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L'Espropriazione: Fasi, Indennità e Occupazione Acquisitiva - Prof. Albergo, Appunti di Diritto Privato

Diritto CostituzionaleDiritto pubblicoDiritto civilediritto amministrativo

L'istituto legale dell'espropriazione, che è una prerogativa di ogni stato e governo, collegata alle funzioni pubbliche e all'interesse generale. Viene descritta la disciplina dell'espropriazione, che regola il perseguimento degli obiettivi di carattere generale tramite l'acquisizione in proprietà pubblica di beni privati, evitando l'arbitrio. Il documento illustra le fasi del procedimento di espropriazione, dalla delibera comunale all'approvazione dell'opera pubblica, dalla dichiarazione di pubblica utilità alla determinazione dell'indennità di espropriazione. Viene anche discusso del cambio di criterio per calcolare l'indennità di espropriazione, passando dal valore di mercato al valore stimato, e della sentenza della corte europea dei diritti dell'uomo che ha condannato l'italia per la legge sull'occupazione acquisitiva. Il documento conclude con la norma attuale che disciplina la fattispecie, l'art. 42 bis sul testo unico sull'espropriazione per pubblica utilità.

Cosa imparerai

  • Come è calcolata l'indennità di espropriazione?
  • Che istituto legale si riferisce all'acquisizione in proprietà pubblica di beni privati?
  • Quali sono le fasi del procedimento di espropriazione?
  • Che sentenza ha condannato l'Italia per la legge sull'occupazione acquisitiva?
  • Quale norma disciplina attualmente la fattispecie dell'espropriazione in Italia?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 17/10/2019

Lidia01
Lidia01 🇮🇹

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Scarica L'Espropriazione: Fasi, Indennità e Occupazione Acquisitiva - Prof. Albergo e più Appunti in PDF di Diritto Privato solo su Docsity! 27/03/2019 1° ora Ricapitolando: Abbiamo visto la scorsa volta la disciplina della proprietà fondiaria, con questa figura il codice introduce come limite la proprietà all’interno della disciplina della proprietà fondiaria, ma vi ho antipasto essere, in realtà un limite che riguarda anche la proprietà edilizia che grava sempre sugli immobili, ma sugli immobili costruiti (edifici). Abbiamo individuato un limite delle edizioni nella normale tollerabilità, concetto elativo, che si adegua alle circostanze, ai contesti e che come rimedio prevede e accorda al proprietario che subisce emissioni intollerabili la possibilità di esperire l’azione per evitare al vicino di proseguire in quell’esercizio di diritto di proprietà che determina queste propagazioni intollerabili. Il secondo comma che l’articolo preveda la possibilità che il giudice piuttosto che ricorrere all’inibitoria, riconosca al proprietario che subisce le emissioni intollerabili un risarcimento del danno che è un rimedio teso, per un verso a bilanciare le ragioni della proprietà e per altro a tener conto anche delle ragioni del comune, d’altro canto è tipico di tutti i sistemi giuridici pluralisti che riconoscono una pluralità di valori, principi, diritti fondamentali quelli di doverli bilanciare; per un verso una tutela massima del diritto di proprietà potrebbe essere fortemente limitativa dell’altrui libertà individuale, in particolar modo potrebbe essere limitativa anche nell’ambito economico, perché, come spesso accade, le emissioni non sono per esempio la musica messa a palla dal vicino, oppure schiamazzi notturni, ma le emissioni sono rumori, scuotimenti, odori, fumi che provengono da uno stabilimento industriale ,ad esempio, proteggere la proprietà in un massimo grado significherebbe bloccare quell’attività e bloccarla applica un danno per l’intera collettività sotto il profilo non solo della crescita economica, ma anche sotto i profili dei livelli occupazionali, quindi tutti quei profili strettamente connessi con lo svolgimento dell’attività di impresa. Ecco perché l’Art 844 CC comma 2 prevede la possibilità di rimodulare il rimedio, nel tentativo di bilanciare la tutela della proprietà e tutela dell’attività economica. Questa norma è stata utilizzata per tante finalità, dapprima per garantire una certa tutela dell’ambiente in tutti i decenni in cui una normativa apposita non veda e alla fine degli anni ’70 hanno iniziato a susseguirsi le direttive europee che hanno portato via via portato a questa articolata disciplina dell’ambiente che è il cosiddetto codice dell’ambiente che sostanzialmente si impernia su due grandi principi che sono: • Principio di prevenzione chi svolge attività di qualunque tipo, per lo più economiche, che rischiano di alterare l’ambiente sotto forma di habitat, fauna, flora, acque ha un dovere di agire in prevenzione per ridurre l’impatto ambientale delle attività che compie, laddove questa attività di prevenzione non sia fatta o non sia sufficiente scatta il principio: • Principio di chi inquina paga vale a dire che verranno addossate a coloro i quali hanno alterato l’ambiente, i costi dell’azione di ripristino dello stato dei luoghi e laddove non sia possibile il risarcimento del danno Lezione: L’altro grande impiego dell’Art 844 comma 2 è lo strumento per la tutela della salute, una disciplina specifica della salute nel nostro ordinamento per tanti decenni non vi è stata e ancora oggi non c’è una norma che disciplina il risarcimento del danno alle lesioni della salute, allora si è tentato di darne ingresso, nei decenni precedenti, proprio tramite l’art 844, ma questa è una forzatura perché è una norma posta a salvaguardia della proprietà e non per salvaguardare la persona; poi se delle emissioni intollerabili possono scaturire dei danni alla salute e che indirettamente dalla norma che vieta emissioni intollerabili noi possiamo ricavare anche la salvaguardia della salute che quelle emissioni intollerabili hanno potuto alterare (le sostanze ingollabili possono essere: fumi, sostanze nocive o rumori che causerebbero danni all’udito) si può prendere in considerazione, ma che sia l’art 844 una norma idonea al riconoscimento del risarcimento di questa tipologia di danni se ne può discutere, infatti la materia ha imboccato un’altra via, individuata