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Appunti letteratura italiana contemporanea, Appunti di Letteratura

Appunti della vita e romanzi di: Ottiero Ottieri, Donnarumma all’assalto Italo Calvino, La speculazione edilizia Luciano Bianciardi, La vita agra Paolo Volponi Memoriale Paolo Volponi, Le mosche del capitale Nanni Balestrini, Vogliamo tutto Aldo Nove, Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese Emilio Gadda Vittorini Pasolini Apunti: Neorealismo Gruppo '63 e Neoavanguardia Letteratura e industria Appunti riviste: Verri Officina Menabo

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 12/07/2020

Alessia220400.
Alessia220400. 🇮🇹

4.4

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39 documenti

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Scarica Appunti letteratura italiana contemporanea e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! LETTERATURA CONTEMPORANEA ITALIANA EMILIO GADDA 1893-1973 VITA Nasce a Milano il 14 Novembre del 1893. Il padre ha seriamente compromesso la stabilità economica della famiglia; la madre per questo motivo costringe i tre figli a durissimi sacrifici per mantenere un regime di vita adeguato alla borghesia e ogni decisione è subordinata allo status symbol. L’educazione repressiva e il complesso rapporto della madre stanno alla base della nevrosi di Emilio. Per problemi economici Gadda studia al Politecnico di Milano diventando ingegnere nel 1920. Dopo aver acquisito stabilità economica, si iscrive alla facoltà di filosofia, dedicandosi alla letteratura, senza però laurearsi. Nel 1915, interrompendo gli studi di Ingegneria, parte per il fronte e dopo due anni verrà fatto prigioniero e ciò aumenterà la depressione di Gadda. Morirà a Roma il 21 Maggio 1973. La sua visione letteraria è influenzata dalla sua formazione (matematica e fisica) e dal suo primo amore la filosofia. La letteratura per Gadda ha una funzione gnoseologica cioè conoscitiva della realtà, le parole sono strumento con cui si descrive la realtà. Strumento non preciso nel momento in cui uso la parola non sarà mai un pensiero oggettivo. Ogni atto linguistico è un atto di interpretazione della realtà quindi non è oggettivo, bensì deforma la realtà. Pensa questo per la sua formazione. Non è, però, uno strumento preciso, poiché ogni volta che viene usato, non offre una rappresentazione fedele della realtà, ma è presente una distanza tra parole e cose, che non si riesce a colmare. La prospettiva non sarà mai oggettiva, ma è interpretativa. La struttura del romanzo e lo stile di scrittura riflettono l’idea di Gadda sulla realtà fenomenica Logica e razionalità (che secondo antiche categorie filosofiche portano al raggiungimento della verità) falliscono davanti alla molteplicità indescrivibile che caratterizza la realtà fenomenica. Gadda comincia a scrivere nel primo ‘900. Si concentra nei testi scritti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dà una determinata concezione del mondo. QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DI VIA MERULANA. Tale testo ha reso famoso Gadda, esso ha uno stile complicato ed è rappresentativo della sua poetica (in alcuni passi l’autore spiega la sua prospettiva filosofica del mondo). I primi capitoli furono pubblicati subito dopo la Seconda Guerra Mondiale nella rivista “Letteratura” nel 1946 e nel 1957 viene pubblicato completato, dopo esser stato modificato più volte, per l’Editore Garzanti. Il racconto è ambientato nel 1927 sotto il fascismo a Roma in via Merulana nel palazzo detto palazzo degli ori (per intendere lussuoso). Il romanzo è di struttura poliziesca perché era vietato in epoca fascista. Il romanzo poliziesco è composto da 4 parti: delitto, investigatore, indizi e assassino. Nel romanzo di Gadda abbiamo due delitti: 1. Furto di gioielli al palazzo a carico della Marchesa Menegazzi. Il Brigadiere Pestalozzi è incaricato del furto. 2. Assassino di Liliana Balducci mentre il Commissario Ingravalio è incaricato di scoprire l’assassino. Vita particolare di Liliana Balducci (esponente dell’alta borghesia, ricca e sposata, ma senza figli) la quale ha una vita personale particolare. Pur non avendo figlie, si è circondata di tante giovani donne, da lei considerate come nipoti e le tiene in casa come domestiche. Essendo attento alle questioni psicoanalitiche, Gadda fa capire al lettore che il rapporto tra le ragazze e Liliana non è completamente chiaro, ma ambiguo (lo fa intuire, non lo spiega con le parole). Le ragazze appartengono alle classi più povere, al proletariato e si appoggiano alla Balducci per vivere. I sospetti degli investigatori vanno subito sul proletariato, in quanto potrebbero, almeno per il furto, avere un movente. 1 Gadda non dice chi è il colpevole e non spiega nemmeno in modo preciso il collegamento tra i due crimini, Gadda infrange le regole/capisaldi del perfetto giallo. Il paradigma e certezza della verità sono le due caratteristiche che fanno il giallo, cioè decostruiscono il genere poliziesco:  Paradigma indiziario, sequenza logico-deduttiva che guida il caso  Certezza della verità e del finale, chi è l’assassino veramente. Gadda, al contrario, costruisce un anti-giallo poiché decostruisce il genere poliziesco, ne rovescia i presupposti e le caratteristiche che convenzionalmente lo definiscono come genere. Per tale motivo non si scopre la verità e non adotta un finale narrativo di tipo logico-deduttivo. Ad ogni prova non c’è una motivazione, ma ogni procedimento è dato da supposizioni ed intuizioni, le prove infatti non sono fondate. Queste non prove portano ad ampie parentesi e digressioni, che portano a deviare il discorso principale dal punto. Es. mentre parla delle indagini, racconta un sogno del Brigadiere, che a livello logico-deduttivo non serve a sciogliere il caso; oppure descrive dettagliatamente i gioielli della Menegazzi. Perché? L’autore sa che non solo logica e razionalità governano l’agire umano, pertanto il suo romanzo è una divagazione continua. Differenza tra:  Finale incompiuto -> opera che non è materialmente finito, per motivi di tempo.  Finale aperto -> manca la conclusione della storia, ma il prodotto letterario, per l’autore, è terminato e completo. Lascia il finale narrativo aperto, è lì il suo valore artistico e ritiene la sua opera compiuta. Gadda usa il romanesco. Scusatio non pentita: quando qualcuno si scusa per qualcosa che non ha fatto. Il romanzo si conclude con QUASI mettendo in discussione le poche certezze che l’investigatore aveva. Con il romanzo aperto dà la possibilità al lettore di interpretarlo come vuole. Non ha importanza il finale e il punto d’arrivo ma è importante la dinamica e lo svolgimento. Per tale motivo il romanzo è aperto perché il narratore non dà la certezza di chi possa esser stato. Chi racconta la storia? Il narratore esterno, cioè esterno alla storia, il quale dovrebbe essere affidabile in quanto oggettivo, ma in questo caso non è affidabile. Alcune volte i fatti vengono descritti da molti voci diverse, polifonia, tramite i punti di vista dei personaggi, lasciando loro così più spazio. Il narratore ci dice cosa pensano i personaggi e tutte le dicerie e i pettegolezzi sul commissario (più voci e più prospettive). Simile, ma non uguale, al verismo italiano per due punti:  Dialetto e punti di vista dei personaggi.  Straniamento, perché le cose ci vengono presentate in maniera inconsueta. Lo straniamento di Gadda si ha con -> l’inserimento del dialetto e romanzo che sembra giallo ma non lo è. Gadda è convinto che la realtà sia molteplice e che questa molteplicità non si possa descrivere. Non bisogna considerare singoli fenomeni come tali ma come si legano tra loro. Questioni:  Gnoseologico: crisi dei sistemi interpretativi del mondo della modernità. Portata da: o teoria della relatività che porta ad avere diverse prospettive o caduta dell’antropocentrismo e razionalizzazione della verità 2 Vittorini comincia a scrivere per Einaudi, ai tempi fa parte di una casa editrice significativa, scartare e stampare libri che possono influenzare la cultura. Grazie a lui pubblicano dal Calvino e Fenoglio. Sono loro che scelgono quali libri pubblicare, perciò determina l’andamento dell’opinione pubblica ed influiscono sulla cultura del paese. Vittorini ha fondato anche <<Il Politecnico>>, <<Il Menabò>> e <<Impegno dell’intellettuale>>. Il Politecnico fu fondato nel 1945 e interrotto nel 1947, da Einaudi, perché la cultura sente il bisogno di organizzarsi ed interviene per il paese devastato dalla guerra. Con questa rivista fa qualcosa di innovativo perché la società aveva bisogno di ordinare organizzarsi. La rivista prima settimanale, diffuso nelle edicole poi mensile, con abbonamento, a causa di questioni economiche e politiche (dopo il numero 36 diventa mensile). Innovativo perché ->  Grafica: linee e colori essenziali, che la rendono moderna.  Uso di immagini vere e proprie: spazio per fumetti, fino al ’60 era un sottogenere solo per giovani. Tramite la rivista “Linus” gli si riconosce dignità artistica. Vittorini, al contrario, è all’avanguardia: non riporta i fumetti per i ragazzi, ma per gli adulti, che sono i lettori della rivista.  Fotoromanzi: rivista moderna.  Genere murale: che si attaccano al muro. E’ moderna, ha elementi inediti; i primi volumi escono come “Giornale memoriale”, cioè attaccabile come un manifesto. I contenuti della rivista sono: 1. Inchieste giornalistiche -> Non solo una rivista di letteratura, ma si vuole occupare di tutti gli aspetti della realtà. Tratta di temi politici, attualità, di rilevanza nazionale e internazionale (industrie, scuola, donne, estero). 2. Testi letterari di giovani autori -> Coloro che non avevano mai avuto voce, tra cui Calvino. 3. Interventi/saggi su letteratura ed arte -> Riprendono le avanguardie europee, la cui conoscenza in Italia fu ostacolata dal fascismo. Vittorini compie un’opera DI SVECCHIAMENTO, di apertura, poiché: le avanguardie propongono un tipo di letteratura sperimentale, innovativa, difficile da interpretare. Rappresentano la realtà in modo originale, sembra non aver alcuna attinenza con essa. Sono ostacolate anche dal PCI (smuove la cultura), a cui aderisce il 40% degli italiani, poiché: ritiene che l’arte e la letteratura più tradizionale si adeguino meglio alla classe proletaria (abolizione della proprietà privata e lotta per l’uguaglianza), favorita e composta da operai e contadini (Romanzo dell’800). E’ il più forte partito in Europa. È una rivista che si occupa di tutti gli aspetti della vita sia livello nazionale che internazionale. Vittorini dona spazio ai giovani che prima non venivano considerati. Vittorini fece interventi sulle avanguardie che nessuno conosceva -> sperimentale. Ostacolata prima dal Fascismo durante i suoi anni e dopo il partito Comunista, in quanto ritiene che una cultura tradizionale fosse più adatta. Vengono riscontrate delle differenze tra ideologia politica e operato del partito comunista, che si allea alle direttive della Russia: all’inizio la rivista era appoggiata dal partito (era distribuita tra i circoli). Dopo, viene a mancare, poiché Vittorini rifiuta di allinearsi alla politica culturale del partito: hanno un’idea diversa del ruolo dell’intellettuale nella società; il partito vuole l’appoggio della cultura; Vittorini rivendica i diritti di autonomia e libertà di agire, slegati dal partito. In pratica il tema è lo stesso, ma i metodi sono diversi. Per Tagliatti il letterato deve sostenere il partito. Vittorini, invece, dichiara che è l’intellettuale deve essere slegato dal partito se pur sostenendo una determinata ideologia. Scontro tra Tagliatti e Vittorini tramite 5 lettere, tale scontro epistolare viene pubblicato volontariamente da Vittorini perché lo vede come un arricchimento e questo porterà alla chiusura del Politecnico nel 1947. L’intellettuale, per l’autore, è un uomo di cultura che rivendica per sé il ruolo della sua opinione: pone in rilievo problemi e criticità della società, indica come risolverli e la possibile misura da adottare (propone soluzioni diverse da quelle del partito). La cultura, dunque, deve essere autonoma ed indipendente rispetto alla politica. L’intellettuale deve avere il diritto di esprimere il suo pensiero, che può essere diverso da quello del partito. Ciò che non era gradito al partito era la chiamata, di Vittorini, alle armi da parte di tutti gli intellettuali. Essi erano chiamati a fare la loro parte nel progetto di ricostruzione della cultura del paese, senza distanze. Nella redazione del giornale si trovano per lo più comunisti, ma i collaborati provenivano da ispirazioni politiche diverse (viste come pericolo da parte del PCI). Programma del Politecnico:  Chiede agli intellettuali, tutti, di contribuire alla ricostruzione del paese (malvisto da Tagliatti)  Costruzione di una nuova cultura su interessi hai problemi della società. Ad esempio schiavitù e sfruttamento, cioè lotte di ingiustizie sociali per poi trovare soluzioni. Denunciando ingiustizie e proponendo soluzioni.  Unire gli intellettuali italiani nel progetto e quindi allargare le collaborazioni della rivista a intellettuali di diversa appartenenza politica. La cultura non comprende solo prodotti artistici ma tutto il sapere e in più le discipline emerse in quegli anni che non si conoscevano a causa del fascismo vanno a servizio della società. Questo nuovo concetto di cultura per tutti gli aspetti della vita. La cultura è il complesso del sapere tecnico, scientifico e delle nuove discipline che furono censurate dal fascismo. Quella di Vittorini è una chiamata a raccogliere tutti gli ambiti del sapere, che devono essere tutti considerati, messi insieme per intervenire su tutti gli ambiti della realtà a livello economico e sociale. La cultura deve essere al servizio della società; è una tecnica. Il Politecnico, in questo senso, offre tecniche molteplici, dà uno scopo alla cultura, come strumento che serve per risolvere i problemi e migliorare le condizioni degli uomini. La rivista arriva per liberare e recuperare i temi e gli ideali che derivano dal pensiero illuministico, in funzione della ragione e scienza. Essi, dunque, devono contribuire alla formazione di una società più giusta. E’ dal ‘700 che la cultura deve avere anche una funzione di pratica sociale. Tale pensiero nacque intorno al Risorgimento (‘800), nel momento in cui l’Italia viene riunita: la cultura doveva servire per il popolo, le masse per costruire una società di uguali, a cui porre rimedio alle ingiustizie sociali e all’ignoranza (per tale motivo le riviste cercano di stimolare il popolo, tramite gli intellettuali). Gli uomini, infatti, erano analfabeti e gli intellettuali dovevano andargli incontro ed aiutarli. Il nome “Politecnico” riprende il nome della rivista di Cattaneo del ‘800. Politecnico cioè più tecniche, in quanto la cultura deve essere funzionale e tecnica per risolvere i problemi, per migliorare le condizioni delle persone. 1910 = La voce di riviste di attualità ma a causa del fascismo evita di parlare del politico arte e di cultura ma solo di letteratura. 1926-1934/36 = Solaria, in apparenza si occupa di letteratura ma allude alla costruzione di una città di cultura. Propone un modello diverso di società fascista. Solaria viene fondata Firenze da Carocci e aiutato da Gadda. Pubblica testi stranieri. Risorgimento -> Modificare l’Italia è ripensa alla cultura e alle ingiustizie. Dovuto dalla suddivisione dell’Italia, il popolo era analfabeta. 6 Con il boom economico cambierà tutto punto. Tra la fine degli anni ’50 e ‘60 abbiamo uno sviluppo industriale fortissimo con industrie come Olivetti e Fiat, con successo internazionale. Fiat diventa importante perché la politica favorisce lo spostamento su 4 ruote. Favorire il lavoro, favorire società più giusta. Olivetti si circonda di persone intellettuali in quanto ha come obbiettivo e come ideologia di stampo socialista comunista. Si tiene conto del triangolo industriale: Milano, Torino e Genova. Le persone migrano dal sud al nord e trasforma il paese e si un melting pot interno. Da tenere a mente i mezzi di comunicazione di massa con il messaggio della pubblicità come carosello, che inducono ha tenere un determinato stile di vita cioè il consumismo. L’Italia che prima era un paese contadino (causa fascismo) va recuperato anche questo divario virgola in modo tardivo abbiamo la seconda rivoluzione industriale punto abbiamo dei passaggi: contadini -> operai; campagna -> città. Uno dei fenomeni del boom economico è la speculazione con la costruzione di beni immobili a poco prezzo e poi venderli ha prezzo molto più elevato. Nascono i sobborghi in seguito alla costruzione di case. NEOREALISMO La tendenza artistica che si afferma nel cinema italiano negli anni Quaranta; i registi più noti sono Roberto Rossellini, Vittorio De sica, Luchino Visconti è il neorealismo. “Roma, città aperta” è il film che lancia il movimento a livello internazionale. In realtà è un movimento già affermato nel fascismo (1943), ma era in vigore la censura. Finita la guerra, gli intellettuali si sentirono liberi di parlare di: problemi sociali, politici, che prima non potevano fare. In ambito letterario il nome della tendenza viene usato come plagio nel mondo del cinema. Periodo che va dal 1943-1955/56. In questo periodo termina la guerra e nel ‘46 l’Italia vota a favore della repubblica; nel 1948 entra in vigore la nuova costituzione e si tengono le prime elezioni politiche, in cui vince la Democrazia cristiana. De Gasperi rimane al governo fino al ’53 e nel ‘56 l’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS. In questo momento hanno un rilievo gli intellettuali in quanto sentono il dovere morale e politico della ricostruzione del Paese devastato economicamente e socialmente dalla guerra, la Seconda guerra mondiale, ma anche la «guerra civile» tra fascisti e non. Vittorini è uno dei protagonisti di questo periodo. Gli intellettuali e il senso comune sentono di dover raccontare quanto successo, cercando di essere più aderenti possibile alla realtà, ciò quanto vissuto nel modo più realistico. La letteratura vuole una forma di rispecchiamento cioè vedere la realtà come uno specchio, come è. Ma anche lo specchio ti mostra un inganno. C’è un tipo di letteratura che sembra più vicina alla realtà quello neorealista. Il genere dei romanzi è infatti di tipo cronachistico e di tipo documentario, in quanto spesso si trattano di memorie di testimonianze personali in cui la componente autobiografica è molto forte. Il neorealismo si basa sulle pagine di giornali. I romanzi poi si mischiano tra di loro (mentre gli autori fanno una riflessione autobiografica possono fare riferimenti su argomenti macro come società, politica ed economia). Il Neorealismo in letteratura Modelli e antecedenti letterari:  Verga e il realismo dell’800  Realismo italiano degli anni ‘30 (Vittorini, Pavese)  Letteratura americana (Hemingway). La struttura dei romanzi riprende quella del romanzo ottocentesco:  Narratore omnisciente  Trama conclusa  Personaggi -> la loro esperienza personale ha valore universale. 