Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Totalitarismo: Nazismo, Fascismo e Comunismo - Cornice del 900, Appunti di Sociologia

Una panoramica storica e teorica sul totalitarismo, esplorando il nazionalsocialismo, il fascismo e il comunismo sovietico. dei regimi totalitari come forme estreme della modernità, caratterizzate da un partito unico di massa, il controllo monopolistico dei mezzi di comunicazione, il regime poliziesco e l'ideologia ufficiale custodita dal capo carismatico. Vengono anche analizzate le differenze tra il totalitarismo perfetto e imperfetto.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 08/11/2022

Lss16
Lss16 🇮🇹

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Totalitarismo: Nazismo, Fascismo e Comunismo - Cornice del 900 e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! Cornice del 900 I REGIMI TOTALITARI: nazismo, fascismo e comunismo 19 settembre del 2019 il parlamento europeo ha votato una risoluzione (atto di indirizzo importante) con cui ha condannato tutte le forme di totalitarismo e ha equiparato a livello istituzionale nazismo e comunismo, questo ha fatto un po’ discutere, il comunismo sovietico ha contribuito a liberare l’Europa dal nazifascismo e quindi potrebbe sembrare in contraddizione con la risoluzione. Questa equiparazione è stata molto caldeggiata dai paesi dell’Europa dell’est che hanno preteso che in questo documento si riconoscesse il valore di una memoria europea che possa essere condivisa e che possa respingere i crimini contro l’umanità da qualsiasi colore politico siano venuti, quindi mira a riconoscere il valore supremo della libertà dell’uomo. Totalitarismo comprende nazismo e fascismo ma anche comunismo sovietico e le forme che il comunismo ha esportato militarmente per inaugurare regimi dittatoriali nell’Europa dell’est. Riguardo il regime sovietico c’è da dire che non hanno aperto ancora gli archivi di stato senza cui non si può scrivere la storia, l’Ue ha chiesto al governo russo di aprire gli archivi, le fonti per la narrazione storica sono vietate A livello di storia del pensiero politica è una cosa vecchia, il parlamento non ha fatto altro che prendere atto di una verità storica che è già stata confermata. Questa verità storica è venuta da una serie di studi che non sono molti (perché si tratta di una sorta di coraggio intellettuale che non tutti anno, c’è anche ci però ha parteggiato per una delle parti in causa, quindi trovare uno studio obiettivo non è stato facile) negli anni 50 e 60, scrivono in Europa ma anche negli USA. A partire dal 1942 c’è Sigmund Newman (scienziato politico, costretto a lasciare la Germania, autore di un’opera importante “la rivoluzione permanente”) che parlava di identificazione tra Hitler e Stalin con riguardo al culto della personalità e all’idea di nazione cui entrambi si legano. Altro autore interessante è brzesinsky, politologo e storico della politologia, autore insieme aa cartfridick di un importante opera “dittatura totalitaria e autocrazia” , è dovuto ricorrere all’esilio. Fece un’operazione ancora più profonda cioè equipara il comunismo europeo al comunismo cinese e quindi rivolge uno studio attento alla differenza tra il regime sovietico originario e quello cinese. È un’opera che si rivolge quasi interamente alla parte del totalitarismo rosso. Secondo lui a caratterizzare indistintamente stalinismo e hitlerismo è una compresenza cioè è la presenza nello stesso momento di alcuni elementi caratterizzanti (questa analisi accomuna lui ad Arendt). Per definire il totalitarismo bisogna che siano compresenti alcuni elementi caratterizzanti. Tra gli altri autori abbiamo Boegelin (?) costretto anche lui all’immigrazione, che scrive un’opera interessante “sulle religioni politiche” in cui dice che il nazismo e il comunismo sono delle religioni secolari fatti di dogmi, sulla base di queste fedi rimangano delle sette, quindi sono dottrine religiose e politiche perché sono tutte e due figlie dello gnosticismo cioè significa guardare al mondo sulla base di una credenza che il mondo si può raddrizzare, modificare la natura umana grazie alla visione profetica di un leader (“il legno storto dell’umanità”). Un altro autore è Popper, Fonaieth (?) la scuola austriaca sono tra i fondatori del libertarismo, in più bisogna ricordare quelli meno teorici come VAsily Grossman che scrisse un romanzo storico in cui scrisse che i bambini internati nei gulag non sono diversi da quelli internati nei lager