dalla nostra dottrina e giurisprudenza, per conferire rilievo alla salute sul versante risarcitorio, quindi per ammettere, quel che noi oggi chiamiamo, il danno biologico, è stata l’applicazione diretta dell’Art 32 costi. riconosce la salute come valore fondamentale della Repubblica che ne deve promuovere la salvaguardia; l’applicazione di questa norma ha consentito di riconoscere in termini annui il risarcimento del danno ogni qualvolta una condotta altrui determini una lesione dell’integrità psicofisica. Adesso esaminiamo altri limiti che il c.c. prevede e che sono stilati per quella logica liberale-classica, ovvero Limiti alla proprietà all’interesse della proprietà, dell’altrui proprietà per poi passare al tema dei criteri di determinazione dell’indennità di espropriazione (su questo terreno ha influito la clausola costituzionale che limita le limitazioni della proprietà nella prospettiva della funzione sociale della proprietà). Proprietà edilizia: il codice dedica molto tempo con gli articoli 869 e seguenti del c.c., questa proprietà ha come oggetto beni immobili edificabili esempio: da un capannone ad un grandissimo palazzo, si riferisce a qualunque forma di costruzione che nell’ambito della proprietà edilizia si registra una forte connessione fra diritto pubblico e privato perché lo stesso codice riconosce all’articolo 869 che i proprietari di immobili di cui vi sono i piani regolatori devono osservare le prescrizioni degli stessi nelle costruzioni e nelle riedificazioni o modificazioni delle costruzioni esistenti. Nel tentativo di regolare l’attività edificatoria ed evitare che essa sia esercitata in maniera incontrollata, tutti i comuni italiani si sono dotati di strumenti urbanistici, essi sono dei provvedimenti (atti regolatori) che hanno il compito di suddividere il territorio del comune in aree, regolando l’attività edificatoria per interessi pubblici: come evitare l’eccessiva consumazione dei territori (esempio: tutti i paesi del terzo mondo o gli ex paesi del terzo mondo sono aree della terra in cui l’attività edificatoria è avvenuta in maniera incontrollata come Citta del Messico, Rio de Janeiro o San Paolo, queste sono città enormi in larga parte coperte di baraccopoli costruite in sfregio a qualunque regola comune di edificazione;) tutti i paesi civili hanno l’esigenza di evitare questo consumo dei territori lasciando una parte del territorio al verde, laddove l’attività edificatoria è consentita, bisogna sottoporla a de criteri generali per evitare che vi siano delle differenze di tipo architettonico, strutturale, per un fatto di estetica dei centri urbani, ma anche per un fatto di salubrità, di salute generale; consentire di costruire edifici bassi accanto a dei grattacieli o la possibilità di costruire ad una distanza molto limitata tra edifici, rischia di creare nelle zone in cui l’acqua ristagna e la luce del sole non arriva o dove si possano generare malattie, non è un caso che nelle città italiane del passato prima che venisse introdotta l’attività edificatoria si sono create le condizioni affinché si potessero sviluppare malattie come la malaria. Gli interessi pubblici che sollecitano una disciplina pubblicistica dell’attività edificatoria è legata da un lato ad una gestione razionale del territorio per evitare che vi sia un’eccessiva consumazione dello stesso, per altro verso per regolare l’attività edificatoria e fare in modo che essa si svolga nel rispetto di criteri generali, di regole generali ed evitare che centri urbani siano irrazionali, ma siano animati da una certa linea comune Esempio: Palermo che per molti anni si è sviluppata in maniera spontaneistica, da quando è stato introdotto il piano regolatore vi sono palazzi di moltissimi piani ed altre zone della città come il centro nel quale non è possibile costruire determinate cose, quindi c’è una linea comune che rende la città più razionale. La funzione del piano regolatore è quindi quella di dividere il territorio italiano in tante aree comunali (compito dei comuni), alcune verranno assegnate al verde pubblico altre verranno considerate a vocazione agricola, altre ancora alle attività edificatorie. QUINDI Non tutti i proprietari di terreni hanno lo “ius edificabili”, lo hanno soltanto coloro i quali sono proprietari di terreni che gravano all’interno di aree nelle quali è possibile l’edificazione, nelle aree agricole edificare è possibile, ma le volumetrie sono limitatissime, ci vuole un estensione di terra enorme per costruire qualche decina di metro quadrato di edificio; nelle zone dedicate al centro urbano la densità urbanistica aumenta e nonostante il terreno sia relativamente poco è possibile edificare grandi volumetrie; esempio : i nostri palazzi (io non vivo in palazzo ma sotto un ponte idiota) che sono costruiti su un’area relativamente piccola, si estendono in altezza e possono essere divisi in diverse unità abitative, quindi lo “ius piccole finestrelle), le vedute o prospetti permettono di affacciarsi e vedere a 180° (finestre o balconi); il legislatore disciplina questa materia ad esempio l’articolo 901 le luci devono essere: -munite di inferrata idonea a garantire la sicurezza del vicino -di una grata fissa in metallo i cui ferri non debbano essere superiori di 3 cm quadrati (norma analitica) -avere lato inferiore ad un’altezza non minore di 2,5 m dal pavimento o dal suolo dove si vuole dare luce, (a meno che non si tratti di un locale che sia tutto o in parte ad un livello inferiore di quello del suolo ad esempio nei seminterrati ci sono quelle finestrelle all’altezza del pavimento.) L’ articolo Art 902 non ha i caratteri di prospetto; è considerata come luce anche se non si sono osservate le prescrizioni dell’art 901. L’articolo 904 prevede che la proiezione di luci sul muro non impedisce al vicino di acquistare la comunione del muro medesimo o di costruire in aderenza. L’Articolo 905 la norma che riguarda le vedute, stabilisce che non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi è una distanza di almeno 1.5 m (non si possono costruire terrazze o balconi o altri sporti (sporti= terrazze) lastrici solari, (=tetto)a meno che non sia spiovente, muniti di parapetto). Se si tratta di vedute a gettanti la distanza di 1,5 m scatta non dalla facciata ma dalla parte finale del balcone o terrazza che deve distare a non meno di 1.5 m dal confine con il fondo del vicino, l’esigenza è la privacy, cioè evitare che il vicino possa incombere sul fondo vicino non garantendo quelle minimali esigenze di riservatezza che sono connaturate con la proprietà di fondo. (la distanza serve per un bilanciamento di interesse.). Il grande tema (già affrontato ieri lezione 11) che collega il diritto pubblico con quello privato è rappresentato dal problema per espropriazione per pubblica utilità e relativo a determinazione dell’indennità. Da sempre i pubblici poteri per perseguire gli interessi generali per i quali sono stati costituiti possono essere costretti a dover acquisire forzatamente le proprietà privata. L’espropriazione è un istituto che caratterizza tutte le forme di Stato e di governo,(esisteva anche quando c’era la monarchia) esso è fisiologicamente collegato alle funzioni pubbliche e alla prevalenza dell’interesse generale sull’interesse individuale, ma, come tutti i poteri pubblici, è regolato per garantire che questa discrezionalità di cui gode l’ente pubblico nel perseguimento degli obbiettivi di carattere generale tramite l’acquisizione in proprietà pubblica di beni privati non si trasformi in puro arbitrio; è la disciplina citata sia nel c.c. sia nell’articolo 42 comma terzo della Costituzione è contenuta nel DPR 8 Giugno 2001 numero 327. In particolar modo l’espropriazione per pubblica utilità consiste in un procedimento amministrativo, IL PROCEDIMENTO AMMINISTRAVITO è una sequenza di atti amministrativi tra di loro concatenati e finalizzati a un obbiettivo in questo caso nella realizzazione di un’opera pubblica per il compimento della quale è necessario acquisire nel patrimonio disponibile dello Stato uno o più beni appartenenti a privati. L’articolo 8 del DPR 327 DEL 2001 numero 327 individua le fasi di questo procedimento: innanzitutto è necessario che il comune abbia deliberato l’opera da realizzare e che essa sia prevista nel piano regolatore perché se non è prevista nel piano regolatore o in quelli particolareggiati, il provvedimento è illegittimo perché ogni opera pubblica deve essere stata programmata nell’ambito degli strumenti urbanistici, quindi la delibera consiliare della giunta del consiglio comunale che approva la realizzazione dell’opera pubblica, deve anche far riferimento al piano regolatore e nella stessa delibera di approvazione dell’opera pubblica, o in una successiva delibera deve anche essere esplicitata la dichiarazione di pubblica utilità, cioè è necessario in una delibera successiva il comune abbia esplicitato e motivato perché la realizzazione di quell’opera sia di pubblica utilità. (La nostra storia è costellata di opere pubbliche che si sono poi trasformate quelle che noi chiamiamo cattedrali deserte, ponti mai finiti, strade mai completate, edifici costruiti e mai messi in opera; queste sono opere pubbliche non sorrette da un pubblico utilità.) Il testo unico pretende che l’ente pubblico lo dichiari prima e motivi perché è di pubblica utilità, questo , però, non ci dà la garanzia che poi l’opera verrà certamente destinata a quello scopo e che sia certamente di utilità pubblica; ma per lo meno inchioda gli amministratori alla responsabilità (pecuniaria?) perché io sindaco che ha approvato quella delibera e ho dichiarato che quel’ opera è di pubblica utilità, e poi quell’opera non viene mai messa in uso ,ad esempio un nuovo ospedale che non viene mai inaugurato, questo è un impiego di denaro pubblico che potrebbe portare la corte dei conti ad aprire un procedimento che culmina con la condanna del sindaco e degli assessori e consiglieri che hanno approvato quella delibera a restituire allo Stato il danno erariale. fioccano sempre più queste condanne da parte della corte dei conti, ricapitolando: le fasi del processo di espropriazione sono • l’approvazione dell’opera pubblica prevista nel piano regolatore, • la dichiarazione di pubblica utilità che può essere inclusa o nella stessa delibera di approvazione dell’opera pubblica, o in una delibera apposita successiva • ed infine deve essere stata determinata, anche provvisoriamente, l’indennità di espropriazione. Soltanto a seguito di questi 3 passaggi si può arrivare al decreto finale di esproprio che determina l’acquisizione di quel bene dalla proprietà del privato espropriato al patrimonio disponibile del comune che ha provveduto all’espropriazione, quindi se manca uno di questi passaggi o uno di essi è illegittimo, il decreto di esproprio può essere impugnato dinnanzi al TAR che dovrà constatare l’illegittimità per eccesso di potere e si potrà provvedere all’annullamento del decreto di esproprio o risarcimento del danno se vi è stata già edificazione del bene. L’interesse del privato che sta subendo un’espropriazione per pubblica utilità è un interesse legittimo opposito, perché il privato ha il bene nel suo patrimonio, il decreto di esproprio glielo sottrarrebbe quindi l’interesse del cittadino è quello a conservare quel bene, a far emergere l’inutilità dell’opera che comporta l’espropriazione del proprio bene o comunque l’illegittimità del procedimento che ha condotto al decreto di esproprio. L’ autorizzazione provvisoria è necessaria perché L’ente pubblico espropriato fa un elenco di tutti gli enti da espropriare, applica il criterio di determinazione dell’indennità, determina la somma dovuta al cittadino, gliela comunica e il cittadino ha 60 gg entro i quali potrà contestare la quantificazione perché non è rispettosa del criterio della legge (determinazione provvisoria), poi soltanto allo scadere di questi giorni o dopo aver contro dedotto alle eventuali deduzioni del cittadino la determinazione diventa definitiva e sarà quella che poi verrà inserita nel decreto di esproprio e sulla base del quale l’ente espropriante provvederà a liquidare la somma dovuta al cittadino. Nell’impostazione tradizionale quella fortemente ancorata al concetto di proprietà come diritto fondamentale, quindi nell’impostazione concettuale e liberale, l’indennità di espropriazione