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La Paura nel Romanzo di Ammaniti: Io non ho paura, Appunti di Letteratura Contemporanea

La presenza della paura e della tematica dell'infanzia nel romanzo 'Io non ho paura' di Maurizio Ammaniti. come l'autore utilizza figure retoriche come anafora e impersonifica la paura come una creatura. Vengono inoltre discusse le diverse forme della paura espressa dai personaggi del libro, come la paura di Michele verso il fratello Nunzio, la paura di Felice, e la paura di Barbara del teschio. inoltre una breve introduzione alla carriera letteraria di Ammaniti e alla sua influenza di Stephen King.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 19/09/2022

FabioRadaelli
FabioRadaelli 🇮🇹

50 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica La Paura nel Romanzo di Ammaniti: Io non ho paura e più Appunti in PDF di Letteratura Contemporanea solo su Docsity! Lezione 12 26 Marzo 2021 Tema sicuramente caro ad Ammaniti è quello degli animali. Poi abbiamo visto la raccolta fango, scritta con un piglio abbastanza spavaldo, tipico di questi giovani narratori. Siamo andati a vedere diverse dichiarazioni di Ammaniti per vedere quali sono le motivazioni che lo hanno portato a iscriversi a biologia, passione nata dopo aver visto un museo di zoologia, dove capi che gli animali era ciò che gli piaceva, pensando che attraverso loro avrebbe capito come girava il mondo. Invece in riferimento alla sua passione per il macabro e l’horror lui dichiara che è nato dark, con la passione in tutto ciò fin da piccolo. In riferimento alle letture che lui stava leggendo rispondeva che stava rileggendo i classici letti a 14 anni, riscoprendone i pregi o giudicandoli in maniera diversa per il solo fatto di rivederli in un’ottica nuova. In riferimento ai suoi autori preferiti cita Tom Wolfe, Ian Mcewan, Emmanuele Carrere e Stephen King. I suoi modelli nella letteratura per primo è stato sicuramente Stephen King per la sua capacità nella costruzione dei personaggi e di saper descrivere l’adolescenza, temi che poi ha introdotto nella sua letteratura lo stesso Ammaniti. Abbiamo visto poi il suo primo libro Branchie e abbiamo visto come è nato. Libro scritto nel 1993 quando era ancora uno studente di biologia, bloccato a pochi esami dalla laurea, infatti lui stesso dice che branchie nasce come un tumore maligno di una tesi di biologia. In seguito abbiamo parlato del libro uscito l’anno successivo, Fango, con una quarta di copertina che Barenghi definisce una piccola apologia, in forma d’auto-incensamento, ringrazia chi lo ha aiutato a contenere la sua natura intemperante, con un’epigrafe con citazioni dei promessi sposi, una degli Almamegretta (gruppo di musica napoletano) e una di Braccio di Ferro, come vediamo di nuovo una mescolanza tra alto e basso. Fango contiene sei racconti, con quello più lungo: l’ultimo capodanno dell’umanità rispetto al racconto sgradevole incentrato sullo stupro di un gruppo. Ti sogno, con terrore, racconto thriller che ha per protagonista una giocane studente di antropologia, poi lo zoologo. Poi Fango (vivere e morire al Prenestino), e poi Carta e Ferro, una specie di idillio sider punk, tra un personaggio ossessionato dal sesso che si muove per le vie di Roma ha cercare prostitute, ne porta su una volta una che lo porta nella sua casa fuori Roma, dove in realtà vive la sorella con arti metallici e viene costretto dal padre a unirsi a lei, ma in realtà scoppia un amore e i due se ne vanno via insieme prefigurando il titolo del successivo romanzo, ti prendo e ti porto via. In seguito abbiamo parlato del libro uscito l’anno successivo, libro a due voci: nel nome del figlio. L’adolescenza raccontata da un padre e da un figlio. Poi abbiamo visto quanto i media hanno influenzato la struttura, lo stile di questi scrittori non solo diventando argomento/ tema delle loro pagine. Il modello strutturale dello zapping viene assunto come tale, nei racconti di Woobinda e Superwoobinda (dove le parole vengono tagliate), ma agisce in modo latente in molta narrativa cosiddetta cannibale. Analogamente l’andamento concitato dei romanzi d’esordio di Ammaniti, o Santacroce