7  L’aver vissuto da tutti la stessa esperienza da raccontare consente a tutti il diritto di parola, in quanto protagonisti. Si va a perdere, nella fase spontanea, il meccanismo secondo il quale lo scrittore si poneva al lettore come se fosse su di un piedistallo, specie quando il narratore è omnisciente, ponendo la propria prospettiva, stile e modo di vedere le cose. Ognuno era diventato eroe, quindi aveva avuto la sua avventura. Tutti si trovano sullo stesso piano; “ci si strappava la parola di bocca”: delinea l’idea di smania e l’ansia di raccontare la propria esperienza in ogni occasione scrivendo e parlando; “ci muovevamo in un multicolore universo di storie”: Calvino trasforma la realtà in una vicenda letteraria (ciò che è accaduto sono storie vere, interpretate)  Espressione mimica= le storie sono già state trasformate in storie raccontate. Il vissuto è raccontato in 1° persona, non come racconto dei fatti in modo asettico. Al contrario, la vicenda si colora di espressioni, le persone inseriscono dei dettagli che la rendono interessanti, appetibili per chi ascolta, ricche di effetti angosciosi, truculenti, bravate– a seconda dell’effetto che le è dato. “Tutti si improvvisano scrittori, anche quelli che non hanno mai scritto: è quasi un ritorno alle origini della letteratura, la forma più antica è quella orale”. Calvino sottolinea la differenza: “un conto è la parola scritta, rielaborata, pensata, meditata, un conto è l’espressione orale. Nel momento in cui viene raccontata la storia, non è il racconto del fatto spicciolo, ma è l’espressione, il colorito del sentimento provato in quel determinato fatto. Lo scrittore sta ricercando un effetto sul lettore o l’ascoltatore”. In teoria il Neorealismo nasce per offrire dei contenuti il più oggettivi possibile. Alla fine, non fu proprio così: “mai si videro formalisti così accaniti (sono quelli che curano la forma piuttosto che il contenuto)”. Nel descrivere l’oggettività delle cose l’uomo si ritrovava ad essere lirico, cioè poetico: di fatto la realtà veniva infiocchettata in senso letterario, fatta da coloro che hanno “acerba volontà” (chi non ha le competenze e la maturità per farla). Coloro che si ricordano del Neorealismo come coartazione (costrizione, 2°fase di letteratura politica), le cui ragioni politiche che fossero in linea con il PCI o meno, agivano come un dato di natura, facevano già parte degli ideali umani (erano il motivo per cui andarono a combattere la Resistenza sulle montagne): sono proposti testi con tale argomento in modo naturale, non era necessario che il partito li imponesse. C’è differenza tra un testo scrittore da un’intellettuale di mestiere (perché si pone il problema di dare una forma letteraria al testo) e uno che non lo è. “Il Neorealismo non fu una scuola”: Calvino lo difende dalle accuse di dogmatismo, per mettere in risalto la 1° fase. “Fu un insieme di voci periferiche” (a livello geografico). “In Italia, fino agli anni ’60, parlano italiano e non dialetto. La guerra di Resistenza fu un’occasione per rimescolare e far incontrare quelli che si spostarono per andare a combattere, con chi veniva da paesi diversi. Inoltre, dato che è un’esperienza che ha riguardato tutti e che tutti sentivano il bisogno di raccontare, ognuno lo ha fatto a proprio modo, con la propria lingua e dialetto (nemmeno lo scrittore di mestiere, che scrive in Italia, rende conto di questa varietà regionale, della molteplicità di dialetti con cui si trova a contatto grazie alla guerra). ITALO CALVINO 1923-1985 Italo Calvino a una scrittura molto semplice e lineare. interessato al pubblico dei più giovani, Marcovaldo destinato al pubblico dei bambini. Vita Nasce da una famiglia di scienziati, la cui influenza scientifica viene riscontrata nella poetica. Partecipa alla Resistenza con le Brigate di Garibaldi (composte da partigiani comunisti). A 20 anni combatte sulle Alpi Sperimenta Marittime, Liguria (componente autobiografica riscontrata “I sentieri dei nidi di ragno”). Il suo 10 talento letterario fu scoperto da Pavese e Vittorini che, nel 1950, lavorano per la casa editrice Einaudi, Calvino lavorerà poi per Einaudi. 1956 -> importante questa data in quanto scoppia una rivoluzione in Ungheria che viene brutalmente repressa, sconvolta l’opinione pubblica. Il partito italiano non riconosceva la violenza subita e la violazione della libertà. 1957 -> Calvino restituisce la tessera del PCI. 1964 -> Si Trasferisce a Parigi inizia la seconda fase del suo periodo letterario, influenzato dal gruppo di Oulipo punto uno degli attori italiani più tradotti all’estero con Montale. Non appartiene ad una corrente artistica Ho una scuola, durante la vita a sperimentato forme diverse punto a delle costanti presenti in ogni sua opera: 1. Fiducia della ragione razionalismo illuminista, capacità dell’uomo di cambiare la propria esistenza. Letteratura uguale forma di conoscenza. Per Calvino non si arriva mai ad un punto definitivo non si arriva mai a quella formula per cui si conosce tutto. 2. Rapporto letteratura-realtà: La letteratura è una forma di indagine conoscitiva sulla realtà (è conoscenza), che non si esaurisce mai, bensì è in continuo divenire, mutevole e molteplice. La ragione deve seguire la molteplicità e mutevolezza della realtà. 3. Ironia e leggerezza che fanno sempre riferimento alla ragione. Ironia e leggerezza per vivere le cose con una certa distanza vedere le cose con un’altra prospettiva mai fissa, cioè mutevole e aperte alle altre interpretazioni. 4. Riferimento ad Ariosto: “L’Orlando furioso” e “Le satire” punto critico all’attualità rispetto a quando scrivono. 5. Scrittura semplice con terminologia esatta e precisa. Ex: non dice albero ma Olmo. Periodi della letteratura di Calvino->  Primo periodo della produzione letteraria di Calvino cioè primi anni 60 più o meno quando si trasferisce a Parigi. Due filoni/tendenze: o Realistico: Vicino al neorealismo, opere i cui fatti sono narrati con la massima simil- somiglianza. Denuncia le questioni politiche e sociali. Opere che fanno riferimento all’impegno intellettuale verso la società. o Allegorico/fantastico: racconti di finzione. Sono i libri pieni di riferimenti della letteratura del passato. Non sono “racconti realistici”, ma l’intento è di rappresentare la realtà, mostrando alcune dinamiche culturali, politiche e sociali, dove il significato è aperto alle interpretazioni. Sono 3 lunghi racconti messi insieme in unico volume del 1960. *Nella prefazione, Calvino avverte il lettore, spiegando che le storie fantastiche hanno un significato allegorico: costruisce racconti irreali sulla base di altri testi letterari della tradizione (Es. Ariosto, Voltaire) che sembrano non aver niente a che fare con la realtà, eppure l’intento è quello di mostrarne alcune dinamiche. Servono per parlare di problemi di carattere universale, di epoche diverse (es. parlare della condizione umana) della realtà. La particolarità dell’allegoria è data dal fatto che, quando viene usata una storia per parlare di una realtà, il significato non è stabilito dall’autore, ma è suscettibile di interpretazione del lettore. In realtà, l’autore si contradice, in quanto nella prefazione espone quale, secondo lui, sia il significato allegorico nascosto nei 3 testi. Il titolo allude al fatto che i 3 antenati, solo coloro che precedono l’uomo moderno dai quali discende. I tre volumi sono: <<Il visconte dimezzato>>, <<Il cavaliere inesistente>> e <<Il barone rampante>>.  Secondo periodo della letteratura di Calvino combinatorio. 11 IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO Primo romanzo di Calvino, 1947. Si parla della resistenza ma il protagonista non fa parte di resistenza, ha 10 anni e si chiama Pin, abita da solo con la sorella. Il brano è ambientato in un paesino ligure. La prostituta si chiama nera e da clienti tedeschi punto i nidi di ragno non esistono l’inventa Pin. Diritto è il nome del capo della sezione dei partigiani di Cugino. I partigiani non vengono raccontati come eroi ma come scapestrati, Dritto si distrae per amore e da fuoco a tutto. Dritto e Pelle vengono fucilati. Pin torno a casa e la sorella ha la pistola. Il narratore è eterodiegetico, cioè fuori dalla storia. Non è uno dei personaggi della storia. La prospettiva è di Pin, cioè il narratore si cala nei suoi panni. Utilizza le parole che utilizzerebbe Pin. Il narratore si cala in Pin ma non si dimentica di essere esterno. Innumerevoli elementi di a fantastici che fiabe spunto. Gli elementi fantastici provocano disimpegno e alleggeriscono l’impegno ai fatti storici, L’atmosfera fantastica ricopre tutte le cose in quanto il brano è narrato dal punto di vista di Pin. Elementi fiabeschi genere letterario ben preciso e antico. La fiaba nasce come racconto orale, creato per indicare una strada di maturazione ai bambini. La pistola è l’oggetto magico, Calvino segue le tappe di una fiaba tradizionale. Il protagonista non è un partigiano, ma un ragazzino di 10 anni, Pin. E’ rimasto orfano, poiché il padre è scomparso, la madre è morta. Rimane con la sorella, che fa la prostituta e non si prende cura di lui, La Nera. La vicenda si svolge in Liguria. La sorella, tra i clienti, ha molti tedeschi. Pin passa le sue giornate all’osteria, in cui ci sono adulti del paese. Una sera, parlandovi, per scherzo accetta la sfida di essi: rubare la pistola a uno dei clienti della Nera (un marinaio tedesco). Mentre lui è con la sorella, Pin gliela ruba e la nasconde nel posto in cui “i ragni fanno i nidi” (è fantastico, i ragni li fanno. La nasconde al sicuro e segreto, vicino al fiume, suo rifugio del mondo della fantasia). Dopo sarà scoperto e messo in prigione, ma riuscirà a scappare grazie ad un partigiano: Lupo Rosso (16enne, eroe spregiudicato che non ha paura). E’ idealizzato da Pin, ma a un certo punto si perderanno di vista. Pin si ritrova solo nella campagna, in cui incontrerà un altro partigiano: Cugino (gigante che ascolta la storia di Pin, capisce la sua situazione e lo porta con sé al Distaccamento dei partigiani del Dritto (nome del capo), dove sarà accolto tra gli adulti (Pin non ne comprenderà mai il mondo). A differenza dei romanzi sulla resistenza, qui i partigiani non vengono raccontati come eroi, ma come scapestrati, che si trovano lì per caso. Il Dritto si innamora della moglie del cuoco del Distaccamento, ma, distraendosi, dà fuoco alla sede. Intervengono i capi delle brigate partigiane: Kim e Ferriera. Discutono, ma non trovano alcuna soluzione, capiscono solo che i partigiani sono scapestrati, che combattono per la parte giusta, ma ognuno a suo modo. In seguito, il Dritto si rifiuta di combattere per rimanere con l’amante. Viene scoperto da Pin e fucilato (con Pelle) dai partigiani per tradimento (non ci sono distinzioni). Alla fine, Pin, rimasto solo, torna a casa e scopre che la sorella ha la pistola. Egli si arrabbia, in quanto capisce che gliel’ha data uno dei traditori della brigata partigiana. Così, riprende la pistola e torna indietro: incontra Cugino, che si fa raccontare la storia e gli dice che vuole andare con una donna. Pin lo manda da sua sorella e sente uno sparo. E’ un susseguirsi di episodi. Narratore Etero/Extradiegetico. Colui che racconta la storia è fuori da essa, poiché parla dall’esterno, in 3°persona, ma il lettore non sa chi è. La prospettiva è quella di Pin. Il narratore si cala nella prospettiva di un ragazzino di 10 anni, raccontando i suoi pensieri, usando le sue parole. Non si dimentica, però, di essere un narratore esterno. C’è equilibrio. In teoria dovrebbe essere onnisciente, ma, dato che Pin non può spiegare i fatti (non li comprende), non può sapere tutto, così anche lui non offre spiegazioni al lettore. Pin non capisce il mondo degli adulti, della guerra, delle vicende d’amore e il narratore non interviene a precisare, bensì si immedesima nello sguardo del suo personaggio (fa finta di non sapere). La prospettiva di Pin è completamente diversa da quella di un adulto. Pur parlando di resistenza, il romanzo differisce da quelli neorealisti: parla di fatti realmente accaduti, innestati in elementi fiabeschi e fantastici, va oltre l’ordinario: 12 cristiani), vive le avventure, si innamora di una donna (I cavalieri erranti, come Orlando, amano donne, come Angelica, e seguono i loro ideali. Orlando diventa furioso, poiché si innamora di Angelica, ma lei non lo corrisponde e scappa da un altro. Al termine della storia ritorna al servizio di Magno). Calvino inventa il cavaliere Agilulfo, ma la sua particolarità è data dall’ avere un’armatura vuota: è un cavaliere inesistente, senza corpo, di lui c’è solo l’involucro esterno. Gli altri cavalieri combattono per motivi personali (vendetta, amore), ma lui combatte perché lo deve fare: ha un forte senso del dovere, crede nei suoi ideai “inesistenti”, segue gli ordini in modo meccanico, senza pensarci. I suoi compagni non lo sopportano, poiché dà sempre ordini e, per deriderlo, gli affiancano un servitore che è il suo opposto: è solo corpo, quasi animalesco ed ignorante, ma Agilulfo lo accetta, in quanto è ordine di Magno. Nella prefazione, l’autore spiega che l’uomo fatto di sola armatura rappresenta l’uomo della società dei consumi, il contemporaneo (1959, società del boom economico). E’ un uomo che sta svuotando da dentro, perde sé stesso, i suoi valori e rimane solo la sua facciata (l’armatura). E’ un uomo che agisce meccanicamente, come un robot: lavora e guadagna senza pensare. Può rappresentare anche le maschere dell’uomo nella società.  IL BARONE RAMPANTE (1957): Pubblicato l’anno dopo l’invasione dell’Ungheria (mette in discussione il modo di fare politica e di concepire l’impegno intellettuale), quando l’autore lascia il partito comunista. Ispirato a racconti filosofici del ‘700 illuministi, resi in forma dialogica (Voltaire). E’ ambientato alla fine del ‘700, dove il protagonista, Cosimo (12 anni) decide di salire su un albero e passa il resto della sua vita lì. La storia è raccontata dal fratello minore (narratore è intradiegetico: dentro la storia, osservata sin dall’inizio). Una sera, a cena, i due bambini sono a tavola con i genitori; la sorella ha cucinato un piatto di lumache e Cosimo non lo vuole mangiare, i genitori lo obbligano, ma lui si imputa e per dispetto esce fuori e sale sull’albero in giardino (da cui non scenderà più). L’autore sforza la sua immaginazione e inventa uno sviluppo ingarbugliato e fantasioso. Sebbene Cosimo vive sugli alberi, riesce ad intrattenere rapporti sociali profondi e frequenti: fa amicizia (prima gli era impedito), si innamora della vicina di casa, cresce e si istruisce da solo (autodidatta), legge testi filosofici di Voltaire, del quale diventa amico di penna. Egli organizza gli abitanti del posto per combattere gli incendi della zona, aiuta a salvarsi da un attacco di pirati; giunge la Rivoluzione francese e l’attacco di Napoleone, che conoscerà. Convinto di non scendere, anche alla fine della sua vita, vola in cielo e sparisce. Il capriccio si trasforma in una questione di principio, di cui il significato è riconoscere, nell’atteggiamento di Cosimo, quello dell’intellettuale e la sua posizione rispetto alla realtà contemporanea: deluso per i fatti in Ungheria. Nel 1959 inizia un periodo di crisi per gli intellettuali, che non possono più seguire il partito e devono trovare la propria strada ed elaborare un altro modo per guardare la realtà. L’ideologia è un qualunque sistema usato per interpretare la realtà, in cui tutto viene spiegato e collegato. E’ una chiave per interpretare e leggere la realtà. L’ideologia comunista interpreta la realtà in classi: borghesia, proletariato (a seconda della struttura economica della società) e l’intellettuale, per impegnarsi, deve seguire il partito e rimanere fedele all’ideologia. Dopo i fatti in Ungheria, questo equilibrio forzato si rompe, l’intellettuale si stacca e deve vedere le cose in un’altra prospettiva, con ironia e leggerezza= implicano una distanza tra le cose, quella di Cosimo tra lui e gli altri uomini. Quando sale sugli alberi, cambia la sua prospettiva e guarda la realtà dall’alto. Pertanto, l’intellettuale, per vedere meglio la realtà se ne deve distaccare: deve mantenere una distanza critica dalla realtà, per poterla interpretare nella sua interezza. Deve ostinarsi a conservare il proprio ruolo nella società, non seguire gli ordini imposti o accettare le direttive del partito. Non è che si deve porre al di sopra degli altri, poiché non è il salire più in alto, ma salendo sugli alberi acquisisce una posizione straniante sulle cose, diversa, che gli consente un rapporto più autentico. Es. Cosimo aiuta i cittadini, non lo avrebbe fatto da altre prospettive. E’ salendo sull’albero che l’intellettuale acquisisce sia distanza dalle cose, sia libertà di intervento. 15 L’autore invita il lettore a guardare al periodo storico: razionalismo, cioè compito dell’intellettuale è l’uso della ragione per migliorare le condizioni dell’uomo. BRANO “IL BARONE RAMPANTE”: A Cosimo torna più comodo spostarsi tra gli olivi, poiché, torcendosi, consentono una via comoda, piana (è una contraddizione: i rami sono contorti, ma per Cosimo è una situazione ideale, quasi si va a cercare la strada più strana). L’autore descrive con precisione e raffinatezza gli elementi della natura (padiglione di foglie: chioma, metafora; latte che geme nei fichi: liquido appiccicoso- descrive l’habitat di Cosimo come se fosse normale, è la sua casa. Egli sta cercando l’albero migliore, ma nel fico trova del latte appiccicoso e si sente a disagio (è un tutt’uno con l’albero: situazione di stasi), per cui decide di andarsene. Calvino passa in rassegna tutti gli alberi con una scrittura esatta; paragona l’albero al palazzo: Cosimo sta cercando la casa migliore. Trova il noce (dà un senso di sicurezza anche al fratello, rimasto sempre attratto dal maggiore. Inizialmente non lo comprende, ma poi lo guarderà sempre con ammirazione e anche perplessità rispetto alla sua scelta paradossale). “Lecci o Elci” è una notazione linguistica che fa risaltare il termine specifico dell’albero; “solleva i quadrelli per aiutare l’albero a rifarsi” cioè toglie la corteccia per aiutare a rigenerare l’albero; l’oro è il colore della corteccia sotto lo strato bianco: descrizioni dettagliate. Cosimo si avvicina sempre di più agli elementi naturali e il mondo gli sembra sempre di più diverso – descrizione del cambio di prospettiva: la luce, le foglie sono diverse: “mentre il nostro mondo si appiattiva noi non potevamo più sapere tutto quello che lui stava imparando dalla natura, lassù, sugli alberi”. L’andamento della è contorto con subordinate, accumulo di frasi che si ripetono e porta a una comprensione maggiore delle cose, cui solitamente il lettore non fa caso (“Cosimo ascolta il legno, come se stesse ascoltando un segreto”; “le muffe allargano la chiazza al vento tramontano”- crescono nei luoghi più nascosti, sul retro, dove non batte il sole; “e un brivido gli uccelli addormentati dentro il nido rincantucciano il capo là dove più morbida è la piuma dell’ala”: è un segreto dolce ed affettuoso, che normalmente non è dato vedere). “Il silenzio della campagna si compone nel cavo dell’orecchio in un pulviscolo di rumori”: il pulviscolo è un insieme di elementi che ruotano attorno a se stessi, in ordine sparso (i rumori sono confusi, casuali e leggeri come se si componesse una musica, un rumore definito che si infila nel cavo dell’orecchio: elenca i rumori che compongono il pulviscolo: es. scocchio, zampettio per distinguerli suoni e si fa fatica a districare un gomitolo di lana). La descrizione verte sulla qualità dei rumori e il modo in cui questi suoni si organizzano, tra loro, in una battitura musicale. Calvino espone dai toni più forti ai tenui “nel cavo più profondo dell’orecchio restava l’ombra, un suono che stava in secondo piano, il rumore del mare, che fa da sottofondo”. E’ l’autore che riflettere sui termini usati dalla sua ricerca lessicale (elci: nome specifico ed aulico dell’albero; murmure e mugghio: rumore del mare). I termini sono, dunque, specifici o poco usati dal linguaggio comune, per dare senso di aulicità, poesia nel rappresentare la comunione con la natura. Il cambiamento di prospettiva si ha con l’avvicinamento dell’uomo alla natura (topos poetico). 2° PERIODO CALVINO All’inizio degli anni ’60 cambia sensibilmente il suo modo di scrivere e la letteratura, in parte perché si inizia ad interessare maggiormente alle scienze (per questo abbiamo un riflesso nella produzione letteraria) e in parte perché nel 1964 si trasferisce a Parigi ed entra a contatto con il gruppo francese Oulipo. Agisce sulla poetica dell’autore l’influenza delle teorie scientifiche sulla formazione dell’universo >> Calvino crede che, come la scienza, anche la letteratura abbia un ruolo nel sistema del sapere e della conoscenza, la letteratura si rivolge però ad altre ‘sfere’ del sapere. Calvino ha fiducia anche nel razionalismo. Sono note le scoperte scientifiche sull’origine dell’universo e sul funzionamento del cosmo. Per l’autore, la funzione della letteratura, in rapporto alla scienza, deve cambiare. Rimane indagine conoscitiva sulla realtà, ma dalle scienze Calvino impara che: essendo il mondo un sistema complesso, non è possibile interpretarlo all’interno di un sistema, nella sua interezza, per spiegare ogni relazione tra gli elementi. Ad ogni scoperta scientifica, il sistema fino ad allora utilizzato è stato superato, per cui è necessario adottarne uno nuovo: la conoscenza è un divenire ed è sempre nuova. 