non poteva che essere pari al valore venale, cioè di mercato, del bene in quanto l’indennità ha lo scopo di mettere il cittadino nella condizione economica di potersi procurare nel mercato se desidera un altro bene di quella natura e con quelle caratteristiche per reintegrare il proprio patrimonio infatti così era stabilito nella prima normativa italiana unitaria sull’espropriazione per pubblica utilità, cioè la legge del 25 Giugno 1865 numero 2359 primo testo unico unitario sull’espropriazione per pubblica utilità, questo testo prevedeva che l’indennità di espropriazione dovesse essere pari al valore di mercato del bene; non è però esattamente il valore di mercato che intendiamo in economia, cioè il prezzo che si forma nel confronto di domanda e di offerta, è il valore di mercato stimato. Oggi esiste l’agenzia del territorio che è un organo che ha il compito di stimare il valore degli immobili e questo serve soprattutto per pagare le imposte, cioè noi diamo un valore oggettivo di mercato (perché potrebbe succedere che noi potremmo vendere quell’immobile ad un prezzo più alto ma anche più basso da quello che noi gli abbiamo dato perché se si è in difficoltà economica e controparte lo sa, egli tenterà di abbassare l’offerta perché sa che io sono con l’acqua alla gola, ma se sono in condizioni perfettamente agiate mi posso permettere di attendere e poter ottenere anche un prezzo nel mercato libero anche più alto del valore stimato) che è venale, ovvero il valore di quel bene come è stato oggettivamente stimato dall’agenzia del territorio. D’altro canto siamo nel 1865 l’impostazione individual- liberale era di gran lunga dominante, ma già 20 anni dopo una legge speciale (eccezionale) che non ha derogato al testo unico del 1865, cioè la legge del 15 Gennaio 1885 numero 2891, legge sul risanamento della città di Napoli che nell’ultimo scorcio dell’ottocento viene investita dalla malaria violentissima che ha portato alla morte larga parte della popolazione napoletana e il regno d’Italia dovette intervenire con importanti opere di risanamento di bonifica e per far ciò si è dovuto espropriare tutta una serie di aree putride che si trovano in prossimità di Napoli e addirittura all’interno del centro urbano, chiaramente queste espropriazioni avevano un costo e trattandosi di un intervento straordinario il legislatore intervenne con questa legge eccezionale in quell’occasione e stabilì di derogare al criterio del valore venale e stabilì che l’indennità dovesse essere determinata nella media tra valore venale e reddito domenicale. Reddito domenicale È una stima, è il valore del flusso finanziario che quel tipo di bene per le sue caratteristiche potrebbe garantire al proprietario se egli desse quel bene (in usufrutto), in godimento a terzi. Esso è una sorta di reddito stimato. La vendita catastale oggi serve come criterio per stabilire l’importo delle imposte quindi a quanto ammonti la base imponibile per determinare ad esempio l’imposta immobiliare comunale sugli immobili, infatti siamo di fronte ad un’altra stima. Quel tipo di bene alla luce delle sue caratteristiche, della sua ampiezza, del suo pregio (gli immobili vengono suddivisi in categorie: di pregio, di rilevanza storica, abitazioni civili, case di comune abitazione, case di edilizia popolare... esse servono a stimare sia il valore oggettivo di mercato stimato, sia a determinare la vendita catastale) le eventuali pertinenze (se una casa ha un garage, una cantina, la soffitta) sono elementi che incidono tanto sul valore venale che sulla vendita catastale. La media tra valore venale e reddito domenicale portava ad un’espropriazione che era sensibilmente inferiore rispetto al valore del mercato del bene, in quell’occasione è stato giustificato alla luce dell’eccezionalità di quegl’interventi. Quelle espropriazioni nascevano dall’esigenza di far fronte ad un’emergenza sanitaria e dunque il regno d’Italia dovette intervenire cercando di ridurre i costi di questo intervento e lo fece con questa legge eccezionale che, ripeto, non ha derogato al testo unico, testo del 1865 che ha continuato a vigere, quel criterio ha continuato ad applicarsi per tutto il regno d’Italia e anche per i primi decenni della Repubblica perché quel criterio fissato nel valore venale è stato modificato solo all’inizio degli anni ’70 con legge 22 Ottobre 1971 numero 865 che ha fissato, modificato il criterio di determinazione d’indennità di espropriazione individuandolo nel valore agricolo, il che è già un’assurdità, perché se quell’immobile è edificabile, è chiaro che ha un valore notevolmente superiore rispetto al valore agricolo. Gli immobili che hanno soltanto destinazione agricola hanno un valore più basso perché non vi si può costruire o se vi si può costruire c’è un’area edificatoria molto limitata, quindi le costruzioni sono piccolissime in rapporto estensione del terreno e grandezza dell’edificio è un rapporto che richiederebbero un’estensione del territorio notevolissima e l’attività agricola ovviamente è un’attività meno redditiva della costruzione e vendita perché nessuna attività agricola rende come costruire per vendere sul mercato, quindi stimare l’indennità di espropriazione di un terreno edificabile o edificato sulla base del valore agricolo di quel terreno, cioè immaginando che quel terreno sia agricolo quando non lo è, questa ipotesi è irragionevole, infatti la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo questo criterio (norma di questa legge), con sentenza del 30 Gennaio del 1980 numero 5, che ha dichiarato contrario al principio di irragionevolezza la quantificazione dell’indennità di espropriazione sempre al valore agricolo, sia che il terreno espropriato sia agricolo, sia che fosse edificabile. Non si possono equiparare situazioni così differenti, ovvero i terreni edificabili non possono essere espropriati allo stesso costo dei terreni edificabili perché si tratta di due tipologie di beni radicalmente differenti che hanno un valore differente. La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma della legge del ’71 viene espunta dall’ordinamento giuridico, ma quella norma aveva modificato il testo unico sull’espropriazione