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Appunti letterature comparate, Appunti di Letterature comparate

Appunti di lezione del corso di letterature comparate del prof. Tirinanzi De Medici. Mancano alcune lezioni, ma coprono più del 75% del corso. A.A. 2022/23

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 16/02/2023

fabrizio-badolato
fabrizio-badolato 🇮🇹

4.5

(110)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti letterature comparate e più Appunti in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! Letterature comparate 27/09/2022 Il rapporto tra più forme, tra il romanzo ed altre forme discorsive, o forme di verità. La forma romanzo è sempre stata riconosciuta come genere anfibio, composito. Il don Chisciotte, tecnicamente, si presenta come la trascrizione di una cronaca, non come un romanzo. Nei dolori del giovane Werther abbiamo la forma epistolare. Molti hanno sottolineato la forma mista del romanzo, le interazioni che il romanzo può avere con altre forme sono molteplici, come il romanzo saggio. Noi ci occuperemo della relazione tra il romanzo e forme non letterarie, tratte da ciò che ci circonda. La forma romanzo viene fortemente influenzata dai generi discorsivi cui il romanzo si appoggia. Lo studio del romanzo non può prescindere da uno sguardo sovranazionale. Il comparatista è il dilettante autorizzato. Nell’attuale divisione del sapere, ogni settore ha la sua peculiarità, e per insegnare bisogna avere competenze scientifiche per la materia. La disciplina nasce nell’800 ma ci sono esperimenti molto precedenti, come quando Dante confronta i poeti siciliani e quelli stilnovisti. Nel tardo 800 nasce questa idea, in un momento di grande interesse per la ricerca scientifica, nasce sull’onda di analoghi gesti che attraverso altre discipline, come l’anatomia comparata. La comparazione ha una logica evoluzionistica, cerca di capire da dove parte la differenziazione tra cose che hanno le stesse componenti. Letteratura comparata non è solo una comparazione tra presente e passato, ma anche tra presente e presente, a livello trans-nazionale. La lirica fino a fine 700 è un genere fortemente codificato, nell’800 la società si complica, masse maggiori hanno accesso alla cultura, e quindi entrano a far parte del campo letterario, portando a una differenza tra letteratura colta e letteratura di massa, i pubblici si moltiplicano e si stratificano. La lirica non si limita a trasmettere in forma lirica delle verità che potremmo leggere sotto un’altra forma, è la forma stessa che è fondamentale per trasmettere il messaggio. Il termine genere è anche molto legato alla teoria evoluzionistica, i generi hanno avuto alti e bassi, l’interesse era alto nell’800, minimo nel primo 900, dove ci si concentrava più sui singoli testi. La letteratura comparata ha quindi la funzione di unire, ma da un certo punto essa comincia ad occuparsi di distinguere, con un reticolo di discipline collegate, detto studies. Gli studies cercano di dare voce a chi non l’ha mai avuta, come il colonizzato nei colonial studies. Tutto ciò che parla di qualcos’altro, che non è un discorso di primo grado, può essere un saggio. Un mémoire è diverso da una biografia, ripercorre semplicemente un periodo del passato. Prospettivismo verticale. Un genere discorsivo cos’è? Il genere è l’ordine stilistico di un discorso, una costellazione di tratti formali e contenutistici. I tratti formali sono quelli strutturali. Ad esempio, nella poesia ci aspettiamo che il testo vada a capo prima che lo spazio finisca, tuttavia vi sono testi propriamente lirici che non rispettano questa aspettativa. Il genere non è un qualcosa di testuale sempre ma riguarda anche il pubblico e le sue aspettative. La teoria della ricezione studia come un testo viene percepito dal pubblico, Hans Jonas scrisse un saggio chiamato teoria dei generi, in cui paragona la discussione dui genere a quella che nel medioevo avveniva tra i filosofi sugli universali. Gli universali possono essere ante, in o post re. La giurisprudenza, ad esempio, si basa su concetti ante re. Gli universali in rem sono i più complessi, l’osservazione crea l’oggetto stesso. Questi aspetti possono evolvere costantemente e cambiare. Prima che inventassimo la parola novel, il novel non esisteva, esisteva semplicemente un qualcosa che era molto diverso dagli altri. Cervantes è considerato da molti il fondatore del romanzo moderno, con il don Chisciotte, ma Cervantes non era consapevole. Oggi chiamiamo romanzi forme miste in cui i personaggi son reali, le vicende sono reali ma noi li intendiamo comunque come romanzi. 28/09/2022 Se voglio scrivere un giallo ci dovrà essere un omicidio, si parla di elementi strutturali. Maria Curti sostiene che è il genere un costrutto con cui l’opera entra in contatto con tutte le altre opere. Nel 1810 nello zibaldone leopardi fa una lista delle cose che vorrebbe fare, un poema epico, un poema in versi e quelli che poi diventeranno alcuni canti. Ciò vuol dire che nella visione di Leopardi non c’era differenza tra questi generi, che per lui vivevano in uno spazio unitario. Ovviamente ci sono elementi in comune, ma oggi noi vediamo la differenza e quindi non li consideriamo in maniera unitaria. Un genere può anche morire nel corso del tempo, se non viene più riconosciuto come tale. A nostra percezione del reale avviene attraverso schemi, che in qualche modo rappresenta l’aspettativa, che se viene rispettata determina un calo dell’attenzione, mentre se le norme non vengono rispettate l’attenzione sale. Il piacere di trovare un qualcosa che rispetta gli schemi è alla base della serialità, dove all’interno di una cornice che bene conosciamo vogliamo che si introducano elementi nuovi, in modo da bilanciare i due elementi. Per i linguisti un discorso è un sinonimo di testo, una serie di sintagmi con un significato. Alcuni intendono con discorso un discorso spontaneo, come quello da bar. In sociolinguistica il discorso è un testo all’interno di un contesto, quindi localizzato in vari modi. Ovviamente tutti adattano il loro linguaggio al contesto. I discorsi quindi, anche del quotidiano, possono essere ricondotti al contesto. Micheal Bachtin distingue in generi primari e secondari. I generi letterari sono la categoria più formalizzata di genere, è un genere discorsivo. I generi letterari trasmettono anche in maniera implicita una determinata visione del mondo. Per