e non è diversa la loro morte. Questi sono degli autori che hanno avuto il coraggio intellettuale e anche l’acume scientifico di dire le cose con una certa obiettività scientifica. Hanna Arendt segue in diretta il processo di Norimberga dove vengono condannati a morte i gerarchi nazisti. La cronaca che fa di questo processo ha suscitato diverse polemiche. “La banalità del male” è famoso perché descrive Heichmann come un uomo normale che però inserito nel sistema totalitario diventa un criminale altrimenti non si può imputare a lui una cattiveria. Scrive un libro che è “le origine del totalitarismo” in cui riesce a cogliere l’aspetto più negativo del totalitarismo. L’elemento più caratterizzante è questo dell’inglobamento e l’annullamento dell’identità dell’uomo all’interno del sistema totalitario. Perché totalitario? Eppure è un sistema moderno, lo stato totalitario è il frutto della modernità, lo stato totalitario per alcuni è lo stato perfetto (tesi esagerata perché lo stato totalitario rappresenta una parentesi che però ha fatto la storia di un secolo in cui è andato in cortocircuito il problema della rappresentanza politica, cioè la politica è diventata totalizzante, lo stato controlla la vita delle persone in tutti gli ambiti, non c’è più la differenza tra società e stato, è lo stato che ha il potere di dirigere tutta la vita è omnicomprensivo, ricomprende al suo interno tutta la sfera delle esperienze umane, entra nel privato e pretende di gestire la vita sino anche a modificarne la natura). C’è questa pretesa di fare della dimensione politica una dimensione totalizzante della vita umana, e quindi è un cortocircuito della vita normale, la politica ha la funzione di rappresentare i problemi all’interno delle istituzioni e risolverli, però la normale dittatura non entra nella sfera privata delle persone. Quindi c’è una compresenza di elementi che caratterizzano un sistema totalitario: • Partito unico di massa, interclassista che vieta qualsiasi formazione politica di colore diverso il cui leader è sempre carismatico (dote naturale di persuadere gli altri con un certo stile) che è anche nello stesso tempo capo del governo, cioè è il capo supremo della nazione, questo assimila nazismo e comunismo perché nel caso del fascismo il duce condivide la supremazia con il re tanto è vero che si parla del fascismo di totalitarismo imperfetto, c’è anche il papa che è un altro leader politico • Controllo monopolistico dei mezzi di comunicazione di massa che peraltro vengono introdotti dallo stesso totalitarismo (il fascismo con la nascita della radio di stato, in Germania la cosa è ancora più capillare perché vengono anche sperimentate le tecniche di regia, la famosa regista del duce a cui fu affidata l’organizzazione televisiva delle olimpiadi di Berlino del 1936, doveva lanciare il messaggio al mondo della purezza della razza ariana e viene Per quanto riguarda il nazismo, Hitler non scrive ma detta Mein Kampf che ha suscitato un certo interesse tra gli studiosi per la capacità comunicativa di Hitler, questa capacità oratoria è un mistero ancora sotto osservazione dagli studiosi, come questo signore è riuscito dall’essere un uomo comune a convincere un’intera nazione soltanto parlando. La particolarità di questo libro è che è come se fosse stato scritto, uno che lo legge non si accorge che sia dettato. Un altro mistero che avvolge il nazismo è quello dell’origine esoterica del nazismo (“Il fascismo magico”). Già nella prefazione dice che in quest’opera ci sono gli elementi fondamentali della dottrina nazionalsocialista (non un termine a caso, se il fascismo è giunto al governo e solo dopo si è dotato di una dottrina, il nazismo è giunto al governo con già una dottrina) che è socialista perché prevede la ri-pianificazione sociale del paese. Quelli della scuola austriaca tendono ad assimilare nazismo e comunismo per essere entrambi del socialismo di stato, sono dottrine statalisti, sistemi collettivistici. Hitler afferma che da questo libro si può imparare a prendere di più di qualsiasi altro trattato di filosofia politica perché manca la parte relativa alla realizzazione (il che non è vero). Secondo molti autori questa dottrina non è sistematica, ha tante facce, non ha un rigore sistematico. LENIN (?) Una corrente del marxismo che gli studiosi hanno chiamato Attendista di centro, un po’ più pragmatico e meno riformista, ma non ebbe la meglio. Il fatto storico che diede impulso alla dottrina marxista e che