del 1865, dunque torna in vigore la norma del testo unico del 1865 modificata dalla legge del ’71 (dalla norma dichiarata costituzionalmente illegittima). Lo Stato italiano ha dovuto dopo la sentenza del 1980 numero 5 ricominciare a determinare le indennità di espropriazione al valore venale del bene. per ragione di interesse genarle deve essere compensata da una somma pari al valore oggettivo di mercato di quel bene. All’ inizio delle lezione abbiamo trattato il fatto che potrebbe crearsi un conflitto tra norme costituzionali e norme europee o sovra nazionali, però l’ ipotesi è un ipotesi sostanzialmente di scuola perché le norme costituzionali consacrano valori, principi e grossomodo i valori ed i principi europei sono comuni nel senso che tutti gli ordinamenti europei sono ispirati (per meglio dire tutti i paesi del blocco centrale ed occidentale dell’ Europa perché il blocco orientale ex sovietico non è esattamente ispirato ai medesimi principi, basta guardare cosa accade in Ungheria, polizia dove il sistema formalmente è democratico ma sostanzialmente non è tale), o per meglio dire i paesi fondatori dell’unione, (Italia, Francia, olanda Belgio) questi principi sono comuni. Questo conflitto, per così dire, soltanto ipotetico però sulla proprietà è diventato concreto. In effetti la nostra costituzione delinea un modello proprietario che non è conforme al modello che merge dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo e nello scontro tra questi testi epocali, ad uscire dimensionato è l’art. 42 della costituzione con una funzione sociale che sostanzialmente si esaurisce nel riconoscimento di quel 25% di riduzione a cui la pubblica amministrazione può ricorrere solo quando siamo nell’ambito di una più ampia riforma di tipo economico sociale. Altra storia che ha lasciato di stucco un vostro collega durante la pausa ossia agli inizi anni 90 la corte di cassazione si inventa un istituto nuovo chiamato occupazione acquisitiva; (occupazione acquisitiva fatto illecito della pubblica amministrazione e si verifica ogni volta che la pubblica amministrazione, prima che sia ultimato il procedimento di espropriazione per pubblica utilità, e quindi sia emesso il decreto di esproprio occupa e modifica il bene del privato). Può capitare, motivi di urgenza, esempio: un ponte da dover consolidare quindi la pubblica amministrazione deve ampliare il basamento del ponte, ha intrapreso il procedimento di espropriazione, I procedimenti sono LUNGHI per evitare che il potere pubblico, dietro lo schermo dell’ interesse generale, persegua interessi particolari di hobby, costruttori, politicanti, di malavitosi, i poteri pubblici sono IPER REGOLATI, quindi l’ espropriazione è un forte potere della pubblica amministrazione perché porta a sottrarre un bene al privato ma è regolata analiticamente per consentire al privato, che subisce l’espropriazione, di contestare quell’ atto laddove ritenga che non sia sorretto da una pubblica utilità ma da interessi particolari. Quindi La Pubblica Amministrazione non attende il completamento del procedimento occupa il terreno lo modifica; quella è OCCUPAZIONE ACQUISITIVA. La corte di cassazione agli inizi degli anni 80 ha ritenuto che in questi casi (cosa incredibile), la pubblica amministrazione compie un illecito, viola la proprietà; ipotesi di responsabilità extra contrattuale. La pubblica amministrazione dovrà anche risarcire il danno MA ne acquista la proprietà. Acquista la proprietà del bene che ha occupato. La base di questa creazione giurisprudenziale è una norma che il codice detta in materia di acquisto della proprietà a titolo originario. • come visto ieri la pubblica amministrazione fissa/impone che sia il legislatore ad individuare i modi di acquisto della proprietà. La proprietà si può acquistare: • a titolo originario: • a titolo derivativo Uno dei modi di acquisto della proprietà a titolo originario è la cessione; una variante della cessione è la così detta occupazione di porzione di fondo altrui l’art è 938 cc meglio noto come accessione invertita. Accessione significa che TUTTO CIO’ CHE STA SU FONDO, CHIUNQUE LO ABBIA COSTRUITO, è DI Proprietà DEL TITOLARE DEL FONDO. Cioè per bis attrattiva La proprietà del fondo si estende a tutto ciò che si trova sopra o sotto. Ripeto ancora; sia che a costruirlo sia il proprietario del fondo, sia che a costruirlo sia un terzo. La proprietà del fondo si estende a tutto ciò che si trova sopra o sotto e quelle costruzione vengono acquistate dal proprietario a titolo originario. Nella così detta cessione invertita accade il contrario. Non è il proprietario del fondo ad acquistare la titolarità di quello che viene costruito sul suo fondo ma è chi costruisce che acquista la proprietà del fondo altrui su cui ha costruito. Ma è un ipotesi estremamente circoscritta; guardiamo i presupposti; se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede, cioè ignorando di violare l’altrui proprietà, una porzione del fondo attiguo e il proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi, cioè non contrasta formalmente dal giorno in cui abbia inizio la costruzione, l’ autorità giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la proprietà dell’ edificio e del suolo occupato, il costruttore dovrà pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata oltre il risarcimento del danno. La giurisprudenza ha applicato analogicamente l’art. 938 alle ipotesi delle quali sia la pubblica amministrazione nell’ambito di un attività edificatoria a occupare il fondo del privato e a modificarlo con il piccolo particolare che la pubblica amministrazione non può essere di buona fede, per definizione, perché la pubblica amministrazione conosce perfettamente lo stato dei luoghi e la titolarità dei luoghi, il vostro collega, che ha un grande apprezzamento di terreno, può in buona fede ritenere che quella striscia di terra (di proprietà del collega a fianco) vi appartenga perché i grandi apprezzamenti non sono recintati, quindi costruisce in buona fede convinto che si tratti di una sua striscia di terreno ma poi scopre che invece il terreno è del vicino, il vicino non si oppone e quindi l’ occupante può chiedere al