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Appunti lezioni di diritto pubblico, Sintesi del corso di Istituzioni Diritto Pubblico

Appunti completi di tutte le lezioni del corso di diritto pubblico del prof. Giangaspero (e assistente), per il corso di laurea in Economia (primo anno).

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022
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Caricato il 08/02/2022

sabrinas13
sabrinas13 🇮🇹

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Scarica Appunti lezioni di diritto pubblico e più Sintesi del corso in PDF di Istituzioni Diritto Pubblico solo su Docsity! APPUNTI DIRITTO PUBBLICO  LEZIONE 1 (4/10)  Cosa fa il giurista? Risolve problemi applicando regole. Questi problemi possono essere di diritto civile (es. risarcimento dei danni) o di diritto privato (omicidio)  Art. 32 della Costituzione: nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario (se non per disposizioni di legge)  principio del consenso informato    Decide la maggioranza? Non è detto. Esempio: la Costituzione italiana è rigida, ciò vuol dire che non può essere modificata con un iter di legge normale, ma c’è bisogno di determinate condizioni. La Corte costituzionale controlla che le leggi approvate non vadano contro la Costituzione e può annullare una legge anche se eletta dall’unanimità del Parlamento. Ci sono dei principi, inoltre, non possono essere annullati neanche dopo revisione costituzionale, ad esempio:  Il suffragio universale;  L’elettività del parlamento  La rigidità della Costituzione Siamo tutti uguali? (art. 68) Per garantire la libertà del dibattito parlamentare, i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse durante l’esercizio delle loro funzioni. Se invece una persona comune insulta pubblicamente qualcuno è diffamazione/ingiuria. Ciò è consentito per garantire la massima integrità del dibattito parlamentare. Statuto Albertino 1848  flessibile Costituzione italiana 1948 rigida LEZIONE 2 (06/10) Il diritto e le regole La parola diritto è una parola che può avere significati diversi. Esempi: ho il diritto di avere da te un euro ho il diritto di proprietà sulla mia casa (posizione soggettiva) Il diritto italiano è influenzato da quello europeo (diritto come insieme di regole) Le due accezioni sono collegate fra di loro. Una posizione soggettiva è tutelata perché c’è una legge che la tutela. Cosa sono le regole di diritto? Siamo subito in grado di capire cos’è una regola di diritto, in parte per ragioni legate alla struttura della regola, in parte perché adottiamo un certo punto di vista. Le regole di diritto sono diverse da altri tipi di regole. Esempi Se… Allora… Fai un danno devi risarcirlo regola di diritto Diminuisce l’offerta ma la domanda il prezzo del bene aumenta no resta invariata faccio cadere un peso dal petto cade verso il basso no una legge è dichiarata d’urgenza entra in vigore senza il periodo di sì vacatio legis Cosa c’è di diverso? Le regole non di diritto servono a descrivere dei fenomeni (sono quindi regole in senso descrittivo) Regole in senso descrittivo:  Servono a descrivere e prevedere  Possono essere (corroborate o) falsificate (se una regola descrittiva non funziona più, viene messa da parte e viene meno la sua funzione)  Se sono falsificate non servono più Regole in senso prescrittivo (regole giuridiche)  Influenzano cosa bisognerebbe fare  Servono a guidare la condotta umana  Possono essere violate  Se sono violate, questo può comportare una conseguenza; ciò non significa che la regola non sia valida. Tutte le regole di diritto sono regole di natura prescrittiva Ma tutte le regole prescrittive sono regole di diritto? Se… Allora… Fai un danno ingiusto devi risarcirlo Vedi qualcuno in difficoltà devi provare compassione  non c’è una conseguenza esterna  non è una regola di diritto Le regole di diritto hanno a che fare con le relazioni reciproche tra persone e la vita associata dell’uomo. Tutte le regole di diritto sono regole sociali. Il diritto come fenomeno sociale Un