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Appunti lezioni 1/30 di diritto pubblico, Appunti di Diritto Pubblico

Appunti di diritto pubblico, prof. Davide Galliani

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 04/02/2021

giulia-mennillo
giulia-mennillo 🇮🇹

4.3

(12)

7 documenti

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Scarica Appunti lezioni 1/30 di diritto pubblico e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! DIRITTO PUBBLICO LIBRI CONSIGLIATI: Il mestiere dello scrittore, Se questo è un uomo, I senza memoria, La banalità del male, Nelson Mandela, Libri di Freud/ antropologi, Lettere dal carcere, Gramsci, Ciò che ci unisce non ha tempo, Singer, Porte aperte, Sciascia. Sommario Cos’è il diritto?..........................................................................................................................................1 LO STATO......................................................................................................................................................4 LE FORME DI STATO......................................................................................................................................6 LE FORME DI GOVERNO................................................................................................................................9 L’ORDINAMENTO ITALIANO/STORIA COSTITUZIONALE ITALIANA..............................................................14 LA COSTITUZIONE ITALIANA.......................................................................................................................18 SISTEMI ELETTORALI...............................................................................................................................20 Il referendum..............................................................................................................................................23 IL PARLAMENTO ITALIANO.....................................................................................................................23 Il processo legislativo..................................................................................................................................26 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.........................................................................................................28 IL GOVERNO............................................................................................................................................31 Il procedimento di formazione di Governo.................................................................................................33 Le crisi di Governo......................................................................................................................................35 LE AUTONOMIE TERRITORIALI....................................................................................................................36 LE FONTI DEL DIRITTO.............................................................................................................................38 IL POTERE GIUDIZIARIO...........................................................................................................................42 LA CORTE COSTITUZIONALE....................................................................................................................46 I DIRITTI...................................................................................................................................................49 LE FONTI DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA.........................................................................................55 Cos’è il diritto? Da oltre due mila anni si discute sulla definizione da attribuirgli. La prima risposta da dare che non è sbagliata è che è una scienza umana, distinta da quelle naturali (perfette, descrittive). Le scienze umane dipendono dall’uomo, quelle naturali dalla natura quindi il suo contributo non impedisce lo sviluppo naturale dei fenomeni. La scienza naturale per antonomasia è la fisica (cfr piramidi, un solo mattone e cadono); è una scienza perfetta, descrittiva, dura, senza non si può vivere. Il diritto appartiene alla categoria delle scienze umane, perfettibile come ogni essere umano, sebbene oggigiorno si stia abbandonando la bellezza del dubbio, dello sbaglio ma ciò è già successo nel passato con il fascismo e l’immagine del giovane perfetto, di fascino del popolo proposta in un momento di smarrimento. (Progressiva concentrazione sulla purezza a discapito dell’incertezza). La nostra idea di uomo conta, perché non è da considerarsi perfetto ma PERFETTIBILE, si deve tornare a pensare in termini di giustizia e non di diritto. La difficoltà di guardare alle scienze umane per la loro struttura, sono perfettibili. Non ha alcun motivo l’umanità di sopravvivere dopo Auschwitz, se non fosse per i giovani - Primo Levi. Si devono fare i conti con la perfettibilità dell’uomo: non si può costruire un futuro perfetto, se l’uomo è perfettibile. In campo medico si dibatte sulla natura umana e si è arrivati a dire che nella formazione di un uomo conta molto il contesto. Non esiste un diritto perfetto, ad esempio nel 1938 il diritto vigente prevedeva le leggi raziali, o ancora, la soluzione finale di Hitler era un decreto come i nostri di oggi, era stata approvata. Il diritto prescrive, non descrive, sempre perché l’uomo è perfettibile. Le scienze umane dipendono dall’uomo, quelle naturali dalla natura: la medicina dove si posiziona secondo queste definizione? Non è una scienza perfetta, ma la componente umana incide molto. La chimica? Se si prende in esempio la costruzione della bomba atomica, l’uomo ha influito molto. Il diritto è: 1) una scienza umana che può prescrivere i comportamenti degli individui; 2) un insieme di regole giuridiche , le quali disciplinano i legami tra gli individui in una data comunità, in un dato momento e in dato territorio; le regole giuridiche sono tali perché prevedono sanzioni; 3) per essere considerato diritto, le sanzioni devono essere esterne e istituzionalizzate; 4) è un fenomeno tendenzialmente relativo (esempio del porto d’armi negli Stati Uniti e in Italia) *già il termine delinea una certezza, dei limiti. In inglese, law, deriva dal sanscrito e significa luce (è un’indicazione perché nel buio si vacilla). Il diritto è relativo perché nessuno può stabilire se una cosa è giusta o sbagliata; se qualcuno volesse imporre la propria scelta considerata in termini universali giusta l’unico mezzo per farlo sarebbe la guerra, che sarebbe vinta da chi dispone di una quantità di denaro maggiore. Essere relativista significa essere democratici, oggi le persone hanno tutto il diritto di acclamare ai successi del fascismo fin quando non utilizzano la violenza. L’unico esempio di abbattimento del concetto di relatività arriva con Norimberga, ove si introduce nello statuto i crimini contro l’umanità e il genocidio. Questo non è un approccio etico-sociologico, è una risposta agli avvenimenti storici (durante la seconda guerra mondiale 40 milioni di civili inermi sono stati freddati). Questo è l’unico esempio di assolutezza. La relatività è importante, perché ciò che è ritenuto “giusto” moralmente non è giusto per tutti. L’unico aspetto riconosciuto universalmente è la dignità umana (divieto di strumentalizzazione dell’uomo) cioè che ciascun uomo ha una dignità e non può mai essere utilizzato per raggiungere alcuno scopo e viene prima del diritto da Norimberga. Alcuni esempi di universalità: -ovunque al mondo, oggi, è vietato giustiziare una donna in gravidanza; - NON È UNIVERSALE, la pena di morte non è praticabile ai minori, non in Iran. 2. Chi nasce in Italia, si introduce l’elemento territoriale, la cittadinanza è data a chi nasce in Italia da entrambi i genitori stranieri e la richiede entro un anno dal compimento della maggiore età, dimostrando però di avere avuto la ininterrotta residenza legale in Italia. Chi nasce in Italia da genitori entrambi stranieri, non diviene automaticamente cittadino italiano, lo diviene solo se: -richiede entro un anno dal compimento della maggiore età; -dimostrando l’ininterrotta residenza sul territorio italiano dalla nascita ai 18 anni. Non è automatismo del territorio. 3. Può diventare cittadino Italiano il coniuge di cittadino italiano. Può richiedere la cittadinanza il coniuge a condizione che risieda nel territorio italiano da almeno 6 mesi, o in alternativa se avente residenza all’estero la richiesta è da fare entro 3 anni dal matrimonio. La richiesta può essere rifiutata se in caso di pericolo per la sicurezza dello Stato o se il coniuge a riportato una condanna superiore a 5 anni, tuttavia il diniego può “scadere” passati i due anni. 4. Può essere concessa anche allo straniero che risiede regolarmente da 10 anni, su decisione del ministro degli interni; 5. Discrezione, previa colui che ha reso servizi all’Italia o qualora ricorra eccezionale interesse da parte dello Stato Le richieste di riforma sono state numerose, il problema cruciale non è la tempistica Per la cittadinanza europea i criteri sono differenti, perché viene data automaticamente a chi ha la cittadinanza di uno Stato europeo. 2. Il territorio È tanto attuale quanto importante è il popolo; esso è composto dalla terra ferma, vale a dire la porzione di territorio delimitata da confini che possono essere naturali o artificiali (più un confine è artificiale, più si potrebbero creare problemi, perché i confini sarebbero delineati artificialmente). Il secondo elemento per definirlo è il mare territoriale, è territorio dello Stato anche il mare entro le 12 miglia. Le dodici miglia deriva da una convenzione-regola generalmente riconosciuta, datata 1982 convenzione di Montego Bay. Precedentemente, si utilizzava una “consuetudine” che prevedeva tre miglia come limite, ciò deriva dalla gettata massima dei cannoni utilizzati dallo Stato per difendersi. Fuori dal mare territoriale vige la regola della libertà del mare, più è ampia la distanza della sovranità meno estesa la superficie in cui la regola è applicabile. Inoltre, esiste anche lo spazio aereo statale, la sovranità è estesa anche all’atmosfera, oltre c’è libertà, perché non è territorio di nessuno Stato (guerre stellari: satelliti). Il territorio statale, aereo o imbarcazione battente bandiera (significa che a livello proprietario di chi è il mezzo), è il territorio mobile. Ma esiste anche la piattaforma continentale, il fondo marino, è importante perché, come è successo negli anni ‘70/’80, vi si trovano petrolio, gas e altri fattori di arricchimento per uno Stato. NON è territorio dello Stato, ma hanno particolari guarantige le ambasciate e … dentro un’ambasciata italiana vengono applicate le leggi italiane. Le guarantige sono anche fiscali, si ha il passaporto diplomatico Immunità diplomatica. Il territorio è molto attuale, l’importanza è cresciuta con il territorio di matrice internazionale, in precedenza il terrorismo era di matrice politica. Poi la volontà di alcuni Stati, gli STATI UNITI dopo l’11 settembre, era quella di andare in altri Stati considerati “nemici” senza seguire la sovranità di quelli. + caso Eichmann 3. La sovranità Lo Stato è sovrano quando detiene il monopolio della forza legale. Per attuare la costituzione-nel caso dell’immigrazione- si deve domandare e comprendere la situazione nel suo paese e vedere se in Italia possono essere garantite le condizioni costituzionali. (dignità umana) Articolo 10: non si può vietare l’ingresso agli stranieri a Stati uniti di norme costituzionali internazionali, queste entrano a far parte del singolo sistema giudiziario. Per verificare la ragione per cui si è andati via dal paese, si devono leggere i report delle organizzazioni non governative che sono nel paese. Un’organizzazione no profit ha presentato “ricorso” alla corte costituzionale di Roma per le condizioni disumane di un campo profughi a nord della Grecia, il p.m. non ha chiesto l’archiviazione del caso perché non ha competenze in Grecia ma ha intenzione di mostrare il caso al tribunale dell’unione europea per crimini contro l’umanità. Nel comma 3 vengono esposte tutte le motivazioni per le quali un individuo può andare via dal suo paese e può essere accettato in Italia. LE FORME DI STATO Come si è sviluppato dal punto di vista storico lo Stato? Perché gli Stati sono diversi dal passato? Quali sono gli episodi storici che hanno portato alla nascita dello Stato? Le forme di Stato sono la dimensione verticale del potere politico, il rapporto tra potere e individui. Le tre categorie principali, che la Storia ci riconsegna sono: 1. Stato assoluto (1500/1700); l’état c’est moi Lo Stato da un punto di vista giuridico esiste solo dal 1500 con lo Stato assoluto. In Grecia c’erano le città- stato, ma non sono paragonabili agli Stati nati in seguito. Stato, nelle città stato, è un aggettivo che stava ad indicare una comunanza. Nel Medioevo non esistevano Stati, ogni corporazione aveva un suo tribunale, si aveva molto pluralismo, oggi c’è unificazione. I tribunali permettono di comprendere la nascita degli Stati. Sono due i principali motivi per i quali nasce per la prima volta un sistema tributario unificato, prima le tasse venivano riscosse a livello locale. Nasce una burocrazia centrale che come compito ha la riscossione delle tasse. Questo porta alla riscossione di maggiore denaro, quanto più era efficiente la riscossione dei tributi maggiori erano le possibilità di investire le riscossioni negli armamenti e nei mezzi per le battaglie, ciò ha portato alla conquista di nuovi territori e la formazione dello Stato. Con la riscossione delle tasse nasce anche l’esercito, per combattere in guerra in modo obbligatorio. Era un corpo specifico e pagato dallo Stato, sotto questo punto di vista gli STATI UNITI sono emblematici. Le sue caratteristiche sono che tutti i poteri sono concentrati in un’unica persona, tutto ciò che era pluralismo ora è centrato in questa. Nella maggioranza dei casi è il Capo dello Stato, e spesso un monarca. Lo Stato assoluto fa diventare Capo dello Stato un’istituzione impersonale, così si legano monarchia e Stato, si garantisce la prosecuzione dello Stato e del suo capo, si parla di principio ereditario. Per imporre questo principio si dice che la figura del capo dello Stato ha origine divina, perché- strascico del Medioevo- si ha una mescolanza del potere temporale e del potere spirituale. Il Capo dello Stato ancora oggi ha quell’aureola di sacralità pur non avendo potere-importante- alcuno, un altro strascico del Medioevo. Lo Statuto albertino + prime frasi, conferma che era considerata una figura mistica in grado di tenere unito il popolo. Tuttavia, i cittadini ad un certo punto si ribellano, le tre rivoluzioni borghesi (Inghilterra, Stati Uniti e Francia) portano allo Stato liberale. 