giudice di assegnargli quel fondo che erroneamente ho occupato pagando il doppio del valore del fondo e il risarcimento del danno. Questa è l’ipotesi LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PER DEFINIZIONE NON PUO’ ESSERE IN BUONA FEDE QUANDO OCCUPA PERCHE’ HA LE MAPPE CATASTALI, HA TUTTI I DOCUMENTI AMMINISTRATIVI, LA TITOLARITA’ DELLE AREE, NON PUO’ SBAGLIARE!! IL PRIVATO PUO’ SBAGLIARE IN BUONA FEDE, LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE NO!! È UNA FORZATURA. Tuttavia la giurisprudenza della cassazione, ha ritenuto che questo fatto illecito, che portava la pubblica amministrazione di dover risarcire al privato il valore del bene che era stato occupato, portasse però la pubblica amministrazione ad acquistare la proprietà del fondo occupato addirittura, con improntitudine, una legge del 28 dicembre 1985 n 549 ha esteso all’occupazione acquisitiva il criterio di determinazione dell’ indennità previsto dall’ art. 5 bis della legge 5 novembre 1992, una follia; il criterio di determinazione dell’indennità dovuta in caso di espropriazione per pubblica utilità, che è un attività lecita ad una attività illecita è un assurdità, un arbitrio. E infatti nel 96 la corte costituzione ha dichiaro l’illegittimità costituzionale di questa norma perché equiparava un’attività illecita, occupazione Acquisitiva, ad una attività lecita. Quindi, praticamente, la pubblica amministrazione sia che avesse espropriato legittimante, sia che avesse occupato illegittimamente avrebbe dovuto pagare la stessa cifra. La corte costituzionale reputa la norma irragionevole e la boccia, la dichiara costituzionalmente illegittima. Il legislatore interviene con legge del 23 dicembre 1996 e allora decreta che nel caso di occupazione acquisitiva la somma dovuta alla pubblica amministrazione non sia il risarcimento del danno ma debba essere pari alla media tra valore veniale e reddito domenicale ma non abbattuto del 40%, come invece accadeva per l’ espropriazione, e incrementata del 10%, la corte costituzione dice che è legittimo, richiamata a pronunciarsi su questa norma, non si capisce come, con sentenza del 1998 decreta la legittimità costituzionale di questa norma perché pur imponendo al privato un sacrificio (perché un privato subisce un illecito) e invece di ottenere l’integrale risarcimento ottiene una somma minore, però maggiore di quella che otterrebbe con l’espropriazione di pubblica utilità. Ma questa previsione, della legge del 96, cade anche essa sotto le maglie della sentenza Scordini, perché a sentenza scoordini nel 2006 oltre che a bocciare la disciplina Italina dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità ha anche dichiarato contraria l’art. 1 del protocollo aggiuntivo 1 della CEDU la norma del 96 sulla indennità dovuta in caso di acquisizione acquisitiva addirittura bocciando l’intera occupazione acquisitiva. La sentenza Scordino boccia l’intera figura dicendo giammai la proprietà piò essere sottratta da atto illecito; La pubblica amministrazione può acquistare un bene precedentemente di proprietà di un privato solo tramite attività lecita di natura espropriativa, MAI un illecito può condurre la pubblica amministrazione ad acquisire al proprio patrimonio un bene privato illecitamente sottratto, figuriamoci se il risarcimento del danno può essere limitato. Il bene va restituito e il provato ha diritto all’integrale risarcimento; infatti la corte costituzionale con sentenza 24 ottobre del 2007, quella gemella alla precedente (la prima era 348 riguardante l’indennità di espropriazione la 349 riguarda l’occupazione acquisitiva) dichiara costituzionalmente illegittima la norma sull’occupazione acquisitiva (seguono tutta una serie di altre norme che hanno tentato di regolare la materia che il buon prof. ci abbuona) La norma che attualmente disciplina la fattispecie è l’ art. 42 BIS sul testo unico sull’ espropriazione per pubblica utilità, quindi il DPR 327 DEL 2001, che prevede che: valutando interessi di conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o di dichiarativo di pubblica utilità, (occupazione acquisitiva) può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente al suo patrimonio disponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, (valore affettivo di quel bene, quest’ ultimo fu fortemente liquidato in maniera forfettaria nella misura del 10% del valore venale del bene). Ciò significa che quando la pubblica amministrazione occupa e modifica un bene immobile di un privato prima di averlo espropriato in assenza di dichiarazione per pubblica utilità, l’attività è illecita e non può portare la pubblica amministrazione ad acquistare la proprietà di quel bene. Se la pubblica amministrazione vuole acquistare la proprietà di quel bene deve emanare un apposito provvedimento amministrativo che determini l’acquisizione al patrimonio disponibile ma dovrà corrispondere al cittadino il valore non soltanto venale ma di tutto il danno patrimoniale (non solo denaro). Esempio: io, pubblica amministrazione, occupo il terreno di una vostra collega che vale 50.000£ ma che lei aveva già promesso in vendita al collega affianco per 65.000£, io, cittadino, posso chiedere alla pubblica amministrazione non solo il valore veniale, come se fossi in serie di espropriazione, ma tuttini 650000£(iò valore oggettivo, pari a 50 oiù il nucleo cessante che io avrei potuto mottenre da quel bene se lo avessi ancora in proprietà visto che la mia vicina è disposta a pagarmi 15.000£ in più rispetto al valore oggettivo di mercato). Più, se c’è il valore oggettivo. Immaginate che quel terreno appartenga alla mia famiglia da generazioni, e quindi in quel caso (se l’ho promesso in vendita non posso richiedere ovviamente il valore oggettivo) possa anche avere un valore di tipo non patrimoniale. Quindi l’ occupazione acquisitiva è stata cancellata nel senso che quando la pubblica amministrazione opera illecitamente occupando un terreno di privati prima del decreto di esproprio oppure in presenza di decreto di esproprio ma in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, sempre con provvedimento illeggittimo, il bene rimane nella proprietà del privato, il privato può