16 Nel ‘64 Calvino va a Parigi e conosce il gruppo dell’Oulipo, acronimo di ‘Laboratorio di scrittura potenziale’ >> il gruppo, fondato a Parigi nel 1960 dallo scrittore Georges Perec, è formato da scrittori e matematici; mira a elaborare nuove forme di letteratura in cui la struttura del testo ha la priorità su tutto il resto La struttura viene ideata sulla base di una regola (costrizione) che l’autore sceglie di seguire (ad esempio scrivere un testo senza una lettera o costruisce le storie seguendo le regole degli scacchi) o sulla base di calcoli matematici (ad es. il calcolo combinatorio). La regola è alla base del gioco dell’immaginazione, la stimola (esattamente come nel gioco per divertirsi sono necessarie delle regole). Le opere principali sono: Cosmicomiche (raccolta del 1965 di racconti brevi); “T con 0” (nel 1967, raccolta di racconti che contiene alcune Cosmicomiche, ispirati alle teorie scientifiche); “Le città invisibili” (libro del 1972, 1° esempio di letteratura combinatoria, ispirate al “Milione” di Marco Polo -viaggio in Cina); “Il castello dei destini incrociati”, (1973); “Se una notte di inverso un viaggiatore” (1979 libri più venduti: iper- romanzo, composto di altri romanzi). Nelle Cosmicomiche l’autore raccoglie dei racconti ispirati a diverse teorie scientifiche sul cosmo. L’epigrafe di ogni racconto contiene la teoria cui è ispirato. Le storie hanno carattere comico (vedi il titolo) e sono ispirate alle strisce dei fumetti Il narratore di tutte le storie è un essere che cambia continuamente forma, di nome QFWFQ Sembrano racconti di fantascienza, tuttavia, la fantascienza ambienta le storie nel futuro, trasformando l’invenzione dell’autore in una realtà possibile; nelle Cosmicomiche Calvino fa il contrario, ambienta le storie nel passato (l’origine dell’universo) e trasforma il dato scientifico in qualcosa di fantastico Il cosmo si presenta come il risultato di combinazioni possibili, potenziali. Uno dei racconti delle cosmicomiche è “Tutto in un punto”, costruendo una storia fantastica partendo dalla teoria scientifica del big bang. All’interno di questo punto ci sia un insieme concentrato di persone che interagiscono tra di loro come può essere un condominio o un quartiere, pieno di pettegolezzi. Mentre il narratore, che è un essere senza forma e dal nome strano, spiega questa situazione, insiste nel dire che questa situazione è paradossale. Questo perché se tutta la materia è concentrata in un punto, vuol dire che siamo in una situazione in cui le dimensioni dello spazio e del tempo non esistono ancora, quindi materialmente non c’è uno spazio che possa contenere questi paesaggi. Tutto è concentrato in un punto e l’io-narrante racconta la storia come se si trattasse di una convivenza forzata da tante persone costrette a stare nell’unico punto. Racconta la vita di un palazzo di quartiere con pettegolezzi, maldicenze; c’è una single di cui tutti ne sono innamorati. Al tempo stesso, sottolinea quanto la situazione si assurda e priva di senza, in quanto: se tutto è concentrato in un punto, non esiste tempo e spazio. L’origine del Big Ben è immaginata in un unico punto, dove tutta la materia si concentra: l’uomo, il tempo e lo spazio non esistono ancora, ma è proprio tale fenomeno che li genera, prima del quale non c’era nulla. Il narratore dichiara che ciò di cui sta narrando è paradossale, poiché di fatto non esiste. Racconta di come, a un certo punto, si siano formati spazio e tempo, cioè l’universo, perché: “la donna di cui noi tutti eravamo innamorati, a un certo punto, decise di fare le tagliatelle, quanto sarebbe bello fare le tagliatelle”: da quel punto, immaginano lo spazio che serve per farle- campi di grano, i fiumi, gli allevamenti, ossia. Immaginano la realtà, la pensano ed essa si crea nello spazio e nel tempo. E’ un racconto allegorico, di tipo comico, che trae spunto dalle strisce di fumetti: vignette delle riviste, i comics. Nel momento in cui la signora attraente propone di fare tagliatelle gli altri cominciano ad immaginare lo spazio necessario per fare tagliatelle, dalla tavola dove poggiare l’impasto fino al campo per il grano e agli allevamenti. Lo spazio, l’universo si crea nel momento in cui questi personaggi cominciano a pensarlo. È una storia comica, di pura invenzione, che parte da una teorica scientifica. Tali racconti alludono a storie di fantascienza, in quanto c’è l’elemento scientifico e fantastico, ma c’è differenza:  Racconto di Fantascienza: proietta ed ambienta le storie in un futuro verosimile, facendo sembrare realtà possibile. 17 qualità egli appartamenti: gli edifici crollano, non ci sono i servizi necessari. La speculazione edilizia interesse la Riviera Ligure, che è invasa da case. La speculazione edilizia di Calvino è uno dei pochi testi di Calvino che può essere considerato un romanzo. Il testo viene pubblicato per la prima volta nel 1957 su una rivista chiamata <<Botteghe oscure>> dopodiché Calvino taglia alcune parti, a causa di riferimenti troppo espliciti a persone lui conosciute. Poi ci ripensa mette un’avvertenza, asserendo che le persone narrate sono frutto della sua fantasia anche se non vero. Lo ripubblica poi in versione integrale nel 1963. A metà degli anni ’50, quando comincia a scrivere “La speculazione edilizia”, Calvino pensa di inserire il racconto in una trilogia. In parallelo rispetto alla “Trilogia degli antenati” che fa parte della produzione allegorico-fantastica, Calvino concepisce una nuova trilogia di carattere realistico che pensava di intitolare “Cronache dagli anni Cinquanta”. Di quest’ultima trilogia fanno parte:  La giornata di uno scrutatore, che verrà poi pubblicato nel 1963.  Che spavento l’estate, che Calvino non finisce di scrivere. Per quest’ultimo motivo la trilogia non verrà mai pubblicata la trilogia. Questo perché, dopo aver scritto “La speculazione edilizia”, ha impiegato molto tempo a scrivere “La giornata di uno scrutatore” così da non riuscire a finire “Che spavento l’estate”. “La giornata di uno scrutatore” lo pubblica nel 1963 quando gli anni ’60 erano iniziati, a questo punto l’idea di una trilogia diventa vecchia, i tempi erano cambiati e lascia stare tutto. Siamo nel periodo di passaggio tra il primo periodo e il secondo periodo di Calvino. Ricordare che, nella prima fase della sua produzione letteraria, Calvino scrive sia racconti fantastici-allegorici (racconti ‘verdi’) che realistici (racconti ‘grigi’). Francesca Serra -> autrice del saggio della Speculazione Edilizia. Distingue la produzione del primo periodo in: racconti verdi e racconti grigi. Molto banalmente i racconti di verdi sono di tipo fantastico-allegorico, primo fra tutti il “Barone rampante” mentre i racconti grigi sono di tipo realistico “La speculazione edilizia”. Nel primo testo il verde fa riferimento agli alberi, nel secondo testo il grigio fa riferimento al cemento.  Protagonista: Quinto Anfossi, è un intellettuale del PCI, che osserva la caduta degli ideali della resistenza e l’avvento di una nuova società; a seguito di una crisi rispetto al suo ruolo di intellettuale nella società, decide di allinearsi ai nuovi valori del profitto (dovuti all’avventi della rivoluzione industriale e del neocapitalismo) e di intraprendere una speculazione edilizia. Vengono a cadere gli ideali della resistenza davanti alla società del boom economico e dominata dai nuovi affaristi che pensano solo a far soldi ciò impedisce alla creazione di una società di uguali. Quinto rappresenta un caso limite in quanto pensa che <<a causa della nuova società i miei valori e i miei principi non sono più realizzabili e allora mi allineo ai nuovi valori, faccio come fanno tutti>> fare come fanno tutti significa intraprendere una speculazione edilizia.  Altri personaggi: il fratello di Quinto, la madre, l’ingegnere, il notaio, gli avvocati, il vecchio comunista del paese, e soprattutto l’imprenditore edile Caisotti  Voce narrante: è un racconto in terza persona, il narratore adotta a tratti la prospettiva di Quinto  Struttura: il romanzo (o racconto lungo) è diviso in capitoli attraverso i quali si ha uno svolgimento lineare della trama Il testo è ambientato nel paese di origine di Calvino, a Sanremo, anche se non vien fatto il nome. Sanremo uno dei luoghi presi maggiormente d’assalto dal turismo, dove vengono costruite in maniera impropriamente irregolare e alcune volte in maniere illegale delle case. La famiglia di Quinto si trova un po' piegata dai debiti, allora Quinto e il fratello Ampelio si trovano costretti a vedere pezzi di terreno per pagare le tasse rimaste scoperte in seguito morte del padre. All’inizio avrebbero dovuto vedere solo un pezzo di terreno, un giardino, vicino casa ad un imprenditore edile. Ma ad un certo punto cedono all’avidità e vogliono investire i loro soldi. Si mettono in affari con l’imprenditore edile Caisotti, che non ha fama di 20 onestà anche se è il più conosciuto e gli offrono di costruire un edificio doppiamente quello pensato. Alla fine della costruzione dell’edificio, gli appartamenti vengono suddivisi tra Caisotti e la famiglia degli Anfossi. L’impresa auspicata da Quinto e la sua famiglia fallisce miseramente. Quello che scandisce il racconto sono gli incontri che ha Quinto con i vari personaggi che alimentano il paese. La storia ci viene narrata da un narratore esterno, è un racconto in terza persona. A tratti però il brano viene narrato attraverso la prospettiva di Quinto. Uno delle questioni centrali che caratterizzano questo brano è quella dell’autobiografismo usato come modalità di racconto realistico. Il protagonista è un personaggio semi-autobiografico, cioè per molti aspetti rappresenta lo stesso Calvino ->  L’ambientazione è quella del paese ligure d’infanzia di Calvino (Sanremo)  I personaggi con cui parla Quinto fanno riferimento alle conoscenze reali del paese di Calvino  Il personaggio di Quinto è fortemente ispirato alla figura di Calvino per due motivi: o È un’intellettuale che si trova a fere i conti con la realtà contemporanea e come intervenire sui cambiamenti in negativo. Il vero Calvino continua però a scrivere e denunciare la realtà delle cose con i romanzi grigi. Importante è la posizione dell’intellettuale (autobiografismo intellettuale) rispetto alla negatività del reale, si può parlare di una ‘rabbiosa mimesi del negativo’ da parte del personaggio come reazione alla negatività del reale cui il personaggio vorrebbe opporsi, ma non riesce o Per la questione della villa, in quanto la famiglia di C aveva una villa sulla costiera ligure che dovettero vendere per una questione di tasse L’utilizzo di una vicenda semi-autobiografica, che comprende anche un analisi psicologica del protagonista, è una scelta insolita per l’autore, che percorre questa strada nel tentativo di scrivere un romanzo di tipo realista, con l’intento cioè di rappresentare la realtà. Calvino asserisce che questa forma dell’autobiografismo non gli appartiene per nulla ed è uno dei pochissimi autori anti narcisista. Questo racconto autobiografico che in alcune parti accoglie arti di introspezione psicoanalitica da parte del protagonista è una cosa anomala rispetto alla produzione letteraria di Calvino. Ma questo romanzo di tipo autobiografico serve a Calvino per formulare un brano realistico, adottando sempre la prospettiva dell’intellettuale. Al posto però di far vedere l’intellettuale ostinato a combattere alle condizioni negative della realtà mostra un intellettuale che cede, si conforma e sia adegua alla realtà contemporanea. Da parte di Quinto si può parlare di una “rabbiosa mimesi del negativo”. Analizziamo la frase: il negativo sono le condizioni negative che Calvino trova nella società, perché la società sta andando verso una direzione diversa rispetto a quella auspicata e nella società vera aumenta la diseguaglianza; mimesi del negativo significa imitazione del negativo, cioè Quinto imita ciò che sta succedendo anche se sa che è negativo perché sa che sta sbagliando. Per questo è rabbiosa perché non è un’adesione a valori che impone la società contemporanea ma è un cedere, è un’impotenza difronte all’impossibilità del personaggio di migliorare le cose. Quinto sperimenta su sé stesso la crisi dell’intellettuale rispetto alla società contemporanea. Quinto sperimenta nello specifico: la vergogna. La vergogna di essere un’intellettuale, perché l’intellettuale rispetto a come è cambiata la società non serve più a nulla in quanto non produce profitto e ha perso quel ruolo di guida che lo aveva caratterizzato alla fine della Seconda Guerra Mondiale. È una vergogna fittizia perché vuole riconquistare il ruolo autorevole dell’intellettuale. Tutte le cause e le conseguenze di questa vergogna:  Caisotti è l’anti modello di Quinto: cioè tutto il suo contrario, ciò si nota anche da come vengono presentati i personaggi. Quinto è quello riflessivo, l’uomo colto. Caisotti è portatore di tutti quei caratteri viscerali e istintuali che pansa solo a afre i soldi. Nonostante tutti gli parlino male di Caisotti, Quinto lo ammira e vuole mettersi in affari con lui. valori del corpo e istinto contro la ragione. Quinto è attratto da Caisotti, attratto dal ‘negativo’. 21  In Caisotti vediamo l’operosità del nuovo capitalismo: rappresenta il rovesciamento deli ideali del dopoguerra cioè la costruzione di una società migliore. Questo perché Caisotti era stato partigiano esattamente come Quinto era stato partigiano e rappresenta l’uomo che serve il capitalismo e che va contra ai suoi stessi principi della resistenza. Calvino cerca sempre personaggi rappresentativi rispetto ad una specifica categoria. Il modo fare di «gente pratica, brusca, che bada al sodo» (Caisotti è un ignorante, venuto dalla montagna, che impianta cantieri dappertutto e maneggia milioni in maniera poco onesta, un imprenditore improvvisato e senza scrupoli) contro la vecchia borghesia rappresentata dai professionisti del paese (avvocato, notaio, ingegnere) che è conservatrice e parsimoniosa, ma non riesce a comprendere i cambiamenti economici. Quinto a volte vuol sentirsi vicino a Caisotti altre volte alla vecchia borghesia (come suo padre), ma non appartiene a nessuno dei due mondi  Rovesciamento degli ideali del dopoguerra: Caisotti rappresenta l’uomo nuovo che insegue il profitto, ma era stato partigiano come Quinto, anche quest’ultimo ormai lontano dagli ideali della resistenza.  Il fallimento del personaggio: Quinto è destinato al fallimento e oscilla perché in alcuni momenti vuole assomigliare a Caisotti, dall’altro lato vuole sentirsi parte della borghesia cittadina. Di fatto però non appartiene a nessuna delle due. Quinto con la speculazione edilizia da lui intrapresa è che se volesse fare un torto al territorio della sua famiglia, per quella rabbia dovuta dalla mimesi. Quinto si sente lontano dal padre ma sente anche di non poter essere come il padre, in quanto il padre appartiene ad una vecchia borghesia e Quinto invece appartiene ad una nuova generazione che non riesce ad essere alla stessa altezza dei padri. Il personaggio di Quinto si avvicina agli inetti alla vita che popolano la nostra letteratura, come Svevo. Quasi tutti i personaggi di Svevo presentano l’incapacità del figlio di essere all’altezza del padre e quasi una destinazione al fallimento. Quinto decide di intraprendere la carriera da intellettuale e nello stesso momento in cui decide di essere uno speculatore, un capitalista fallisce miseramente. Calvino ci spiega nella presentazione della speculazione edilizia che il personaggio di Quinto è l’unico suo personaggio che fallisce e non riesce ad ottenere ciò che vuole. È un fallimento inevitabile, in quanto Quinto prova a fare qualcosa in cui sostanzialmente non crede, quasi a voler dimostrare la negatività di ciò che sta facendo. BRANO (postilla 1963) = Dal treno, Quinto si sporge sul finestrino per vedere gli elementi naturali, ma la vista è impedita dalle costruzioni dell’uomo. Si nota una contraddizione di sentimenti: l’autore, in 3°persona, si immedesima nella prospettiva del protagonista e ne spiega le sensazioni ogni volta che torna al suo paese: gli elementi naturali del paesaggio lo riportano alla sua infanzia (è il mondo che aveva sempre conosciuto), ogni volta che ritorna ne scopre dei nuovi cui non aveva dato importanza e li isola dal paesaggio (fico, canne, scogliera: lo riportano al vecchio mondo). E’ un mondo già scoperto e conosciuto, ma è sempre come se lo guardasse con occhi nuovi, in realtà a Quinto sembra di rivedere le stesse cose. Non trova senso a ritrovare gli ambienti della sua memoria, poiché non è cambiato nulla, non gli comunicano nulla di nuovo (continua a ricercare qualcosa di nuovo, è fortemente attratto dalla novità. Tale attrazione appartiene alla società degli anni‘50 che è incantata, ipnotizzata dalle cose nuove che arrivano da fuori: le merci, l’acquisto di nuove cose, un nuovo stile di vita, nuove attività lavorative). Nel piccolo atteggiamento di Quinto, verso il paesaggio, Calvino introduce il lettore nella sua psicologia, caratterizzata dalla “smania del nuovo”, provato dalla società. Quinto, allora, prova a scoprire qualcosa di nuovo nel paesaggio, vuole ritrovare il gusto del ritorno, ma non riesce, a causa delle case: nuovi casamenti costruiti dagli imprenditori edili, per ospitare i turisti che vengono sulla riviera ligure a trascorrere le vacanze. L’autore, nella descrizione, dà l’idea di un assemblamento di case lungo la scogliera, di una loro invasione da parte dell’uomo sul paesaggio, che tende a scomparire, in quanto le case ne interrompono la vista; “è come se la città invadesse la campagna”. In seguito, l’autore, con ironia, paragona i palazzi grossi alle 22 Oggi li potremmo classificare come disoccupati in malavita, li collochiamo nel sottoproletariato. -> Le classi sociali stabilite da Marx sono: o Nobiltà o Borghesia o Proletariato (lavoratori che lavorano a vantaggio della borghesia, che possono aspirare ad avere una vita dignitosa) o Sottoproletariato (che vivono in estrema povertà) Nel 1955 fonda assieme a Roversi e Leonetti, la rivista «Officina». RAGAZZI DI VITA Struttura -> organizzata in 8 capitoli e ogni capitolo è costituito da alcuni episodi che sono autonomi tra di loro, non vi abbiamo una trama che si snoda all’interno dei vari capitoli. I protagonisti -> sono i ragazzi che vivono nelle povere nelle povere borgate di Roma. Si seguono durante la loro vita da quando sono ragazzini giovanissimi fino a quando arrivano all’età di 18 anni. Vivono di espedienti, sono costretti a rubare e a mangiare dalla spazzatura e possono morire di fame. C’è un ragazzino che spicca su gli altri e si può considerare il protagonista principale, cioè Riccetto che dopo l’esperienza del carcere trova lavoro e con esso il riscatto sociale, integrandosi nella nuova società del benessere. Ricetto da piccolo perde la madre nel crollo della loro casa, non è una vera e propria casa ma una scuola dismessa che loro occupano perché non sanno dove vivere in quanto estremamente poveri. Noi seguiamo Ricetto in tutte le situazioni in cui si caccia. Una volta deve vendere dei mobili da parte di venditori tenendosi i soldi ma poi viene derubato. Questa dinamica si rivedrà spesso, guadagna soldi e poi ne viene privato. Una volta sarà costretto a dare dei soldi ad un amico che poi li perderà giocando. Alla fine del romanzo il personaggio è cambiato. Se all’inizio si presenta come un personaggio buono, ad esempio quando vede una rondine affogare nel fiume lui si getta per salvarla rischiando anche la vita. Alla fine del romanzo invece, quando l’amico sta per affogare nel fiume rischiando la vita, lui non si getta per salvarlo. È cambiato qualcosa, in quanto Ricetto è uscito dalla vita di stenti delle Borgate perché è riuscito a trovare un lavoro come manovale cioè operaio. Per questo motivo vuole allontanarsi dai suoi amici e da quella vita, cioè vuole entrare in quella società dove ognuno pensa a sé stesso dove vince l’individualismo. Questo è il lato negativo che si lega al lato positivo.  LATO POSITIVO = Ha trovato il lavoro e migliora condizione di vita.  LATO NEGATIVO =Adesione a valori negativi che sono quelli dell’egoismo e dell’egocentrismo. Tra i vari episodi che affrontano questi ragazzi abbiamo anche un caso di prostituzione giovanile. Riccetto e gli amici si prostituiscono per guadagnare dei soldi, quindi intrattengono dei rapporti anche omosessuali. Per confermare la loro virilità si ritrovano anche con prostitute in una casa abbandonata. Una volta uscito il romanzo è stato condannato a processo per oscenità. Pasolini, l’autore, viene sottoposto a giudizio. Vengono altri scrittori affermati, come Ungaretti, per difendere il libro. Pasolini rappresenta il mondo delle borgate, perché da un certo punta di vista questa letteratura vuole essere una denuncia dei mali della società, non è questo però l’intento principale di Pasolini. L’intento principale è di disegnare in maniera molto cruda, diretta e scandalosa per i tempi un senso forte di visceralità. Infatti i ragazzi vengono rappresentanti come diretti, immediati e che rispondono agli impulsi corporei, cioè reagiscano d’istinto. Totalmente opposti al mondo contemporaneo. L’intento principale è quello espressivo cioè esprimere il senso di vitalità, di impulsività e le visceralità che questi personaggi portano con sé. Questo significa che l’esigenza espressiva (espressione dei loro valori) vince sull’esigenza rappresentativa (descritta delle loro condizioni sociali). 