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Appunti lezioni di diritto penitenziario completi - prof. Menghini, Appunti di Diritto Penitenziario

appunti completi delle lezioni di penitenziario della professoressa Menghini, necessari per sostenere l'esame da frequentante (vedasi inoltre file sulla necessaria integrazione del manuale dalla Casa per materiale completo da portare all'esame)

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 27/07/2022

sere.poppy
sere.poppy 🇮🇹

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Scarica Appunti lezioni di diritto penitenziario completi - prof. Menghini e più Appunti in PDF di Diritto Penitenziario solo su Docsity! DIRITTO PENITENZIARIO Articolo 27 comma 3 Art.27 c.3 cost: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” la pena non è la sostituzione della vendetta privata o quella pubblica. Essa deve prevedere nel corso dell’esecuzione della pena un percorso teso al reinserimento concreto del detenuto. Art. 27 comma 3 Cost. prevede due principi a. prima divieto di pene consistenti in trattamenti contrari al senso di umanità b. poi ideale rieducativo tale ordine è frutto di un emendamento dell’ultimo secondo e di una discussione particolarmente accesa tra i padri costituenti --> in particolare il professor Bettiol nell’ultima sessione utile aveva proposto e ottenuto l’inversione dei due principi proprio per scongiurare l’idea che la finalità special-preventiva potesse essere considerato l’unico referente quando si parlava di finalità della pena. L’ordine che ci viene restituito ha una logica stringente. Se parliamo di divieto di pene consistenti in trattamenti contrari al senso di umanità implicitamente stiamo evocando il concetto di dignità della persona --> quando parliamo di dignità da considerarsi in senso statico stiamo facendo riferimento a quel nocciolo duro di diritti fondamentali intangibili  cioè diritti che non possono essere negati a nessuno, nemmeno a chi si è reso responsabile del peggiore dei delitti. Il riconoscimento di diritti fondamentali anche al detenuto  è la legge sull’ordinamento penitenziario che segna questo cambio di rotta importante perché il detenuto passa da soggetto passivo dell’agere dell’amministrazione penitenziaria a soggetto attivo titolare di diritti il fatto che il detenuto riconosca e percepisca di essere trattato nel suo essere una persona e come tale portatore di quella dignità il cui nocciolo duro è costituito da questi diritti fondamentali, diventa CONDICIO SINE QUA NON INELUDIBILE perché la seconda parte dell’art. 27 comma 3 possa avere qualche chance di realizzazione. Nella nostra costituzione le norme dedicate al carcere o comunque alla pena sono gli art. 27, 25, 24, 13.  peraltro nessuno mai si sottoporrà alla rieducazione se si vede soggetto ad una pena sproporzionata al fatto commesso e contraria al principio di umanità. Dopo il percorso rieducativo si abbassa anche la possibilità di recidiva (stando ai dati; il livello normale di recidiva si aggira intorno al 79%); si abbassa ancora di più se il soggetto è stato sottoposto a misure alternative (fino al 19%; se si è avuti una possibilità lavorativa si abbassa ulteriormente al 2%) Un detenuto costa tra i 120 euro e 150 al giorno; ciò che paga il detenuto è circa un euro. Se aggiungiamo lo stipendio dei dipendenti penitenziari, si arriva fino a 250 euro al giorno. Un investimento sui programmi in carcere inciderebbe sulla percentuale di recidiva e quindi sui milioni di euro spesi dallo Stato per il mantenimento dei detenuti. Al di là delle riforme e della predisposizione del detenuto, devono esserci le condizioni e le risorse economiche per offrire una vera e propria chance di rieducazione;  ancor più paradossale è prendere atto che quasi tutte le leggi di riforma in materia penitenziaria presentano una clausola di invarianza finanziaria. SENTENZA 313/1990 CC Detto altrimenti, si tratta di quel concetto basilare che ci viene resistito dalla sentenza 313/1990 su come intendere quel verbo “tendere”. Per lunghissimo tempo la lettura dell’art. 27 comma 3 con riferimento alla seconda parte in realtà è stata una lettura in chiave minima, in chiave riduttiva da parte della nostra dottrina maggioritaria:  l’idea era quella che la finalità rieducativa era solo una tra le possibili, secondo alcuni il verbo “tendere” avrebbe indicato la mera eventualità di questa finalità, e comunque questa finalità veniva sempre rilegata al momento esecutivo della pena. La sentenza 313/1990 modifica questa chiave di lettura e ci restituisce una finalità rieducativa che informa tutta la vita della sanzione penale, a. dal momento in cui viene prevista in una norma dal legislatore b. al momento in cui si estingue con l’esecuzione della pena. Secondo questa sentenza, il verbo tendere non ha nulla a che vedere con l’eventualità della finalità rieducativa ma sta solo a indicare come chiave di volta del percorso rieducativo sia il consenso del condannato:  è chiaro che le pene tendono alla rieducazione, starà poi al condannato con una sua decisione libera. Viganò: rieducazione quale appello alla libertà interiore --> Quindi solo nella misura in cui il detenuto si veda riconosciuto come persona nella sua dignità e si veda assicurati quei diritti fondamentali, si potrà predisporre liberamente a un fruttuoso percorso rieducativo. = UMANITÀ DELLA PENA QUALE CONDICIO SINE QUA NON DEL PERCORSO RIEDUCATIVO. Chiaro che in questo passaggio si va ad innestare un ulteriore fattore dirimente: 1. non è solo un problema di riconoscimento e affermazione e tutela dei diritti, 2. ma è anche la predisposizione delle condizioni minime all’interno degli istituti di pena perché quel percorso rieducativo possa realizzarsi. Si è fatto molta fatica ad individuare un CONCETTO CONDIVISO DI RIEDUCAZIONE. Qualcuno ha proposto il termine di risocializzazione, di cui si parla tuttora: 3. è vero che rieducare significa di fatto predisporre la persona a un reinserimento nella società; 4. ma il termine risocializzazione, che indica esso stesso un percorso che sembra essere colorato sul versante formativo, è più da rivolgere a soggetti marginalizzati che si suppone necessitino di una formazione di un avvicinamento ai valori condivisi, o -->ma se noi pensiamo ai colletti bianchi questi sono soggetti già perfettamente inseriti in società tanto che il termine risocializzazione non appare soddisfacente. Tanto che qualcuno preferisce ricostruire l’idea rieducativa attorno al concetto più laico a. di ossequio alla legalità esteriore, b. di ossequio al precetto penale, -->quindi ritorno a una vita secondo diritto. Il professor Viganò parla anche di revisione critica, concetto poco penalistico e molto penitenziaristico, nel senso che lo ritroviamo all’interno della legge sull’ordinamento penitenziario ed è il perno su cui si fondano quasi sempre le decisioni dei magistrati di sorveglianza nella concessione delle misure alternative. Viganò ci propone questa revisione critica, assimilandola al concetto di rieducazione, declinandola con due anime: 1. interiore 2 PRINCIPALI FIGURE Il magistrato di sorveglianza IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA Si occupa del momento dell’esecuzione della sentenza; si occupa della persona più che del fatto --> (del fatto si occupa il giudice di congnizione) Il suo compito è quello di “rendere la pena utile”, accertando che essa venga eseguita con particolare attenzione al reo, alle sue caratteristiche ed esigenze. Inoltre il m. di sorveglianza svolge UN RUOLO DI GARANZIA relativo al rispetto dei diritti del detenuto. Viene prevista nella codificazione del 30 con l’idea di affiancare a ciascun tribunale un giudice appunto di sorveglianza --> il cui compito principale era quello di vigilare sull’esecuzione - sia delle pene - che delle misure di sicurezza. In realtà se facciamo un salto indietro al Trattato dei governi di Aristotele leggiamo che il magistrato più importante è proprio quello che sovrintende al momento esecutivo della pena. Questa grande considerazione di cui godeva questo magistrato in tempi risalenti purtroppo non viene replicata anche oggigiorno. La magistratura di sorveglianza certe volte viene quasi percepita come una magistratura di serie b, forse perché non è tanto una magistratura del fatto ma è una magistratura della persona. E allora si dice che di giuridico c’è molto poco, sono magistrati chiamati a dei giudizi di tipo prognostico sulla recidivanza per cui dove sta il problema di ricostruire la norma, di applicarla  Si tratta di un giudizio difficilissimo, motivo per cui tendenzialmente il reinserimento sociale per funzionare bene dovrebbe ossequioso di uno specifico corollario della finalità rieducativa: il principio di graduale reinserimento. In realtà molte norme sono un ginepraio dal punto di vista ermeneutico e il lavoro della magistratura di sorveglianza è molto complesso, senza contare che i magistrati di sorveglianza sono pochi. Si tratta di un giudice ad hoc che non ha nulla a che vedere con il giudice dell’esecuzione. a. Da un lato giudice dell’esecuzione: che coincide con il giudice della cognizione che ha affermato la responsabilità penale e ha emesso il dispositivo di sentenza, che è competente proprio sul titolo e si interessa di tutte le questioni che possono afferire al titolo o validità del titolo esecutivo, o applicazione del concorso formale e del reato continuato, o revoca della sentenza a valle dell’abolitio criminis, o applicazione di amnistia e indulto b. Dall’altro lato magistrato di sorveglianza: che nulla centra, che non si interessa del titolo di reato. La magistratura di sorveglianza è anche definita giudice di prossimità perché è tenuta a visitare la struttura di pena, a svolgere colloqui con le persone detenute. 5 = Giudice della persona e non del fatto: è chiamato a formulare un giudizio personologico sulla persona e sull’evoluzione della persona, un giudizio che se parliamo della concessione di misure alternative alla detenzione o affidamento in prova, o detenzione domiciliare o semilibertà -->è un giudizio di tipo prognostico di pericolosità sociale davvero difficile che dovrebbe restituirci la certezza che la misura alternativa sia in grado di scongiurare la recidiva della persona. Un giudizio difficilissimo, motivo per cui tendenzialmente il reinserimento sociale per funzionare bene dovrebbe essere ossequioso di uno specifico corollario della finalità rieducativa, che è il principio di gradualità del reinserimento. PRINCIPIO DELLA GRADUALITÀ DEL REINSERIMENTO quale corollario della finalità rieducativa della pena --> Ossia non esistono solo le misure alternative, peraltro le misure alternative concedono spazi diversi di libertà: - la semilibertà è una misura per cui il condannato dorme in carcere ed esce tutto il giorno per un’attività lavorativa prima di rientrare normalmente alle 10 di sera nella struttura detentiva; - detenzione domiciliare in cui il condannato esegue la pena nel suo domicilio con delle prescrizioni di segno negativo che in genere gli consentono un’uscita di un paio di ore al giorno per le necessità primarie; - affidamento in prova ai servizi sociali che prevede un programma specifico ma in cui la libertà quantomeno di movimento è molto più ampia. Vengono concesse propriamente dal Tribunale di Sorveglianza!! Quindi già nelle misure alternative possiamo immaginare una sorta di climax: prima semilibertà, poi detenzione domiciliare, poi affidamento in prova.  Ma le misure alternative non sono gli unici istituti, gli unici benefici. Da un lato il magistrato di sorveglianza può concedere provvisoriamente (47 comma 4); tuttavia tale concessione deve essere seguita da una CONFERMA del Tribunale di Sorveglianza. Il ms è competente alla sospenzione cautelativa della misura alternativa in medio tempore nelle more della decisione finale del tribunale di sorveglianza sulla relativa revoca  fino al 2018 tale possibilità era negata al magistrato di sorveglianza IL PREMESSO PREMIO L’ordinamento penitenziario conosce il permesso premio (art. 30 ter). Istituto che si applica anche all’ergastolano, dopo un certo numero di anni e quando si tratta di ergastolo comune. Collegato ad esigenze di lavoro di studio familiari ecc. Ci sono dei presupposti legati sempre a un giudizio prognostico di pericolosità sociale sulla recidiva.  Per un periodo non superiore a 45 giorni all’anno.  Un singolo permesso non può durare più di 15 giorni continuativi, in genere il primo permesso concesso non dura più di 3 ore.  Normalmente viene concesso sempre in un contesto protetto.  Le prime volte con l’accompagnamento normalmente di un volontario o anche di una scorta. Primo assaggio di libertà fino a che la risposta che il condannato da in questo percorso è sempre di segno positivo e il magistrato si corrobora nella buona decisione di avergli concesso questa chance. 1. Prima considerazione: ci vuole moltissimo tempo a concedere il primo permesso premio (più di due mesi ad istruire il fascicolo), Perché è il primo momento di scommessa da parte del magistrato sul detenuto. 6 Paradossalmente il magistrato di sorveglianza considera molto più delicata la concessione di un permesso premio rispetto all’affidamento in prova. 2. Seconda considerazione: non sempre i permessI premio vengono concessi e allora rischiamo di veder vanificata quella gradualità nel reinserimento. Questo perché le sensibilità dei magistrati non sono le medesime: alcuni sono più inclini a concedere una prima chance, altri hanno un atteggiamento maggiormente difensivo. o Dati sulla recidiva alla mano: chi esegue tutta la pena all’interno della struttura senza aver avuto una chance di permessi di lavoro di misure alternative presenta una recidiva intorno all’80%; questo numero va ad appiattirsi su un numero del 19% laddove il percorso sia virtuoso. o Se ragioniamo sul fatto che un detenuto costa allo stato tra 150 e 250 euro, un punto di recidiva sono milioni di euro. 3. Terza considerazione: drammaticamente capita che la persona a cui si offre questa possibilità compia degli atti anche molto gravi e ogni tanto quando un permesso premio va male se ne fa una grande pubblicità. Tuttavia il rapporto è statisticamente di 1000 a 1. LAVORO ALL’ESTERO L’ordinamento penitenziario conosce anche il lavoro all’esterno (art. 21): possibilità di esercitare all’esterno della struttura un’attività lavorativa.  Normalmente part-time. Non sempre vero e proprio lavoro, talvolta le persone vengono solo spostate dalle sezioni più all’interno nella costruzione dell’istituto di pena ad una palazzina più all’esterne e il lavoro consiste semplicemente nell’attività di manutenzione della zona verde. 7 Competenze del magistrato di sorveglianza A. VALUTAZIONE DEI RECLAMI Il magistrato di sorveglianza è competente a valutare i reclami che gli sono proposti ex art. 35 bis e 35 ter. Questi due artt. disciplinano nell’ordine due specifici reclami: A. reclamo preventivo (ovviamente di carattere giurisdizionalizzato) B. reclamo compensativo. A fronte della sentenza Torreggiani, in cui l’Italia è stata condannata non solo a risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri ma a predisporre rimedi di tipo effettivo per riuscire a. a far venire meno la violazione dei diritti (rimedio preventivo) b. ovvero a compensare (rimedio compensativo) il condannato per aver sofferto un pregiudizio derivante da una grave violazione dei suoi diritti. A fronte di questa pesante condanna, il legislatore introduce nell’ordinamento penitenziario il reclamo preventivo e il reclamo compensativo. Reclamo compensativo (art. 35 ter) Si tratta di richiedere un ristoro a fronte di un grave pregiudizio sofferto collegato alla violazione dell’art. 3 della Cedu, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo. Reclamo preventivo (art. 35 bis) Temporalmente si pone prima. Se leggiamo il dettato dell’art. 35 bis in combinato disposto con l’art. 69, vediamo che già all’interno dell’art. 69 comma 6 vengono richiamate le due materie rispetto alle quali è possibile presentare reclamo preventivo al magistrato di sorveglianza:  Violazione dei diritti dei detenuti  materia disciplinare --> Il detenuto non è solo titolare di diritti ma è anche destinatario di doveri, di rispetto delle regole fissate: o dalla legge sull’ordinamento penitenziario, o dal relativo regolamento, o dal regolamento interno dell’istituto ove presente, o dagli ordini di servizio del singolo istituto di pena che normalmente promanano o dalla direzione o dal comando della polizia penitenziaria. Nella misura in cui il soggetto venga trovato in possesso di un cellulare/aggredisca una guardia/si azzuffi con un altro detenuto, l’agente proposto eleva un verbale. Passa un termine perentorio di 10 giorni entro cui si riunisce il consiglio di disciplina se il fatto assurge a un certo livello di gravità (se il fatto è meritevole solo di richiamo, ci pensa il direttore), in cui il condannato dovrebbe poter dire la sua. Il consiglio di disciplina decide variamente ovvero se applicare le sanzioni richiamate all’art. 39, a. la più grave è la esclusione delle attività in comune (EAC) anche conosciuta come isolamento che non può avere una durata superiore a 15, b. la seconda più grave è l’esclusione dalle attività ricreative sportive. Rispetto a queste due sanzioni che sono le più pesanti, viene riconosciuto al magistrato di sorveglianza un potere di entrare nel merito dei provvedimenti adottati: nonostante stiamo parlando di una discrezionalità amministrativa che si concretizza nell’irrogazione o meno di una sanzione, capiamo che il detenuto può reclamare dinnanzi al magistrato e volendo il magistrato può entrare nel merito della questione. 10 Ci sono molti buchi a livello di tutela della persona detenuta rispetto all’iter procedurale soprattutto perché ci sono alcune prassi molto pesanti, in particolare due. In primo luogo quella di applicare in via cautelare la sanzione disciplinare:  il fatto viene ritenuto talmente grave che la persona vien presa di peso e messa in isolamento nello stesso momento in cui gli viene contestato il disciplinare. Potrebbe anche darsi che il consiglio di disciplina opti per assolvere quella persona e a fronte di quella esecuzione cautelativa c’è poco da fare. ulteriormente, se mi viene comminata una eac io posso ricorrere con un 35 bis avverso quella sanzione, ma che cosa ottengo? Nel tempo che il magistrato di sorveglianza istruisce la pratica, acquisisce il verbale del consiglio di disciplina… il detenuto si è già fatto i 15 giorni di isolamento. Ma allora perché si è inventato questo sistema a chiusura di tutela? perché il 35 bis è un vero strumento di tutela solo che rispetto al disciplinare si innesta male o quantomeno tardi. La risposta è semplice: perché nel momento in cui è elevata la contestazione di un disciplinare al soggetto, quindi addirittura prima del consiglio di disciplina, quel verbale confluisce nel fascicolo del magistrato di sorveglianza ai fini della valutazione di un istituto molto importante: liberazione anticipata (la) (art. 54). Quindi ricorrere ex 35 ter anche allorquando la sanzione sia già stata scontata dal condannato ha un senso proprio perché permette di rendere dotto quantomeno il magistrato di sorveglianza che c’è anche la versione del condannato,  cioè se il detenuto vedrà accolto il suo reclamo può stare tranquillo che i giorni di liberazione anticipata non vanno perduti. Provvede con decreto motivato sui permessi premio e sulle licenze per i semiliberi e gli internati Sia la semilibertà contempla la possibilità di una concessione di licenze fino a 45 giorni l’anno sia il soggetto internato (destinatario di misura di sicurezza personale) può godere di licenze, soprattuto esiste la cd licenza di fine periodo (licenza che i soggetto internato si vede riconoscere in un momento in cui chi lo segue nella rems è convinto che potrebbe in un giudizio di riesame di pericolosità sociale veder negata la proroga ulteriore. Quindi il buon comportamento in licenza diventa anche uno strumento per valutare la eventuale residua pericolosità sociale. B. MODIFICHE DELLE PRESCRIZIONI RELATIVE ALLA MISURE ALTERNATIVE Vigilanza sugli istituti di pena, in particolare sull’organizzazione degli istituti di pena, e conseguentemente prospettare al ministro quelle che sono le eventuali esigenze La proposta della commissione Ruotolo ha proposto l’introduzione di una norma che prevede l’obbligo per il magistrato singolo di relazionare annualmente al presidente del tribunale con riferimento ai suoi ingressi in istituto, al numero dei colloqui svolti e all’eventuale problematica o comunque ipotesi di lesioni dei diritti riconosciuti ai detenuti o situazioni particolari di quell’istituto. C. SOVRINTENDE ALL’ESECUZIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA E DELLE MISURE ALTERNATIVE Si pronuncia sulla liberazione anticipata. Si tratta di uno sconto di pena: 45 giorni ogni semestre di pena scontata nella misura in cui si dia la prova di attiva partecipazione all’opera rieducativa.  Se così non è, il magistrato di sorveglianza gli negherà quei giorni. Viene normalmente ascritta al novero delle misure alternative, quantomeno nella manualistica viene presentata e disciplinata in coda alle misure alternative. 