ottenere restituzione del bene a meno che, la pubblica amministrazione non emani un apposito atto amministrativo ocn il quale acwuisisce il bene nel suo patrimonio indisponibile ma paga al cittadino l’intero danno patrimoniale , ovvero valore del bene più eventuali libero cessante se c’è oltre al danno non patrimoniale, stimato fofettariamente nel 10% del valore venale del bene. Ricordare almeno i passaggi più importanti. • Testo unico del 1865 • Legge del 92 • Conferma da parte della corte costituzionale • Testo unico che la recepisce • Sentenza Scordino Questa è l’istituto dell’occupazione e dall’istituto dell’occupazione abbiamo distinto dell’istituto dell’invenzione regolata dagli art. 927 e seguenti del c.c. (Invenzione non ha nulla a che vedere con la creatività, la scoperta di qualcosa di sconosciuto in precedenza). Invenzione (traduzione del latino Inventio) = scoperta, ritrovamento di cose altrui. L’ art. 927 stabilisce che chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario, e se non lo conosce deve consegnarlo al sindaco del luogo (ad un suo delegato) in cui l’ha trovato indicando le circostanze del ritrovamento. Esempio: Come si fa a distinguere una cosa abbandonata da una cosa perduta? Ci potrebbe essere margine di equivoci, ma se io trovo un portafoglio cospicuamente riempito, il proprietario lo abbia smarrito è lecito (perdere), se invece passeggio per una via e accanto un cassonetto trovo una console di legno, qualcuno se ne è voluto disfare (abbandono). Si innesca un procedimento art. 928 prevede che il delegato del sindaco (il cc parla sempre di sindaco) deve rendere nota l’avvenuta consegna presso la casa comunale per mezzo di una pubblicazione nell’albo pretorio (l’albo è il luogo degli avvisi del comune, un tempo era la bacheca oggi è sul sito del comune) del comune che deve essere fatta per 2 domeniche successive e deve rimanere pubblicato per 3 giorni conseguitivi. (inclusa sempre la domenica: venerdì, sabato e domenica; sabato domenica e lunedì; domenica, lunedì e martedì). Art. 929 trascorso un anno dall’ultimo giorno dalla pubblicazione senza che si presenti il proprietario il ritrovatore, per l’appunto, ha diritto ad acquistare a titolo originario la proprietà del bene o il suo valore (se si è trattato di un bene deteriorabile e si è dovuto vendere). Art 930 il diritto che spetta al ritrovatore se per caso entro un anno il proprietario si presenta a reclamare come propria la cosa: il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore il decimo del valore della somma o del prezzo della cosa ritrovata se questa somma o prezzo è superiore a 5,16 euro il premio per la parte superiore a 5,16€ è del 20%. La ricompensa del ritrovatore nel caso in cui il proprietario si presenti è 1/10 fino a 5,16 e 1/20 da 5,17€ in su. Lo scenario è se entro l’anno non si presenta il ritrovatore acquisisce la proprietà o acquisisce il prezzo di vendita del bene sempre a titolo originario mentre se il proprietario si presenta il bene viene riconsegnato è al ritrovatore spetta questo lauto compenso. Esiste un ipoteso particolare, la così detta “inventio tesauri “cioè l’invenzione/scoperta del tesoro. Il tesoro è, dice l’art 1132 qualunque cosa mobile di preggio nascosti o sotterrata di cui nessuno può provare di essere proprietario. Qui il legislatore doveva disincentivare i così detti cercatori di tesoro trattandosi di paese che ha una tradizione artistica e storica immensa, (l’Italia è uno di quei paesi ove scavi 2 metri e trovi un’anfora) e allora era necessario disincentivare i ricercatori di tesoro, cioè quelle persone che si intrufolano nei terreni privati o in aree appratenti allo stato alla ricerca di reperti archeologi. Il secondo comma dell’art. 1132 “il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui viene ritrovato, soltanto se il ritrovamento è stato fortuito allora il bene ritrovato spetta per metà al titolare del fondo, e per metà al ritrovatore.” Se chi cerca intenzionalmente un bene mobile di pregio sotterrato o nascosto lo trova non ne acquista la proprietà perché proprietario lo diventa il proprietario del fondo se il ritrovamento avviene in maniera fortuita cioè un terzo sul terreno altrui trova un bene di pregio nascosto o sotterrato allora il bene cade in comunione (solo in quel caso) sarà di proprietà per metà del proprietario del fondo e per metà di proprietà del ritrovatore. Questo per disincentivare i cercatori di tesori che spesso e volentieri violavano i domicili per trovare reperti e cose del genere. Più significativa dell’invenzioni è il modo di acquisto della proprietà per accessione L’accessione regalata dagli art. 934 e seguenti, è quel modo di acquisto che i un certo senso è legato all’estensione verticale della proprietà. (all’ art. 840 abbiamo visto che il proprietario del fondo è anche titolare di tutta la colonna d’aria che sovrasta e del terreno sottostante) infatti l’art. 934, come corollario stabilisce che qualunque piantagione costruzione o opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo salvo quanto disposto dalle norme seguenti e salvo che non sia previsto diversamente dalla legge. Quindi qualunque costruzione, chiunque sia a costruirla, realizzata sul fondo altrui comporta che la proprietà di quella costruzione sia del proprietario del suolo a meno che non sia previsto diversamente. Questa diversa previsione potrebbe essere ad esempio il riconoscimento al terzo costruttore del diritto di superficie. La superficie è un diritto reale minore, ma in realtà è una definizione limitativa perché la superficie è una variante della proprietà perché è quel diritto reale che poggia sulla deroga del principio di accessione. Cioè la superficie deroga il principio di accessione perché il proprietario del fondo attribuisce ad un terzo il diritto di costruire sul proprio fondo e di conservare la proprietà di ciò che ha costruito, quindi determina una scissione tra proprietà del suolo e proprietà della costruzione realizzata sul suolo oppure consiste nella cessione al terzo superficiario della proprietà di un edificio già esistente però separatamente dalla proprietà del suolo su cui esso è costruito. Art. 952 cc che