fa del marxismo una prassi è la rivoluzione del 1917 che ha avuto successo guidata da un partito socialista e quindi marxista e a partire da posizioni minoritarie (bolscevichi). Per tutta l’Europa e il socialismo internazionale cui Marx si era rivolto la rivoluzione diventa un modello cioè una promessa, il fatto che era stato possibile realizzare in quel paese la rivoluzione che Marx aveva prescritto per cambiare radicalmente il mondo e la società. quello che è successo in Russia diventa un modello realizzabile, il movimento comunista internazionale quindi subito dopo questo evento si stacca e si radica nella tradizione russa, si affida alla guida di Mosca che diventa un emblema della dottrina politica marxiana. Ciò ha delle ripercussioni politiche in tutti i paesi. Diventa un punto di riferimento politico con delle alleanze, connessioni tra Mosca e i vari paesi satelliti e lo stesso partito comunista russo ha investito per realizzare l’Internazionale comunista. La figura più importante è quella di Lenin (soprannome di Vladimir Ulianor (?)), figlio di un funzionario, quindi di una famiglia borghese, che diventa addirittura nobile. Lenin fa studi di legge, è un avvocato che però ha un’ambizione che è quella del rivoluzionario. La prima figura che rappresenta è quella del rivoluzionario di professione, il rivoluzionario non è un auspicio, non è una figura teorica o una metafora, per Lenin è una professione, alla rivoluzione egli dedica l’intera sua esistenza. A partire dai primi anni 90 dell’800 entra in contatto con i circoli marxisti russi, prende parte alla lotta di queste associazioni più o meno clandestine, ma era una lotta che all’epoca riguardava le condizioni economiche dei proletari. La sua attività rivoluzionaria gli procura una serie di problemi: esili, confinamenti, prigionia. Il primo di questo esili è in Siberia, dove trascorre tre anni della sua vita dal 97 al 1900. In questo periodo stende la sua prima opera “Lo sviluppo del capitalismo in Russia” che è un’opera del 1899 rappresenta un primo spaccato della visione politica di Lenin. All’interno cerca di dimostrare che anche i contadini russi gestiscono la terra secondo i mezzi del capitalismo, con lo sfruttamento dei braccianti, anche se c’è una differenziazione per lo sviluppo per gradi del capitalismo è paragonabile ad una sorta di imprenditore agricolo. Quindi la lotta al capitalismo significa fare dell’agricoltori i capitalisti russi. Il marxismo può essere applicabile con un’associazione tra il latifondista tipico tedesco e inglese e quello che è invece il contadino russo. Analizza l’industria pesante russa in cui conferma la tesi marxiana cioè la grande industria trasforma completamente le condizioni di vita del popolo, mercificando, alienando. Da questo esame trae le prime conclusioni, la lotta per il socialismo, per una società senza classi, è possibile attuarla anche in Russia nonostante la particolarità che rappresenta. L’azione che Lenin porta avanti è sempre accompagnata dalla riflessione politica. Il secondo scritto del 1902 è “Che fare?” in cui riprende il discorso già fatto nella prima opera e si sofferma sul ruolo del proletariato russo, bisognava dare un’idea su quello che spettava al proletariato russo. È una riflessione sul ruolo del proletario come rivoluzionario, qui Lenin respinge tutte le tesi che avevano affollato il dibattito marxista cioè quella della spontaneità delle masse. Rifiuta questa tesi e dice che le masse proletarie potessero fare da se stesse la rivoluzione perché l’elemento di consapevolezza manca in quel tipo di massa dei lavoratori russi. I lavoratori al massimo riescono ad organizzarsi in sindacati, ma così facendo finiscono per riparare sotto l’ala protettiva della borghesia, perché l’organizzazione sindacale è controllata dalla borghesia. Questo non era un discorso di tipo moralistico, Lenin dice che questo vuol dire che la lotta contro il capitalismo non va condotta seguendo la strada delle organizzazioni sindacali perché non va condotta per difendere le condizioni lavorative, ma doveva rivestire la lotta un significato più ampio, politico esistenziale, non può essere ridotto al problema del lavoro salariato. Questo tipo di lotta esige richiede un’organizzazione di socialisti convinti, consapevoli di quello che fanno e non di socialisti alienati che conosco solo il rapporto con il datore di lavoro che vogliono fare della rivoluzione la propria professione. Non si può affidare all’autodeterminazione