gruppo sociale ha le seguenti caratteristiche:  Gruppo di soggetti  Obiettivi comuni  Canoni per valutare le condotte (condotte che servono al raggiungimento degli obiettivi comuni verranno incentivate, quelle che lo ostacolano verranno frenate)  Autorità che operano per conto della collettività  Meccanismi che servono a produrre nuove regole (se il mondo cambia, cambiano le regole) Esempi di gruppo sociale sono il partito politico, lo Stato, una società commerciale, una squadra di calcio, la scuola, le regioni, le province, i comuni, la mafia…  Unione Europea  Può trapassare la barriera dello Stato, creando regole a cui siamo sottoposti da subito. Nessuna organizzazione internazionale funziona così.  Tuttavia, è lo Stato stesso a scegliere di far entrare queste regole e di accettare questa “limitazione” della sovranità (articolo 11 Costituzione)  Imprese che hanno assunto dimensioni tali da non essere più condizionabili dal singolo ordinamento statale (Amazon, Google).  Sono soggetti economici talmente forti che in qualche modo possono sfuggire alla sovranità statale, tanto più quando producono cose immateriali.  Questi soggetti privati (Twitter, Youtube…) sono anche in grado, in qualche misura, di limitare diritti costituzionalmente previsti. Possono esercitare censura o repressione di certi contenuti. Lo Stato non è in grado di intervenire, tuttavia il principio di sovranità regge. Come è fatto lo Stato? 1. Popolo 2. Territorio 3. Autorità 1. Il popolo  come si identifica il popolo di uno Stato? Il popolo è formato da coloro che hanno la cittadinanza, attribuita in base a regole dello Stato stesso (ius soli/ius sanguinis) Soggetti apolidi  non rientrano nei criteri di cittadinanza di nessuno Stato. Relatività delle qualificazioni giuridiche  ogni Stato ha i suoi criteri per la cittadinanza. 2. Il territorio Stati diversi avranno un’organizzazione diversa del territorio e del potere. Il potere pubblico può essere concentrato in un solo centro di autorità (Francia), o distribuito territorialmente secondo vari modelli organizzativi (stati regionali, stati federali). 3. Le autorità Sono i soggetti che agiscono per conto dello Stato (che esercitano i poteri dello Stato) Esempi: Parlamento, Magistratura, Governo, Presidente della repubblica. Altri organi, come la polizia, non dipendono direttamente dallo Stato ma dal Governo o da altre autorità. Quanti tipi di Stato esistono? o Lo Stato non fa abbastanza per combattere la povertà o Lo Stato mette troppe tasse o Lo Stato italiano fa parte dell’Unione Europea o Lo Stato italiano ha concluso una trattativa Nelle prime dure frasi lo Stato viene percepito come qualcosa di esterno a me, come sinonimo di autorità che esercitano il potere per conto dello Stato. Nelle ultime due, invece, la parola “Stato” assume il significato di “complessivo ordinamento statale” STATO ORDINAMENTO Stato complessivo di tutti gli elementi costitutivi dell’ordinamento giuridico dello Stato. STATO SOGGETTO (o Stato apparato, o Stato persona) l’insieme delle autorità che esercitano il potere all’interno di un certo ordinamento giuridico dello Stato STATO COMUNITÀ (contrapposto allo Stato soggetto) Quando parlo di Stato soggetto, io faccio parte dello Stato comunità, cioè dei sottoposti all’autorità. Forma di Stato e forma di governo Forma di Stato  è una descrizione sintetica dei rapporti tra gli elementi costitutivi dello Stato come ordinamento (popolo, territorio, autorità), ed in particolare descrive i rapporti tra le autorità e i cittadini. Es. Stato assoluto/ Stato patrimoniale-Stato di polizia/ Stato liberale/ Stato liberaldemocratico È una figurazione complessiva dell’intero ordinamento giuridico dello Stato (si riferisce allo Stato “grande”, lo Stato ordinamento. Forma di governo  è una descrizione sintetica dei rapporti tra le autorità più importanti di un certo ordinamento statale. Es. Stati Uniti  f. di governo presidenziale Italia f. di governo Parlamentare Francia  semipresidenziale In Italia il Presidente della Repubblica è un garante, non ha alcun potere decisionale legato all’esecutivo, mentre negli Stati Uniti il Presidente è a capo dell’esecutivo, è il capo del Governo. Teoria delle forme di governo le decisioni di indirizzo politico sono assunte in maniera diversa. Ovviamente, il problema delle forme di governo ha senso se ci sono diverse autorità nello Stato (non si pone, ad esempio, nello Stato assoluto). LA COSTITUZIONE Un termine con molti significati Il concetto di Costituzione può essere definito in modi molto diversi. Consideriamo due quesiti: 1. Ogni Stato ha una Costituzione? 2. Il Regno Unito ha una Costituzione?  Il Regno Unito è stato una specie di modello di funzionamento degli organi costituzionali per tutte le Costituzioni dell’800, eppure in un certo senso non ha una Costituzione. 1. La Costituzione in senso ideale (o ideologico) Francia, 1789  viene approvata la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Nell’articolo 16 si legge che ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, NON ha una Costituzione. Questo criterio, dunque, rimanda a certe caratteristiche dell’organizzazione del potere:  Separazione dei poteri  Garanzia dei diritti Quindi, secondo questo criterio:  Non ogni Stato ha una Costituzione (vedi le monarchie assolute del’700)  Il Regno Unito ha una Costituzione Questo criterio non è oggi usato, ma ha un significato storico (processi di costituzionalizzazione, costituzionalismo) nel passaggio dallo Stato assoluto allo Stato liberale. Tuttavia, questo criterio dà ragione della struttura dei documenti costituzionali, che hanno una parte sui diritti e una sui poteri. 2. La Costituzione in senso materiale o sostanziale: concetto descrittivo di Costituzione L’insieme delle regole più importanti e caratterizzanti, tali da formare la “struttura” che regge un ordinamento. Secondo questo criterio:  Ogni Stato ha una Costituzione  Il Regno Unito ha una Costituzione Secondo questo tipo di nozione, un cambiamento di questa Costituzione significa cambiamento “genetico” dello Stato. Può quindi determinare la continuità o discontinuità degli ordinamenti. 3. La Costituzione in senso documentale: la Costituzione come atto normativo La Costituzione è una legge LEZIONE 4 (13/10) 3. La Costituzione come riferimento normativo, che serve a porre determinate regole. La Costituzione è un documento normativo unitario che ha caratteri un po’ diversi dagli ordinari meccanismi di legislazione:  È formulata in termini solenni  Si auto qualifica come particolarmente importante Ciò vale sia per le Costituzioni contemporanee sia per quelle flessibili dell’800. La Costituzione è dunque uno strumento di produzione normativa, attraverso cui vengono prodotte delle regole, che normalmente si trovano in un unico documento costituzionale. Secondo questo criterio:  NON tutti i paesi hanno una Costituzione  Il Regno Unito NON ha una Costituzione (in quanto non ha un riferimento normativo unitario) Questo terzo criterio è imparentato con gli altri due:  Con il primo, quello ideale, perché TUTTE le Costituzioni sono divise in due parti: i diritti del cittadino e l’organizzazione del potere. Questo vale non solo per le Costituzioni liberali, ma per tutte.  Con il secondo, quello materiale, perché sostanzialmente la Costituzione secondo il terzo criterio contiene regole percepite come particolarmente importanti e che aspirano a condizionare tutta l’organizzazione del potere.  C’è dispersione del potere (organizzazione del potere policentrica, centri di autorità differenti)  Pluralità di ordinamenti giuridici interdipendenti tra loro  Rapporti di diritto privato tra individui e autorità (di scambio, protezione, in cambio del raccolto o di altro…)  rapporti contrattuali  Economia statica, di sfruttamento agricolo  Status giuridico (insieme di privilegi, poteri, possibilità attribuite all’individuo) che non riguardava l’individuo in quanto tale ma gruppi di individui (società divisa in fasce, sottoposta ognuna a un diritto diverso)  Il potere pubblico non nasce per produrre diritto. Il diritto esiste, ma è percepito o come diritto che si forma con la storia (tipico quindi del luogo), o che risale a tempi lontanissimi (diritto romano). Questo avviene fino a quando qualcuno non riesce a farsi riconoscere come più forte degli altri. La società da policentrica diventa “piramidale”. Quelli più forti ambiscono a diventare sovrani di un certo territorio, ma devono venire a patti con i vecchi centri di potere. Il consolidamento di questi centri di potere dà luogo alla prima esperienza di Stato assoluto (Stato patrimoniale). Si chiama così perché risente dell’impostazione precedente. Lo Stato coincide con la persona del sovrano, fa parte del patrimonio del sovrano. I rapporti fra sovrano e territorio su cui esercita il proprio potere sono rapporti di proprietà (come li intenderemmo noi oggi), di diritto reale (lo Stato è oggetto del diritto reale del re). Il patrimonio e le finanze dello Stato non sono distinguibili dal patrimonio del re. Le finalità di questo Stato sono poche:  Non serve a produrre diritto, ma a controllare che il diritto (di solito consuetudini o diritto romano) sia applicato.  Finalità di difesa, di sicurezza della popolazione. Questo processo di concentrazione del potere in un solo tipo di autorità continua ed è progressivo. Il re diviene sempre più potente e si afferma in maniera più netta. Questo comporta un aumento dei fini e dei compiti dello Stato. Si ha il passaggio tra Stato assoluto a Stato di polizia (dal greco πολιτεία) Lo Stato si fa carico del benessere dei sudditi e inizia a produrre più diritto. Nascono una serie di meccanismi volti alla produzione del diritto (fonti del diritto). Si determina la nascita di alcune distinzioni fondamentali:  Tra la figura del re e quella astratta dello Stato (lo Stato ha una vita astratta a prescindere dal re)  Il patrimonio dello Stato è diverso dal patrimonio del re  Burocrazie più complesse Non c’è ripartizione del potere, il sovrano fa le regole e dà regole diverse a gruppi diversi di cittadini (non c’è principio di unicità di cittadinanza). Non ci sono diritti verso il potere, il re non ha regole. In questa realtà nascono i processi di COSTITUZIONALIZZAZIONE = di limitazione, attraverso regole di diritto, di un potere che prima era illimitato (per garantire alcuni diritti)  Costituzioni dei vari Stati  Cambia la forma dello Stato, le finalità dello Stato si modificano  Stato liberale (autonomizzazione dello Stato rispetto al re). LEZIONE 5 (18/10) LO STATO LIBERALE Il senso delle Costituzioni ottocentesche è di limitazione del potere del re, di separazione dei poteri e di tutela. Con l’introduzione della Costituzione, anche il potere regio viene sottoposto alla legge. Tra la fine del ‘700 e la metà dell’800, i vari Stati approvano le varie Costituzioni. L’Italia ci arriva nel 1848 con lo Statuto Albertino, concesso da Carlo Alberto. Lo Stato di diritto dell’800 si chiama stato borghese, in quanto nasce dalle pressioni esercitate da una nuova classe sociale, la borghesia per l’appunto. Le istanze sociali di questa nuova classe sono diverse: la borghesia è composta da imprenditori, commercianti, ed è molto dinamica. Le vecchie strutture dello Stato assoluto, fatte quasi di “caste”, non sono in grado di reggere le esigenze di questo sviluppo economico. Si ha così una specie di patto tra la vecchia classe dirigente e la nuova classe sociale. Dal punto di vista formale, le Costituzioni del ‘700 e quelle dell’800 sono molto diverse. Formalmente, i sovrani hanno “concesso” le Costituzioni. Questo compromesso dà ragione che la struttura dello Stato liberale è fortemente dualistica; le Costituzioni servono a limitare un potere che prima era illimitato e introducono nuove figure, come il Parlamento. Da un lato, c’è il vecchio potere, legittimato per ereditarietà e divino, dall’altro c’è il nuovo potere, il Parlamento, legittimato dal basso. Il re non può sbagliare, i due poteri sono indipendenti e inconciliabili. Lo Stato liberale si basa sul principio rappresentativo. La forza del Parlamento si basa sul fatto che sia rappresentativo, ossia eletto dal basso (ovviamente non erano democratici nel senso attuale, chi poteva votare era una piccolissima fascia della popolazione.) Per votare in Parlamento occorreva avere un certo grado di alfabetizzazione e avere un certo censo. Era un Parlamento coeso e unito, perché gli interessi di chi votava erano quasi totalmente gli stessi, in quanto rappresentano la stessa classe sociale/parte della società. Questo Stato è stato definito come Stato monoclasse. Cionondimeno, lo Stato liberale introduce il concetto di rappresentatività, secondo cui un certo organo ha un certo potere perché rappresenta qualche cosa. Ciò si propaga anche ad organi che rappresentativi non erano. Esempio: 1861  Tutti gli atti del re erano firmati con “re per grazia di Dio e della nazione d’Italia” Effetti della rappresentatività:  Si tutelano certi tipi di diritti: libertà difensive o negative. Difendere i diritti del singolo contro le ingerenze dello Stato e di altri cittadini Es.  Proprietà privata  Proprietà personale  Proprietà di circolazione e di soggiorno  Libertà di libera attività economica Queste libertà negative sono intestate al singolo soggetto. I diritti sono di ciascuno in quanto singolo. La società diventa più individualistica, i diritti devono essere uguali per tutti. Questa eguaglianza è un’eguaglianza formale: tutti devono essere trattati come se fossero uguali, a prescindere dalle azioni materiali che possono esercitare. Pretende quindi che tutti siano trattati come se fossero uguali, senza considerare le disuguaglianze materiali. (vedere art. 3 comma 2 Costituzione). Lo Stato liberale è ostile alle associazioni che possano interferire con questa libertà contrattuale di domanda/offerta (es. sindacati). Lo Stato liberale è astensionista (liberista) per quanto riguarda l’economia. Il principio è che con il libero incontro di domanda e offerta, la società ci guadagni. Lo Stato, quindi, sta al di fuori del mercato, garantisce solo questo tipo di libertà. Non si pensa a sanità, istruzione, ecc… Si introducono nella Costituzione alcuni principi:  Principio della divisione dei poteri (il potere che era concentrato in un solo centro di autorità ora viene limitato attraverso la legge fatta anche dal Parlamento. L’atto legislativo è un atto in cui si incontrano le volontà del re e del Parlamento che accettano reciprocamente di essere limitate. Il re accetta di essere vincolato a quella legge)  STATO DI DIRITTO – IL POTERE VIENE SOTTOPOSTO A REGOLE. La legge viene sanzionata dal re. Si ha il rispetto della legge da parte del re  principio di legalità (prevalenza della legge rispetto all’esecutivo.) Tuttavia, il limite che la legge impone al re è esterno. Dove la legge non c’è, il potere resta illimitato com’era prima. COSTITUZIONI DELL’800  Sono flessibili Lo strumento più efficace è la legge (accordo tra re + Parlamento  accordo di tutta la Nazione). La legge è l’atto più alto di produzione del diritto. La stessa Costituzione può essere, con l’accordo di tutti, modificata, perché la legge mette d’accordo tutti. Un solo punto non è modificabile, ossia che la legge deve essere il frutto dell’accordo fra re e Parlamento (oggi questo principio di flessibilità non c’è più); poi, con la legge, si può fare qualsiasi cosa. Lo Statuto Albertino è rimasto in vigore durante tutto il ventennio fascista, perché modificato dalle leggi fascistissime (formalmente legittime) FORMA DI GOVERNO DELLO STATO LIBERALE DELL’800  LO STATUTO ALBERTINO DELL’800 La forma di Governo propria degli Stati liberali è la monarchia costituzionale. La monarchia costituzionale è a due motori, indipendenti l’uno dall’altro. Per fare una legge ci vuole l’approvazione del Parlamento e la sanzione del re; viceversa, il potere esecutivo appartiene solamente al re. Il Parlamento è formato da due camere: il Senato (di nomina regia) e la Camera dei rappresentanti, che invece è elettiva. Le leggi fiscali passano prima per la Camera dei rappresentanti, che col tempo diventa quella più importante. Il re può convocare le Camere e sciogliere la Camera dei deputati, ma deve per forza riconvocarla entro 4 mesi (non può venir meno l’istituzione parlamentare). Ricapitolando:  La figura del re è sacra. il re non può essere violato dal Parlamento.  