o di Scarpa, è omologo all’aumento di frequenza delle immagini dei videoclip, della pubblicità, dei film coevi, abituati ad abbreviare le scansioni di montaggio, accelerare le inquadrature ai confini della soglia di percezione, soprattutto nei momenti di maggiore tensione emotiva. Il ritmo dei romanzi e dei primi racconti di Ammaniti risente di questa caratteristica di montaggio propria dei videoclip, delle pubblicità e dei cinema. Con ti prendo e ti porto via, Mondadori ha inizio un’altra fase della produzione di Ammaniti. Dopo i testi piu pulp, con protagonisti prevalentemente giovani, a volti grotteschi, contrassegnati da trame rocambolesche, pirotecniche, a volte farraginose, piu o meno riuscite, ora Ammaniti invece pubblica un romanzo in cui uno dei personaggi principali è un ragazzino. Quindi dopo questa sorta di abbuffata di violenza, sesso, grottesco e a volte anche risvolti comici, Ammaniti passa a descrivere anche i sentimenti, le emozioni, la vita di un ragazzino di 12 anni. Inizia con questo romanzo, che vede ancora affiancata la coppia di protagonisti giovanili, quindi tutto un mondo adulto estremamente variegato, inizia comunque una serie che mette in primo piano da una parte i rapporti familiari, quindi con i genitori e i fratelli, e dall’altra i temi dell’amicizia, dell’amore, del confronto con la morte e con il proprio destino che i personaggi (questo vale per il protagonista di ti prendo e ti porto via ovvero giulia e varrà anche per Michele di Io non ho paura), sono dei protagonisti che cercano di fare in modo che il loro destino non sia predeterminato dall’ambiente socio-culturale in cui sono nati. I protagonisti di questi libri lottano per sottrarsi a questa sorta di condanna. Ci soffermeremo su ti prendo e ti porto via quando esamineremo Come Dio comanda, che la festa cominci, Il momento è delicato e lo faremo dopo aver analizzato Io non ho paura. Partiamo ora quindi ad analizzare il romanzo Io non ho paura di Ammaniti . Partiamo dalla sua genesi. Intanto un’affermazione sintetica ed efficace di quello che il libro ha rappresentato per Ammaniti, un libro in cui convergono le paure che aveva dentro lo scrittore. La genesi del libro dove lo stesso Ammaniti dice che io non ho paura è stato un libro strano. Quando ho firmato con la Mondadori ebbi una grande crisi, alla fine riuscii a scrivere con grande fatica ti prendo e ti porto vis e andò bene, ma ero stanco. Volevo scrivere qualcosa di diverso, in prima persona, scegliere una voce narrante che fino a quel momento non aveva mia usato, la prima persona. Ma la genesi del libro risente anche dalla fascinazione di un luogo, ovvero l’ambientazione del libro che lo scrittore ha scoperto in un suo viaggio, dove ci sono solamente onde di grano. Un libro che nasce quindi da una serie di domande, che cosa avrebbero fatto in quel posto una serie di bambini durante le vacanze, come vivevano le famiglie in quelle zone vent’anni prima. Quindi se il romanzo è ambientato in un sud Italia non ben specificato (nome dei paesi inventati), vediamo quando è ambientata la vicenda: Vediamo ora la seconda volta che viene usato il termine paura per Michele: Poi c’era il braccio arrugginito di una gru. Ci ho legato intorno la corda. Ma avevo paura che si scioglieva e io rimanevo nel buco insieme al corpo. Qui c’è questa sgrammaticatura, io rimanevo si usa l’imperfetto al posto del congiuntivo. Questo è uno dei tratti tipici della scrittura di questo testo, il preservare alcune movenze del parlato o di alcune espressioni colloquiali. Non ci sono tante espressioni colloquiali né delle sgrammaticature cosi profonde ma qualcosina c’è, e si vedono molto bene nell’uso dell’imperfetto al posto del congiuntivo. Cosa notiamo nel primo spezzone a proposito dei verbi di dire? Notiamo che c’è una contraddizione fra due verbi che indicano un’intensità diversa della voce: da una parte vediamo questo auto incitamento di Michele che cerca di farsi coraggio, ma la sussurra e dall’altra parte invece ad urlare dentro di lui c’è la voce che lo avrebbe trattenuto. La frase messa a titolo ma declinata in maniera diversa viene usata nel cap.4 (secondo spezzone di questa immagine) in cui viene scritto tu non hai paura, dove a pronunciarlo è Filippo che mette in gioco questi personaggi della sua fantasia che gli hanno detto che tu non hai paura del signore dei vermi (si rileverà essere il fratello del teschio, felice, e lo chiama così perché era lui che faceva il lavoro sporco e andava sempre al nido in riferimento a una frase che felice dice a filippo: ti schiaccio come un verme). Ancora viene detto tu non hai paura (terzo spezzone nell’immagine) nell’ultimo capitolo in cui Michele cerca di rincuorare Filippo Ultimo spezzone immagine sopra anche qui risuonano le espressioni io non ho paura, tu non hai paura, che non ricorre in bocca solamente di Michele e Filippo ma anche di Sergio che lo dice a Felice. Questa breve carrellata di citazioni serve anche per prestare attenzione a una serie di particolari linguistici, retorici. Ad es. nel 4 pezzo si vede una similitudine, come un agnello, per sottolineare quanto siano presenti gli animali nella formazione e nelle passioni di Ammaniti e questo si traduce in una presenza massiccia nei suoi libri. Sia in presenze reali ma anche utilizzati in chiave metaforica in similitudini per spiegare i comportamenti dei personaggi. Il protagonista non ha solamente paura, ma a volte questa paura diventa talmente grande che si trasforma in terrore Qua abbiamo una sorta di impersonificazione del terrore, come una sorta di creatura che afferra nelle parti più delicate con una mano gelida, quando ha capito che nel buco c’è un bambino vivo, allora la paura si è trasformata in terrore. Poi poco dopo, mentre si avvicina alla fattoria il terrore si riduce e diventa paura. La scrittura di Ammaniti punta più che a muoversi a descrivere i sentimenti, spesso ci restituisce ciò che il personaggio prova attraverso degli effetti fisici che il corpo prova come in questo caso (respiro affannoso, bruciore in fondo allo stomaco). Nella parte finale del libro il terrore torna quando Michele corre verso la fattoria di Micheletti. C’è per caso un ‘altro tratto dell’italiano parlato non standard, grammaticale? Si nella parte finale: dei maiali invece ne potevo parlare benissimo, ovvero il fenomeno della dislocazione, quando si anticipa un elemento della frase che viene poi ripreso con un pronome pneumastico, la formula corretta dovrebbe essere dei maiali potevo parlarne benissimo. Le dislocazioni servono a sottolineare, mettere in luce su cui si vuole puntare l’attenzione. Ci ricordiamo quali sono altre paure che ha il protagonista?’ Paura dei mostri, degli zingari, e creature partorite dalla sua immaginazione che popolano i suoi incubi e che in realtà pensa anche a come neutralizzarli. Sono Lazzaro risorto con le formiche che gli scorrono nelle vene fosforescenti, gli zingari, la strega, gli orchi, l’uomo nero e poi? All’inizio quali sono le idee che si fa Michele a proposito di questo bambino?? Pensa possa essere un lupo mannaro e che fosse anche pazzo, pensando che fosse anche suo fratello gemello pazzo che il padre non ha avuto il coraggio di uccidere nonostante l’ordine della madre. Questo a cosa rimanda? Rimanda a Biancaneve, c’è questa dimensione un po’ da fiaba nera nel libro. C’è qualche altra paura oltre ai mostri? Di persone reali di cui Michele ha paura? Sicuramente ha paura di Felice, ha paura del teschio, di Sergio, di Nunzio. Nel primo spezzone c’è ancora l’utilizzo dell’imperfetto al post del congiuntivo per richiamare sempre a un uso della parola parlata. Quindi ha paura di Nunzio, delle vipere, del teschio (rappresenta il bambino piu grande, violento e propotente per cui contrapporsi a lui poteva essere rischioso), del boschetto, e nell’ultimo spezzone la paura riferita ad un episodio scolastico in cui era stato richiamato dal preside. In seguito riportiamo le manifestazioni fisiche della paura, con anche in queste citazioni il ricorso al regno animale. Chi sono gli altri personaggi che nutrono paura?? Barbara che ha paura del teschio, Maria ha paura del buio, tutto il gruppo ha paura di Felice, Filippo che ha paura di uscire dal buco, la paura di tutti dei maiali e di Micheletti.
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