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Appunti Letteratura inglese II, Jane Eyre e Heart of Darkness, Dispense di Letteratura Inglese

Dispense su Jane Eyre e Heart of Darkness con riassunti dei capitoli trattati a lezione + macrotemi (L'orientalismo, la schiavitù, il gotico imperiale)

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 03/06/2022

redred3799
redred3799 🇮🇹

4.8

(13)

11 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti Letteratura inglese II, Jane Eyre e Heart of Darkness e più Dispense in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! 1 Il gotico A metà 700 viene fatto costruire dallo scrittore Horace Walpole un castello dall’apparenza gotica, Strawberry Hill. Al suo posto prima era una casa, che viene trasformata in una villa dallo scrittore per poter sfuggire dal caos e dal traffico di Londra. Walpole voleva che la villa avesse l’aspetto di un castello medievale. (I goti erano un popolo germanico di rilievo. La parola “gotico” si riferisce al medievale-nordico, in quanto era al nord che si costruivano i castelli.) Walpole racconta che finito il castello, una notte va lì a dormici e fa un sogno, in cui gli appare un gigante vestito di un’armatura medievale. Questo sogno gli fece una grande impressione, e gli lasciò una sensazione di meraviglia legata a terrore. Da questa immagine nasce il suo progetto di romanzo gotico, e sarà proprio lui l’iniziatore del genere. Il romanzo gotico non è né d’avventura, né borghese. Questo tipo di romanzo è legato al sovrannaturale, quindi fantasmi, magia, spettri, etc. Il castello stesso è alla base del revival neogotico, un fenomeno culturale importante sia nell’ambito dell’architettura che della letteratura; al suo interno di scrive il primo esempio di gotico narrativo. Il genere gotico è affascinato dai posti strani; i setting, infatti, non sono mai quelli quotidiani, a differenza del romanzo borghese in cui l’ambientazione è quella normale, i salotti, le case di campagna, le città etc. I posti tipici del gotico sono posti lontani, selvaggi, pericolosi, ad esempio Frankenstein si svolge al polo nord. Possono esserci prigioni, cripte, soffitte, e in generale ambienti claustrofobici, come in Dracula con il castello del conte. Possiamo distinguere due tipi di spazialità: una inquietante per la sua vastità e stranezza in confronto agli ambienti comuni, e una claustrofobica, che imprigiona e inquieta per il suo essere cupa, stretta. Strana è anche la temporalità: molto spesso le storie fanno riferimento a tempi antichi o arcaici, non tanto perché le vicende stesse si svolgono in tempi antichi, ma perché le vicende contemporanee serbano tracce del passato. La presenza del fantasma, ad esempio, è una traccia del passato, così come quella del castello. In questa temporalità il presente e il passato collidono, e gli effetti sono devastati. La figura del vampiro deriva da questa collisione inquietante fra passato e presente, in quanto si tratta di un morto che non è totalmente morto, e dunque si ciba del sangue dei vivi. Questa figura è spesso erotica, a tratti pornografica; è inquietante perché contro natura, irragionevole. Al centro della gothic fiction c’è il problema del potere. Si stabiliscono delle relazioni di potere fra i personaggi negativi che usufruiscono di un potere quasi sovrannaturale, e quelli vulnerabili che subiscono questo potere. Quest’ultimi sono spesso donne, o uomini con tratti femminei, come l’avvocato in Dracula. Abbiamo anche esempi di storie in cui il personaggio al potere non è un uomo, ma una donna: in Carmilla (Sheridan Le Fanu, 1872) una vampira trova la sua vittima in una ragazza indifesa che vive da sola col padre. Nel romanzo la vampira seduce eroticamente questa fanciulla. In generale, la sessualità di questi romanzi è estremamente perversa, inquietante: si tratta spesso di incesto, violenza sessuale, viene descritta una forma morbosa di desiderio, lontana dalla normalità (ammesso che esista la “normalità”.) Nella maggior parte dei casi il personaggio maschile detiene il potere economico, sessuale, sociale, sovrannaturale; è una figura estremamente patriarcale, come di norma nella cultura vittoriana. In questo scontro tra potente e donna fragile in genere a rimetterci è la donna, ma a volte capita che quest’ultima esca trionfante, come in Dracula: una delle due donne finisce per essere una vittima, ma l’altra riesce a sopravvivere e porre fino alla vita di Dracula. Un tema fondamentale del romanzo gotico è il perturbante. Con questa parola ci riferiamo ad un saggio di Freud, “Unheimlich”. Il termine tedesco unheimlich dal punto di vista semantico è il contrario di heimlich (da heim, casa) che significa tranquillo, confortevole, fidato. Freud si rifà a un racconto di Hoffman, “The Sandman”, la storia di un ragazzo psicologicamente disturbato. Quando era bambino, il padre veniva spesso visitato da uno strano e cupo personaggio; i due si chiudevano in una stanza e non volevano essere disturbati. Il padre minaccia il bambino dicendogli che se fosse entrato nella stanza, l’uomo l’avrebbe accecato con della sabbia. Il bambino è terrorizzato, e crescendo sviluppa diversi traumi. Quando l’ormai adulto si trova in cima a una torre e guardando in basso vede un banco con 2 degli occhiali in vendita, si butta giù terrorizzato e muore. Il passato familiare torna a farsi presente in maniera irriconoscibile, ma lo terrorizza così profondamente che lo porta al suicidio. Freud afferma che i traumi installati nella prima infanzia vengono poi rimossi dal nostro Io, ma rimangono comunque a livello inconscio. Dall’inconscio riaffiorano in maniera non riconoscibile provocando sofferenza, malattia mentale, sogni ed opere d’arte. Il gotico, pur risalendo alla fine del 700, preannuncia quella che sarebbe stata la teoria novecentesca di Freud. Altro tema essenziale del gotico è il sublime. Alla fine del 700, Edmund Burke scrive un trattato filosofico sulla categoria esoterica del sublime, “A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful”. Secondo questo scritto, il bello è ciò che noi percepiamo relativamente a qualcosa di armonioso, piacevole, ordinato e tranquillizzante; il sublime invece si presenta come una bellezza che si mescola alla paura; è bello e terribile, piacere e terrore. Alcuni setting che ispirano il sublime sono i paesaggi notturni, le rovine, ruderi, l’oceano in tempesta, deserti, alberi secchi, luoghi desolati, privi della presenza dell’uomo. I setting gotici possono dunque essere definiti sublimi. Il gotico inoltre appare sulla scena letteraria non a caso nei momenti di crisi sociale e politica, prima alla fine del 700 con la rivoluzione americana, inglese e francese, e poi nella seconda metà dell’800 e in particolare alla fine, proprio in quel momento di grande crisi politica e sociale che sfocerà poi nella Prima guerra mondiale. Castle of Otranto 1764 È il primo romanzo gotico. È la prima volta che si usa il termine gothic per definire una storia. All’inizio del romanzo, il narratore afferma di aver trovato questa storia scritta in italiano in una biblioteca di una famiglia cattolica, e decide quindi di tradurla e pubblicarla. Distinzione fra novel e romance: - Novel : nasce in Inghilterra ed è il tipico romanzo borghese (es. Robinson Crusoe). - Romance : si rifà alla tradizione medievale dei romanzi cavallereschi, una produzione che era spesso in poesia (Cicli bretoni). Le storie erano fantastiche, pieni di magia, non avevano nulla a che fare con la realtà, ed erano spesso ambientate in paesi di lingua romanza. The Monk 1796 È un romanzo gotico di Matthew Lewis. La storia si svolge in Spagna, questo perché i paesi del sud Europa venivano visti come luoghi lontani e diversi, strani, esotici. Alla fine del 700 ebbe grande successo il Grand Tour, il viaggio dei giovani nel sud Europa. Questo viaggio era il primo momento in cui il giovane uomo era libero di fare nuove esperienze, anche sessuali; è considerato come una forma di passaggio, di maturazione. Per i nordici il sentimento più diffuso per questi paesi è la diffidenza, sono visti come posti affascinanti ma pericolosi a causa del gran numero di briganti, mendicanti, strade pericolose, persone non particolarmente gentili e un clima di diffusa corruzione. Di conseguenza, diversi romanzi gotici vengono ambientati in Italia e Spagna. Il monaco, Ambrosio, è un predicatore di grande successo, finché un giovane non gli chiede di essere ospitato nel suo convento (che come luogo suscita gli stessi sentimenti di un castello, ha cripte, scale etc.). Fra i due si crea un legame molto stretto, e quando il ragazzo si svela essere Matilda, una donna dalla bellezza straordinaria, si innamorano e hanno rapporti sessuali. In poco tempo Matilda svelerà l’ultimo segreto, ovvero di essere un diavolo emissario di Satana, che ha voluto tentare Ambrosio per conquistare la sua anima. Il romanzo si conclude con la comparsa di Satana che si impossessa di Ambrosio e lo porta all’inferno. In quest’opera c’è un eccesso di sesso, di sublime, di sovrannaturale, tutto viene portato al livello più melodrammatico. In altri romanzi invece il sovrannaturale si rivela “naturale”, trovando una spiegazione realistica (fantasma che in realtà è una persona vera). Un tema importante è il sub plot della ragazza monacata a forza (“The Bleeding Nun”.) La monaca, innamorata di un ragazzo, viene uccisa e sepolta nel convento. Dalla sua uccisione, in certe notti il suo 5 Altri esempi sono Alì Babà e i quaranta ladroni. L’impero britannico La seconda metà dell’800 è un momento fondamentale per l’estensione del potere colonialista europeo nel mondo, anche se i domini coloniali già risalgono al 600. L’imperialismo nasce a partire dalle scoperte geografiche, e l’800 è l’apice di questa espansione geografica. Protagonista è la Gran Bretagna che diventa potenza mondiale, con un impero estremamente vasto, il più grande della storia. Si diceva che il sole non tramontasse mai sull’impero inglese proprio perché occupava un quarto del mondo, e il sole si trovava sempre in almeno una parte di esso. L’impero commercia con l’America settentrionale, Africa, India e poi Australia, Nuova Zelanda etc. Ha a che fare anche quelli che sono oggi gli Stati Uniti, una volta soltanto colonie dell’impero britannico. Espansione in Asia Le esplorazioni iniziano nell’America settentrionale per motivi commerciali ed economici. Si sbarca in India con Elisabetta I, nei primi del 600. Lo sfruttamento economico dell’India si era avvalso della Compagnia delle Indie orientali; i beni che venivano trasferiti erano vari, a partire dalle spezie, il tè, il pepe etc. L’Inghilterra arriva ad estendere il suo controllo su tutta l’India, compreso il Pakistan e Bangladesh. La decolonizzazione dell’India è molto recente, degli anni 40 del 900. L’India veniva considerata la perla della corona inglese, in quanto paese più ricco di risorse. La rivoluzione industriale La prima rivoluzione industriale ha luogo nel 700, la seconda nella metà dell’800. È il momento in cui il progresso industriale è ai suoi massimi; aumenta il capitale nazionale e migliorano le condizioni economiche delle persone, intorno alle fabbriche iniziano a condensarsi veri e propri centri urbani che ospitavano le abitazioni degli operai. Questi quartieri erano poverissimi e permettevano una vita al limite, in quanto le condizioni igieniche erano pressoché inesistenti. Tuttavia, in città c’erano anche medici e strutture sanitarie, quindi la mortalità, soprattutto quella infantile, diminuisce poco alla volta. In città ci sono anche le scuole, quindi l’analfabetismo inizia ad essere superato, anche se la percentuale è sempre stata piuttosto bassa. La produzione industriale porta ad un immediato miglioramento dei prodotti e della loro vendita. Questo avanzamento viene messo in mostra alla Great London Exposition (1851), in cui produttori da tutto il mondo mettono in mostra la loro produzione di punta; si tratta della prima esposizione universale della storia. Il principe Alberto era stato convinto ad aderire a questo progetto in quanto la mostra avrebbe dato l’opportunità alla Gran Bretagna di sfoggiare il proprio progresso. Il problema era costruire un edificio adatto a ospitare prodotti da tutto il mondo; viene risolto da un giardiniere (Joseph Paxton) che progetta la struttura. Si costruisce un posto simile ad una serra, con pareti di vetro smontabili. Prese il nome di Crystal Palace e accolse 28 mila espositori di 36 nazioni diverse, per un’estensione di nove ettari. Il palazzo venne poi smontato e spostato