L’esecutivo è esercitato da funzionari, i ministri del re, figure che il re può nominare e cacciare quando vuole. Questi però firmano atti che derivano dalla volontà del re, e se ne prendono la responsabilità.  CONTROFIRMA MINISTERIALE Di questi atti, i ministri possono essere chiamati a rispondere.  Separazione dei poteri estremamente rigida. PARLAMENTARIZZAZIONE DELLA MONARCHIA COSTITUZIONALE  PER IL PRINCIPIO RAPPRESENTATIVO Il potere tende a spostarsi dagli organi meno rappresentativi a quelli più rappresentativi (dal re al Parlamento). I ministri, che prima erano semplici funzionari del re, ora vengono scelti in base a quanto sono graditi al Parlamento. Questo determina l’affermarsi di una specie di terzo organo, a metà tra il re e il Parlamento: il Governo. Il Governo deve cercare l’appoggio del re (che lo nomina), ma deve essere anche gradito al Parlamento. Il re perde un po’ di poteri dell’esecutivo, che vengono esercitati dal Governo, che li esercita in maniera gradita al Parlamento. Come si elegge il Presidente? C’è un’elezione per i grandi elettori, che poi votano il Presidente. Non sembra, ma è praticamente come se fosse un’elezione diretta. I due organi sono separati: il Presidente non può sciogliere il Congresso. Il Congresso può usare l’impeachment, una specie di processo penale che si ha SOLO se il Presidente ha commesso dei reati. Ricorda molto la monarchia costituzionale, perché quando gli USA hanno ottenuto l’indipendenza in Gran Bretagna c’era la monarchia costituzionale. La legittimazione del re (presidente) non è più divina, viene sempre dal basso. È una forma a Governo diviso. PRO: Qualunque cosa succeda, il Presidente sa che il suo mandato durerà 4 anni (può giocarsi delle carte con ampio respiro)  STABILITA’ DELL’ ESECUTIVO CONTRO: non c’è modo di risolvere crisi di consenso tra Congresso e Presidente. Negli USA funziona perché le differenze tra i partiti non sono così polarizzate e disciplinate, quindi sono improbabili scontri frontali. Questo sistema, trapiantato nel sistema dei partiti europei, non funzionerebbe. L’esecutivo è molto stabile, ma in quanto ai rapporti tra poteri è rigido e non permette di risolvere le crisi. LEZIONE 7 (25.10.2021) IL SISTEMA PARLAMENTARE Il sistema parlamentare è, in termini di pregi e difetti, speculare al sistema presidenziale. Sono i sistemi più diffusi al mondo, quindi c’è una classificazione interiore. C’è una regola; per qualificare una forma di governo come parlamentare si deve avere che il Governo sta e cade a seconda che abbia o meno la fiducia del Parlamento. Quando il Parlamento si stufa del Governo, lo può mandare via. È NECESSARIO IL RAPPORTO FIDUCIARO TRA GOVERNO E PARLAMENTO Corollari a questa regola:  Il Governo non ha la garanzia di stare in carica per un tempo predefinito,  Neanche il Parlamento ha una durata predefinita (ci sono strumenti per accorciare la vita del Parlamento- meccanismo di scioglimento-, in Italia è lo scioglimento anticipato delle Camere)  Esiste, quasi sempre, un terzo organo oltre a Governo e Parlamento, il Capo dello Stato. Le funzioni di quest’organo sono variabili, ma mai di indirizzo politico: funzione di simbolo dell’unità nazionale, di guida/risoluzione delle crisi di consenso, avviando meccanismi di sblocco del sistema (Italia). In Italia il Presidente della repubblica può sbloccare le crisi di consenso tra Governo e Parlamento. Ha poteri:  Di nomina del Governo  Scioglimento anticipato delle Camere, a due condizioni: 1. Che ci sia una crisi di Governo (Parlamento vota la sfiducia al Governo, o Governo che si dimette da solo) [GOVERNO DIMISSIONARIO] 2. Prima di sciogliere le Camere, il Presidente deve fare tutto il possibile affinché le Camere possano sostenere un nuovo