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Bartolo e la Teoria del Governo Ottimale: Da Aristotele a Tirannide - Prof. Bianchin, Appunti di Storia Del Diritto Medievale E Moderno II

Storia della Filosofia Politica MedievaleGovernance e PoliticaTeoria della Costituzione

Nel trattato de regimine civitatis, bartolo di sassoferrato affronta il problema della forma di governo ottimale, basandosi sulla tradizione aristotelico-tomista. Egli esplora la teoria bartoliana della costituzione politica, che adatta la dottrina aristotelica alle situazioni costituzionali delle città italiane del trecento. Questo documento si occupa della riflessione di bartolo sulla tirannide, che si inscrive nel contesto della riflessione sulle forme di governo. La tradizione aristotelico-tomista arriva a bartolo attraverso egidio romano e tolomeo da lucca. Bartolo si concentra sulla riflessione sul governo della civitas, in particolare alla luce del corpus iuris civilis.

Cosa imparerai

  • Come Bartolo descrive la degenerazione delle forme di governo?
  • Che forma di governo ritiene Bartolo ottimale per una comunità piccola?
  • Come Bartolo definisce il popolo e come partecipano alle decisioni politiche?

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 08/12/2022

giulmaunitn
giulmaunitn 🇮🇹

4.6

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Scarica Bartolo e la Teoria del Governo Ottimale: Da Aristotele a Tirannide - Prof. Bianchin e più Appunti in PDF di Storia Del Diritto Medievale E Moderno II solo su Docsity! 25.10.2022 DE REGIMINE CIVITATIS Nel trattato De regimine civitatis (= Del governo / della costituzione cittadina), Bartolo affronta il problema della forma di governo ottimale. Prende forma qui una teoria bartoliana della costituzione politica, che si presenta come un originale adattamento della dottrina aristotelico-tomista delle forme di governo alla situazione costituzionale delle città italiane di metà del Trecento. Questo è il quadro nel quale si inscrive anche il tema più specifico della tirannide. La tradizione aristotelico-tomista giunge a Bartolo, in particolare, attraverso: -Egidio Romano (teologo e filosofo della seconda metà del Duecento – inizi del Trecento) e la sua opera De regimine principum, composta per incarico di Filippo III di Francia e a questi dedicata (1277-1279). -Tolomeo da Lucca, il teologo che aveva portato a termine il De regimine principum [o De regno] di san Tommaso, intorno al 1300. Prendeva forma in quest’opera, l’idea di una ‘libera aristocrazia’; un’idea ripresa e rielaborata dalla dottrina giuridica dei decenni successivi, come rimedio per ridare stabilità e ordine al governo di una comunità politica, sconvolta nei suoi fondamenti costituzionali dall’affermazione della Signoria (incarnazione del principio monarchico, e, inquanto tale, governo ‘contro natura’ nel contesto comunale italiano, ed anzi governo per definizione tirannico) Siamo nell’ambito del pensiero filosofico-morale. C’è una riflessione sulle fonti bibliche e canonistiche che bartolo riprende da questa tradizione e sviluppa. Bartolo si concentra sul governo della civitas, in particolare alla luce dei passi del corpus iuris civilis, che in modo diretto o indiretto contribuiscono a questa riflessione. Bartolo nella I quaestio richiama Aristotele, Egidio Romano, ma conduce la sua analisi alla luce di un libro del digesto (de origine iuris), che parla delle forme di governo nell’antica Roma (da fase monarchica a repubblicana, in cui le magistrature hanno quei caratteri che i magistrati hanno anche in età comunale). Le magistrature nei primi tempi del comune ricalcavano quelle romane, avevano anche stessi nomi es consoli, a cui si affianca un organo, il senato, che partecipa alla vita politica + i comizi. La stessa storia romana rappresenta per Bartolo una conferma dell’idea che le forme di governo si susseguono e che ciascuna forma di governo retta tende alla sua degenerazione, nei confronti della quale nasce una ribellione che porta a una nuova fonte di governo. II QUAESTIO Qual è, tra le varie costituzioni cittadine, la migliore? Ha parlato di quelle dell’antica roma, ma le forme di governo sono sostanzialmente le stesse e quindi taglierà il discorso sulla civitas medievale. Bartolo dice che questa riflessione non è solo teorica, ma i giuristi si trovano spesso a dover fare anche da consulenti ai principi e quindi su discorsi politici e di dir pubblico (lui consigliere cittadino di Perugia e poi di carlo IV), non solo su casi giuridici particolari. Aristotele ne tratta nel III libro della politica. Bartolo conosce aristotele attraverso egidio romano. Specula principum> opere che si occupano delle virtù che deve avere il buon governante, che deve fungere da modello per i suoi sudditi ed essere egli stesso virtuoso. Queste opere sono il precedente dell’opera di machiavelli, che però rovescerà il paradigma: il principe non è più modello morale, ma modello di colui che sa adoperare il potere in modo efficace. La letteratura speculare è quella che Bartolo ha come riferimento nella sua età, anche se egli cerca di fare un discorso più giuridico. Egidio dice che le forme di governo sono 3 (già viste, ricalca aristotele: Aristotele parte dal principio per cui la vera polis è «una comunità di uomini liberi» (Pol. III, 6) e il fine ultimo della polis è quello di garantire «la vita migliore», il «vivere bene» (Pol. VII, 1). In questo senso, le forme di governo