in un posto più periferico, ma prese fuoco e oggi non ne abbiamo più traccia. Rimane comunque simbolo dell’importanza che l’impero ha avuto nella crescita dell’economia britannica. Charlotte Brontë (1816 – 1855) È una dei più grandi romanzieri europei, fa parte di una famiglia che ha prodotto una serie di scrittori e scrittrici importanti, al punto da creare il mito della famiglia Brontë. Nasce nel 1816 nell’estremo nord dell’Inghilterra, al confine con la Scozia (Thornton). La famiglia del padre proveniva dall’Irlanda dove esisteva un clan chiamato O Prontaigh, trascritto come Prunty. Da adulto il padre si trasferisce nella parrocchia di Thornton. Inizia ad essere insoddisfatto del suo cognome in quanto troppo chiaramente irlandese; gli irlandesi erano considerati una razza inferiore, erano 6 visti come poveri, sporchi, alcolizzati, ignoranti, dunque nessuno voleva essere riconosciuto come irlandese. Il padre prende dunque questo nome dall’Italia, in Sicilia, dove si trova un paesello di nome Bronte. Sceglie questo posto perché Patrick era un ammiratore di Nelson che era stato nominato dal re Borbone duca di Bronte. Dato che voleva venisse pronunciato all’italiana (BrontE) e non BrontI, aggiunge la dieresi. Ha sei figli con la moglie, ma Maria muore piuttosto giovane; Emily sarà l’autrice di Cime Tempestose. Tutta la famiglia si trasferisce poi a Haworth, dove i figli passano il tempo nell’ampia biblioteca del padre. Tabby, la serva, raccontava tutto il materiale folclorico di quella parte settentrionale dell’Inghilterra e della Scozia. La ballata era un genere importantissimo nella cultura irlandese e scozzese, nato in età medievale. Si trattava di poesie e versi che raccontano storie di tutti i tipi, da quelle d’amore a quelle fantastiche e politiche. Ovviamente non venivano scritte ma raccontate e accompagnate da musica e danza. La casa della famiglia dava direttamente sul cimitero, dunque la situazione igienica non era ottimale. La scuola delle bambine era estremamente povera, le condizioni di vita erano estreme, senza riscaldamento, con poco cibo e pochi vestiti. Due sorelle muoiono ammalate di tifo e tubercolosi in seguito alla permanenza all’interno di quella scuola; le altre avranno comunque problemi di salute causati dalla permanenza. Un giorno Patrick torna con una scatola di soldatini, con i quali i bambini organizzano una specie di teatro per scrivere storie in dei libricini minuscoli. Queste storie erano saghe, storie fantastiche. La presenza della cultura imperiale è già evidente perché si parla di paesi lontani che vengono conquistati e colonizzati. Il tema dell’insegnante era molto importante per Charlotte, in quanto le donne della borghesia non potevano lavorare fuori casa, e chi lavorava erano donne delle classi inferiori, come le operarie. L’unico impiego che potevano avere era quello di insegnante o governante delle case borghesi; era un lavoro molto duro in quanto venivano trattate male, sia dai padroni che dai bambini. Emily, infatti, non fece mai la governante; era la più ribelle, brillante, scappa anche dal collegio e fa lo sciopero della fame, infatti il tema dell’anoressia è presente nei suoi scritti. La lettera di Southey a Charlotte che la sconvolge. Va contro i suoi consigli misogini e fece pubblicare il volume dei Poems e poi tre romanzi che vengono pubblicati tutti insieme. Jane Eyre ebbe un grandissimo successo, era diviso in tre volumi. Dopo il successo di Jane Eyre, pubblica altri due romanzi di pari successo, Villette e Shirley. La pubblicazione continua ad essere sotto un nome d’arte (Currer Bell). Nel 47 escono i tre volumi delle sorelle, il 48 è un anno di lutti: muore il fratello, un pittore molto ammirato. Si era dedicato anche all’insegnamento, era il tutore in alcune case borghesi; lavorando in una di queste si era innamorato della mamma del ragazzo che seguiva, e forse c’è stata una storia d’amore. Viene poi cacciato da questa casa, e lui ragazzo psicologicamente fragile, si dà a bere e al laudano (bevanda fatta da alcol e oppio). Nel 48 ha una crisi che lo porta alla morte, dopo due giorni si fa il funerale durante una giornata particolarmente brutta, e Emily si ammala. Lei era già malata di tubercolosi, si prende una febbre, torna a casa e non vuole essere visitata da un medico. Accetta di farsi visitare solo quando è agli stremi, e tre mesi dopo muore. Maggio 1849, anche Anne muore di tubercolosi. Nel 1854 Charlotte sposa l’aiuto parroco, il reverendo Nicholls. Non è un matrimonio combinato, fu probabilmente una vera storia d’amore, ma non era completamente convinta. (Matrimonio pericoloso per le donne). Incinta del primo figlio, a 39 anni, Charlotte muore. Elizabeth Gaskell fu una famosa scrittrice vittoriana, una delle poche che potessero usare il loro nome di donna per pubblicare. Comincia collaborando alle riviste di Dickens, che pubblicavano storie fantastiche intorno al periodo di Natale. Queste riviste avevano grande successo, e chiede collaborazioni con altri scrittori e scrittrici. Era amica di Charlotte, e dopo la sua morte il padre Patrick chiede a Elizabeth di scrivere una biografia di Charlotte. Elizabeth fa interviste, guarda i dintorni della sua casa, la brughiera selvaggia. Nel 1857 Elizabeth pubblica la biografia, che contribuirà a creare il mito della famiglia Bronte che perdura tutt’oggi. Unhappy and lonely. Jane Eyre 7 An autobiography edited by Currer Bell: il testo vuol far credere che si tratti dell’autobiografia di Jane Eyre, curata da Currer Bell. L’espediente di scrivere romanzi facendo finta che fossero autobiografie era molto noto; i lettori quindi non ci credevano veramente, ma l’espediente continuava ad essere usato perché voleva trasmettere un senso di verosimiglianza alle cose narrate; voleva dire che ciò che viene narrato è vero. Il romanzo è scritto in prima persona, la protagonista è anche la narratrice, dettaglio molto significativo. Quando si legge è molto importante sapere chi è il narratore: se si usa la terza persona il narratore è esterno, quindi estremamente affidabile, in quanto è onnisciente e sa dunque tutto; il narratore interno non è quasi mai affidabile, perché racconta la storia dal suo punto di vista, mentre la visione dei fatti di qualcun altro potrebbe essere ben diversa. Capitolo 1 Il romanzo comincia in medias res. Siamo in inverno ed è molto freddo. Sappiamo anche che esiste una certa signora Reed. Chi narra è un personaggio poco avventuroso, è fragile e gli altri sono più forti di lei. I tre sono i figli della signora Reed. La narratrice è già esterna, distaccata da questa famiglia. Per lei è più gradevole stare da sola, probabilmente è un personaggio solitario. La signora Reed teneva a distanza Jane dal gruppo familiare, e sarebbe sempre accaduto finche non avesse dimostrato delle maniere più piacevoli, attraenti e vivaci, soprattutto più naturali. Quello che ci si aspetta da un bambino è che sia allegro vivace e sorridente, questo è “naturale”; Jane evidentemente non è così normale, tranquilla e allegra, e quindi la madre la tiene a distanza dalla famiglia. Quadretto di felicità domestica da cui Jane Eyre è esclusa, o forse si è autoesclude, in quanto lei stessa preferisce così (“dispensed”). Soffre di un complesso di inferiorità fisica rispetto agli altri bambini, e ne soffre psicologicamente, si sente diversa rispetto ai bambini Reed; è una figura anormale e isolata. Preferisce stare dentro che fuori a giocare (claustrofilica), al contrario degli altri bambini. La famiglia invece sembra essere molto felice. Il marito per ora non c’è. Jane va nella stanza vicina che conteneva uno scaffale, dietro la tenda rossa è completamente nascosta dal mondo. La topografia di un romanzo è sempre importante, particolarmente in quelli delle sorelle Bronte. I colori primari quando abbinati segnalano una situazione importante; se una stanza è rossa e bianca/nera, è sicuramente rilevante. Questo nido replica l’intimità nel gruppo di bambini stretti intorno alla mamma; Jane è da sola ma si ricrea lo stesso tipo di calore (tenda rossa: camino/fuoco). Questo nido esprime simbolicamente una specie di utero, una situazione di piacevole chiusura. Più chiusa è meglio è. Jane Eyre si dimostra una bambina intellettualmente vivace, le piace leggere libri, in particolari quelli illustrati. È legata alla narrazione ma anche all’arte figurativa. Like a Turk: richiamo all’Oriente, quasi spontaneo, non esplicito. Nell’immaginario europeo in particolare inglese, tutto questo materiale che arrivava sull’oriente aveva diffuso una serie di archetipi sull’oriente, fra cui quello dell’orientale a gambe incrociate. (Lo ritroveremo in Heart of Darkness, in cui il protagonista all’inizio del romanzo dice di stare a gambe incrociate come Buddha). Jane sta leggendo un libro molto famoso, History of British Birds di Bewick (700) illustrato con foto di uccelli. Testo scientifico in parte, ma le immagini e le descrizioni lo rendono anche un libro da lettura. Contiene figure di uccelli a tempera e acquarelli, illustrazioni molto belle. Le pagine preferite sono quelle che parlano di uccelli di mare, c’è uno sfondo paesaggistico della costa della Norvegia. I quattro versi sono tratti da una famosa poesia di Thomson dedicata all’autunno. Thomson era un poeta scozzese settecentesco, famoso per essere un poeta non colto, un poeta contadino, e mantiene questo tipo di spontaneità nell’espressione, particolarmente apprezzata dai poeti romantici. I versi sono citati anche nella Storia degli uccelli britannici. Thule è un territorio fantastico citato nelle saghe nordiche come un estremo lembo di terra abitata, una specie di finimondo, ritorna in molti miti ed epopee. Le Ebridi sono un arcipelago di isole a ovest della Scozia. Molti nomi di paesi settentrionali, spazi cupi, desolati, molto ghiaccio, neve. In queste prime pagine Jane è fra due dimensioni, reale e fantastica, entrambe estremamente fredde e ghiacciate. Tre testi: History of British Birds, Seasons (poems) di Thomson, e il terzo non citato Paradise Lost di Milton. L’inferno di Milton è freddo, gelato. Memorie letterarie dell’autrice. Tema del sublime. Il paesaggio è sempre lo stesso ma con nuovi elementi, lo scoglio, la barca arenata, la luna e il riferimento al naufragio. Di nuovo tema del sublime: moltissimi quadri 800 trattano il naufragio, perché da un lato 10 Midsummer nights dream. Di solito le fatine compaiono davanti agli occhi dei viaggiatori in ritardo per strada. Out of lone, ferny dells in moors: paesaggi solitari, moors = la brughiera. Metafora del pozzo; molto spesso compaiono metafore della mente, modo figurativo per rappresentare il pensiero. La sua mente è disturbata come uno scuro deposito in un pozzo. La mente è come un pozzo d’acqua, un contenitore, che però non contiene acqua limpida ma depositi oscuri. John che è una peste non viene mai rimproverato, non viene controllato nonostante tutti i suoi danni. I crimini di John sono rivolti agli animali piccoli e alle piante. Tema degli animali maltrattati che per le sorelle Bronte è frequente. L’animale è un essere fragile, debole, che può essere facilmente vittima, prendersela con gli animali e i bambini è un crimine tremendo; sinonimo di estrema crudeltà. Chiamava sua madre “vecchia mia” invece che madre, eccessiva confidenza da ragazzino maleducato, e la criticava per avere la pelle scura quando ce l’aveva anche lui. Richiamo alla pelle scura, legame implicito con la razza. La negatività di John viene ribadito dal fatto di avere la pelle scura. Charlotte ed Emily erano state mandate a studiare in collegio, e utilizzavano l’astensione dal cibo e dalle bevande come una sorta di ricatto dal padre. Tema del rifiuto del cibo. Le sorelle Bronte avevano più volte utilizzato questo metodo per ottenere qualcosa. I was a discord in Gateshead Hall = nome della casa, io ero diversa, ero diversa da chiunque altro. Ero una cosa nociva: continua ad isolarsi. Scopriamo che Mr Reed era suo zio, il fratello di sua madre. I genitori di Jane erano morti e lo zio materno l’aveva presa con se e portata nella sua casa, è quindi orfana. Lo zio era stato l’unico parente buono, ma muore e rimane con la zia acquisita. È un po’ come Cenerentola. È nella camera dove è morto lo zio, e inizia a pensare ai morti. Tema tipico dell’apparato folclorico a cui Jane Eyre fa riferimento, credenza per la quale i fantasmi che sono in terra sono quelli che hanno subito qualche torto, avevano espresso i loro ultimi desideri e non erano stati mantenuti. Quindi i morti continuano ad essere tormentati e tornano