Micheal Focault il genere crea l’oggetto del discorso stesso, non limitandosi a dire a cosa si può o non si può dire, il discorso ci dice di cosa possiamo parlare e in che termini ne possiamo parlare. Il discorso non esiste di per sé ma è un qualcosa che produce un effetto, e ciò fa si che si sviluppi una struttura discorsiva, che poi chiameremo giochi di verità. I giochi di verità determinano il nostro modo di comportarci, con norme che possono essere più o meno rigide. Roland Burt in un testo chiamato lezione, si chiede perché un genere discorsivo è organizzato in un determinato modo, e suppone che il potere abbia interesse che il testo sia organizzato in un certo modo. Il potere è intrinseco nei discorsi stessi, non è centralizzato ma sparso. Il potere non è so un oggetto politico ma ideologico. Il potere si cristallizza nell’istituzione, proprio attraverso il discorso, ci sono tanti discori quanti sono i poteri. Il potere genera delle espressioni verbali corrette e sbagliate. La colpa di Burt si riferisce a ciò che un testo può o non può dire in un determinato contesto. Il discorso produce un’istituzione che sanziona chi è sano e chi è malato. Il genere discorsivo costruisce il suo oggetto. Il romanzo è un genere che ingloba diversi generi discorsivi come la cronaca, la storiografia, la psicanalisi. Se un genere discorsivo crea il proprio oggetto, cosa succede quando un genere letterario ingloba un altro genere discorsivo? Abbiamo Il romance ha trame intricate, incentrate sul romanticismo. Il novel si evolverà sia prima in spagna con Cervantes. E poi in Francia, con le nouvelles. Nel novel ci sono meno personaggi e meno storie intersecate. Cervantes rispetto alle novelle italiane ne scrive testi più lunghe, inoltre esse hanno carattere moralistico, per questo sono dette “esemplari”. Inoltre, egli elimina la cornice, che era tipica dei novellieri italiani. Queste novelle vengono spesso indicate come storie comiche o tragiche, ma progressivamente queste “novelas” subiscono ulteriori modificazioni, diventando testi di 100-150 pagine che narrano storie d’amore di persone d’alto rango, introducendo un contesto cortigiano. Questi due contesti, novel e romance, si fonderanno progressivamente per formare quello che noi chiamiamo romanzo. Defoe ad esempio scrive un novel, tuttavia è al centro di peripezie al limite del credibile, molte vicissitudini, tipiche del romance. La suspense è un altro elemento del romance che confluisce nel novel. Dopo il 700 questa distinzione diventa poco realistica, anche perché già da prima non era così netta. La novella già presenta i colpi di scena, se prendiamo la nouvelle francese essa ruota di solito attorno a una storia d’amore, come il romance. Non è che il romance scompare e diventa nouvelle, c’è un’influenza reciproca. Altri generi discorsivi influenzeranno questo genere, il primo è quello storiografico. 4/10 Francois Rabelais si forma presso i francescani (diritto, teologia, filosofia) entra nell’ordine francescano e lo lascia nel 1530 per iscriversi a medicina. Partecipa ad un’opera a più mani, le grandi croniche Gargantuine, poi pubblica Pantagruel. Quest’opera parla della Francia di questi anni criticando le autorità del tempo, è un’opera abbastanza comica. Se la prende anche con i professori della sorbona. Rabelais si avvicina al vescovo di Parigi, attraverso il qual ottiene la protezione del re dai sorboniani. Nel 1534 vengono affissi dei manifesti a Parigi in cui si attaccano tutti gli intellettuali dell’epoca che proponevano un miglioramento della chiesa in senso evangelico, quindi vicino al nuovo testamento. È un attacco frontale ai modernisti da parte dei sorboniani, anche se era anonimo. Francesco I veniva invocato come protettore spirituale e guida della Francia. Francesco I deve per forza appoggiare i sorboniani, togliendo l’appoggio al vescovo di Velleais e ai modernisti. Nel brano si schernisce anche questo episodio. Nel 1541 muore calvino, nel 47 abbiamo il concilio di Trento. Nel 49 Rabelais viene denunciato da un importante teologo sorboniano, che lo accusa di essere un eretico, anche perché frequentava Erasmo e altri individui legati all’umanismo. Nel quarto libro c’è un racconto di viaggio, in cui su diverse isole vengono individuati diversi popoli, ognuno con la propria organizzazione e religione. Il suo quinto libro esce postumo. Il principio guida di Rabelais era quindi l’umanismo. L’umanesimo Deriva dagli studia humanitatis. Il paradigma indiziario prende forma in questi anni, è la logica per capire chi ha dipinto un’opera, concentrandosi sui dettagli piuttosto che sulle grandi figure. La classicità vive una nuova giovinezza con l’umanesimo, qui il classicismo è inteso come il ritorno alla cultura classica senza mediazioni come avveniva nel medioevo. Testualismo: la filologia ritorna ai testi originale, mettendo in discussione tutte le vecchie interpretazioni del testo. La stessa riforma in qualche modo nasce con lo stesso principio, la lettura autonoma del testo senza la mediazione dei preti o sacerdoti. Il cortigiano di Castiglione è esemplare, perché abbiamo la riproposizione di ruoli classico all’interno della corte, ma allo stesso tempo egli sta grammaticalizzando un fenomeno medievale. Abbiamo quindi una memoria del classico per riadattarlo al presente. Gli umanisti hanno un forte rapporto con l’educazione, vedi il cortigiano e il principe. L’educazione si basa sulla conoscenza classica e l’esperienza. L’università in questo periodo è il luogo del sapere medievale, gli studia humanitatis sono sempre un po' fuori dall’ambiente universitario. Nascono poi accademie che si oppongono anche apertamente all’università, nelle quali comincia a nascere il paradigma scientifico. Abbiamo da un lato l’evoluzione della tecnica (la stampa), ma anche tecniche artistiche come la prospettiva, nuove scoperte ingegneristiche. Da qui arriveremo a Bacon e a Keplero, al rigore matematico nello studio. Rabelais nella sua opera introduce in forma letterario molti di questi concetti, condividendone lo spirito di fondo. Il secondo libro scritto da Rabelais segue la vita del gigante Gargantua che è il re dell’isola di utopia. Seguiamo gli anni della sua formazione, in maniera comica. Gargantua viene inizialmente educato secondo i principi medievali, che vengono messi in ridicolo. Solo quando incontrerà Monocrate scoprirà un altro modo di essere educati, non sulla base dei