11 Però ci rendiamo immediatamente conto che la natura di questi istituti è molto distante: A. le misure alternative in senso proprio (che nel nostro ordinamento si atteggiano a modalità esecutive della pena detentiva di breve durata) sono quelle tre perché si tratta di eseguire la pena in una di queste diverse modalità; B. mentre la liberazione anticipata è uno sconto di pena per partecipazione al percorso rieducativo e alle attività trattamentali. Effettivamente per il detenuto la liberazione anticipata è uno dei temi ricorrenti. La liberazione anticipata: Serve a uscire prima • Quando c’è stata la sentenza Torreggiani per due anni è entrata in vigore la liberazione anticipata speciale (las): sconto di 75 giorni. • L’art. 4 bis preclude l’accesso a determinati benefici ma non alla liberazione anticipata, pertanto se la pena è temporanea la pena può essere scontata. • La liberazione anticipata si applica anche all’ergastolano comune, quindi in luogo di quei 26 anni per accedere alla liberazione condizionale il detenuto può uscire dopo 21 anni. La decurtazione dei giorni può fare sì che il soggetto scenda nei termini della pena residua richiesta per fare richiesta di un determinato beneficio. La liberazione anticipata è un balsamo per l’anima dei detenuti, cioè restituisce ai detenuti la positività del loro comportamento. C’è una sorta di ordine di priorità, non scritto ma di fatto, che gli uffici di sorveglianza adottano per avere queste richieste: quando l’istanza è liberatoria (ad es. mi manca un mese di pena, ho maturato adesso il semestre, se mi arrivano i 45 giorni io esco subito), - essa è in cima alla pila dei fascicoli del magistrato di sorveglianza e viene evasa per prima; - dopodiché in ordine di importanza ci sono le istanze che riguardano l’abbattimento del termine soglia per richiedere la misura alternativa; Infine ci sono tutte le altre (il che significa che tendenzialmente il condannato che ha una pena lunga va in coda, quando psicologicamente vedersi arrivare un riscontro con la liberazione anticipata può essere una buona cosa). La liberazione anticipata si chiede solo nel momento in cui la sentenza è divenuta definitiva ma anche per i periodi precedenti. Talvolta il detenuto è furbo e presenta un semestre confezionato ad hoc. In realtà questo non è possibile perché nel momento in cui l’istanza viene presentata, il magistrato parte dall’inizio pena e calcola i semestri. Sul punto c’è molta giurisprudenza: • Se il detenuto si è comportato bene nel semestre 1 e c’è stato un grave fatto nel semestre 2. Certa magistratura di sorveglianza tende a dire di no a entrambi i semestri perché se il detenuto ha cannato pesantemente nel secondo semestre dell’opera rieducativa non ha capito niente nemmeno nel primo semestre. Spesso il detenuto reclama e si va di fronte al tribunale. • Se il detenuto ha cannato nel semestre 1 e si è comportato bene nel secondo 2. È più raro che in questo caso si rifiutino entrambi i semestri. C. APPROVA CON DECRETO IL PROGRAMMA DI TRATTAMENTO Il programma di trattamento è una parte integrante della sintesi che è definita da questa equipe in cui l parte del leone la fa l’area educativa e il referente primario è il direttore. Il magistrato di sorveglianza deve comunque poter valutare la bontà di quel programma trattamentale, cioè una valutazione più di legittimità che di merito, ma nella misura in cui quel programma sia lesivo di taluno dei diritti del detenuto può rimandarlo al mittente e chiedere di modificarlo. 12 La figura del Garante dei Diritti dei Detenuti (Art.18-35-67 o.p.) La figura del garante nasce dopo la gravissima sentenza Torreggiani ed altri contro l’Italia 8 gennaio dell’2013 che condanna l’Italia per la situazione di endemico sovraffollamento delle carceri --> art. 3 della CEDU vieta il trattamento disumano e degradante  Si tratta di una sentenza pilota --> la cedu nota che si tratta di un problema che coinvolge l’intero sistema carcerario (Italia viene messa in mora), e da delle direttive per supplire a tale problematica che coinvolge l’intero sistema nazionale Il Garante a livello nazionale inizia ad esercitare nel 2016, mentre a livello locale erano già stati istituiti prima del 2013. La figura è di origine scandinava (1809), inizialmente aveva il compito di sorvegliare l’applicazione della legge da parte dei giudici e degli ufficiali; successivamente nel corso dell’Ottocento assume un compito di controllo generale nei confronti della pubblica amministrazione e di difesa degli interessi dei cittadini. Oggi esiste - Un Garante a livello Nazionale, con il compito di coordinare il lavoro di quelli regionali e interfacciarsi con l’ONU; o Si tratta di un organo trivio il cui presidente è Mauro palma Tale figura è stata istituita paradossalmente dopo l’istituzione delle autorità garanti locali (2016 - 2017) - Figure di Garanti a livello regionale/ provinciale --> ci sono garanti anche per le singole città es. Bolzano o per le citta metropolitane o Hanno ulteriori prerogative o si devono confrontare in incontri (anche ad oras) con gli altri garanti e altre figure = CONFERENZA DEI GARANTI TERRITORIALI o Confronto con l’ufficio Garante nazionale o Tenere contatti con interlocutori a livello locale --> volontariato locale, dipartimento sociale provinciale o Occorre considerare che nella realtà di Trento ha una sola casa circondariale--> mentre il garante regionale svolge un raccordo tra le diverse case circondariale o Svolgere anche colloqui con le persone detenuto e fare eventuali segnalazioni al direttore del carcere --> fatto soprattutto nelle realtà più piccole ad es. Trento Le norme che fondano i poteri dei garanti all’interno della legge del 1975 sono:  L’art.67 riconosce il potere ispettivo: L’art. 67 intitolato visite agli istituti dice che gli istituti di pena possono essere visitati senza autorizzazione da una serie di soggetti che vengono elencati o presidente della corte costituzionale, o garanti dei diritti dei detenuti comunque denominati A contrario deduciamo che, a parte queste eccezioni tassativamente previste, chiunque non dipendente dell’amministrazione penitenziaria e non in esercizio presso quella struttura voglia fare accesso a un istituto di pena deve essere autorizzato. Le autorizzazioni all’ingresso sono istruite normalmente dall’area educativa dall’area circondariale di detenzione di riferimento: o si raccolgono i documenti di identità, 15 o si fa una verifica di eventuali iscrizioni e pendenze al casellario giudiziario (sdi) (in questo caso la visita è preclusa), o si passa con la motivazione che va sempre aggiunta alla richiesta di autorizzazione (perché autorizzazioni all’ingresso fini a se stesse non esistono e devono essere sempre funzionali a un progetto a un fine specifico considerato meritevole in primis dalla direzione del carcere), l’autorizzazione la rilascia formalmente il magistrato di sorveglianza. Ci sono due tipi di autorizzazione a seconda della tipologia di progetto che si va a proporre: o per progettualità ad hoc il riferimento è l’art. 17 --> Ad es. volontario che propone un certo corso formativo o di intrattenimento, che può entrare solo durante le fasce orarie predeterminate per svolgere il predeterminato progetto. o mentre esistono particolari figure di veri e propri volontari ex art. 78 che, una volta che la domanda è ritenuta meritevole di accoglimento, sono di fatto autorizzati a un accesso più flessibile e frequente, in orari più ampi perché lo scopo di questa autorizzazione è quello di sostenere le persone detenute attraverso tutta una serie di colloqui conoscitivi.  Non sono persone che hanno una particolare professionalizzazione giuridica, sono semplicemente dei volontari. Diverso per i soggetti ex art. 67 che si possono presentare senza necessità di avviso, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Non ci sono motivi per opporsi all’ingresso. Parlavamo però di un potere ispettivo: chiaramente l’ingresso di queste persone ha una sua ratio logica che è quella di permettere la visita della struttura e quindi di vagliarne le caratteristiche e l’organizzazione proprio al fine di verificarne la congruità rispetto ai principi di cui all’art. 27 commi 3.  L’art.18 prevede parallelamente colloqui con i detenuti, con la sorveglianza delle guardie --> colloquio monitorato ma non registrato = COLLOQUIO DI TIPO PROTETTO Su questa materia specifica si è intervenuti di recente per rimodulare la disciplina del 41 bis limitando in maniera abbastanza importante la possibilità di colloquio con i detenuti in questo particolare regime. Prima di questa riforma del 2018: gli accessi erano liberi e sovra-numerari, cioè i detenuti hanno un certo numero di colloqui al mese de visu da poter usufruire con familiari parenti o terzi che abbiamo addotto un valido motivo che sia stato considerato rilevante dalla direzione e la regola voleva che i colloqui con i garanti non facessero numero. Oggi la norma è stata modificata per il 41 bis: questa possibilità illimitata è prevista SOLO per il garante nazionale, o i garanti territoriali vedono inibita la possibilità di colloquio, o i garanti regionali possono svolgere i colloqui solo nel computo del tetto massimo complessivo. Il colloquio è funzionale a esprimere al garante quelle che sono dal punto di vista del detenuto delle violazioni ai suoi diritti. Diritti che troviamo nella costituzione (perché ci sono diritti fondamentali che non possono essere negati a nessuno, nemmeno al soggetto che si è reso responsabile del peggiore dei delitti), nella legge sull’ordinamento penitenziario, nel regolamento esecutivo.  L’art. 35 prevede che riceva reclami generici, che segnalano eventuali violazioni dei diritti dei detenuti. -->In tal caso il Garante è privo tuttavia di poteri autoritativi L’Amministrazione penitenziaria ha termine di 60 giorni per rispondere ad un eventuale richiesta di trasferimento; se alla scadenza non ha ricevuto risposto, interviene il Garante che formula via PEC un sollecito di risposta. Il riferimento corre all’art. 35, dove si parla di reclami scritti e orali: formalmente un detenuto potrebbe rivolgere un reclamo anche durante un colloquio orale, poi la prassi vuole che normalmente i reclami ex 35 siano scritti perché ne rimanga traccia. o -->Non si tratta di un procedimento giurisdizionale ma di un semplice procedimento amministrativo. I soggetti a cui la persona può rivolgere il reclamo sono tassativamente indicati --> Non c’è un obbligo per i garanti di rispondere per iscritto. Solo il magistrato di sorveglianza è tenuto formalmente a rispondere al reclamo. 16 È un lavoro non semplice perché si tratta di fare quella istruttoria necessaria per: o da un lato istruire il fascicolo con tutte quelle informazioni che il detenuto non è riuscito a dare, o dall’altro lato avere un riscontro che le indicazioni fornite sono conformi al vero; a fronte di questo si valuta la situazione e eventualmente parte la segnalazione. Ci può essere un immediato accoglimento della segnalazione, il che capita abbastanza di rado; invece capita o di dover segnalare più volte; o di dover passare di grado segnalando al provveditorato; o di rivolgersi direttamente al dap a Roma (ci sono poi anche segnalazioni che vanno direttamente a Roma). Non sono poteri autoritativi ma solo di SEGNALAZIONE dell’eventuale lesione del diritto della persona detenuta alla persona che ha quel potere autoritativo e può porre fine a quella violazione. La figura varia territorialmente, a seconda di quanto stabilito dalla normativa di riferimento del garante, ogni figura del garante ha una propria norma istitutiva  Ad ex. in Veneto il difensore civico svolge anche la funzione di Garante dei detenuti e dei Minori. Ci sono riferimenti normativi comuni a tutte le figure dei Garanti (art.18-35-67) o.p.; tuttavia ogni realtà locale declina gli altri aspetti, tra cui: a. il perimetro della competenza del Garante (che non sempre è “dei detenuti”; talvolta in modo più generico si riferisce alle persone private della libertà, che possono essere anche coloro che sono in RSA, istituti, misure alternative, ecc…); b. diversa normazione sui requisiti di nomina, sulla durata (non più pari alla legislatura, ma di 5 aa) il quorm ecc.; c. sulla rieleggibilità (a Trento divieto di mandato consecutivo) Legame fra ruolo del garante e 27 comma 3 – la giurisprudenza della corte costituzionale per un certo periodo fino agli 90 questa prima parte del comma 3 non la prendeva nemmeno in considerazione. Al contrario abbiamo moltissime sentenze sulla finalità rieducativa della pena. Eppure agli inizi degli anni 90 qualcosa cambia: la giurisprudenza della corte costituzionale comincia a fare riferimento alla prima parte del 27 co3 con alcune sentenze davvero importanti. Una fra le più importanti è la 212/1997. Si tratta di sentenze in cui si esplica in maniera lapidaria il concetto per il quale le persone detenute sono comunque soggetti titolari di diritti e che questi non possono essere negati in quanto diritti fondamentali della persona. Non solo non possono essere negati, ma per esprimere un pieno significato questi debbono anche essere dotati d’una tutela di tipo giurisdizionale. Quando si parla di tutela dei diritti non è solo la magistratura di sorveglianza ad essere considerata. Anche i garanti dei detenuti è fondamentale. Ma non ci si arresta a questo duplice livello: negli ultimi anni si parla di tutela multilivello. A fianco della tutela sopra citata abbiamo il contributo che possono offrire le giurisdizioni ordinarie (es: tribunale del lavoro) e il contributo fornito dalla corte europea dei diritti dell’uomo. La sentenza più importante in questione è la sentenza Torregiani. 17 Si possono chiedere i precedenti al casellario. Al netto di questo, una volta che il fascicolo è formato, i tempi per la decisione del magistrato non dovrebbero essere abnormi. Se il soggetto ha già fatto delle esperienze qualificanti il magistrato sarà propenso. Invece studieremo le detenzioni domiciliari (art. 47 ter e ss). La formula più semplice che richiede meno presupposti è quella che viene definita detenzione domiciliare generica (art. 47 ter comma 1 bis). Nel limite di due anni si può chiedere solo la detenzione domiciliare ma bisogna rivolgersi al tribunale di sorveglianza che deve metterti a ruolo di udienza. T  anto è che normalmente se una persona fa istanza di accesso a una misura alternativa, a seconda del tribunale di sorveglianza, prima di 4/6 mesi non si viene messi al ruolo di udienza. 20 MISURE ALTERNATIVE Le misure alternative alla detenzione sono state introdotte dalla legge n. 354/1975 di riforma dell'ordinamento penitenziario al fine di valorizzare la funzione rieducativa della pena sancita dall'articolo 27 della Costituzione, incentivando la risocializzazione del reo. Incidono sulla fase esecutiva della pena Affidamento in prova al servizio sociale L’affidamento in prova ai servizi sociali è previsto e disciplinato dall’articolo 47 del Dpr n. 354/1976 che stabilisce, che se la pena detentiva inflitta non supera i tre anni, il condannato ha la possibilità di essere affidato ai servizi sociali fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare. Il provvedimento viene adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi nei quali si può ritenere che lo stesso, anche attraverso le prescrizioni delle quali al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto aiutandolo a reinserirsi nella vita sociale e riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul suo comportamento. I commi 11 e 12 dell’articolo 47 regolano rispettivamente la revoca dell’affidamento in prova e i suoi effetti stabilendo che esso:  “…è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova” e che: “l’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale“. All’affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, deducibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concessa la detrazione di pena della quale all’articolo 54 (che consiste in 45 giorni di pena detratta per ciascun semestre di pena scontata). Affidamento in prova ai servizi sociali in casi particolare con programma terapeutico Per i tossico/alcooldipendenti Semilibertà La semilibertà è prevista e disciplinata dagli articoli 48 e seguenti dell’Ordinamento Penitenziario e consiste nella possibilità per il condannato e per l’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto. A mente dell’articoli 48 i condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili. I presupposti per l’ammissione al regime di semilibertà sono fissati dagli articoli 50 e seguenti dell’Ordinamento Penitenziario. A norma dell’articolo 50, possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà dopo l’espiazione di almeno metà della pena, cioè, se si tratta di condannato per qualcuno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4 bis, di almeno due terzi di essa. L’internato può essere ammesso in ogni tempo, però, nei casi previsti dall’articolo 47, se mancano i presupposti per l’affidamento in prova ai servizi sociali, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel 21 comma 1 dell’articolo 4 bis può essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione di metà della pena. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena pecuniaria inflitta, congiuntamente a quella detentiva. L’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al regime di semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la propria volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà può anche essere disposta successivamente all’inizio dell’esecuzione della pena. Se l’ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di un figlio di età inferiore a tre anni, lei ha diritto di usufruire della casa per la semilibertà della quale all’ultimo comma dell’articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431. A norma dell’articolo 50 bis, la semilibertà può essere concessa ai detenuti, ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, comma 4, del codice penale, dopo l’espiazione dei due terzi della pena, oppure, se si tratta di un condannato per qualcuno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4 bis della presente legge, di almeno tre quarti di essa. Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il soggetto non si manifesti idoneo al trattamento. Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione. Se l’assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato è punibile a norma del primo comma dell’articolo 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell’ultimo capoverso dello stesso articolo. La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca. All’internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall’istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell’ultimo comma dell’articolo 53. Detenzione domiciliare La detenzione domiciliare è prevista dall’art. 47 ter della L. n. 354/1975 per particolari casistiche e consiste nella possibilità di espiare la pena della reclusione nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza. Secondo l’articolo 47 ter, la pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall’articolo 4-bis della presente legge, può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell’inizio dell’esecuzione della pena, o dopo l’inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di età purché non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza nè sia stato mai condannato con l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di: a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente. b) Padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. c) Persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali. d) Persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente. 22 Questo accesso può essere di due tipi - dalla libertà - dalla detenzione Riferimento normativo 656 comma 5 del c.p.p. --> previsione introdotta con una legge di modifica nel 1998 che inserisce in maniera generalizzata di poter far accesso ed istanza alla misura alternativa dalla libertà La norma prevede un limite di pena affinchè ci possa essere un limite di pena a. 3 anni come limite generale b. 6 anni se si tratta di misure di cui al Tus (stupefacenti art. 90 e 94, istituti riferiti ai tossicodipendenti che sia stato attestato come tale dai servizi territoriali) c. o il condannato in espiazione di residuo di pena entro il dato limite (art. 47 comma 1 o.p.: c.d. “affidamento ordinario”). Ratio: evitare un contatto con il carcere se la pena è contenuta entro un certo limite. Sentenza n.41/2018 la quale ha elevato a 4 il limite per la concessione della sospensione dell’ordine di esecuzione art. 656 c.p.c. c.5 --> Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore - a tre anni, - quattro anni nei casi previsti dall’articolo 47 ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, - sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase di giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione (…) ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico . L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico l'esecuzione della pena avrà corso immediato Comma 6 --> L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato al pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Abbiamo una summa divisio tra - condanne fino a 4 aa - o superiore: oggi se una persona condannata fino a 4 anni, ha 30 giorni dall’ordine di esecuzione (sospensione) per presentare istanza di accesso alle misure alternative. Fino al momento della decisione, il condannato “resta a casa”;  Tuttavia fanno eccezione i condannati di cui al 4-bis, i quali entrano comunque in carcere, e da questo formuleranno le istanze per le misure alternative. L’obiettivo era portarlo a collaborare Quando la sentenza passa in giudicato = quando i mezzi di impugnazione ordinari non sono piu utilizzabili e quindi l’impugnativa non è più proponibile Il Pm emette l’ordine di esecuzione --> lo schema del 656 dice che il PM facendo riferimento alle due condizioni sopra citate sospende l’esecuzione su istanza dell’avvocato entro 30 giorni dalla sentenza definitiva --> entro tale termine può far istanza di misura alternativa DALLA LIBERTA’. Il soggetto aspetta nel proprio domicilio l’udienza del tribunale per la concessione della MA 25 L’udienza può essere fissata anche ad es. a sei mesi dal momento --> quindi lo iato tra il passaggio in giudicato della sentenza e la fissazione dell’udienza per i cosiddetti liberi sospesi è molto superiore ai 30 g anche a seguito di rinvii  questa è la formula che si utilizza il soggetto che fa istanza della libertà misura alternativa viene definito libero sospeso Finisce in detenzione diretta chi ha ottenuto una pena superiore a quei termini Se il legale non fa istanza nel termine dei 30 giorni la persona va in detenzione direttamente e si verificano situazioni incresciose Quando si fa accesso ad una MA dalla libertà il documento che confluisce nel fascicolo è la sola relazione socio-familiare: la persona viene in contatto e deve rendersi disponibile per il contatto con L’UEPE  In questa relazione si devono offrire al magistrato di sorveglianza alcuni dati: o Si ricostruisce la vicenda storica umana (formazione, relazioni familiare, contesto sociale) o un approfondita analisi di revisione critica che il soggetto in quei colloqui ha fatto --> un buon assistente sociale arriva a formulare una sua valutazione (es. favorevole per una misura più ampia)  NON è vincolante per il tribunale di sorveglianza Con l’introduzione del comma 5 656 cambia il volto delle misure sociale --> prima il passaggio del carcere era necessario ai fini della valutazione dell’equipe anche quando la pena era contenuta tra i 2,6 mesi  Poi aumentati a 3 ed infine a 4 (corte cost. n. 41 del 2018) anche per la pena residua Prima del 1998 a seguito di una condanna superiore al limite non si poteva proprio accedere oggi invece si prende in considerazione anche della pena residua (in un’ottica di valorizzazione della gradualità del reinserimento sociale anche al fine di provocare una deflazione delle presenza in carcere) Cambia la stessa ratio delle misure alternativa che si muovono sempre in un ottica special preventiva ma con diverse prospettive ART 51 BIS LEGGE SULL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO Quando, durante l’esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il pubblico ministero competente ai sensi dell’articolo 655 del codice di procedura penale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le condizioni di applicabilità della misura in esecuzione, ne dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario, ne dispone la cessazione e ordina l’accompagnamento del condannato in istituto. 26 L’UEPE (ufficio di esecuzione esterna) Definizione dei UEPE --> L'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) è un servizio del Ministero della Giustizia istituito con la legge di riforma penitenziaria n. 354 del 1975 cui si rivolgono i cittadini maggiorenni condannati ed imputati --> all’ora si chiamavano centro servizi sociali per adulti  Dipendeva totalmente dal carcere --> la gestione economica era di competenza del carcere, non vi è un’autonomia, era parte del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Prima del DPCM del 2015 il ministero era organizzato nel seguente modo: a. Uffici per il supporto diretto del ministero b. Diversi dipartimenti tra cui o il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o il dipartimento per la giustizia minorile o dipartimento per gli affari di giustizia o dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi Nel 2015 rimane il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e l’Uepe è confluito nel DIPARTIMENTO PER LA GIUSTIZIA MINORILE DI COMUNITA’  Ciò al fine di sostenere sul piano organizzativi lo sviluppo del settore delle sanzioni e delle misure non detentive e di valorizzazione tecnica Il dipartimento per la giustizia di comunità si suddivide in: Organizzazione territoriale: c. Livello inter-distrettuale d. livello distrettuale: il triveneto è stata individuata dall’ord penitenziario e ha mantenuto tale unità (Trieste, Venezia, Verona) e. livello locale (Trento) f. sedi servizio Ufficio locale di Trento è composto da: - 1 direttore - 1 responsabile di area che svolge la funzione di coordinamento - 6 assistenti sociali - 3 esperti ex art. 80 o.p - 2 psicologi - 1 centralinista --> funzione di accoglienza - 3 agenti di polizia penitenziaria --> funzione di trasferimento e altre funzioni pertinenti la funzione di polizia - Sportello dei diritti --> nato con la legge 67/2014 composta da un avvocato e una assistente sociale --> formazione degli operatori, ricerca, si occupa delle necessità dei detenuti Territorio di intervento --> Trento casa circondariale di Trento I compiti degli UEPE previsti dalla riforma dell’ordinamento penitenziario (art. 72 L.354/75) e disciplinati dal regolamento d’esecuzione 230/2000 (art. 118), sono molteplici e possono essere sostanzialmente ricondotti in due settori d’intervento prevalenti: a) Interventi svolti in favore di soggetti ristretti negli istituti di pena; b) Interventi sviluppati sul territorio nell’ambito dell’esecuzione penale esterna. 27 o Valutazioni complessive dell’UEPE e proposta di programma Importante l’art. 47 comma 7 --> giustizia riparativa 2. fase post-udienza = presa in carico, accompagnamento aiuto e controllo, realizzazione del progetto individualizzato IN RELAZIONE ALLA CONCESSIONE DI MISURE ALTERNATIVE Cosa fa praticamente l’assistente sociale ad esempio nella richiesta di Misura Alternativa alla detenzione proveniente dal Tribunale di Sorveglianza in caso di soggetto libero? Giunta in tempi congrui (almeno 30 giorni prima della data di udienza) la richiesta da parte del Tribunale di Sorveglianza competente, il servizio tecnico dell’ufficio nelle more del capo area, provvede ad aprire un fascicolo con un codice, assegnando il caso ad un assistente sociale. Esaminato il fascicolo, si provvede a reperire il soggetto presso il domicilio indicato nella richiesta del Tribunale (che molte volte, considerato il lasso di tempo tra l’istanza di misura alternativa e l’udienza, è cambiato). Solitamente si provvede ad effettuare una prima visita domiciliare (oppure invio una lettera di invito al soggetto a presentarsi presso l’ufficio, per una doppia verifica, immediatamente dopo l’apertura dell’istruttoria) Effettuata la visita domiciliare, (in cui lo strumento principale sono gli occhi, l’osservazione dell’ambiente) si provvede ad assumere informazioni sommarie sulle condizioni di vita: - studio, - lavoro, - famiglia del soggetto condannato. Successivamente i colloqui proseguono in ufficio, se necessario con altre visite domiciliari, con l’ausilio dell’esperto psicologo. Talvolta vengono anche chieste informazioni alle forze dell’ordine del territorio, alla parrocchia, ai servizi sociali territoriali, al vicinato. Se il soggetto ha un’attività lavorativa stabile, si provvede ad acquisire tutti gli atti sulla sua posizione lavorativa (cedolino paga, unilav) e soprattutto una verifica sul luogo di lavoro. In base alle informazioni assunte durante svariati colloqui, alla disponibilità, all’atteggiamento, all’osservazione della personalità in generale del condannato, alla disponibilità della famiglia e del datore di lavoro, si provvede a redigere la relazione socio-familiare (in equipe parte sociale-psicologica) da inoltrare al Tribunale di Sorveglianza, concludendo con un parere tecnico-scientifico sulla possibilità di “affrontare la Misura Alternativa con senso critico e responsabilità”. 30 L’osservazione in carcere Art. 13 op --> comma 1: Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto, incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale Comma 2: Nei confronti dei condannati e degli internati è predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che hanno condotto al reato e per proporre un idoneo programma di reinserimento Comma 3: Nell'ambito dell'osservazione è offerta all'interessato l'opportunità di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonchè sulle possibili azioni di riparazione --> rimodulazione dell’art. 27 reg es. ( d.pr.230/2000) fatto qui confluire che la mini riforma del 2018 ha inteso fare assurgere non ne ha rimodulato i contenuti ma me è stato riconosciuto il rango di norma primaria ovvero di legge in senso formale. Comma 4: L'osservazione è compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell'osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo ed è compilato il relativo programma, che è integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione. La prima formulazione è redatta entro sei mesi dall'inizio dall'esecuzione --> L’osservazione continua durante tutta l’esecuzione della pena e più delle volte a cadenze semestrali si predispongono degli aggiornamenti alle sintesi (un detenuto potrebbe prima avere avuto un contegno negativo per poi comprendere la necessità di mantenere un comportamento adeguato e doveroso), che verrà nuovamente prodotto nel Fascicolo del tribunale di sorveglianza (se parliamo in relazione alla concessione di una misura alternativa), il quale deciderà  A fronte del diniego la stessa magistratura di sorveglianza anche se non vi sono termini prefissati vi è una prassi consolidata si ritiene che prima di 4-5 mesi difficilmente si possa essere ripresentata domanda, quando la stessa sia stata rigettata in relazione al merito ovvero in relazione alla condotta del detenuto --> diverso è il caso in cui vi sia la mancanza i un od ei presupposti oggettivi per la concessione della misura alternativa ad es. la possibilità di domicilio Nel comma 4 si fa riferimento sia al condannato sia all’internato (ovvero il destinatario di una misura di sicurezza privativa della libertà) sintesi --> frutto di una modifica del 2018 che ha previsto la riduzione del termine da 9 precedentemente fissati nel regolamento esecutivo agli attuali 6 mesi previsti per la prima formulazione della sintesi  Si ricorda la proposta della commissione Ruotolo che voleva fissare i termine di 3 mesi allorquando la pena residua fosse contenuta nei 2 anni Comma 5: Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale che segue l'interessato nei suoi trasferimenti e nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati. Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento. --> la cartella del detenuto ove sono contente anche tutti i provvedimenti disciplinari e le istanze dello stesso detenuto è cosa molto diversa dal magistrato di sorveglianza contiene documenti che non troviamo nella cartella personale a. nel fascicolo personale del magistrato troviamo ad es. i certificati delle pendenze ex art. 60 c.p.p. procedimenti per cui è stata esercitata l’azione penale ed iscrizioni per cui è ancora sub iudice il 31 soggetto è ancora indagato vi è stata solo l’iscrizione del fatto di reato manca la sentenza di condanna, manca il casellario giudiziario che riporta tutte le condanne decisive; b. nella cartella personale abbiamo l’ordine di carcerazione o il decreto del magistrato del cumulo il fatto che non ci sia la cartella rappresenta un limite: molte cose si possono apprendere solo leggendo la sentenza Art. 13 individualizzazione del trattamento: “il trattamento rieducativo è finalizzato al reinserimento in società e deve essere conforme al canone di umanità e dignità della persona, ispirato ad assoluta imparzialità e deve essere individualizzato.” Interviene attraverso l’osservazione della personalità del detenuto da parte di un’equipe di esperti interdisciplinare (vi fanno parte direttore, educatore e assistente sociale, anche preposto della polizia pen. E psichiatra)  l’osservazione è volta ad individuare carenze famigliari, carenze sociali, carenze fisio-psichiche alla base della devianza e disadattamento sociale. Il trattamento rieducativo è diverso da quello penitenziario il trattamento rieducativo è species del genus del trattamento penitenziario; può avere come destinatario solo il condannato con pena passata in giudicato! Per gli imputati vi è solo la possibilità ex art. 15 l.op. di essere ammesso a richiesta ad interventi di sostegno e partecipazioni ad attività educative, ricreative e di lavoro; partecipazione che verrà valutata ex post, se interviene successivamente la sentenza di condanna, per la concessione della liberazione anticipata. Il trattamento rieducativo mira a promuovere un processo di modificazione di quei contesti sociali, famigliari. Se l’individualizzazione del trattamento è la colonna del percorso rieducativo, l’altro pilastro è la gradualità del trattamento, sia all’interno della struttura (possibile accesso al permesso premio, lavoro esterno ex art. 21, ecc…) sia all’esterno (possibile concessione di una misura alternativa): a. osservazione della personalità: il detenuto è assegnato ad uno specifico istituto (assegnazione “provvisoria”, funzionale ad iniziare l’osservazione della personalità al fine di individuare la struttura più adatta a quel detenuto). L’osservazione è funzionale ad accertare i bisogni del soggetto attraverso: o Acquisizione documentale di dati clinici, psicologici e sociali o Svolgimento di colloqui per stimolare il “processo di revisione critica” (condotti dall’educatore): b. in équipe si condividono poi le varie impressioni: si raccolgono gli elementi per la redazione del programma rieducativo individualizzato in cui dovrebbe essere prevista la possibilità o meno di un’eventuale semilibertà, ammissione al lavoro esterno, ecc… è una “fotografia del detenuto”; prima l’osservazione durava 9 mesi, oggi dura 6 mesi. Il programma deve essere approvato con decreto del Magistrato di Sorveglianza (controllo di mera legittimità; solo in caso di violazioni di diritti dei detenuti potrà sollecitare l’équipe di modificare). Si cristallizza nella situazione di sintesi, con un articolato programma trattamentale si incentra su: comprensione del vissuto, comprensione della sua situazione attuale, comprensione delle sue intenzioni e disponibilità rispetto alle possibilità di reinserimento che il sistema penitenziario offre.  Osservazione e trattamento vanno aggiornate. L’art. 15 elementi del trattamento (valenza enunciativa più che prescrittiva). Prima erano solo istruzione, lavoro e religione oggi nozione più estesa, con ulteriore modifica del 2018 che ha inserito anche la formazione professionale. Per molto tempo solo il lavoro è stato posto in termini di obbligatorietà: gli altri erano rimessi alla libertà del detenuto; con la riforma del 2018 cancellati tutti i riferimenti all’obbligatorietà del lavoro, sebbene rimanga contraddizione dovuta al mancato aggiornamento, oltre alla legge sull’ord. Penitenziario, delle relative disposizioni del codice penale. L’osservazione dell’equipe è composta da personale dipendente dell'amministrazione penitenziaria: 32 Proposte di riforma all’ordinamento penitenziario in particolare alle misure alternative PROGETTO DELLA COMMISSIONE GROTTO (2000) Si è molto parlato di modificare la disciplina delle MA --> Progetto grosso formulato a cavallo del 2000; era salutata con favore in dottrina La Commissione Grosso aveva finito i suoi lavori in una duplice proposta, con due articolati e due relazioni di accompagnamento (nel 1999 e 2000)  aveva in particolare proposto di avocare al giudice di cognizione la concessione dell’affidamento in prova ai servizi sociali L’originaria formulazione della legge sull’ordinamento penitenziario del 1975, che aveva introdotto ex novo l’affidamento in prova --> prevedeva che ci fosse una osservazione in carcere. Cioè le misure alternative nascono con la finalità specifica di reinserimento sociale, e quindi con l’idea che si Fino a quando non ci sono state le modifiche dell’affidamento in prova (in particolare quella di prevedere l’inciso “pena residua”, che ha sconvolto la ratio stessa dell’istituto), esso aveva un altro senso: dovevi avere una pena contenuta in 3 anni e dovevi passare per il carcere,  cioè era assolutamente necessaria una osservazione in carcere della personalità. Cambia il sistema con l’introduzione dell’art. 656 comma 5 e il meccanismo dei liberi sospesi --> per cui ci può essere un accesso alle misure alternative dalla libertà. La commissione Grosso, preso atto di questa modifica, propone per tutte le ipotesi un accesso all’affidamento in prova in mano al giudice di cognizione. Cioè la proposta è quella di togliere la competenza dalle mani della magistratura di sorveglianza e trasfonderla nelle mani del giudice di cognizione.  Argomento: oggi in molti casi non è più necessaria quell’osservazione in carcere che all’inizio (all’entrata in vigore dell’affidamento in prova nel 1975) era conditio sine qua non. Dopo la riforma del 656 molte volte davanti al magistrato di sorveglianza ci va una persona che il magistrato non ha mai visto, quindi la proposta della Commissione era che tutti i casi passassero alla competenza del giudice di cognizione (quello che succede con il sistema della probation nel Regno Unito, nel quale a decidere è il giudice di cognizione, ma in quel caso c’è il sistema bifasico). Prima di questa riforma e dopo di questa vi sono state una serie di proposte di riforma del codice --> alcune erano relative alla sola parte generale (pisapia) altre alla sola parte speciale (proposta nordio, fiorella) COMMISSIONE PALAZZO PER LA RIFORMA DEL SISTEMA SANZIONATORIO (2013) = Commissione ministeriale istituita con d.m. 13 giugno 2013 dal Ministro della Giustizia Criteri ispiratori --> senz’altro dominante è stato l’intento di ridurre l’incidenza della pena carceraria, reclusione e arresto, anche al fine di porre le condizioni “sistemiche” per rimediare a quel sovraffollamento carcerario che – come noto – tiene l’Italia sotto la spada di Damocle della Corte europea dei diritti dell’uomo e che ha costituito oggetto dell’autorevole messaggio al parlamento da parte del presidente della Repubblica. Al riguardo, la Commissione è stata assolutamente unanime nel ritenere che ormai i tempi siano maturi per imprimere al nostro sistema una svolta coraggiosa nel senso di un radicale ridimensionamento della pena carceraria per la fascia più bassa della criminalità. La commissione Palazzo 1 ha lavorato su proposta di riforma del sistema sanzionatorio nel 2013; 35 La commissione Palazzo 2 ha lavorato sulla legge delega 67/2014 --> atipica, composta di 4 capi di cui - 2 erano direttamente entrati in vigore con quella legge; - gli altri 2 sono i temi affidati alla palazzo affinché predisponesse l’articolato dello schema legge relativo) Le due tematiche entrate direttamente in vigore sono a. quella sulla sospensione del processo con messa alla prova (MAP) b. quella sulla speciale tenuità del fatto (131 bis c.p.). Le altre due tematiche nella commissione palazzo 2: Capo relativo alle sanzioni principali valorizzare al massimo la detenzione domiciliare anche quale sanzione principale (non solo come misura alternativa) La legge delega in questo ambito richiedeva di declinare un’unica pena principale ovvero la detenzione domiciliare/arresto qui inteso come sanzione propria delle contravvenzioni La pena della reclusione, oltre al mutamento di denominazione già segnalato in “detenzione”, cambia significativamente quanto ai limiti della sua durata. Con ci lo schema intende tagliare radicalmente fuori dell’area carceraria tutta la fascia della criminalit lieveò̀ à̀ o bagatellare, per la quale al legislatore futuro sarà interdetto ricorrere alla pena carceraria in quanto intrinsecamente contrastante col principio di extrema ratio. Siffatta soluzione è parsa, infatti, alla Commissione l’unico modo per dare reale spazio alle pene non carcerarie mediante la creazione di una sorta di sbarramento, la soglia dei due anni appunto, che impedisca la coesistenza di pene non carcerarie e carcerarie sulla stessa fascia bassa di criminalità. Quanto alle contravvenzioni, la Commissione ha fatto propria l’opzione presente nel disegno di legge delega già approvato dalla Camera dei deputati e relativo all’introduzione di pene detentive non carcerarie.  Pertanto, le contravvenzioni non saranno più punibili con pene carcerarie. E’ stato, infatti, eliminato l’arresto quale sanzione carceraria e sostituito con una sanzione detentiva domiciliare, che ha potuto mantenere la denominazione tradizionale di “arresto”. Quindi: Le specie di pene radicalmente nuove utilizzano due fondamentali tipologie di contenuti sanzionatori: un contenuto pur sempre detentivo ma domiciliare, che dà luogo alla “detenzione domiciliare” per i delitti e all’“arresto” per le contravvenzioni (nel nuovo contenuto domiciliare conferitogli dal già ricordato articolo 4);  Le due sanzioni domiciliari hanno contenuto identico, variando solo l’estensione della durata a seconda che si tratti di detenzione domiciliare o di arresto. Capo relativo alla depenalizzazione la commissione ha lavorato e i decreti legislativi n.7 e 8/2016 sono stati adottati. a. Il n.7 ha individuato 5 fattispecie: o artt. 485 (falsità in scrittura privata); o 486; o 594 (ingiuria); o 627; o 647. In caso di commissione dolosa, si è prevista per queste ipotesi da depenalizzare una rilevanza penale e una nuova tipologia di sanzione: la sanzione “punitiva civile” sanzione di carattere penale che va ad aggiungersi al risarcimento del danno. b. il n.8 ha usato due criteri per decidere cosa depenalizzare: o un criterio formale (depenalizzazione di tutti i reati extra codicem per cui era solo prevista la sola pena della multa o ammenda); 36 o criterio sostanziale (guarda al disvalore penale del fatto: bene giuridico tutelato, progressione nell’offesa riflessa nello schema della fattispecie, che può essere di pericolo o danno) individuate in tutto una quarantina di fattispecie. -->Parte di revisione del sistema sanzionatorio = unica parte NON trasfusa in dlgs COMMISSIONE GIOSTRA E LA RIFORMA DELL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO (2017) Legge delega Orlando comma 1 numero 82, 83 e 85  ministro della giustizia di quel tempo era Orlando, da cui prende il nome la legge delega A questa legge delega segue la nomina della commissione GIOSTRA --> nome del presidente ,il quale ha deciso di articolarla in 3 sottocommissioni: 1. sottocommissione con a capo Giostra: vita detentiva, questioni procedurali, tematica delle presunzioni di pericolosità sociali e accesso alle misure altern 2. presieduta da Cascini: si interessa di minori e giustizia riparativa 3. presieduta da Marco Pellizzero --> imputabilità, misure di sicurezza sanità in carcere e misure alternative per i soggetti affetti grave infermità psichica sopravvenuta 148 cp (norma oggi abrogata) Questa commissione produce un dlgs i primi di gennaio 2018 --> si è fatta poi una selezione di ciò che è stato prodotto dalle varie sottocommissioni --> rimane fuori ciò che concerne la modifica del cp (commissione Pellizzero) Lo schema di decreto legislativo attua in particolare le disposizioni c.1 n.81-83-85 in tema di: 1. semplificazione delle procedure (giostra) solo per i liberi sospesi solo per le pene contenute per il limite dei 18 mesi o il comma 9 del 656 eccezione alle sospensioni dell’ordine di esecuzione --> la sospensione non opera a. Nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonche di cui agli articoli 423 bis, 572, secondo comma, 612 bis, terzo comma, 624 bis del codice penale, fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni b. Nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva. c. Nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva art.99 --> punto eliminato Proposta passata nella mini riforma del 2018 --> una diversa modalità procedurale di decisione rispetto alla concessione di misure alternative per pene contenute entro i 18 mesi L’esemplificazione delle procedure prevede che: il presidente del tribunale di sorveglianza designa un singolo magistrato di sorveglianza e gli fissa un termine entro il quale decidere sulla concessione della MA; Se il magistrato non la concede restituisce gli atti al tribunale di sorveglianza e si fissa il normale iter procedurale (giudica il collegio di cui fa parte anche il magistrato che ha detto no --> spesso si tratta di un problema di istruttoria del fascicolo non una posizione ferrea sul NO = il magistrato non è capace di decidere poiché mancano ancora dei documenti necessari per decidere) fine: alleggerire il carico di udienze del tribunale di sorveglianza 2. riguarda le misure alternative o revisione delle modalità e presupposti di accesso alle misure alternative --> modifiche importanti Oggi per accedere alla detenzione domiciliare generica occorre il limite di pena di 2 anni --> proposta innalzarlo a 4 anni il limite in un’ottica di ampliazione dell’accesso alle misure alternative andando a dilatare i presupposti per l’accesso Fine: a. evitare un contatto con il carcere per coloro che sono condannati ad una pena ridotta b. garantire fuoriscita in tempi più solleciti a coloro che si trovano gia in stato di detenzione 37 ma paradossalmente la giustizia riparativa funziona bene in termini di recideva nei casi di reati più gravi (omicidio, terrorismo) invece toppa nei reati contro il patrimonio --> perché il reato più grave ha una sua storia ha un suo portato affrontando il quale, percezione del danno causato alla vittima ha un ritorno importante Riferimento alla giustizia riparativa la troviamo oggi al 47 comma 7 della l. sull’ordinamento penitenziario --> Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare. o Misura alternativa in relazione rapporti tra le detenute madri in particolare il rapporto madre-figli --> si tratta di un argomento estremamente dibattuto  Altri affermano, in relazione all’art. 14 comma 7 ord. pen. che tutt’ora prevede le c.d. sezioni nido per le detenute madri con figli di età minore di 3 anni, tali previsioni dovrebbero essere innalzate in relazione all’età media del bambino per non interrompere il rapporto tra madre e figlio  Alcuni dicono che il bimbo non dovrebbe mai entrare in un istituto penitenziario 2 ottiche: o Da un lato abbiamo la previsione di misure che permettono alla madre di uscire o Dall’altro viene in gioco il fine stesso della pena detentiva ovvero di garantire la sicurezza nazionale art. 146 e 147 cp --> rinvio facoltativo/obbligatorio dell’esecuzione della pena --> riguardarsi misure dedicate alle detenute madri a. Detenzione domiciliare umanitaria (introdotta dalla Legge Gozzini 663/86) --> art. 47 ter comma 1 lettera a --> La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell'ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di: a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente sono previste delle preclusioni secche a tale misura dal 4-bis --> impossibilità di accedervi a meno che non vi sia stata collaborazione con la giustizia Scopo: andare incontro ad interessi primari --> rapporto tra genitori e figli Ci sono buone possibilità che una signora possa rimanere fuori da questa misura =/ detenzione domiciliare generica (fin ora trattata) b. Art. 47 quinquies comma 1: Quando non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 47 ter, le condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo, secondo le modalità di cui al comma 1-bis(1). 1-bis. Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4 bis, l'espiazione di almeno un terzo della pena o di almeno quindici anni, prevista dal comma 1 del presente articolo, può avvenire presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all'assistenza dei figli. In caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, la stessa può essere espiata nelle case famiglia protette, ove istituite. Se vi sono le condizioni l’imputata madre poteva essere affidata ad un ICAM (= istituto a custodia attenuata) durante la custodia cautelare o ove ritenuto necessario. 40 Prima del 2011 e prima dell’introduzione del comma 1 bis si doveva fare necessariamente ingresso nella struttura di pena; una volta maturati i termini per richiedere di accedere alla detenzione domiciliare speciale e poi avrebbe potuto accedervi. Termini del resto molto ampi 1/3 della pena o 15 anni se condannata all’ergastolo --> NON vi è però un limite di pena per le concessioni, inoltre le preclusioni previste sono saltate a seguito di det. sentenze e pertanto oggi non sono presenti preclusioni -->Si può quindi applicare anche a gente particolarmente pericolosa Con l’introduzione quindi dell’1-bis prevede una duplice possibilità:  Se si considera il soggetto pericoloso o se vi è pericolo di fuga --> ICAM, fa parte del circuito penitenziario  Altrimenti si concede di uscire dal circuito penitenziario e si può eseguire presso la propria casa o altre strutture tassativamente individuate, case famiglie protette la propria pena Ci sono 5 ICAM in Italia (Roma Venezia Sicilia Torino e Milano) --> quasi tutte le strutture sono interne al perimetro delle carceri seppur non contigue -->L’unico progetto pilota lo riscontriamo a Milano che si trova fuori dal carcere Problema: in relazione a quale organo spetta la competenza a concedere la permanenza ICAM--> vi sono dubbi se tale competenza spetta a. Amministrazione penitenziaria b. Magistrato di sorveglianza Il 1^ comma si interessa della detenzione domiciliare speciale = misura alternativa Il comma 1-bis tratta della quota parte di pena che deve essere necessariamente eseguita per poter far istanza di fare accesso alla detenzione domiciliare speciale di cui al comma 1. -->permette di eseguire più o meno con le stesse modalità della detenzione domiciliare speciale (anche in ambito di detenzione cautelare) La magistratura di sorveglianza concede le misure alternative che portano il soggetto al di fuori del perimetro, mentre in relazione alla concessione di permanenza presso un ICAM prevale la tesi della amministrazione penitenziaria La cc 30/2022 (additiva) --> dichiara incostituzionale il 47 quinquies nella parte in cui non prevedeva che in caso di grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato detentivo della madre vi fosse la possibilità di concedere la detenzione domiciliare speciale in VIA PROVVISORIA. Sotto il Governo Cartabia si è allocato uno stanziamento importante per aprire delle case famiglie protette = dimensione esterna al circuito penitenziario (oggi c’è solo quella di Roma) Problema: riguarda il trasferimento della detenuta in una delle strutture ICAM o nella casa famiglie protette di Roma --> viene meno il principio di TERRITORIALITA’ DELLA PENA (art.42 ord. Pen. comma 2) = Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque destinati agli istituti più vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute. L'amministrazione penitenziaria dà conto delle ragioni che ne giustificano la deroga. 3. Previsioni relative all’integrazione delle persone detenute straniere: Gli stranieri nelle carceri sono circa il 30%, dato rovesciato e più accentuato nella casa circondariale di Spini. Oggi a spini il numero degli stranieri è diminuito --> ciò è dovuto  dal corona virus  dalla presenza delle due sezioni protette a Spini sono = sezioni i cui ospiti sono per lo più cittadini italiani Problema: Sulla carta gli vengono riconosciuti TUTTI i diritti dei detenuti, anche se sprovvisti di permesso di soggiorno --> tuttavia l’assenza di collegamenti sul territorio frusta il loro percorso rieducativo. Si è infatti discusso sulla possibilità di concedere a quest’ultimi le misure alternative --> la Cassazione ha affermato che l’ordinanza di concessione della misure alternative funge essa stessa da titolo di legittima permanenza (= titolo legittimativo) sul territorio italiano a cui si accompagna la totale regolarità di assunzione di queste persone. Excursus: legge Smuraglia 193/2000 --> riguarda tutte le persone detenute che svolgono attività lavorativa con cooperative o imprese private anche all’interno del carcere --> gli si riconosco determinati sgravi fiscali 41 = forma di incentivo poco conosciuta, il piano attuativo attualmente vigente dell’Agenzia del Lavoro individua questa parentesi di tempo in cui i datori di lavoro se assumono questi soggetti possono godere di tali agevolazioni Il riconoscimento di tali diritti sulla carta è assolutamente vero ma nella pratica alcuni diritti rischiano di essere negletti--> motivo: NON CONOSCENZA DELL’ITALIANO O DELL’INGLESE tuti i provvedimenti dovrebbero essere tradotti in lingua madre, manca proprio la capacità comunicativa minima per far valere i propri diritti La commissione Giostra propone: a. implementazione di corsi di lingua b. di prevedere la figura del mediatore culturale o una maggior presenza di tale figura negli istituti --> non solo linguistica ma anche culturale -->Ne deriva un’interpolazione nella legge sull’ordinamento penitenziario in cui si vede sono favoriti i corsi relativi alla costituzioni rivolti ai detenuti stranieri Alcuni non hanno la percezione delle conseguenze penali che derivano da un determinato comportamento nell’ord--> reati culturali Figura del mediatore può essere utile per la comprensione del bilanciamento di valori che 16.40 ciò avrebbe un risvolto positivo a livello 4. Rimodulazione della disciplina delle pene accessorie con riferimento alle misure alternative : Art. 139 c.p. --> nel computo delle pene accessorie non si tiene conto del periodio scontato dal condannato in stato detentivo  Ratio: se viene applicata in esecuzione di pena si ha ineffettività della pena accessoria Si tratta della non vanificazione della tenuta sul piano special preventivo negativo --> Neutralizzazione del reo La sottocommissione Pellissero propone una riforma che rigurada l’ambito di un’eventuale pena eseguita in modo alternativo --> proposta che viene recepita con la riforma del 2018 e vien introdotto l’art 51 quater L. ord. pen.--> comma 1 In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione. Comma 2: In caso di revoca della misura, ove disposta l'applicazione delle pene accessorie ai sensi del comma 1, l'esecuzione ne viene sospesa, ma il periodo già espiato è computato ai fini della loro durata. Tale disposizione stabilisce il contrario del 131 c.p. --> se il giudice non dispone altrimenti tale pena accessoria decorre assieme alla pena detentiva La cassazione aveva già ritenuto ciò sussistente per affidamento in prova con la sentenza SU 2012 --> in caso di declaratoria di estinzione della pena che consegue ad un buon affidamento in prova estingue le pene principali e le pene accessorie considerate conseguenza della sentenza di condanna 5. N.85 comma 1 lettera e--> eliminazione degli automatismi e preclusioni che impediscono o ritardano l’individualizzazione del trattamento rieducativo e la differenziazione dei percorsi penitenziari in relazione alla tipologia dei reati commessi e alle caratteristiche personali del condannato nonché revisione della disciplina sulla preclusione dei benefici penitenziari per condannati all’ergastolo salvo per i casi di eccezionale di gravosità e pericolosità individuati dalle condanne di terrorismo e mafia anche internazionale La commissione Giostra propone di modificare la legge 689/1981 in tema di pene sostitutive--> dove è prevista una preclusione di accesso all’affidamento in prova e detenzione domiciliare in ipotesi di condannato in espiazione di pena detentiva dovuta alla conversione per violazione di una delle prescrizioni relative alle pene sostitutive della - libertà controllata - semidetenzione tale sistema delle pene sostitutive funzione con una fattispecie di chiusura del sistema --> nel momento in cui un soggetto va a violare le prescrizioni inerenti a libertà controllata e semilibertà non vi sarà una riconversione ma ci sarà un’ulteriore vera e propria fattispecie che va a sanzionare la violazione delle pene sostitutive con UNA SANZIONE PRIVATIVA DELLA LIBERTA’ IN CARCERE. -->Si prone di far saltare la preclusione all’accesso alle misure alternative 42 - da un lato risponde la scommessa del magistrato di sorveglianza su percorso di quella persona - dall’altra fa da contro altare una progressiva responsabilizzazione della persona detenuta che da buona prova di se acquisendo maggior credito e prosegue virtuosamente nel cammini dell’inserimento Possiamo evidenziare che l’affidamento in prova conferisce al soggetto detenuto una maggiore responsabilità per lo stesso in quanto deve seguire una serie di prescrizioni. È una misura molto peculiare se la consideriamo in relazione alla detenzione domiciliare --> a. detenzione domiciliare --> inizia con la notifica ricevuta del provvedimento concessivo da parte del tribunale di sorveglianza se viene concessa dal tribunale di sorveglianza e diventa immediatamente esecutiva; la struttura penitenziaria deve immediatamente dimettere il soggetto appena ricevuta la notifica di concessione di tale misura alternativa o (altrimenti ogni giorni di successiva detenzione sarebbe illegittimo) b. Affidamento in prova --> inizia con la sottoscrizione del programma di affidamento in prova al servizio sociale che il detenuto deve fare di fronte al proprio referente dell’ufficio esecuzione penale esterna o l’assistente sociale che gli farà da guida e da controllore. È un momento formale e solenne che segna l’inizio della misura alternativa ma ci da anche un’idea della portata e del peso che ha in questo contesto la responsabilità = patto di assunzione di responsabilità -->Epiloghi negativi nel corso dello svolgimento delle due misure alternative hanno conseguenze diverse; non per la procedura di contestazione non rispetto al art.51-ter e la possibilità di sospensione cautelativa da parte del magistrato di sorveglianza che può stabilire che la persona si trovi in stato detentivo prima della pronuncia definitiva del tribunale di sorveglianza sulla revoca • in caso di violazione l’iter procedurale è identico Cambia in maniera importante la conseguenza di un‘effettiva revoca; non in riferimento del 58-quater comma 2, perché entrambe comportano la preclusione ostativa della concessione di misura alternativa per il triennio successivo - Nella detenzione domiciliare la revoca produce un effetto ex nunc --> NO effetto retroattivo c o a prescindere dalla gravità della violazione i giorni in detenzione domiciliare vengono computati al calcolo per quel titolo di reato che ha commesso all’inizio - Nell’affidamento in prova la discrezionalità del tribunale di sorveglianza è MASSIMA--> o può decidere per una revoca ex tunc, o può ritenere che ci sia una revoca ex nunc (violazione non cosi grave da una revoca ex tunc) o può decidere di revocare dalla violazione della prescrizione. La commissione Giostra--> si ripromette di mappare le situazioni più virtuose con miglior esisti per poter uniformare il modello e avere un unico modello di SORVEGLIANZA DINAMICA --> gli istituti applicano regimi di sorveglianza dinamici diversi sulla base delle ordinazioni di servizio delle carceri Sorveglianza dinamica = uno degli istituti che valorizza l’elemento della responsabilità --> passa da forme di sorveglianza più invasive ad alcune più soft --> ad. es la concessione della libertà di movimento senza essere seguiti dall’agente di polizia penitenziaria • Istituto di bollate di Milano (casa di reclusione) risulta essere il migliore in relazione a questo istituto --> in cui le persone detenute firmano un patto con cui a fronte di un riconoscimento di una diminuzione della sorveglianza intesa in senso proprio acquistano una maggiore libertà di movimento in cambio del rispetto di tutta una serie di obblighi o = momento di responsabilizzazione forte • ottimi risultati anche in relazione ai dati della recidiva In relazione alla proposta della commissione Giostra in questo ambito --> VEDERE CAPITOLO RESPONSABILIZZAZIONE RIFORMA CARTABIA questa riforma si è articolata in tre decreti legislativi:  121/2018 – esecuzione della pena per i minori: non verrà approfondita 45  123/2018 – riguarda tre aspetti: assistenza sanitaria in ambito penitenziario art 11, semplificazione dei procedimenti e vita detentiva.  124/2018 – riguarda il lavoro interno e esterno all’istituto di pena e trattamento rieducativo in senso ampio. Riforma Cartabia --> recupera alcune di queste idee ovvero la legge introdotta dalla Riforma Cartabia si pone come obiettivo l'estensione dell'ambito di applicabilità dell'istituto della messa alla prova, legittimando il pubblico ministero alla proposizione della stessa per tutti i reati puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a sei anni. La proposta auspica il recupero della semilibertà e detenzione domiciliare e trasformarle in sanzioni sostitutive assieme alla pena pecuniaria e al lavoro di pubblica di utilità  affidandone il giudizio alla competenza del giudice di cognizione --> cambia la competenza Mentre l’affidamento in prova rimarrà di competenza del MS. Attenzione: le sanzioni introdotte nel 1981 pene sostitutive della detenzione breve -> nate morte per la sovrapposizione condizionale della pena --> pena 2 anni (prof. Pagliero) Soluzione: tali pene si considerano non sospendibili --> pena mite ma effettiva, come avviene per il giudice di pace (dlgs 274/2000: competente per alcuni reati specifici) Le spostiamo nella competenza del giudice di cognizione e prevediamo che non siano sospendibili condizionalmente --> questa operazione si fa sui liberi sospesi Ciò comporta: - sgravio di incombenze della magistratura della sorveglianza - tale riforma prevede allocazioni di risorse importanti --> nella riforma Cartabia era presente una clausola di invarianza di spesa --> innesto problematico dal punto di vista di risorse in relaziona al contribuito dell’eupe o (altro esempio in cui sorge tale problematica Legge n.67/2014 --> MAP --> sospensione del procedimento con messa alla prova per imputati adulti (prima solo per i minorenni) Anche qui vi è la clausola di invarianza di spesa --> rende le cose impraticabile e la riforma non realizzabile --> tribunali ne sono oberati --> servirebbero più fondi per rimpinguare il personale dei tribunali) - innesto difficile sull’organizzazione del processo penale COMPARAZIONE CON IL REGNO UNITO In Regno Unito c’è una grande discrezionalità riconosciuta all’organo giudicante, sia riguardo - il quantum - il tipo di pena In particolare ci sono le community sentences: sanzioni non custodiali variamente composte dal giudice procedente, grazie all’individuazione di una serie di requirements maggiormente suitable (previsti normativamente: necessità di seguire percorso curativo/disintossicante, oppure lavoro di pubblica utilità, ecc…) si forma una sanzione “ad hoc” per il condannato. --> si caratterizza per una rilevante discrezionalità nella scelta della sanzione da parte del giudice due vincoli: a. statues = norma scritta che crea una cornice di riferimento e b. sentences in guide line --> indicazioni di massima di quello che dovrebbe essere la tipologia di pena per il caso specifico Il sistema processuale inglese aiuta molto questo tipo di soluzioni: è un sistema bifasico: a. in primo fase si ha l’affermazione della responsabilità b. secondo momento processuale di definizione della tipologia di sanzione e quantum di pena 46 Tra il primo e il secondo momento il giudice incasella il fatto in tre livelli di gravità crescente, e invia una richiesta al probation officer (assistente sociale) in cui si chiede un pre-sentence report = relazione che riflette i contenuti di una relazione socio-familiare ULEPE prodotta per i liberi sospesi --> il giudice manda una richiesta agli assistenti stabilendo che il fatto su cui il giudice deve commisurare la pena si colloca in quella particolare fascia di gravita A seconda della gravità vi sono diversi tipi di report a. tempo per 30 g per in caso gravità del fatto b. fascia media un paio di giorni c. fascia bassa un semplice colloquio anche di mezz’ora o solo una chiamata Lo stesso assistente sociale è chiamato a dare il proprio suggerimento circa l’ipotesi sanzionatoria. non è vincolante per il giudice, ma è importante. La community sentence è una vera e propria pena principale “strutturalmente alternativa” alla pena privativa della libertà: vige il principio di extrema ratio delle pene privative delle libertà e valorizzazione delle c. sentences.  sono diverse dalle nostre misure alternative, che sono modalità diverse di esecuzione della pena di una pena principale, che comunque è quella. Importate menzionare in questo contesto il Sentence Criminal Justice Act 2013 del Regno unito che comprende una serie di prescrizioni (percorso di dissintocazione, di probation ecc) --> tali prescrizioni sono accumulabili con altre ciò consente di attribuire le prescrizioni che si attigliano maggiormente al offensor = INDIVIDUALIZZAZIONE DEL TRATTAMENTO SANZIONATORIO Il nostro procedimento penale invece non c’è un prima sulla resp e un dopo sulla pena --> giudice di cognizione = giudice del fatto giudice della persona = magistrato di sorveglianza La commissione palazzo aveva come mandato quello di proporre un nuovo arsenale sanzionatorio --> riforma delle sanzioni in ambito penale In italia esiste un sottosistema (introdotto dal decreto 274/2000), dove c’è la competenza penale del giudice di pace, creato da fattispecie di medio-bassa gravità su querela di parte, che prevede 3 tipologie sanzionatorie: a. Pena pecuniaria b. Lavoro di pubblica utilità c. Permanenza domiciliare. Il giudice pace interviene in ordine soprattutto a fenomeni di microconflittualità tra privati. Tali reati sono (art. 5 D.Lgs. 274/00): • Percosse (art. 581 c.p.) • Lesione personale (art. 582 c.p.) • Lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) • Omissione di soccorso (art. 593 c.p.) • Diffamazione (art. 595 c.p.) • Minaccia (art. 612 c.p.) • Furti punibili a querela dell'offeso (art. 626 c.p.) • Usurpazione (art. 631 c.p.) Perché non sono state introiettate nell’art. 17 cp? Sarebbe significato dover intervenire su ogni singola fattispecie di parte speciale per modificare le sanzioni. Nel decreto legislativo invece veniva individuato un sistema di conversione. Tuttavia il sistema dicotomico dell’art.17 fa acqua; per quanto riguarda la pena pecuniaria, i livelli di escussioni sono molto bassi, oltre ai casi di insolvenza --> 2% 47  Nel 2011 viene introdotto il c.1-bis quale presunzione totale, “salvo nei confronti delle madri condannate per uno dei delitti di cui al 4 bis (clausola di riserva), l’espiazione di almeno 1/3 della pena o almeno 15 aa (limite di pena per l’accesso a misure alternative), può avvenire presso un ICAM ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di un altro delitto o fuga, nella propria abitazione o altro luogo di privata dimora, la fine di provvedere alla cura ed assistenza dei figli” La sentenza dichiara illegittimità della clausola di riserva. c) 74/2019 sul 21-bis (assistenza all’esterno dei figli minori): anche qua clausola di riserva; la corte la ritiene illegittima e argomenta non tanto basandosi sul diritto al reinserimento e alla rieducazione della persona (art.27), ma anche diritto alla famiglia e tutela dei figli (31) questo tipo di presunzione assoluta che sottraeva al magistrato la possibilità di valutare il caso concreto (anche valutazione del rapporto con il figlio) viene valorizzato un interesse diverso da quello del detenuto, ovvero quello del minore. Ciò non significa che l’interesse del minore debba essere sempre prevalente su quello della sicurezza sociale; ma che tale ponderazione debba essere oggetto di valutazione da parte del magistrato, togliendo le presunzioni.  NB: questa prospettiva non è lontana dalla s. 253/2019; Ciò che la corte con la sentenza 253 (sui permessi premio e presunzione assoluta sul collegamento se il soggetto si rifiuta di collaborare) dichiara incostituzionale è l’assolutezza della presunzione, non la presunzione in sé, che rimane relativa (ma ammette prova contraria). 50 FINE RIEDUCATIVO NEL CONCRETO Il diritto penitenziario è una delle materie in cui assistiamo ad una maggiore distanza tra la norma scritta e la realtà La legge 354/75 segna uno spartiacque importante --> prima il carcere era visto come un istituzione che può disporre dei condannati i quali erano visti come soggetti passivi Ora la legge offre una visione del detenuto come soggetto attivo del proprio percorso di reiducazione Sentenza 204/1974 sulla liberazione condizionale (causa estintiva della pena) Dichiara incostituzionale l’art. 176 nella parte in cui si prevedeva la competenza del ministro di grazia e giustizia; che passa nel 1986 al Tribunale di sorveglianza. Abbiamo uno spostamento in un primo momento alla corte di appello; ora affidato alla magistratura di sorveglianza --> percorso di progressiva attrazione della liberazione condizionale nell’alveo misure alternative Questa sentenza è importante per due motivi:  Si tratta di una sentenza che anticipa i tempi: nel 1974 già si rivendica la primazia dell’idea rieducativo e la sua centralità come riferimento non solo al momento esecutivo della pena. È un riferimento per il legislatore delle finalità rieducative.  Questa sentenza afferma per la prima volta l’esistenza di un vero e proprio diritto alla rieducazione del condannato. La rieducazione presuppone un obbligo tassativo per il legislatore di tenere non sono presenti le finalità rieducativa della pena ma anche di predisporre tutti i mezzi doni a realizzare delle forme atte a garantirle e afferma per la prima volta in maniera chiarissima di un vero e proprio alla rieducazione del condannato  diritto del condannato di valutazione da parte del MS nel progresso rieducativo Tuttavia nelle nostre carceri non riscontriamo ciò --> questo scollamento tra norma e realtà si rifrange in quella che è la vita negli sistituti di pena e nelle modalità dell’esecuzione della e pena e un progressivo allontanamento dall’ideale rieducativo Io posso essere un individuo particolarmente predisposto a cominciare un percorso rieducativo dopodiché se le situazioni e l’offerta trattamento tale che mi viene data per una serie di motivi oggettivi rasenta lo zero  la buona predisposizione non basta Moltissime volte queste condizioni oggettive che sono condicio sine qua si rifrangono inesorabilmente nella violazione dei diritti dei detenuti Il sovraffollamento è un esempio di quelle cause oggettive che fanno venire meno quella condizione necessaria al percorso rieducativo della pena. Sono esempi di condizioni oggettive anche le condizioni sanitarie e la crisi di personale dell’amministrazione penitenziaria, in particolare nei comparti:  Direzioni – non esiste in Italia un direttore che si occupi di un solo carcere. Questo comporta che i direttori girano da un istituto all’altro non riuscendo a garantire quella progettazione di lungo periodo necessaria ad ottimizzare le risorse dell’istituto.  Polizia penitenziaria -- si tratta di un altro comparto dell’amministrazione penitenziaria in difficoltà rilevante. Le persone in esecuzione di pena sono affidate in primis agli agenti di polizia penitenziaria, questo significa che essi hanno una posizione di garanzia nei confronti delle persone detenute. Dopo la riforma nella legge che disciplina le prerogative della polizia penitenziaria è stato inserito un riferimento esplicito al loro contributo all’obbiettivo rieducativo. 51 A spini, dovremmo avere 227 agenti, ma ne abbiamo solo 150. A questo si deve aggiungere che dei 150 agenti alcuni sono distaccati in altra sede.  Area rieducativa --i rieducatori (o funzionari giuridici pedagogici): essi sono coloro che fanno la “parte del leone” per quanto concerne il lavoro di equipe. Quanti sono gli educatori e come vanno le cose? Attualmente in servizio abbiamo 793 educatori. Per quanto riguarda Trento originariamente erano stati previsti 6 educatori ogni 240 detenuti, attualmente abbiamo circa 300 detenuti ma solo 3 educatori. Si è in gravi difficoltà, diventa difficile parlare di percorso rieducativo in carcere se mancano educatori e se quest’ultimi sono pure chiamati a supplire all’assenza del direttore, come succede a Trento. Primo elemento: DATI SULLA SOVRAFFOLLAMENTO 54.134 presenze vs capienza di istituti che sulla carta superano i 50000 posti disponibili --> la cartabia ci dice che in verità i posti veramente agibili sono 47.000  È poi ovvio che ogni carcere ha la sua realtà la situazione persiste nonostante - La sentenza Torregiani - Pandemia Tale situazione rende impossibile la possibilità di attività trattamentali Per non parlare di quello che comporta sovraffollamento pensiamo ad. alle condizioni igienico sanitarie che già sono in alcune realtà veramente deficitari  A Trento siamo molto fortunati relativamente molto moderna e nuova (2010) Secondo elemento: LA CRISI DI PERSONALE che affligge tutti i comparti dell’amministrazione penitenziaria - Nelle direzioni --> non c’è attualmente un direttore esclusivo di una struttura abbiamo solo direzioni a scavalco; quindi non possono garantire o una presenza costante o una progettazione di lungo periodo per l’utilizzo e ottimizzazione delle risorse della singola struttura o valorizzazione stessa degli spazi in relazione alle attività trattamentali es. concorso per direzione --> ultimo 24 anni fa - gli educatori = funzionari giuridici pedagogici --> lavoro di equipe che porta dall’osservazione alla sintesi in cui troviamo tutti gli elementi della relazione socio familiare in più tutti quelli che sono gli aspetti che attengono al comportamento intra venia oggi sono 793 in tutta Italia --> a Trento dovevano esserci un certo numero di presenza (6 educatori per 240), oggi vi sono 300 persone a spini --> 3 educatori diventa difficile parlare di percorso rieducativo in carcere se mancano gli educatori e questi vengono anche a supplire e ad essere indicato in altre mansioni che spettano ad altri ad es. al direttore consiglio di disciplina è presieduto dal direttore --> in caso di impossibilità del direttore questo può designare in sua vece l’educatore (consiglio deve essere convocato entro 10 giorni quindi la sanzione va in perenda) IL LAVORO DURANTE L’ESECUZIONE DELLA PENA Oltre a quella che può essere la formazione scolastica che evidentemente è condizione sine qua non per un rinserimento futuro --> la formazione professionale mirata e il lavoro dentro e fuori dal carcere (cioè durante l’esecuzione della misura alternativa) è l’unica vera possibilità per dare sul serio una chances a queste persone di reinserimento quanto meno per avere la possibilità di scelta  perché se tu esci in mano nulla e mai nessuna prospettiva scelta ti ho riservata? Tipi di lavoro all’interno della struttura di pena 52 Il carcere e i suoi numeri DIFFERERENZA TRA CASA CIRCONDARIALE E CASA DI RECLUSIONE Le case circondariali (come quella di Spini di Gardolo) nascono per le persone in attesa di giudizio (custodia cautelare, giudizio di appello o definitivo), ed eventualmente definitivi con una pena residua fino a 5 aa. Attualmente ci sono anche detenuti arrivati durante il periodo di coronavirus per le cause più svariate. A Trento ci sono anche due sezioni protette, su nove totali - sex offenders, i pentiti - ex appartenenti alle forze dell’ordine macchiatisi di reato Le quali sono arrivate a contenere fino a 100 persone, con una concentrazione eccessiva. Soggetti in custodia cautelari: per loro vale la presunzione di innocenza in attesa del giudizio; possono partecipare ad attività solo su richiesta; un’eventuale loro richiesta può essere valutata per la liberazione anticipata ma solo se la condanna dovesse passare in giudicato. Dovrebbero comporre in maggioranza le case circondariali, ma di fatto oggi il dato è rovesciato e la maggior parte nelle c.c. sono definitivi o protetti. (a Trento al 31/12/2019 circa il 70%)  non sono considerati veri e propri destinatari dell’opera di rieducazione, le loro esigenze vengono frustrate. Non sono sottoposti ad attività trattamentali/rieducative: ratio: innocenza fino alla condanna definitiva  Ne possono però fare richiesta --> problema le loro richieste finiscono in coda alle persone effettivamente sottoposte alla pena detentiva Le case circondariali, inoltre, non sono pensate per un’opera di educazione organica: c’è un frequente turnover, frequenti trasferimenti, ecc.. Posizione mista: sta eseguendo una pena definitiva per un titolo, ma è sotto processo per un altro tipo di reato, con un altro titolo esecutivo. Le case di reclusione --> è il vero e proprio istituto adibito all’espiazione della pena --> In questa sono detenuti coloro che hanno ricevuto una condanna definitiva non inferiore ai cinque anni. Dopo aver visto la distinzione tra casa circondariale e casa di reclusione non stupirà certo sapere che esistono altri istituti che rientrano nel “termine ombrello”: carcere. Conosciamo quindi le altre strutture: g. La casa mandamentale è la struttura in cui sono detenute le persone in attesa di giudizio con accuse di reati lievi, oppure condannate a pene fino a un anno, come nell’arresto = istituti funzionali a tener a disposizione del pretore di campagna i detenuti --> nel 1998 con l’istituzione del giudice unico di primo grado scompare la figura del pretore e anche le case mandamentali. h. il carcere speciale, la struttura preposta alla detenzione dei condannati per delitti di criminalità organizzata, quindi la mafia; i. il carcere minorile per i minori che commettono un reato. Art. 59 l. ord. pen --> Gli istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione penitenziaria si distinguono in: 2) istituti di custodia preventiva; 3) istituti per l'esecuzione delle pene; 4) istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza; 5) centri di osservazione. 55 Art. 60 l. ord. pen --> Gli istituti di custodia preventiva si distinguono in case mandamentali e circondariali. Le case mandamentali assicurano la custodia degli imputati a disposizione del pretore. Esse sono istituite nei capoluoghi di mandamento che non sono sede di case circondariali. Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario. Le case mandamentali e circondariali assicurano altresì la custodia delle persone fermate o arrestate dall'autorità di pubblica sicurezza o dagli organi di polizia giudiziaria e quella dei detenuti e degli internati in transito. Può essere istituita una sola casa mandamentale o circondariale rispettivamente per più mandamenti o circondari. Art. 61 l. ord. pen --> Gli istituti per l'esecuzione delle pene si distinguono in: 1) case di arresto, per l'esecuzione della pena dell'arresto –>Sezioni di case di arresto possono essere istituite presso le case di custodia mandamentali o circondariali; 2) case di reclusione, per l'esecuzione della pena della reclusione -->Sezioni di case di reclusione possono essere istituite presso le case di custodia circondariali. Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalità previste dal regolamento, i condannati alla pena dell'arresto o della reclusione possono essere assegnati alle case di custodia preventiva; i condannati alla pena della reclusione possono essere altresì assegnati alle case di arresto. SITUAZIONE IN ITALIA NEGLI ANNI Situazione italiana delle carceri e del numero di detenuti: - Al 31/12/2012: 65701 presenti a fronte di capienza 47040; - al 21/1/2013 si aveva quasi 66000 detenuti a fronte di 47040 di capienza. Assistiamo ad una decrescita significativa durante il 2013, fino a punta minima nel 2015 (53000); poi lenta crescita. Facendo un salto indietro al 2010 con il DPCM del 13 gennaio 2010 il presidente del Consiglio dei ministri aveva dichiarato lo stato di emergenza in termini di carceri e sovraffollamento. Questo stato di emergenza aveva predisposto delle risposte alla situazione  due in particolar modo: 1. Recuperare posti di capienza 2. Cercare di limitare gli accessi in carcere – ma come --> con la 199 (= esecuzione della pena presso il domicilio) e la liberazione anticipata speciale ( = LAS) Assistiamo ad una decrescita significativa durante il 2013, fino a punta minima nel 2015 (53000); poi lenta crescita. Nella famosa sentenza Torreggiani dell’8/1/2013 la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU (divieto di tortura e trattamento disumano e degradante): “endemico e strutturale sovraffollamento” tale situazione è ritenuta caratterizzante l’intero sistema carcerario italiano, non solo la situazione dei sette ricorrenti alla Corte (è la c.d. “sentenza pilota” --> sulla base dell’art 46 CEDU). La Corte invita l’Italia a risolvere il problema del sovraffollamento dell’intero sistema; la si mette in mora concedendo un anno per risolvere il problema. sentenza Torregiani  l’Italia prova a resistere a questa condanna opponendo un’eccezione  l’eccezione di cui all’art 35 CEDU  questa eccezione cristallizza il cd principio di sussidiarietà nell’operato della corte di Strasburgo • il che significa che essa può essere adita nel momento in cui si siano esauriti i mezzi interni. 56 Art. 35 CEDU comma 1 --> La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di quattro mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva. Il governo resistente prova a sostenere che Torregiani si è rivolto a Strasburgo senza prima aver adito a quelli che sono i rimedi interni. In realtà la corte risponde che è vero che si ha l’art 35 però questo principio vale in tanto in quanto i rimedi interni dello stato siano considerati efficaci, effettivi. Quelli dello stato italiano fanno acqua da tutte le parti. La prova provata che i rimedi è spiegata dalla stessa corte  infatti uno dei ricorrenti insieme a Torregiani aveva fatto ricorso ai rimedi interni e i giudici statali gli avevano pure dato ragione. Tuttavia, questo era rimasto “con il cerino in mano” nel senso che gli era stata riconosciuta la ragione, ma l’amministrazione penitenziaria non si era mai attivata per risolvere il problema. • Questa per Strasburgo è la prova dell’inefficacia dei mezzi interni, la quale rende possibile l’operato della corte di Strasburgo. L’Italia adotta riforme per cercare di dare risposta concreta alla condanna e alla richiesta della Corte (lo strumento per ottenere una deflazione, indicato dalla stessa Corte, è quello di adottare maggiormente le misure alternative). Succede che il 23 maggio del 2013 la corte mette in mora l’Italia e gli da un anno di tempo per ottemperare ai suoi dicta. Quali sono i suoi dicta? 1. Risolvi il problema del sovraffollamento 2. Trova dei rimedi che siano effettivi Occupandoci del primo problema  risolvere il sovraffollamento carcerario (=r isorse gia fatalmente ridotte che si dividono su un numero di persone eccessivo in relazione al numero per cui quelle risorse sono state stanziate) A seguito della sentenza la corte di Strasburgo aveva dato alcune indicazioni, tra cui quella di valorizzare le misure alternative. La corte si limita a dire di cercare di implementare l’accesso a queste. L’Italia si sarebbe dovuta produrre in una riforma di sistema, la quale avrebbe potuto dare risultati nel lungo periodo. Invece il nostro stato mette a punto tutta una serie di riforme ad hoc – addirittura lo strumento legislativo utilizzato per eccellenza è il DL  l’effetto immediato è buono, tuttavia, vale solo per il breve periodo, subito dopo si è registrato un nuovo picco di sovraffollamento. Alcune misure “a tempo”, tra cui: Stabilizzazione della 199: la 199 è una legge del 2010 che aveva previsto l’esecuzione della misura presso il domicilio nel limite di 1 aa; • nel 2011 alzato a 18 mesi Nel 2010 questo provvedimento ha tutti i crismi di una legge eccezionale e perché viene prevista una vigenza temporanea  Nel caso di specie due anni, fino al 31/12/2013. In particolare, è la legge 211/2011 che viene ad innalzare il limite per l’accesso a questa misura. Quando entra in vigore la 199 nel 2010 la sua concessione è nel limite di 12 mesi di pena residua poi la legge 211 alza l’asticella a 18 mesi di pena residua  ne amplia le maglie applicative. Dopo la Torregianni la 199 entra nel patrimonio e pertanto è sempre richiedibili e non ha più una misura limitata nel tempo. 57  al 2020 si è abbassato all’1,2 %, circa 755 persone: dato mette in luce le difficoltà per le persone straniere che non hanno possibilità domiciliare da un lato, dall’atro il dato di difficoltà nel trovare opportunità lavorative 17% detenzione domiciliare (nel 2020 in crescita al 19,2%, 11000 persone, dovuta al virus); MAP 24256 persone con sospensione del processo con messa alla prova (limite di 4aa in astratto; ha un effetto estintivo del reato in caso di esito positivo); 14% lavoro di pubblica utilità (raggruppa tutti i diversi tipi: può essere prescrizione aggiuntiva della sospensione condizionale della pena; è pena principale; è sanzione sostitutiva per la guida in stato di ebrezza);  esso ha natura giudica all’interno del nostro ordinamento, ha assunto nel corso del tempo svariati vesti giuridiche:  nella MAP è una conditio sine qua non al fine dell’accesso, senza non si può attivare quel tipo di programma  il lavoro di pubblica utilità è anche una prescrizione aggiuntiva che può riempire di significato la sospensione condizionale della pena,  è una versa sanzione penale per il decreto legislativo 274/2000  è sanzione sostitutiva per quanto riguarda la contravvenzione della guida in stato di ebrezza. In questi termini abbiamo circa più di 8000 pratiche aperte. 4402 persone in libertà vigilata 0% semidetenzione e libertà controllata (pene sostitutive; queste possono essere concesse dal giudice di cognizione nel limite di 2 aa.  Hanno applicazione quasi nulla poiché la sospensione condizionale di pena opera con lo stesso limite di pena); 60 Presenze in carcere dopo il corona virus Dopo che il corona virus è iniziato c’è stata una flessione di presenze, un po’ grazie alle norme introdotte dal nostro legislatore, per l’emergenza Covid, un po’ per il lavoro fatto dalle magistrature di sorveglianza per quelle persone che avevano un quadro patologico grave che avrebbe portato, in caso di contrazione del virus, all’infausto evento-morte. Il nostro legislatore ha tirato fuori dal cilindro una riveduta corretta della 199, esecuzione presso il domicilio per pene contenute nei 18 mesi : - con un’ istruttoria molto più veloce della 199 - con delle preclusioni secchissime anche più rigide della 199 fra cui campeggiavano 4 bis e 58 quarter. Infatti, quando questa stessa misura è stata posta nello stesso decreto legge 137 il garante nazionale ha fatto una sorta di riunione fra 4 garanti regionali per fare un summit negli emendamenti da proporre e l’emendamento che abbiamo tutti condiviso era quello di cercare di spingere sulla abolizione della preclusione per questa misura del 58 quarter, perché questa esclusione avrebbe permesso a un numero ancor più cospicuo di persone detenute di poterne beneficiare. Una grande fetta delle persone detenute che hanno una pena inferiore ai 28 mesi arrivano o da una revoca o da un’evasione e quindi stanno scontando i 3 anni di preclusione e non possono beneficiare di questa misura.  Se questa preclusione fosse venuta meno in sede di conversione allora non avremmo avuto una flessione di questo tipo. La riproposizione di questa misura ma con le medesime preclusioni, (perché questo emendamento non è stato accolto) non ha avuto nessun tipo di fortuna e di incidenza. 61 La realtà del Carcere di Spini Sulla realtà di Spini di Gardolo: E’ una casa circondariale che dovrebbe contenere un 75% di persone in attesa di condanna e il resto coloro che sono condannati definitivamente --> non è cosi. Nel 2019 solo il 22% di questi 300 in media esegue una pena superiore all'anno, quindi estremamente difficile gestire un percorso rieducativo con questi tempi. Italiani e stranieri: prima della rivolta noi avevamo un rapporto che era perfettamente rovesciato rispetto a quello della base italiana cioè avevamo un 70% di detenuti stranieri il 30% di detenuti cittadini italiani,  quindi questo comporta evidentemente un dato di stranieri assolutamente preponderante rispetto alla presenza di italiani. Qui li vedete raggruppati per appartenenza per paesi d’origine e potete vedere come effettivamente c. i tunisini siano quelli maggiormente rappresentante, d. seguiti da Marocco, e. Nigeria e f. rappresentanza importante tra rumeni e anche albanesi. La presenza degli stranieri dopo la rivolta e con la pandemia ha avuto una flessione L'ubicazione della struttura: c'è stato un accordo tra la Provincia Autonoma e il Ministero della Giustizia, per cui di fatto si è deciso per una sorta di permuta tra il terreno che era di proprietà del dipartimento di amministrazione penitenziaria --> permuta do ut facias = permuta di un suolo e per accessione di tutto quello che viene costruito sopra il DAP passa il suolo di sua proprietà vicino al tribunale alla provincia che ne ha disposto come ne ha ritenuto, la provincia in cambio si è impegnata alla costruzione di un carcere in una zona diversa, che è quella di Spini di Gardolo  in teoria la costruzione dovrebbe appartenere al DAP, ma non il suolo A fronte della cessione dell’area difornte al tribunale la provincia si accolla l’obbligo di costruire il nuovo carcere (1. milione di euro). La provincia richiede ulteriori condizioni tra qui quella di mantenere il numero all’interno del carcere delle 240 presenze = soglia rispetti alla quale scatta un sovraffollamento che è quindi da contingentare Su questo numero sono stati tarati anche gli operatori penitenziari, in particolare soprattutto gli educatori:  dovrebbe esserci un educatore ogni tot. persone detenute. Le nostre piante organiche sono calcolate tuttora su una capienza di 240, quando invece abbiamo visto prima che i numeri mediamente si sono sempre aggirati sulle 330-350 persone presenti, salvo situazioni eccezionali: a) la rivolta; b) il coronavirus, che comportano delle flessioni diciamo eccezionali legate al caso e alla specifica problematica che si è realizzata con la rivolta da un lato e che si sta perpetrando in questi mesi col coronavirus. Per alcuni anni i numeri sono in linea poi con la sentenza Torregiani (limite 3 metri quadri per detenuto) nel post 2013 il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha rideterminato la capienza della struttura di Spini di Gardolo --> la provincia si ritrova ad ampliare i numeri della casa circondariale nove metri quadri per 62  Complessivamente saranno coinvolte 43 persone di cui 27 detenuti anche chi è in carico all’UEPE e minori la cassa delle ammende devono confluire gli importi delle pene pecuniarie e con quel denaro si fa alcune iniziative. L’idea è del presidente della cassa dell’ammende Gherardo Colombo, tale cassa ha messo a disposizione dei fondi per delle iniziative in ambito penitenziario, si chiede dei finanziamenti anche da parte delle realtà locali e la predisposizione di progetti da parte delle medesime che ricevevano anche il plaquet dalla cassa per poter essere ritenuti finanziabili L’UMSE ha attivato tale progetto LE SEZIONE PROTETTE In cui vengono detenuti soggetti resi di fattispecie contro la libertà sessuale, i collaboratori di giustizia e gli ex afferenti alle forze dell’ordine = protetti promiscui (si trovano più a rischio di possibili violenze) 9 sezione a spini  1 femminile  2 protette  6 comuni --> 1 è una sezione 32 del regolamento = introduce le sezioni cautelari o che cautelano coloro che inseriti hanno bisogno di essere tutelati da possibili violenze da parte detenuti comuni; o 3g --> contengono coloro che hanno avuto atteggiamenti aggressivi e prevaricatori nei confronti di altri detenuti Si ha avuto un innalzamento dei sex offenders a Spini --> pertanto se nelle altre sezioni non si può parlare di sovraffollamento patologico come quello stigmatizzato dalla corte di Strasburgo; nelle sezioni protette ci sono stati dei momenti in cui in 2 sezioni erano presenti più di 100 = rischio di un rilevante sovraffollamento ex art. 3 CEDU Art. 32 del regolamento n.230/2000: Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari 1. I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele. 2. La permanenza dei motivi cautelari viene verificata semestralmente. 3. Si cura, inoltre, la collocazione più idonea di quei detenuti ed internati per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte dei compagni. Sono anche utilizzate apposite sezioni a tal fine, ma la assegnazione presso le stesse deve essere frequentemente riesaminata nei confronti delle singole persone per verificare il permanere delle ragioni della separazione delle stesse dalla comunità. I SUICIDI Il 2020 si è concluso senza suicidi --> 2021: 94 atti di autolesionismo, è una cosa compiuta maggiormente dagli stranieri - per attirare l’attenzione, - per sfogare il dolore la pandemia ha qui inciso in maniera allarmante occorre un lavoro di rete che serve per prevenire tali atti, vi sono state previste da delle linee è stato previsto un piano regionale piuttosto che provinciale di prevenzione suicidi --> ad un livello più operativo/locale si è previsto un piano locale di prevenzione siglato tra a. la direzione della casa circondariale b. l’area medica 65 Si è istituzionalizzata una riunione con cadenza settimanale in cui si mappano le situazioni che devono essere monitorate (nuovi arrivi, situazioni personali, condanna definitiva, persone stanziali in cui la malattie ha acuzie) intercettando cosi i possibili caso e si cerca di declinare le possibili risposte.  È l’ufficio comando che monitora questi fatti e gli raggruppa in tentato suicidio e atti di autolesionismo I dati dovrebbero essere spacchettati all’interno del tentato suicidio, in quanto non il tentativo del 56 c.p. ma è un tentato registrato dalla sala situazioni all’agente incaricato della registrazione del dato (in cui vi è una lista con tutte le diverse ipotesi)--> il cappio che viene trovato messo sul comodino del detenuto è già individuato come tentato omicidio - da un lato dobbiamo fare i conti con questi numeri e lavorarci - dall’altro è chi ci tenta sul serio a farlo 66 POLIZIA GIUDIZIARIA Le principali funzioni della Polizia Penitenziaria sono efficacemente sintetizzate nel motto “Despondere spem munus nostrum” (garantire la speranza è il nostro compito), trascritto sullo stemma araldico del Corpo. Il percorso che ha condotto all’attribuzione di tali funzioni è lungo e si intreccia con i mutamenti giuridici e sociali del carcere e della funzione della pena: - dall’ottica meramente retributiva ed afflittiva, - alla rieducazione e al reinserimento in società dei detenuti. Oggi la polizia penitenziaria è un Corpo che fa capo al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), espleta mansioni specialistiche sia all’interno che all’esterno degli istituti penitenziari. Compiti: L’art. 5 della legge n. 395/1990, infatti, enuclea in modo più dettagliato le mansioni che gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono espletare: - assicurare l’esecuzione delle misure privative della libertà personale; - garantire l’ordine interno e la sicurezza degli istituti di prevenzione e di pena; - tradurre i detenuti e gli internati e svolgere il servizio di piantonamento per gli stessi soggetti nei luoghi esterni di cura (ad esempio negli ospedali); - partecipare ai servizi di ordine e di pubblica sicurezza o pubblico soccorso; - prendere parte alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo per i detenuti e gli internati, nei limiti dei compiti di polizia. -->hanno una posizione di garanzia nei confronti delle persone detenute con la riforma del 90 con la legge che disciplina le loro prerogative --> qui è sancito il loro contributo alla attività rieducativa  se uno vuole andare giocare a calcio se non vi sono gli agenti disposti a piantonare la sezione dedicata allo sport o all’istruzione quell’attività non si fa anche il comparto della polizia giudiziaria è deficiente a Spini --> 227 --> in questi giorni sono circa 150, alcuni sono anche distaccati dalla sede principale ORGANIZZAZIONE DEL CARCERE IN GENERALE Il carcere è costituito da aree a. area educativa/ trattamentale = comporta da educatori e dalla segreteria tecnica --> oggi sono 3 più un operatore che svolge segreteria tecnica (oggi svolto da un poliziotto penitenziario) b. area che compete alla ragioneria --> vitto, stipendi, contabilità c. area della sanità --> incaricata dalla amministrazione penitenziaria ma oggi sono dipendenti della amministrazione sanitaria (= amministrazione esterna) d. area sicurezza --> a cui appartiene la polizia penitenziaria il direttore del carcere è a capo di tutte queste aree mentre il comandate è il vertice della polizia penitenziaria ed è subordinato al direttore  irrazionalità perché un appartenente alla polizia è sottomesso ad un civile STRUTTURA DEL CARCERE a. Recinsione esterna b. Uffici amministrativa --> ragioneria, direttore 67 70 MINI-RIFORMA DEL 2018 La mini di forma del 2018 è stata realizzata attraverso tre decreti legislativi:  n. 121/2018 sull’esecuzione della pena per i minori;  n. 123/2018 riguardo l'assistenza sanitaria in ambito penitenziario in riferimento all'articolo 11 della legge sull'ordinamento penitenziario, semplificazione dei procedimenti e vita detentiva, questi i tre temi;  n. 124/2018 sul lavoro, e, più genericamente, sul trattamento penitenziario (art. 20 e ss) N. 121/2018 In particolare, è stato modificato l'art. 1 comma 3 della legge sull’ordinamento penitenziario, che oggi prevede un espresso riconoscimento dell’esistenza di diritti fondamentali in capo ai detenuti. La norma recita:” a ogni persona privata della libertà sono garantiti i diritti fondamentali.” Oltre a questo: “è vietata ogni violenza fisica e morale in suo danno” non si tratta altro che della previsione di cui all'articolo 13 comma 4 della nostra Costituzione, che è stato trasfuso anche all’interno della legge sull’ordinamento penitenziario. Si esplicita qualcosa che in realtà era già, quantomeno a livello implicito, comunque assolutamente evidente: la riforma del 1975 quella della legge sul diritto penitenziario 354, segna quel punto di svolta: si passa da quell’idea di detenuto come soggetto passivo dell’amministrazione penitenziaria a detenuto come persona dotata di diritti al centro del programma rieducativo. Questa visione mutata si traduceva nella previsione di una norma di ampio respiro quale quella di cui all’art. 1 che già faceva riferimento importante ai canoni di umanità e dignità della persona, quindi in questo senso già c'era a livello implicito anche per quanto previsto all'art. 4 laddove si prevedeva che eventuale interdizione legale non va ad incidere sull'esercizio dei diritti che comunque sono riconosciuti quale esercito personale alle persone detenute, o ancora la previsione di cui all'art.69 comma 5 della legge sull'ordinamento penitenziario, che prevedeva e prevede tuttora la possibilità, per il giudice di sorveglianza, di imporre dei veri e propri ordini all'amministrazione penitenziaria nel caso di riscontrate violazioni dei diritti dei detenuti. Queste tre previsioni c'erano anche prima della mini-riforma del 2018, e questa esplicita previsione (riconoscimento dei diritti fondamentali in capo ai detenuti) è un’espressione importante che comunque cristallizza un dato di fatto già acquisito, ma ciò non sminuisce l'importanza di averlo voluto espressamente rimarcare. N. 123/2018 Un’altra riforma interessante riguarda il primo comma dell’art.1 che riguarda il trattamento penitenziario. Il trattamento penitenziario è diverso dal trattamento rieducativo e comprende tutte le norme organizzative, di disciplina e di gestione che si applicano indistintamente ai detenuti ed alle persone che sono ancora in custodia cautelare.  Questo trattamento dev’essere naturalmente improntato al rispetto della dignità della persona, in ossequio all’art.27 Cost. La modifica riguarda la seconda disposizione del primo comma, dove si legge che il trattamento penitenziario dev’essere improntato all”assoluta imparzialità” non ci devono essere discriminazioni rispetto al sesso, all’orientamento sessuale ed all’identità di genere Sono ampliate le ragioni per cui è fatto divieto di discriminazione nell’37.50  Prima del 2018 questa precisione non esisteva. 71 È stato introdotto il comma 3 --> ad ogni persona privata della liberà sono garantiti i diritti fondamentali = esplicitazione di un principio già intrinseco nella legge dell’ordinamento penitenziario (354/1975) Viene anche riportato il principio costituzionale previsto all’art. 13 comma 4 Cost --> divieto di ogni violenza fisica o morale in danno alle persone comunque private della libertà. = seconda parte dell’art. 1 comma 3 Sono state apportate modifiche fondamentali all’art. 13 sull’individualizzazione del trattamento in particolare con riferimento a concetti come - Responsabilit - Autonomia - Integrazione Concetti inseriti ex novo in un’ottica di responsabilizzazione e valorizzazione del detenuto già affrontata dalla commissione giostra Dei principi generali declinati dalla commissione Giostra alcuni rimangono fuori – ad es. il rinvio recettizio alle regole penitenziare EU che la C. Giostra aveva inserito nell’art. 1 l. ord. pen. Rimangono inoltre fuori due principi EU - massima conformità della vita penitenziaria a quella esterna - mancanza di risorse non può mai implicare la soppressione dei diritti fondamentali meditato? N. 124/2018 E’ stato interpolato anche l’art.13 che parla di trattamento e di individualizzazione del trattamento; in questo caso, di fatto, la norma che viene modificata è il terzo comma che contempla la “riflessione sul fatto di reato”. In particolare il comma 3 --> nell’ambito dell’osservazione è offerta all'interessato l'opportunità di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonché sulle possibili azioni di riparazione. Questo contenuto era già presente all’art.27 del regolamento esecutivo del decreto presidente della repubblica n.230/2000 = regolamento esecutivo della legge sull’ordinamento penitenziario  Trasponendolo nella legge sull’ordinamento penitenziario, si è inteso elevarlo ad un rango superiore nella gerarchia delle fonti La riflessione sul fatto di reato è equivalente al processo di revisione critica, la quale è presa in considerazione quando bisogna valutare l’accesso alle misure alternative. Non sempre questo processo di revisione critica è un percorso facile per il detenuto. Molte volte manca proprio alla base la percezione del disvalore penale del fatto commesso e del valore ordinamentale tutelato dalla norma: ciò accade soprattutto negli “illeciti artificiali” dove il bene giuridico è più evanescente (es. fattispecie di violazione tributaria). Molte volte, invece, non c’è alcuna percezione del danno arrecato alla vittima (es. il rapinatore pensa di arrecare danno alla banca e non si rende conto del danno arrecato al povero impiegato che ha minacciato). Anche le vittime stesse hanno una diversa percezione del fatto subito e questo si ripercuote sui processi compositivi intrapresi: ci sono vittime che trovano liberatorio il confronto con l’aggressore, altre che preferiscono ricevere una lettera di spiegazione e chi non vuole avere alcun contatto con la vittima, neanche attraverso un c.d. autore surrogato. In tema di revisione critica, è esemplificativo l’aneddoto vissuto dalla professoressa Menghini: durante un colloquio, ha incontrato un ragazzo di 22 anni che era stato condannato per una “catenella” di furti. Questi ha cominciato a raccontare alla Menghini che ha subito un piccolo furto in carcere (gli hanno sottratto la borsa di vestiti) e mentre lo raccontava ha realizzato quanto male implica un episodio di furto. Il processo di revisione critica è assolutamente complesso nel caso di reati culturalmente orientato, dove il soggetto è convinto di agire legittimamente ed in maniera conforme ai suoi precetti; in più, per tutta una serie 72 - dopo 10 giorni dev’essere notificato il verbale del rapporto; - passati altri 10 giorni, il detenuto dev’essere chiamato davanti al Direttore dell’istituto o davanti al Consiglio di disciplina, che decideranno se comminare o meno la sanzione; a questo punto la sanzione va in esecuzione. Ci può però essere una variazione a questo schema: la sanzione, infatti, può essere comminata in via cautelare (ciò significa che subito dopo l’elevazione del verbale, il detenuto è tratto in isolamento per un massimo di 10 giorni).  Anche in caso di sanzione ingiusta, il detenuto avrà comunque già scontato la sanzione. Ma perché allora i detenuti presentano comunque un reclamo ex art.35-bis? La ragione è molto opportunistica: il verbale, nel momento in cui viene elevato, viene immediatamente notificato al magistrato di sorveglianza che deve valutare la concessione della liberazione anticipata. È estremamente importante che il magistrato si premuri di acquisire anche il verbale del Consiglio di disciplina: non può accontentarsi di leggere il verbale della polizia perché magari il Consiglio ha deciso per la non condanna. Il ricorso ex art.35-bis consente di rimuovere la sanzione dal fascicolo ai fini della concessione della liberazione anticipata. È sicuramente un tema lacunoso che necessiterebbe di un sostanziale intervento di riforma. La Materia dei trasferimenti condizionata dal Covid In relazione al diritto del detenuto di Trasferimento più prossimo a quelli di dimora della famiglia o quello del proprio centro di riferimento sociale se individuabile Ciò è previsto in applicazione del principio contenuto dall’art. 14 cosi modificato dalla riforma del 2018 = principio di territorialità della pena (già presente nell’art.42) Scanning temporale: a. Durante la prima ondata --> rivolte cruente che hanno portato alla morte di persone in alcuni istituiti di pena = sospensione dei colloqui e dei trasferimenti su richiesta delle persone detenute b. piccola parentesi tra agosto e ottobre in cui sono stati possibili c. 10 novembre 2020 circolare del DAP vigente fino agosto 2021 in cui si è disposta la sospensione di tutti i trasferimenti ad eccezione di quelli legati motivi gravi di salute e gravissimi di sicurezza --> patimento dei detenuti d. richiusura fino al 15 febbraio 2022 --> è venuto meno il principio di territorialità alla pena cosi come l’affettività di alcuni detenuti --> meno male ci sono le chiamate WhatsApp 5 ) Altra modifica frutto della riforma: Art. 45 op (frutto della riforma del 2018): “ Il trattamento dei detenuti e degli internati è integrato da un'azione di assistenza alle loro famiglie. Tale azione è rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolarne il reinserimento sociale. È utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale. Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, il detenuto o l'internato privo di residenza anagrafica è iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove è ubicata la struttura. Al condannato è richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove è detenuto o internato. L'opzione può essere in ogni tempo modificata). Se non ha residenza può far iscrivere tale residenza dove ha la sede il carcere 75 L’azione di assistenza è rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolarne il reinserimento sociale.  È utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale. Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, il detenuto o l'internato privo di residenza anagrafica è iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove è ubicata la struttura. Al condannato è richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove è detenuto o internato. L'opzione può essere in ogni tempo modificata” quest’ultimo comma è frutto della mini riforma. Perché è importante la storia della residenza? Per la presa in carico dei condannati da parte dal SERD (Servizio per le Dipendenze); e per gli inserimenti nella comunità. Se non si è in grado di pagare la retta della comunità, la chance per avere un trattamento in comunità a tutela delle dipendenze è quella di avere la residenza nel territorio. 6) la riforma del 2019 ha inoltre previsto che il detenuto, quando vi siano i presupposti, riceva un valido documento di identità (nella misura in cui abbia titolo) nel momento in cui venga rilasciato.  rinnovo dei documenti scaduti durante l’es della pena (ad es. patente ecc)  rinnovo permesso di soggiorno Si tratta di dare un servizio a chi ne ha titolo --> nelle realtà più strutturate di carceri vi sono degli sportelli a ciò adibiti 7) Modifiche alla materia dell’assistenza sanitaria in carcere (art.11 op). Rispetto alla formulazione dell’11 così come proposta dalla Commissione Pellissero nello schema, la norma ha avuto rimaneggiamenti peggiorativi: Venuto meno il riferimento alla necessità che il medico della struttura fotografasse all’ingresso il “nuovo giunto” (sia che venga dalla libertà che da altro istituto)  avveniva durante la prima visita medica, al fine di verificare il riscontro di lividi (caso Cucchi) Prima della riforma, l’art. 11 prevedeva che tutti gli istituti fossero dotati di almeno uno psichiatra.  Tale riferimento è scomparso. Diritto alla visita: nella formulazione precedente la norma sembrava chiara nell’affermare la natura di “diritto ad essere visitato dal presidio medico”, oggi si rimette alla valutazione dei sanitari la necessità e urgenza di provvedere alla visita (che può essere anche differita nel tempo). 8) Un altro settore toccato dalla riforma 2018 è quello del lavoro: Art. 15 op sul trattamento --> riguarda gli elementi del trattamento in cui troviamo anche la partecipazione all’attività lavorativa 3.40 Il lavoro rimane unico vero strumento in grado di fornire una reale possibilità di reinserimento del condannato --> sulla base del 27 comma 3 Cost Se la scelta di intraprendere un trattamento lavorativo deve essere una scelta libera non possiamo parlare di obbligo la mini-riforma ha fatto saltare tutti i riferimenti normativi all’obbligo lavorativo = viene considerata una opportunità Art. n22 e seguenti nuotiamo che è stata una misura a metà rimane l’obbligo di lavoro --> la riforma non è andata a modifiche il cp ma solo la n354 /75 Parlare di 6.30 trattamento lavorativo è un’opportunità per tutti ma … Art. 20 ordinamento penitenziario commissione per le graduatorie --> previste nuove figure nella composizione 76 È stata rivista composizione commissione Lavoro (art. 20 c.4 o.p.): direttore e un suo delegato, responsabili dell’aria di sicurezza, giuridico-pedagogica, del dirigente sanitario, di un funzionario Ufficio Esecuzione Penale Esterna; direttore del centro per l’impiego e suo delegato; rappresentante sindacale. La commissione lavoro serve a: a. Creare liste occupazionali : generica o professionalizzante istruttoria in cui ci spiegano abilità, formazione di un determinato soggetto. Da queste liste i soggetti vengono “attinti” e inseriti nelle attività lavorative all’interno del carcere, dove si può lavorare o alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, DAP (tenere pulite le aree comuni, raccogliere le indicazioni di acquisto sopra-vitto; professioni dalla durata turnaria più lunga come cuoco nella cucina nell’istituto o lavoro nella Manutenzione Ordinaria del Fabbricato); si tratta di attività NON CONTINUATIVE o alle dipendenze di realtà del privato sociale (cooperative di tipo B che esercitano all’interno delle strutture), o addirittura di imprenditori che hanno deciso di creare una costola della loro azienda all’interno della struttura penitenziaria. b. Definire i criteri di turnazione : dato che il lavoro è una risorsa scarsa e molto desiderata dai detenuti poiché è un introito, è necessario definire i criteri: o sulla base del carico famigliare, o anzianità --> intesa come permanenza nella struttura che si calcola dall’ingresso dell’istituto di detenzione Le graduatorie sono di due tipi:  generali  per i detenuti non qualificati  professionalizzanti  per i detenuti che hanno capacità lavorative qualificate, specializzate. Terza modifica del 2018 sul lavoro  la disciplina del neo introdotto articolo 20ter il quale tratta espressamente di lavoro di pubblica utilità, riferendolo sia all’attività intramoenia sia al lavoro extramoenia, quest’ultima da riferirsi all’art 21. Tradizionalmente il lavoro in carcere è stato sempre considerato un obbligo che si assomma all’esecuzione della pena; di obbligo parla la stessa legge del 1975 (per quanto illuminata), inserito nell’art. 15 in cui vengono individuati tutti gli elementi del trattamento. Anche l’art. 15 è stato modificato nel 2018: oltre al lavoro, istruzione, rapporti con comunità e famiglia e religione, devono essere considerati anche la formazione professionale e progetti di pubblica utilità. Il fatto che il lavoro sia inserito nel trattamento, fa pensare al fatto che sia diventato un vero e proprio diritto, per quanto difficile da assicurare, poiché risorsa scarsa. La mini riforma del 2018 cancella tutti i riferimenti al concetto di lavoro come obbligo (sebbene i riferimenti all’obbligo lavorativo permangano nel codice penale). La dottrina più recente non parla più di obbligo, non lo può definire diritto, ma parla di opportunità lavorativa. È stato poi introdotto ex novo dalla riforma un art. 20-ter, sul lavoro di pubblica utilità: è una previsione variamente usata dal legislatore. Il 20-ter è una novità nella misura in cui introduce il lavoro - sia all’esterno = extra moenia (art. 21 --> si inserisce un particolare comma dove si prevede la possibilità di non retribuito, introdotto già nel 2013) - che all’interno dell’istituto = intra moenia (il l.p.u. può essere svolto anche all’interno della struttura penitenziaria). Si tratta di lavoro NON retribuito. Nello schema della proposta della commissione Giostra, si prevedeva che ci fosse la corresponsione di uno scomputo di pena, sulla base che il lavoro è dignitoso nella misura in cui è retribuito.  tuttavia questa previsione è andata perduta. 77 All’interno del disagio psichico si colloca la categoria della grave infermità psichica sopravvenuta; Ricapitolando: Se viene riscontrata una grave patologia psichiatrica al momento del fatto che porta all’applicazione della norma sul vizio di mente, ne consegue che il soggetto a seconda che l’incapacità - faccia scemare l’incapacità di intendere e volere = soggetto semi imputabile --> pena diminuita (e se pericoloso --> misura di sicurezza) - o l’escluda completamente = soggetto non imputabile --> NO pena (e se pericoloso --> misura di sicurezza) Al netto del semi-imputabile che potrebbe trovarsi in carcere, troviamo anche soggetti affetti da grave patologia psichiatrica --> PERCHE’ 148 DEL C.P. Oppure possiamo riscontrare detenuti affetti da tali patologie gia preesistenti al carcere le quali sulla base di quanto stabilito dal giudice non hanno influito sulla commissione/capacità di intendere e volere del fatto costituente reato Il lavoro sull’ infermità psichica sopravvenuta della sottocommissione Pellissero era stata accolta con grande entusiasmo;  tuttavia non ci fu seguito nella riforma. L’iter di superamento di OPG e apertura delle REMS ha d’altra parte avuto una ricaduta drammatica, un trattamento deteriore, per i soggetti affetti da grave infermità psichica sopravvenuta. La norma di riferimento è l’art. 148 c.p. (ABROGATO ESPLICITAMENTE) afferma che: “Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice(1), qualora ritenga che l'infermità sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa (sinonimi, ndr) e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario ovvero in una casa di cura e di custodia” Il soggetto affetto da infermità psichica sopravvenuta aveva dunque la strada segnata, quella dell’assegnazione ad un OPG (un tempo manicomio giudiziario) o casa di cura o custodia, a meno che il giudice non ritenesse la patologia compatibile con l’esecuzione della pena in carcere. La norma sembrava inequivoca riconosce come l’allocazione in OP non costituisce esecuzione della pena Tale norma è alla base di due pronunce della CC: a. 146/1975 CC: si dichiara l’illegittimità nella parte in cui prevede che a fronte dello spostamento del soggetto presso l’OPG vi fosse una sospensione/rinvio dell’esecuzione della pena  la pena continua ad eseguirsi; Va fatta una precisazione --> riconosce espressamente “la natura giuridica della locazione in OPG è di una modalità diversa di esecuzione della pena" La corte parlando di mutamento obbligatorio del regime esecutivo della pena ci dice che l’allocazione in OPG non è neanche una misura di sicurezza Quindi: o non è un’ipotesi di sospensione. o Non è una misura di sicurezza! b. 111/1996 CC: lamentata l’illegittimità nella parte in cui non subordina ad un vaglio di pericolosità sociale l’allocazione della persona in OPG la CC rigetta la questione affermando che, non essendo una misura di sicurezza, non richiede vaglio di pericolosità sociale --> afferma qui esplicitamente che si tratta di una modalità di esecuzione della pena diverso o sentenza monito: il legislatore doveva fornire una rosa di alternativa possibile ai soggetti che si trovavano in situazione di infermità psichica sopravvenuta Nella vigenza della norma 148, prima dell’entrata in vigore del cp e della legge sull’ord. pen. Sotto la vigenza di tale norma a prescindere dalla pericolosità sociale non erano detenuti in carcere ma venivano posti in OPG (salvo alcuni casi) 80 C’era già un’importante differenza di disciplina con soggetti affetti da grave infermità fisica, oltre a quelli non imputabili. Alcuni istituti potevano infatti trovare applicazione in relazione all’infermità fisica e NON in caso di quella psichica I soggetti con grave infermità fisica potevano avere davanti a sé un’alternativa: a. o l’esecuzione della pena in carcere b. o il rinvio /obbligatorio e facoltativo (art. 146-147 cp.) Questa differenza in termini di portata applicativa della norma ha fatto si che la giurisprudenza di Cassazione in relazione al 147 ha provveduto ad un’interpretazione correttiva --> se infermità psichica fosse sfociata in grave infermità fisica il 147 comma 1 n. 2 si sarebbe potuto applicare • non risolve il problema perché non tutte le gravi infermità psichiche comportano una menomazione grave fisica Altre sentenze importanti in tema di infermità psichica sopravvenuta 1. sentenza CC 99/2019 sulla situazione dei soggetti che versano in grave infermità psichica sopravvenuta (fenomeno susseguente al reato; dunque il soggetto è imputabile poiché è al momento del fatto era incapace di intendere e di volere, può essere condannato e andare in carcere) 2. Sentenza Raso 2005 sulle psicopatie: richiede un duplice nesso di causalità (tra la sussistenza dell’infermità e la capacità di intendere e volere; nesso tra c. i. e volere e specifico fatto di reato commesso). Parentesi sulla detenzione domiciliare La detenzione domiciliare (qui definita come umanitaria): introdotta dal 1986 (Legge Gozzini) per la prima volta, nella sua forma embrionale, ispirate ad istanze umanitarie, di cui all’attuale art. 47-ter c.1 o.p. la lettera c) richiama “persona in condizione di salute particolarmente grave, che richiede costanti contatti con i presidi sanitari nazionali”  la dizione della norma è così lata da essere considerata applicabile sia alla grave condizione di salute fisica che psichica o nei limiti di pena del 4 anni anche se costituente parte residua di maggior previsione, o si osservano le preclusioni del 4-bis (= collaborazione della giustizia c1) e 58-quater (= revoca di misura alternativa) = unica ipotesi di misura alternativa oggi astrattamente possibile per le persone affette da grave infermità psichica sopravvenuta Con la legge Simeone Saraceni del 1998 n. 165 viene introdotta l’ipotesi della detenzione domiciliare in surroga di cui al comma 1- ter dell’art. 47-ter: “Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.” Se viene concesso il rinvio (146/147) il condanno è libero, non vi è alcuna restrizione, misura limitativa • vi possono essere esigenze di tipo preventivo, dovute alla possibile pericolosità sociale del soggetto, e pertanto si è prevista tale ipotesi di detenzione domiciliare E’ una via di mezzo tra a. il rinvio (lasciar libera la persona), b. l’esecuzione della pena in carcere; -->ciò permette al tribunale di sorveglianza di coniugare le esigenze concrete contrapposte (di salute e di sicurezza). 81 Tale previsione presenta 3 peculiarità: a. può essere conferita d’ufficio --> ovvero dallo stesso tribunale di sorveglianza se osserva che vi sono i presupposti per il rinvio ma osserva anche la presenza di una certa pericolosità sociale dell’individuo b. è una misura a termine prorogabile --> è unicum all’interno della misure alternative o (altra misura a “termine” è la concessione provvisoria --> per definizione perché il tribunale di sorveglianza dovrà pronunciarsi sulla sua conferma) l la grave infermità fisica che fa da presupposto al rinvio facoltativo, ovviamente in questo caso tale infermità può avere un certo decorso e pertanto prorogabile a seconda dell’evoluzione delle condizioni c. non si applica nei limiti di cui al comma 1 --> si applica anche per gravi reati e non vi è la preclusione del 4 bis = operatività potenzialmente molto ampia L’istituto della detenzione domiciliare è molto favorevole anche per il condannato --> valutazione di opportunità - con il rinvio la pena non decorre - la detenzione domiciliare in surroga la pena invece decorre Problema: rapporti tra il rinvio facoltativo e la detenzione domiciliare in surroga --> = problema di potenziale sovrapposizione dei due istituti Con l’introduzione del c.1-ter art. 47-ter, si pone il problema: quando applicare il rinvio, quando la detenzione domiciliare in surroga? La ratio dell’istituto della detenzione domiciliare in surroga cosi come quello della detenzione domiciliare umanitaria (comma 1) è molto vicina a quella del rinvio facoltativo/obbligatorio = ragione squisitamente umanitaria. Le misure alternative invece dovrebbero tendere alla rieducazione --> però la detenzione domiciliare quantomeno alcune sue forme, fin dalla loro origine e per la loro declinazione e presupposti presentano un’anima fortemente umanitaria (comma 1 47-ter; alcuni parlano di dell comma 1-ter con riferimento alla detenzione umanitaria = riferimento confusionario) • è proprio questa componente umanitaria che comporta la sovrapposizione inquestion. Il problema si forma per la natura di quest’istituto: il rinvio si fa per ragioni umanitarie; così come la ratio del 1- ter 47-ter  uso di una misura alternativa per ragioni diverse da quelle meramente rieducative inoltre la norma stessa richiede gli stessi presupposti del rinvio obbligatorio o facoltativo. La norma non sembra fornire espressamnete al tribunale di sorveglianza dei criteri per l’applicazione di uno o dell’altro istitutio (carcere, rinvio o d.d.s.?); perciò la Cassazione si pronuncia dando un’indicazione specifica: “bisogna riconoscere centralità alle caratteristiche del reo, alla gravità del fatto, alla pena da scontare, alle condizioni familiari di provenienza” La Cassazione cerca di recuperare l’originaria vocazione della detenzione domiciliare: quella rieducativa • indicando la necessità di scegliere la detenzione domiciliare nel caso di soggetti che siano in grado di sottoporsi al percorso rieducativo In ultima istanza in sentenza del 2001 afferma che rimangono proprie della detenzione domiciliare in surroga le finalità propriamente rieducative: il giudice può disporre tale istituto in tutti i casi a. in cui malgrado la presenza di gravi condizioni di salute il condannato sia in gradi di partecipare consapevolmente ad un processo rieducativo che si attua attraverso i previsti interventi del servizio sociale b. e vi siano i residui caratteri di pericolosità sociale che richiedano ancora un controllo statale 82 La Corte Costituzionale nella sentenza 19 aprile 2019/99 accoglie l’istanza e dichiara tale previsione incostituzionale esordendo: “siamo in presenza di violazione dei diritti costituziona li”; davanti a questa lacuna legislativa un tempo la Corte si sarebbe dovuta fermare sul davanzale, poiché non è una pronuncia a rime obbligate (quando la corte ha un’unica opzione possibile, può adottare una sentenza additiva erga omnes) e dunque per la separazione dei poteri è il legislatore a dover intervenire  self-restraint, così come aveva affermato nel caso di illegittimità dell’art. 147 laddove non prevedeva rinvio in caso di sovraffollamento delle carceri Tuttavia la situazione è cambiata: la CC afferma che l’assenza di un’unica soluzione possibile non può essere d’ostacolo all’entrare nel merito della questione, salva la possibilità per il legislatore di esprimersi  il legislatore, con la sua inerzia, aveva violato monito lanciato con la sentenza 111/96; Questo è tanto più impellente nell’ambito penale, in cui si parla di tutela di diritti personali, e si tratta di soggetti che hanno una doppia condizione di vulnerabilità.” La Corte stigmatizza la lacuna di alternative per i soggetti affetti da grave infermità psichica sopravvenuta; dichiara implicitamente abrogato il 148; Afferma la necessità di intendere una concezione onnicomprensiva di “diritto alla salute” nella dimensione fisica e psichica; inoltre è condivisibile quanto affermato alla corte CEDU, riguardo il trattamento disumano e degradante anche per il soggetto affetto da grave per cui non sia possibile rispondere adeguatamente nella struttura penitenziaria.  tuttavia la corte non va a ritenere illegittimo l’art. 147 (non fa una declarazione di illegittimità conseguenziale) --> opta invece per estendere anche ai casi di grave infermità psichica la misura della detenzione domiciliare in surroga. La consulta si allinea al filone relativo alle preclusioni e automatismi: qua non ci sono preclusioni, ma l’epilogo è lo stesso: si restituisce discrezionalità alla magistratura sorveglianza nel caso concreto a. valutare il percorso rieducativo del soggetto, b. fare un bilanciamento tra interessi contrapposti che sono la difesa sociale e diritto alla salute Di fronte al diniego di detenzione domiciliare in surroga c’è spazio per l’impugnazione prevista dalla legge avverso le ordinanze della magistratura di sorveglianza. Quindi ” la corte i esprime dichiarando incostituzionale l’art. 47 ter comma 1 ter op “nella parte in cui non prevede che nell’ipotesi di grave infermità psichiatrica, il tribunale di sorveglianza possa predisporre l’applicazione al condannato della detenzione domiciliare anche in deroga ai limiti di cui al comma 1 art. 47ter” La CC chiude con un monito alla magistratura di sorveglianza, chiamandola ad un esercizio puntuale di questa discrezionalità: “valutare caso per caso e momento per momento la situazione concreta e la pericolosità sociale, rinnovando di volta in volta il giudizio. Si poteva fare di più, dichiarando l’incostituzionalità della’rt. 147? Si, così che le scelte possibili possono essere tre: - Differimento, - dds, - l’articolazione dell’istituto di pena Che natura giuridica ha la dds? È una modalità esecutiva del differimento o ha natura di detenzione domiciliare? La risposta data dalla dottrina era quella di modalità esecutiva del differimento; oggi non si può più affermare in caso di dds per ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta la declaratoria svincola dal rinvio (“anche in deroga ai limiti di cui al c.1 art. 47-ter”). In questo caso è una vera e propria d.d. in deroga del primo comma: ciò che cambia sono i presupposti: oggi l’unico presupposto richiesto è la grave patologia psichica (non quelli del 47). 85 86 Da OPG a REMS L’O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) era una struttura detentiva che, a seguito della riforma penitenziaria del 1975, ha sostituito i manicomi criminali. Alla O.P.G. non venivano, però, destinati acriticamente tutti gli autori di reato. In generale, da un punto di vista strettamente giuridico, si trattava di soggetti ritenuti, da una perizia, incapaci di intendere e di volere al momento del fatto e per questo motivo prosciolti. In seguito a tale statuizione, quindi, a tali soggetti veniva applicata una misura di sicurezza detentiva perché considerati pericolosi socialmente. L’ O.P.G. aveva, quindi, una duplice funzione: a. di custodia, per la difesa sociale; b. di cura e trattamento, per il reinserimento del soggetto nella società L’ O.P.G. ad un certo punto non soddisfaceva più le condizioni iniziali. Nel 2008, infatti, il CTP (Comitato europeo per la prevenzione della tortura) ha denunciato le condizioni di vita in cui versava l’O.P.G. di Anversa. Si parlava di reparti sprovvisti di mobilio, pessime condizioni igieniche, insufficienti dotazioni sia sanitarie per far fronte ai pazienti incontinenti e disumani mezzi di costrizione e isolamento; sono stati trovati pazienti legati al letto da giorni, sedati, senza alcuna assistenza medica  Sorta questa nuova consapevolezza, era evidente la necessità di un cambiamento. Il primo passo verso un cambiamento è stato il trasferimento delle competenze di medicina penitenziaria dal Ministero di Grazia e Giustizia a quello della Sanità. Il secondo tassello è stato rappresentato dall’introduzione delle R.E.M.S. (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza).  introdotte con legge n. 9/2012 A differenza degli O.P.G., l’unica funzione svolta in tali strutture avrebbero dovuto essere la gestione sanitaria dei pazienti. L’ultima tappa è rappresentata dalla legge n. 81/2014 previsto l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in O.P.G. solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura. Le R.E.M.S. hanno natura più prettamente medico- sanitaria. La logica che sta alla base di queste nuove strutture è quella riabilitativa: gli operatori sono medici, non carcerieri. Il loro scopo è quello di aiutare il paziente, curarlo, al fine di reintrodurlo nella società. Le R.E.M.S. oggi, infatti, assomigliano più a strutture sanitarie che alle carceri e alle prigioni Hanno, infine, messo fine all’ergastolo bianco: - Se nelle O.P.G. non era previsto un termine massimo di durata della misura, - con le R.E.M.S. la durata di una misura di sicurezza non può essere superiore al massimo edittale della pena prevista per il reato. 87 Progressività trattamentale Vengono normalmente ascritte al filone della progressività trattamentale tutte quelle sentenze che nel prisma 27 c3 hanno cristallizzato il principio di non regressione nel trattamento con riferimento alle modifiche in peius succedutesi negli anni con l’articolo 4 bis tutte le volte in cui il legislatore non si sia curato di inserire una disciplina transitoria. Il diritto processuale (diritto penitenziario ne è considerato una branca) - non risponde all’art. 25 comma 2 della Cost - ma risponde ad un diverso principio che è quello che TEMPUS REGIT ACTUM --> per questa via vanno cosi applicate le norme vigenti al momento della loro necessaria applicazione La corte costituzionale si è trovata con riferimento al 4-bis tale problematica --> nel momento in cui vengono a susseguirsi delle norme negative, in peius nel tempo possiamo affermare che in materia processuale esiste la retroazione di sfavore il 4 bis viene modificato più volte --> di fronte ad un problema di questo tipo la Corte Costituzionale. poteva decidere di operare nel prisma del art.25 comma 2 o poteva svicolare nel 27 comma 3 --> attraverso la valorizzazione del processo rieducativo • seconda ipotesi è quella scelta e declina l’ipotesi di non progressione negativa, rispetto alle modifiche peggiorative che vengono a modificare nel tempo la disciplina del 4-bis. Si tratta di un percorso articolato che in un primo momento ha portato la corte a. a negare la revoca di benefici già concessi sulla base della norma attiva di sfavore entrata in vigore successivamente (C.cost 306/93) b. A riconoscere la concessione di permessi premio a chi ne avesse gia fruito in precedenza, sulla base della norma precedente che evidentemente era una normativa di favore che prevedeva presupposti più blandi per il suo accesso c. a permesse la concessione di benefici tutte le volte in cui il detenuto avesse già raggiunto prima dell’entrata in vigore della legge di sfavore il grado di rieducazione richiesto. Si tratta di un operazione esegetica che pone un freno all’applicazione retroattiva delle norme di sfavore ciò però ha un limite ontologico --> contingentare i proprio effetti --> quanto meno vi deve un’esecuzione penale e un intrapreso procedimento di segno positivo rieducativo SENTENZA 32/2020 = interpretativa di accoglimento con effetto erga omnes La legge 3/2019 ha introdotto all’interno del 4-bis comma 1 che parla di collaborazione della giustizia che ha previsto di inserire le fattispecie più gravi contro la pubblica amministrazione = parliamo di colletti bianchi Qui manca la disciplina la disciplina transitoria che faccia divieto di retroattività della norma di sfavore Significa: a. ingresso in carcere --> art. 656 comma 9 prevede l’inapplicabilità a coloro che hanno commesso una delle fattispecie del 4-bis alla sospensione dell’ordine di esecuzione della pena; a prescindere dall’entità della pena b. collaborazione necessaria --> necessità di applicare la disciplina del comma 1, di dover quanto meno di dare prova della collaborazione con la giustizia o per i reati contro la PA non è quella del 58-ter origianriamente della l. op. ma è quella dell’art. 323 bis Comma 2 Del cp. --> Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 e 322 bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che 90 l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi). Cass SS UU 2006 --> tempus regit actum rispetto alle norme sull’esecuzione penale considerate di natura processuale --> vi sono stati 13 giudici a quo, tra cui i PM che si trovavano ad emettere l’ordine di sospensione dell’ordine di esecuzione e sulla base della modifica della norma dovrebbero mandare il soggetto in carcere  si chiede quindi se la norma abbia ragion d’essere Alcuni affermano la non necessità di sollevare la questione di legittimità ritenendo che rispetto a questa disciplina va applicato il principio di irretroattività --> questa materia incide in maniera sostanziale sulla libertà personale di questi soggetti che in assenza della norma di sfavore 3/2019--> incide sulla QUALITA’ DELLA PENA = sono invece norme sostanziali (Bricola) = interpretazione costituzionalmente orientata Viene sollevata questione di legittimità costituzionale dal Tribunale di Sorveglianza di Venezia, scrive una puntuale ordinanza di rimissione chiedendo un’additiva che - creasse una norma transitoria che facesse divieto irretroattività della norma di sfavore - avesse validità erga omnes La CC con una interpretativa di accoglimento afferma che non c’è bisogno di norma transitoria: parlando di libertà personale è corretto applicare il principio di irretroattività (art.25 c.2) anche alle norme sull’ordinamento penitenziario. La consulta afferma che rispetto a tali norme sull’esecuzione penale che incidono sulla libertà personale e sulla qualità e quantità della pena si deve fare applicazione del principio di irretroattività in quanto sono da considerarsi norme di natura sostanziale La corte qui fa un distinguono su alcune previsioni in ordine alla loro natura che è considerarsi sostanziale: - Il 656 comma 5 c.p.p. - Semilibertà - Affidamento in prova - Detenzione domiciliare - Liberazione condizionale Questo settore ha un’incidenza sostanziale sulla libertà costituzionale Rimangono fuori però i premi premio (art. 30 ter) e lavoro all’esterno (art.21) --> non vale il principio di irretroattività ma in questi casi va ricondotto sotto il 27 comma 3 Cost. Nel 2012 alcune sentenze delle Corte di giustizia aveva già affermato la natura sostanziale di alcune norme dell’ord. pen 91 Divieto di automatismi la valutazione del percorso non può prescindere dalla discrezionalità dell’organo preposto, la magistratura di sorveglianza, nel valutare il caso concreto; hanno poco senso forme di presunzioni assolute. Di questa opinione era già la commissione Giostra nell’articolato del decreto legislativo: uno dei 6 capi riguardava superamento degli automatismi e preclusioni (sebbene la riforma del 2018 non abbia portato avanti questo aspetto). La consulta vi ha supplito: SENT. 239/2014 Illegittimità costituzionale 1 comma art. 4 bis nella parte in cui non eccettuava di collaborazione la detenzione domiciliare del 47- quinques per la violazione dell’ a. art. 3 cost --> uguaglianza b. art. 31 cost --> tutela della famiglia si interessa dell’art. 47-quinquies (detenzione domiciliare speciale per le detenute madri con prole fino ad anni 10): Lo schema previsto dalla norma presenta: - un primo comma di possibilità di esecuzione della pena presso domicilio o ICAM, se è stata eseguita almeno un terzo della pena o 15 anni se si tratta di condannata all’ergastolo; - il c.1-bis prevede la possibilità di eseguire la quota parte di pena presupposto nelle stesse condizioni o -->la norma sul 47 quinquies è stata introdotta nel 2001, mentre il c.1-bis è frutto di una riforma del 2011. Si era sottolineato come il sistema ante-2011 fosse schizoide: nel codice di rito c’era e c’è la possibilità di eseguire la custodia cautelare (oltre che presso il domicilio) anche presso gli ICAM, dunque poteva succedere che un soggetto potesse essere considerata meritevole di eseguire la custodia cautelare in ICAM, poi si trovasse a dover far ingresso nella struttura penitenziaria per eseguire la parte della pena richiesta per poter fare poi nuovamente magari istanza d’accesso a questa misura. La modifica del 201 prevede oggi in astratto la possibilità eseguire tutta la pena nella struttura dell’ICAM, struttura che segna un passaggio di migliori condizioni di vivibilità (rispetto alle sezioni nido dei penitenziari che, per quanto ben organizzate, sono pur sempre parte del penitenziario, con celle uguali a quelle delle donne che non hanno figli, il contesto è sempre quello di un carcere). Si dichiara incostituzionale il 4-bis nella misura in cui non ecceziona la detenzione domiciliare speciale dall’elenco dei benefici preclusi ai condannati che non collaborano, di cui al c.1  l’argomento è quello “dell’interesse qualificato” di un soggetto debole per definizione, il figlio minore. Sulla base dell’irragionevolezza della detenzione special alle altre misure precluse dal 4bis c1 --> qui non viene in oggetto solo la contrapposizione dell’interesse sicurezza e interesse della detenuta al reinserimento sociale attraverso un processo rieducativo ma anche un terzo interesse del figlio a mantenere una relazione con il genitore  Si tratta quindi si attribuire il bilanciamento degli interessi contrapposti al magistrato di sorveglianza Un meccanismo presuntivo assoluto (c.4 c.1: immanenza di collegamento con associazione mafiosa e di conseguenza pericolosità sociale se il soggetto non si predispone a collaborare con la giustizia), afferma la Corte, non permette alla magistratura di valutare il percorso compiuto dal soggetto, 92 2. Argomento: l’irragionevolezza può essere anche apprezzata nel prisma dell’art. 27 c.3, poiché questa disciplina è ostativa della progressione trattamentale. 3. Argomento: prevedendo questa livella sui 26 anni si sconfessa la progressione trattamentale (ex. prima permesso premio, poi il lavoro all’esterno, poi la misura alternativa, poi la semilibertà, poi la liberazione condizionale, ecc..); qua si prevedono 26 anni per il permesso, 26 anni per la liberazione condizionale; dov’è la progressione trattamentale? Nel prevedere una disciplina tale, solo per le ipotesi di cui al c.4 58-quater si neutralizza l’effetto positivo della liberazione anticipata: il c.4 del 58 quater, per come era prima di questa declaratoria di incostituzionalità, implicava che non si potesse tenere conto della liberazione anticipata  perciò il tribunale di sorveglianza di Venezia stigmatizza un grande vulnus nell’ottica della rieducazione, dato che la liberazione anticipata vede come presupposto l’attiva partecipazione all’opera di rieducazione (se si rende non attivo questo istituto in questa ipotesi, si disincentiva la partecipazione all’opera di rieducazione!) Anche sotto questo punto di vista la disciplina era peggiorativa rispetto al 4 bis c.1. in questo articolo i benefici resi non percorribili se il detenuto non collabora con la giustizia sono le misure alternative, la liberazione condizionale e lavoro all’esterno; non è citato la liberazione anticipata. Sia che si tratti di un condannato a pena temporanea (c.1 art. 4bis), sia che si tratti di un ergastolano ostativo significa che potenzialmente questo soggetto matura la liberazione anticipata. Può succedere che: a. il soggetto decida di non collaborare mai (ipotesi di c.1 4bis) e se è condannato all’ergastolo ostativo, la liberazione anticipata è solo sulla carta e non avrà alcun tipo di incidenza; b. se il soggetto è condannato a pena temporanea e non collabora, la liberazione anticipata comunque si matura (e il detenuto finirà la pena prima). c. Se poi il detenuto 4-bis c.1 decide di collaborare la liberazione anticipata che ha potuto operare va ad incidere sul quantum di pena riducendolo, permettendo di accedere ai benefici prima. Questo giochino non era previsto dal 58 quater c.4; la disciplina era deteriore rispetto al 4-bis c.1 Anche violazione del 27 c3 cost. --> ogni beneficio deve avere un suo presupposto di concessione diversamente declinato (individua un proprio quantum di pena) proprio per permettere la progressività trattamentale. La Corte dichiara incostituzionale la norma con 3 argomenti, ripresi dal Tribunale di sorveglianza. Stigmatizzazione dell’appiattimento ad una soglia unica che contrasta con progressione trattamentale e flessibilità della pena;  è una disciplina peggiorativa rispetto al 4bis. La disposizione sterilizza ogni aspetto pratico della liberazione anticipata e dell’ideale rieducativo in sé Il carattere automatico della preclusione temporale impedisce al giudice qualsiasi valutazione individuale, in ragione della considerazione unicamente del titolo di reato (in questo caso art. 630 cp). Si riallinea la disciplina dell’articolo sui condannati per 630 e 289bis di cui alla disciplina di cui al 4bis. SENTENZA 253/2019 La sentenza 253/2019 incide invece sul meccanismo presuntivo dell’art. 4 bis o.p, scardinandola e facendola diventare relativa, in riferimento non a tutte le misure alternative, ma solo al permesso premio; il 4-bis c1 non cristallizza una preclusione assoluta di accesso ai benefici MA prevede uno schema di presunzione assoluta duplice in ordine alla mancata collaborazione a. immanenza del collegamento con l’associazione criminale b. pericolosità sociale del soggetto che preclude l’accesso in senso assoluto a tali benefici = inammissibilità di qualunque richiesta 95 Se il nostro soggetto collabora ciò non esime il magistrato di sorveglianza dall’acquisire informazione da comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e dalprocuraztore nazionale antimafia e dal procurator e distrettuale anti mafia di su ev. collegamenti con il complesso mafioso. 2 ordinanze: a. Tribunale di sorveglianza di Perugia 153/2019 b. Cassazione 59/2018 --> trattavano di persone condannate all’ergastolo ostativo che si sono visti preclusi tali benefici (istanza di permesso premio) per mancata collaborazione - dentro per concorso esterno in associazione mafiosa (cassazione) - vero e proprio partecipe questa diversa posizione soggettiva all’interno dell’associazione mafiosa fa si che le argomentazioni delle due istanze siano diversa Ordinanza della cassazione La Cassazione appunta il proprio discorso sulla necessita di distinguere tra situazioni che sono assimilate associa tutte le situazioni soggettive di contiguità alla mafia rispeto alle quali prevede il medesimo meccanismo presuntivo (partecipe = al concorrente esterno) --> irragionevolezza della previsione ex art. 3 Richiama tutta una serie di sentenze della Consulta sulle misure cautelari --> in cui troviamo lo stesso identico presupposto e la necessità di una prognosi di non pericolosità sociale per la concessione La consulta infatti con due sentenze aveva scardinato la previsione di uno schema presuntivo di preclusione - 2013 --> rispetto ai soggetti indagati per delitti commessi avvalendosi delle condizioni dell’art. 416-bis o al fine di agevolare l’attività delle associazioni ivi previste - 2015 --> riszpetto agli indagati di concorso esterno La corte richiama tutta la giurisprudenza sugli istituti della domiciliare speciale --> afferma il progressivo smantellamento delle presunzioni assolute di pericolosità = trend segnato La cassazione richiama la stessa requisitoria dell’OPG Canevelli, in cui si afferma che il meccanismo presuntivo del 1 comma 4-bis preclude ad una categoria anche “diversificata di condannati a ricevere il trattamento penitenziario rivolto alla risocializzazione senza che sia data al giudice di verificare in concreto il permanere delle condizioni di pericololsità sociale In conclusione se la collaborazione ex art. 58 -ter risulta essere si un distacco dal sodalizio, ciò non può essere considerato l’unico indice che può essere provato aliunde --> i motivi che possono a spingere il condannato a non collaborare possono esser di vario tipo anche timori di rappresaglie Inoltre la cassazione denuncia la violazione dell’art.27 c3 cost --> differenza tra l’istituto permesso premio e le misure alternative (sentenza 32/2020). L’istituto del permesso premio si caratterizza dalle misure alternative per 3 elementi: - Carattere contingente dell’esperienza premiale che non incide sulle modalità di esecuzione della pena - Requisiti di accesso molto diversi e distanti da quelli richiesti dalle misure alternative - I permessi premio così come il 21 e 21 bis sono parte integrante del percorso rieducativo Ordinanza del tribunale di Perugia Il tribunale di Perugia cerca di argomentare l’irragionevolezza dello schema presuntivo di cui al comma 1 del 4- bis che impedisce alla magistratura quel vaglio concreto che potrebbe permettere di apprezzare anche le ragioni della mancata collaborazione. Il tribunale fa un ragionamento sulle peculiarità del permesso premio --> 1. Momento del percorso rieducati in quanto assume la veste di propulsore pedagogico e di responsabilizzatore del detenuto 96 I permessi premi sono collegati ad interessi legati al contesto familiare --> interesse all’affettività e pertanto entrano in gioco anche interessi di terzi soggetti  Quindi tale meccanismo di automatismo preclusivo assoluto che non permette alla magistratura di bilanciare gli interessi contrapposti è incostituzionale Inoltre viene affermato il valore nel tempo della persona del condannato che cambia durante l’esecuzione della pena. Questa sentenza e la data della pronuncia ha sollevato una discussione totale e vi sono stati una serie di interventi ad adiuvandum: sono state create l’associazione nessuno tocchi Caino, è intervenuto il garante nazionale con memorie. Inoltre sono intervenuti anche i due detenuti delle vicende a quo --> il primo ha tentato di costituirsi lamentato anche la violazione dell’art.117 Cost in combinato disposto 3 della CEDU richiamando il Viola c. Italia che nel 2019 era stata pronunciata a Strasburgo  Si tratta di una sentenza sull’ergastolo ostativo in cui l’italia viene condannata per violazione all’art. 3 in cui si riconosce il diritto alla speranza e il fatto di prevedere pene sine vie ( = fine pena mai) --> si scontra con la dignità della persona L’altro detenuto chiede alla corte di estendere con delle declaratorie consequenziali anche alle restanti misure alternative e benefici preclusi dal primo comma 4-bis tale illeggitimità. Vi è stato anche un amicus curiae --> incontro presso l’università di Ferrara Si auspicava quindi una valorizzazione della sentenza Viola contro italia da parte della corte cost e che gia quindi nella sentenza 253/ la corte si potesse interessare all’ergastolo ostativo La corte tuttavia come prima cosa limita il petitum affermando che le questioni non riguardano l’ergastolo ostativo ma piuttosto le situazioni di quei condannati a qualsiasi pena sia essa temporanea o a vita per delitti - di associazione mafiosa, - con le condizioni di cui al 416 bis - ovvero al fine di agevolare l’attività dell’associazione di cui al medesimo articolo La corte afferma che si tratta di una mera contingenza di fatto che i due condannati siano stati condannati ad un ergastolo ostativo --> infatti nel petitum si faceva riferimento SOLO al 4-bis dove non era contemplata la liberazione condizionale (d.l. 152/91 e convertito in legge 203/91) ma altri benefici. In questi ultimi casi è possibile concedere solo permessi premio. La corte dichiara quindi che non è la presunzione in se di attualità del collegamento in assenza di collaborazione da considerarsi incostituzionale quanto il CARATTERE ASSOLUTO di tale presunzione che non ammette prova contraria.  la presunzione non deve essere assoluta, ma deve ammettere la prova contraria (non collegamento con l’associazione e che non ne avrà in futuro). Il carattere assoluto di questa presunzione non ammette prova contraria schema - comporta una ricaduta negativa per il condannato nella misura in cui impone che - si basa su una generalizzazione che può essere sconfessata dal caso concreto Diventa presunzione relativa e spiega alla magistrato cosa deve fare --> non basta dare prova di dissociazione ne l’assunzione di elementi per escludere l’attualità del collegamento ma anche di fornire elementi utili a scongiurare il pericolo di rispristino del legame mafioso ORD 11 MAGGIO N.97 2021 CORTE COST. È proprio in riferimento alla legge 203/91 viene discussa la questione di legittimità costituzionale rispetto all’ergastolo ostativo. 97
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