dice che il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere sopra il suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà del pari può alienare l’attività della costruzione esistente separatamente dalla proprietà del suolo. Uno dei pochi strumenti/Istituti che deroga al principio di accessione è il diritto di superficie quando il proprietario decide di accordare al terzo costruttore il diritto di fare, sul proprio fondo, mantenere la proprietà della costruzione, scindendo proprietà del suolo e proprietà della costruzione o quando decide di vendere la costruzione separatamente dal suolo; ma deve essere prevenuto, cioè non è accordato il diritto di superficie, chi costruisce sul suo altrui costruisce un bene che cade nella proprietà del titolare del fondo. Esempio diritto superficiario: pensate all’edicola di un giornalaio, è un bene immobile che grava su un bene demaniale (strade sono beni demaniali) infatti alla base c’è un’autorizzazione; il giornalaio è proprietario della struttura ma non del suolo dove essa è edificata. Esempio 2: tutti i distributori di benzina, il terreno è quasi sempre di proprietà della compagnia petrolifera mentre l’area di servizio è data in gestione; IL gestore è proprietario delle strutture ma non del terreno su quali esse sono edificate che molto spesso sono di proprietà della compagnia petrolifera. Il legislatore regola alcune particolari ipotesi di unione di costruzione di beni fatti da terzi o con materiali altrui o materiali propri o sul fondo altrui o sul fondo proprio. 3 particolari ipotesi da ricordare. 1. Art. 935 un terzo costruisca sul suo suolo con materiali altrui il proprietario del fondo costruisce sul proprio fondo con materiale altrui. -Premessa; cosa potrebbe aver portato il proprietario del fondo a costruire con materiali altrui? Potrebbe averlo fatto, innanzitutto il fatto che si sia sbagliato; potrebbe essere in buona fede, potrebbe essere in mala fede, cioè, sono tante le ragioni qui non quota; ovviamente se il proprietario del fondo ha rubato materiale altrui incapperà nel reato di furto e poi incapperà nel risarcimento del danno per violazione della proprietà (ci saranno conseguenze privatistiche e conseguenze penalistiche). A noi questo non conta; il problema che il legislatore si sta ponendo non è se il proprietario del fondo che ha costruito suo proprio terreno con materiali altrui fosse legittimato ad utilizzare quei beni e se si è appropriato di quei beni in maniera lecita o illecita questi problemi sono altre norme ad risolvere, il problema che questa norma vuole chiarire è bene, ma quando il proprietario del fondo costruisce sul proprio terreno con materiali propri cosa successe? chi è il proprietario della costruzione? In applicazione del principio di accessione sarà il proprietario del fondo ma art. 935 stabilisce che quando il proprietario del suolo ha costruito un edificio, piantagioni OPERE CON MATERIALI ALTRUI deve pagarne il valore , se la separazione non è richiesta, dal proprietario dei materiali, ovvero non può farsi senza che ciò rechi gravi danni all’ opera costruita o senza che perisca la costruzione, delle volte ,anche se si faccia la separazione, il risarcimento dei danni qualora sia in colpa grave. L’ eventuale rivendicazione dei materiali da parte del terzo che ne sia proprietario non ammessa (il proprietario decade dal diritto a richiedere la restituzione dei materiali) se non fa richiesta entro 6 mesi dal giorno in cui ha avuto notizia DELL’ INCORPORAZIONE. Quindi l’art 935 ci dice che nel caso in cui il proprietario del fondo costruisce con materiali altrui, la palla passa al proprietario dei materiali il quale può chiederne la separazione oppure no; se chiede la separazione il proprietario del fondo deve restituirgli i beni e pagare il valore degli stessi, oltre il risarcimento del danno. Invece se il proprietario dei materiali non esige la restituzione oppure la separazione si può fare ma richiederebbe un danno eccessivo alla costruzione o alla piantagione allora, in quei casi il proprietario del fondo diventa proprietario dei materiali ma deve pagarne il valore. Quindi, una volta effettuata la costruzione con materiali altrui la scelta spetta al proprietario dei materiali che può chiederne se riaverli indietro oppure no, se chiede la separazione gli verranno restituiti più il risarcimento, se non chiede la separazione o la separazione non è possibile senza che si verifichi grave danno alla costruzione allora il proprietario del fondo ne diventa titolare ma deve pagare al proprietario dei materiali il valore degli stessi. In ogni caso la separazione va chiesta entro 6 mesi dal giorno in cui il proprietario dei materiali ha ricevuto notizia del fatto che un terzo li abbia utilizzati per costruire sul proprio terreno. Quindi l’art 935 non ci dice se sia lecito o illecito se il proprietario del suo abbia rubato, sia appropriato indebitamente del materiale altrui; se così è incapperà in reati, l’art. 935 risponde alla domanda “chi diventa proprietario di cosa?” la risposta è “il materiale rimangono di proprietà del titolare se questo chiede la separazione e se si possa fare e lo chiede entro 6 mesi, viceversa i materiali cadranno in proprietà de titolare del fondo in virtù del principio di accessione. 2. Un terzo costruisce con materiali propri una costruzione sul fondo altrui, ciò può accadere per tanti motivi ad esempio vuole fare il furbo, quindi vuole rosicchiare un po' di terreno al vicino e sta costruendo sulla striscia di terreno che sa di essere del vicino e lui spera che il vicino non se ne avveda oppure il proprietario dei materiali fosse convinto che quel terreno fosse suo e quindi in buna fede ha costruito in un’area che non gli appartiene. Qui il problema è “quando un soggetto, con materiali propri, costruisce su un fondo altrui accade che la scelta tocca al proprietario del fondo”, il proprietario del fondo avrà diritto di scegliere se trattenere la costrizione diventando proprietario per accessione oppure domandarne lo smantellamento/eliminazione. Se il proprietario del fondo preferisce la costruzione fatta dal terzo
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