per vendicarsi. Il timore di Jane Eyre è quello di veder comparire il fantasma dello zio. Atmosfera di un racconto gotico, fantasmi, ballate etc. vede una luce sul muro che si muove, che trema sopra la sua testa. Scissione fra Jane Eyre adulta che spiega realisticamente, e la bambina che è spaventata e scossa. Non viene data nessuna spiegazione razionale per il rumore di battito di ali, rimane il dubbio. L’episodio del fantasma si conclude con una spiegazione parziale. Il lettore viene mantenuto sulla suspence. Mrs Reed pensa che Jane stia fingendo. Questo episodio gotico si conclude con l’urlo di Jane, ricorda quello del fantasma in Cime Tempestose. (Signor londinese che va in vacanza nello Yorkshire per passare un anno, aveva preso in affitto una casa e si presenta ad un’altra casa che è quella dove abita il suo affittuario. La casa si chiama cime tempestose; comincia a nevicare e non può lasciare la casa del padrone, quindi rimane in questa casa. Viene ospitato in una camera da letto con un letto dentro una grande cassa avvicinata alla finestra, si addormenta e sente battere alla finestra, pensa siano le pigne, accende la candela e vede che è la mano bianca di una bambina, un fantasma. Questa bambina dice “fammi entrare”, il vetro si rompe e la mano della bambina entra attraverso il buco del vetro. Prende la mano della bambina e strofina il polso della bambina sul vetro rotto così da farlo sanguinare sulle coperte, fantasma che ha un corpo. La bambina ritira la mano e lui chiude il buco sulla finestra con una pila di libri e urla.) Molti elementi in comune, bambina, sangue, fantasma, urlo del vivo, la camera da letto. I giudizi della zia sono estremamente particolari; insieme di passioni virulente (paura, terrore, voglia di ribellione, rabbia), uno spirito meschino quindi una bambina bugiarda; possibilità di una vera duplicità nella psiche di Jane Eyre. È lei che racconta, è un narratore inaffidabile. Com’è realmente questa bambina? Mente davvero, è strana davvero? Oppure ha ragione Jane Eyre? Questa duplicità fa sorgere dei dubbi. Capitolo 3 Quella stessa sera Jane Eyre si sveglia nel suo letto, non più nella stanza rossa. Lei dormiva nella stessa stanza dei cugini, nella nursery. Gentleman: il farmacista del paese, Mr Lloyid. Questo incidente lascia una traccia psicologica per sempre in Jane. Bessie era tornata su con una piccola torta su un certo piatto di porcellana dipinta, con un uccello del paradiso fra i fiori, che lei in passato aveva sempre voluto toccare per esaminarlo; (fascinazione per gli animali, gli uccelli). Il favore arriva troppo tardi, e non riesce a mangiare il pasticcino. Una cosa che le era sempre sembrata meravigliosa, ora che ce l’ha non le interessa più. 11 Torna il perturbante di Freud, terrore che nasce dal non riconoscere ciò che era quotidiano, esattamente ciò che succede a Jane Eyre, sintomo di depressione, disturbo mentale. Prime esperienze di perturbante collegate a delle immagini, come quelle iniziali sugli uccelli. La seconda ballata non esiste, è un testo inventato da charlotte. Il ritmo, la prosodia, sono quelli delle ballate, speaker della ballata è il bambino orfano che sta vagando nella natura. Le figure sovrannaturali aiutano il bambino a superare la notte, perché i genitori non ci sono. Fuochi fatui = false lights. My father sostituisce god, indica dio ma potrebbe anche fare riferimento al padre morto, la sua speranza è che se dovesse morire, verrà stretto al petto dal padre celeste. Perché Bessie canta questa canzone / charlotte inserisce questa lirica in questo punto del romanzo? Perché Jane si sente sola, abbandonata, in un cammino della sua vita di sofferenza. Ci viene rappresentata la sua disperazione, la sua sofferenza e solitudine. Jane scoppia in lacrime e Bessie la calma. “Piangevo perché sono disperata”. Il farmacista inizia ad indagare. Inizia a confidarsi con Jane, che gli dice che non ha padre o madre, sorelle o fratelli. Il farmacista propone a Mrs Reed di mandare Jane in collegio, vivere da un’altra parte. La signora Reed è felice di questa proposta, in quanto si propone come un modo per togliere di mezzo Jane, per cui accetta. Il padre e la madre di Jane erano morti di tifo. Capitolo 4 Si tratta di un capitolo di passaggio. Il romanzo è organizzato in cinque fasi che coincidono con cinque ambienti diversi; abbiamo appena letto la prima fase. Nelle prime pagine si sottolinea la solitudine di Jane. A pagina 38 qualcuno sta aspettando Jane; si tratta di una figura quasi non umana, non organica, una colonna nera, pietrosa. È il direttore di una scuola, chiamato dalla signora Reed per iscrivervi Jane. Mr. Brocklehurst è un personaggio molto maschile e patriarcale, quasi fallico nella sua apparenza. Si dimostrerà come una specie di archetipo dell’uomo patriarcale vittoriano. Quando Jane non risponde alle domande del signore, la signor Reed inizia a scuotere la testa, affermando che Jane non è una brava bambina. Il direttore fa subito una distinzione di genere: è molto peggio essere una bambina cattiva che non un bambino cattivo. “Do you know where the wicked go after death?” è una domanda che introduce il tema della morte, in particolare quella dei bambini, già intravisto nella poesia del povero orfano. Le risposte di Jane sono piuttosto provocatorie. La presentazione che viene fatta di Jane da parte della signora Reed è estremamente negativa, al punto tale da venire obbligata a passare le vacanze a scuola senza tornare a casa. Jane si sente profondamente offesa in quanto non si sente di meritare queste parole. Rimaste nella stanza solo Jane e la zia, la bambina inizia ad avere una grande crisi di rabbia, durante la quale afferma di odiare tutta la famiglia e di non voler mai più venire a trovare la signora Reed, cosa che sappiamo non sarà vera. Quella di Jane è una vera e propria crisi isterica. Fomentata da questa rabbia, è il suo turno di stare dritta come una colonna; è come se la bambina acquisisse un ruolo quasi maschile, stando eretta come un cavaliere vittorioso. La sua ira le ha portato un sentimento tale di vittoria da farla passare da una bambina a un uomo solenne e trionfante. Durante tutto il suo percorso di maturazione Jane cercherà un’equiparazione ai ruoli maschili. Alla fine della pagina Jane descrive il suo stato mentale con una metafora: la sua mente, mentre minacciava la signora Reed, era come una brughiera incendiata, splendente di fiamme divoranti. Ma dopo questo scatto d’ira, ciò che rimane non è che una brughiera nera, triste e cupa come il suo stato mentale. Il carattere prono all’ira e all’odio di Jane viene ancora una volta sottolineato. È interessante vedere come lei stessa sia in grado di riflettere sul suo stato d’animo e di rendersi conto di quanto accaduto: lei stessa definisce questo stato come madness. Capitolo 5 È mattina presto, circa le cinque, e Jane sta per prendere una carrozza per andare a scuola. Bessie l’accompagna alla porta e Jane finalmente se ne va. 12 Il secondo setting del romanzo è Lowood, dove si trova il collegio; dista circa 50 miglia (100 km) da Gateshead, eppure il tempo che impiega la carrozza ad arrivarci viene enormemente esagerato nel romanzo: partono alle sei di mattina per arrivare di notte. Il tema del viaggio è importante, in quanto sembra non finisca mai, come se avesse qualcosa di magico e rappresentasse un passaggio da una dimensione all’altra. È un tragitto lungo, faticoso e magico. Quando viene svegliata per scendere dalla carrozza è ormai buio e piove, dunque la bambina riesce a vedere ben poco se non una specie di gruppo di case. Entrata nel complesso viene fatta accomodare in una stanza illuminata dal fuoco: l’ambiente è cupo, buio, labirintico. Entra poi in una grande stanza da cui provengono altre voci, quelle delle altre 80 bambine che vivono nella scuola. Come solito si dà grande importanza alla spazialità, che è tipicamente gotica; non siamo in un castello, ma la scuola è simile. Quando le bambine sono a tavola la mattina dopo, fanno dei commenti sul cibo sgradevole che gli viene portato, ovvero porridge bruciato; si fa più spesso riferimento al cibo, che era spesso povero, scarso e disgustoso. A pagina 56 viene descritto l’abbigliamento delle orfane, che dovevano portare i capelli sistemati all’indietro. All’interno della scuola Jane fa amicizia con una bambina, Helen, che si presenta quasi come un opposto di Jane: è estremamente dolce, si adatta a tutto e non protesta contro alcuna ingiustizia; anche quando viene picchiata e frustrata sul collo non si lamenta, questo perché ha una grande fede in Dio e nell’aldilà e crede che la sopportazione sia una virtù cristiana. Di conseguenza non si ribella mai, e cerca sempre di vedere il lato positivo della situazione. Passa l’inverno, e nella scuola fa molto freddo data l’assenza di alcun tipo di riscaldamento. Molti si ammalano, e il cibo è carente. La scuola di Lowood, come suggerisce il nome, si trova in una specie di conca in basso, che diventa molto umida con le piogge invernali. Un giorno (pag 75) il direttore viene a ispezionare la scuola, e questo evento turberà molto Jane: alla vista di una bambina con i riccioli rossi fuori posto, il direttore è estremamente stupito, al punto da ordinare di far tagliare tutti i capelli alla bambina; questo perché le orfane non dovevano mostrare alcun segno di femminilità e di bellezza. Davanti a questa scena, Jane fa cadere la lavagnetta che aveva in mano, che si spezza a metà. Il direttore sposta la sua attenzione su di lei, e inizia ad umiliarla davanti al resto delle bambine. Viene lasciata a stare in piedi su uno sgabello per mezz’ora, episodio che ricorda quello della red room; si replica la stessa situazione dalla quale era scappata Jane. È un’aliena a scuola così come lo era a casa della zia; viene accusata di ingannare le bambine facendole credere di essere una di loro. Questa volta Jane riesce però a controllare la sua ira e ad evitare una crisi isterica. Capitolo 8 Nei primi giorni di scuola si trova abbastanza bene nonostante la fame e il freddo; con la compagnia delle altre ragazze si sente meno sola. In questo capitolo si parla dell’amicizia con Helen, bambina fragile di salute. Una delle insegnanti è particolarmente gentile con Helen e Jane, al punto da invitarle nella sua stanza per bere il tè e mangiare qualche pasticcino. Questa gentilezza inaspettata rasserena le bambine, che lo vedono come un privilegio. Capitolo 9 In questo capitolo abbiamo un momento di svolta: la valle boscosa dove si trova la scuola diventa culla di una pestilenza nata dalla nebbia, che penetra nell’asilo delle orfane e soffia il tifo nelle aule, trasformando la scuola in un ospedale. Con il riscaldarsi dell’aria intorno a maggio, si sviluppano anche i germi del tifo. Chi aveva ancora qualcuno in famiglia viene allontanato dalla scuola, mentre gli altri restano. La morte diventa una frequentatrice del collegio: il tema della morte infantile è ora molto evidente, al suo culmine. Jane nota che se da una parte stava iniziando la primavera e i fiori stavano sbocciando, dall’altra nella scuola non facevano che essere sepolte bambine su bambine. 15 Viene descritta Adele, una bambina intelligente e carina ma “troppo francese” ovvero viziata; il blando “razzismo” contro i francesi è esplicito in Villette, dove vengono considerati dei cattolici papisti, superficiali e corrotti. Le governanti in Gran Bretagna erano perlopiù francesi, ed erano dunque guardate con diffidenza. Intanto per Jane passano mesi abbastanza monotoni tra mansioni e lezioni. La giovane è abbastanza soddisfatta ma inizia ad annoiarsi, e va in terrazza a fantasticare su una vita diversa, più attiva. A pagina 129 Jane fa una riflessione sugli uomini e le donne molto moderna. In genere le donne sono calme (Jane no) ma anche loro hanno sentimenti: sembra scontato ma per l’epoca non lo era. Sostiene che le donne debbano allenare le loro facoltà come gli uomini, che le donne soffrono di una stagnazione mentale e trova ingiusto che gli uomini le confinino in casa e le prendano in giro se vogliono “evolversi”. Sia Charlotte che Jane conosco il francese, hanno insegnato, e sanno quanto è difficile essere donne; nel romanzo c’è molto di autobiografico. Un pomeriggio di gennaio la signora Fairfox invita Jane ad imbucare una lettera ad Hay. Jane è ben contenta e si incammina; fuori è freddo, i colori sono quelli del tramonto, e decide di fermarsi un po’ per ammirare il paesaggio. Jane ascolta piacevolmente il frusciare del ruscello, che viene interrotto da un forte rumore (tramp tramp). È un rumore meccanico: sta per arrivare un cavallo. Jane ricorda le storie di Bessie e le vive più consapevolmente; le torna in mente la storia di uno spirito dell’Inghilterra del nord che si manifestava sottoforma di cane o cavallo per punire i viaggiatori in ritardo (non rientrati prima del buio). La sua è una fantasticheria che l’ammette in una dimensione fantastica. Le appare davanti un grande cane (possibile trasformazione dello spirito Gytrash) bianco e nero con occhi che sembrano sovrannaturali, ma l’animale la supera ignorandola; arriva il cavallo per porta sulla schiena una cavaliere, dunque non può essere lo spirito perché il Gytrash non poteva essere cavalcato. Il cavallo e il cavaliere scivolano e l’uomo impreca. A pagina 133 Jane vede per la prima volta il cavaliere in faccia, e abbiamo la descrizione fisica del personaggio. L’uomo non è bello, proprio come Jane Eyre. Solitamente gli eroi sono sempre belli, ma qua no; l’unico tratto tipicamente maschile e seducente è l’ampiezza del torace. Il dialogo fra i due è piuttosto lungo e lui si dimostra brusco, seccato dalla caduta e dal fatto di doversi far aiutare da una donna. Quando Jane dice di venire da Thornfield, l’uomo rimane stupito. I tratti principali del cavaliere sono la mascolinità, il colore scuro, strong and stern; l’atteggiamento brusco contribuisce all’aspetto mascolino. Tornata a casa Jane sente dei rumori e vede delle luci, e ancora rincontra il cane di prima. Si scopre che il cavaliere è proprio Mr Rochester, il coprotagonista della storia. RIEPILOGO TEMI FONDAMENTALI La rabbia è una caratteristica importante dell’immaginario di Charlotte Bronte (prima produzione Tales of Angria). La rabbia in Jane Eyre deriva dal senso di esclusione e di emarginazione, costitutivo del suo personaggio; è orfana e dipende economicamente dalla moglie dello zio. John, essendo un maschio, può permettersi di comportarsi come vuole, lei no. Questa rabbia sociale e di gender è un tratto del personaggio estremamente criticato ai tempi, nonostante il successo del romanzo. Jane è una specie di Cenerentola arrabbiata, protofemminista, che dà alla sua voglia di affermazione personale le caratteristiche degli eroi maschili byroniani. Il poeta Byron è incredibilmente popolare all’inizio dell’800, ed entra pienamente nell’ambito delle fonti ispiratrici di Charlotte ed Emily. Jane ha tratti byroniani per la sua vitalità e la sua voglia di ribellione, soprattutto nella prima fase della sua vita. Tutto il romanzo è una storia di una prigionia, e la tentata fuga. Jane si trova in una serie di prigioni successive; dalla red room a Lowood a Thornfield. Si fa spesso riferimento alla condizione dello schiavo. Il percorso di maturazione della protagonista è caratterizzato da due elementi simbolici: il fuoco e il ghiaccio, con tutti i loro connotati. Altro elemento di rilievo è la spazialità. Bachelard scrive un saggio sull’importanza che hanno i luoghi nell’arte, “La poetica dello spazio”. Tutti i luoghi, dalla red room agli spazi gotici della scuola come i corridoi, le aule e le camerate hanno il loro significato. 16 La caratteristica labirintica degli spazi si accentua a Thornfield, che pur essendo una villa ha molte delle qualità dei castelli gotici: le scale, le gallerie, le porte, la drawing room con il boudoir; una continua descrizione di spazi interni ad altri spazi, come in una matrioska (ritratto dello zio nel cassetto). Jane si ritrova sempre in situazione analoghe; la drawing room ripete lo schema cromatico della red room, che si presenta come l’archetipo di tutte le prigioni. Il paradigma centrale nel romanzo è proprio questa prigionia. Nella red room Jane prova la follia, il terrore per la possibile apparizione di un fantasma; è una camera patriarcale, che incarna lo spirito dello zio che per la giovane è l’unica figura maschile benevola. L’aspetto patriarcale non è necessariamente crudele, così come quello materno non è necessariamente benevolo e protettivo. Il ritratto è al centro di spazi concentrici, proprio come il letto che è al centro della stanza, non è attaccato a una parete; questo perché lo zio è la presenza fondamentale della camera. Altro elemento è quello dello specchio dove la bambina si riflette non riconoscendosi. In questa scena, Jane elabora tre metodi per scappare: correre via, ma la porta è chiusa; smettere di bere e mangiare, e quindi scappare attraverso la morte; il terzo, non voluto, è quello di avere una crisi isterica ed essere portata via. Ancora un tema significativo è quello del pellegrinaggio. Jane vaga da un posto a un altro, e ogni luogo ha un nome indicativo. Lowood è legato anche alla storia di cappuccetto rosso; è una specie di bosco nella quale Jane è sempre in pericolo di essere aggredita dal lupo. In un passo il direttore viene descritto come avente una bocca grande e orecchie grandi, proprio come nella fiaba. Charlotte riprende questo tema da un tema fondamentale per la cultura vittoriana e in generale anglosassone: The Pilgrim’s Progress, Bunyan, 1678. Anche la vicenda del poor orphan child è una specie di pellegrinaggio, un cammino di perfezionamento che coincide con la morte e l’arrivo in paradiso. Il viaggio di Jane attraverso questi luoghi che hanno tutti un’essenza mistica sembra una via crucis. Non si parla mai di cosa c’è fra un posto e un altro, ma solo del viaggio che è sempre lungo e stancante. Le figure importanti di Lowood sono il direttore, superego vittoriano maschile e figura negativa. Il suo alterego è la signorina Temple, con la quale si viene a formare una specie di coppia genitoriale. Miss Temple è gentile, cortese e affabile, ma è pur sempre una figura tipica della società patriarcale, una specie di angioletto. Il ruolo della donna è quello dell’angelo del focolare, una figura protettiva che si sacrifica per curare i suoi compiti e prendersi cura di figli e marito (poemetto sul matrimonio, The Angel in the House). Il direttore è una colonna e miss Temple un tempio, dunque si completano. La terza figura è Helen Burns, nome importante perché la bambina brucia di self-sacrifice; si consuma in un continuo pentimento dei suoi peccati. Le punizioni che le vengono inflitte pensa siano sempre meritare, perché la scuola è vista come un’espressione del divino, della provvidenza. È malata di tisi che in inglese è consumption, è come se si consumasse in questa visione cristiana esaltata. Anche il nome di Thornfield non è casuale, le spine evocano la corona di spine e la fiaba della bella addormentata nel bosco. Capitolo 13 Jane e il signor Rochester si rivedono nella drawing room per prendere un tè. L’uomo viene descritto di nuovo, è denotato dal colore nero, proprio come il direttore. È espressione della mascolinità, come anche Hithcliff in Cime tempestose. La virilità di Rochester non è elegante ma pesante. In questo secondo incontro il padrone è brusco come nel primo, e lei lo chiama master, cosa che farà fino alla fine del libro. Durante il primo incontro scopriamo che i due hanno avuto la stessa sensazione; lei si aspettava uno spirito minaccioso e lui una fata che avrebbe stregato il suo cavallo. Da questo punto in avanti Jane risponde sempre sullo stesso tono, non è fragile e non ha paura. Alle sue battute, scherzi e citazioni colte le risponde, non è in una posizione sottomessa ma alla pari, e Rochester ne rimane colpito. Jane continua a dimostrazione la sua intelligenza e il suo spirito. L’atteggiamento scontroso dell’uomo viene ammansito dalla presenza di spirito della governante. Rochester le chiede di mostrargli i suoi disegni, e si sofferma su tre in particolare. Sono tutti disegni molto strani e surreali. Il primo raffigura un mare in tempesta da cui affiora l’albero di una nave con un uccello che tiene nel becco un braccialetto d’oro, e vicino un cadavere di una donna col il braccio nudo. Il corvo rimanda al libro sugli uccelli per Jane leggeva a inizio romanzo. 17 Il secondo disegno raffigura una collina di sera, dietro alla quale sorge il busto di una donna che ha la fronte coronata da una stella; è forse la rappresentazione della stella della sera, Venere. La terza immagine è quella di un iceberg in un cielo invernale, siamo in un ambiente artico; a distanza si vede una testa inclinata verso l’iceberg e un velo nero che copre il viso; sarebbe la rappresentazione della morte (“la forma che non ha forma”, Milton). Rochester rimane molto colpito da queste opere. Ancora una volta si mostra l’importanza delle immagini in questo romanzo. I dialoghi con Rochester diventano sempre più dolci, e il suo atteggiamento si ammorbidisce. A pagina 172, Jane confessa che grazie al rapporto così stretto istauratasi fra i due, lei smette di desiderare una famiglia; viene psicologicamente e fisicamente rafforzata dall’amicizia con Rochester. Si fa di nuovo cenno al corpo, lei ingrassa ed è più carina. Rochester viene paragonato al fuoco, è come se diventasse il fuoco della sua vita, e dunque Jane inizia ad innamorarsi. L’idealizzazione di Rochester va di pari passo con l’innamoramento. Una notte, Jane viene svegliata da uno strano rumore che definisce come una risata demoniaca, bassa, soffocata e profonda. Pensa si tratti di un goblin appoggiato al suo cuscino, ma non è così. È un episodio gotico che si conclude quando Jane decide di andare a cercare la signora Fairfax. Uscendo dalla sua stanza trova il corridoio pieno di fumo, che proveniva dalla stanza del signor Rochester. Jane entra nella camera e vede il fumo che stava dando fuoco al letto dove stava tranquillamente dormendo l’uomo. Rochester si sveglia, e grazie a Jane viene salvato. Rochester sa che si tratta di Grace Pool, ma non va da lei subito. L’episodio inizia con la strana risata della serva e si conclude con the strange energy in his voice. Forte contrapposizione fra ragione e delirio, giudizio e passione; Jane vive la vicenda tutta dalla parte del delirio e della passione. Più avanti Jane non rivede Rochester per diversi giorni, e scopre che è perché il padrone è partito per andare a casa di un amico dove si tiene una festa. La signora Fairfex spiega a Jane che Rochester è molto apprezzato alle feste, canta molto bene ed è socievole. Tra le sue amicizie c’è la signora Ingram, con la quale canta spesso dei duetti. Jane inizia ad allarmarsi quando scopre di questa donna. La descrizione fisica di Blanche Ingram a pagina 185 sottolinea la sua scurezza di pelle, dei capelli e degli occhi, proprio come Rochester. È una bellissima donna, e molto ricca. Quando Jane va a dormire capisce di essere stata a una sciocca a pensare che Rochester potesse ricambiare i suoi sentimenti, e si fa un proposito: il giorno seguente avrebbe disegnato due ritratti, uno di se stessa e uno di Blanche. Il suo è in gesso, materiale povero, mentre quelli di Ingram è in avorio. Jane nota anche la grandissima differenza sociale fra le due, non solo quella fisica. Dopo 15 giorni, arriva una lettera da parte di Rochester che annuncia l’arrivo degli amici a Thornfield. Nei tre giorni precedenti tutta la servitù lavora per pulire la casa, tranne Grace Pool, che scendo dal terzo piano solo per un’ora al giorno. C’è un mistero che aleggia a Thornfield che gira intorno al personaggio di Grace Pool. Rochester ritorna con tutta la compagnia. Jane intravede una donna a cavallo vicino a lui vestita di viola, colore che simbolicamente indica una posizione di privilegio, l’orgoglio di casta, è la veste dei cardinali. Si tratta ovviamente di Blanche. Le signore scendono e Jane è sorpresa dalla loro bellezza. Jane si tiene in disparte e cerca di non farsi vedere dalle signore quando entrano nella casa, sia per un’innata timidezza sia per la consapevolezza del suo ruolo inferiore di governante; non è alla pari delle altre signore. Le signore conversano e iniziano a parlare di governanti, facendo capire come erano viste queste figure in quel periodo. (pag 205) erano percepiti come fastidiose, soprattutto quelle francesi, e i bambini si divertivano a tormentarle. Tutti i dispetti vengono enumerati, e le governanti vengono accusate di immoralità. Capitolo 18 Capitolo dedicato alla permanenza di questa compagnia a casa Thornfield. Il gruppo rimarrà per parecchi giorni, per cui si intrattengono di giorno uscendo a cavallo e di notte facendo giochi e cantando. Si parla in particolare del gioco delle sciarade. È un gioco molto alla moda, per cui i giocatori si dividono in due gruppi, uno che recita la sciarada e l’altro che deve indovinare il significato. Si pensava a una frase o una 20 fredda nei suoi confronti, e la zia ammette che Jane le dava troppo da fare, ed era gelosa di sua madre. Non le spiega subito perché l’abbia chiamata, ma qualche giorno confessa che suo zio, locato a Madera, avrebbe voluto adottarla, ma la signora Reed aveva risposto alla sua lettera dicendo che Jane era morta, lo fa per puro odio nei suoi confronti. Jane non sembra prendersela particolarmente. Poco dopo, la zia muore. Capitolo 22 Jane finisce col rimanere a Gateshead per un mese e ora ritorna a Thornfield. Quando torna è una bellissima giornata, e la giovane provane una grande emozione al ritorno, perché vuole vedere Rochester. Lo vede seduto impegnato a scrivere qualcosa; quando lui la vede, abbiamo di nuovo la descrizione di Jane come di una fatina, uno spiritello etereo, ben diverso dalla figura imponente di Blanche. Capitolo 23 È il 24 giugno, festa della celebrazione dell’estate. Jane sente fra i fiori un odore diverso, di fumo di sigaro; capisce dunque che Rochester è vicino. Il sigaro è un oggetto tipicamente maschile. Jane vede una falena avvicinarsi a Rochester, e lui si china per guardarla. Senza girarsi, invita Jane ad avvicinarsi ed osservare l’animale. C’è uno strano legame telepatico fra i due, per cui Rochester indovina sempre quello che lei pensa e dove si trova, e viceversa. Descrivendo la falena si fa di nuovo riferimento all’India, e si fa una distinzione tra Inghilterra e Caraibi, che sono colorati, caldi e sensuali. Il dialogo fra Rochester e Jane è molto lungo e importante. Rochester le dice che da li a poco si sarebbe sposato con Blanche, e che lei e Adele sarebbe dovute andare via. La sua intenzione è quella di mandare Adele in collegio e sistemare Jane in una famiglia in Irlanda. Jane è ovviamente sconvolta, perché non pensava che il matrimonio fosse così imminente, e scoppia a piangere. In maniera sadica Rochester continua a dirle di non piangere, perché non si vedranno più. Lei non solo piange, ma comincia quasi a confessarsi (292). Nel suo discorso si evidenzia come Jane si senta alla pari di Rochester, non si sente più in una posizione di inferiorità. Uno spirito davanti a un altro spirito, avendo perso tutto il resto, sono uguali. Rochester risponde in sintonia, la abbraccia e la bacia, le dice sì, siamo uguale. C’è un improvviso cambiamento di comportamento in Rochester. È psicologicamente debole, non ha il coraggio di dirle ti amo perché ha paura di un rifiuto, quindi la porta al culmine con un’altra farsa per farla confessare. Jane accetta di sposarlo. Capitolo 24 Il matrimonio si terrà un mese dopo. Jane si dimostra contraria all’offerta di indossare gioielli, dice che sembrerebbe una ghiandaia, uccello dall’aspetto monotono che infastidisce. Jane si paragona più volte agli uccelli, legame molto forte per la loro leggerezza, fragilità ed essere eterei. Rochester continua a fare promesse (300) ma Jane, facendo riferimento alla figura dell’angel in the house, si rifiuta di fare la mogliettina perfetta, proprio perché si sente al pari dell’uomo. 304, Jane va a parlare alla signora Fairfax del suo matrimonio. La reazione che riceve non è quella che si aspettava: la signora non è per niente contenta e rimane molto stupida; le dice di fare attenzione perché Rochester ha venti anni in più di lei, potrebbe essere suo padre. A Thornfield è come se si fosse creata una coppia genitoriale formata dalla signora Fairfax, sempre molto gentile ed affettuosa e Rochester, che si è sempre comportato in maniera paterna nei confronti di Jane. L’amore fra Jane e Rochester potrebbe avere delle caratteristiche simbolicamente incestuose, c’è un cenno quasi a una sorta di pedofilia, un qualcosa di strano. La signora Fairfax arriva addirittura a dire che non è tutto oro quel che luccica, si riferisce a Jane come “pet”, che vuol dire la persona preferita, ma indica anche l’animaletto di casa, non una donna in grado di sposare il padrone di casa. Inoltre, non solo c’è un problema di età, ma anche sociale, in quanto un gentiluomo non sposerebbe mai la sua governante. Dopo questo colloquio Jane è abbastanza dispiaciuta. 21 Qualche tempo dopo Rochester porta Jane a Millcote (309). Qui inizia ad avere un atteggiamento imperioso, ad ordinarle di fare cose come comprare dei vestiti, che vengono però scelti da lui. Jane non si ritrova nei vestiti dai colori sgargianti che sceglie Rochester, vuole un abito nero e grigio perla. Si recano poi in una gioielleria dove Jane nuovamente prova un certo senso di fastidio, di degradazione; si sente offesa dal dover comprare queste cose. La situazione diventa insopportabile, e Jane gli dice che non vuole dipendere completamente da lui, non vuole essere vestita come una bambolina, vuole scrivere allo zio per ricevere quel po’ di finanziamento che le era stato promesso. Rochester la guarda sorridendo, quasi con un po’ di compassione. Jane si sente come una schiava, una concubina di un sultano che la guarda con questo sorriso di sufficienza. Ci viene proposto di nuovo il tema dell’orientalismo e della schiavitù. Qua Jane non è soltanto una schiava ma una schiava sessuale. Il sultano ha un harem, non è sposato con una sola donna, ma Rochester afferma che non scambierebbe mai Jane con tutto l’harem del gran sultano. Houri: secondo la religione islamica, in paradiso ci sono delle vergini che aspettano gli uomini che solo a loro destinati; queste donne sono intese come una specie di premio per gli uomini che si meriteranno il paradiso. La metafora orientalista trapassa dal discorso di Jane a quello di Rochester che lo prosegue. Chiama Jane English girl, stabilendo una differenza tra occidente ed oriente, Inghilterra e Turchia. In queste metafore emerge ciò che nell’immaginario contemporaneo a Charlotte Bronte era l’oriente: un paese di donne bellissime e disponibili, uomini che comandano e impongono il loro volere su queste donne che accettano di essere schiave sessuali. Jane: “mi preparerei per fare la missionaria per ottenere la libertà per coloro che hai rese schiave”. Bashaw era un ufficiale di altro grado, il pascià. Il livello dell’ufficiale era determinato dal numero di code di cavallo che portava addosso. L’occidente a differenza dell’oriente è casto, razionale e democratico. Capitolo 25 È passato un mese, siamo al giorno prima delle nozze. Tutto è in preparazione, Jane ha dei bauli davanti a sé perché si prevede una specie di viaggio di nozze a Londra. Il nome sui bauli è Jane Rochester, nome a cui non è abituata, tanto che non ha il coraggio di mettere i cartellini con su scritto Mrs Rochester. Jane che ha sempre lottato per la indipendenza non riesce ad accettare questo cambiamento repentino. (polemica sul ruolo delle donne.) Mentre guarda i bauli e gli abiti, ammette di non riconoscersi per nulla nei vestiti che le sono stati comprati. Non riesce ad accettare che sia il suo velo vaporoso che pende dall’appendiabiti, e addirittura chiude le ante per non vederlo. Prova un forte disagio, in quanto questo matrimonio le si rivela completamente diverso dalla parità che si aspettava; anche se lo aspetta da un lato perché è innamorata, dall’altro è anche preoccupata. Questa preoccupazione le provoca uno stato quasi febbrile. Non essendo Rochester a casa, si sente anche a disagio perché è da sola. Tornato Rochester passano la notte prima delle nozze insieme. Lui le chiede più volte perché è così preoccupata, e dopo un po’ Jane inizia a raccontare (324). Spiega il suo incubo, in cui si trovava in una strada sconosciuta, immersa nell’oscurità e la pioggia, mentre teneva in braccio un bambino molto piccolo, tremante e piangente. Stava seguendo Rochester, e questa è la prima parte del sogno. Nella seconda parte, Thornfield si era trasformata in un’orribile rovina che ospitava pipistrelli e gufi. Anche qui ha in braccio il bambino, e Rochester si sta allontanando a cavallo da Thornfield. Jane sale sulla parte di muro rimasto con questo bambino in braccio per poter vedere Rochester che si allontana, ma nel momento in cui si siede il muro crolla e loro cadono. Qua Jane si sveglia. Svegliandosi, vede una luce in camera, che pensava fosse Sophie. Jane riesce a vedere la figura orripilante della donna solo attraverso lo specchio. Si fa un riferimento implicito a un’opera di Goethe, la Sposa di Corinto. Opera in poesia che faceva riferimento a una storia dei tempi dell’imperatore Adriano che si era tramandata fino al medioevo fino a diventare una ballata, di cui Goethe scrive un’altra versione. Nella ballata una bellissima giovane si innamora di un ragazzo e decidono di sposarsi, ma la madre di lei vieta il matrimonio. Presa dalla disperazione la giovane si uccide, e parecchio tempo dopo il fidanzato di notte viene svegliato dallo spettro della ragazza, che gli si presenta con il velo da sposa e con le fattezze di un cadavere putrefatto. La sposa si disseta di un calice di sangue che fa bere anche al ragazzo, per questo sembra un vampiro; è una delle prime rappresentazione di vampire. Il tema delle spose cadavere ritorna più 22 spesso, e ci fa pensare a quel cenno che aveva fatto Mason sul morso di una leonessa che sembrava una figura vampiresca. La figura mette il velo che si trovava dentro all’armadio e poi lo strappa, calpestandolo. ORIENTALISMO Edward Said nasce a Gerusalemme nel 1935, è di famiglia palestinese, e muore a New York nel 2003. Nella sua vita è scrittore e saggista alla Colombia University of New York. Said vive il rapporto conflittuale fra occidente e oriente già dalla nascita, tanto che diventerà uno dei temi fondamentali del suo pensiero. Nel 1978 pubblica il saggio Orientalism, uno dei testi fondanti del pensiero moderno. Il saggio parla dell’idea che l’occidente ha dell’oriente; citando moltissimi autori e testi dimostra come la percezione dell’oriente sia estremamente arbitraria e priva di fondamenti. È come se l’oriente fosse muto e si lasciasse guardare, e l’unico punto di vista sia quello occidentale. L’oriente di per sé non esiste, ma alcuni paesi vengono identificati all’interno di questo concetto. Gli stereotipi su di esso sono fissi. I tre diversi significati dell’orientalismo sono: 1. La tradizione accademica degli studi sull’oriente: in occidente nel 700 gli studiosi iniziano ad interessarsi ai paesi che stanno sia est che a sud dell’Europa. Nascono dettagliati studi dal punto di vista della linguistica, della biologia, della razza, dell’arte etc. Inoltre, a fine 700, ha luogo la campagna di Napoleone in Egitto; anche se l’iniziativa aveva motivazioni economico politiche, Napoleone volle dare un’impronta culturale all’impresa per giustificare la sua azione di conquista e colonizzazione, tanto che assunse circa 70 savants (saggi e professori universitari) per accompagnarlo nella campagna. I savants avevano il compito di studiare l’Egitto e di facilitare i rapporti dell’esercito dei francesi con le popolazioni locali; parlando arabo, potevano cercare di stabilire dei rapporti non conflittuali con le popolazioni conquistate. Anche se Napoleone perse contro l’Inghilterra, molte conoscenze importanti vennero importate in Europa; nascono i musei, come quello egizio di Torino. In questo periodo si rivela esplicita la vocazione imperiale dell’occidente. 2. La visione dell’Oriente basata su una differenza ontologica fra occidente e oriente . Secondo l’occidente, l’essenza stessa dell’oriente è diversa, opposta; l’oriente e l’occidente vengono viste come due entità contrapposte, e questa differenza è basata sulla disuguaglianza e sulla discriminazione. L’oriente viene considerato inferiore dal punto di vista culturale, storico, etnico etc. 3. La dimensione politica. Si parla dell’oriente sempre in termini di dominazione, nasce così l’atteggiamento politico del colonialismo e dell’imperialismo poi. Nel testo si parla in particolar modo della seconda accezione. Il punto di vista occidentale si rivela essere una visione erronea e semplicistica, che percepisce l’oriente come qualcosa di mitico, mistico, sensuale ed esotico. La moda già esistente dell’esotico sfocia proprio nell’orientalismo. L’oriente è l’Altro, il doppio diverso dell’occidente; tutto quello che l’occidente è, l’oriente non lo è = definizione data per contrapposizione, non si individuano caratteristiche obiettivamente fondate, ma ciò che l’occidente rifiuta di se stesso finisce per proiettarlo sull’oriente. Questa dicotomia è servita a rafforzare l’identità occidentale, proprio sulla base della negazione dell’Altro; è la base di una relazione di potere. L’oriente è primitivo, arretrato, sensuale, dispotico = rappresentazione distorta. Said dice che non sempre questa visione è intenzionale, che in occidente non si è sempre voluta stabilire una distinzione così squilibrata, ma è semplicemente nata e si è affermata nell’ambito della nostra storia culturale. Questa visione ha origini antichissime, già nell’antica Grecia con Euripide e con Dante che mette Maometto in fondo all’inferno. Questa percezione degli orientali come minaccia si trasmette fino ai giorni d’oggi. Questa percezione del mondo è ovviamente eurocentrica, in quanto il punto di partenza è l’Europa, e tutto il resto è visto come periferia. Quando si parla di Oriente, si parla di quello lontano come l’Asia, l’India, la Cina e il Giappone ma anche del Medio Oriente, arrivando all’Africa settentrionale. I popoli dell’oriente vengono sempre dipinti come irrazionali, violenti, selvaggi e moralmente corrotti (levantino = disonesto). 25 Passati dieci anni, forse anche per merito di Jane, si rende conto che il suo comportamento non andava bene, in quanto pagare un amante è la seconda peggior cosa dopo il comperare una schiava. Due cose nella vita sono terribili: comprare una schiava sessuale e fare sesso a pagamento. Tra una schiava e un’amante c’è un’affinità nonostante la differenza di grado; entrambi le figure sono inferiori all’uomo che le paga, che è economicamente, socialmente e moralmente superiore sia alla schiava che all’amante. Di conseguenza, vivere con questi due tipi di donne è per l’uomo degradante. È la prospettiva dell’uomo europeo bianco che si sente superiore alle donne che trova, e addirittura sente come degradante stare con loro. Rochester non dice che quello che ha fatto è sbagliato perché è sbagliato moralmente, ma perché è degradante stare con delle donne inferiori. Punto di vista dell’imperialismo, schiavitù nelle colonie. Questo discorso preoccupa molto Jane. Mentre lui parla, lei sente come se sarebbe diventata la donna successiva a quelle povere ragazze, come una mistress. Jane non viene vista da Rochester come una donna, ma come una fatina, un angioletto. Quella notte Jane sogna di stare nella red room, il cui soffitto diventa un cielo nuvoloso. Ha un’apparizione di una figura materna che le dice di fuggire dalla tentazione. È una specie di fata madrina, una figura provvidenziale, che compare per salvare la figlia quando ce n’è bisogno. Quella luce che era comparsa nella red room nella disperazione di Jane potrebbe essere stata la madre che era arrivata a salvare la figlia. A trance like dream = stadio intermedio, quasi come l’ipnosi. Questo sogno convince definitivamente Jane ad andarsene, e in piena notte si alza, prende poche cose e se ne va. Attraversa il parco davanti a Thornfield e prende una direzione che non aveva mai preso. Cammina a lungo in una situazione mentale delirante. A un certo momento cade a terra dalla stanchezza e dal freddo, ricorda la ballata del poor orphan child. Jane ferma una carrozza e si fa portare dove la portano i suoi pochi soldi. Tutte le volte precedenti in cui Jane era partita non veniva mai descritto il tragitto, ma questa volta c’è solo il tragitto, proprio perché non ha una destinazione. Si conclude così la terza parte di Jane Eyre. Il femminismo di Charlotte Bronte è pieno di orientalismi, come in quello di molte donne scrittrice del tempo. La moglie segreta di Rochester è l’incarnazione dell’alterità sotto tutti i punti di vista (è creola, viziata e lussuriosa), è l’alter ego di Jane e dell’uomo europeo. La cella non solo racchiude Bertha, ma anche il passato di Rochester. L’inconscio si manifesta nell’arte, nelle battute e negli individui con deficit mentali; Bertha ne è un chiaro esempio. La sua presenza a Thornfield ricorda che l’entità nazionale britannica è in rapporto con le sue colonie. Quando il padre di Rochester muore gli lascia Thornfield e la dote di Bertha, la ricchezza della famiglia è data dalla schiavitù (l’impero era retto dalla schiavitù). John Eyre, lo zio di Jane, era in una colonia portoghese dove veniva prodotto un vino poi esportato in tutto il mondo; era una tappa anche della manodopera africana, della schiavitù. Quando muore, lascia a Jane venti mila sterline, eredità che avrà alla fine del romanzo. La metafora orientalista veniva utilizzata per fare una critica e spiegare l’Occidente. La prima accezione di serraglio è latino e si riferisce a una gabbia per animali feroci; la seconda è araba e fa riferimento all’harem del padrone. La prigione di Bertha corrisponde ad entrambe le accezioni. Se ci fosse stato un lieto fine, Bertha sarebbe comunque entrata a far parte dell’harem di Rochester. Quando Bertha è andata in camera di Jane le ha strappato il velo o per gelosia o per avvertirla di non sposarsi. L’intreccio dei temi gotici è fondamentale. Una particolarità dei romanzi gotici è che nei titoli delle opere è riportato il luogo dove si svolgono le azioni (The Castle of Otranto); questo costituisce un vero e proprio topos gotico. Il testo si presenta perturbante così come il luogo che ospita le azioni. Jane Eyre è suddiviso in tappe e azioni che si svolgono in diverse case dove sono presenti molti libri: il libro stabilisce un rapporto stretto tra Jane e la letteratura, che le permette di estraniarsi dal monto intero e di aprirsi al mondo della fantasia (i paesaggi nordici contrapposti al fuoco di casa sua). Questa collocazione di Jane nel freddo si collega anche al suo rapporto con l’Inghilterra. Uno degli spazi fondamentali di Thornfield è la dining room, che trasferisce un senso di claustrofobia. C’è anche una biblioteca ma di solito Jane legge i libri ad Adele proprio nella dining room. Il terzo piano racchiude tutti i segreti macabri di Thornfield. Freud tripartisce la nostra psiche: la nostra Conoscenza è la parte sana dell’umano, quella superficie che ci permette di avere rapporti con altre persone; l’Inconscio, che contiene traumi o desideri impossibili allontanati dalla 26 conoscenza, e infine il Super Io che detta le regole alla coscienza, la comanda e vieta all’inconscio di salire in superficie. In Jane Eyre la spazialità si divide un po’ come la psiche freudiana; nell’antica soffitta si nascondono infatti traumi passati (Bertha). Il represso, ovvero Bertha che si nasconde nella cella è una donna brutta e animalesca. Il romanzo venne scritto dieci anni dopo il periodo delle abolizioni e il tema della schiavitù fu molto importante nel romanzo, a partire dalla rebel slave. Tema dell’incendio legato al contesto della schiavitù, perché soprattutto in America le comunità di schiavi cercavano di ribellarsi, con il metodo degli incendi. Capitolo 28 Jane si trova in una situazione di assoluta povertà e solitudine. Dopo aver camminato a lungo, è stanca e si siede per terra guardandosi intorno. La natura è l’unica che può consolarla; nella sua desolazione sente la benevolenza della natura, che è madre benefica. Si addormenta con il viso poggiato sul prato; il giorno dopo cerca del cibo ma non ha più soldi. Chiede l’elemosina in diversi villaggi ma viene cacciata da tutti. Si ferma nuovamente per la notte e quasi spera, come il poor orphan child, di morire. In questa totale disperazione intravede in lontananza una lucina, che all’inizio scambia per un fuoco fatuo, ma poi si accorge che è una luce fissa, e immagina si possa trattare di una candela accesa all’interno di una casa. Riprende a camminare e trova un sentiero che la porta alla casa, che è completamente al buio tranne che per una finestra con questa luce pallida. 381, Jane guarda dentro la casa, dove trova un fuoco acceso accanto al quale è seduta una donna, probabilmente di umili condizioni sociali; al tavolo vede due ragazze all’apparenza borghesi che chiacchierano. Una si chiama Mary, l’altra Diana. La donna al camino è Anna, una persona di servizio. Jane bussa alla porta e chiede un tozzo di pane e un letto per la notte, ma Anna la manda via. Jane in preda alla disperazione e alla stanchezza crolla per terra di fronte alla casa, supplicando di poter almeno dormire sullo zerbino. Sta quasi per svenire quando all’improvviso sente la voce di un uomo, St John (Jin), che le dice di entrare. Cercano di asciugarla e scaldarla e le danno qualcosa da mangiare. Quando le viene chiesto il suo nome, Jane dà un nome falso per non essere riconosciuta: Jane Elliot. Rimarrà a letto tre giorni per riprendersi. Passati tre giorni, scopre di essere a Marsh End (o Moor House). St John è il parroco del paese vicino, fratello delle due ragazze; entrambi i loro genitori sono morti, quindi i tre vivono da soli con Anna. 396, viene descritto St John: ha un aspetto statuario, è molto bello ma freddo, ha 28 anni. Con Jane è molto gentile ma sempre nel suo modo freddo. La giovane racconta la sua storia ma solo in parte, non gli dice dove è andata a fare la governante. St John le dice che può rimanere a vivere con loro almeno per un po’, e potrebbe guadagnarsi da vivere facendo qualche lavoro in casa. Jane felicissima accetta questa gentile proposta. Moor House è la quarta casa del romanzo, anche questa è descritta nel dettaglio, ha molti libri perché le sorelle hanno una notevole cultura, è molto isolata e distante dal primo paese. Ha un giardino di fronte, è abbastanza piccola ma confortevole e calda. La brughiera inoltre affascina Jane, come per le sorelle Bronte. Lentamente Jane inizia a conoscere le due sorelle e St John, le due vivono in questa casa anche se hanno un impiego come governanti altrove, ma essendo vicino a Natale sono ritornate. St John risiede nel paese vicino dove è parroco, ma ogni tanto va a trovare le sorelle. St John professa la religione calvinista, che è particolarmente rigida e severa. Un giorno, quando St John torna, racconta che nei locali della parrocchia è stata aperta una scuola anche per bambine, e che doveva trovare una donna che potesse gestire le bambine, in quanto l’insegnante di prima doveva lasciare la scuola. Chiede così a Jane di diventare la mistress di questa scuola; è ben felice di farlo, perché le permette di vedere gente e di guadagnare qualcosa di conto suo, senza dover dipendere dall’elemosina dei Rivers. Comincia a svolgere questa nuova mansione che non è poi molto diversa da quella di Thornfield. Un giorno arriva la notizia che è morto uno zio dei Rivers, che loro conoscevano molto poco, e che morendo non aveva lasciato nulla ai nipoti, era andato tutto a un’altra nipote. Capitolo 31 27 Il capitolo segue Jane nella sua professione di insegnante. In un primo momento non si trova bene perché le bambine della scuola erano di campagna, non avevano alcun tipo di educazione, e avevano delle abitudini un po’ rozze. Poco dopo però le bambine iniziano ad imparare, e Jane si rende conto di quando siano intelligenti e gentili, quindi si trova molto bene. Mentre lei insegna il suo rapporto con St John si fa sempre più stretto, perché lavoravano vicini. Scopre che St John ha intenzione di andare come missionario in India. Compare poi un’altra donna, Miss Oliver, un’amica dei fratelli Rivers, una bellissima ragazza che sembra avere il desiderio di sposare St John. Un pomeriggio Jane si mette a fare il ritratto di Miss Oliver, e St John si avvicina a vedere cosa lei stesse disegnando, ammirando la sua bravura. Come a Thornfield l’uomo era Rochester e l’antagonista Blanche, a Moor House l’uomo è St John, e l’eventuale antagonista è Miss Oliver, anche se Jane non si innamorerà mai di St John. St John rifiuta l’idea di un matrimonio con Miss Oliver; anche se fortemente attratto da lei, non la ritiene adatta a lui perché non Oliver Rosamond non ha la stessa sua formazione. Dice che gli piacerebbe trovare una donna al suo stesso livello e non soltanto una bella ragazza. Inoltre, si china sul ritratto e ne strappa un angolo, e Jane ne rimane meravigliata, non capisce perché. Capitolo 33 St John e Rochester sono due tipi opposti, ma Jane si sentiva attratta da Rochester, anche se ammette continuamente la bellezza di St John. Una sera, mentre i due chiacchierano, lui gli dice che vorrebbe raccontargli della sua vita. Passa poi a parlare dello zio che non gli aveva lasciato niente, e viene fuori che la nipote a cui lo zio aveva lasciato i soldi era proprio Jane, che aveva dato un nome falso ai Rivers. St John è riuscito a conoscere la sua identità da quel pezzo strappato del ritratto dove Jane aveva firmato con il suo vero nome. Le dice inoltre di aver ereditato ventimila sterline, un’eredità ricchissima. Jane è contenta ma insiste per dividere i soldi in quattro, tra cugini. È una scoperta importante per Jane, perché significa che ha ancora una famiglia, questi tre cugini. Questa eredità permette a Jane e alle due cugine di lasciare il loro lavoro. St John è comunque motivato a partire per l’India. Nonostante Jane abbia detto di non volersi sposare, la vicinanza con St John la porta a pensare come sarebbe sposarlo, ma arriva alla conclusione che non sarebbe un buon matrimonio, in quanto St John è troppo freddo e concentrato su se stesso. Un giorno St John le dice di smettere di studiare il tedesco e di studiare l’indi, lingua ufficiale dell’India. 