2. Stato liberale (1700/1800) Uno dei tratti distintivi dello Stato liberale sta nell’idea della Nazione come entità unitaria e indivisibile, che si pone in una dimensione trascendente quella dei singoli individui. Essa rappresenta un complesso di ideali e valori sociali comune ad una parte significativa del popolo: la borghesia, i cui interessi coincidono con l’interesse generale della Nazione. In alcuni ordinamenti, quali l’Italia e la Germania, lo Stato assume una posizione centrale nell’organizzazione della cosa pubblica: viene dotato di una personalità giuridica e afferma l’idea che il diritto tragga origine dallo Stato. Le rivoluzioni borghesi sono causate dal fatto che unicamente il Capo dello Stato, la sua cerchia e il clero si arricchivano; i borghesi si ribellano perché le loro tasse finanziavano le guerre ciò però non portava ad un arricchimento del terzo Stato, senza la borghesia le guerre non sarebbero stati possibili. Cresce con le guerre il potere economico della borghesia, tuttavia al fortissimo potere economico del terzo Stato corrisponde un inferiore potere politico, perché il Capo dello Stato tiene quel potere per sé e l’aristocrazia. Il sovrano non vuole rinunciare a niente, ma la borghesia non lo accetta: iniziano le rivoluzioni. Se nello Stato assoluto ogni potere era accentrato in un unico individuo, lo Stato liberale nasce con gli illuministi-Montesquieu e Tocqueville- perciò con la distinzione dei tre poteri in tre differenti istituzioni. Con gli Stati liberali nasce l’idea che le leggi devono essere fatte da un Parlamento eletto. Inizialmente il potere esecutivo era rimasto al Re, che man mano delega ad un suo governo (all’inizio degli aiutanti), quanto più si afferma lo Stato liberale più si afferma questo governo a condizione che questo sia con il tempo sia rieletto dal Parlamento. Con il tempo questo viene a far parte del Parlamento e il re diventa sempre più una figura simbolica. Negli Stati liberali, i poteri sono tutti sottoposti alla legge, è uno Stato di diritto, infatti nascono le Costituzioni, esse hanno delle caratteristiche:  devono essere scritte, è importante perché il periodo è quello dell’Illuminismo. Nascono i codici, nasce l’obbligo di motivazione scritta (i giudici che amministravano le sentenze per conto del re non dovevano motivare una sentenza).  devono essere corte, perché non si ha il bisogno di molti articoli se i diritti sono pochi (proprietà, libertà dagli arresti arbitrari; ai borghesi non interessava degli altri). I borghesi non volevano un’intrusione da parte dello Stato nell’economia. Con la democrazia le costituzioni si allungano.  sono definite flessibili, la sovranità parlamentare e l’importanza delle leggi sono fondamentali, tuttavia la costituzione poteva essere modificata da una legge. Tolti gli Stati Uniti, negli Stati liberali non esistono le corti costituzionali, che garantisce e preserva le costituzioni. La Costituzione rappresenta, nello Stato liberale, la fondamentale garanzia dei diritti della libertà e la consacrazione del principio della separazione die poteri; vi si sanciscono gli elementi dell’ordinamento statale, come massima espressione della volontà generale. +Sacco e Vanzetti Lo Stato liberale è ucciso dalla nascita della politica partitica, sono di più i sindacalisti in Parlamento. Formalmente, il cittadino vota i grandi elettori del suo Stato, in numero pari a quanti sono i deputati e i senatori di ciascuno Stato, che voteranno il Presidente in base ai voti ricevuti. Biden vince la California: i cittadini californiani hanno votato i delegati democratici, che quando andranno a votare formalmente il Presidente dovranno votare Biden. Il “prototipo” sono gli Stati Uniti d’America:  elezione come se diretta del Presidente  il Presidente ha il potere esecutivo  *il Presidente non può sciogliere il legislativo, non si può sciogliere il Parlamento  *il legislativo non può sfiduciare il Presidente (solo in caso di impeachment, ma non riguarda motivi politici di malgoverno, riguarda reati commessi durante il mandato nell’esercizio delle sue funzioni). Il sistema USA presenta molti check and balance:  le più importanti nomine del Presidente (come i Trattati) devono ricevere il cd. advise and consent del Senato *Quando si ragiona sugli Stati uniti, il ruolo ce l’ha il Presidente (lo dice il nome) ma esistono anche i check and balance, alcune nomine molto importanti (FBI, CIA…) sono fatte dal Presidente ma devono ricevere l’advise and consent di una delle due camere, si deve chiedere al Senato se la tua proposta per quella carica va bene e finché il Senato non approva la persona non può essere nominata. *Il Presidente può nominare i giudici della Corte Suprema, che poi dovrà essere approvata dal Senato, è esattamente ciò che sta succedendo ora. *Ciò è molto importante, perché se facesse tutto il Presidente si parlerebbe di imperialismo, si bilancia il suo potere.  il Presidente ha il potere di veto sulle leggi del Congresso: se esercitato obbliga il Congresso alla riapprovazione con i 2/3 dei voti, è fondamentale perché negli USA esistono due camere, perché metà andrà ai repubblicani e metà ai democratici, in quel caso vince il presidente vigente. Il balance andrà al Presidente.  Infine, il rinnovo biennale di tutta la Camera e di un terzo dei senatori costituisce il fondamento di quello che si definisce il governo diviso: Presidente e legislativo sono spesso di colore politico diverso. È forse il più importante check and balance, altrimenti il potere è fisso e invariabile, è una fortissima probabilità di avere un Parlamento di un colore politico diverso dal suo; se entrambe le parti sono democratici, le leggi approvate saranno democratiche, se invece il presidente è democratico e il Senato è repubblicano le leggi del presidente saranno rigettate. Ogni Stato ha due senatori, il motivo è storico. Gli USA nascono come colonie e a tutte si dà lo stesso peso. Il Presidente non risponde di niente al Congresso. Il Presidente è immediatamente eleggibile dopo un mandato per un massimo di due. Il problema principale del presidenzialismo è il pericolo di “blocco” del sistema quando il Presidente è di colore politico diverso da quello in maggioranza nel legislativo. Il Presidenzialismo americano non disegna un sistema forte, di certo il Presidente è molto esposto; ma da altri punti di vista è molto più forte un presidente del consiglio. Il Presidenzialismo per la storia si è esteso dagli USA all’America latina, quando questi sono diventati indipendenti, il Presidenzialismo è stato copiato, ha avuto un influsso-militare- gigantesco. Per quale motivo questo il presidenzialismo in USA non è imploso, ma lo stesso pericolo di blocco in America latina è imploso? Anche in America alcuni presidenti sono stati uccisi, ma non centra la separazione dei poteri perché sono riusciti ad andare oltre il blocco. La differenza è stato il sistema dei partiti, negli USA è uninominale (c’è una grande probabilità di avere solo due partiti in Parlamento, però non hanno la stessa concezione di partito perché questi sono solo un mezzo per avere più voti). Lo “snodo” del funzionamento del sistema degli USA sono i partiti politici: non ideologici, flessibili, partiti elettorali. Anche il numero dei partiti è importante (solo due negli USA), ma non quanto il come sono organizzati. Nell’America latina è forte l’influenza dell’Europa, molti dei paesi hanno ben più di due partiti perciò sciogliere il blocco è molto più difficile (basti pensare al Brasile che ha circa una ventina di partiti). Tuttavia, i partiti sono molto diversi dagli Stati Uniti, non c’è predisposizione a rompere il blocco. I pregi del presidenzialismo sono:  la stabilità dell’esecutivo;  la chiara imputazione della responsabilità politica, non esistono “accordi sottobanco” e tutto fatto con la massima trasparenza. Non è una questione di ideologia, cfr Italia;  la personalizzazione della politica contro il disinteresse e la cd. “partitocrazia”. In Italia le persone sono disinteressate alle segreterie dei partiti, questo è un risultato di tangentopoli. Negli Stati uniti esiste al contrario la personalizzazione della politica, non esistono segreterie dei partiti, al massimo esiste il vice presidente. I suoi difetti sono:  se il Presidente è incapace non ci sono mezzi per sostituirlo;  il Presidente non può obbligare il legislativo a seguirlo, non può dire al Congresso di approvare una legge, può solo interloquire, non ha potere legislativo. In Italia accade il contrario;  lo strapotere delle lobbies che si sostituiscono alle ideologie. Non è un problema ciò che rappresentano le lobbies, perché loro sono democratici, tuttavia non dovrebbero avere un eccesso di potere, sono gruppi di pressione;  la possibile deriva plebiscitaria e videocratica 2. Parlamentarismo, Inghilterra (Germania e Italia hanno tutt’e due hanno la stessa forma di governo ma hanno avuto un diverso numero di Presidenti del consiglio) Il parlamentarismo nasce a seguito delle rivoluzioni, infatti la prerogativa, lo si intuisce dal nome: è il Parlamento. Questo nasce con la funzione di limitare il potere del monarca, si gettano dunque le basi della separazione di poteri, tanto richiesta con le rivoluzioni borghesi del 18esimo secolo. Il primo a teorizzare questa separazione fu Locke in Inghilterra; in un primo momento fu riconosciuta la funzione del Parlamento, così si ha una prima distinzione, in seguito questo acquisisce la supremazia sulla monarchia. Così Locke distingue tre funzioni: quella esecutiva (del Parlamento, era intesa come un potere autonomo), quella legislativa e quella federativa (entrambe attribuite al monarca, questo perché considerate indipendenti). Il contesto in cui la separazione dei poteri in Francia è differente ed è a opera di Montesquieu: potere legislativo (si fonda sulla volontà del popolo espressa nelle assemblee), potere esecutivo (detenuto dal monarca, preserva l’ordine dell’ordinamento) e potere giurisdizionale (si occupa delle controversie tra privati). Tuttavia, altri illuministi come Rousseau, il cui pensiero era molto più democratico; in questo caso la forma di governo più adatta è quella dove il potere legislativo e quello esecutivo sono nelle mani dell’assemblea democratica, tuttavia questo non poteva essere applicato nella realtà e il filosofo ripropone la distinzione dei poteri, ciò non è che l’espressione di assemblee popolari o elette dal popolo. La tripartizione del potere viene poi espressa nella costituzione: -la funzione legislativa: produce norme generali e astratte; -la funzione esecutiva: cura degli interessi pubblici; -la funzione giurisdizionale: si esprime con la sentenza. La sua applicazione più coerente avviene nella Costituzione degli Stati Uniti. Perché dove esiste il presidenzialismo non esiste il Presidenzialismo? Il primo motivo è storico: la formazione degli Stati in Europa è stata guidata dal Monarca la cui legittimazione era il principio ereditario: non si è posto il problema del “come” eleggere il Capo dello Stato. Quando le monarchie iniziano a crollare con le Repubbliche, gli Stati avrebbero potuto scegliere il Presidenzialismo (in Italia il 2 giugno 1946 si vota il referendum), ma non è stato fatto perché si era usciti da dittatura e quindi in tanti non volevano introdurre il Presidenzialismo, seppur non sinonimo di dittatura ma il potere poteva essere concentrato nuovamente in un'unica persona (si poteva rischiare un nuovo Duce). Essenziale per questa forma di governo è la fiducia tra governo e Parlamento, che viene eletto dal popolo; è fondamentale il sistema partitico per la stabilità del governo, poiché se sono presenti numerosi non si formano maggioranze solide. Il Parlamentarismo nasce in Inghilterra, si mettono insieme i contendenti e riescono a far cadere il Re. Ciò che lo distingue dalle altre forme di governo: l’esecutivo sta lì solo se il legislativo lo vuole lì: fiducia parlamentare, è una caratteristica comune ad ogni parlamentarismo. Il governo prevale sulla monarchia e il Premier è centrale. Non esistono paesi in Europa dove si elegge direttamente il Presidente. Il Parlamento ha uno strapotere, si ha il rischio che si abbia una dittatura parlamentare, seppur nato per contestare la concentrazione dei poteri in una persona. Esistono accordi sotto banco per la partitocrazia. Tuttavia, vi sono molte differenze nel rendimento di tali forme di governo, in ragione di diversi fattori, come, per esempio, il sistema dei partiti, il sistema elettorale e diversi congegni di razionalizzazione1 delle forme di governo parlamentari.  L’esempio emblematico è il sistema inglese del premierato: Il Governo è sempre monopartitico se sono due: uno è nella maggioranza e l’altro nella minoranza (laboristi e conservatori), il sistema elettorale è uninominale, il sistema dei partiti è bipartitico e i partiti sono altamente e fortemente disciplinati. Inoltre, il Premier è il leader del partito di maggioranza in Parlamento, se uno del suo partito vota diversamente vien escluso dal partito. Tutto ciò significa che, anche se formalmente i forti poteri dell’esecutivo appartengono ancora alla Corona, questi sono di fatto di competenza del Premier: basti pensare allo scioglimento della Camera dei Comuni e alla nomina e la revoca dei Ministri. Il Premier può sciogliere il Parlamento, cambiare i ministri. Il sistema inglese ha la più forte concentrazione di potere democratico al mondo in una sola persona: Blair in dieci anni non ha mai trovata alcuna opposizione in Parlamento da parte del suo partito, tranne per la legge sul terrorismo.  Un altro esempio è la Germania, il cancellierato: Il Cancelliere viene eletto senza dibattito dalla sola camera politica, il Bundenstag. Lo strumento di razionalizzazione classico del sistema tedesco è la sfiducia costruttiva (il Cancelliere può essere sfiduciato solo e soltanto se il Bundenstag elegge a maggioranza un nuovo Cancelliere), questo dà stabilità al governo. 1 Razionalizzare: assicurare maggiore stabilità al governo e alla sua capacità di mettere in atto l’indirizzo politico e i programmi di governo su cui ha ottenuto la fiducia. In questo scenario nascono i partiti di massa e i sindacati che metteranno in difficoltà questo sistema. In Italia, il 23 marzo 1919, in Milano san Sepolcro si riunirono delle persone per creare i fasci di combattimento: si passa al secondo periodo. 2. Periodo fascista (1922/1943) Come il nazismo, in Italia il fascismo nasce quasi su basi legali. Quando i fasci di combattimento crescono fino ad arrivare alla marcia su Roma, si utilizza la violenza, si occupano le posizioni strategiche seminando paura. Il 28 ottobre 1922, il Re Vittorio Emanuele III incarica Benito Mussolini di formare il governo (prima c’era Facta). Ciò fece discutere e oggi genera un gran dibattito, il sovrano era legalmente abilitato a farlo, tuttavia era discutibile perché: -il governo aveva pronto il decreto di Stato d’assedio; erano pronti a combattere i fasci con la violenza, reagisce perché ha il monopolio della forza, lo Stato sarebbe riuscito a vincere i fasci; -in una forma parlamentare, figlia di quella liberale, il re dovrebbe dare l’incarico a una persona che presumibilmente ha la maggioranza; Mussolini poteva contare su una trentina di deputati. Però ha rispettato lo Statuto, così come è successo in Germania con Hitler. Il 16 novembre c’è stato il primo discorso in Parlamento, deve ricercare i voti per la fiducia. È passato alla storia come il discorso del bivacco: “avrei potuto usare la violenza con voi ma non l’ho fatto”, “rispetto tutte le fedi, soprattutto quella cristiana”: ottenne 306 voti a favore, 116 contro e 7 astenuti. Gramsci lo definì l’uomo nuovo. Per evitare la guerra civile si fa arrivare il fascismo con la legalità. Una delle prime cose che fa è una modifica elettorale, alla quale Matteotti si lamenta e la sua fine la conoscono tutti. Nel 1923 nasce la milizia nazionale fascista, quelle che poi saranno le Camicie nere: campanello d’allarme. Per gli storici comunque era “normale”; il 6 aprile 1924 si tennero le elezioni e le due liste fasciste ottennero il 66% dei voti, seppur ridotta esisteva un’opposizione in Parlamento; il tre gennaio 1925 nasce il fascismo: Mussolini si assume tutte le responsabilità del delitto Matteotti: ciò vuol dire che ognuno avrebbe poi fatto la stessa fine di Matteotti. Da lì nascono le leggi fascistissime, che fanno uscire l’Italia dalla forma di Stato liberale ma diventa una forma di Stato autoritaria/dittatoriale. Vengono dichiarati decaduti tutti i parlamentari che avevano deciso di uscire dal Parlamento. Si impone un solo partito, quello nazionale fascista, gli altri vengono dichiarati sciolti. Una legge molto importante è quella del giuramento di fedeltà al partito per avere un impiego pubblico (in università solo 13 professori su 1200 si rifiutarono). La caratteristica del fascismo è il fatto che fosse una dittatura di massa, inizialmente era accettata dalla società. le università non sono che un riflesso della società, infatti la stragrande maggioranza giurò. Tuttavia, fra chi giurò vi era anche chi voleva continuare la sua battaglia per la democrazia dentro il fascismo. Alcuni sottolineano una normale esigenza di un reddito. Le leggi fascistissime comprendono la modifica della nomina in Duce del Capo del governo, questo fa intuire che è cambiato tutto. Al re la nomina e la revoca dei ministri, resta in vigore lo Statuto Albertino, tuttavia il potere era ancora nelle mani di Mussolini. Nel 1926 vengono chiusi i comuni, tolti di conseguenza il consiglio comunale sostituito da un podestà, un organo inviato dal Governo. Nello stesso anno viene istituito il Tribunale speciale il cui compito era quello di punire chi era contro il Partito/regime. Inoltre, si reintroduce la pena di morte confermando la assoluta vicinanza e i regimi non democratici, ancora oggi ciò è veritiero solo USA e Giappone sono democrazie e hanno in vigore ancora oggi la pena di morte. Nel 1928 nasce il Gran consiglio del fascismo, un organo ausiliario il cui compito era quello di aiutare il Governo ???, doveva stilare una lista di persone dalla quale il re avrebbe dovuto scegliere in caso di assenza di un ministro. Il potere resta al re ma sta facendo tutto Mussolini. Il fascismo non nasce anti ebraico, ma poi le leggi del 1938 vengono emesse. Divieto di matrimonio tra razze diverse, questa è una pagina disgustosa per la discriminazione, ma anche perché quando i nazisti invadono l’Italia devono recarsi in comune per trovare gli ebrei. Nel 1938 scoppia la Seconda guerra mondiale, nel giugno del 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Germania, spiegando che sarebbe stata una guerra lampo a fianco della potenza tedesca. A differenza della prima, in questa vi furono 60 milioni di morti, di cui 40 milioni sono civili, tra cui le vittime dei campi di concentramenti. In Italia, la guerra è vissuta in modo complesso, si dice che nessuno aveva mai creduto alla guerra lampo, il paese era già particolarmente stanco, si è nella fase di declino, perciò la guerra non è vissuta come altrove cioè di un’economia fiorente. La guerra contribuisce a segnare la fine di Mussolini. Il 24 luglio 1943, dopo tre anni di morti, di guerra, il Gran consiglio del fascismo si ritrova e approvano un ordine del giorno, l’ordine del giorno Grandi, in cui si chiede al re di assumere l’effettivo comando delle forze armate e di prendere le supreme decisione, si appella allo Statuto. L’intenzione era quella di allontanarsi da Mussolini e dalla Germania. Il giorno dopo il re convoca Mussolini e lo fa arrestare, il re nomina il generale Badoglio. Il re poteva revocare il capo del governo, ma non arrestare: si verifica quello che gli storici chiamano un colpo di Stato monarchico. La guerra tuttavia continuò a fianco della Germania, ma dal giorno dopo si lavora per uscirne, iniziano le trattative con gli Alleati. Si arriva l’8 settembre e si firma l’armistizio, fine delle ostilità, si collabora con il comando alleato presente in Italia. In guerra, armistizio significa consegna agli alleati dell’intera flotta navale. Questa data è molto importante perché:  Morte della patria: l’esercito è lasciato senza indicazioni, il re fugge a Brindisi. Ci furono delle resistenze ai tedeschi, si guardi alla strage di Cefalonia, tuttavia la maggioranza depone le armi. I soldati che decisero di disarmare i tedeschi furono portati nei campi di internamento, la Germania li considerò prigionieri di guerra. I tedeschi si inventarono una nuova denominazione internati militari, così possono trattarli in modo differente dai prigionieri di guerra (la legge era che li dovevano trattare come si aspettavano che l’altro paese avrebbe trattato i loro). Così la croce rossa non può entrare nei campi di internamento, questo perché gli impediscono anche di vedere i campi di concentramento a fianco.  Nascita della RSI, quattro giorni dopo i nazisti liberano Mussolini dal luogo dove era detenuto e la Germania dichiara il territorio italiano territorio di guerra. A quel punto scende da nord la Germania e mettono a capo della repubblica sociale italiana di Salò Mussolini, che però era gestito sostanzialmente da Hitler in persona. Il suo obiettivo era quello di continuare la guerra a fianco dei nazisti, che voleva processare coloro che approvarono l’ordine del giorno Grandi, ma soprattutto stanare i partigiani.  Nasce la resistenza, già il giorno dopo nasce il comitato di liberazione nazionale, formato dagli appartenenti ai partiti sciolti. 3. Periodo provvisorio (1943-1946) Dal 1943 al 1944 fu in vigore il primo governo Badoglio; le prime azioni furono la soppressione degli organi introdotti d fascismo, inoltre, il generale si impegnò a garantire una nuova elezione della Camera dei Deputati dopo 4 mesi dalla fine della guerra, tuttavia, l’annuncio atteso della fine non arrivò. Anzi, Badoglio non abrogò le leggi raziali e non chiuse i campi di internamento presenti sul territorio italiano, introdusse inoltre la censura preventiva di stampa e il coprifuoco nazionale. Il rapporto tra comitato nazionale di liberazione e il governo Badoglio è difficile: si vietano le manifestazioni politiche. Il problema istituzionale maggiore era il futuro della monarchia, perché il ventennio di dittatura è dovuto anche al re, il comitato si preoccupava di liberare l’Italia dai tedeschi. Ad un certo momento però c’è la svolta, la svolta di Salerno, agli inizi del 1944, Togliatti torna dalla Russia trova una Salerno devastata dalle bombe e esce dall’impasse. Il partito comunista italiano è favorevole ad un nuovo governo Badoglio, riconosce il partito comunista italiano il governo ufficiale e quindi la monarchia. Tuttavia, nel nuovo governo devono entrare anche dei rappresentanti dei comitati di liberazione nazionale, si rimanda il problema istituzionale a patto che il nuovo governo sia formato da persone democratiche e che sia formata una Costituente. Si istituisce la Luogotenenza2, il Re nomina suo figlio Umberto, che avrebbe preso la carica solo dopo la liberazione di Roma; dunque si forma il secondo governo Badoglio, che però dura solo 45 giorni. Il 5 giugno 1946 Roma viene liberata e Umberto diviene luogotenente (i suoi compiti erano amministrativi. L’Italia è un paese spaccato militarmente e politicamente. Tanto quanto il comitato e quanto la Repubblica socialista sono governi italiani. Il rapporto tra il comitato e il governo Badoglio non è mai stato facile. Dopo il nuovo governo, i problemi di collaborazione con il comitato di liberazione nazionale non si risolvono e nasce il governo Bonomi e la questione istituzionale non può più essere rimandata. Chi decide? Nel comitato erano repubblicani, la Democrazia Cristiana anche tuttavia una sua parte era di fedeli alla monarchia, non erano pro al re in quanto tale ma alla forma monarchica, il re non lo voleva più nessuno. Poi si decide di far decidere ai cittadini, le sinistre accettarono senza problemi: si trattava di democrazia, la Democrazia Cristiana è spaccata. Si arriva al 2 giugno del 1946. Cade così il governo Badoglio, la carica di Capo del Consiglio viene affidata a Bonomi, il cui governo sarà formato da antifascisti. Il primo governo Bonomi approva la prima costituzione provvisoria, formata da soli sei articoli, i quali ribadiscono la necessità di un’elezione. Si forma il secondo governo Badoglio in cui introduce il suffragio universale, si forma la Consulta nazionale, che approverà la legge elettorale per l’elezione dell’Assemblea costituente). Il 25 aprile del 1945 l’Italia viene liberata e dunque viene formato un nuovo governo, quello di Patti (esponente del CLNAI), che presto verrà sostituito dal governo di De Gasperi, che eleggerà i Consigli Comunali e costruirà una seconda costituzione provvisoria. Questa prevede un referendum popolare per l’elezione dell’Assemblea Costituente:  Se avesse vinto la Repubblica : l’Assemblea avrebbe dovuto eleggere un Capo provvisorio dello Stato fino all’elezione del nuovo. Fino all’elezione del Capo provvisorio, le sue funzioni sarebbero state assolte dal Presidente del Consiglio. Questo avrebbe comportato la caduta del governo; il nuovo governo sarebbe stato scelto dal Capo dello Stato.  Se avesse vinto la monarchia : la luogotenenza sarebbe continuata fino alle disposizioni dell’Assemblea Costituente, che avrebbe chiamato due nuove Camere. Il potere legislativo sarebbe rimasto al Governo. Sempre la Costituente, avrebbe potuto sciogliere il Governo con la maggioranza.  La Costituente si riunisce il 22esimo giorno dalle elezioni e sarà sciolta una volta approvata la Costituzione; questo sarebbe avvenuto entro gli otto mesi dalla prima riunione (proroga di quattro mesi). 4. Periodo democratico (1946/-) 2 La luogotenenza è un istituto che regola l’abdicazione e la reggenza. Principio pluralista e della promozione del decentramento e delle autonomie territoriali. Il principio di sussidiarietà Afferma l’unità della Repubblica, non si ammettono secessioni o indipendenze. Si promuovono le autonomie locali e il decentramento amministrativo dei servizi che dipendono dallo Stato. Il concetto di autonomia è strettamente legato a quello di democrazia (cfr art 1) ART. 48. Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge. 4 Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. Il voto è personale indica che non è ammesso il voto per delega, è talmente democratico che è la persona se è incapacitata a andare, non vota. Eguale: one man, one vote. Ogni voto ha uguale importanza, non può giuridicamente valere in modo diverso, ancora una volta viene sottolineata la democrazia. Il voto è segreto, non si deve mai sapere di chi è quel voto altrimenti è nullo, questo è importante perché durante il fascismo le votazioni avvenivano in presenza delle camicie nere, dopo il fascismo avviene lo stesso ma con la mafia. SISTEMI ELETTORALI Il voto è dovere civico: significa che non è un obbligo. Mediante il voto, il popolo conferisce il crisma della legittimità all’azione politica degli organi costituzionali e rende democratica la gestione del potere. Per esercitare il diritto di voto è richiesto il raggiungimento dell’età adulta che presuppone l’acquisizione di un grado di maturità personale. Inoltre, è necessario il possesso della cittadinanza nello Stato in cui si deve votare, poiché si deve attuare il proprio interesse nella vita istituzionale. Il corpo elettorale è quindi costituito dalla parte politicamente attiva del popolo, che esercita il proprio diritto di voto manifestando la sovranità popolare. Esso è l’organizzazione di base dell’ordinamento e rende democratici i poteri dello Stato, attiva la macchina costituzionale (cfr art 48). In Italia, il corpo elettorale può votare a suffragio universale diretto solo il Parlamento, mentre il Governo sarà designato successivamente dagli schieramenti politici confluiti in Parlamento, sulla base dei rapporti di forza conseguenti all’esito elettorale. A livello territoriale, il corpo elettorale è chiamato ad eleggere gli organi rappresentativi locali e i vertici Esecutivi; in questo caso votano i cittadini che risiedono in un determinato ambito geografico, questo serve a delimitare la circoscrizione elettorale. L’unico caso, in Italia, in cui il corpo elettorale può esercitare la sua sovranità in modo diretto con il referendum, dove determina le scelte politico-legislative. L’elettorato si distingue in attivo e passivo:  Elettorato attivo: è il corpo elettorale, l’insieme dei cittadini idonei a votare;  Elettorato passivo: cittadini idonei a candidarsi ed essere votati. Per la Camera è richiesto il compimento dei 25 anni d’età, per il Senato sono invece 40, e per essere eletto Presidente della Repubblica sono necessari 50 anni. Per le elezioni in Parlamento, nella Costituzione sono citate le cause di ineleggibilità e di incompatibilità: con le prime, sono escluse dal candidarsi le persone che avrebbero un’influenza sul corpo elettorale di riferimento; con le seconde, si intendono gli individui che già ricoprono altre cariche istituzionali, per cui si richiede l’assunzione e l’espletamento in via esclusiva dal mandato, questi possono candidarsi, ma in caso di vittoria devono scegliere quale delle due cariche portare avanti. Dopo il diritto di voto è importante regolare i sistemi elettorali. Non basta la possibilità di votare per avere la democrazia, ma senza non c’è democrazia, è una caratteristica necessaria ma non sufficiente. I sistemi elettorali sono sistemi che traducono i voti in seggi, trasformano la volontà popolare in voti. Il sistema elettorale identifica il procedimento che, da un lato, consente il concreto esercizio della sovranità popolare e, dall’altro, permette di misurare i rapporti di forza tra partiti che si candidano ad assumere la gestione delle istituzioni. Esso comprende tutto ciò che riguarda il procedimento elettorale, il calcolo per tradurre i voti in seggi è invece la formula elettorale. Esistono due tipi di sistemi elettorali: quelli maggioritari e quelli proporzionali. Il sistema maggioritario è tipico dell’epoca liberale. Come tutto ciò che riguarda il periodo liberale, è molto chiaro e lineare; era presente nel mondo anglosassone. La regola su cui si basa, che prevede che si crei un collegio su un territorio. Attribuisce il seggio al candidato che ottiene più voti nel collegio elettorale, il territorio è diviso in collegi uninominali. Esso si divide per il grado di consenso polare richiesto per l’assegnazione del seggio: majority (maggioranza assoluta) e plurality (maggioranza relativa). Il sistema maggioritario garantisce la governabilità, a discapito della democrazia e della rappresentatività, non vengono rappresentate le minoranze. Trump contro Clinton ha perso in voti popolari, ma ha vinto i grandi elettori. Non ci sono possibilità di compromessi, di coalizioni: si forma una maggioranza compatta. Questo sistema, a discapito delle minoranze, rende più forti i due partiti principali, che sono destinati ad alternarsi, si rafforza anche il rapporto dell’esecutivo con il Parlamento. Un partito può anche non vincere il voto popolare, ma conquistare più seggi per vincere el elezioni. La California ha 60 milioni di abitanti e ha tanti grandi elettori, ma Trump non ha mai fatto campagna elettorale lì, non li avrebbe mai “conquistati”, probabilmente avrebbe conquistato una buona percentuale ma non sarebbe stata più alta di quella di Biden che quindi conquista i grandi elettori. Il sistema proporzionale è tipico del periodo democratico, si adotta quando si esce dal periodo liberale o da una dittatura, perché garantisce la rappresentanza e la democrazia, a discapito della governabilità. La regola su cui si basa è che si hanno tanti seggi quanti voti si prendono (il collegio è plurinominale). Consente di tutelare meglio le minoranze e garantisce il pluralismo e rappresentatività. Il numero di seggi assegnati è dato dal metodo del quoziente: si divide il numero dei voti per il numero di seggi da assegnare, permettendo così la rappresentatività. Questo sistema però, porterà alla formazione di coalizioni dell’esecutivo, facendo sì che i partiti di maggioranza si uniscano e facciano dei compromessi sui loro programmi; anche il Presidente del Consiglio non sarà necessariamente il leader del partito di maggioranza relativa. Le dittature sono nate per una serie di fattori economici, sociali e istituzionali. I governi antecedenti avevano una durata media di 10 mesi a causa delle coalizioni. Quindi con l’arrivo dell’uomo forte, si ha anche la percezione di stabilità dell’esecutivo, ma anche della democrazia. Tuttavia, il sistema proporzionale ha degli elementi che lo rendono vicino al sistema maggioritario:  Clausola di sbarramento: esclude dalla ripartizione di chi ottiene meno voti di una soglia di voti. Se un partito non raggiunge la percentuale sufficiente, non gli vengono attribuiti dei seggi. In Germania la clausola di sbarramento è del 5%, in Turchia del 10%.  Premio di maggioranza: si regalano dei seggi in più a chi ha più voti, togliendoli quindi a degli altri. Questo avviene per garantire la governabilità. La maggioranza è creata artificialmente. Si ha un numero di seggi non proporzionale rispetto. ELEMENTO MOLTO ITALIANO  Dimensione della circoscrizione: quanti seggi elegge una regione, tanto è più grande tanti più sono i seggi che elegge, tanto più alta è la rappresentatività. Se la circoscrizione è molto piccola, di meno saranno di meno i seggi a cui ambire quindi solo i partiti che prendono più voti. Il passaggio dallo Stato liberale a quello democratico, del 1919, segna anche il cambiamento dal sistema maggioritario a quello proporzionale. Nel 1922 arriva il fascismo e vuole cambiare il sistema nel sistema, vuole mantenere il sistema proporzionale, ma vuole dare un premio di maggioranza di 2/3 dei seggi al partito che ottiene più del 25%: è la legge Acerbo. A questa si oppose Matteotti, che fu poi assassinato. Nel 1946 viene riformata la legge Acerbo e si ritorna al sistema proporzionale, però la Democrazia Cristiana decide di riformare la legge elettorale (c’è lo zampino degli USA che vogliono escludere il partito comunista italiano, uno dei più forti in Italia): viene introdotta la legge truffa. Nel 1953 si stabilisce che chi ottiene la maggioranza assoluta (50%+1), ha diritto ai 2/3 dei seggi della Camera. È così denominata perché ricorda i 2/3 dell’epoca del fascismo, ma quanto a democraticità il premio è artificiale, ma è comunque più accettabile della legge Acerbo (il partito viene votato dal 50%+1 del popolo). Solo la DC poteva aspirare alla maggioranza assoluta, l’ha sfiorata: alle elezioni prende il 49,8%. I 2/3 della Camera possono approvare una riforma costituzionale senza il referendum. Provocò molti disastri, anche Einaudi si mostrò contrario, poiché s’incorreva nel rischio di snaturare la revisione della Costituzione. Ancora, al Senato (dove si dimise il Presidente) mancavano 100 senatori che tuttavia comparivano nel verbale. Nel 1993 viene riformata la legge elettorale (legge Mattarella): si introduce un sistema misto ma prevalentemente maggioritario. Il 75% dei parlamentari sarebbe stato eletto in collegi uninominali con la formula maggioritaria: plurality; il rimanente 25% dei seggi del Parlamento sarebbe stato eletto con una formula proporzionale (¾ dei seggi viene attribuito in maniera maggioritario e il resto in maniera proporzionale). Nel 2005 viene emanata la legge Calderoli/porcellum per rimarcare la dimensione bipolare della politica; vengono attribuiti 340 seggi alla Camera dei deputati e il 55% dei seggi a livello regionale per il Senato al partito che ottiene la maggioranza dei voti. Maggioranza relativa, non maggioranza assoluta, si può vincere anche con il solo 16%. Questa però, va ad intaccare la rappresentanza fedele della volontà elettorale, inoltre, il premio era assegnato in maniera diversa alle due Camere aumentando così il rischio che le maggioranze ottenute nelle due Camere fossero diverse. Ancora, l’elettore non poteva esprimere una preferenza verso un candidato, le soglie di sbarramento erano diverse per le due Camere. Viene dichiarata incostituzionale perché non vi è la previsione di una soglia necessaria per ottenerla, e dopo la sentenza nel 2015 si modifica la legge elettorale, si chiama Italicum, è proporzionale con la clausola di sbarramento del 3%. Si fonda su un riparto proporzionale dei seggi e il premio di maggioranza era pari 340 seggi, questo veniva attribuito al quorum pari almeno al 40% dei voti. Oggi è in vigore la legge Rosato del 2017, è chiamata Rosatellum: circa un terzo dei seggi parlamentari con un metodo maggioritario e circa i due terzi con metodo proporzionale. (Il 37% dei seggi è assegnato a un sistema uninominale maggioritario; il 61% è ripartito proporzionalmente tra le coalizioni e le singole liste che hanno superato le soglie di sbarramento (3% a livello nazione per le singole liste, 20% a livello ragionamento è stato che il Senato è elettivo, devono essere eletti dai cittadini, altrimenti non sussiste il principio elettivo. Pertini ne nominò 5, anche se ce n’erano già 5, non successe niente perché godeva di forte consenso. Dopo di lui se ne nominarono solo quando il numero di senatori nominati era inferiore a 5. Hanno anche una praticamente uguale struttura; ogni camera ha un presidente: ha il compito di rappresentarla all’esterno e di organizzarne i lavori. Inoltre, nomina i componenti di autorità indipendenti e i presidenti di organi parlamentari. Il Presidente del Senato è il supplementare del Capo dello Stato; il Presidente della Camera presiede il Parlamento in seduta comune. Il Presidente di una Camera ha anche un ufficio di presidenza, che viene eletto dall’Assemblea (4 vicepresidenti e un numero variabile di segretari), il cui compito è amministrare la Camera, farne bilanci e resoconti. Ogni camera ha un proprio regolamento, come se fosse una Costituzione propria; tra i principi costituzionali riguardanti la Camera e del Senato è la pubblicità delle sedute, non si può deliberare in segreto (prima era garantita dai resoconti stenografici), inoltre un principio costituzionale riguarda il quorum delle sedute, ne esistono due:  strutturale : per essere valide le sedute di entrambe le camere, deve essere presente la maggioranza assoluta dei suoi componenti (316 deputati) / quorum legale, serve per deliberare, per ritenere valida una seduta.  funzionale : maggioranza richiesta dalla costituzione per approvare le leggi, la fiducia. È una maggioranza relativa, cioè che prevalgono i sì sui no e sugli astenuti per la fiducia; il discorso è diverso per una legge di modifica della costituzione è necessaria la maggioranza assoluta dei voti (quorum strutturale + funzionale). La Costituzione prevede altri principi sul Parlamentare, aldilà dello status del candidato. La legge prevede le cause per l’ineleggibilità e di incompatibilità, vi è però una differenza: l’ineleggibilità impedisce alla persona che ricopre quella carica ineleggibile di ricorre alle elezioni. Incompatibile è diverso: fanno campagna elettorale, ma se eletti incorrono alla ineleggibilità, deve scegliere tra le due cariche. L’ultimo principio costituzionale riguardante deputati e senatori è che il parlamentare ha un’indennità stabilità dalla legge, è importante perché si evita che i parlamentari siano solo chi può vivere del proprio reddito, era il contrario solo con lo Statuto albertino. In ogni camera ci sono gruppi parlamentari: ogni parlamentare deve dichiarare a quale gruppo intende aderire; per formare un gruppo è necessaria l’adesione di almeno venti deputati e dieci senatori. Ciascun gruppo elegge un proprio Presidente, che farà parte della Conferenza dei capigruppo (organo di direzione politica di ciascuna Camera, gli spetta il compito di definire il programma, il calendario della Camera). Le Commissioni sono articolazioni interne delle Camere e si distinguono in temporanee e permanenti. Le prime vengono costruite per un fine preciso, una volta raggiunto vengono sciolte; le seconde, invece, hanno un ruolo fondamentale sia nel procedimento legislativo che nell’esercizio delle funzioni di controllo e informazione, ad oggi ne esistono 14. Il numero delle Commissioni e le loro finalità sono definite dai regolamenti delle Camere. Ogni Commissione elegge il proprio Presidente che partecipa attivamente ai lavori della stessa. I regolamenti parlamentari prevedono anche l’istituzione di Giunte, alle quali vengono assegnate funzioni delicate; il numero di componenti è variabile e hanno poteri diversi l’una dall’altra. Ciascuna Camera verifica i titoli di ammissione dei propri eletti e delle eventuali cause di ineleggibilità e incompatibilità; ogni rappresentante deve perseguire l’interesse generale e non di singoli cittadini o gruppi definiti. L’insindacabilità stabilisce che il parlamentare possa godere della libertà personale, è libero di esprimere il proprio pensiero. Inoltre, la non sottoponibilità di un parlamentare a misure restrittive è una garanzia: se condannato, la condanna deve essere varata dalla Camera di appartenenza, lo scrutinio è palese. Il processo legislativo Il Parlamento inizia il titolo secondo della Costituzione, art 55. Il titolo numero 1 Parlamento della parte seconda riguarda il Parlamento; il titolo secondo si divide in due sezioni: la prima riguarda le Camere, la seconda riguarda il procedimento legislativo, la formazione delle leggi, è talmente importante che alcuni principi basilari sono scritti in Costituzione. Il procedimento legislativo si divide in quattro fasi: 1. Fase dell’iniziativa La possibilità di presentare un progetto di legge spetta ad ogni parlamentare, ogni membro del Parlamento può farlo; quando è un parlamentare si chiama disegno di legge di iniziativa parlamentare. L’iniziativa legislativa, dice la Costituzione, appartiene al Governo, o meglio, appartiene ai singoli ministri e al Presidente del Consiglio. Non è mai il Consiglio dei Ministri a presentare un disegno di legge (uno o più ministri, questi insieme al Presidente). La distinzione è nominativa: si chiama disegno di legge di iniziativa governativa, formalmente è presentato al Presidente della Camera o del Senato dal Capo dello Stato, è un retaggio dello Statuto albertino. Vi è poi in Costituzione, la possibilità attribuita al popolo di iniziare il procedimento legislativo, il popolo la esercita mediante una proposta di legge presentata da almeno 50mila elettori, la proposta deve essere redatta in articoli. Mai una volta è stata approvata, così com’era una proposta di legge del popolo. Anche più Consigli regionali, o uno singolo possono proporre dei disegni di legge. Inoltre, anche il Comitato nazionale dell’Economia e del Lavoro ha la possibilità di presentare una proposta di legge. Negli ultimi 20 anni, l’80% dei disegni di legge sono di iniziativa governativa; il baricentro, per i costituenti dovevano essere i parlamentari. Questo è un retaggio del 1990, i ministri hanno preso il sopravvento sui parlamentari. Le leggi nel dibattito pubblico prendono il nome del ministro che le ha proposte. I disegni di legge di iniziativa parlamentari sono, di norma, proposti dall’opposizione. 2. Fase della decisione Il disegno di legge arriva al Presidente di una delle due Camere, che decide-con la Conferenza dei capigruppo-il ruolo che sono chiamate ad avere le Commissioni parlamentari. In base a questo, si dividono in tre le Commissioni:  la commissione in sede referente, (il sistema più democratico) è il sistema che per Costituzione è obbligatoria in alcuni ambiti. Il progetto di legge arriva al Presidente dell’aula e lo assegna alla Commissione competente per materia. Il Presidente fa lavorare la Commissione in sede referente, i deputati e i senatori discutono sul progetto di legge, poi riferiscono le proprie discussioni all’aula, ciò segna la fine del suo lavoro e inizia il lavoro dell’aula. Questa parte da ciò che gli è stato riferito, non modifica la legge, non propone emendamenti. L’aula potrà solo in seguito emendare, e eventualmente si mette al voto il testo risultante (deve essere votato articolo per articolo e integralmente) se il primo ramo del Parlamento approva la legge nello stesso testo inviato dall’altro ramo, passa alla terza fase. Ma se, il ramo discute il testo e lo modifica, la legge torna all’altro ramo che riparte da quel testo modificato, lo deve poi approvare nello stesso testo mandato dal primo ramo (se lo modifica, il primo ramo può approvarlo e mandarlo al Presidente della Camera oppure tronerà all’altro ramo). È risultato del bicameralismo perfetto, si può andare avanti all’infinito, l’unico limite è la fine della legislatura (decadono tutti i progetti).  la commissione in sede redigente, è un compromesso. Il progetto di legge arriva al Presidente della Camera o del Senato, s’incontra con la Conferenza dei capigruppo. Se l’argomento non implica grande discussione tra la maggioranza e l’opposizione, si affida la discussione alla Commissione di riferimento, ma questa non si limita a discuterne, propone gli emendamenti al testo, li vota/boccia, invia all’aula quel testo, l’aula può solo votare o bocciare integralmente il testo.  la commissione in sede deliberante, la Costituzione esplicitamente esclude negli ambiti in cui è obbligatoria la prima. Può essere scelta solo se c’è accordo. Non si può andare in commissione in sede deliberante per certi argomenti, esiste la riserva di assemblea (è obbligatoria quella referente). Le materie sono: le modifiche costituzionali, il bilancio dello Stato. Ci sono altri limiti introdotti dai costituenti (art 72): quando i lavori parlamentari procedono in commissione deliberante, se il Presidente e i capigruppo vanno in commissione deliberante è perché si vuol far lavorare il Parlamento su argomenti più importanti. Ad un certo momento, l’iniziale accordo può saltare (perché nella maggioranza qualcuno punta i piedi oppure l’opposizione decide che vuole un altro provvedimento), la Costituzione prevede che: il Governo, per bocca del ministro dei rapporti con il Parlamento, può sempre far cessare la commissione deliberante e spostare la discussione in aula; un decimo dei componenti della Camera (63 alla Camera e 32 al Senato) possono richiedere di spostare la discussione all’aula; oppure un quinto dei componenti della Commissione può fare lo stesso. I costituenti introducono ulteriori limiti alla deliberante. Questi sono tre modi di approvare le leggi. 3. Promulgazione della legge Entrambi i rami del Parlamento approvano il testo della legge, passa al Capo dello Stato, gli spetta la promulgazione delle leggi. Entro un mese deve promulgarla, la legge è approvata dalle Camere, lui non la può modificare è perfetta ma non ancora efficace. Se il Capo dello Stato non può modificare una legge che gli arriva, la Costituzione all’art 74 gli attribuisce il potere di rinviare la legge con un messaggio motivato. Ha trenta giorni per leggere la legge, se ritiene che la legge non possa essere promulgata, la rinvia al Parlamento, all’ultima Camera che l’ha inviata; la Costituzione non esplicita i motivi per cui può rinviarla. Di solito, se avviene è perché la legge contrasta con uno o più articoli della Costituzione, ma il Capo dello Stato può rinviare una legge senza un’incongruenza con la Costituzione, la legge potrebbe essere incongrua al proprio interno. Si aprono tre scenari:  il Parlamento, in base al motivo del rinvio, decide di soprassedere: si lascia cadere la legge.  il Parlamento legge il messaggio del Capo dello Stato e modifica la legge tenendo conto del motivo del rinvio. Si riapprova la legge, che torna al Capo dello Stato che è obbligato dalla Costituzione a promulgarla.  il Parlamento ignora il rinvio e ribadisce la legge, il messaggio del Capo dello Stato viene discusso ma la legge viene riapprovata con lo stesso testo; viene rinviata al Capo dello Stato e deve promulgarla, non è un organo elettivo. Si ha però un’eccezione, il Capo dello Stato rinvia una legge, il Parlamento discute il messaggio ma riapprova la stessa legge; il Capo dello Stato ha già esercitato il potere di rinvio, il sistema costituzionale prevede che faccia un passo indietro, ma anche che se promulgare quella legge può far presumere un attentato alla Costituzione, il Capo dello Stato può non promulgarla. In quel caso, si rivolge alla Corte Costituzionale. NON È MAI SUCCESSO. Circa 60 sono i rinvii totali, da Einaudi a Mattarella. (QUELLA CHE DÀ LA FIDUCIA AL GOVERNO), obbliga ad arrivare al compromesso. È un quorum molto alto comunque, perché non deve rappresentare un partito. Il Presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, sostituisce il Presidente della Repubblica se indisposto, quello della Camera è la terza. Da un punto di vista simbolico la parola del Presidente della Repubblica pesa molto di più, il che è un paradosso perché siamo in una democrazia. Se muore, si cominciano le elezioni per un nuovo Presidente. Di fronte a un impedimento permanente, si intraprende una nuova elezione; la questione è che si deve trovare qualcuno di competente che stabilisce l’impedimento permanente. Il Capo dello Stato, in questi casi, deve essere eletto entro 15 giorni dalle “dimissioni”: uno Stato senza Capo, è una famiglia senza padre. Le sue funzioni sono:  conferire le onorificenze;  accogliere gli ambasciatori;  è il Capo delle forze armate, anche se è un lascito del monarca condottiero;  Nominare i senatori a vita, retaggio statuario. Il Presidente della Repubblica non ha poteri più importanti del Governo, il titolo secondo deriva dalla storia, (i Costituenti sono stati obbligati a parlare del Governo, arrivavano dal fascismo e dalla figura del Duce e del Capo del Governo). Il Capo dello Stato è importante, poiché se non si ha una figura apicale la società si distrugga (crf Freud e la figura del padre); è un bisogno delle masse un riconoscimento. Il Capo dello Stato interpretando la Costituzione, nomina i Ministri su proposta del Presidente del Consiglio. Art 89: tutti gli atti del Presidente della Repubblica, per essere validi devono essere controfirmati dal Governo. Vuol dire che questo è un istituto che viene dalla monarchia, perché il Re era il Capo dello Stato secondo il principio ereditario; ha il consenso di un organo eletto dal popolo: ha una legittimazione democratica. La controfirma ministeriale funziona in modo diverso in una monarchia, il Re non è responsabile, non è elettivo perciò non ha responsabilità politica, non ha una durata prestabilita, può essere “dimesso” solo con rivoluzioni; il Presidente della Repubblica è elettivo e la sua durata è prestabilita, infine è un potere responsabile, infatti può essere accusato di alto tradimento (complotto con altri eserciti per invadere l’Italia, dà segreti di Stato ad altri Paesi) e di attentato alla Costituzione (i suoi comportamenti prolungati nel tempo mettono sotto pressione il sistema). La controfirma nel nostro sistema ha una valenza particolare: per atti, formalmente e sostanzialmente presidenziali, è formale per:  la nomina di senatori a vita e dei 5 giudici costituzionali  il rinvio delle leggi Altri atti invece sono sostanzialmente governativi (la nomina del capo della polizia, dei carabinieri) ma passano comunque per il Quirinale. L’ultima categoria sono gli atti che sostanzialmente non sono né governativi né presidenziali (sciogliere le camere, anche questo decreto deve essere controfirmato dal Presidente del Consiglio). Il Governo può anche non controfirmare gli atti del presidente della Repubblica:  L’atto di dimissione del Presidente della Repubblica, è molto personale.  Gli atti che assume il Presidente della Repubblica in qualità di Presidente di organi collegiali non devono essere controfirmati dal Governo, in modo particolare il Presidente presiede il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio supremo di difesa. Questi atti non necessitano di una controfirma del Governo, perché il Presidente lo fa in qualità di partecipante agli organi.  La possibilità di promuovere davanti alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato non necessita la controfirma, quando vi è una tensione tra il Capo dello Stato e un ministro sull’attribuzione all’uno o all’altro di un potere il Capo dello Stato può domandare alla Corte costituzionale di chi è la competenza. Esiste anche un’altra categoria di atti presidenziali dove formalmente il decreto è del presidente della Repubblica, i cui però il potere sostanzialmente si fatica a distinguere di chi sia; l’esempio politico è il potere di scioglimento delle Camere (art88). Questo potere è molto importante, è un campanello d’allarme, perché il Parlamento è espressione degli elettori, quindi immaginare che un organo monocratico, con una carica di 7 anni abbia il potere di non considerare la scelta di 50milioni di persone è rischioso. Questo potere però è fondamentale in una forma di governo parlamentare, perché se il Parlamento non ha più una maggioranza in grado di esprimere il Governo, e dato che un Governo deve sempre esistere e se una nuova maggioranza è impossibile da formare, il Presidente della Repubblica non può fare altro che sciogliere le camere e portare gli italiani alle elezioni. Il potere è dato al Presidente della Repubblica che rappresenta l’unità nazionale, inoltre egli gode della maggioranza assoluta del Parlamento, perciò non è legato alle Camere che deve sciogliere. Prima di sciogliere le Camere, il Presidente della Repubblica deve consultarsi con i Presidenti dei due rami del Parlamento, la consultazione è obbligatoria ma non vincolante . Inoltre, la Costituzione vieta che si possa sciogliere il Parlamento negli ultimi sei mesi del settennato, non può sciogliere le Camere nel semestre bianco perché:  La legittimazione della carica è più debole, cfr Trump. Può svolgere l’ordinaria amministrazione;  Si vuole evitare che il Presidente della Repubblica possa sciogliere un Presidente non favorevole alla sua rielezione alla ricerca di una nuova maggioranza favorevole. I costituenti erano previdenti, erano aldilà della politica. Infatti, se il Presidente della Repubblica impazzisce e scioglie le Camere perché vuole essere rieletto? È stata fatta una riforma costituzionale, è stata aggiunta la formula “salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura”. Se i sei anni di fine settennato coincidono in tutto o in parte con la legislatura? La Costituzione non chiarisce questo punto, perché a quel punto si dovrebbero sciogliere le Camere e andare al voto, ma se il Presidente della Repubblica è alla fine della carica come si fa? Vi fu quindi una riforma costituzionale in cui si chiarisce che il Presidente della Repubblica può sciogliere le Camere anche durante il semestre bianco. Crescono le possibilità di scioglimento anticipato se, dimessosi il Governo, il Parlamento non riuscisse ad esprimere alcuna maggioranza. Il potere di scioglimento, è un potere che coinvolge anche in modo sostanziale il Presidente del Consiglio, che può decidere di non controfirmare. Il potere in realtà è dei partiti politici, perché decidono di non formare una nuova maggioranza e costringono il Presidente ad andare al voto. IL GOVERNO È il titolo terzo della seconda parte della Costituzione, è l’esecutivo. La Costituzione gli dedica 5 articoli, i costituenti usarono molta cautela nel disciplinarlo. Il Governo è un organo costituzionalmente necessario, così come il Parlamento e il Presidente della Repubblica. Non può esistere uno Stato senza un Governo, può esistere senza un Parlamento e senza un Capo dello Stato, ma non senza un Governo. Ritornano gli elementi costitutivi dello Stato: popolo, territorio e sovranità, dove quest’ultima è il monopolio della forza legale sul territorio; la sovranità appartiene al Governo, perché c’è il Ministro degli Interni, il responsabile della polizia italiana. Anche una dittatura deve avere un Governo, ha la necessità di avere il monopolio della forza. Il governo è l’organo che impersona il potere esecutivo e che lo esercita, assolve anche la funzione di determinazione dell’indirizzo politico generale, rappresenta la pluralità di interessi. Il governo è un organo complesso (composto da più organi individuali), composto dal Presidente del Consiglio e i Ministri, che insieme formano il Consiglio dei Ministri. I costituenti decisero di non creare nel Consiglio dei ministri una nitida gerarchia, vuol dire che il Presidente del Consiglio è un primus inter pares, cioè ha un ruolo che i Ministri non hanno, ma i poteri sono detenuti dal Consiglio dei Ministri non dal Presidente del Consiglio, non è Capo di niente. Esisteva un Capo del Governo, era il Duce. I poteri, da un punto di vista giuridico, del Presidente del Consiglio rispetto a quelli dei Ministri non sono differenti: lui coordina il lavoro del Consiglio dei Ministri. Giuridicamente è pari ai Ministri, altrimenti sarebbe superiore (crf Trump e la revoca). La Costituzione nei confronti del Consiglio dei Ministri afferma che devono essere proposti dal Presidente del Consiglio e con l’approvazione del Presidente della Repubblica, stessa cosa per la revoca. Il potere di nomina e di revoca dei Ministri è del Presidente della Repubblica: il Presidente del Consiglio non è superiore ai Ministri. Poi la decisione del segreto di Stato è una decisione che spetta al Presidente del Consiglio; al contrario il decreto legge, la nomina delle cariche importanti (Capo della Polizia), impugnazione delle leggi regionali alla Corte Costituzionale spettano al Consiglio dei ministri. La questione di fiducia è proposta dal Presidente del Consiglio ma approvata dal Consiglio dei Ministri. Se il Presidente del Consiglio chiede al Consiglio di votare e non ha i voti, il Presidente non può fare niente. ***L’unico potere forte giuridicamente del Presidente del Consiglio rispetto ai Ministri e al Consiglio dei Ministri sono le dimissioni, se si dimette si devono dimettere tutti. Può esistere un Governo senza il Presidente del Consiglio, ma devono esserci diversi ministri. È però una necessità, deve esserci una persona che coordini la discussione. Il Presidente può chiedere le dimissioni di un Ministro al Presidente della Repubblica. Per “rimpasto di Governo” si intende un cambio nella compagine del Consiglio, per farlo ha bisogno di un decreto del Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio lo fa quando la sua maggioranza preferirebbe qualcuno di diverso per quel Ministero. Il Parlamento se vuole può istituire delle assemblee d’inchiesta, non vi è alcuna imposizione dei Ministri che non possano fare il parlamentare, quindi potrebbe far parte anche delle Commissioni. O c’è una specifica disposizione nel regolamento della singola Camera, però se non c’è, se il Ministro fa parte di un’inchiesta potrebbe sembrare un motivo di opportunità. I ministri Sono uguali al Presidente del Consiglio; il numero di ministri è deciso dal Presidente del Consiglio insieme al Presidente della Repubblica e la maggioranza. I ministri possono essere con o senza portafoglio: esiste un Ministro con un Ministero, quindi è il Capo dell’amministrazione ministeriale (cfr Ministero del bilancio), i Ministri senza portafoglio non hanno un Ministero, non ha amministrazione ministeriale (crf Ministro dello Sport). Le crisi di Governo Iniziano quando il Presidente del Consiglio consegna le dimissioni; non è da confondere con gli alti e bassi del Governo, la maggioranza può essere litigiosa ma essere comunque abbastanza compatta da non far dimettere il Presidente. 