delle masse la lotta, va preparata attraverso un’organizzazione di rivoluzionari di professione (questa cosa del rivoluzionario di professione, del dirigente di partito come rivoluzionario è rimasta anche ora, il dirigente di partito fa solo questo). C’è un’opera del 1917 che anticipa di qualche mese la rivoluzione che s’intitola “L’imperialismo come fase suprema del capitalismo” cioè la capacità del capitalismo di cambiare volto. Anche questa è un’opera che non è teorica, in cu l’autore si impegna non a perfezionare la sua teoria ma è determinare una posizione da assumere in questa fase storica, un atteggiamento di forte attenzione alla prassi rivoluzionaria. Il capitalismo cambia faccia e diventa imperialismo, il mondo intero è ripartito a seconda delle grandi potenze capitalistiche e Lenin dice che l’imperialismo per lui è l’ultimo stadio del capitalismo. Non è solo il fatto che il conflitto tra le classi si stava spostando su scala internazionale perché va di pari passo con l’espansionismo del capitalismo, ma è che i processi rivoluzionari possono mettersi in moto anche a partire da zone periferiche, non solo nei paesi capitalistici ma anche dalle zone più arretrate che subiscono l’imperialismo. La completa ripartizione del mondo non lascia alcun altra possibilità al proletariato internazionale. Il capitalismo alla fine si distruggerà da solo. Dopo questo scritto sull’imperialismo ritorna con le cosiddette “Tesi di aprile” posizioni di radicalismo socialista. Qualche anno dopo lui stesso criticherà queste tesi di aprile. Queste spalancano la strada alla rivoluzione d’ottobre (1917) che si attua senza incontrare grandi resistenze. Le forze rosse occupano il palazzo d’inverno, arrestano i ministri e inaugurano la dittatura del proletariato russo. Secondo l’interpretazione di Lenin il marxismo insegnava che solamente il partito comunista era in grado di istruire le avanguardie del proletariato. Questa enfasi sul partito è di questa fase adesso c’è l’idea di formare il partito come coscienza di classe, il partito è la guida. Durante il suo esilio in Finlandia esce “stato e rivoluzione” (1917) in cui sostiene che finché non si fosse giunti alla società senza classi questo tipo di stato che si inaugura cioè la dittatura del proletariato l’organizzazione dello stato come rivoluzione permanente deve restare invariata, il termine è un obiettivo. Siccome questo dominio dei proletari si è sostituito a quello borghese lo stato non muta fino a quando non verrà distrutta la borghesia (?). a suo avviso immediatamente dopo si sarebbe estinto lo stato della rivoluzione permanente al raggiungimento della società senza classi e darà vita a una vera democrazia in cui ognuno è governato e governante. Quindi Lenin diventa il capo del partito bolscevico, il teorico del partito come coscienza di classe, i capitalisti durante il dominio del proletariato vengono espropriati, i mezzi di produzione vengono socializzati cioè far passare la proprietà privata in pubblica, eliminare quello che Lenin chiama ingiustizia, la disuguaglianza, il leninismo è la prima vera sperimentazione politica di giustizia sociale applicata, di eliminazione delle ingiustizie. L’ingiustizia, fino a quando ci sarà un borghese che sottomette altri uomini, non si potrà dire che è stata eliminata. Lenin parla pure di stato del proletariato armato, ma i mezzi di consumo saranno distribuiti secondo il lavoro compiuto, e poi c’è un’evoluzione verso una distribuzione più equa delle ricchezze e l’obiettivo finale di Lenin consiste nell’abolizione di ogni potere organizzato. L’obiettivo finale è la distruzione del potere e tutto ciò che rappresenta. Secondo Lenin il partito avrebbe educato al rispetto del nuovo tipo di stato. I cittadini devono imparare a convivere con il nuovo ordine e devono abituarsi a rispettare le regole elementari della convivenza tra uomini che non è fatta di assoggettamento e di dominio. quando scriveva queste cose riteneva che questo tempo per abituarsi al nuovo ordine sarebbe stato relativamente breve, non sospetta che lo stato nel corso di un paio di anni dopo diventa un apparato burocratico sempre più forte e così il partito. Quindi dopo la rivoluzione lui stesso diffida di questa progressiva burocratizzazione dello stato che diventa qualcosa di asfissiante. Ci sono alcuni pensatori che denunciano questa piega, subito dopo la presa del potere per dirigere lo stato
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved