che i principi del bene e del male non esistono come valori assoluti, ma sono soggetti al divenire storico e che fondamentalmente il bene e la bontà possono essere posizioni di comodo che celano altri interessi. Nietzsche si spinge ad affermare che lo stesso Cristianesimo non è che una religione da deboli, proprio perché si fonda su questi principi invece relativi. Ma per venire a filosofi e pensatori che ci permettono di avvicinarci più strettamente alla letteratura, è importante citare il lavoro di Wiliam James, fratello di Henry James, a sua volta uno dei più grandi psicologi americani della sua generazione, che con i suoi Principles of Psychology (1890) mette in campo una vera e propria nuova teoria dell’esperienza. Molto interessante vedere i legami tra la teoria di William James nel campo della psicologia con l’applicazione di alcuni aspetti di questo pensiero in campo letterario, e in particolare nell’opera del fratello Henry. Wiliam James parla dell’esperienza come NON qualcosa di staccato dal soggetto, una realtà esterna al soggetto con cui egli si collega tramite i sensi e le percezioni, ma piuttosto dell’ESPERIENZA COME IL MONDO INTERIORE; quindi il vedere come coincidenti queste due dimensioni; il mondo interiore dell’individuo è 1° esperienza stessa> fare esperienza significa di fatto avere delle percezioni all’interno del soggetto, sensazioni che sono soggetti a cambiare, caratterizzate da una grande molteplicità. Dunque l’idea che vi sia una molteplicità, oltre che una grande varietà, di momenti vissuti dall’individuo e di stati della sua coscienza, ma che sia tutto ricompreso nei confini. The Portrait of a Lady ci offre una versione letteraria di questa teoria della coscienza e dunque dell’esperienza, perché è come se il mondo esterno venisse risucchiato nella mente della protagonista>+ potenza della tecnica del punto di vista limitato nel senso di inglobare l‘esperienza esterna all’interno dei confini dell’interiorità del personaggio. Quindi per William James il compito della psicologia è quello di studiare in profondità questo campo così riconfigurato dell’esperienza umana. Possiamo notare i legami che si possono istituire tra questi spunti offerti dalle teorie di William James con una sua possibile applicazione letteraria. Naturalmente i due fratelli erano in profonda comunicazione gli uni con gli altri. Anche se non si tratta sempre di stabilire chi viene prima e chi viene dopo, e in che modo la letteratura adotta quegli spunti teorici che vengono portati avanti in altri campi dell’indagine dalla filosofia alla psicologia, alla psicanalisi; si tratta sempre di vedere dei legami diretti, ma anche la condivisione di una stessa intemperie culturale che permette che certi discorsi circolino e che vegano raccolti attraverso la lente della letteratura. Sempre con riferimento agli studi in campo filosofico, possiamo citare l’opera di Henri Bergson, filosofo francese di origine ebraica che ha diversi punti di contatto con le teorie di William James nel campo psicologico, ma si concentra in particolar modo sulla nozione di tempo (Saggio sui dati immediati della coscienza, 1888). Egli presenta una TEORIA DEL 90 TEMPO che ha l’effetto di sconvolgere l’ordine in cui è abitualmente pensata la realtà> attacca la nozione convenzionale del tempo come un'entità suddivisa in blocchi (passato, presente e futuro) e soprattutto come un’entità esterna al soggetto, che si colloca su un piano diverso ed esterno all’individuo. Quello che Bergson fa è teorizzare la DIFFERENZA TRA IL TEMPO DELL’OROLOGIO E IL TEMPO SOGGETTIVO. Ognuno di noi ha una nozione e un senso diverso del tempo convenzionale (il tempo dell’orologio), quindi a seconda dei soggetti variano le percezioni del tempo, così come nella teoria di James l’esperienza si sposta dentro il soggetto. Fondamentale in queste teorie è il concetto di relatività, i fenomeni cambiano a seconda del punto di osservazione, che poi è anche un po” il