1. Crisi parlamentari Secondo l’ordinamento costituzionale, avvengono in 3 casi:  Il Parlamento può decidere quando sfiduciare il Governo. È il caso più tipico della forma di Governo parlamentare (la vita e la morte del Governo sono decise dal Parlamento). La procedura per la sfiducia è la stessa della fiducia: votazione, e scrutinio aperto nominale. Se dovesse essere approvata la mozione di sfiducia, il Governo è obbligato giuridicamente a dimettersi. Riguarda l’attività del Governo È un momento classico delle forme di Governo parlamentari, è necessaria la fiducia del Parlamento. Sono due tipi di crisi tipiche, tuttavia l’Italia ha una storia non molto dissimile da altri Governi parlamentari. Nel nostro Paese, dal 1948 al 2020 mai un governo è caduto perché il Parlamento ha formalmente approvato una mozione di sfiducia.  il Presidente del Consiglio e i Ministri, giurano. Nel momento in cui il Governo si presenta giuridicamente alle Camere, è possibile che non abbia la fiducia di una o entrambe le Camere; giuridicamente è obbligato a dimettersi. Riguarda la nascita del Governo Su 70 Governi solo 4 sono caduti perché presentatisi in Parlamento dopo il giuramento non hanno ottenuto la maggioranza, la fiducia.  il Governo decide di porre la questione di fiducia e il Parlamento non vota a favore della questione di fiducia. I Costituenti non disciplinarono questo istituto; in Parlamento si sta approvando una legge, il Governo ritiene che quella legge sia necessaria per il suo percorso, perciò pone su quella legge una questione di fiducia, il Parlamento può non approvare la legge e in quel caso il Governo deve rassegnare le dimissioni al Capo dello Stato. Il procedimento è uguale alla fiducia e alla sfiducia. La Costituzione però dice un’altra cosa: se il Governo propone un emendamento ma il Parlamento non lo accetta, non è tenuto a dimettersi. È un problema politico, perché la maggioranza non appoggia il Governo. La fiducia è utile anche al ricompattare la maggioranza: se non approva la legge, il Governo si dimette. Potrebbe essere considerato anche non giusto dal punto di vista democratico inteso come parlamentare, si impedisce al Parlamento di discutere, di svolgere il suo lavoro. È per questo che i Costituenti non lo hanno regolamentato, si è rafforzato per la debolezza dei nostri Governi. Se ne è abusato perché i Governi non avevano una maggioranza compatta. Il Governo è stato così sfiduciato solo 2 volte con Prodi. In Inghilterra è impensabile una cosa del genere: è un sistema prevalentemente bipartitico. 2. Crisi extraparlamentari Sono le crisi in base alle quali il Governo non è giuridicamente obbligato a dimettersi : è una scelta politica. È evidente che un partito che faceva parte della maggioranza decide di non sostenere più il Governo. Non è obbligato a dimettersi, ma non passerebbe nessuna legge proposta dal Governo. Nulla è previsto rispetto alla possibilità che il Parlamento sfiduci un ministro: sfiducia individuale. La faccenda è risolta seguendo i normali canali politici, i partiti si incontrano per trovare un’alternativa. È però il Presidente della Repubblica che revoca e nomina il Presidente del Consiglio e i ministri sotto il suo consiglio. Il Ministro decide di resistere, di non dimettersi, prima che si arrivi alla proposta di revoca del Presidente del Consiglio è naturale che si dimetta. Se non avviene ciò, cfr caso Mancuso, il Parlamento decise di approvare la sfiducia individuale, il Presidente del Consiglio propose la revoca al Presidente della Repubblica; Mancuso sollevò il conflitto di attribuzione dei poteri davanti alla Corte Costituzionale (non spetta né al Presidente della Repubblica né al Presidente del Consiglio la revoca, il Parlamento non poteva votare la sfiducia individuale, ma solo per l’intero Governo). La Corte diede torto al Ministro, è vero che nella Costituzione non prevede ciò, però nel tutto è compreso anche il meno. La sfiducia individuale è da lì utilizzata maggiormente dall’opposizione. LE AUTONOMIE TERRITORIALI La Costituzione cambia totalmente l’assetto: le Regioni non esistevano, sono un’invenzione dell’Assemblea costituzionale. Esistevano i Comuni durante il periodo liberale, nello Statuto gli era dedicato un solo articolo in cui si affermava che erano soggetti alla legge; nel periodo fascista furono sostituiti dal Podestà. Non è solo una questione di articolazione dello Stato, sono viste anche come momenti in cui l’individuo può esprimere la sua autonomia. In Assemblea costituente si discusse di adottare lo Stato federale, ma preferirono di no (federazione, e gli Stati che lo compongono). Lo esclusero per un motivo politico, era solo dal 1861 che l’Italia era unita, la paura era quella che gli Stati si sarebbero discostasti dalla federazione e quindi si sarebbe sacrificato tutto il lavoro dell’unità d’Italia. ART 5, non si può fare la secessione, il federalismo è proibito. Tuttavia, i Costituenti non riaffermarono ciò che c’era prima: presero atto però della spinta dell’autonomia di alcuni territori, il rischio sarebbe stato che poi che questi si sarebbero distaccati. Erano forti i movimenti indipendisti (Sicilia, Sardegna sono isole hanno differenti necessità; in Valle d’Aosta, il Trentino Alto Adige si parlano altre lingue; Friuli Venezia Giulia, ha sempre subito le influenze di diversi Paesi). I Costituenti non potevano applicare lo Stato federale, ma neanche quello unitario avrebbe funzionato. Nel 1948 nasce lo Stato regionale, che ha un po’ di federalismo e un po’ dell’unitario: 20 regioni di cui 5 a statuto speciale (statuto approvato con legge costituzionale, perciò può derogare la normativa che la Costituzione prevede a tutte le regioni a statuto speciale), le altre sono a statuto ordinario. Gli organi del Trentino Alto Adige sono formati da quelli delle sue due province autonome (Trento e Bolzano) che hanno autorità come le Regioni, perché si doveva garantire unità territoriale. Queste 5 regioni nascono subito (il Friuli più avanti) e con esse il loro statuto. L’impronta territoriale del cattolicesimo e la Democrazia Cristiana erano favorevole al riconoscimento dell’autonomia della Regione e della Provincia; le sinistre non erano favorevoli al decentramento dell’autorità, perché abbagliati dai Sovietici, pensavano avessero bisogno di uno Stato forte. Trovano un compromesso con le Regioni. Dopo l’approvazione della Costituzione, nascono le 5 Regioni a statuto speciale, la Democrazia Cristiana fa un passo indietro perché il Partito Comunista era quello più forte dell’Occidente e iniziava ad avere un forte consenso in alcune regioni. La Democrazia Cristiana volevano aspettare a istituire le Regioni ordinarie, perché il Partito Comunista avrebbe vinto: avevano fatto un patto con gli USA, il Partito Comunista non avrebbe dovuto arrivare all’Esecutivo. Le sinistre erano ideologicamente distanti dal regionalismo, ma una volta intuito che non sarebbero mai andate al Governo guardarono nelle Regioni e nei Comuni in cerca di consenso. Diventano regionalisti; la Democrazia Cristiana diventa centralista. Le Regioni ordinarie nascono solo nel 1970 , la Democrazia Cristiana al Governo apre le porte alle Sinistre, cambia la politica, nascono i Governi di centro-sinistra, nasce il compromesso su molte cose (statuto dei lavoratori, la sanità, il divorzio, l’aborto). Il principale artefice di questa svolta è Aldo Moro: è stato l’artefice dell’apertura alle sinistre e per questo fu ammazzato dalle Brigate Rosse. In questo scenario, il ruolo dei Comuni è limitato, fino agli anni 70/80/90 le Regioni sono state il problema principale. I costituenti nel 48 scelsero questa modalità di distribuzione dell’autorità, è una modalità molto cauta. Nell’art 117 si scrisse un elenco di materie in cui le autonomie regionali hanno il potere legislativo, sono competenze importanti che però non hanno spessore politico. È la competenza legislativa di tipo concorrente, la legge regionale può disciplinare all’interno delle leggi statali. Al di fuori di questo elenco, l’autorità è dello Stato. Due fenomeni spingono la unanimità dei commentatori a ritenersi insoddisfatti delle Regioni:  assolutamente parallelo all’instabilità degli esecutivi centrali, le Giunte regionali sono ancora più instabili. Non si possono portare avanti programmi di lungo periodo. E con una reale libertà di movimento delle Giunte molto limitata, perché i partiti politici non hanno mai avuto una struttura periferica, costruita per dare autonomia alle autorità locali.  lo Stato, nelle materie concorrente lascia uno spazio di manovra poco ampio , le Regioni impugnavano queste leggi statali sebbene si fosse oltrepassato il limite, tuttavia la Corte costituzionale in questo ventennio ha sempre dato ragione allo Stato. Tangentopoli nasce nelle Regioni e poi nel Parlamento. Dal 1999 i cittadini eleggono direttamente il Presidente della Regione, questi hanno il potere di nominare e revocare gli assessori (cfr presidenzialismo) perché sono eletti dal popolo. Si ha però una particolarità: in caso di morte, dimissioni, impedimento permanente del Presidente della giunta e del sindaco, si ha lo scioglimento automatico del consiglio. Si vogliono evitare ribaltoni. Il Consiglio regionale è eletto a suffragio universale diretto a livello regionale ed è titolare del potere legislativo; la Giunta regionale è l’organo esecutivo della Regione ed è eletta politicamente dal suo Presidente, il suo Presidente rappresenta la Regione e nomina/revoca i componenti della Giunta di cui è responsabile. Il presidente può essere sfiduciato da almeno un quinto dei suoi componenti, approvata per appello nominale e votata a maggioranza assoluta degli stessi: la sfiducia provoca le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale. La corte costituzionale salvava le leggi del Governo, anche se le materie non erano di sua competenza; si arrivò ad una riforma costituzionale per incrementare le cariche individuali, si rinforza la carica politica. Però per contrastare la deriva partitocratica si delega troppo ad una persona. I sindaci e i Presidenti di Regione aumentavano il loro potere, quindi di cambia l’art 117 nel 2001, si riforma tutto il titolo quinto della Costituzione. Cambia il sistema di riparto tra le competenze fra Stato e Regioni: s’introduce un criterio tipico del federalismo; pur mantenendo un elenco di materie concorrente, se ne aggiungono altre ad esempio la sanità (il generale allo Stato e il particolare alla Regione). S’introducono anche delle materie che però sono di competenza legislativa statale (esempio l’ordinamento civile e penale, l’ordine pubblico e la sicurezza, la previdenza sociale, l’immigrazione, pesi e misure). Oltre a queste materie, la competenza è delle Regioni, prima del 2001 oltre all’elenco delle materie concorrenti le Regioni non avevano altre competenze. Quando dalla Costituzione e sono solo due: il decreto legislativo delegato (art 76) e il decreto legge (art 77). Nella stessa categoria le fonti hanno la stessa forza, quindi decreto legislativo delegato e decreto legge hanno forza di legge, possono abrogare una legge perché sono nello stesso rango. I costituenti ha stabilito che le fonti primarie sono leggi perché solo il Parlamento è eletto democraticamente dai cittadini, quindi la legge è espressione della democraticità dell’ordinamento e solo in Parlamento vi può essere una discussione tra maggioranza e opposizione. Tuttavia, i costituenti capirono che in alcuni momenti è necessario un atto approvato dal governo, il caso è quello della calamità naturale. Perché il bilancio è una legge dello Stato e una parte del bilancio deve essere indirizzata alla risoluzione e non si può aspettare tutto l’iter delle leggi normali. Inoltre, si può intervenire anche con la delega legislativa è il Parlamento che delega il Governo in alcuni ambiti e in alcuni momenti: il Parlamento approva la legge delega con la quale delega l’esercizio della forza legislativa al Governo, esistono però degli obblighi per il Governo descritti dalla Costituzione. Decreto legislativo delegato (dlgs) Si usa spesso quando vi è la necessità di approvare atti aventi forza di legge che hanno la necessità di una competenza specifica, perché si presume che le competenze le abbia il ministero. È la delega legislativa. La legge di delega deve essere approvata dalle due Camere con procedimento ordinario; la legge presenta un vincolo di contenuto, deve essere indicato l’oggetto della disciplina, il termine entro il quale il Governo potrà esercitarla e i principi e criteri direttivi necessari affinché il conseguente decreto legislativo rispetti appieno la volontà del Parlamento delegante. Esso è una deroga al principio della separazione dei poteri. Il “termine” entro il quale l’atto deve essere emanato è lasciato alla determinazione del legislatore delegante. Tuttavia, il Parlamento deve indicare le finalità e i limiti entro i quali il legislatore delegato deve orientarsi; questo è fondamentale per i rapporti tra il Governo e il Parlamento: l’ultimo può ritirare in modo espresso la delega, durante il suo esercizio da parte del Governo, che può decidere di non esercitare la delega stessa. Il contenuto costituzionalmente necessario della legge delega è scritto nell’articolo 77: 1. il Parlamento può delegare al Governo solo per oggetti definiti; Mussolini richiese pieni poteri, ora non si può fare; 2. deve avere un tempo limitato, il Governo è delegato ad emanare decreti elegge per un periodo limitato, più la maggioranza è conscia del ruolo del Parlamento, più la delega avrà un tempo limitato; 3. deve prevedere dei principi direttivi: nella legge si devono indicare le traiettorie che deve implementare il Governo nell’esercizio della delega. Esistono dei limiti logici: se la Costituzionale divide le materie di competenza dell’Assemblea, questa non può delegare al Governo. La durata non può essere più lunga della carica, se supera i due anni è previsto che il testo del decreto torna al Parlamento per essere approvato. Decreto legge I costituenti ne discussero molto; qui ne discute prima il Governo e poi il Parlamento e i costituenti ci andarono cauti: la necessità deve essere assoluta. Nell’art77 si prevede che il Governo possa assumere il potere legislativo in casi straordinari di necessità e d’urgenza, interviene subito. Le Camere hanno la possibilità di regolare con legge gli effetti di un decreto legge non convertito. Vi è però una cautela, nel giorno dell’approvazione del decreto legge, questo deve essere presentato al Parlamento che ha tempo 60 giorni per convertirlo in legge. I Governi ne ha sempre abusato, intervennero anche