460, Jane confessa al lettore di non essersi mai dimenticata di Rochester, anzi scopriamo che aveva pensato di scrivergli una lettera, ma nessuno le aveva risposto. Arriva l’estate, e un pomeriggio St John chiede a Jane di fare una passeggiata. Si fermano per contemplare il panorama, e St John ammette che non si scorderà mai di questo momento, sia quando sarà in India, sia quando starà per morire. In questa frase collega l’India all’idea della morte. In una strana proposta di matrimonio, St John le chiede di venire con lui in India. La chiede in sposa non perché sia innamorato, ma perché Jane potrebbe essere utile come aiuto nella missione, per rendere un servizio a Dio. Jane ovviamente risponde di no, ma St John è molto insistente. Jane sembra farsi persuadere perché non trova un motivo per rimanere in Inghilterra, dato che non ha più Rochester. Jane accetta, ma afferma di non voler andare nel ruolo di moglie, e St John rifiuta, perché ritiene la proposta infattibile; Jane non può che venire come moglie. Le tribù selvagge non esistono in India = archetipo imperialista. Capitolo 35 St John adotta con lei un atteggiamento di grande freddezza, non è ostile ma estremamente freddo, e non parla più con lei come prima. Diana inizia a fare domande a Jane, e venendo alla scoperta della proposta di matrimonio è molto contrariata. Grilled alive = dal caldo indiano verrebbe bruciata viva, ma ci fa pensare anche alle “tribù selvagge” e al cannibalismo, delle tribù che cuociono e mangiano missionari ed esploratori. 30 questa storia d’amore finisca in questa maniera, in una casa insalubre, con Rochester cieco e mutilato e solo Jane con una rendita economica importante. L’incendio di Thornfield, la morte di Bertha e la mutilazione di Rochester sono stati una sorta di redenzione dai suoi peccati precedenti. L’impressione finale che si ha della storia è ambigua, sembra quasi una parodia dell’happy ending di alcuni romanzi d’amore; è felice ma a costi molto alti. Torna di nuovo il tema del fuoco e del ghiaccio: negli ultimi momenti abbiamo l’incendio di Thornfield che si connette ad altri incidenti come quello del letto di Rochester, collegato al tema coloniale della ribellione degli schiavi nelle indie occidentali. Il tema dell’incendio era presente anche nella prima parte del romanzo in una famosa metafora, quella in cui Jane ripensando al suo stato d’animo da bambina nella casa dei Reed dice che la sua mente era come una brughiera in fiamme. Negli anni 60 è stato pubblicato un romanzo molto famoso, Il grande mare dei Sargassi è un romanzo postcoloniale di Jean Rhys, una scrittrice caraibica. Si tratta di una specie di prequel di Jane Eyre, dove si parla di Bertha e dal suo punto di vista di creola. Heart of Darkness Viene pubblicato nel 1899, alla fine del secolo. Questa produzione viene definita da alcuni vittoriana, per altri fa già parte della letteratura modernista. Viene pubblicato sul Blackwood's Magazine, una famosa rivista letteraria nata nel 1700. Quest’opera viene considerata il capolavoro di Conrad per la sua complessità e originalità di narrazione, la profondità psicologica, l’estrema eleganza e ricchezza stilistica. Questo romanzo è un misto di romanticismo e modernità. L’argomento tratta la storia di un’avventura in Congo. Marlow è il protagonista che con un battello a vapore risale la corrente del fiume che attraversa il Congo. Sono presenti molti elementi dell’imperialismo, razzismo ed esotismo in quanto è ambientato in Africa. Il 1897 era stato il Diamond Jubilee della regina Vittoria, ovvero il sessantesimo anno del suo regno. È un giubileo festeggiato con grande entusiasmo sia in Gran Bretagna che nel resto dell’impero; è un momento in cui la crescita del potere economico e territoriale della GB era al suo culmine; la regina contava 450 milioni di sudditi. Il romanzo, dunque, non può che risentire del clima di quegli anni, anche se Conrad mette in questione l’imperialismo. In Heart of Darkness c’è il gusto romantico per l’avventura, ma c’è anche uno scetticismo e nichilismo evidente che sono già novecenteschi. Lo scetticismo è in particolar modo a volte tragico a volte ironico nei confronti della missione civilizzatrice dell’imperialismo. Conrad li chiama emissari del progresso, ma è consapevole di come questa missione fosse guidata solamente dall’avidità di profitti economici, raggiunti con lo sfruttamento brutale delle popolazioni locali. Conrad è molto sensibile al tema della brutalità con cui l’imperialismo sottomette i nativi. Conrad era polacco, e la Polonia nel 700 era stata spartita tra Austria, Russia e Prussia, e quindi cancellata dalle carte geografiche. Il dolore per la situazione nazionale era qualcosa di diffuso anche nella famiglia di Conrad; la Polonia fu ricostituita solo durante la Prima guerra mondiale, nel 1915. Per questo la sua sensibilità nei confronti dell’aggressione straniera è un tema che lo tocca da molto vicino. Conrad nasce nel 1857 a Berdyčiv, città che oggi fa parte dell’Ucraina, da padre scrittore che aveva anche esperienze politiche. Una volta entrato nella resistenza polacca viene arrestato; la madre muore di tubercolosi e quattro anni dopo segue il padre. Il giovane Conrad rimane orfano e viene affidato alle cure di uno zio materno, con il quale resterà per molti anni. A causa dei suoi vari problemi di salute gli viene consigliato di viaggiare e andare in paesi caldi. Durante i viaggi matura una passione per la vita di mare, tanto che nel 1874 si imbarca a Marsiglia verso i Caraibi. Si arruola come marinaio francese, e questo sarà il suo primo viaggio. Conduce una vita molto avventurosa e pericolosa. Nel 1878 conduce per la prima volta un viaggio con la marina britannica e viene imbarcato verso Costantinopoli. 31 Questo primo imbarco sarà una svolta nella sua vita perché dovrà imparare a parlare l’inglese, che a 20 anni ancora non conosceva. Era un ragazzo di una certa cultura, e inizia a studiare l’inglese leggendo opere letterarie e classici come Dickens, Byron, Shakespeare. In pochissimo tempo impara la lingua e inizia a scrivere in inglese. Diventa inoltre capitano viaggiando in tutto il mondo, arrivando anche in estremo oriente. In seguito ad uno di questi viaggi scrive Youth, in cui racconta il suo primo viaggio in estremo oriente. Nel 1890 viene preso da una compagnia mercantile belga per un viaggio in Congo risalendo il fiume interno al paese, dunque Heart of Darkness ha profonde radici autobiografiche, Marlow è Conrad stesso. Dopo questo viaggio, nel 1894 lascia la vita di mare perché sta diventando ormai troppo pesante, si sposa, ha dei figli e si dedica alla scrittura di romanzi in lingua inglese. Diventa famoso inizialmente come narratore di storie esotiche e avventurose, di viaggi in mare, ma rifiuta questo cliché in quanto i suoi romanzi contengono anche un’ulteriore profondità. Nel giro di non molti anni riesce a produrre grandi romanzi, e muore di un malore improvviso nel 1924. La colonizzazione belga in Congo era particolarmente brutale e rapace. Il Congo era considerato proprietà privata del Leopoldo II. Alla conferenza di Bruxelles del 1876, Leopoldo II afferma: «Di fronte alla spaventosa ferita causata dal commercio che, nell’interno dell’Africa, fa più di 100 mila vittime all’anno, i cittadini dei paesi civilizzati devono accordarsi per guarirla, per aprire alla civilizzazione la sola parte del globo, in cui essa non è ancora penetrata». In questa dichiarazione sono presenti elementi ricorrenti anche nel romanzo. Il Congo viene chiamato parte del globo non ancora penetrata perché le scoperte geografiche non si erano addentrate nell’africa nera, ovvero nella parte più profonda. Leopoldo II chiama quest’opera degna dell’800, è civilizzazione, è un aiuto alle popolazioni. Perforare la tenebra che avviluppa quella popolazione è uno stereotipo orientalista; le tenebre diventano fondamentali nel romanzo di Conrad, che è giocato tra luce e tenebre, bianco e nero, stato selvaggio e civilizzazione. Conrad scrive anche un diario di viaggio, The Congo Diary, del quale molte pagine vengono rielaborate nel romanzo. Il romanzo è una satira politica nei confronti dell’imperialismo belga e un’analisi psicologica di temi come il mare, l’amore, la trasgressione. La narrazione è tipicamente simbolica; ne vengono tratti diversi film fra cui Apocalypse Now di Coppola. Nel 1975 il romanzo è stato oggetto di una critica feroce da parte di uno scrittore nigeriano, Chinua Achebe, che accusa Conrad di essere razzista. Afferma che le popolazioni locali vengono dipinte come neri diradati, disumanizzati, spersonalizzati; i personaggi principali e secondari sono esclusivamente bianchi. I neri vengono visti come una folla grottesca che si muove insieme e non ha voce, sono quasi delle bestie. È una lettura molto acuta e ampiamente condivisibile. La struttura del romanzo è tipicamente a cornice, è un racconto in un racconto. C’è un primo narratore che rimane anonimo e racconta una storia, che gli è stata a sua volta raccontata dal secondo narratore, Marlow. Il romanzo inizia subito a bordo di una nave, the Nellie. Su di essa sono imbarcati alcuni personaggi a cui non viene attribuito alcun nome, l’unico che si conosce è Marlow. Già dall’inizio vediamo come venga ripetuto più volte il termine dark. Il primo ritratto di Marlow lo rappresenta in maniera stereotipicamente orientalistica: è a gambe incrociate, ha le guance scavate e la carnagione giallastra, ha un aspetto ascetico, e per questo somiglia a un idolo. Sappiamo del narratore che anche lui è marinaio dato che si trova sulla barca, e quando inizia a parlare del Tamigi che è testimone dei viaggi in cui erano già piantati i semi dell’impero britannico, si nota come ci sia una particolare insistenza sulla cupezza e sull’oscurità. Il narratore cita Sir Francis Drake, il celebre corsaro al servizio della regina Elisabetta, racconta dei cavalieri; c’è una romantica esaltazione del contesto storico, si parla dell’antico fiume, della città più grande del mondo. Il tono è retorico e romantico, e c’è un’ambiguità della situazione narrativa: chi è che usa questa retorica romantica ed imperialista? Non è la voce di Conrad. Il narratore sta esprimendo il punto di vista di Conrad o Conrad lo sta prendendo in giro? Anche nel caso di Marlow, che è il doppio di Conrad, è difficile dire se la posizione espressa sia la sua o quella dell’autore. Londra ha una connotazione inquietante, e si insiste più volte sul cromatismo del buio, dello scuro. 