maestri ma dei libri antichi. Scoppia una guerra, e Gargantua deve tornare ad utopia per aiutare suo padre. Vinta la guerra Gargantua ringrazia frate Jean donandogli un’abbazia chiamata Telem, fondata apposta per lui. L’abbazia è fondata sulla regola del “fa ciò che vuoi”, che non è anarchia, ma l’idea di libertà temprata comunque dalla morale e dai valori umani. Il titolo è abbastanza lungo e descrittivo, Anche questo libro è attribuito a un individuo, che è l’anagramma dell’autore. Il titolo cerca di attirare l’attenzione del lettore, e questo sarà tipico del romanzo fino almeno a Flaubert. Il prologo ha un’invocazione, che in questo caso si rivolge ai bevitori e agli impestati (gente promiscua) però descritti con superlativi molto rispettosi, che si addicono ai nobili. Successivamente si rivolge a Platone, creando un forte contrasto. Socrate viene paragonato a un sileno, il sileno diventa un oggetto di uso comune, la scatoletta dei farmaci. Questi elenchi descrittivi vengono definiti “enumerazioni caotiche”: da un lato mettono in scena elementi che caratterizzano l’uomo, dall’altro non c’è ordine. Questo elenco esprime un microcosmo. Questa descrizione di Socrate dissimula la sua conoscenza, infatti a pag. 8 si sofferma tra la differenza tra essere e apparire. Il termine “medullare” è un termine tecnico specialistico, un modo per indicare con precisione il reale, che si contrappone a cane, un termine generico. Poi cita Platone, passando al livello filosofico. Questo testo, apparentemente comico, nasconde riflessioni di stampo religioso, economico e politico (fine pag 8) Inizio pag 9. Distinzione tra ciò che la lettera dice e ciò che la lettera significa. Semplicemente queste allegorie non esistono. Tuttavia, a pagina otto dice di nascondere grandi verità, quindi si sta smentendo da solo. Il cane come colui che ottiene la saggezza contenuta nel midollo, Rabelais promette verità, ma allo stesso tempo mette in discussione che si possa arrivare ad essa. Per l’ermeneuta tardo classica e medievale il significato delle parole è eterno, mentre per quella odierna è mobile. Abbiamo una presa in giro di una modalità retorica medievale. Né in Pantagruel né in Gargantua appare la parola “cronaca”, se non nel prologo. La cronaca era il resoconto di una persona testimone. Lezioni 5 e 10 ottobre perse 11/10 La scrittura infilzata è principio costruttivo del don Chisciotte. Anche il Gargantua è organizzato in maniera lineare, ma segue la vita del protagonista fino al superamento dell’ultima prova, mentre nel Chisciotte questo non avviene (non si parte dalla sua nascita) la selezione è più arbitraria, così come sono arbitrari gli inserti che vengono infilzati. Vi sono inserti che sono novelle, collegate tematicamente alla storia, vi sono esempi di pastorale, di cavalleresco, di dialogo rinascimentale. Tutto questo fa del Chisciotte un romanzo parodico, ma anche un panorama dei generi discorsivi e letterari del tempo. Tutti questi generi discorsivi sono regolati da convenzioni autonome, quando Chisciotte entra in questi spazi, si conforma ad essi anche dal punto di vista linguistico. Lo si vede quando vuole imitare (amadigi di gaula), decide consapevolmente di impazzire, assumendo le convenzioni del furioso, entrando nelle convenzioni del romanzo cavalleresco- rinascimentale. In alcuni passi imita il dialogo rinascimentale utilizzando un linguaggio tecnico. Ogni inserto è regolato da proprie regole ed è autonomo. Il genere discorsivo in cui si situa il Chisciotte è quello cavalleresco, il protagonista vuole far rivivere la cavalleria e i suoi valori. Si chiede se i valori della cavalleria possano esistere nella realtà, si crea uno scontro tra reale e irreale. Una verità assoluta a cui il mondo dovrebbe attenersi, che in questo caso è quasi platonica. In realtà questo piano di cambiamento che muove Don Chisciotte non è condiviso e non è oggettivo, quindi non è propriamente platonico. Sancho è portatore di buon senso, di un sapere concreto, ma non sempre è coerente, spesso è lui stesso ad ingannarsi, e l’inganno supremo è quello iniziale, in quanto lui davvero crede che Chisciotte gli regalerà un’isola. Questo apparente conflitto, queste due apparenti linee di concretezza/idealismo non sono nettamente distinte, anzi tendono a sbiadire, e i due progressivamente si scambieranno dei tratti. La follia di Chisciotte è contagiosa. Anche il canonico di Toledo a un certo punto è convinto di ciò che dice Chisciotte. La prospettiva intellettuale del libro è molto prossima a quella che governava il Gargantua, ovvero con un elogio erasmiano della follia, che può portare a una comprensione superiore degli eventi. Ovviamente rimane la forte componente parodica, che era ancora più evidente anni fa. Alla fine della seconda parte il Cide poggia la penna e dice “solo grazie a me nacque don Chisciotte, ed io nacqui per lui”. La penna è metonimicamente l’autore stesso. Da un lato si denuncia l’inautenticità di Chisciotte, dall’altra quella dell’autore stesso: o sono entrambi reali o non lo è nessuno dei due. Il conflitto tra reale e irreale non è un conflitto tra assoluto e contingente, ma tra la visione di Chisciotte e la realtà, con quest’ultima che vincerà sempre: quasi mai la visione di Chisciotte avrà riscontro in essa. L’ideale cavalleresco non vive più nello spazio incantato e lontano, ma entra nel nostro. Per Chisciotte quel genere cavalleresco diventa uno spazio ibrido che non è né vero né falso, ma è soggettivo. Cervantes sta quindi sperimentando quello che noi chiamiamo fiction: ciò è testimoniato dai personaggi che discutono di come dovrebbe essere realizzata una bella storia, secondo i principi aristotelici. “Un marito non farebbe mai una cosa del genere”. Non rispetta il canone aristotelico di verosimiglianza, ne la morale del tempo; quindi, non è poesia in senso proprio. Chisciotte scriverà un romanzo di stampo greco, il Persiles, che rispetta al millimetro i canoni di poetica del tempo. Questo è un indizio che Cervantes non è uno sprovveduto, ma conosce bene la poetica. Sancho ride della paura di Chisciotte, facendo il verso ai suoi discorsi precedenti sull’età dell’oro. Ennesimo rovesciamento. A quel punto Chisciotte lo aggredisce, ma successivamente fanno pace. Chisciotte concorda che la loro avventura sia comica, ma non è da raccontare, in quanto non tutti gli autori sono capaci di misurare bene i registri. Abbiamo un’oscillazione tra il racconto che segue i canoni e un racconto diverso, una spia del fatto che Cervantes sa di stare facendo qualcosa diverso, senza tuttavia sapere bene come teorizzarla. Il 1550 è una soglia simbolica, in cui prendono forma novel e romance. I termini novel e nouvelle derivano dall’italiano novella. I casi più fortunati furono quelli di Bandello e l’eptameron di Margherita di Navarra. La novella migra in Spagna, dove viene rielaborata da Cervantes: la allunga, fa saltare la cornice, crea unità tematica, inserisce espedienti narrativi come ritardamento, agnizione (tipici del romanzo greco), la novella diventa un testo ricco di significati morali. Questa novella ottiene grande fortuna, si diffonde in Spagna e da lì viene esportata in Francia. La nouvelle ha forma lunga, personaggi nobili, tematica sentimentale. Oltre alla novella altre forme entrano all’interno di quest’area. La prima è la narrativa popolare, che ha punti in comune con la novella. Gli intrecci di Balzac devono molto alla narrativa popolare, che si diffonde dopo l’invenzione della stampa. Il dime novel è un romanzo da pochi euro. Pulp indica la polpa della cellulosa, una carta che costa poco, di bassa qualità. Negli anni 20/40 si diffondono una serie di pubblicazioni chiamate pulp, narrativa popolare. Il noir è un genere che deve molto alla letteratura pulp, grazie alla mediazione dell’hard-boiled. Anche la fantascienza fino agli anni 50 è para-letteratura, quindi non rispetta i canoni della letteratura vera e propria, non è percepita socialmente come un prodotto con adeguato livello estetico-letterario. La letteratura popolare è di solito stampata su fogli volanti, e la lunghezza di solito è analoga alle novelle, che vengono puntualmente riprese dal genere. Di solito la letteratura popolare tratta di storie incredibili, tragiche o comiche, intense. Storie di scandali, di complottismo, di luoghi meravigliosi e di mostri. Abbiamo poi tutta l’area spirituale religiosa, edificante. Manuali religiosi, catechismi, exempla (di cui si preserva soprattutto la narratio piuttosto che il sensus). Abbiamo anche biografie di criminali, come quella di Gines de Pasamonte all’interno del Gon Chisciotte. La letteratura popolare anticipa in qualche modo il giornalismo. Al centro della letteratura popolare è la singolarità individuale, narrata di solito con toni esagerati per emozionare il lettore. L’autobiografia è un racconto retrospettivo dell’individuo che si racconta con fini morali. In ambito protestante si sviluppa qualcosa di simile. La confessione per i protestanti è volontaria, abbiamo quindi una sorta di diario intimo con uno sfondo religioso-morale. Le biografie morali si diffondono in Francia all’inizio del 600, racconti brevi di persone famose e illustri con scopo edificante; quindi, si parla di persone molto buone o molto cattive. Abbiamo poi le storie di individui che non hanno come movente l’atto moralizzante, sono fuori dall’area religiosa. In questo ambito troviamo le lettere. Le lettere ai persiani di Montesquieu, opera fondata sullo straniamento. Il narratore narra l’incontro con una civiltà che lui considera radicalmente diversa da sé, interpretandola secondo le sue categorie, come un esploratore. Nelle lettere di Montesquieu la civiltà straniera è la nostra, ciò porta ad uno sguardo eccentrico verso noi stessi, mettendo in evidenza l’elefante nella stanza, appunto uno straniamento. Evidenziare una verità sottostante che è nascosta a chi è interno ai meccanismi. 17/11 I formalisti russi propongono un forte ritorno al testo, a una lettura ravvicinata del testo, sono simil ai new criticist americani. Uno dei problemi con cui si confrontano è proprio quello della forma letteraria. Viktor Sklovskij con lo straniamento vuole proporci che la letteratura tende a trasformarsi, i segni col tempo cambiano, si sclerotizzano. Un esempio di ciò è dato dalla frase fatta: non conosciamo più la sua origine, sappiamo solo il significato metaforico che ha assunto. Qualcosa di simile accade in campo letterario, quelle che in origine erano rappresentazioni adeguate allo stato di cose che si vuole rappresentare, col tempo diventano frasi fatte, stereotipi che nascondono la realtà. Quando ciò avviene viene meno la capacità dell’opera d’arte di rivelare il vero su noi stessi o sulla realtà. Sklovskij con lo fa il procedimento opposto, prendendo lo stereotipo e osservandolo da un punto di vista diverso, facendoci vedere ciò che è finito per nascondersi. Esempio “perché vi togliete il cappello per salutarvi?” I moralisti francesi sono un gruppo eterogeneo. Sono raggruppati sotto questa etichetta perché si interessano dei caratteri, ovvero gli aspetti soggettivi e la loro influenza nel modo in cui il soggetto si interfaccia con gli altri. I loro discorsi sono caratterizzati dalla frammentarietà, si allontanano dai canoni accademici, ad esempio Montaigne. Larochefocauld è famoso per le sue massime, spesso però scollegate le une con le altre. La Bruyere mostra come avviene un’evoluzione nel concetto stesso di carattere, in quanto all’interno delle disposizioni generali vi sono spinte che vanno in dimensioni diverse, sono i primi vagiti della psicoanalisi. Anche se etichettati come moralisti, questi intellettuali non hanno mai un andamento dimostrativo, non hanno funzione prescrittiva, voglio solo parlare di come la gente si comporta, sono espressione della varietà dell’esistenza, con quell’anarchia di fondo che è alla base del Novel. Le memorie nascono nella seconda metà del XVII secolo. È un genere simile all’autobiografia ma se ne distacca. L’autobiografia in senso proprio ha un carattere se non religioso almeno morale (questo da Agostino in giù) essa narra conquiste interiori di una determinata vita, a partire dalla nascita. Le memorie invece si concentrano su un periodo preciso, non sull’intera vita, che magari ha peso dal punto di vista storiografico, fenomeni storici e pubblici di cui il protagonista è stato testimone. Il concetto inglese di memoir rappresenta un aspetto specifico di una vita di una persona. La memoria si focalizza di più sull’azione che sulla vita interiore. Ovviamente parliamo di contesti nobili. Questo concentrarsi su vicende importanti fa si che queste opere si possano assimilare a quelle d’avventura, con molti colpi di scena. C’è un aspetto di costume nelle memorie, le memorie trattano gli stessi eventi delle storiografie ma da una prospettiva diversa, attraverso i retroscena che lo storico ignora o di cui non è interessato. Col tempo le memorie diventeranno infatti una fonte documentaria importante per gli storici. Tutti questi generi non sono uguali, ma confluiranno tutti nel novel. Tutte queste opere hanno qualcosa in comune, ovvero non hanno dei precedenti stabiliti nelle letterature antiche o medievali. Non sono assorbite né dall’epica né dalla storiografia regolare, sono tutte figli di nessuno. Tutte queste forme vivono come in una nebulosa dalla quale poi nasce il novel. La principessa di Cleves è legata sia al memoir, sia alle biografie morali. Nel 1670 novel e romance sono chiaramente distinti, tra le due aree la distinzione si fa sempre più netta. Nel 1670 escono una serie di testi, come il discorso sull’origine dei romanzi di Huet. Il romance è una forma strettamente legata al verosimile aristotelico, che racconta storie esemplari di nobili, ricche di avventure e colpo di scena, ambientati in un contesto esotico. La nouvelle tende a raccontare storie ambientate in tempi e spazi più vicini al pubblico, l’intreccio tende ad essere lineare, senza entrelacement, senza una rete di sottotrame. Essi raccontano azioni private delle persone. Da una parte c’è un riferimento alla realtà storica, dall’altra parte c’è un mancato riconoscimento della realtà storica. Alla fine del 700 è in novel a dominare, mentre il romance è più accantonato. La distinzione tra novel e romance dilata in senso metaforico quella tra storia e poesia. Aristotele distingueva un problema fattuale da uno ipotetico. La storia racconta ciò che succede, la poesia ciò che sarebbe potuto succedere, quindi con verosimiglianza (l’impossibile verosimile). Tra il 5 e il 700 questa distinzione diventa metaforica, la poesia si conforma al verosimile. La storia non si conforma a quelle norme ma tenta di descrivere uno spazio dominato dalla contingenza e prossimo al nostro. Distinzione che ricalca quella tra novel e romance. Questa bipartizione (novel e romance) si basa su due aspetti. Il primo è quello della divisione degli stili, che è importante perché le differenze tra generi e stili sono accorpate, a uno stile alto corrisponde un certo genere, e a ogni genere corrispondono determinati contenuti. Il romanzo tardo medievale porta le vicende dell’epos su una dimensione privata, così come romance parlano della dimensione amorosa, rigorosamente privata. I personaggi del ciclo arturiano agiscono per il personale obbiettivo, che poi può anche avere una ricaduta pubblica, ma in generale si muovono nella sfera del privato, non nella dimensione pubblica come gli eroi dell’epos. Quindi quella rigida divisione degli stili comincia a vacillare, ritornando in auge nella seconda metà del 500, con la traduzione della poetica di Aristotele, che conduce alla fusione con la retorica ciceroniano-oraziana. Il decorum (o topterom) è lo stile appropriato al personaggio in relazione all’estrazione sociale, al sesso o all’età. Questa idea viene ripresa da Orazio che parla di questa idea come di convenientia. Il nobile, ad esempio, è adatto ad essere trattato in maniera nobile e ad un genere alto. Le critiche rivolte alla principessa di Cleves, infatti, sono sul fatto che certi suoi atteggiamenti non sono conformi alla convenienza, che in Francia era chiamata bienseances. Bienseances ha una sfumatura ulteriore, è innanzitutto il modo in cui ci comporta, è un concetto sociale prima di essere artistico letterario, è ciò che si può fare in pubblico. Bienseances si traduce spesso in quel periodo con” verosimiglianza”. La poesia tratta di ciò che potrebbe accadere secondo verosimiglianza e necessità. La poesia è più filosofica e importante della storia, secondo Aristotele. Il sospetto morale nei confronti delle forme narrative è dovuto al fatto che siamo nel periodo tra riforma e controriforma, quindi i testi vengono controllati. Ma un'altra motivazione ci rimanda alla differenza tra la forma della mimesis e forma del concetto platonica. È il concetto che fa riferimento alla realtà, non la mimesis. Ciò che è e non appare è un segreto. Veridizione è una griglia per interpretare i diversi enunciati in relazione al loro livello di verità, in base a cosa l’enunciato e l’enunciante sanno sullo stato di cose. Le parole nella principessa di Cleves generalmente ingannano, con un’opposizione tra ciò che si dice e ciò che si è. Le menzogne vengono spesso smascherate dai gesti. La verità si nasconde sotto le apparenze. Il gesto rispetta apparentemente le regole della bienseances, ma deve essere interpretato. Il Principe di Cleves muore perché interpreta in maniera sbagliata dei fatti, scambiando un’apparenza per verità. Da questo punto di vista il romanzo si basa sulle diverse interpretazioni dei singoli. L’unica cosa che impedisce alla menzogna di nascondersi sono i gesti e il corpo. In punto di morte la mamma non usa più trucchetti, non cerca più di convincere la figlia che il duca di Nemours non è un buon partito, ma dice la verità. Lo stesso vale per i discorsi di Cleves prima al marito e poi a Nemours, alla fine. Dovere e reputazione possono formare un insieme. 19/10 Pag 42 Figure retoriche che dicono sempre il contrario di ciò che si sta affermando caratterizzano il discorso pubblico della corte. La delfina non è nemmeno sicura perché abbiamo verbi di cadenza (parso, sembrato). Le persone che si muovono all’intero della corte quindi non sanno granché, si muovono a tentoni spesso sulla base di intuizioni sbagliate, è un mondo di soli segreti e menzogne. I personaggi cercano di mutare questi segreti e menzogne in verità o falsità attraverso i loro giudizi. All’interno della corte è tutto regolato da rapporti di forza che agiscono sul livello del comportamento. La regina sa di avere un potere sulle azioni delle persone, che diventa un potere sul grado di conoscenza (anche se poi non succede). L’incontro tra i due arriva con un sotterfugio. La reazione della principessa alla vista di Nemours è di rabbia, perché l’incontro la mette in una situazione difficile. Il problema è ancora l’apparenza, ciò che la gente potrebbe pensare, è un problema delle aspettative sociali della corte nei confronti di una neo-vedova. C’è una sorta di scissione tra il reale e i membri della corte, quelli della corte non riescono a riconoscerlo “anche se ti dicessi che l’ho visto non mi crederesti”. Problema di ciò che appare e di ciò che è. Pag 160 L’essenza è circondata di apparenze e Cleves si sta facendo strada tra di esse per capire la realtà e capire sé stessa. Cleves ammette i sentimenti per il duca, ma lo fa in modo indiretto. Lei non può unirisi a Nemours perché lui è la causa della morte del marito. È la prima vota che l’essenza delle cose determina in maniera univoca ciò che avviene nel romanzo. La bienseances non ammette questa unione, Nemours avvia la catena di eventi che porta alla morte del principe, questa catena per la principessa non esiste, ciò che conta è che lui comunque ha causato la morte del marito. La seconda ragione per cui non può avvenire l’unione è una constatazione generale, lei dice di sapere che appena si sposeranno lui correrà verso qualche altra ragazza, pag 162. Pag 164. Memoria, dovere interiore. Nemours non è condannabile, l’unica cosa che lo può condannare è l’interiorità, la coscienza, in questo caso la coscienza di Cleves. La concezione di ostacolo tra i due è molto diversa. Gli ostacoli di Cleves sono interiori, mentre Nemours pensa solo ai problemi di tipo sociale. La colpa è un sentimento interiore, la vergogna è un fenomeno sociale. Nell’ambiente di corte non esiste la colpa, ma solo la vergogna, per questo si mente. Cleves progressivamente si preoccupa della sua colpa. Nel corso di questa storia vediamo un conflitto tra l’io e il sé stesso all’interno della principessa “la principessa si stava ingannando”, i sentimenti che prova sono contraddittori. C’è una continua attenzione verso questo conflitto interiore e sull’evitare di farlo uscire esteriormente, e Cleves arriva a dissimulare questi sentimenti anche nei confronti di sé stessa. Questo continuo dibattito interno della principessa era stato notato all’uscita da rincour, che disse che il suo conflitto è presente in ogni persona, ma nessuno sapeva raccontarlo come La fayette. Cleves è l’unica così complessa, generalmente gli altri sono più semplici, anche Nemours stesso. La principessa parla con figure di reticenza, di attenuazione, mentre Nemours esclama, declama. Spesso è il narratore stesso che attenua la portata di ciò che Cleves dice, come ad avvisare che ciò he pensa può non corrisponde alla realtà. Questo mette ancora più in evidenza la determinatezza con cui rifiuta la liason con Nemours. L’idea che il carattere sia qualcosa di frammentario e molteplice si sviluppa esattamente in questo periodo storico con i moralisti. Secondo il concetto di charatcter l’individuo ha un singolo modo di esistere che rimane per sempre, questa idea nasce da teofrasto, che scrive 31 caratteri, ovvero dei tipi umani. La sua idea si chiama fissista, perché fissa la situazione umana e la stabilizza. Carattere deriva da una parola greca che vuol dire imprimere, per gli antichi è quindi uno stampo che da forma all’individuo. Il carattere non solo determina lezioni ma anche le parole, attraverso i quali il carattere si manifesta. Progressivamente nell’età moderna (dall’inizio del 600) questo concetto comincia a mutare, lo si può vedere nei saggi di Montaigne. Nel momento in cui il dentro è fragile ciò che viene fuori è più complicato. Nel raccontare i moti interiori di Cleves queste due idee si intersecano. I caratteri diventano infinti, perché l’io è sottoposto a spinte contraddittorie. L’io da forma al romanzo, perché si basa sul fatto che Cleves non rivela a sé stessa i suoi sentimenti. Inoltre, esso si basa anche sul contrasto tra ciò che Cleves fa e ciò che fanno gli altri. Il rapporto tra essere e apparire diventa centrale anche per esprimere questa continua frizione tra ciò che viene estroflesso e ciò che si prova. I gesti segnalano che quella diretta rispondenza tra ciò che uno è e uno fa viene meno, perché tutti adottano la menzogna. La fayette spesso mette in discussione ciò che Cleves dice, oppure oscura ciò che dice attraverso forme di reticenza indica una maggiore complessità, con una maggiore attenzione all’interiorità affine alla visione dei moralisti. Lo sviluppo della storia si basa si su alcuni fatti esteriori, ma le svolte principali sono interiori ai protagonisti, non ci sono avventure. Il soggetto della storia non è agente, come il don Chisciotte, si muove in uno spazio emozionale. Tutti i personaggi a parte nemours ecleves sono realmente esistiti, e il romanzo è costellato da eventi storici che influenzano la vita di corte. La storia è inventata ma radicata in un ambiente reale. La fayette descrive con estremo dettaglio la vita di corte. Questa descrizione della corte non è sempre così precisa storicamente. La corte ha un significato metaforico morale, esprime il conflitto tra l’essere e a pparire. Rispetto alle nouvelle tradizionali, questo si sita al livello massimo della nobiltà. La corte funziona come il romance, si basa sugli stessi principe della poesia aristotelica. Questi principi vengono criticati da la Fayette, come luogo della menzogna. Questa natura contraddittoria dell’interiorità potrebbe essere un riflesso della contraddittorietà della fiction. Abbimo uno sfondo storiografico, un secondo sfondo poetico, quello aristotelico della corte, e poi abbiamo la protagonissta che non appartiene a nessuno dei due mondi ne della storiografia ne del romance, si trova in uno spazio di ambiguità, già vista in rabelais e cervantes, che è quello dell’inteirorità.Ambiguo è il suo rapporto con Nemours, riflesso di un interiorità non fissista ma frammentata e sempre pronta a mutare. Questa frammentarietà rimanda ai moralisti. Per questo dice che la contessa di Cleves è il primo romanzo psicologico, è il primo caso che così tanta evidenza compare al centro della storia un’interiorità. 