in casi che si straordinario non avevano niente: in quei casi il Parlamento o convertiva in legge oppure non era in grado di lavorare al fine di convertirlo in legge. Negli anni ’70 i Governi intervenne su tutto e fu un disastro, perché i decreti legge erano talmente tanti che l’attività del Parlamento era perlopiù occupata dai lavori per convertire i decreti legge in legge, perché se non viene convertito nel tempo massimo il decreto perde l’efficacia da quando è stato approvato. Cortocircuito: in questo caso il Governo si sente legittimato ancor di più perché il Parlamento non è in grado di svolgere la sua funzione. È un circolo vizioso, è un’alluvione dei decreti legge. Un altro problema è quando il Governo approva il decreto legge che entra subito in vigore (può modificare una legge), ma se non viene convertito entro 60 giorni è come se non fosse mai stato approvato, i suoi effetti decadono fin dall’inizio; quindi il Governo reitera il decreto legge, pochi prima della scadenza il Governo approva un decreto legge in cui reitera di altri 60 giorni. Nella prima legislatura (48/54) sono stati approvati 30 decreti legge, perciò 6 all’anno, uno ogni due mesi pur non essendoci calamità naturali però questo è accettabile, erano un’eccezione. Nella seconda legislatura aumentano a 60, nella terza 30, nella quarta 94 (1 reiterato19, nella quinta 69: nelle prime cinque legislature erano circa 1 al mese. Nella settima legislatura sono stati 167, nell’ottava 275 (71 reiterati, ¼), nella nona 307, nella decima 476, nell’undicesima 490 e nella dodicesima 718 (30 al mese: uno al giorno, furono reiterati 546 decreti cioè l’80%). Non è costituzionale: è un’alluvione di decreti legge, e questo si porta dietro la reiterazione. Avere un decreto legge al giorno significa che il ruolo del Parlamento deve essere quello di convertire i decreti legge in legge. Alcuni decreti legge furono reiterati anche 18 volte. Come può un decreto legge essere valido, reggere per sei mesi se la Costituzione prevede che si approvino decreti legge in situazioni straordinari in determinati ambiti? Si snatura il Parlamento: interviene la Corte Costituzionale, che nel 96 dichiara incostituzionale la reiterazione, perché dopo 60 l’emergenza non è più tale, inoltre l’impianto della Costituzione era violato con la reiterazione perché il Parlamento non può svolgere la sua funzione e mina la certezza del diritto. Sulle alluvioni la Corte non si è dilungata, perché non può stabile cosa è urgente altrimenti assumerebbe il ruolo del Governo. Però il Governo ha la maggioranza che convertirà il decreto. Però la legge di conversione è del Parlamento, quindi quando andrà a convertire un decreto legge lo può modificare. Il decreto legge viene adottato dal Governo con deliberazione del Consiglio dei Ministri, in casi straordinari di necessità ed urgenza ed emanato dal Presidente della Repubblica. L’urgenza di provvedere può derivare sia da una situazione emergenziale sia dell’esigenza di fornire immediata regolamentazione ad una situazione già sorta e destinata a degenerare in assenza di interventi. Questo entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e contestualmente il Governo presenta in Parlamento il disegno di legge di conversione. Esso è destinato a decadere qualora il Parlamento non lo converta in legge entro 60 giorni, questo sottolinea la sua provvisorietà. Sia il decreto legge che i decreti legislativi possono essere dichiarati incostituzionali se approvati dopo il termine stabilito. IL POTERE GIUDIZIARIO Nella parte seconda della Costituzione vi sono due istituzioni, il cui scopo è garantire leggi e costituzione: potere giudiziario e giustizia costituzionale. Il potere giudiziario, la Magistratura, è previsto con il titolo IV della Costituzione; magistratura deriva da magister, maestro, la scuola di magistero per diventare maestro. Vi è una sorta di figura indicativa, guida, magistrale (carico del sostantivo). Il magistrato è un maestro, non si può dimenticare che prima della rivoluzione francese vi era una forte vicinanza tra la figura del giudice e la sua magistralità: era inizialmente visto come il risolutore dei conflitti, era così per la sua maiestatis, che gli derivava dalla sua conoscenza, dalla sua esperienza. Il magistrato era il buon padre di famiglia che andava a risolvere i problemi; nel Regno Unito i giudici sono considerati socialmente molto importanti, hanno indubbiamente qualche “superpotere”. Con la Rivoluzione francese, che attacca in Europa, si associa a questa funzione la concezione moderna del giudice, egli iur dicet: con l’era della ragione si pensa alla necessità che la legge possa parlare quando si applica (razionalità estremamente democratica). Il giudice non è più arbitrario, ora risolve i problemi come è previsto dalla legge, applica la legge. Montesquieu afferma che il giudice è la bocca della legge, è un funzionario dello Stato e ha un potere nullo. Dalla Rivoluzione francese tutto ciò si è sviluppato, ma ritorna nella discussione tutto ciò. La Magistratura è quell’ordine a cui è affidato l’esercizio della funzione giurisdizionale, quale attività pubblica, statuale, di individuazione, interpretazione e applicazione della legge a una fattispecie concreta al fine di risolvere una controversia tra due soggetti. Gli articoli 2, 3, 24 e 28 prevedono che sia un organo autonomo e indipendente da ogni altro potere. ART. 101. La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Lo Statuto albertino prevedeva che la giustizia fosse amministrata nel nome del Re, però non è questo l’importante, il popolo=democrazia. “Amministrata” ha una carica significativa di senso, la giustizia non è solo un fatto umano, è anche statale, il giudice non è solo un essere umano è anche un amministratore della cosa pubblica. Ancora si riprende la visione della Rivoluzione francese. Significa anche che il popolo partecipa alla amministrazione della giustizia, si fa giustizia in nome del popolo. Negli USA esiste la giuria popolare, in Italia è prevista solo per casi di grandi reati penali, che sono allarmi sociali. Nel penale operano anche la Corte d’assise, con la partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia, ma solo in casi dove è particolare l’allarme e l’impatto sociale esercitato dalle tipologie di reati per le quali le due Corti sono competenti; in questo caso i giudici popolari sono parte integrante del collegio giudicante, al pari dei giudici togati. Inoltre il popolo elegge direttamente, a volte, il giudice negli USA. Il secondo comma dell’articolo 101 è un principio liberale, si riprende ancora la democraticità: i giudici devono stare sotto alla legge, è un principio di legalità, un giudice può fare solo cose previste dalla legge. Negli anni ’70 inizia a “vivere” la Costituzione, si ha la sua attuazione: i giudici interpretano la legge secondo la Costituzione, ci si accorge che le leggi non sono conformi alla Costituzioni (parità dei sessi, aborto, divorzio). Si aprono gli occhi, grazie anche alle numerose manifestazioni del 68/69. La magistratura in Italia è fatta da organi inquirenti e requirenti: magistrato è il giudice e il Pubblico Ministero, il primo grado è il tribunale, il secondo la Corte d’appello e il terzo la Cassazione.  diritto di difesa , come diritto è irrinunciabile (non ci si può rifiutare di difendersi, laddove è prevista una difesa tecnica, un processo non può andare avanti se non si ha un avvocato). La giustizia è al di sopra delle decisioni personale. Ogni processo deve essere giusto e regolato dalla legge, ogni parte deve essere nella condizione di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale. Nel procedimento penale, lo Stato accerta la responsabilità penale di un soggetto a séguito della commissione di un fatto costituente reato ed esercita nei confronti di questo la propria pretesa punitiva. Il processo penale deve assicurare che la persona accusata di un reato sia informata della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico e che possa preparare la propria difesa. Il processo penale deve essere modellato secondo lo schema accusatorio nel quale la prova della colpevolezza, portata dall’accusa, si forma nel contradditorio con la difesa, salvo che l’interessato consenta diversamente o per l’impossibilità oggettiva accertata o per effetto di provata condotta illecita. Se l’imputato non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo, ha diritto all’assistenza di un interprete, e ai non abbienti è assicurato il patrocinio a spese dello Stato per agire e difendersi non solo nel processo penale, ma in qualsiasi giudizio. Il procedimento penale è diviso in due parti: la prima riguarda le indagini preliminari del p.m., che si avvale della polizia giudiziaria, egli poi può richiedere al gup l’archiviazione oppure il rinvio a giudizio. La fase successiva si può svolgere con il rito ordinario, con rito speciale (giudizio abbreviato, applicazione della pena a richiesta delle parti, procedimento per decreto, giudizio immediato, il giudizio direttissimo). Contro la sentenza di primo grado l’imputato o il p.m. possono proporre appello. In appello, vengono riesaminati sia i fatti oggetto di causa, sia le norme giuridiche nei limiti d’atto d’appello. Nei confronti delle sentenze d’appello, sia l’imputato sia il p.m. possono proporre ricorso per cassazione, per soli motivi di legittimità. Tuttavia, se il giudice d’appello ha confermato la sentenza di proscioglimento già pronunciata in primo grado, la presenza di una “doppia conforme” fa sì che il ricorso per cassazione da parte della pubblica accusa possa riguardare unicamente i casi di violazione di legge o di esercizio da parte del giudice di un potere non giurisdizionale, con esclusione quindi, dei motivi riguardanti la mancata assunzione di una prova decisiva richiesta nel corso del giudizio precedente o la omissione, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza di secondo grado. La sentenza, una volta divenuta definitiva per decorrenza dei termini per proporre impugnazione o per conferma all’esito dell’esperimento di tutti i gradi di giudizio, è irrevocabile, salvo alcune eccezioni, tipizzate dalla legge. Il CSM Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Il CSM è l’organo di auto-governo della Magistratura che gli garantisce l’autonomia e l’indipendenza; esso è così composto:  3 componenti per diritto: il Presidente della Repubblica, che lo presiede, il primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione e il Procuratore Generale presso la stessa Cassazione;  1/3 è eletto tra i magistrati ordinari;  1/3 è eletto dal Parlamento in seduta comune con voto segreto, gli eletti sono scelti tra professori ordinari all’università di materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio. Essendo un auto-governo 2/3 sono togati e la restante parte è eletta dall’organo elettivo. Facendone parte il Presidente della Repubblica, il CSM è espressione di imparzialità ma garantisce anche l’ indipendenza della Magistratura senza però isolarla. I compiti del CSM sono i provvedimenti concorrenti lo status dei magistrati, questa si articolerà in un’assemblea plenaria di tutti i componenti. Con la composizione del CSM si vede ancora la sua autonomia: i magistrati sono la maggior parte. Non si può intromettere il politico né il Ministro della Giustizia. LA CORTE COSTITUZIONALE La Corte costituzionale è l’organo che esercita il vaglio di costituzionalità delle leggi e si occupa anche dei conflitti di attribuzione. La Corte costituzionale italiana è definita mista, perché è la combinazione originale di elementi diversi, inoltre essa è fissata anche mediante leggi costituzionali e ordinarie. Nel periodo liberale, quindi con lo Statuto albertino, non si poteva immaginare di avere un organo addirittura superiore al Parlamento. La Corte Costituzionale è un organo contro-maggioritario (i cittadini eleggono il Parlamento, la maggioranza parlamentare riflette la maggioranza degli elettori, questa governerà insieme al governo a cui deve dare la fiducia), solo con le dittature si capisce che si necessita questo tipo di potere (si partiva dalla necessità di una democrazia, poi però si potrebbe dare fin troppo potere al popolo). L’idea della Corte costituzionale non può che nascere in Austria; un giurista viennese, Hans Kelsen, comprende che il clima europeo si sta orientando verso l’antisemitismo e matura nel frattempo l’idea di istituire un tribunale che deve garantire la rigidità della Costituzione, deve dichiarare contrarie alla Costituzione le leggi, leggi approvate dal Parlamento: nasce l’idea della giustizia costituzionale. L’unico esempio precedente è la Corte Suprema statunitense, che con il tempo assume questo ruolo; tuttavia, l’esempio degli USA non poteva essere adottato anche in altre parti del mondo, perché: 1. la Corte suprema assume il ruolo di giudice costituzionale, ma all’inizio soprattutto come giudice rispetto ai conflitti di competenza fra gli Stati (stati federali): chi ha la competenza e in quali ambiti; 2. la soluzione adottata non è che solo un giudice può valutare la costituzionalità di una legge (costituzione dello Stato federale o dello Stato) e disapplicare quella legge nella realtà. La Corte suprema è l’ultima ad esprimersi, la sua dichiarazione è vincolante. Quindi non può essere applicato in Europa: il giudice è soggetto alla legge, negli USA è possibile perché il giudice è eletto dal popolo o dal Presidente. Kelsen ha dovuto espatriare: prima in Germania e poi negli USA: per la sua idea rischiava la vita. Una legge non può essere applicata solo perché votata dalla maggioranza. Essendo contro-maggioritaria, i componenti della Corte costituzionale non possono essere eletti dal Governo (negli USA i giudici vengono eletti dal Presidente e restano in carica a vita, non è perciò legato a chi lo ha eletto). Togliatti affermò che la Corte costituzionale era una bizzarria (un po’ anomala), anche i giuristi migliori che comporranno la Corte come possono abrogare una legge approvata da un Parlamento eletto dal popolo? Però capiva il senso della giustizia costituzionale, si deve costruire un organo con principi che possano calmierare il problema. Si trova un compromesso sulla sua composizione, termine però neutro: si trova una soluzione. Il numero dei giudici della Corte costituzionale sono 15, la durata in carica è di 9 anni (inizialmente era di 12 anni) la carica più lunga degli organi dello Stato e non sono nuovamente eleggibili. È un compromesso perfetto, non può essere modificato l’articolo sulla sua composizione: ART. 135. La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed am- ministrative. 1/3 dal Presidente della Repubblica; 1/3 dal Parlamento in seduta comune e 1/3 dalle supreme magistrature. 