32 Londra, la città in cui brucia il fuoco sacro della civilizzazione, era stata una volta un posto buio. Marlow riflette sul momento in cui i romani erano arrivati a colonizzare quelle terre, momento in cui dominava l’oscurità; afferma che la tenebra della barbarie che adesso i nostri uomini stanno andando a scoprire in giro per il mondo, una volta era proprio a Londra, e una volta quelli civilizzati erano i romani. È un chiaro rivolgimento di prospettiva; il marinaio riflette su come una volta fossero loro stessi i selvaggi, e i romani dovevano venire a morire di fame e di sete per “salvarci”. È un punto di vista antimperialista: la missione civilizzatrice dell’Europa è anche una missione di morte; l’Europa non è per destino celeste il luogo della civilizzazione per eccellenza, ma lo è solo relativamente al contesto storico, una volta non era così. Marlow viene poi di nuovo paragonato a Buddha ma senza il loto. Si trae una differenza tra la colonizzazione romana e quella europea: i romani erano conquistatori, non colonizzatori; non andavano in altre terre per trasmettere civiltà ma andavano con l’intento esplicito di conquistare con violenza. Quello che ci salva oggi è la devozione all’efficienza. La conquista di territori altrui è qualcosa di violento che viene portato avanti sulla base di differenze minime e superficiali: è un giudizio chiaramente contro il colonialismo; tuttavia, c’è qualcosa che potrebbe redimire la violenza, ovvero l’idea che c’è dietro, l’idea di portare una scintilla di civilizzazione in altri paesi. È come se il narratore trovasse una piccola giustificazione alla conquista imperialistica che di per sé sarebbe terribile, ma con dietro questa scintilla, anche la violenza diventa un mezzo per raggiungere un fine nobile. È una posizione molto complessa ed ambigua, è antimperialista ma non del tutto. Molti posti sconosciuti non figuravano sulle mappe, e il bambino Marlow guardando quei blank spaces sognava di andarci. Il posto più affascinante per il piccolo Marlow era l’Africa, in particolare la zona del Congo. Gli spazi bianchi assumono il fascino esotico di un eden lontano, e il serpeggiare del fiume sulla carta geografica contribuisce all’opera di fascinazione del piccolo. (Nella fascinazione di un serpente c’è qualcosa di pericoloso, di mortale; se nell’eden il serpente è sacro, il serpente vero ipnotizza le sue prede. Dunque, anche il Congo che tanto attrae il giovane Marlow potrebbe nascondere una minaccia mortale.) Cresciuto, decide di visitare il Congo. Conosce una donna, sua zia, che gli procura un appuntamento con un signore che vende navi mercantili. Quando la va a trovare, descrive Bruxelles come un sepolcro imbiancato: Gesù nella bibbia con queste parole intendeva descrivere degli ipocriti, dei falsi. Il sepolcro nasconde e disinfetta la putrefazione dei cadaveri: Bruxelles è una città europea che nasconde i suoi peccati sotto una superficie di eleganza e pulizia; inoltre, whited rientra in nell’isotopia della contrapposizione tra luce e buio. Le tre donne sono personaggi secondi, ma ci introducono a due temi importanti: - La presenza femminile: le donne sono pressoché di nessuna importanza, non parlano mai e non rivestono ruoli essenziali alla narrazione. - Il ruolo simbolico delle donne: le vecchie donne che lavorano la lana sembrano un po’ figure mitiche che tessono il futuro degli uomini, determinano la successiva vicenda di Marlow e quindi il suo destino. I colori della carta geografica sono colori di una carta politica, definiscono le nazioni; il rosso è quello che tradizionalmente indicava la Gran Bretagna, come patria e come impero, quindi tutti i possedimenti erano in rosso. Marlow è attratto dalla carta che gli conferma la grandezza della sua madrepatria. Dopo Bon voyage, si entra interamente nel viaggio in Congo. Lo scopo di questo viaggio è quello di andare a contattare un mercante di avorio europeo che viveva da molto tempo là, e procurava l’avorio che veniva poi mandato nella madrepatria. Questo personaggio non dava notizia di sé da diverso tempo, quindi Marlow viene mandato alla ricerca di questo Kurtz. La formula Ave! Morituri te salutant è il saluto che facevano i gladiatori all’imperatore, letteralmente ti salutano coloro che stanno per andare a morire. Il saluto qua è invece alla donna che fila la lana; è come Marlow fosse in precinto di misurarsi con un destino tragico per il quale potrebbe morire. Si sente come un apostolo che diffonde la parola di Gesù, retorica imperialista. Nonostante l’entusiasmo è ben consapevole della vera natura del colonialismo, della sua tipica rapacità. Centre of the earth: è un accenno a Dante, il suo viaggio sembra un viaggio verso l’inferno. Dopo questo incontro con le donne e il direttore, Marlow parte e viene imbarcato in un brigantino francese che lo porta giù lungo le coste dell’Africa fino alle foci del fiume del Congo. Il viaggio viene descritto poco, si nota soltanto la giungla che vista dalla nave sembra così scura da sembrare quasi nera. Di nuovo il cromatismo è teso verso il nero e in generale lo scuro. 35 report, e Marlow l’aveva letto. La voce di Kurtz affiora anche attraverso la pagina scritta, la sua eloquenza è incredibile. Queste 60 pagine erano state scritte prima che impazzisse, ci accenna al fatto che verso la fine della sua permanenza in Congo qualcosa gli aveva dato alla testa, il suo equilibrio si era danneggiato; era successo prima che lui arrivasse ad assistere a certe danze che si tenevano di notte e che si concludevano con riti indicibili. Non si spiegherà mai cosa fossero realmente questi riti indicibili, ma possiamo immaginarli. Marlow fa una differenza tra l’imperialismo cattivo e nuovo; quello belga è sicuramente cattivo, mentre quello britannico potrebbe anche essere buono perché fa qualcosa, è in un certo senso utile. Dietro l’imperialismo deve esserci un ideale. La posizione ideologico politica di Marlow ovviamente si collega a un contesto storico che è quello di Conrad, e quello che lui ci racconta del Congo deriva da quello che ha visto lui direttamente (The Congo Diary), mentre altre cose sono invece apprese dalla stampa di quegli anni. Intorno al 1885 la stampa britannica cominciò a diffondere notizie sulle atrocità che venivano commesse in Congo, dove la popolazione era stata schiavizzata, maltratta ed uccida. In un giro di venti anni, dieci milioni di persone erano state sterminate, circa la metà della popolazione. Le cose erano peggiorate inoltre dal 1891 al 94 con la guerra fra il dominio coloniale belga e i mercanti di schiavi arabi, che andavano in Congo per prelevare schiavi da vendere per le colonie americane. Quando si stabilisce il governo belga, la popolazione viene impiegata nei lavori per la ferrovia, in miniera etc. La guerra è terribile, i nemici uccisi venivano mutilati ed esposti, sia dagli arabi che dai belgi. Si era diffuso anche il cannibalismo che era praticato da entrambi: in Africa esistevano popolazioni dove i cadaveri dei nemici venivano mangiati per appropriarsi della loro anima, era un rito religioso. Il tipo di cannibalismo di questa guerra era diverso: nasce dal fatto che i musulmani credevano che fosse possibile una volta morti accedere al paradiso soltanto se il corpo rimane intatto, per cui chi viene mutilato non può accedervi. Allora i belgi mutilavano i corpi dei soldati uccisi per terrorizzarli e minacciarli di non poter accedere al paradiso. È una minaccia, una pratica crudele. Quindi l’enfasi che fa Conrad sul cannibalismo non viene tanto da un’esperienza diretta ma da quello che veniva raccontato dalla stampa del tempo. I riti indicibili di cui si parlava prima potrebbero essere proprio questi. Marlow continua a parlare del report, in particolare cita il primo paragrafo, che afferma che i bianchi vengono visti dai nativi come esseri sovrannaturali, come dei, e questo dà loro un potere benefico illimitato. Dopo aver parlato a lungo di questo potere benefico, alla fine c’è una nota infondo alla pagina scritta dopo la fine del report, aggiunta con una mano tremante. Questa nota sembrava apparire come una cosa luminante e terrificante, come un lampo in un cielo sereno: Sterminateli tutti. I propositi di missione benefica illustrati per 60 pagine vengono azzerati da questa pagina nell’ultima nota. Finalmente il viaggio di Marlow finisce e arrivano alla postazione di Kurtz (64). La casa si vede in lontananza, è molto semplice, non sembrano esserci siepi, salvo una zona in cui sembra ci sia una staccionata con dei pali e delle palle decorative. C’è un uomo bianco, russo, di cui non sappiamo il nome che verrà chiamato l’arlecchino perché è vestito in maniera molto strana, con toppe colorate. Questo arlecchino è un assistente di Kurtz che è sostanzialmente quasi innamorato di lui, ne parla come se fosse una divinità, e di nuovo Marlow assimila notizie su questo uomo. Lui era l’abitante di quella capanna di frasche e il proprietario del libro che aveva preso Marlow. Marlow glielo restituisce e scopre che le scritte in codice erano cirillico, semplici note sulle tecniche di navigazione. Veniamo inoltre a scoprire che la nave era stata attaccata perché i neri sapevano che stavano venendo per portare via Kurtz, e non volevano. C’è una specie di culto di Kurtz anche da parte dei nativi locali. Tutte le volte che l’arlecchino parla di Kurtz ne parla con una devozione cieca, è incantato da lui. Kurtz non è morto ma sta male, si è preso una malattia (tema del contagio). Marlow rivolge il cannocchiale verso la casa di Kurtz e si rende conto che le palle sulle recinsioni erano teste con la faccia girata verso la casa, salvo una. Questo episodio è collegato con quello reale storico del capitano Tom che aveva usato le teste impalate ei nativi per decorare il giardino. Il carisma del personaggio di Kurtz rimane in qualche modo inspiegato. Tutti ne parlano come di un personaggio eccezionale ma nessuno si 36 riesce a spiegare il perché. Quelle che emerge è una sorta di vuoto, una figura vuota. Era vuoto nella sua intima essenza. Quando Marlow, l’arlecchino, e alcuni della ciurma scendono e si avviano verso Kurtz, si imbattono in una folla di nativi che cercano di bloccare il gruppo. Kurtz era come l’immagine animata della morte intagliata nell’avorio. Con la sua bocca aperta sembra voglia ingoiare tutto, ci fa pensare nuovamente al tema del cannibalismo, ai riti indicibili. Kurtz viene preso e messo nella barella che lo porta nella barca nonostante le proteste dei nativi. Viene sistemato in una cabina che gli era stata riservata, e Marlow ha così la possibilità di vederlo da vicino e di parlarci. Anche i suoi sussurri hanno una profondità che lo rendono incredibile. A questo punto stanno per partire, sulla riva c’è una donna nera (75) che capiamo essere l’amante di Kurtz. Arriva fino al battello e si ferma a guardare. Non dice niente ma ha un’espressione di dolore per la sua partenza, apre le braccia e se le porta sopra la testa, in un gesto di saluto o di disperazione. La donna è l’incarnazione della wilderness. La nave parte e per un certo tratto viene seguita dai nativi. Durante la notte Marlow va nella cabina di Kurtz ma non lo trova, segue le sue orme, e vede che vicino a lui c’è uno stregone. Non sappiamo cosa si siano detti. Quando la nave riprende il suo viaggio, Kurtz sta ormai morendo, ma ancora parla. Mentre parla delle sue esperienze è in realtà come se stesse guardando nell’abisso, la morte, il nulla, il vuoto che abitava nella sua intimità. C’è molto nichilismo nella sua figura, Kurtz non ha ideali, non ha fede o amore, non crede in niente, si era immerso nella wilderness nella quale si era trovato. Le sue ultime parole sono The horror! The horror! Viene sepolto lì. Passa un anno e Marlow si trova in possesso sia del report di Kurtz sia delle lettere che erano state portate sulla nave, e decide di portare tutte queste cose alla intented. Ritorna quindi a Bruxelles dove incontra la ragazza (tipica donna vittoriana casta e timida) che gli chiede quali sono state le sue ultime parole, e Marlow non sa come rispondere. Non ha il coraggio di dire la verità, quindi dice che le sue ultime parole sono state il nome di lei, che noi non conosciamo. Le mente per pietà, per compassione, per non svelare il segreto di Kurtz. Marlow finisce così il racconto, e ritorniamo sulla barca dove si trova anche il narratore. Di nuovo similitudine con il Buddha. Sulla darkness finale ci sono diverse interpretazioni. C’è chi dice che sia quella dell’Africa, del Congo e della wilderness, del cuore di Kurtz; ma potrebbe anche essere la darkness di Londra e di Bruxelles, quella europea e quindi l’essenza del colonialismo e del capitalismo che si proietta sul paese colonizzato. Dunque, non sarebbe l’Africa la vera sorgente della tenebra, che è solo una proiezione dell’imperialismo europeo. È un’interpretazione che dà al testo una vena progressista e antimperialista, che l’altra invece non dà. Certamente il romanzo è basato sulla polarizzazione tra bianco e nero, occidente e oriente etc. Il viaggio nella giungla è interpretato a livello simbolico, verso il cuore della tenebra, verso le ere più arcaiche, è un viaggio nel selvaggio, anche di sprofondamento in una dimensione infernale. Kurtz stesso è anche una figura satanica. Potremmo anche interpretarlo come un viaggio nell’inconscio, come se il continente nero fosse l’inconscio stesso. Abbiamo anche l’elemento del feticismo, dell’idolatria. Kurtz è il vero protagonista, colui che incarna le tenebre e il loro cuore. La cosa che attrae di più l’autore è il fatto che Kurtz abbia avuto il coraggio e l’eroismo di contemplare direttamente nell’abisso del nulla, della barbarie, della mancanza di qualsiasi ideale, della crudeltà del colonialismo. Forse è questo l’aspetto eroico. Potremmo anche dire che Kurtz è l’alter ego di Conrad, un riflesso dell’autore. Quelli che emergono dalle tenebre sono tutti bianchi, e non si può fondare un impero con il nichilismo, c’è bisogno di un ideale, e quindi Kurtz alla fine fallisce, si ammala, e non riesce nemmeno a tornare in patria. Se da una parte questo è il fallimento di Kurtz, è anche il fallimento dell’imperialismo.
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