24/10/2022 Nel finale nemours sostanzialmente declama, esclama, quanfdo parla la principessa rurro è retto da verbi modali, quindi il narratore ci fa capire che non è sicura di ciò che dice. Le motivazioni che spingono la principessa a negare l’amore sono il senso di colpa e l’idea secondo cui nemours la tradirà, e lei non potrebbe sopportarlo. Il ragionamento è circolare. C’è una costabte preconizzazione ad eventi futri,un senso di predestinazione. Anche l’autore si sofferma su dettagli che rvelano quello che sarà il futuro dei protagonisti, portando il tutto quais su un piano ideale. Questi elemnti rimandano al romanzo eroico, un tipo di romance. La corte è uno spazio storico ma anche del romance. La struttura della principessa diuna serie di ritardamenti dello scioglimento che sono entrelacement, una serie di sorie intercalari, di digressioni che interrompono la trama princeipale. Queste digressioni non tendonoa un fine di qulche tipo, e non sono del tutto slegate, ma hanno una forte continuità tematica (segreto, tradimento, menzogna, amore) ma comunque non determinano l’avanzament dela storia. Sono le interpretazioni piuttosto che fanno avanzare la storia, come quella del biglietto. Inoltre non c’è il lietofine, quella giustizia poetica che ci si aspetterbbe. Il dialogo finale è una forma di agnizione, la verità trionfa, ognuno si rivela. Questa verità dovrebbe portare, visto le aspetttative che si creano durante il romanzo, a un lieto fine, ma non c’è nessun coronamento. Abbiamo un opposizione quindi al romance e alla poesia come la intendono gli aristotelici. La storiografia da forma a questo modo di raccontare storie, allontanadolo dal modo della poesia e dandogli una forma relativamente riconoscibile, inquadrando attraverso le precomprensioni de lerale che questo genere porta con sé, portando l’attenzione agli aspetti concereti, la discrasia tra colui che racconta e ciò che è successo. Il mondo della storiografia è il nostro mondo. Raramente fino almeno afielding è consapevole di ciò che sta facendo, e nache lo stesso fielding fa delle attribuzini che oggi suonano ridicole. Mancano dei genri discorsivi ancora ffinchè il romanzo diventi ciò che conosciamo oggi. ROBINSON CRUSOE Defoe nasce nel 1660, fgilo di un mercante che lo voleva sacerdote. A vent’anni comincia una serie di commerci, come tessuti, tipografie. Si sposa e ha nove figli. Politicamente è schierato tra i progressisti. Riesce a riprendersi dalla bancarotta. Comincia a scrivere pamphlet, è una sorta di giornalista. Durante la tempesta il suono del vento ricorda a Robinson l’ululato dei lupi, è una prolessi di ciò che accadrà nella terza parte, l’incontro e la lotta con i lupi. È un esempio delle tante corrispondenze interne all’opera, che danno questo senso di provvidenza. La struttura narrativa è estremamente lineare, le prolessi non servono per movimentare il racconto. Già in questa prima sequenza tutto richiama ciò che succederà dopo, il ritorno sui moniti paterni ci fa entrare in una dinamica predestinatoria, questa continua allusione al pericolo ci dà il senso di una catastrofe imminente, anche se Robinson si salverà sempre e alla fine raggiungerà pienamente quella middle station of life. Le premonizioni non sono mai troppo esplicite per mantenere la suspence, influenza della letteratura popolare. A differenza di Edipo, non sappiamo chi sia Robinson. La categoria dell’interessante nasce in questo periodo secondo Mazzoni, Robinson rientra in questa categoria. Pag. 90, le notazioni sono iper-precise, il tempo è essenziale. La religiosità è estremamente connessa alla sfera economica, lo si vede dai termini debitore e creditore. Robinson vedendo crescere dell’orzo lo indica come un miracolo divino; tuttavia, si ricorda poi che in quel punto aveva scrollato un sacchetto con dei semi, di conseguenza la sua gratitudine verso dio diminuisce. La religiosità del Robinson narratore è sempre incerta, a parole abbiamo uno spirito provvidenziale, ma essa è un po' inficiata non solo dall’avanti e indietro del personaggio, che si rivolge a dio nei momenti difficili, ma la tensione religiosa viene meno nei momenti di calma. La salvezza interiore sembra passare sempre per aspetti materiali, lo stesso autore tende a mettere informazioni materiali in primo piano rispetto a quelle religiose. Abbiamo quindi un contrasto tra sacro e profano, con una secolarizzazione della salvezza, il favore di dio si esplica attraverso il risultato delle mie azioni. Il diario da origine alle biografie spirituali protestanti, non è strano che ci sia un diario all’interno del romanzo, che tuttavia qui si concentra solo sugli aspetti pratici. Esperienza e osservazione con cui Robinson si approccia all’isola sono le basi del pensiero empirista. Nel viene fondata la Royal society, che nasce per coordinare gli sforzi dei primi scienziati in senso moderno, in questo modo nasce la prima pubblicazione scientifica vera e propria. I tratti di questa scrittura scientifica sono la semplicità, lo stile chiaro, la descrizione si limita ai fatti senza eccessi retorici. Questo stile registra in primo luogo le opere della natura e dell’ingegno. L’abbellimento stilistico va evitato perché stimola i sentimenti dell’uomo e offusca la verità. Questo movimento osservazionale è simile a quello del puritanesimo, infatti molti scienziati delle origini avessero una doppia natura: scientifica e mistica. Robinson nella coltivazione sperimenta, a seconda del risultato capisce se ha fatto bene o male (trial and error) che è metà del metodo scientifico. Fa delle ipotesi e il trial and error serve per verifcarla, questo è il metodo scientifico, ed è ricorrente in tutto il romanzo. Pag 126 il tempo della natura (ciclo pioggia/sole) viene ricondotto alla dimensione civilizzata, e questo accade in continuazione nel corso del romanzo, come quando chiama la sua seconda capanna la sua villa di campagna. Ciò che fa robinson è ricondurre le sue esperienze ad una dimensione di valore (in termini di tempo) ad “questo palo mi costerà due giorni). Abbiamo un intreccio tra discorso economico religioso e scientifico. 28/10 Robinson rifiuta la natura e cerca di trasformarla nella propria cultura, questo emerge con ancora più forza nella seconda parte della macro-sequenza sull’isola, quando dopo 15 anni incontra qualcuno, venerdì. Pag 103 Abbiamo la pulsione ad andare via che lo caratterizza fin dall’inizio del testo, l’uso del presente avvicina il suo piano narrativo a quello della narrazione, il narratore si limita a dare parola al narrato. La sua capacità di leggere in ottica provvidenziale ciò che gli capita qui viene meno, di fronte allo scoramento. A differenza di altri casi in cui lo scoramento lo avvicinava alla fede. Il sogno avviene un anno e mezzo prima dell’incontro, e lui lo considera come una predizione. Le canoe sono 5 invece delle 2 che aveva sognato. I selvaggi sono più di quelli che aveva immaginato, di conseguenza non sa come agire. Il selvaggio corre come nel sogno, dritto verso di lui Pag 206. I singoli momenti si accavallano, così come le subordinate e le coordinate, dando un senso di concitazione e velocità. I brani dove si