rette sono quelle in cui chi governa ha di mira il bene della comunità, le forme di governo deviate sono quelle in cui chi governa ha di mira il proprio interesse individuale. In questo quadro, per Aristotele la miglior forma di governo è la politía o politéia, che ha alla sua base il ceto medio e si basa su un consenso ampio della comunità, grazie al quale la politía in grado di realizzare la giustizia. La giustizia è intesa come bilanciamento dei principi della eguaglianza aritmetica e di quella geometrica. È comune ai maggiori scrittori politici dell’antichità (Erodoto, Platone, Aristotele e in seguito soprattutto Polibio) anche l’idea secondo cui le tre forme buone tendono fatalmente a degenerare nelle rispettive tre forme cattive. Questa degenerazione può essere evitata o almeno dilazionata nel tempo da una “governo misto”, una sorta di ulteriore forma di governo complessa, che combini e contemperi i principi positivi delle tre forme buone). Dopo aver esposto il pensiero di egidio, bartolo dà una sua conclusione: dipende dal tipo che comunità si governa. Non si può fare un discorso in termini così generali e astratti per capire quale sia la forma di governo migliore. Divide poi la città in base all’ordine di grandezza. individua 3 ordini: piccola, media e grande. La forma di governo monarchica non è adatta a una comunità ristretta, com’è ad es la civitas. Bartolo ha come modello ideale il comune delle origini, con un’ampia partecipazione popolare. La signoria stride con l’ideale di un comune autonomo e libero. Per questo per una comunità piccola non è conveniente che ci sia un governo monocratico. Ciò si dimostra nella storia di Roma che, quando era nel 1° ordine di grandezza, aveva scacciato i re trasformatisi in tiranni. Ricita il passo del digesto. Il re conduce una vita sfarzosa e quindi ha bisogna di grossi introiti. Se la comunità è piccola vesserà la comunità per avere questa vita sfarzosa. In una comunità piccola il re diventa tiranno> cita il libro I dei re, cap 8. Comincia ad avviarsi un’autonomizzazione della politica, ma ci sono ancora degli intrecci tra le diverse discipline. Comunità piccole La forma di governo aristocratica coinciderà col governo dei più ricchi. A Siena questa forma di governo funzionava, era orientata al bene comune, ma anche a Siena il popolo ha finito per rivoltarsi contro questo governo perché il malcontento ha portato alla soppressione di quella forma di governo. Siena era stata retta dal governo dei 9 negli anni precedenti, ma il fatto che fosse il governo dei più ricchi ha creato un malcontento generale. Quindi anche la forma di governo aristocratica, per una comunità piccola, non è la più corretta. Il governo a Siena è durato a 80 anni (il buon governo è anche quello che riesce a durare nel tempo), ma gli aristocratici dovevano girare per la città scortati. Non erano ben voluti dalla cittadinanza. Questa classe fu allontanata dal potere all’arrivo di carlo IV. Potrebbe anche nascere un 2° inconveniente: alcuni potrebbero entrare in conflitto con altri. A causa di ciò seguiranno proteste, come abbiamo visto a Pisa. Per una civitas il governo ideale è quindi quella democratica: regimen ad populum. Bartolo riprende questa definizione dal digesto (de origine iuris, 1, 2). A dimostrazione di ciò c’è il fatto che roma nella fase della roma repubblicana, si ingrandì notevolmente. Cita nuovamente il libro dei re> appare più un governo di dio che un governo di uomini. Questo si sperimenta nella città di perugia (governo democratico), in cui la forma di governo è stata tagliata nel modo migliore su quella particolare realtà. Non c’è a perugia una signoria, ma un governo di rappresentanti eletti dalla comunità e che si avvicendano spesso. Non accade che un sogg regni tanto a lungo da poter rivendicare una funzione a vita. Questo porta anche a uno svolgimento ottimale dell’attività legislativa. Il popolo deve riconoscere come proprio signore solo dio, non un uomo. Bartolo afferma che in questa forma di governo la giurisdizione è della comunità nel suo insieme. Bartolo usa i termini popolo e moltitudine. Quindi si può parlare di una concezione democratica. Da qui ripartirà il pensiero dell’età moderna. Alcuni concetti cambiano. Il concetto di popolo che usa Bartolo è diverso da quello di althusius, diverso da quello che si svilupperà in età contemporanea. Gli individui non sono tutti, per bartolo, uguali davanti alla legge. La moltitudine che partecipa al governo è quella che partecipa allo sviluppo della civitas, che è in grado di farlo. Es le donne hanno una normativa di status diversa, ma c’è anche una situazione di qualificazione sociale. Nel medioevo sono importanti le arti e i mestieri. Ogni corporazione di arti e mestieri riunisci i propri componenti in un ordinamento particolare, che ha proprie norme, dir e doveri. Questi ordinamenti particolari hanno spesso anche i propri organi giurisdizionali. A fronte di un medesimo illecito, accade che il soggetto sia chiamato a rispondere davanti a organi diversi. La punizione per l’illecito può essere molto diversa a seconda della qualificazione giuridica rivestita. Chi non appartiene al ceto medio non partecipa dei dir civili e politici della cittadinanza. Bartolo definisce chi sia escluso dalla partecipazione alla vita politica della civitas: i più vili, i magnati (che sono tanti potenti da opprimere gli altri). Comunità medie
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