25 Particolarità stilistica e soprattutto l’uso della lingua. Pasolini utilizza nei dialoghi diretti il dialetto romanesco. Quando parla il narratore utilizza una lingua letteraria non particolarmente ricercata che si mescolano però le parole gergali (influenza di Gadda). Il narratore può usare una lingua diversa in quanto si tratta di un narratore extradiegetico. Sta ad indicare un narratore che sta fuori dalla storia. RIVISTE Durante gli anni ’50 l’Italia si avvia verso una fase di ripresa economica. Tutte le strutture che tengono in piedi l’Italia si formano dopo la guerra. La Democrazia è in fase di formazione. È questo il periodo in cui l’Italia entra in contatto con l’Europa e il resto del mondo, dopo l’avvento del Fascismo. Il modello di vita è completamente diverso dalla società tradizionalista/contadina che è l’Italia. La cultura Italiana era rimasta provinciale e chiusa dalle spinte dell’esterno. Fino alla metà degli anni ’50 il Neorealismo tende a dominare nelle correnti letterarie e soprattutto nella dimensione del romanzo. Però il neorealismo appare vecchio rispetto a quelle correnti che si stanno istaurando. Si parla di neorealismo come dominante perché era quella che godeva di più prestigio rispetto alle altre, e tutti in un modo o nell’altro ne sentivano l’influenza. In campo poetico la linea di tendenza dominante è l’ermetismo. L’ermetismo si istaura negli anni ’20-’30. Ungaretti viene preso come modello. Anche Luzi preso come esempio. Fino a metà degli anni ’50 esercitava un’enorme influenza sulle giovani generazioni. Gli scrittori più giovani promuovono un nuovo modo per fare letteratura servendosi facendosi pubblicità con le riviste. Le riviste servono per accogliere i programmi di alcuni scrittori, con fini comuni. In questo caso il programma si basa sul rinnovamento. Solitamente troviamo un programma più o meno strutturato. Durante gli anni Cinquanta si sente forte il bisogno di rinnovare la cultura italiana, rimasta provinciale e chiusa rispetto a quella degli altri paesi occidentali. Il Neorealismo è in fase di declino, viene avvertito come un modo antiquato di fare letteratura che non regge il passo dei cambiamenti sociali in atto (lo stesso in poesia per l’Ermetismo). Gli scrittori più giovani propongono un nuovo modo di fare letteratura, servendosi delle riviste per promuovere le loro intenzioni, l’obiettivo generale è quello di fondare una nuova cultura rinnovata. Il punto di vista è quello dell’intellettuale impegnato, che cerca però una via autonoma dal PCI. Officina, Il Verri, Il Menabò sono riviste che hanno in programma di fondare una nuova cultura, cioè una letteratura rinnovata e a passo con i tempi. Sono intellettuali di sinistra che vogliono impegnarsi nel miglioramento della società e cercano una via alternativa alle direttive del PCI. Le riviste si collocano a ridosso dell’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica. OFFICINA Officina nasce nel 1955 e viene chiusa 1959. Il sottotitolo ‘’Bimestrale di poesia’’ ci aiuta a capire qual è la periodicità di tale rivista. Viene pubblicato ogni due mesi ed è improntata sulla poesia, ma a fine non escluderà di trattare anche temi politici e sociali. Fondata da tre compagni di liceo di Bologna da Roberto Roversi, Francesco Leonetti e Pier Paolo Pasolini. L’idea viene fuori da Roversi e Leonetti però Pasolini avrà il ruolo principale nel delineare il programma e diventerà la voce più autorevole. Si aggiungeranno altri collaboratori come Franco Fortini e Gianni Scalia. La rivista chiude perché alla fine si rende evidente che alcune posizioni sono inconciliabili cioè per dissidi interni alla redazione, composta da intellettuali di diversi orientamenti. Programma:  Proporre una letteratura politicamente impegnata di orientamento marxista, qui sono tutti d’accordo. Qui il problema che si pone è mantenere il proprio impegno politico, comunista, pur rimanendo distanti dalle linee e posizioni ufficiali del partito stesso.  Proporre una nuova letteratura che si opponga alle dominanti letterarie rappresentate dal Neorealismo in letteratura e all’Ermetismo in poesia. L’interesse principale di Officina è sulla poesia. 26  Pasolini propone, poi verrà accettata, di prendere in considerazione una certa corrente poetica non vicina al loro periodo storico ma quella che ricorre prima del ‘900 con Pascoli. Costruire una nuova letteratura su basi vecchie, anche se ridimensionata.  Proporre una letteratura sperimentale che non taglia i ponti con la tradizione, ma la rielabora.  Diversi autori compaiono su Officina tra cui: Pasolini, Gadda, Calvino e Volponi (amico di Pasolini). Il VERRI Parliamo di una rivista contemporanea in quanto nasce nello stesso periodo, 1956 un anno dopo Officina, ma è ancora attiva. La rivista è tutt’ora una delle più autorevoli nell’ambito della critica letteraria. Il Verri riprende il nome da una vecchia rivista illuminista. Il programma del Verri è di promuovere uno svecchiamento totale della cultura italiana. Tutt’ora è riconosciuta come una delle riviste più autorevoli sulla critica letteraria. Viene fondata a Milano e diretta da Luciano Anceschi, un critico letterario che è stato promotore della poetica ermetica. Un critico molto attento alle tendenze e nel favorire i giovani, le innovazioni. Negli anni ’40 si era mosso per promuovere autori che si staccavano dalla linea dell’ermetismo. Tra i collaboratori troviamo soprattutto giovani tra 18-20 anni. Tra i collaboratori più giovani troviamo: Balestrini, Porta, Sanguinetti, Pagliarani e Giuliani. Questi saranno futuri fondatori del Gruppo 63, il principale gruppo di neoavanguardia in Italia. Il «Verri» propone la sprovincializzazione e un rinnovamento a tutto tondo della cultura italiana. Programma:  Rinnovamento cha abbraccia tutti i campi della cultura e non solo la letteratura, mentre Officina rimaneva attaccato alla letteratura italiana.  Verri punta ad accogliere ciò che avviene e viene dall’esterno, tutto quello che riguarda le discipline innovative.  Apertura della letteratura straniera, specie quelle d’avanguardia e contemporanea. Il Verri vuole recuperare il tempo perduto causato dalla dittatura fascista. Le avanguardie nate nel primo ‘900 sono: futurismo, dadaismo, surrealismo e cubismo. Di tutta questa cultura di avanguardia non si sapeva nulla. Nonostante Vittorini, ancora negli anni ’50 non erano entrate quelle innovazioni, quelle sperimentazioni artistiche. Al contempo non si sapeva nulla della letteratura contemporanea dei Paesi vicini, in Francia e in Germania stavano crescendo delle novità, erano in fioritura  L’apertura era diretta a tutte le arti: musica, teatro, pittura e cinema. Cinema non se ne parlava molto. Attraverso le pagine del Verri tutte le arti devono concorrere al rinnovamento cultura, anche scambiando tra di loro delle tecniche. Anche in questo senso l’Italia era in ritardo, in particolare, il mondo della letteratura.  Apertura verso le discipline innovative e teoriche. Tra queste abbiamo la linguistica e strutturalismo e psicoanalisi. Le arti devo collaborare con le altre discipline del sapere.  Il Verri conduce una battaglia serrata contro il Neorealismo e Ermetismo. Le soluzioni stilistiche che vengono proposte sono molto più sperimentali ed estreme rispetto a quelle proposte da Officina. Il Verri mostra una sperimentazione estrema, si comincia a raggrupparsi il gruppo che poi porteranno avanti le avanguardie. L’atteggiamento delle avanguardie rispetto alla tradizione è distruttivo. Su questa questione ci sarà una polemica tra Pasolini, esponente di Officina, e Sanguineti, maggior esponente della Neoavanguardia. Il MENABO’ Fondata qualche anno più avanti, nel 1959. In questo anno finisce Officina, tanto è che tanti collaboratori di Officina finiscono a lavorare per Menabò, tar questi Lionetti e Fortini. Viene fondato a Milano, per la casa editrice Einaudi, da Vittorini con l’aiuto da Calvino che si può considerare come un co-direttore. Con questa iniziativa Vittorini rilancia una idea di cultura e di rinnovamento cultura, una cultura impegnata che si tiene 27 lettori (letteratura = divertissement) e perché il neorealismo si pone di rappresentare una realtà che vuole essere verosimile, vuole essere un rispecchiamento. Però lo specchio sembra restituire un’immagine realistica ma in realtà la deforma, è un’immagine sfalsata o fittizia. Il romanzo sperimentale si oppone al neorealismo perché quest’ultimo offriva un’immagine sfalsata della realtà perché ne offre in realtà un’interpretazione di tipo ideologico, è viziata dall’interpretazione ideologica data dalla prospettiva politica. Questa visione sfalsata della realtà diventa ben poco fedele alla realtà. Il romanzo sperimentale si oppone al romanzo neorealista perché quest’ultimo ci dà un’interpretazione ideologica, politica della realtà. Il romanzo sperimentale si sviluppa anche in contrasto al romanzo di consumo, perché questo è il periodo in cui l’industria editoriale (tutte quelle merci che portano alla produzione del libro) vive un periodo di grande sviluppo. Poiché è il periodo in cui gran parte degli italiani comincia a scrivere e quindi vuole leggere, anche perché la scuola è diventata di massa. Aumenta la domanda dei libri e così aumenta l’offerta dei libri. I libri messi in vendita devono piacere e devono incontrare il gusto del pubblico, quindi il romanzo comincia a seguire le regole dell’economia. Per questo il romanzo perde un po’ il valore artistico, si parla di romanzo di consumo. Quel romanzo che si legge più che volentieri la sera prima di andare a dormire. Si parla di una letteratura che è diretta al puro piacere e divertimento dei lettori il divertissement. Diventa fenomeno di massa, anche se sempre esistito, negli anni ’60. Il romanzo di consumo ci propone una realtà sfalsatissima perché ci propone una realtà edulcorata, cioè addolcita e trasformata in qualcosa di buono che non ha niente a che vedere con la realtà quotidiana. Gli esempi principali del romanzo di consumo sono il: romanzo rosa e romanzo giallo. Ci sono molti autori che non producano romanzi di basso consumo ma che hanno un filo logico e tutto torna e hanno un certo valore artistico. Secondo il gruppo ’63 gli autori che producano questi tipi di romanzo sono Bassani e Cassola, sempre il gruppo ’63 li considerava come le liale della letteratura. Sia il romanzo di consumo che il romanzo neorealista ci danno una prospettiva ben definita sul mondo, anche sfalsata che finisce per capire i problemi del mondo. Nel romanzo neorealista sembra che i problemi del mondo si possono sistemare con la politica attraverso il comunismo, nel romanzo di consumo annulla del tutto la questione dei problemi sociali. Il compito del romanzo sperimentale è quello di far e ergere le contraddizioni, il lato oscuro. Il lettore dovrà sforzarsi per capire il succo e il tema principale del romanzo, perché non propongono una letteratura piacevole. Il romanzo sperimentale pone due problemi: di comprensione e stimolo continuo del lettore. Nel 1965 il gruppo ’63 organizza un grande convegno per discutere le caratteristiche del romanzo sperimentale. Il problema è che ci sono tanti modi diversi per scrivere un romanzo sperimentale, ognuno ha una soluzione propria da proporre. Al convegno vengono proposti anche modelli differenti, la lettura difficilmente non prende di riferimento la letteratura passata. Per quanto riguarda la neoavanguardia difficilmente si guarda al passato, ma in realtà non è del tutto vero in quanto si guarda sempre alla tradizione letteraria. Si guarda ad una tradizione letteraria diversa perché vengono presi in considerazione autori che prima non erano considerati, così sembra che i neoavanguardisti abbiano stravolto tutto.  Gadda diventa importante per il romanzo sperimentale e per lo sperimentalismo linguistico e fa da modello per gli altri scrittori del romanzo sperimentale, in particolare fa da modello ad Arbasino.  Tra i modelli più contemporanei del romanzo sperimentale c’è Volponi per la prospettiva straniata del personaggio.  Letteratura sperimentale di primo ‘900, Joyce, Kafka, ma anche Svevo (per la struttura dei romanzi).  Nouveau roman francese (per lo sguardo ‘oggettivo’ sulla realtà e la scomparsa della prospettiva dell’autore) 30 Le influenze sul romanzo sperimentale sono molte. Nonostante l’estrema varietà di soluzioni, si possono individuare alcuni elementi comuni tra i romanzi sperimentali, seppur in misure diverse, obiettivi del romanzo sperimentale:  Abolire l’effetto di realtà, l’effetto di verosimiglianza. È l’elemento da quale derivano gli altri due. Il romanzo non deve fare finta di imitare ed essere la rappresentazione della realtà. La letteratura non deve ‘rappresentare’ la realtà in maniera verosimile, come uno specchio, ma rompere lo specchio, cioè l’illusione (la finzione che ne deriva) e oltrepassare lo specchio, cioè non deve fare l’effetto specchio. Il romanzo sperimentale, al contrario, si occupa di rompere l’illusione, di far capire al lettore che sta leggendo un mondo finto. E’ introdotto da Calvino con “Se una notte di inverno un viaggiatore”: il lettore vero è dentro il libro, ma l’autore rende evidente la finzione del mondo finto. Allo stesso modo, il romanzo sperimentale rende evidente che il mondo della letteratura è finto (crea situazioni che non riguardano la realtà). L’obiettivo rimane la realta’, cioè oltrepassare lo specchio, la finzione, per comprendere le zone nascoste, i meccanismi più profondi di essa. L’ambientazione è onirica, ci troviamo dentro a un sogno (psiche: inconscio). Lo scrittore conduce il lettore non per spiegarli l’inconscio, ma per fargli vedere che è l’inconscio, l’idea autentica: non si comprende, in esso non vi è logica (es. Albasino che scrive pagine di chiacchiericcio, vuol far capire che dietro c’è un vuoto morale, etico, di pensiero dell’uomo contemporaneo). Il lettore, però, non comprende subito questo messaggio. Alle volte non è tenuto a capirlo: il romanzo porta un problema e a far riflettere il lettore sul fatto che viene rappresentata la realtà così com’è oppure su come dovrebbe essere rappresentata.  Abolizione della trama lineare, fino all’abolizione di qualunque trama propriamente detta. Infrante le dimensioni di spazio e di tempo, il passato si mischia con il presente che poi si mischierà con il futuro. Quest’effetto si avrà soprattutto quando abbiamo un’ambientazione onirica come in “Capriccio italiano” di Sanguineti, uno dei grandi esempi di romanzo sperimentale.  Abolizione del personaggio che si ritrova frammentato o disperso nel mondo, la coscienza del soggetto ha perso la capacità di comprendere e di rapportarsi al mondo esterno. Nel romanzo tradizionale, il lettore percepisce la realtà di esso in base alla prospettiva del personaggio/autore. Calvino, già nel 2°periodo, crea i personaggi di carta: letterari e inventati che non interessano né la psicologia, né il personaggio o la costruzione narrativa. Il personaggio non c’è. Per averlo, il lettore deve avere la percezione che ci sia una coscienza pensante: prospettiva, anche se ingannevole. Nel romanzo sperimentale, al contrario, si pone in crisi questa coscienza (il soggetto ha perso la capacità di comprendere e rapportarsi con il mondo esterno). Il personaggio è frammentato, per cui la coscienza di esso è sparsa nel mondo. Il soggetto è la coscienza del lettore (come il personaggio interpreta il mondo osservandolo e cercandolo di spiegare); l’oggetto è il mondo esterno. La coscienza del soggetto non ha punti di riferimento, per cui non riesce ad interpretare il mondo e costruire un pensiero, una personalità: non sa chi è e non sa come rappresentarsi nel mondo. Al contrario, nel romanzo del primo ‘900, il personaggio è diviso tra la maschera (portata all’esterno e all’interno). E’ sempre rimasto tale: è un io che si vede dall’esterno. In quello sperimentale, non c’è un’individuazione del soggetto e una prospettiva affidabile (è solo sul mondo, ma è straniata, diversa dal normale: il mondo appare un caos). Il romanzo sperimentale indica la crisi che investe la società e la cultura contemporanea, attraverso lo stravolgimento e la ribalta delle forme/norme del romanzo tradizionale. E’ un ANTIROMANZO, intento a far vedere cosa c’è oltre la realtà e far riflettere criticamente il lettore.  Prospettiva straniata, del tutto inaffidabile, sia della voce del narratore che eventualmente del personaggio. Abbiamo un personaggio, magari anche il protagonista, però si percepisce la realtà del personaggio attraverso la sua prospettiva o della prospettiva dell’autore. La norma del romanzo tradizionale viene ribaltata, si para infatti di ANTI-ROMANZO. 31 PRINCIPIO CARDINE DEL ROMANZO SPERIMENTALE -> Il romanzo sperimentale non vuole offrire una realtà verosimile ma vuole far vedere cosa c’è oltre e stimolare il lettore a fare una riflessione critica, prendendo tutti gli elementi del romanzo tradizionale e poi ribaltandoli. LUCIANO BIANCIARDI 1922-1971 Bianciardi è stato considerato per molto tempo uno scrittore minore del ‘900. Dal punto di vista tematico del mondo del lavoro però Bianciardi assume un grande rilievo. Ha sempre seguito una strada autonoma, sia dal punto di vista letterario sia dal punto di vista politico. Un’intellettuale ‘fuori dai ranghi’, non ha occupato posizioni di particolare rilievo culturale e il suo riconoscimento come scrittore è stato contrastato dalla critica. Durante a sua carriera si è divertito a stuzzicare i colleghi. Con la “Vita agra” ho riscontrato tanto successo. Bianciardi nasce a Grosseto nel 1922 e muore nel 1971 e partecipa alla Seconda Guerra Mondiale schierandosi contro il fascismo. Fa parte del Partito d’azione, attori principali della ricostruzione del Paese. Si laurea a Pisa, in Lettere e Filosofia. A Grosseto insegna a scuole prima inglese e poi di filosofia, nel mentre si occupa della biblioteca del Paese. È particolarmente impegnato nell’espandere la cultura anche nelle classi inferiori. A metà degli anni ’50 si trasferisce a Milano dove diventa pubblicista, tra i tanti in cui scriverà vi è “Il Giorno”. Cerca sempre di svincolarsi alle tendenze, ai movimenti e obblighi vari. L’occupazione principale sarà quella del traduttore e in particolare dall’inglese all’italiano, anche molto difficile. Si trova a tradurre molti libri, uno di questi è il “Flagello della svastica” che è stato uno dei libri che ha reso famosa la casa editrice Feltrinelli. Pubblica anche opere come: “il dottor svago” e “il gattopardo”. Tra le prime opere abbiamo un’opera poco letteraria cioè I minatori della Maremma, scritta a quattro mani con Carlo Cassola nel 1956. Cassola rappresenta uno dei bersagli polemici dagli scrittori dell’avanguardia, perché ha una scrittura tradizionale che piace anche molto facilmente. <<I minatori della maremma>> è per metà un saggio/inchiesta sulle condizioni dei minatori della Ribolla cioè una maniera di carbone attiva dal fine ‘800, di proprietà della Montecatini all’epoca in cui è scritto il libro. Per l’altra metà è una raccolta delle interviste effettuate ai minatori (questa formula di strutturazione verrà utilizzata più volte in futuro). Ci interessa ricordare che nel testo si parla di un’esplosione avvenuta (avvenuta per mancanza norme di sicurezza) all’interno della maniera, nel 1954, che aveva provocato 43 morti circa, tutti i responsabili dell’esplosione vengono assolti poiché protetti da interessi economici. Questo episodio è importante perché rimane all’origine del romanzo “La vita agra”. Gli altri romanzi di Bianciardi sono in gran parte di stampo autobiografico e incentrati sulla critica ironica dell’establishment (cerchia molto ristretta di persone che stanno ai vertici della cultura che influenzano l’opinione pubblica) culturale e alla società. Bianciardi critica l’establishment culturale in quanto si trova a stretto contatto con quei luoghi dove la cultura viene prodotta. Bianciardi critica dall’interno il lavoro intellettuale in quanto lo vede:  Lontano dal mondo del lavoro perché non incontra il bisogno delle masse, infatti Bianciardi favorisce il distribuire la cultura a favore della massa  Perché il lavoro intellettuale sempre più determinato da scopi economici infatti nasce l’industria culturale Industria culturale con strutturazione seriale quasi come quella della catena di montaggio: tutti i prodotti uguali, si punta alla quantità del prodotto piuttosto che alla qualità e interessano gli acquirenti. C’è anche un cambiamento di pensiero radicale -> non bisogna limitare la parola cultura ai libri o ai prodotti artistici, in questo periodo si parla di cultura di massa e di comunicazione attraverso i mass media. Tutto ciò che veicola un messaggio fa cultura. Il concetto di cultura si allarga in quanto vengono prese in considerazione tutte quelle opere che vengono dal basso, quindi non particolarmente interessanti dal punto di vista artistico. La produzione della cultura diventa di tipo industriale, razionalizzata in ogni dettaglio e finalizzata 32 cartello che vieta le discussioni con il personale”. Il bigliettaio che accoglie i passeggeri è il burocrate che detiene il potere, non gli interessa di parlare con le persone; si appella alla legge che lo tutela dal rapporto personale tale da sanzionare i viaggiatori. L’autore descrive un campionario delle persone, che si incontrano nel tram. Si assomigliano, non sono distinguibili come singoli nella loro particolarità (massificazione: tutti diventano uguali a tutti, omologazione). Sono persone che non hanno più un nome (al contrario del paese); sono ostili, non sono socievoli, sgradevoli: descrizione dei caratteri pessimisti e di bruttezza nell’aspetto per renderne l’immagine. Bianciardi se la prende con dattilografe e segretarie: nuove figure di lavoratrici di uffici di importazione/esportazioni merci– prima le donne non lavoravano, facevano le casalinghe-. Loro non prendono il tram e si chiede come fanno a tornare a casa (come se appartenessero a una classe sociale alta a livello economico e di apparenza: le ragazze belle hanno qualcuno le riaccompagna a casa) Uno dei grandi fattori di sviluppo economico di questo periodo è l’incremento delle esportazioni e delle merci prodotte in Italia, sono piccoli elettrodomestici, sono gli inizi ella globalizzazione economica, l’economia esce dagli stretti confini della nazione, diventa globale, nuova economia che ha bisogno di nuove figure di lavoro, che sono le dattilografette hanno i tacchi a spillo (sono stati inventati per spostare il baricentro delle donne e darle un portamento sessuato ed accattivante) – il loro ritratto è impietoso, non sono femminili, hanno perso attrattiva, sono brutte nella loro andatura, perché il loro interesse primario è quello di essere efficienti, utili al nuovo sistema produttivo. E’ ciò che le rende brutte e spietate: puntano a salire per prime sull’autobus, vogliono prendere il posto e sono disposte a passare sopra gli altri per il proprio interesse. Egli riporta piccoli gesti quotidiani per far vedere com’è cambiato il modo di concepire e rapportarsi con gli altri, affermando sempre di più l’individualismo (ognuno pensa al proprio stipendio) in realtà l’efficienza del lavoro non è fatta per l’uomo, ma per l’azienda. La società è organizzata in base ai calcoli: il tram non si muove finché i posti non sono pieni, perché è anti-economico. Lui, però non trova mai posto (differenza), non riesce ad affrettarsi come gli altri, non segue i ritmi quotidiani frenetici, tipici del posto di lavoro e impostati dall’obbligo di produzione, utilità per l’industria (amico licenziato, perché no sapere parlare al giusto ritmo e modo, rallentando così i tempi). Lui non vuole tenere il passo dell’industria, vuole andare al suo passo (il suo sguardo non va in direzione lineare, bensì si guarda intorno. E’ uno sguardo anarchico, curioso, che non guarda verso l’obiettivo-profitto, ma verso le varianti. Viene arrestato per il modo in cui si comporta, per atteggiamento sospetto. Sembra strano il fatto che non va diritto per la sua strada, che non sia vestito in un certo modo (da borghese rispettabile). Lo Stato assume un atteggiamento repressivo, poiché se l’uomo non è uguale agli altri è sospetto. Viene rilasciato. C’è un significato metaforico: il protagonista, nel suo ritmo di intellettuale, non va bene: strascica i piedi, va lento, si fa domande che non dovrebbe farsi, poiché non produttive. Non deve comportarsi come il contadino (che segue l’andamento delle stagioni), ma come l’operaio (deve essere veloce essendo alla catena di montaggio. E’ schiavo, deve per forza camminare al ritmo imposto dalla produzione). L’autore paragona i vecchi mestieri con i nuovi: l’artigiano è l’ideatore dell’opera che realizza, tramite i suoi ritmi; l’operaio è un vecchio artigiano prestato alla nuova società industriale, di suo, lui ha i vecchi ritmi, ma si deve adeguare ai nuovi di produzione. Entrambi hanno 2 modi diversi di fare: l’artigiano produce dal nulla il prodotto da solo, mentre l’operaio trasforma un pezzo assemblato già da un altro, in un'altra cosa. Nel mestiere culturale è diverso (l’autore vi scaglia un’invettiva): non sono prodotti beni, anche se effettivamente il libro viene venduto, ma l’intellettuale vende il fumo (è un pubblicitario, sponsorizza il prodotto, ma non lo crea). Nessuno può dire a un prete se sta lavorando male o bene, così l’intellettuale che fa propaganda: fa opera di convincimento, non quantificabile. Ciò è rappresentato dal nuovo mondo terziario= Servizi immateriali. Sono personaggi lubrificanti, che “oleano” gli ingranaggi delle pubbliche relazioni (es. i PR) o per pubblicitari puntano alla persuasione. L’unico metro per valutare la bontà del loro lavoro è la carriera. Per svolgere una professione del terziario occorre avere doti e attitudini politiche, poiché ciò che conta è la concorrenza (quanto riesco a prevalere sull’altro, quanto potere ottengo a suo discapito). Alla politica non interessa il bene dell’altro, ma mantenere il potere. Per il lavoratore il vero nemico è il collega cui deve fare le scarpe per acquisire il potere. Ciò determina una profonda sofferenza, che non fa trovare nei colleghi dei fratelli solidale (base del 35 comunismo), in quanto è il sistema che mette i lavoratori l’uno contro l’altro. La loro sopravvivenza e carriera dipende da quanto sono approfittatori e spietati contro gli altri. Non è possibile la solidarietà con gli altri: si rompono i legami sociali. Le persone non si parlano sul tram perché tutti sono nemici e odiano tutti. LETTERATURA INDUSTRIALE Con letteratura industriale si intende la letteratura che tratta i temi di industriale e fabbrica. Questo tema letterario investe tutto il ‘900, soprattutto il periodo del boom economico e della seconda rivoluzione industriale, diventando un fenomeno editoriale esteso. Un primo esempio è rappresentato da Carlo Bernari, “Tre operai” del 1934. Nel mentre la produzione industriale arriva a livelli molto alti, a livello di tanti Paesi e diventa leader di esportazioni di elettrodomestici, alimenti, macchiane e tessile. Questo forte cambiamento economico, provoca un forte cambiamento sociale ed ha ripercussioni sia dal punto di vista sociale che culturale. Gli esempi migliori sono rappresentati:  Ottiero Ottieri: arriva prima di altri e già agli inizi degli anni ’50 pubblica “Tempi stretti” e poi “Donnarumma all’assalto”.  Paolo Volponi: scrive il “Memoriale” che verrà pubblicato nel 1962, il quale viene ricordato come il <<miglior frutto>> di questa stagione di pubblicazioni e letteraria. Negli anni ’70 si moltiplicano i romanzi scritti da operai, in cui si parla dell’industria e della fabbrica. Ci interessa dire che negli anni ’70 questi generi di romanzi basati sulla fabbrica, sono scritti da persone che non sono letterate ma sono comunque tantissime le persone che iniziano a scrivere su questo argomento. Un’ultima tappa della letteratura industriale si ha a cavallo degli anni 2000, negli anni ’80-’90 l’argomento non è più di moda. Sul fine degli anni ’90 e soprattutto agli inizi degli anni 2000, diventa di nuovo un fenomeno editoriale. Tra tutti i romanzi (come fatto notare da Giuseppe Lupo in “Orfeo tra le macchine”) si consideri in particolare “Dismissione” di Domenico Rea, pubblicato nel 2002. Nel suo saggio Lupo dice che il romanzo di Rea chiude il ciclo della letteratura industriale, ciclo aperto nel 1934 con “Tre operai”. Non è esattamente cosi, perché anche dopo la “Dismissione” c’è stata una forte produzione di romanzi a tema industriale. Il Lupo fa questa scelta perché sia “Tre operai” che “Dimissione” parlano e hanno come tema Ilva. Con Bernari siamo alla creazione della fabbrica, con le speranze legate all’industrializzazione. Con Rea si chiude il ciclo perché il titolo del romanzo allude alla dismissione della fabbrica che viene chiusa; questo romanzo ha anche una funzione simbolica e rappresentativa di una nuova fase che è la realtà industriale, il momento in cui le fabbriche chiudono. Il fenomeno che le fabbriche nostrane cominciano a chiudere per il peso della globalizzazione, avviene tra gli anni ’70-’80-’90. Non si verifica scolo la chiusura ma anche la delocalizzazione, cioè le nostre industrie hanno portato le fabbriche altrove -> come ha fatto Marchionne con le Fiat portando le fabbriche negli Stati Uniti, questo è la punta dell’iceberg cioè la fine di un processo avviato già da decenni. La delocalizzazione provoca chiusura delle fabbriche, disoccupazione e tutte le conseguenze sociali dovute dalla dismissione del mondo industriale; sostanzialmente è per questo che l’argomento è tornato di moda in letteratura. Due generi/tipologie principali, in cui la distinzione non è sempre netta per cui bisognerebbe vedere caso per caso: 1. Racconti in prima persona, di stampo autobiografico. I quali ci danno un romanzo molto vicino al documento e alla testimonianza personale (argomenti già affrontati con il neorealismo). Tanto vicini alla testimonianza autobiografica che viene difficile parlare di romanzo. In questi casi si parla di letteratura dal basso, cioè letteratura fatta da persone che non sono scrittori di mestiere e che puntano a raccontare il vissuto. Di fatto questo genere è praticato dagli stessi operai che possano 36 non avere una grande istruzione alle spalle, il cui obiettivo principale non è fare letteratura ma è raccontare. Questo è un genere che si sviluppa particolarmente negli anni ’70. 2. Romanzi di finzione, vera e propria. Questa tipologia di romanzo scritta da intellettuali e scrittori esercenti tale professione. I quali non hanno l’obiettivo solo di raccontare ma hanno l’obiettivo di interrogarsi sui cambiamenti e allo stesso tempo di restituire un prodotto artistico/letterario, un qualcosa che noi possiamo riconoscere un valore che si dice estetico. Il punto di vista della voce narrante può essere quello dell’operaio o del dirigente, gli intellettuali hanno cercato di adottare anche il punto di vista dell’operaio (cfr. Memoriale di Volponi). Sono decenni che i critici si arrovellano per capire il limite tra ciò che è arte e ciò che non lo è, tra ciò che si può chiamare letteratura e tra ciò che non lo è. Secondo molti critici anche la letteratura prodotta dal basso, che sembra non avere intenzioni artistiche, può essere considerata letteratura solo che è un genere diverso, per altri critici non è così invece. La professoressa considera anche il genere più semplice/immediato come una forma di letteratura, che forse va letta più come sintomo dei tempi dell’età contemporanea, un qualcosa che ci dice forse di più da un punto di visa antropologico. Questo perché quando si parla di letteratura non significa necessariamente che si riferisce alla letteratura alta. Tant’è che oggi i graphic novel vengono considerati letteratura anche di un grande spessore artistico, mentre appena uscito, in Italia, il fumetto veniva considerato come un genere basso e di consumo. I tempi cambiano e cambia anche il nostro modo di intendere la letteratura. Oggi abbiamo anche la letteratura fatta a più mani con l’ausilio di Internet, anche in questo caso i critici si interrogano se si può considerare letteratura e in che modo. Quando si parla dei due generi del romanzo industriale si apre la differenza tra lo scrittore reale e la voce che racconta dentro il testo. La voce narrante, in questo tipo di letteratura, o parla l’operaio o parla il dirigente, quindi sostanzialmente parlano sempre persone che stanno all’interno dell’industria perché sono persone che l’hanno vissuta direttamente. Se scrive l’operaio il punto di vista è dell’operaio, se il racconto è autobiografico il punto di vista è dell’autore. Nel caso in cui il romanzo è stato scritto da un intellettuale o da uno scrittore, possiamo trovare:  Sia il punto di vista dell’intellettuale che lavora dentro l’azienda  Sia il punto di vista dell’operaio, cioè l’intellettuale si sforza di adottare il punto di vista di un operaio -> “Memoriale” di Volponi Queste macro distinzioni ci aiutano a capire il saggio fatto da Lupo in Orfeo tra le macchine. GIUSEPPE LUPO, ORFEO TRA LE MACCHINE RICORDARSI -> percorso delineato da Giuseppe Lupo, non i nomi degli autori. Gli autori da ricordarsi sono quelli presentati nelle lezioni + Bernari e Rea (che secondo Lupo rappresentano l’inizio e la fine del ciclo). Scrive questo saggio per scrivere un’antologia, una raccolta di brani di autori diversi in cui è presenta il tema della fabbrica e traccia un percorso nel tempo sulla letteratura a tema industriale. Nel presentare questa antologia traccia un percorso di come si è sviluppato il tema dell’industria all’interno della letteratura italiana. Il titolo fa riferimento al mito di Orfeo, un musicista costretto a scendere negli Inferni per salvare la sua donna amata Euridice che era stata sequestrata da Ade, per riportarla nel regno dei mortali. Per fa ciò c’è una condizione, non può voltarsi a guardarla finché non è riuscita ad uscire dell’Inferno, purtroppo preso dalla curiosità la guarda e in quel momento la perde per sempre. Orfeo, in quanto musico, diventa la rappresentazione della figura del poeta, perché tradizionalmente la musica e la poesia erano strettamente 37 termini religiosi). Il problema è che sia Volponi che Ottieri si rendono conto entrambi che il progetto di Olivetti ha delle falle, però nella fase inziale sono pienamente convinti a lavorare con Olivetti, perché ritengono che l’azienda abbia un ruolo fondamentale nel migliorare le condizioni di tutti. RAPPORTO LETTERATURA-INDUSTRIA La questione del rapporto fra letteratura e industria, e della letteratura in cui si parla di industria, diventa centrale nei primi anni ’60 nel dibattito culturale, perché si moltiplicano i romanzi letterari in cui si parla di industria, si moltiplicano perché il tema è di estrema attualità. Questo dibattito culturale sul rapporto tra letteratura e industria, quindi tra le due culture (cultura scientifico/tecnologica e cultura umanistico/letterario). Questo dibattito si sviluppa nel tentativo di coniugare queste due culture, dall’altro il dibatti riguarda nello specifico i romanzi a tema industriale. Questi sono i temi centrali che vengono trattati su due numeri del Menabò, che è stato l’attore principale di questa grande discussione e che ha dato impulso a questo dibattito, questo a partire del numero 4 del Menabò, pubblicato nel 1961. Questo numero è tutto dedicato al rapporto tra letteratura e industria, in questo numero vengono pubblicati vari testi letterari che trattano il tema dell’industria. Nel numero successivo, cioè il 5, pubblicato nel 1962, compaiono le risposte e i commenti di molti autori, tra cui Eco, Fortini e Calvino, rispetto ai testi pubblicati in precedenza e anche inerente a ciò che aveva detto Vittorini sulla questione. Fortini difende posizioni diverse da Vittorini. Così come Eco, che in questo periodo sta per fondare insieme ad altri autori il gruppo ’63, che propone un tipo di romanzo sperimentale. Troviamo anche risposte di Calvino che, sul numero 5, pubblica un saggio diventato poi famosissimo che si intitola “La sfida al labirinto”. Calvino ha un’altra idea ancora, riguardo al romanzo di tipo industriale. Il rapporto tra letteratura e industria e sui romanzi in cui si parla dell’industria, diventa un modo/una scusa per parlare del romanzo contemporaneo italiano, e della direzione che, secondo alcuni maggiori protagonisti della cultura del periodo, dovrebbe prendere il romanzo. Come facciamo un romanzo nuovo, che sia all’altezza dei tempi? Siamo agli inizi degli anni ’60, è vero che il romanzo neorealista è stato dichiarato morto nel 1955 con il Metello di Pratolini, ma è anche vero che non è stata trovata ancora una strada diversa per il romanzo italiano. Il romanzo è ancora scritto secondo dei moduli che sono di tipo neorealista. Il n. 4 del 1961 della rivista «Il Menabò» di Vittorini, è dedicato al tema letteratura e industria; il numero successivo, n. 5 del 1962 accoglie le risposte di molti intellettuali tra cui Franco Fortini, Umberto Eco e Italo Calvino, che scrive sull’argomento il famoso articolo La sfida al labirinto >> la questione centrale, attraverso il tema dell’industria, è quella di come costruire un nuovo romanzo. Vittorini nel n°4 del 1971 del Menabò sottolinea proprio questo. La realtà industriale ha rivoluzionato tutto, tutti gli aspetti della vita e della nostra cultura. I romanzi che parlano dell’industria ne parlano nello stesso modo in cui parlavano del mondo contadino, sia con nostalgia sia sottolineando la vita dura del mondo contadino, così come parla dei sobborghi cittadini. Vittorini sostiene che i modi in cui si apra dell’industria sono troppo simili a come si parlava in passato, lo stile e la forma e il modo, anche se si parla di temi diversi, non sono cambiati. Questo è fondamentale per un discorso letterario, la letteratura è fatta dal modo in cui si parla delle cose, prima che del messaggio del testo stesso, perché quest’ultimo dipende dal modo e dallo stile. Vittorini sottolinea questo e fa un appello se non una denuncia agli scrittori contemporanei affinché si sveglino e trovino un modo diverso di scrivere nella forma che viene adottata nei romanzi. Una forma che, sottolinea Vittorini, all’altezza dei tempi e ai cambiamenti che sono in atti. Da qualche anno si era già diffuso il romanzo a tema industriale, ma Vittorini sottolinea in merito una questione importante: “La realtà industriale modifica radicalmente l’intera società e la cultura”. Nei romanzi si parla però del mondo industriale come si parlava del mondo contadino o dei sobborghi cittadini, con uno stile di stampo 40 neorealista che non si adatta per nulla alla nuova realtà industriale e non ne coglie i veri cambiamenti. È necessario trovare ‘forme’ nuove, nuovi modi di scrivere per rappresentare la realtà contemporanea. Ridotto in minimi termini il dibattito riguarda l’invecchiamento delle forme letterarie, di stampo neorealista, per le quali bisogna trovare una forma adeguata. È su questo che dibattono i nuovi autori che intervengono, ciascuna dalla propria prospettiva. La questione delle forme diventa per Vittorini centrale. Gli altri autori rispondo in modo diverso. Fortini risponde sostenendo che non bisogna adeguarsi alla nuova città industriale e cercare nuove forme, perché la letteratura deve rimanere distante dalla società e preservare il suo punto di vista critico, Fortini mantiene una visione conservatrice. Eco (sta per formare il gruppo ’63) già propone un tipo di romanzo sperimentale, l’industria ha cambiato radicalmente la nostra forma mentis, quindi bisogna trovare una forza romanzesca che ci comunichi questo cambiamento, il romanzo sperimentale è basato sulla forma. Questa distruzione della forma tradizionale del romanzo è legata alle condizioni storiche, le quali richiedono nuove forme letterarie. È il momento in cui Calvino (sta scrivendo in contemporanea romanzi verdi che grigi) si interroga su come l’intellettuale può svolgere il proprio ruolo ristretto alla società, anche se non ha ancora trovato il suo posto. Nell’articolo La sfida al labirinto, Calvino mantiene posizioni ferme, rispetto a quelle più sperimentali proposte dall’avanguardia. Per Calvino, il labirinto rappresenta il mondo esterno e come è cambiato sotto l’effetto dell’industria e la società del benessere. Difronte al mondo e ai suoi cambiamenti non si può adottare una posizione come “Il nuovo romanzo francese”, modello seguito del gruppo ’63, perché quel modello lì per Calvino rappresenta una resa nei confronti di come va il mondo. Secondo Calvino l’intellettuale non deve rinunciare alla sfida del labirinto, cioè se il modo p cambiato tantissimo, l’intellettuale deve riuscire ad orientarsi nel labirinto. Da un punto di vista di forme, il modello di Calvino è un equilibrio tra le forme sperimentali e quelle tradizionali (da lì a breve abbandonerà le forme tradizionali e si focalizzerà sulla sperimentazione). Attorno a questo tema, cioè rapporto tra letteratura e industria, coagula un dibattito molto più ampio sulla letteratura e le sue forme, dentro un contesto economico e sociale profondamente cambiato. È un dibattito che interessa anche persone che non si sono occupate di industria e letteratura, è un tema molto generale. Volponi-Le mosche del capitale, pubblicato alla fine degli anni ’80, è un romanzo che parla della fase di dismissione dell’industria, in cui il romanzo industriale era passato di moda. Balestrini-Vogliamo tutto, romanzo che racconta delle lotte degli operai, 1968-1969, e che ha determinato una svolta anche politica nel nostro paese. È un periodo in cui gli stessi operai prendono la parola e cominciano loro stessi a scrivere romanzi. OTTIERO OTTIERI 1924-2002 Ottiero Ottieri nato 1924, morto 2002. Laurea in lettere a Roma; arrivato a Milano trova impiego, nell’ufficio stampa, alla Mondadori, collabora con riviste di scienza e psicologia. Ottieri è laureato in lettere ma è interessato alla psicologia e il mondo della scienza e tecnica. Dal 1953 al 1965 impiegato alla Olivetti come responsabile della selezione del personale >>, nel frangente si ammala di meningite e Olivetti gli paga comunque lo stipendio. Una volta guarito nel ‘55 Ottieri viene mandato nello stabilimento Olivetti di Pozzuoli, come responsabile della selezione del personale, che sarà la sua mansione alla Olivetti per tantissimo tempo. Ottieri lascerà la Olivetti rifiutando un posto da dirigente, non tanto per un senso di inadeguatezza ma per onestà intellettuale. Questo per sottolineare la Olivetti come fabbrica illuminata ed il suo proprietario che chiama a sé intellettuali e esperti in discipline diverse, affidando loro compiti dirigenziali perché apparentemente esulano dalle loro competenze. Ciò perché Olivetti era convinto che una prospettiva di tipo umanistico/letterario potesse afferire un valore aggiunto al suo progetto di fabbrica. Ottieri non è oggi uno scrittore particolarmente famoso, ma all’epoca era considerato il ‘pioniere’ del romanzo industriale, ed ebbe una certa autorità. I suoi romanzi in questo senso più significativi sono: 41  Tempi stretti: suo primo romanzo, pubblicato nel 1957, è considerato il primo romanzo/capostipite dell’industriale. È un testo di tipo naturalistico, perché Ottieri cerca di restituire uno sguardo più oggettivo possibile, in cui l’autore rappresenta il mondo della fabbrica e la società contemporanea, siamo già nel boom economico. Ottieri cominci a vedere come i cambiamenti imposti dalla fabbrica comincino a riguardare l’intera società. Il titolo ‘tempi stretti’ allude a quelli dell’operaio alla catena di montaggio, ai tempi serrati della produzione, ma il riferimento va a una condizione esistenziale generalizzata, piegata ai tempi della produzione e dell’efficienza.  Donnarumma all’assalto: pubblicato nel 1959, è il romanzo più famoso di Ottiero Ottieri.  La linea gotica: pubblicato nel 1963. Presenta molti punti di somiglianza con Donnarumma all’assalto ma è una sorta di diario dedicato al mondo dell’industria e al boom economico. Interessa sottolineare che alcuni brani vengono pubblicati, co un altro nome, sul n. 4, 1961, del «Menabò» il primo capitoli che ha dedicato a letteratura e industria. Ottieri ha fatto altro nella vita, si dedicherà al cinema, lavorerà sule sceneggiature tra cui Antonioni. Scriverà romanzi cambiando completamente genere, perdendo un po' di fiducia nel progetto dell’industria come volano del progresso sociale e non soltanto economico. Finché lavoro all’Olivetti, un decennio (seconda metà anni ’50 e prima metà anni ’60), ha fiducia nel progetto della fabbrica illuminata. Donnarumma all’assalto. Donnarumma non è il protagonista ma il protagonista è uno psicologo. Lo psicologo è specializzato nell’indagini psicotecniche, cioè psicologia applicata alla valutazione delle capacità dell’individuo, utilizzata nelle industrie che sono più all’avanguardia per valutare le competenze e le capacità degli spiranti lavoratori. Il romanzo ha una struttura diaristica ed è scritto in prima persona, ma è anche una sorta di romanzo-reportage in anticipo sui tempi. Personaggio autobiografico, perché intellettuale e responsabile del personale in una fabbrica del Sud come lo era Ottieri alla Olivetti. Distinzione fra struttura memoriale e struttura diaristica, quest’ultima si differenzia perché ogni giorno, a fine giornata, si racconta come è andata la giornata appena trascorsa mettendo la data ad ogni pagina. Di fatti i tempi verbali usati in Donnarumma all’assalto quelli del presente o al massimo passato prossimo, proprio per dare l’impressione di un diario che è stato scritto giorno per giorno dal protagonista, lo psicologo addetto alla selezione del personale. Montesano, nel saggio che introduce il romanzo, sottolinea che Donnarumma all’assalto può essere considerato come uno dei primi romanzi che poi verranno chiamati reportage, cioè di tipo giornalistico e che in questo caso ci fanno entrare nella vita di fabbrica. Il personaggio che dice Io e che scrive questo diario e cha fa lo psicologo è un personaggio con dei tratti fortemente autobiografici perché si tratta di un impiegato che si occupa della selezione del personale, così come Ottieri si occupava della selezione del personale con le differenze che quest’ultimo facesse parte dell’area delle lettere. Il protagonista, come Ottieri, viene mandato in una fabbrica del sud appena aperta ma non ci viene detto niente se non il nome Santa Maria, che noi sappiamo essere lo stabilimento Olivetti di Pozzuoli. Andando controcorrente cioè al Sud, perché al Nord sicuramente le fabbriche sono più organizzate, ma Olivetti vuole scommettere sul Sud, il quale fatica a raggiungere il Nord. Olivetti decide di impiantare al Sud una di queste fabiche illuminate e avveniristiche che puntavano non solo all’efficienza del lavoro e della produzione ma anche a creare un ambiente che fosse accogliente per l’operaio, quindi non un luogo trite ma dove il lavoro fosse considerato una parte positiva della propria quotidianità. Progetto di Olivetti di una fabbrica illuminata a misura d’uomo che insegue sia lo sviluppo economico, sia il processo sociale, cioè che deve apportare un essere a tutti. Olivetti a Pozzuoli è piena di vetrate con del verde intorno, con dei laghetti e con una terrazza sul mare. DONNARUMMA ALL’ASSALTO. Romanzo scritto da Ottiero Ottieri e pubblicato nel 1959. Trama: 42 del bisogno”, poiché non è possibile stabilire chi ha più bisogno di lavorare e chi no. Non è un criterio: loro si basano sulla qualità delle competenze, ma non rispettano le necessità, il bisogno sociale, fisico-corporale, la fame. Gli aspiranti si costruiscono motivazioni razionali di fronte alle scelte, ma continuamente crollano. Per lo psicologo diventa difficile e cede facilmente, sa che non deve dargli speranze, poiché è conscio che l’azienda non gli dà l’opportunità di assunzione. Li richiama per dar loro un 2°colloquio; si domanda se è giusto quello che sta facendo nei loro confronti; ha difficoltà nel dire di no e ad assecondare gli interessi della fabbrica (anche se è proprio il motivo per cui è stato assunto. Causa ricadute sulla fine della storia). Antonio Donnarumma: Nome che rimane nella mente dello psicologo. Ottieri descrive la prima volta che Donnarumma viene al colloquio ed entra in scena nel romanzo a metà racconto. E’ l’ultimo, entra dopo le 12. In realtà, non gli è stato dato il permesso di entrare, poiché lo psicologo stava scrivendo gli appunti dell’uomo precedente. Arriva con prepotenza, gli si avvicina molto, ha un aspetto deciso, non guarda niente perché deve esprimere il suo bisogno: “Io debbo lavorare, faticare” (termine meridionale che esprime la fatica e la pesantezza del lavoro per mangiare). Lo psicologo gli sta chiedendo la domanda scritta di lavoro per fare il colloquio ed essere esaminato, cioè la pratica. Per essere esaminati nel colloquio bisogna fare una richiesta scritta (per burocrazia). Per Antonio è inconcepibile, per lo psicologo è inconcepibile il contrario, hanno due differenti sistemi di pensiero. Antonio lavorare in fabbrica significa faticare (concezione arcaica del lavoro: “vengo lì per faticare, non per scrivere”). La domanda burocratica è intesa come un qualcosa che appartiene ad un altro mondo, altro tipo di lavoro. Scontro: Antonio continua a non capire perché fare una richiesta scritta per andare a fare un lavoro di fatica; lo psicologo non riesce a comprenderlo, in particolare non comprende il motivo del suo reclamo (lo richiedevano tutti, ma Donnarumma usa un tono e un modo diverso dagli altri) del diritto al lavoro (come se fosse una naturale). Donnarumma non capisce quale sia lo scopo della domanda scritta, è un discorso logico. Al contrario, la logica della fabbrica è la selezione dei migliori, più capaci. Gli analfabeti vengono esclusi, sebbene non siano richieste specifiche competenze. Lo psicologo si irrigidisce e batte il pugno sul tavolo. D: “Lei non deve battere il tavolo, perché io glielo batto sulla sua testa” (si arrabbia. La sua forza bruta, corporea, la sicurezza della sua fisicità è maggiore di quella dello psicologo, che si arrabbia ma dalla sua parte ha la ragione che lo rende forte). Antonio reclama il suo bisogno naturale al lavoro e cerca di mettere al suo posto lo psicologo: “lui può sbattere il pugno sul tavolo, ma io picchio lei e il direttore se non mi date il lavoro” (è la prima di una serie di minacce, tra cui lettere di morte …). Di solito il lavoro dello psicologo era spiato dagli aspiranti operai che stavano fuori dalla finestra e guardavano dalle veneziane. Qui non c’è nessuno, nemmeno la guardia che è ha il compito di tenerli lontani, ma lo psicologo rinuncia a chiamare la polizia (non è la 1°volta), perché non vuole creare problemi sociali. Cerca di tornare in sé, di trovare un compromesso e placare la tensione della situazione. Donnarumma ribadisce la sua posizione assoluta: “lei dottore – appellativo reverenziale- il pugno sul tavolo con me non lo batte più, ho la mia ragione perché devo mangiare, quindi devo faticare”. Dopo il colloquio lo psicologo si reca dal direttore generale a spiegargli l’accaduto. La sua reazione è di prendere il nome e chiamare la polizia, poiché si è presentato senza diritto nella fabbrica, mentre i dirigenti hanno tutto il diritto di chiamarla. Qui lo psicologo, fa un passo indietro per una questione di orgoglio e di non cedere di fronte a Donnarumma (per il suo senso di giustizia che riconosce e le sue ragioni). Il brano si chiude con il riferimento agli autisti perché tra tutte le persone che aspettavano all’ingresso della fabbrica, che si presentavano anche senza diritto, c’erano anche quelli che si buttavano sotto le macchine dei dirigenti chiedendo pietà e supplicando di essere assunti. PAOLO VOLPONI 1924-1994 PAOLO VOLPONI 45 Paolo Volponi, nato nel 1924 e morto nel 1994, ha lavorato presso l’industria, durante gli anni ‘50, più a lungo, raggiungendo alte posizioni dirigenziali, ha una conoscenza immediata e profonda dei meccanismi che regolano la fabbrica dall’interno. Viene assoldato da Olivetti, da molto giovane. All’inizio si occupa di un vasto programma edilizio al Sud, che si occupa nella costruzione di un vasto numero di casa per le persone che non potevano permettersi un’abitazione. Dopo viene assunto dalla Olivetti e diventa direttore dei servizi sociali, a capo di un settore molto importante che rappresenta una particolarità della Olivetti, poiché i servizi sociali offerti dall’azienda vanno incontro a quel principio di progresso sociale. (ES. si occupa degli asili nidi per i figli dei dipendenti, operai, delle biblioteche interne alla fabbrica, problema di trasposti degli operai). Questi sono tutti servizi che gli operai potevano aver bisogno posti all’interno della fabbrica. Si occupa della vita degli operai in tutto e per tutto, non offre loro sono lavoro e stabilità economica, ma anche un appoggio di diritti sociali (in anticipo sui tempi). Dopo diventa responsabile delle relazioni aziendali, si occupa di questioni più economiche e produttive. Lavora alla Olivetti dal 1956 al 1971 e nel 1960 muore Adriano Olivetti, il produttore problemi con gli eredi che non vogliono seguire l’esempio del padre con i nuovi dirigenti che vogliono spingere l’azienda verso il profitto, dimenticandosi di quei principi illuministi ed utopici relativi al progresso sociale, del benessere degli operai e del ruolo della fabbrica rispetto alla società. Volponi entra in contrasto con i nuovi dirigenti della fabbrica e nel 1971 la lascia diventando collaboratore della FIAT, in cui si occupa dei rapporti tra fabbrica e città, l’interesse ricade sempre sul rapporto tra fabbrica e società. Diventa anche presidente della fondazione Agnelli, con alti incarichi. L’esperienza alla FIAT dura fino al ‘75 poiché viene allontanato in quanto lui dichiara espressamente di aderire al PCI, che per la fabbrica che incardina per eccellenza il capitalismo italiano è inaccettabile. Nel frattempo si erano moltiplicati gli scioperi degli operai, appoggiati dal PCI. Ricopre questo ruolo per tutta la sua vita, non è ambiguo, però rimane a metà, dalla parte dell’industria, dentro di essa come dirigente, ma con un’idea di industria alternativa e rivoluzionaria che lo porta a sposare le idee comuniste: il suo tentativo consiste nell’inserire il progresso tecnologico e lo sviluppo industriale all’interno di un progetto comunista, cosa che l’industria capitalista non poteva appoggiare. Diventa senatore come personaggio indipendente dal PCI. Egli vorrà sempre mantenere una certa autonomia rispetto al partito e agli altri, verrà anche candidato come presidente della repubblica ma non vincerà. Volponi è un uomo di cultura e di industria. Volponi scrive molto, inizia come poeta (dopo la 2° Guerra Mondiale), pubblica anche numerosi romanzi. Il primo e l’ultimo dei suoi romanzi pubblicati sono dedicati al mondo dell’industria:  Memoriale, 1962  Le mosche del capitale, 1989 (non è proprio l’ultimo, è “La strada per Roma”, scritto però negli anni ‘50) POETICA Volponi è inizialmente vicino alle posizioni culturali di Officina ed è amico di Pasolini, ma si aprirà anche alle posizioni della Neoavanguardia. Vicino all’ambiente del Menabò e, nella sezione letteratura ed industria, escono alcuni estratti di Memoriale. Dopo 2 anni dalla pubblicazione del Memoriale pubblica “La macchina mondiale”. Dopo 10 anni viene pubblicato “Corporale”. Tra gli anni ‘60 e ‘70, nello scarto dei primi due romanzi e Corporale, si vede che c’è stato un cambiamento di poetica, poiché si è avvicinato alle posizioni della neo-avanguardia e inizia a complicare la struttura dei suoi romanzi. 46 La produzione letteraria di Volponi è caratterizzata dalla costante presenza di impegno etico-politico e sperimentalismo formale. Lo stile, anche nei romanzi, è caratterizzato da una forte tensione lirica (poetica) CORPORALE Nel 1974 subisce la struttura del Romanzo sperimentale. E’ una tematica di attualità: è la storia di un intellettuale in preda a un delirio di paure e paranoia, è convinto che scoppierà una terza guerra mondiale, che cadrà una bomba atomica che sterminerà la specie e decide di ritirarsi nelle colline di Urbino, paese all’autore molto caro luogo di origine, dove vuole costruire un rifugio anti-atomico con le proprie mani, facendo calcoli scientifici su come e dove, cerca di portare gli oggetti necessari alla costruzione e quelli che secondo lui sono più importanti, come una sorta di arca di Noè, è una tana, dove il protagonista cerca di salvare il salvabile. Ai tempi l’argomento era attuale perché fino agli anni ‘80 il mondo aveva vissuto sotto lo spettro di una 3 Guerra Mondiale, una guerra nucleare che avrebbe annientato l’intera umanità tra URSS e USA. E’ una cosa che riguarda tutti, in maniera universale. Quindi il protagonista cerca di salvarsi però fallisce, perché il rifugio crolla e lui viene internato come pazzo, il problema è che aveva cercato di salvarsi da solo, ma l’unico modo era fuori dalla tana, creare una società diversa che non avrebbe prodotto una bomba atomica, bensì una società più giusta, di uguali, in cui si sarebbe pensato al bene collettivo e comune, non sarebbe stato pensabile la creazione di una bomba per sterminare tutti. Ma se la bomba viene prodotta, è per un interesse economico. Non è la prima volta che l’uomo si sente minacciato della propria sopravvivenza, le cause di un eventuale catastrofe è in mano alla responsabilità degli uomini. Memoriale e le Mosche del Capitale fanno capire uno degli obiettivi principali di Volponi. L’aspetto caratteristico della sua poetica è la congiunzione tra l’impegno etico politico e lo sperimentalismo formale. La conseguenza di un personaggio di tipo politico ed etico, la responsabilità dell’individuo e della società nei confronti di se stessa corrisponde ad uno stile sperimentale, per nulla semplice, molto vicino a un linguaggio e stile lirico, poetico. Il linguaggio non è chiaro, limpido, ma è in più parti ricorda quello della poesia. La poetica di Volponi si basa dalla costante presenza dell’intento etico e politico (non dice è giusto fare questo o quest’altro, il messaggio emerge in modo indiretto veicolato da uno stile sperimentale e poetico) e dello sperimentalismo formale. Nella totalità della sua produzione letteraria emergono tantissimi temi, i più ricorrenti sono:  rapporto tra naturale ed artificiale, opposizione tra tutto ciò che rappresenta la natura e tutto quello che è stato fatto dall’uomo, che è artificioso.  alienazione dell’uomo (negli anni ‘50’60 è molto frequente, ne parlano tutti. La parola è di origine marxista, sta sulla bocca di tutti: effetto spersonalizzante che ha il lavoro in fabbrica sugli uomini) che secondo Ottieri il problema è la mancanza di lavoro, cioè la disoccupazione, però anche in Donnarumma si parla di alienazione. La differenza è nel lavoro, nel modo in cui viene condotto e non nella sua assenza. A tale tema si collega, come impegno etico politico, la tensione/propensione di una società più giusta e migliore, è un progetto etico-marxista, la cui parte importante è la funzione dell’industria rispetto alla società, nello specifico, i vari modi in cui l’industria può contribuire al benessere sociale e collettivo non solo come offerta di servizi migliori dal punto di vista sociale. Volponi si occupa di asili, trasporti, casa e in questa prospettiva ideologica il lavoro in fabbrica doveva servire a liberare l’uomo dalla fatica del lavoro, per Marx la società sta inventando così tante macchine che consentono di produrre più, meglio ed alleggerire la pesantezza del lavoro e potrebbe arrivare al punto in cui di non andare più a lavorare, perché lo fanno le macchine, e di sentirsi finalmente libero dal punto di vista del lavoro (nel boom economico: il lavoro ricoperto dagli elettrodomestici). Il singolo grazie all’aiuto della macchina che fa il suo lavoro al posto suo può 47 questa connessione non fa vedere Albino solo come contadino-operaio, ma anche in veste di poeta, lui scrive proprio dei versi a fine del racconto. E’ un contadino-operaio, oltre ad avere la prospettiva da malato mentale, dal punto di vista individuale, c’è anche quella sociale, Albino fa fatica a comprendere il nuovo mondo industriale che avanza, poiché i ritmi della campagna sono completamente diversi: sparizione del mondo contadino e nascita della società del boom economico. La questione sociale si lega alla letteratura e alla questione psico-analitica:  E’ Albino che scrive, il lettore crede che il punto di vista sia quello di Albino, ma le opinioni di Albino veicolano i pensieri dell’intellettuale Volponi che ha lavorato in fabbrica e ha esperienza di essa. Non è solo la prospettiva di un contadino-operaio, ma anche quello dell’intellettuale dirigente e del poeta. È un personaggio complesso e punto di congiunzione tra tutti i punti di vista.  Componente autobiografica, Volponi si mette nei panni di Albino, nel romanzo ci sono elementi ripresi dalla biografia di Volponi e le sue considerazioni della mondo industriale. I dubbi di Albino sono in realtà quelli di Volponi, ovvero dell’intellettuale dirigente di fabbrica rispetto alla razionalità produttiva. Lavoro in fabbrica (presente nel manuale italiano) Bompiero = medico della fabbrica che sta curando Albino. Manzino = capo reparto. Albino si sta accorgendo che il suo progetto di trovare nella fabbrica un fattore di miglioramento della sua vita inizia a crollare. “E’ il mio campo di battaglia”, la vede come una sfida questo ricominciamento, è un posto in cui si mette alla prova, ma questa speranza viene persa e inizia a provare:  Noia: ripetitività dei gesti e delle giornate che sono tutte uguali una all’altra  pesantezza del lavoro: sequenza il lavoro, che ti aspetta che ti dà il senso di oppressione, quante volte avrei dovuto fare avanti e indietro, innestarli, avviare il motore, chinarmi, soffiare, rimetterli a posto Figura retorica -> accumulazione di operazioni, separate tra loro solo dalla virgola si ripetono sempre uguale a se. Ognuno dei pezzi che deve essere lavorato sono uno uguale all’altro, irriconoscibili lui ha il compito con la fresatrice di tagliarli per sagomarli, il lavoro è sempre uguale, non si capisce qual è l’inizio e la fine del lavoro. Il meccanismo in atto e l’effetto della catena di montaggio in cui l’operaio è costretto a lavorare senza sapere il prodotto finito, non sa neanche dove andrà collocato, li rimette sul nastro, non sa quali sono le altre fasi della produzioni. L’uomo che lavora in fabbrica non ha consapevolezza del lavoro che sta facendo. E’ qui che agisce l’alienazione. Uno dei meccanismi che provoca l’alienazione è la parcellizzazione del materiale, lo spezzettare il lavoro in tante piccole micro-lavori. Non si hanno rapporti con gli altri o contatti con gli altri. Volponi sta cercando di far capire come funziona l’alienazione tramite la percezione/punto di vista di Albino e fa sempre gli stessi gesti. Poi il suo sguardo inizia ad assumere caratteristiche particolari: nel cassetto i piccoli pezzi sembravano tanti piccoli orfanelli con le bocche aperte e i loro denti, quelli da finire erano molti di più sembrava un reggimento di soldati armati di spade, caratteristica lirica e poetica. Usa una metafora, un paragone tra i pezzi di metallo inanimati che nulla avrebbero che dire a chi li osserva in una trasformazione in esseri animati, che avviene nella testa di Albino quelli appena finiti/lavorati vengono paragonati a degli orfani che stanno ad implorare ancora attenzione, aspettano qualcosa, quelli che sono ancora da lavorare gli sembrano dei soldati armati. Il lavoro e la fame fanno paura, minaccia del lavoro che verrà. L’autore sta personificando i pezzi, questo è un esempio di sguardo straniato, per far capire che c’è un senso ulteriore. In più fa capire una nostalgia per un tipo di lavoro che non è più il suo, 50 perché il sentimento di abbandono del lavoro di questi pezzi, come quando l’artigiano si separa da una creazione sua, sedia/mobile, da una sua opera/creatura, Albino vorrebbe che questi pezzi fossero una sua opera, dei figli abbandonati dal proprio creatore/dal padre. Ma in questo caso qui si tratta di pezzi di metallo e non sono nemmeno frutto del suo lavoro. La macchina va avanti per i fatti suoi, il suo intervento è minimo. I pezzi non sono una sua creazione, ma lo sguardo straniato fa capire che lui vorrebbe averli creati, strategia testuale di Volponi. A fine giornata lavorativa i pezzi finiti appaiono fin troppo lucidi e Albino li sporca con dell’olio sopra, rovina il lavoro appena fatto perché non riesce a vedere un seguito, questi pezzi saranno destinati ad un altro reparto. Manzino pensa che faccia ciò per preservarli in funzione di lubrificazione della tappa successiva, invece Albino lo fa a spregio, un dispetto nei confronti di questo lavoro che non gli appartiene. Alienazione del tempo della persona è misurato su quello del lavoro, sono tempi stretti (Ottieri) non è tanto per la pesantezza ma perché tremito di dover inseguire l’obiettivo della produzione coinvolge tutto il tempo sia interno sia esterno alla fabbrica. Anche i giorni di ferie sono trascorsi nell’ansia del tempo dettato dalla vita in fabbrica. -> Riga 49. come davanti a un fuoco forte … tutti avevano un pensiero che batteva sulle loro teste e rimbalzava sulla fabbrica, che non dava distrazioni a tale pensiero. Il lavoro non dava aiuto, non chiedeva l’accompagnamento del pensiero. Continua la descrizione dell’alienazione, c’è sempre un pensiero di sottofondo nel mentre che svolgono il lavoro, non perché stiano effettivamente riflettendo o si distraggono, ma come se fossero posseduti da un pensiero ossessivo, negativo e non aiuta il lavoro in sé per sé , perché il lavoro manuale non è faticoso come un tempo, va per conto suo, non è più l’operai che guida la macchina, ma il contrario in un ripetitivo movimento, non aiuta la riflessione, ma favorisce che nella testa si crea un pensiero ossessivo e negativo, non può pensare a se stesso (spersonalizzazione). Dopo succede che albino pur sentendosi solo cerca in più momenti di sentirsi come gli altri, condivisione frequenta bar e taverne frequentati dai colleghi, ma si sentirà sempre più escluso dal contesto sociale, ma osserva che anche la vita fuori dalla fabbrica, il movimento che spinge tutti a tornare a casa segue lo stesso andamento della fabbrica. E tutto ricomincia sempre uguale lo stile di vita trasferisce i ritmi della fabbrica al di fuori, tutti seguono questi ritmi. L’effetto di alienazione continua al di fuori. Albino cerca di non seguire lo stesso percorso degli altri, ostinazione (ma il destino è comune e universale, uniformarsi ai ritmi imposti dal sistema capitale), va al cinema, prende il treno più tardi. LE MOSCHE DEL CAPITALE 1981 Titolo: Il capitale in termini economici è l’insieme di beni in denaro e mezzi di produzione (delle merci) es. fabbrica, sono beni immobili che servono per fare ulteriore investimento e profitto. Le mosche, ronzano intorno allo sporco, escrementi, sono quei personaggi approfittatori, dalla valenza negativa, che ruotano intorno al capitale, dove esso è tradizionale in ambito psicoanalitico; denaro = escremento. Le mosche sono un’allegoria, cioè un immagine allegorica di personaggi che ruotano attorno al capitale, cioè al potere economico, che dipendono da esso. E’ un romanzo in cui si parla di un cambiamento epocale, tutto il globo. Ambientato tra gli anni ‘40 e ‘50 quando l’industria è di vecchio stampo, basata sulla produzione materiali di beni e merci da vendere, sebbene la macchina alleggerisce il lavoro, il ruolo dell’operaio è fondamentale, così come quello dei dirigenti e delle loro scelte. Perché la fabbrica della Olivetti era ben vista da molti intellettuali? A differenza di altre aziende il capitale era investito a vantaggio degli altri, della collettività, per creare dei miglioramenti dal punto di vista sociale (le altre avevano come unico interesse il profitto personale di chi possiede le aziende). L’industria del romanzo è descritta come quella del boom economico, dell’Italia in piena fase di sviluppo che sta vivendo la seconda rivoluzione industriale. Mentre il periodo descritto da Volponi però è quello della terza rivoluzione industriale fondata su finanziarizzazione del capitale, automazione crescente e globalizzazione del mercato (nessuna parte dell’economia mondiale è 51 più isolati e gli affari, il capitali sono in tutta la parte del globo) Volponi sta parlando di quando tutto questo arriva prepotentemente in Italia. Finanziarizzazione = spostamento dell’economia dal piano materiale, della realtà della fabbrica che produce beni, a un piano astratto, alle borse, dove il valore di un azienda/qualcosa quotata in borsa, non corrisponde al valore effettivo, a ciò che l’azienda produce, è pura speculazione Automazione =è vero che le macchine alleggeriscono il lavoro dell’uomo, ma di fatto l’opera dell’uomo viene sostituita dalla macchina, diventa un accessorio, l’operaio assume sempre meno importanza. (Costruzione dei robot, mirano ad eliminare la necessità del lavoro umano nelle fabbriche). Dal punto di vista globale porta alla disoccupazione, questioni politiche = cambia il volto del globo e in questo romanzo Volponi, partendo dall’esperienza vissuta dal entro la fabbrica: macro-argomento Dopo il titolo c’è una dedica nostalgica ad Adriano Olivetti, dichiara che lui è il rappresentante di un’industria che non c’è più. Adotta un punto di vista fortemente personale, autobiografico, la stessa storia narrata è di stampo autobiografico. La scrive quando nasce la FIAT (meta anni ‘70) litiga con i dirigenti, dichiara di votare PCI, allontanato, di fatto il suo pensiero era inconciliabile con essa, che era votata al profitto. Questo romanzo si costruisce a partire dall’intersezione di due storie principali di due protagonisti: 1) Dirigente Bruto Saracini = viene promosso come amministratore delegato in un’industria e poi viene fatto fuori e gli viene a lui preferito un arrampicatore sociale, una mosca del capitale quindi si allontana dall’azienda. Dopo lavora come consulente per un’altra, ma sarà costretto ad allontanarsi a causa di un’incongruenza di vedute. Nel romanzo vengono detti nomi di fantasia, come i protagonisti, ma sono evidenti i riferimenti alla Olivetti e FIAT e a tutti i personaggi con cui Volponi (che prima va a lavorare alla Olivetti e poi alla FIAT, fortemente autobiografica, la differenza sta nella conclusione che Saracini si arrende e si allinea alla logica del potere economico, Volponi no) Questa è la storia principale, in parallelo si svolge un’altra storia che alle volte compare: 2) Storia dell’operaio Tecraso = rappresenta una categoria sociale che sta per scomparire, il vecchio operaio, è costretto a fare i conti con i nuovi cambiamenti della produzione: finanziarizzazione, automazione, per tale motivo farà una serie di scioperi e di azioni sovversive per lottare per il destino e i diritto. Verrà arrestato e morirà in carcere, sconfitto dalla storia. Ci sono due linee principali perché Volponi inizia a scrivere 2 romanzi in realtà alla metà degli anni ‘70 che confluiranno insieme nel romanzo. Argomenti principali che si trovano nel romanzo: potere economico rappresentato dal capitale, tutto ronza intorno al denaro, interesse, profitto, non interessa più il bene comune, per questo spazza via qualsiasi ideologia, utopia, industria illuminata come quello di tipo olivettiano = segna la sconfitta di una certa industria e dal punto di vista ideologico per Volponi, ne esce sconfitto. L’intellettuale si trova a fare i conti con questa situazione. - Contrasto tra naturale (tutto ciò che viene dalla natura, che è in armonia con essa anche se fatto dall’uomo) artificiale (tutto ciò che è fatto dall’uomo) = si è sostituito alla natura. Per far capire il concetto dice che i giovani ad oggi non sanno da dove viene il latte, pensano che sia prodotto direttamente negli scatoloni del tetrapak, è un paradosso: la gente comune non ha idea della derivazione del luogo di origine dei prodotti che stanno nella natura. Qualcuno prodotto naturale esiste perché l’uomo può consumarlo, viene prodotto dall’uomo, dall’agricoltura per poterlo consumare. Ci sono pochissimi luoghi geografici che non sono stati contaminati dall’uomo, luoghi selvaggi dove non ha messo piede. Tutto ciò che è naturale è stato conquistato, controllato, dominato dall’uomo, sfruttamento delle risorse naturali (brano: Alla Luna, che è da sempre cantata 52 materiale, non è più l’industria che domina sulla natura, l’opera dell’uomo, ma è proprio questa immagine fittizia della realtà che soppianta tutta la realtà e tutto il resto. Riassunto del testo: all’inizio ci sono dei ficus (piante ornamentali degli uffici) che stanno fremendo perché il giorno sta per iniziare, colti nel momento dell’alba, perché l’attività dell’industria sta per iniziare e loro vivono di essa, vogliono far parte delle vicende e decisioni dei dirigenti si sentono partecipi del lavoro. Si scagliano però, tramite invettive e polemiche con gli altri oggetti dell’ufficio, porta, scrivania, sedia reclamando per se stessi un ruolo maggiore e importante. Le piante dicono che sono più poetici e naturali sono parte integrante del lavoro dell’industria, mentre voi siete solo dei servi. Dopo una serie di battibecchi interviene il terminale, che dice: nessuno di voi ha più importanza sono solo io che domino su tutti ho persino più importanza del dirigente. Lo stile del testo è complicato. Elenca gli elementi che compongono la vecchia industria. Proseguendo il discorso si sposta dall’industria vera e propria al mondo della cultura (Dante, Ulisse) è forte il legame tra il sistema produttivo e la cultura in cui si situa nel periodo storico, tutto è collegato al contesto storico: non può esserci un passaggio verso un paese post industriale se prima esso non è stato industriale, perché l’Italia vive un periodo di sviluppo industriale tra gli anni ‘50-’60 con un senso di arretratezza rispetto agli altri, non riesce a fare il “salto di qualità”. La scrivania reclama il suo diritto a considerarsi e sentirsi parte dell’industria e della dirigenza, è il diritto di precedenza in senso cronologico, dall’era industriale (non li sopporta), in più afferma che ormai non si affeziona più neanche ai dirigenti perché anche loro sono precari, mentre invece prima era colui che dirigeva la fabbrica, ora è un funzionario come tanti altri, che può essere licenziato in qualunque momento e sostituito, non fa più la differenza rispetto all’andamento industriale. Questa frase è significativa per questo c’è una pausa. Interrotta dal ficus si sentono un po’ battuti dagli altri oggetti e si difendono dicendo che loro almeno producono aria, ossigeno, inducono ad immaginare, emblema di una natura che non c’è più e fanno da stimolo immaginativo come dovrebbe fare un’opera d’arte, allegoria della poesia che per l’uomo è utile per la produzione e fanno parte della ricchezza e del complesso mentale dell’uomo = per questo cercano di proteggersi, ma interviene il terminale: non è più il tempo delle “Human relations”, nelle prime battute si concentra il senso del dialogo e di tutto il tema delle mosche nel capitale: il vecchio lavoro dell’industria basato sulla concretezza, sulle relazioni umane, sul lavoro umano viene completamente soppiantato dal mondo finanziario, dell’automazione, assoluta astrazione (che si oppone all’esser vivi e veri), come finzione che caratterizza il mondo industriale odierno. Concentrato di figure retoriche: accumulazione, false rime (effetto fonico e ritmico che lascia pensare alla poesia piuttosto che alla prosa). Dopo la sentenza del terminale, i ficus rimangono a riflettere: “tu sei stato costruito dalla negazione dell’industria”, si rendono conto che il loro nemico (che rappresenta la simulazione), che invece loro rappresentano la realtà e concretezza, loro devono tremare e sentire (attenzione alle parole di Volponi) devono avere delle percezioni corporali, materiali, concrete. Solo che sono ancora convinti di poter lottare contro ciò che li sta sostituendo, però è una battaglia persa in partenza. Il loro discorso finisce dicendo al terminale che anche lui un giorno sarà sostituito, verrà usato come uno schiavo, come uno strumento qualunque. SMATERIALIZZAZIONE viene applicata al mondo dell’industria e a tutti gli aspetti del reale, annullando anche il ruolo ricoperto dall’uomo nella fabbrica, nessuno ha mai più una funzione essenziale sia nell’industria sia nella vita sociale, perché tutto viene trasformato in dati e filtrato al computer. Non è un concetto intuitivo, perché l’uomo è abituato a credere che il computer sia uno strumento, in realtà studi hanno spiegato che il ruolo del computer è quello di privare della materialità di tutti gli aspetti del mondo esistente, avrà grosse ripercussioni dal punto di vista sociale. Scrivania= reclama il suo diritto di precedenza (a livello cronologico) a considerarsi e sentirsi parte dell’industria e della dirigenza. Afferma di non si affezionarsi più neanche ai dirigenti, perché anche loro sono precari, sono dei funzionari come tanti altri, che possono essere licenziati e sostituiti (non fa 55 differenza). Segue una pausa per sottolineare l’importanza del concetto, che viene interrotta dal FICUS, che si sente abbattuto dagli altri oggetti e si difende dicendo che loro “producono aria, ossigeno, inducono ad immaginare”, come dovrebbe fare un’opera d’arte (allegoria della poesia: per l’uomo è utile per produrre e fa parte della sua ricchezza e fantasia). Interviene il terminale= “non è più tempo delle human relations” - senso del dialogo e del tema del romanzo-. Il vecchio lavoro dell’industria basato su: concretezza, relazioni umane, lavoro umano viene soppiantato dal mondo finanziario, automazione, astrazione (che si oppone all’esser vivi e veri), in quanto finzione, è il mondo industriale odierno. E’ un’accumulazione legata a false rime (è un effetto fonico e ritmico che fa pensare alla poesia invece che alla prosa). Dopo tale sentenza, i ficus riflettono: “tu sei stato costruito dalla negazione dell’industria”. Sono consapevoli che il loro nemico che rappresenta la simulazione (loro, al contrario, la realtà e concretezza) devono tremare e sentire, cioè avere percezioni corporali, materiali, concrete. Essi, però, sono convinti di poter lottare con il terminale (che li sta sostituendo): è una battaglia persa in partenza. Il discorso termina quando dicono al terminale che anche lui un giorno sarà sostituito e verrà usato come schiavo, cioè come uno strumento qualunque. Con la smaterializzazione, nessuno ha mai più una funzione essenziale nell’industria e nella vita sociale, perché tutto viene trasformato in dati e filtrato al computer. Non è un concetto intuitivo, il computer non è uno strumento. Studi hanno spiegato che il suo ruolo consiste nel privare la materialità del mondo esistente. Ciò causerà ripercussioni a livello sociale. NANNI BALESTRINI 1935-2019 Autore dell’antologia de “I Novissimi” e membro-fondatore del Gruppo 63, principale gruppo di Neoavanguardia in Italia. Fu uno sperimentatore di opere sin dagli inizi della sua carriera: poesie, romanzi, opere teatrali. Inizia come scrittore sin da giovane e fu tra i primi collaboratori di Anceschi nella rivista “Il Verri”. Il carattere sperimentale adottato nelle sue opere consiste nell’aver inteso il fare letteratura come “un’opera di montaggio/collage, di combinazione di testi preesistenti (già esistenti) di tipo letterario o ripresi dalla comunicazione di massa (pubblicità, giornalismo), dunque già scritti da altri. Mischia elementi diversi tra loro, appartenenti a discipline diverse. Sono dei testi fatti per montaggio (termine cinematografico che indica il modo in cui sono accostate le scene/sequenze che creano la storia. Di solito non sono visibili, sembra che la sequenza sia naturale. Al contrario, Balestrini rende evidente e visibile lo stacco, la differenza tra un frammento di un testo ed un altro, che generano stridore ed accozzamento – Es. unire un testo letterario della tradizione con una pubblicità, genera l’effetto di straniamento). Nell’arte, il collage consiste nell’attaccare pezzetti di immagini diverse di materiali diversi nella tela e Balestrini sperimenta le sue opere con la letteratura, usando il computer. Il 1° romanzo fu Tristano (1966), in cui Balestrini accosta brani tratti da testi diversi della tradizione letteraria senza il filo logico, poiché il montaggio deve generare stridore. Fu il primo ad utilizzare la “Letteratura Elettronica” utilizzando il computer (colui che stabilisce il modo in cui si combinano le parti della poetica e del romanzo, seguendo il suo algoritmo). Fu un artista eclettico, che si è occupato di poesia viva, dove letteratura ed arte visiva si incontrano, fatta con immagini (es. fotografia: riguarda la cultura delle immagini, cioè la pubblicità, riviste, manifesti pubblicitari/politici – tutto ciò che viene attaccato sui muri e di cui la comunicazione si serve attraverso l’immagine). La poesia visiva è fatta di: comunicazione con le parole, l’uso della parola nel processo comunicativo, nella comunicazione di massa (non la produzione di testi letterari). E’ una linea di sperimentazione, un incontro tra le arti che connota la neoavanguardia (sperimenta l’incontro tra linguaggi diversi: suono, immagini e parole), che differisce dal gruppo ‘63 (che si occupa solo di stravolgere la letteratura). “Lo scrittore” prima poesia visiva. E’ nota l’immagine che immediatamente mostra che cosa sia la poesia visiva e il procedimento letterario dell’autore. Sono delle parole ritagliate ed incollate insieme (riprese dai collage cubisti del primo ‘900), nel quale sono composte per formare un quadro visibile. E’ un’opera che può essere appesa al muro, che segue il principio di quella scritta sul foglio: l’arte, la poesia visiva e la poesia vera seguono lo stesso principio del collage: il senso della composizione è dato dal lettore quando 56 cerca di interpretare il messaggio che intende comunicare l’autore. Per farlo, è necessario compiere uno sforzo: il lettore costruisce il senso in base a come accosta i ritagli, senza logica, poiché è lui stesso che la trova. Infatti, l’autore non comunica un senso da capire, bensì offre un’opera che fa riflettere. Altre opere di Balestrini sono ancora più visive, ma sebbene ci siano delle parole, la loro composizione ne impedisce la lettura. Il senso è dato dall’accostamento di parole ed immagini: su quest’ultime sono appiccicate le parole, in seguito al lettore è dato di interpretare il significato. Balestrini si impegnò in politica, perché cerca di capire qual è il suo ruolo nella società: egli non è solo l’intellettuale che smuove l’opinione pubblica, la dimensione critica della società, ma è anche (alla fine degli anni ’60) un militante attivo, in prima linea (rispetto ad altri che si limitano a fare le voci della ragione, cioè a parlare dall’esterno) “armatevi e partite”: l’intellettuale, al contrario, era in disparte rispetto alla lotta e a chi si sporcava le mani. Fu, dunque, un intellettuale impegnato che non si limitò a svolgere il ruolo della coscienza critica o di fare propaganda verso un ideale politico, bensì si impegna in prima persona e scende in campo assieme a chi partecipa alla rivoluzione sociale e politica. Negli anni ’70, alla fine del Boom Economico, inizia un periodo di crisi di tutti i valori che determinarono la società italiana, perché nasce grande movimento internazionale: gli studenti. In primis fu “movimento pacifista” nel cotesto della Guerra Fredda e contro quella in Vietnam, ma giunse in Europa come “rivoluzione del ‘68”: serie di proteste di massa condotte in tutta Italia da giovani che protestano a favore di una maggiore libertà personale e di società globale, proteste per la pace, che finiscono per coinvolgere i costumi e la morale. Si sviluppa una forte ribellione verso tutto ciò che rappresentò l’autorità e la guida dei valori sino a quel momento. Tutte le forme di autorità furono contestate (i capi politici, religiosi, i docenti), poiché i partecipanti reclamano per loro stessi la libertà personale ed individuale (costumi sessuali, modi di vestirsi, scelta del proprio destino; sino a quel momento la società era guidata da un forte senso del dovere: il padre di famiglia doveva lavorare e portare il cibo a casa mentre la madre doveva stare a casa ad accudire i figli, i quali devono prendere le stesse strade dei genitori. Il loro destino era già segnato, verso i valori famigliari di stampo cristiano). I giovani volevano, al contrario, essere liberi di scegliere il proprio lavoro in base alle loro inclinazioni, di vivere la loro sessualità in maniera libera … per vivere la vita e sfruttare il tempo libero per coltivare se stessi e le proprie personalità. E’ questo l’interesse principale della società del boom economico: assecondare i propri desideri (inconcepibile a quel tempo). Pertanto, iniziano a ribellarsi a tutte le norme di condotta. Il ’68 fu un anno di grandi rivoluzioni contro il senso del potere: le proteste hanno basi politiche (pacifismo), ma tutti i movimenti europei furono guidati dall’ideologia comunista. Il problema fu che il comunismo socialista non fu più condiviso (frattura del ’56), poiché si era rivelato come dittatura che negava i diritti dei singoli, che, al contrario, il ’68 voleva incentivare (impostazione anarchico-libertaria). In Italia, tale movimento iniziò nel ’66, con le prime occupazioni scolastiche ed universitarie. Nel’69 operai e lavoratori si ritrovarono insieme per definire le rivolte nelle fabbriche (occupazione, scioperi in cui rivendicano i loro diritti) con obiettivi politici: ottenere il riconoscimento della libertà alle classi più povere, di tutti coloro che non sono stati ascoltati, cioè i giovani. La forza repressiva dello stato, placò tale movimento, ma per tutto il ’70 ci fu un clima di tensione ed agitazione, che si accentuò dal ’73 (crisi economica internazionale), sino al ’77 (crescita della disoccupazione che vede numerosi giovani che non sanno cosa fare del loro futuro – rivoluzione sociale e politica del ’77 per rendere reale un’utopia analoga a quella comunista). Gli scontri violenti furono repressi dalla polizia e dallo stato, che videro la carcerazione di tante persone, tra cui Balestrini: mandato di cattura, ma riesce a scappare, come esule, a Parigi. Ciò succedeva a chi incoraggiava il movimento tramite la stampa: libri, propaganda, pubblicità, giornali; a chi produce informazione e la fa circolare in modo semi- clandestino (era ritenuta pericolosa dallo stato e, dunque, censurata). L’opera letteraria di Balestrini, durante gli anni ’70, adotta un significato più chiaro, semplice, accessibile a tutti per tali ragioni: la sintassi e i termini scelti sono simili alla lingua parlata. Se nella letteratura sperimentale l’obiettivo è quello di creare uno shock nel lettore/osservatore, in quanto non capisce il senso che vuole comunicare l’autore (decostruzione delle opere letterarie e dell’arte, contestazione delle norme borghesi), al contrario, negli anni ’70 di Balestrini, l’obiettivo pare essere tornato alla rappresentazione e spiegazione della realtà, per 57 che parla, con parole non distanti dalla realtà, in quanto avere coscienza di classe significa saper individuare i problemi che la propria condizione sociale, saperli nominare e spiegare, sembra un linguaggio sindacale (molti operai leggevano e miglioravano così la loro condizione culturale o tramite il PCI). Alla FIAT gli scioperi e le proteste iniziarono dopo quello di Battipaglia e di altri stabilimenti del sud (dimensioni di una città). Per solidarietà viene effettuato lo sciopero alla FIAT di Mirafiori a Torino, ma il sindaco ne impone uno di 3 ore in forma simbolica. Esso, segna l’avvio delle rivolte di Mirafiori: il testo spiega il piano del padrone di fare la disoccupazione. Prende per fame la gente del sud, in quanto dopo anni di parole per migliorare la condizione del sud, continuava a rimanere arretrato, per questo le persone emigravano a nord. Dietro tali scelte, si nasconde un piano economico: creare un enorme massa di riserva dei giovani ed obbligarli ad emigrare. Pertanto, i padroni fanno diventare il lavoro una concessione, cioè un regalo e non un diritto: i giovai non ci guadagnavano, poiché si ritrovano a dormire nelle stazioni o ammucchiati nelle stanze, non hanno un guadagno o uno stile di vita migliore, bensì rimangono in condizione di povertà. Così, gli operai iniziano a muoversi autonomamente e seguono strade meno moderate per instaurare un dialogo con la dirigenza, che sembra aver perso valore ed importanza. Non sono i rappresentanti degli operai che vanno a parlare con i capi di fabbrica, bensì i primi si chiedono il motivo per cui non vengono i rappresentanti a parlar con loro – invertono le gerarchie di importanza. La richiesta/problema principale è il salario: gli operai sono pagati a cottimo, a quanto producono (autolimitazione: quando l’operaio fa meno pezzi di quanto potrebbe). Perché il salario è un problema? Non è solo una questione di aumento, perché la proprietà dell’industria riesce a giocare sulla busta paga e a fregare l’operaio. Buona parte del salario è data dalla parte variabile (determinata da criteri a vantaggio del proprietario: cottimo, pagamento in corrispondenza della quantità di lavoro e di prodotti effettivamente svolta dall’operaio). Per sabotare i meccanismi, gli operai limitano la produzione dei pezzi: ci guadagnano meno, però guadagna meno il padrone, che si ritrova con tanti pezzi fabbricati in meno. Un altro mezzo che usa la proprietà industriale è la concorrenza tra operai: premia chi lavora meglio e di più. Chi lavora di più fa gli interessi del padrone, non i propri, dunque è un’invenzione capitalistica. Per tali motivi partito e sindacato stanno a favore del nemico, dalla parte del capitalismo. L’industria richiede obbedienza dall’operaio; divide la classe operaia (tramite le categorie) pertanto diminuisce la forza di lotta degli stessi (le rivolte sono più controllabili). Nel libro, Alfonso spiega la problematica della condizione operaia. L’operaio è sotto ricatto perché se non lavora non mangia. La logica all’industria consiste nel creare operai fedeli, partecipi del lavoro, in favore di tutti (ideali del PCI: benessere dell’industria per tutti). In realtà non è vero, poiché gli operai fanno gli interessi dei capitalisti e non i loro, sono sfruttati. Tutti avrebbero il diritto a lavorare, a guadagnare in modo decente, all’aumento della paga base (a prescindere dal rendimento). Dato che il sindacato diventa membro della cassa politica ed economica (non fa gli interessi degli operai), i lavoratori si svincolano ed iniziano i moti di ribellione verso le autorità e guide politiche. Il testo pone in rassegna tutte le problematiche della condizione operaia: lo sfruttamento nascosto nei cavigli; la busta paga; l’organizzazione del lavoro nella fabbrica in modo burocratico e razionale volta a spersonalizzare l’operaio per privarlo dei suoi diritti economici e politici. ALDO NOVE 1967 Appartiene alla generazione più recente e più giovane; è il più noto tra i “Cannibali”, fenomeno letteraria inaugurato dall’antologia di racconti “Gioventù cannibale” (1996: un libro in collettiva tra cui Nove spicca e conferma la sua qualità superiore rispetto ad altri), che si caratterizza per il gusto del pulp e splatter, mescolanza tra cultura alta e pop (popolare, bassa). I riferimenti principali sono: cartoni animati fumetti manga, cinema di Tarantino (Pulp Fiction), avanguardie in “Woobinda”, firmato solo da Nove e suo primo esordio (1996: raccolta in stile cannibale, pubblicata nel ’98 con il titolo “Superwoobinda”, in quanto vengono aggiunti altri racconti e rimaneggiati altri. E’ il libro che lo renderà famoso, in cui si trovano racconti scioccanti, con descrizione splatter delle scene). Nove, 60 nella sua carriera letteraria, ha scritto sia romanzi che poesia. “Cannibali” è una nuova tendenza letteraria, diffusa tra la generazione di Nove che ha caratterizzato tutto il secondo ‘900 verso il gusto per il sangue e le azioni violente. In particolare, riprende dall’immaginario dei giovani scrittori durante il loro periodo di formazione (nati negli anni ‘70-’80: immaginario televisivo, la pubblicità, film che appartengono al mondo della comunicazione). Il messaggio a cui rimandano i racconti è l’influenza della comunicazione mediatica (dei mass media) che giunge a spogliare le persone della loro umanità, facendole arrivare al cinismo, perdita dei valori, assenza di sentimenti. Tutto si appiattisce, la pubblicità, ciò che viene filtrato tramite lo schermo, si sostituisce alla coscienza personale. Sono anni in cui si fa evidente la questione delle “Mosche del capitale”: la realtà si trasforma in un’immagine fittizia e virtuale, che non è vera, è piatta (senza spessore, profondità, umanità. Si è così attuato un processo di superficializzazione, di astrazione delle cose, della perdita di materialità e di profondità. E’ il mondo post-moderno in cui è presente un senso di vuotezza e viene raccontato dalla gioventù cannibale come un: vuoto morale che viene mostrato sottoforma di citazione continua di elementi visivi e narrativi che appartengono all’immaginario comune. MI CHIAMO ROBERTA, HO 40 ANNI, GUADAGNO 250 EURO AL MASE Testo pubblicato nel 2006 e dedicato a Balestrini (da cui riprende il libro: Vogliamo tutto) per i suoi 70 anni, colui che aveva spinto Nove a scrivere testi. Il libro ha una struttura a cornice (come testi del 2° periodo letterario di Calvino) che ha una lunga tradizione da Boccaccio: c’è una macrostoria e un contenitore in cui sono presenti tante altre storie o interviste realizzate da Nove tra il 2004 e il 2005, pubblicate nel quotidiano Liberazione e fatte a giovani lavoratori precari. Il PRECARIATO è il problema scottante del mondo del lavoro (problema sociale che confina tra disoccupazione e sfruttamento). E’ un problema frammentato, poiché si moltiplicano le tipologie di contratto, per far sì che il precariato assuma forme diverse e i lavoratori si ritrovano divisi tra loro nell’eventuale richiesta di diritti (cit. Vogliamo tutto di Balestrini). Questa condizione in Italia era una novità: tutti i giovani tra i 30-40 anni si ritrovano a vivere in condizioni precarie, fanno lavori precari che non gli permettono di farsi una vita e non gli consentono di crescere. Se non si può avere un lavoro duraturo non si può avere una prospettiva futura, non posso allontanarmi dalla mia famiglia di origine poiché non ho i soldi a sufficienza (i giovani rimangono bloccati in una condizione infantile e giovanile). Il precariato impedisce la crescita degli individui. In antitesi, in “Vogliamo tutto” i giovani volevano essere e rimanere tali, cioè volevano vivere la loro giovinezza. Gli anni ‘80 sono gli anni dell’euforia, della superficialità, in cui tutti si volevano divertire e le possibilità economiche lo permettevano. Poi arriva la crisi e si diffonde il lavoro precario: il problema non è più tenersi più giovani più a lungo possibile, bensì è l’impossibilità della scelta contraria, di crescere, di permettersi una casa e di avere una vita adulta (prima erano scelte obbligate), di avere una famiglia (la differenza generazionale è alla base del libro). Tale problematica non è solo per gli intervistati, ma riguarda un’intera generazione ed è diffusa in tutta la società. Nove si mette sullo stesso livello degli intervistati (la cornice, che racchiude le varie interviste, è caratterizzata da una serie di interventi e riflessioni da parte del narratore sull’argomento in 1°persona, fatti a distanza di tempo rispetto alla realizzazione dell’interviste). Il genere a cui appartiene il libro è diverso: ponendo attenzione solo le interviste sembra un romanzo reportage, volto a parlare della realtà. E’ difficile stabilirlo, poiché se c’è la componente fittizia (oscilla tra realtà e immaginazione) allora è definito letteratura, ma essa può assumere diverse forme e l’autore gioca su questo: mischia il piano della realtà con quello della finzione: l’immaginazione si lega al dato reale ricavato dalle interviste allargando la questione non solo alle storia raccontate, ma a tutta la generazione. Nove racconta anche la sua vita e si pone al pari degli intervistati. Gli anni ‘80-’90 furono quelli della superficialità e dell’euforia senza motivo, della gioventù voluta a tutti i costi trasformata nella condanna a rimanere piccoli, a non crescere. I giovani vivono in un mondo finto (in Superwoobinda viene raccontato come se esso si trattasse di un cartone animato, al contrario, in “Roberta” 61 è una storia vera raccontata tramite le interviste). Inizialmente le persone andavano a lavorare subito, anche da bambini (Nove ironizza sull’argomento: “siamo tutti rimasti bambini”, tutti sono rimasti 40enni disoccupati, non per loro colpa o perché sono svogliati, sfortunati o non hanno studiato, ma perché il problema è il sistema economico e sociale, che si limita alla laurea in lettere (Nove è fu un insegnante mancato. Nel ‘900 c’era la convinzione che la laurea, in qualsiasi campo, avrebbe favorito uno sbocco professionale e invece si è scoperto che non ha diretto rapporto con il lavoro- l’origine della fuga di cervelli). Benjamin (filosofo di storia che appartiene alla cultura del passato) insisteva sul fatto che “della storia (cultura del passato) non erano rimaste che rovine e frammenti”, che devono essere presi in considerazione per il futuro, in quanto costituiscono il nostro immaginario. Al contrario, Nove sostiene che è l’attuale immaginario dell’uomo è fatto di “dolci forni, figurine Mattel, allegri chirurghi, manuale delle giovani marmotte” (elementi ripresi dalla cultura giovanile intesa come: mondo di giocattoli, di plastica, che non dice nulla, dove non ci sono rovine, bensì spazzatura). La cultura non c’è più, sono solo strani testi del passato. Il discorso di Roberta rappresenta la costante negazione ed affermazione del principio di Weber. Si trova tra l’ostinazione e la passione ed è ridotta allo stremo: sono le condizioni della società che le impediscono di fare l’insegnante, le condizioni dell’oggi negano costantemente i valori acquisiti del passato. La sua storia è caratterizzata dal fatto che ha un lavoro precario. In teoria, le forme contrattuali precarie dovrebbero trasformarsi in contratti a tempo indeterminato e invece non succede mai. E’ un problema molto diffuso: più gli insegnanti fanno supplenza, più avrebbero possibilità di fare punteggio e quindi hanno più opportunità di essere assunti, ma spesso non accadeva. Avevano ore di supplenza che gli facevano punteggio, ma non venivano pagati (sottopagati e sfruttati). E’ illegale e spesso accadeva al sud nelle le scuole private. L’impegno politico e sociale, sebbene la condizione economica persistente: Roberta ha una pagina web, per passione e vocazione, in cui svolge attività che le piacciono ma che sono sporadiche e la pagano poco, non le danno alcuna sicurezza (vive in uno stato di precarietà forte). E’ difficile, per Roberta immaginarsi una progettualità a causa dell’impossibilità di allontanarsi dalla famiglia di origine. Sua madre è costretta a darle dei soldi, per tali motivi. E’ un esempio di una questione comune e generalizzata dovuta dall’ansia della precarietà, del non sapere cosa succederà il giorno/mese dopo o il mese. E’ una condizione che impedisce di fare qualsiasi cosa, che paralizza la vita personale e il lavoro. Il problema principale è l’organizzazione dell’esistenza quotidiana che non è nel futuro, ma nell’oggi: è una continua aggressione della realtà verso di noi, una lotta alla sopravvivenza. Balestrini, in “Vogliamo tutto”, diceva che le ore di lavoro in fabbrica sono tante, non solo perché i dirigenti guadagnano di più, ma anche perché gli operai hanno meno tempo per organizzarsi politicamente e così anche Roberta impegna tutte le sue energie per sopravvivere. Non ha tempo per altro, deve pensare al lavoro, del quale prova ansia, il resto non esiste e sacrifica il suo impegno politico. La sua è una stanchezza rabbiosa. Questo racconto rappresenta la storia di una generazione: i giovani che migrano dal sud al nord (Roberta dalla Calabria a Roma) per trovare una migliore condizione sociale e invece si trovano fregati, si ritrovano a dover pensare a come pagare l’affitto, al problema della sussistenza quotidiana, trovandosi in città grandi e costose come Roma da cui, paradossalmente, non possono andarsene, poiché se tornano nel loro paese non riescono a trovare lavoro. Allo stesso tempo, non posso andare all’estero, poiché non tutti hanno le possibilità (es. lei, essendo insegnante, non può fare richiesta di Erasmus). Sono passati 60 anni dal boom economico ma la situazione per i lavoratori non è cambiata: rimane il problema dello sfruttamento, nonostante le lotte e le proteste, ma tante persone si trovano a vivere in queste condizioni. Anche il fine settimana è vissuto in balia dell’ansia e della fatica (tema industriale di una poesia di Pagliarani del gruppo ‘63 e dei Novissimi). Roberta racconta della sua vita precedente: da Cosenza al nord non può pensare di fare figli perché non sa come mantenerli; non ha più vita sociale. N.B. è difficile definirlo come romanzo, perché le interviste sono maggiori. Nella cornice il narratore a parla e le commenta a modo suo aggiungendo una forte quota di finzione. 62
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