descrivono le attività giornaliere di Robinson rallentano le azioni, mostrando come queste attività richiedano un lungo tempo. Abbiamo un’opposizione tra la narrazione del novel, che si concentra sull’attività ripetitiva e prolungata (tipica della middle station) e l’azione concitata che rimanda al romance, che era innanzitutto un racconto di vite straordinarie. Vediamo quindi come il romance viene attirato nella sfera del novel, i due mondi si avvicinano. Il tempo lento del novel serve inoltre a quantificare e dare un valore alla produzione di Robinson, sottolineando il valore del tempo. Il selvaggio si avvicina inginocchiandosi, bacia la terra e si mette il piede di robinson sulla testa, pronunciando quindi un giuramento: il sogno si avvera. La predizione è tipica della narrativa puritana, ma il sogno richiama un altro genere in cui la predestinazione è dominante, ovvero il romanzo greco, in cui gli amanti sono destinati a incontrarsi. Qui abbiamo uno scarto tra il sogno e quello che avviene, c’è uno scarto che è segno di maggiore verosimiglianza. L’universalità dei gesti, Robinson interpreta il gesto di una cultura che non conosce attraverso le proprie coordinate, per quanto ne sappiamo quello di venerdì poteva essere un semplice saluto. Ma per Robinson il selvaggio è natura, un qualcosa da dominare, quindi diventa subito il “suo” selvaggio. Lo porta nella sua caverna, un luogo meno confortevole del suo castello, luogo del padrone bianco. Il selvaggio viene descritto come un qualcosa più vicina a noi, ha dei tratti europei, come il naso sottile, i capelli lisci, e un colore olivastro, non scuro. È quindi facilmente assimilabile. Trittico servitù, obbedienza e vedi slide? È il selvaggio che chiede a Robinson di diventare suo servo, ma questo è il racconto coloniale. Il discorso colonialista anglosassone è paternalista, i coloni pensano di sapere cosa è meglio per i selvaggi. Robinson cerca di civilizzarlo a modo suo, come con tutto il resto dell’isola. Ovviamente non si può pretendere da un individuo del 700 la sensibilità etico-morale attuale. Uno de generi discorsivi che attraversano l’opera è il resoconto di viaggio, che prevede avventure e descrizione. Un altro è l’autobiografia spirituale, che si vede nell’importanza data al divino, che da un senso ulteriore al quotidiano. L’interpretazione dei segni in maniera assoluta è l’allegoria, che è al centro della letteratura provvidenziale. Noi dobbiamo interpretare l’interpretazione divina di Robinson e dargli un significato, in questo caso c’è una discrasia tra il reale e il divino, che è evidente nella differenza tra il sogno premonitore e la realtà. L’ammaestramento che il brano promette in realtà non colpisce nemmeno il protagonista stesso, che sembra ricercare la fede solo nei momenti più duri. Abbiamo poi il discorso scientifico, quando coltiva e costruisce. Abbiamo il discorso commerciale, in quanto lui è un commerciante, e trasla il piano etico-morale sul piano economico, facendo la partita doppia. Tutti l’attenzione sull’aspetto concreti rientra nelle retoriche empiriche. Robinson conta le piante, i selvaggi, descrive le varietà, in alcuni casi in maniera precisa in altri più sfumata. Tutto questo è una strategia involontariamente descritta in un romanzo chiamato Jack Frusciante, dove si spiega come il dettaglio contribuisce molto al realismo della finzione. Molte persone crederanno vera questa storia, altri accuseranno Defoe di avere mentito. Negli anni 20 del 700 lo spazio della fiction non era ancora bene delineato nelle aspettative del pubblico, da qui queste reazioni divergenti. Molte descrizioni sono effettivamente sbagliate, spesso Defoe descrive la campagna inglese più che un’isola. La prosa di Defoe è una prosa paratattica nelle scene di coltivazione e sopravvivenza (ispirata dalla Royal society), mentre nella parte avventurosa l’ipotassi aumenta. È un’idea di realismo molto diversa da quella attuale, dove si tende ad utilizzare la paratassi per descrivere la concitazione e l’azione in generale. Questi dettagli cominciano a delineare questo spazio che nel’800 si chiamerà realismo. Il diario viene scritto poco dopo gli avvenimenti, questa immediatezza avvicina il tempo del racconto. Robinson è racconto retrospettivo, tipicamente autobiografico, tuttavia negli inserti diaristici a parlare è il Robinson personaggio. Gli inserti diaristici sono delle testimonianze, fanno parte della categoria dei documenti. Il diario da una parte è intrinsecamente un racconto in presa diretta, senza alcuna mediazione, che ci rimanda a un’idea di spontaneità. Con Defoe abbiamo visto come la forma romanzo è ancora mutata, s la storiografia ci dava una prima forma a quel modo di raccontare, che oggi chiamiamo fiction. La forma diventa più precisa, e il genere si instrada verso determinate strade narrative. In Cleves abbiamo una focalizzazione verso l’interiorità, la dimensione francese del romanzo è molto più attenta all’interiorità rispetto a quella inglese. Ne La Fayette il prospettivismo è dato dallo scontro tra l’essere e apparire, in Cervantes il punto di vista è sempre messo in discussione. In Defoe l’idiosincrasia risiede nella voce narrante, che compie sempre gli stessi errori, che professa una sicurezza nella fede che poi non si manifesta realmente. L’oscillazione presente nella prefazione (non so se è vera) si riflette poi nella ricezione del pubblico, che è diviso. La consapevolezza che esista uno spazio a cavallo tra storia e poesia, che va interpretata in un modo sui, diverso dalla poesia, si sviluppa nella seconda metà del 700. Un passaggio importante è Fielding, che con il tom jones e il jospeh andrews. Fielding insiste su deu punti. Uno è che dice di aver creato una nuova provincia letteraria, un bugia che serve forse solo per auto-leggittimarsi davanti al pubblico. La forma di cui parla è il nvoel. In un altro passaggio (stavolta del j. Andrews) parla della propria opera come di un poema epico comico in prosa. del poema epico comico parla aristotele nella poetica, di cui però non abbiamo esempi. Fielding per la prima volta si inserisce in una tradizione classica. Questo procedimento ha uno scopo legittimante. Questo ci dice inoltre l’ideaclassicista di poesia è venuta meno, la poesia non racconta più ciò che dovrebbe essere, ma il mondo com’è. Il Romanzo diventa parte del sistema letterario.
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