principio del “limited ponit of view” in letteratura. William James, Principles of Psychology, 1890: e Consciousness, then, does not appear to itself chopped up in bits. Such words as 'chain' or 'train' do not describe it fitly as it presents itself in the first instance. It is nothing jointed; it flows. A 'river' or a 'stream' are the metaphors by which it is most naturally described. In talking of it hereafter let us call it the stream of thought, of consciousness, or of subjective life. Passo tratto dall’opera principale di William James, in cui troviamo una focalizzazione sul concetto di coscienza e i meccanismi di funzionamento della coscienza. La coscienza non appare a sé stessa tagliata in pezzi> parole come “catena” o “treno” non descrivono adeguatamente la coscienza così come appare a sé stessa, dal momento in cui non la descrivono adeguatamente così come si presenta a sé stessa. Non è nulla di attaccato/connesso, fluisce. Un fiume o un torrente sono le metafore che la descrivono più naturalmente. E d’ora in poi nel parlare della coscienza la chiameremo “stream of thought” (flusso di pensiero/di coscienza/di vita soggettiva). James tenta perciò di definire una nuova percezione e concezione della coscienza e dei suoi movimenti + identifica l’idea che siamo di fronte a un flusso che fa sì che sia difficile stabilire che esista un ordine causale stretto oltre che un ordine temporale, che sia possibile orientarsi con precisione e seguendo un ordine in questo flusso presupposto (che è il modo in cui la coscienza si presenta a sé stessa). Qui stiamo andando in una direzione che sarà portata alle sue estreme conseguenza da ulteriori sviluppi dell’indagine della ricerca in campo psicologico e in quel sottocampo della riflessione psicologica, che è la psicoanalisi. Wiliam James ci sta ancora parlando, così come Henry, di un flusso del pensiero e della coscienza che si collocano nell’ambito del pensiero razionale, o meglio, non sta teorizzando l’esistenza di altre dimensioni rispetto a quelle della razionalità. Ma un ulteriore sviluppo di questa riflessione porterà Sigmund Freud ad elaborare una teoria della psiche umana che prevede la presenza di più istanze, non tutte, anzi, in misura maggioritaria non razionali e non consapevoli. Teorizza la coscienza come solo uno dei possibili stati della psiche, quella che appunto risponde alle istanze razionali che Freud identifica come l’istanza dell’ “Io” che agisce nel soggetto. Pertanto, nel MODELLO TRIPARTITO DELLA PSICHE secondo la 91 teoria di Freud, 1’ “EGO/IO” è solo una della manifestazioni del modo in cui si costruisce il soggetto, è la mente cosciente. Ma ci sono altre 2 dimensioni che agiscono in ciascun soggetto e che si intrecciano tra loro in modi complessi, misteriosi e soprattutto parzialmente consapevoli. SUPER-EGO e l’ES sono entrambe sommerse. Se immaginiamo il modello della psiche come un iceberg, soltanto una parte di questo blocco emerge alla luce, il resto rimane sommerso, ossia celato alla coscienza. Queste 2 dimensioni sono: - VES= l'istanza che coincide con le forze istintuali profende non soggette a regole, liberamente svincolate, inconsce. Tende a soddisfare il principio del piacere, senza seguire alcuna regola. - SUPER-EGO= all’opposto rispetto all’es, corrisponde all’istanza normativa e normatrice: le impostazioni sociali, le leggi, le prescrizioni. E° il genitore interiorizzato che c’è in ciascuno di noi. Secondo la teoria di Freud, ciò che avviene nell’individuo è un lavorio costante da parte della coscienza/ istanza psichica razionale (quella che corrisponde all’IO) al fine di mascherare/rimuovere/reprimere questi contenuti profondi che disturbano le persone; diventa perciò compito della psicoanalisi andare a riportare alla luce decifrando quei segni che sfuggono alle regole e alla percezione della ragione, ma di cui è costellata la nostra vita: dai sogni che hanno un alto contenuto di irrazionalità, agli “slip of the tongue”, cioè quei lapsus che spesso caratterizzano i nostri discorsi, le nostra espressioni, a quegli atti mancati dei comportamenti apparentemente inspiegabili che nella vita quotidiana sono tanti segnali di questo lavorio dell’inconscio che la coscienza cerca di tenere sotto controllo > ma che naturalmente creano dei disturbi, dei conflitti e degli stati di disagio che la psicoanalisi si pone come obiettivo di guarire. Anche le libere associazioni sono un modo in cui è possibile portare all’attenzione dei messaggi che provengono dall’inconscio+ il mettere in moto questo processo delle libere associazioni è uno strumento importante per far emergere delle verità nascoste ai soggetti e che possono essere importanti per la vita di ciascun di noi. In letteratura ci si pone in sintonia con queste nuove teorie, nozioni e percezioni del soggetto e delle sue potenzialità, a cominciare dalla rappresentazione del pensiero umano attraverso modalità che permettano l’emergere di contenuti apparentemente banali, ma che in realtà secondo lo sguardo psicoanalitico permette di cogliere dei messaggi molto significativi. Lo “STREAM OF CONSCIOUSNESS” in letteratura, adottando e adattando questa definizione che nasce nella teoria psicologica di William James, va a cogliere degli spunti che sono tati sviluppati nel campo dell’analisi della psicologia del profondo. E quindi cambia il significato di “stream of consciousness”: come categoria messa a fuoco dalla critica letteraria riprende la metafora di William James (la coscienza come flusso), ma va anche ad arricchire questa categoria con gli spunti della psicanalisi. Illustrazione del concetto di flusso di coscienza nell’ambito della critica letteraria come tecnica narrativa che viene utilizzata soprattutto nel romanzo inglese-americano del ‘900: 92 La battaglia per far emergere il pieno dispiegarsi della letteratura moderna dovrà superare delle forze di repressione e di censura che verranno infine sconfitte dal cambiare della percezione rispetto ad argomenti considerati illegittimi in letteratura. Ulysses rappresenta una di queste svolte importanti che costellano il cammino verso la letteratura moderna 1922= esce in volume Ulysses, mentre prima erano usciti dei capitoli singoli in rivista. 1939= esce l’ultima opera completa, Finnigans Wake, che si configura come un’opera di grande sperimentalismo nella prosa, ai limiti dell’illeggibilità. 1941= muore a Zurigo. Benché all’epoca della pubblicazione dell’Ulisse Joyce fosse già un autore celebre e celebrato, la sua fama era limitata al punto che non riceverà grandi riconoscimenti né a livello simbolico, né a livello economico per la sua opera. Si tratta perciò di una fama all’epoca legata ai circoli modernisti, e quindi all’esperienza delle avanguardie, presso i quali Joyce era una star assoluta; mentre non godeva di ampio riconoscimento presso il grande pubblico. Consideriamo questo aspetto che emerge anche da una breve carrellata relativa alla propria traiettoria di Joyce+ il MODERNISMO INGLESE lo si comprende seguendo gli spostamenti di Joyce attraverso la mappa dell’Europa; il modernismo inglese è in larga misura il prodotto dell’opera di scrittori non britannici e lo possiamo definire un FENOMENO TRANSNAZIONALE (1° aspetto). Leghiamo questa definizione rispetto a questi grandi cambiamenti prodotti dalla Seconda Rivoluzione Industriale nel senso di un restringimento dei confini geografici e di una maggiore interconnessione, facilità di comunicazione e spostamenti, rapporti interculturali molto più intensi che si possono realizzare proprio grazie ai cambiamenti che si realizzano sui piani di cui abbiamo parlato > Pensiamo al miglioramento nel campo dei trasporti e alla facilità con cui ci si può spostare da un paese all’atro (tutti i viaggi che Joyce compie da un paese all’altro). Non trascuriamo il fatto che questo grande investimento sulla trasformazione radicale dei linguaggi artistici è in buona misura un investimento che sull’arte fanno degli artisti intellettuali che si collocano come “outsiders” nel movimento, ovvero che provengono fuori. Joyce è un esempio di vicinanza relativa, perché rimane dentro i confini del continente europeo, ma i suoi contatti con gli americani sono intensissimi e in buona misura il Modernismo è fatto dagli americani. Se pensiamo all’importanza di uno scrittore e organizzatore culturale come: Ezra Pound Ezra Pound, originario dell’Idaho, studia all’università di Pennsylvania e si trasferisce giovane in Europa (Londra, Parigi; Italia). E° uno dei perni cruciali del movimento modernista, non solo come autore di opere importanti e fondatore di movimenti come Vorticismo e Imagismo, ma anche come mediatore e organizzatore culturale, cioè un individuo capace di mettere insieme le persone, di farle conoscere ed eccezionale nel creare opportunità di pubblicazione, mettendo a contatto gli scrittori con gli editori. Fondamentale sarà l’incontro di Joyce con Ezra Pound e l’aiuto che Pound gli dà nella pubblicazione delle 95 sue opere. Lo stesso sarà per T.S Eliot con la sua The Waste Land, che in parte è frutto del lavoro di Pound come editor, mediatore e come lavoratore nel mondo della cultura, che permette alle opere di essere conosciute. E° un uomo che sa riconoscere il talento e soprattutto Pound si colloca in una posizione di outsider. Abbandonerà gli USA come T.S. Eliot, altro grande modernista naturalizzato inglese ma originariamente americano; Hilda Doolittle o altre figure come Katherine Mansfield sono altre importanti scrittrici di questo movimento. Possiamo definirli dei provinciali che vengono da fuori e che, espatriando, cercano i grandi centri letterari e culturali dell’epoca, come Londra, Parigi, Italia, Svizzera.. in quanto attratti dalla possibilità di cambiare aria e di lasciarsi alle spalle quelle che venivano percepite come limitazioni alla libertà di espressione degli artisti. Proprio in questo periodo, infatti, l’arte diventa un investimento esistenziale fortissimo, che plasma la vita degli individui, permettendo delle identificazioni profonde come quella di Joyce che vediamo riflessa in questo suo romanzo sulla vita dell’artista nascente, che è The Portrait of the Artist as a Young Man. Quindi Modernismo come fenomeno che prevede questa mobilità transnazionale e quesa fittissima rete di contatti e di network. Ultimo riferimento in termini generici. A differenza dell’esperienza di altre avanguardie, a cominciare dal Futurismo, il modernismo letterario inglese non è iconoclasta, nel senso che si fonda su una rottura radicale col passato e con la tradizione, al contrario i modernisti sono interessati a rinnovare il patto con il passato, dando un nuovo corso alla tradizione. E in questa chiave dobbiamo leggere le grandi rivisitazioni e riadattamenti dei miti classici come per esempio ritroviamo in Ulysses, che appunto riprende il mito greco per ricollocarlo nell’esperienza della modernità, infondendo nuova forza e nuova linfa nella struttura mitica per raccontare il mondo moderno con il suo squallore, la sua meschinità, la frammentazione dell’esperienza che lo contraddistingue + però anche le nuove opportunità che offre per quanto riguarda la possibilità di ridefinire i percorsi di vita degli individui. E anche per le nuove opportunità che offre di realizzare dei momenti di profonda comprensione del reale, attraverso l’ESPERIENZA DELL’EPIFANIA che in Joyce sarà cruciale per decifrare e ricreare l’esperienza attraverso il linguaggio della letteratura. 12° lezione 09/04/21 Leggere 1° capitolo, 4° capitolo e 5° capitolo per quanto riguarda A Portait Of The Artist as a Young Man. Difficoltà di pubblicazione del romanzo, in quanto risultava scomoda>quella di questo romanzo avveniva in due tempi: vi era stato un tentativo da parte di Joyce attraverso la mediazione di Ezra Pound al fine di fare uscire per lo meno parzialmente quest’opera . La svolta c’era stata nel momento in cui Pound era riuscito, grazie al suo interessamento e alla sua profonda fede in questo giovane scrittore che considerava il migliore della sua generazione, per far conoscere sotto forma di capitoli questo romanzo. Tra 1914 e 1915 esce a puntate questo primo romanzo di Joyce questa non è una rivista che possiamo 96 paragonare all’epoca precedente a quella che stiamo considerando. Le opere romanesche in epoca vittoriana uscivano su riviste...in questo caso si tratta di una delle tante riviste che venivano create e che morivano anche piuttosto rapidamente, tipico delle avanguardie. “The Egoist” è uno di questi progetti modernisti che ha una sua natura molto ben definita per quanto riguarda la tipologia delle persone che ci lavorano e il pubblico a cui si rivolge, ristretto, e costituito da lettori che sanno apprezzare le sperimentazioni artistiche. In questa piccola rivista londinese d’avanguardia, votata a pubblicare la nuova arte con le sue caratteristiche distintive, a cominciare dal fatto che si propone come un’ arte di letteratura sia per il linguaggio che per i contenuti> rifiuta di farsi fermare dai tabù, ma vuole proporsi come pubblicazione radicale; ma anch'essa subì dei tagli che all’autore non facevano piacere. Joyce fece sì che nel 1916 il testo apparisse nella sua versione integrale. A Portait Of The Artist as a Young Man non è solo una rottura tra grande pubblico e artisti/élite culturale e letteraria, ma lo è persino all’interno di questo ambiente ristretto. Ce ne renderemo conto leggendo le prime righe. Opera che si colloca nella tradizione del Bildungsroman, ma che ha anche una declinazione particolare all’interno di esso, in quanto appartiene al sottogenere del ROMANZO D’ARTISTA (KÙNSTLERROMAN), un sottogenere del Bildungsroman, per cui si focalizza sull’evoluzione verso la maturità di un personaggio definito, un artista che si sta gradualmente manifestando, anche a sé stesso, con la sua vocazione. Altra caratteristica: ha evidenti legami con la biografia dell’autore+ opera catalogata anche come romanzo autobiografico+ numerosi elementi testuali ed extratestuali che collocano l’opera nella dimensione biografica, che ripercorre alcune tappe della vita di Joyce. Il protagonista, Stephen, è solo in parte uno specchio fedele del giovane Joyce e il romanzo solo limitatamente mette in scena in maniera accurata e realistica i suoi rapporti con la famiglia, con i collegi religiosi che frequenta, la sua educazione precoce. Si tratta di fatti biografici che trovano una corrispondenza nella reale esperienza vissuta dall’autore, ma che sono in parte manipolati, distorti e interpolati con elementi fittizi. Si tratta di un genere che ha una dimensione ben precisa nel campo dei generi: si tratta di un romanzo, non di un’ autobiografia> il patto tra autore e lettori prevede che si parli anche di argomenti di fantasia e che quindi possano avere degli aspetti di verosimiglianza storica o di realismo biografico, ma che si colloca in un regime di narrazione fittizia. Stephen Dedalus= rappresenta una coppia di nomi simbolici e da qui comprendiamo la ricchezza dell’opera, la sua polisemia (sensi multipli). Sin dall’esplicito livello della nominazione dei personaggi si comprende appunto questa ricchezza estrema e complessità. 2 nomi: nome proprio di battesimo (Christian name) oggi si opta per first name= deriva dal greco e significa “incoronato” + Stephanos= radice greca del nome e nome del primo martire cristiano, perseguitato a causa della sua fede. Interessante per due motivi: Stephen è rappresentato come un perseguitato nel contesto della narrazione + fin dalle prime battute al lettore viene comunicato che vie era una sorta di un ingiunzione contro un possibile matrimonio tra il protagonista e la vicina di casa perché protestante. Stephen cresce in una famiglia di ferventi cattolici, a contatto con la governante che è una fanatica cattolica. 97
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