1/3 dal Parlamento: strategia Togliatti, onde evitare che la Corte perdesse il legame con il popolo (si garantisce la democraticità); 1/3 dalle supreme magistrature nominato da altri giudici; 1/3 Presidente della Repubblica perché rappresenta l’unità nazionale, è un potere politico ma non partitico, è neutro e imparziale. Fino a Ciampi, 1999, mai una donna era stata nominata una donna (il fascismo è l’emblema del maschilismo, cfr l’uomo forte). I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio. Possono essere nominati i magistrati delle supreme magistrature (Consiglio di Stato, Corte dei Conti e Corte di Cassazione), oppure può essere nominato anche un professore universitario di materie giuridiche ordinarie (tuttavia la scelta è molto soggettiva, dipende da chi può nominare), o gli avvocati dopo 20 anni di esercizio possono essere nominati. Ai giudici costituzionali è riconosciuto un complesso di guarantige volte a rafforzarne la posizione di indipendenza e autonomia. Inoltre, l’ufficio di giudice costituzionale è incompatibile con quello di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato o di altra attività commerciale o professionale o di industriale o con ruoli di amministrazione o sindacali in società con finalità di lucro, con l’assunzione o la conservazione di altri uffici pubblici. Con questa composizione, la Corte costituzionale italiana fa propria la funzione costituzionale e la funzione di garante del pluralismo democratico: per quanto ampia sia la maggioranza, si ha sempre una minoranza, la Corte costituzionale evita che l’opposizione rimanga tale per sempre. C’è il rischio che la minoranza vada alle armi, si cerca di evitare la guerra civile. La Corte costituzionale può dire alla maggioranza che la voce della opposizione è costituzionale. I giudici eleggono, al loro interno, il Presidente della Corte costituzionale con votazione segreta; egli resta in carica 3 anni, vi è una prassi in cui viene eletto il giudice più anziano in carica. Egli ha un ruolo rilevante sia all’interno che all’esterno della Corte, egli ha il compito di scegliere il giudice a cui assegnare il caso, che diventa il relatore; gli spettano funzioni di rappresentanza istituzionale della Corte, nonché di organizzazione dell’attività dell’organo. La Corte si può riunire sia in udienza pubblica, dove ascolta le parti in un giorno in cui da una parte si ah un avvocato che difende lo Stato e uno della Regione, finita l’udienza i giudici decidono. Si è scelto il sindacato della Costituzione accentrato: un organo a cui è affidato il compito di dichiarare una legge non costituzionale, tuttavia è un sistema anche misto: Quale secondo Lei è un diritto assoluto? È una domanda trabocchetto, non esistono diritti assoluti, non si può parlare di diritti assoluti in Italia se in un altro Stato non lo è. Anche la legittima difesa è in discussione, se il diritto alla vita non è un diritto assoluto, non dovrebbe essere ammessa. La vaccinazione obbligatoria può essere ammessa solo se innanzitutto vi è una legge, ma il beneficio della collettività corrisponde al beneficio del singolo, se non si ha un beneficio personale nulla è giustificato se ha un beneficio per la collettività. I diritti sono conquiste sociali e storiche, finché nessuno muore nessuno li garantisce realmente rimangono sulla carta. La costituzione del 1946 non prevedeva tanti diritti che sono necessari oggi. Nell’articolo 2 e nell’articolo 3 vengono espressi i principi fondamentali, che poi vengono ripresi in altri diritti, sono fonti di diritto autonome e comprendono nel loro interno anche qualcosa che non ha esplicito riferimento nella Costituzione. L’idea di base dell’articolo 2 viene da Aldo Moro e Giuseppe Dossetti, ha un’impostazione prevalentemente cattolica. Aldo Moro coniò l’idea della piramide rovesciata: nel periodo liberale e nel periodo fascismo gli individui venivano dopo lo Stato, i diritti del periodo liberale erano dati dallo Stato e solo quelli esistevano. Con la Costituzione tutto ciò viene rovesciato, la piramide rovesciata: all’apice vi si pone l’individuo, man mano crescono i diritti dell’individuo, prima quei diritti dell’individuo in quanto tale, poi i diritti che lo riguardano nelle formazioni sociali, alla fine della piramide si trova lo Stato, che nasce per i diritti dell’individuo. Viene prima la persona e poi lo Stato, diametralmente opposto a ciò che avveniva con il fascismo, Mussolini dichiarò: “per il fascista, tutto è nello Stato, nulla di umano o spirituale esiste e tantomeno ha valore al di fuori dello Stato”. Si costruisce un sistema di liberta per cerchi concentrici che si allargano alla vita quotidiana dell’uomo e tutto ciò che essa comporta. L’individuo non è solo visto come tale, viene visto anche nelle formazioni sociali, è inevitabile che i suoi diritti si ampliano da quei pochi che erano previsti nell’epoca liberale; inoltre, accanto ai diritti esistono i doveri di solidarietà (è l’emblema dell’inesistenza di diritti assoluti). Si afferma una visione dei diritti della persona come diritti che lo Stato deve riconoscere, in un contesto di priorità della persona umana nella sua totalità rispetto allo Stato. ART. 2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. “Uomo” è figlio del suo tempo, non vi è necessità di introdurre e della donna perché stabilisce i diritti inviolabili. Il punto dell’articolo due è che non esplicita quali sono i diritti inviolabili e i doveri inderogabili, questo è un problema. Alcuni contestano l’utilizzo dell’art 2, perché si potrebbero inventare dei diritti ex novo, che andrebbero a contrapporsi, a colludere con altri già presenti nella Costituzione. Vi sono inoltre altre questioni etiche e bioetiche che sono state sollevate utilizzando l’articolo 2. * Il principio di uguaglianza è introdotto dall’articolo 3 e influenza tutta la Costituzione , è un principio cardine. Tutti sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di tutte le caratteristiche che i costituenti hanno esplicitato (anche se avrebbero potuto non farlo, se si è già detto che tutti sono uguali davanti alla legge), si tratta anche di una uguaglianza sostanziale: si ridefinisce il rapporto tra il cittadino e lo Stato, tuttavia l’articolo 3 è da estendersi anche ai non cittadini italiani. ART. 3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni poli- tiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipa- zione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Si tratta in modo uguale situazioni uguali, ma vale anche il contrario. La flat tax è incostituzionale per l’articolo 3: la situazione è diversa, non è eguale, è discriminatorio, si deve avere la progressività della tassazione. Si è perso in termini di democraticità. Il secondo comma introduce l’idea che lo Stato che interviene per portare a tutti nelle stesse condizioni di partenza. Il secondo comma contiene il principio sostanziale, esso impugna le diverse articolazioni della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza degli individui. Nel mondo liberale il principio uguaglianza aveva avuto come obiettivo l’abbattimento della società cetuale, nel sistema democratico italiano esso mira aa scongiurare la possibilità che gli individui possano essere discriminati. La promozione dell’uguaglianza ha come limite la non arbitrarietà della legge e il rispetto del principio di ragionevolezza. ART 2/3/27/32 Gli articoli 2 e 3 fondano i dubbi di costituzionalità: cfr la cittadinanza e la richiesta della conoscenza della lingua italiana, si potrà sollevare la questione della costituzionalità della legge: si tratta in modo diverso una situazione uguale. Con l’obiezione di coscienza si può sollevare la questione di costituzione con l’articolo 2. Si ritrova poi nell’articolo 32, il diritto alla salute per gli indigenti che stabilisce che chi non guadagna un tot all’anno può accedere gratuitamente alle cure, questo per il principio di uguaglianza. La parte prima della Costituzione tratta dei diritti e dei doveri dei cittadini, quasi tutti i suoi articoli sono strutturati nello stesso modo: si percorre la piramide rovesciata. La geografia costituzionale è importante, non si comunicano solo le disposizioni. Gli articoli sono formati da vari commi (capoversi in una formulazione legislativa), il primo proclama sempre l’inviolabilità del diritto (cfr art 2: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, e l’art 13: La libertà personale è inviolabile). Tuttavia, non esiste un diritto assoluto, l’aggettivo inviolabile non rende un diritto assoluto e infatti con il secondo comma si introducono i limiti, si introduce la restrizione della libertà in questione. Si parte dall’uomo con l’articolo 2; la parte prima parte con l’articolo 13 che sancisce la libertà personale, l’impossibilità di essere arrestati arbitrariamente, cfr la Magna Carta. Prima di tutto viene la persona, intesa come corpo che si muove, movimento che prosegue poi con l’articolo 14. ART. 13. La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedi- menti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. Qui si vede la struttura dell’articolo: primo comma con il diritto e secondo che esplicita la restrizione: con la virgola si esplicitano i casi particolari, la libertà personale è inviolabile se non è prevista una detenzione, un’ispezione o una perquisizione personale dalla legge o da un atto motivato del giudice. Quindi solo una fonte primaria può andare a limitare la libertà personale e solo l’autorità giudiziaria può concretamente imporre la restrizione. Tuttavia con il terzo comma s’introducono i casi dove la libertà personale può venire meno anche senza un provvedimento del giudice pur sempre se garantita in una legge: sono casi eccezionali, dove però l’autorità di pubblica sicurezza deve comunicare entro 48 ore all’autorità giudiziaria il provvedimento adottato, che a sua volta ha tempo 48 ore per revocare o confermarlo. Riserva di legge: attribuzione alla legge di stabilire i casi in cui l’atteggiamento di un uomo è un reato. La restrizione non è unicamente il carcere, si può privare un individuo del suo passaporto, esistono agli arresti domiciliari. Questa è una garanzia, perché la legge è fatta dal Parlamento, unico organo eletto direttamente dai cittadini, si toglie all’Esecutivo il potere di stabilire ciò che è reato, se fosse altrimenti i cittadini che hanno votato per l’opposizione, non sarebbero rappresentati. Però il Parlamento può essere anche più dittatoriale quindi si introduce la Riserva di giurisdizione: il giudice è terzo a chiunque, è un’ulteriore garanzia. È autonomo, deve motivare perché restringe la libertà personale, ancora viene sottolineata la democraticità. La particolarità dell’articolo 13 è che non solo il giudice può restringere la libertà personale, ma anche l’autorità di pubblica sicurezza tuttavia i casi in cui può farlo sono comunque previste per legge (flagranza di reato, reiterazione del reato…) vi è l’idea che prima della condanna, il carcere deve essere dato solo se è palese che sia colpevole l’individuo. Nel quarto comma si afferma che chi vede ristretta la propria libertà personale non può essere vittima di alcuna violenza, sia fisica che morale perché l’individuo deve godere in ogni momento della propria dignità in quanto tale. Tuttavia, la congiunzione comunque sottolinea il fatto che ciò non può valere solo per chi ha una libertà ristretta. * L’ambito della persona da tutelare per prima cosa è il domicilio (art 14), è dove si sviluppa in primo luogo la persona. Il domicilio è considerato un’estensione del sé. ART. 14. Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediata- mente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudi- ziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il se- questro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manife- stazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti ade- guati a prevenire e a reprimere le violazioni. “tutti”, i soggetti titolari del diritto, sono gli individui: la libertà in questione è un diritto dell’uomo, cfr art 3. L’unico limite esplicitamente individuato alla libertà del pensiero è il buon costume. LE FONTI DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA Il sistema delle fonti del diritto distingue le fonti in primarie e secondarie. Le fonti primarie sono costituite dai Trattati comunitari; le fonti secondarie, invece, sono gli atti normativi che possono essere adottati dal Consiglio e dal Parlamento europeo, inoltre queste sono subordinate alle fonti primarie. Le fonti derivate si distinguono in atti vincolati e atti non vincolanti, cioè se fanno sorgere dei diritti o dei doveri nei confronti del destinatario. Gli atti vincolanti sono i regolamenti, le direttive e le decisioni: queste sono obbligatorie e direttamente applicabili. Ciò significa che devono essere applicati integralmente e che entrano direttamente all’interno degli ordinamenti nazionali e producono i loro effetti senza alcun atto interno di recepimento da parte dello Stato.  Le direttive vincolano lo Stato rispetto al livello da raggiungere entro un lasso di tempo prestabilito, lo Stato è libero di stabilire con quali modalità conseguire gli obiettivi; le direttive sono le uniche fonti vincolanti che necessitano di un atto interno di disposizione;  Le decisioni riguardano dei destinatari specifici. Gli atti normativi non vincolanti sono le raccomandazioni e i pareri, non hanno un indirizzo politico e non fanno sorgere né diritti né doveri per i destinatari.  Le raccomandazioni sono inviti rivolti agli Stati per farli conformare a un comportamento.  I pareri contengono il punto di vista dell’istituzione che li mette su una specifica questione Nell’Unione europea la funzione legislativa è della Commissione, la procedura di codecisione del Parlamento europeo e del Consiglio. La caratteristica fondamentale degli atti normativi vincolanti dell’Unione consiste nella loro diretta applicabilità, si cede così della sovranità all’Unione europea: gli atti normativi entrano direttamente negli ordinamenti nazionali e in caso di contrasto la norma europea vince su quella nazionale, anche in caso di norme costituzionali. Tuttavia, l’Italia non ha mai apportato modifiche alla Costituzione per adattarsi agli atti europei. L’unico limite all’ingresso al diritto comunitario posto dalla Corte costituzionale è il rispetto dei diritti inviolabili della Costituzione. La Corte costituzionale riteneva all’inizio che i contrasti fra le norme dovessero essere risolte con il criterio cronologico, tuttavia la Corte di Giustizia non accettò questo, in quanto si avrebbe potuto introdurre una nuova disposizione in contrasto con l’atto introdotto. Dunque, la Corte costituzionale propone il criterio gerarchico, ma la Corte di Giustizia, si conclude tuttavia con l’affermazione della supremazia del diritto europeo su quello italiano.
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