Governo ((In sostanza deve esserci un governo dimissionario + l’impossibilità di creare un nuovo governo, perché le Camere non riescono a trovare una maggioranza per un nuovo governo)) PRO: La forma di Governo parlamentare ha in sé meccanismi per risolvere le crisi di Governo. CONTRO: instabilità governativa (non ovunque, dipende da quanti partiti ci sono) Alcuni Governi sono comunque forti e stabili, dipende dal sistema politico (dipartitico o più pieno); ciò incide sulla capacità della forma parlamentare di avere la maggioranza e avere Governi forti. Il sistema politico dipende da fattori insiti al paese, ma anche da meccanismi di elezione, o formule elettorali o sistemi elettorali. I SISTEMI ELETTORALI I sistemi elettorali servono a trasformare i voti in seggi. Si dividono in due famiglie: maggioritari e ultraproporzionali, che sono i due estremi. 1. Il sistema maggioritario uninominale  Tanti collegi elettorali quanti sono i seggi da distribuire (1 collegio = 1 rappresentante)  Vince il collegio il candidato che prende anche un solo voto più del secondo arrivato (sistema plurality)  si facilita l’unione tra partiti simili per ottenere una maggioranza 2. I sistemi ultraproporzionali lo scopo di un sistema proporzionale è di rappresentare tutte le opinioni che ci sono nella società (10% dei voti = 10% dei seggi in Parlamento). Non c’è dunque interesse nell’allearsi con partiti simili, anzi spinge alla frammentazione. I sistemi elettorali hanno dei riflessi sul sistema politico:  I sistemi maggioritari tendono a produrre un sistema politico di tipo dipartitico (legge di Duverger). I partiti minori ottengono rappresentanza in Parlamento soltanto se costituiscono minoranze estremamente localizzate, ossia se hanno un collegio in cui costituiscono maggioranza.  I sistemi ultraproporzionali producono sistemi politici più frammentati, in cui un partito da solo difficilmente costituisce una maggioranza.  Il sistema maggioritario riduce l’offerta politica, ma facilita la formazione di una maggioranza parlamentare. Il cittadino riesce a prevedere la composizione del Governo e ha la sensazione di scegliere “quasi direttamente”. È meno rappresentativo, ma più governabile.  democrazia immediata  Il sistema ultraproporzionale produce Parlamenti molto rappresentativi. Anche le sfumature di opinioni sono rappresentate. Tuttavia, è molto improbabile che salti fuori in sede di elezioni un partito che abbia una maggioranza, che invece dovrà essere costituita dopo le elezioni  democrazia mediata (dai vari partiti) Si fa dunque fatica a capire cosa succederà dopo le elezioni, è un sistema più rappresentativo, ma meno governabile. I difetti dei sistemi elettorali possono essere corretti. I maggioritari: sistema a doppio turno (Francia) si basa sui collegi uninominali, ma è necessario, ad esempio, avere la metà +1 dei voti espressi. Se nessuno ha la maggioranza, si ha un secondo turno di voto, a cui partecipano i candidati che hanno ottenuto una certa soglia di voti. Vince il secondo turno chi ottiene anche un solo voto in più degli altri. Nel frattempo, i partiti possono fare coalizioni (sistema majority). I proporzionali: 1. Stabilendo delle soglie di sbarramento, per evitare una super frammentazione. Se un partito è troppo piccolo, non viene riconosciuto dal sistema e i suoi voti vengono distribuiti tra i partiti più grandi. 2. Con i premi di maggioranza; si mantiene un sistema proporzionale, ma si premiano (in termini di seggi), i partiti più grossi degli altri, per spingere i partiti a coalizzarsi e a formare una maggioranza, per evitare le difficoltà di governabilità. i sistemi elettorali si possono anche mescolare. ITALIA  interamente proporzionale dal 1948 al 1993 (anno del referendum sulla legge elettorale del Senato)  misto dal 1993 al 2005 [¾ maggioritario, ¼ proporzionale] con legge Mattarella  legge Calderoli 2005; impianto proporzionale con soglia di sbarramento (piccola) e premio di maggioranza. Possibilità di creare coalizioni prima delle elezioni È stata dichiarata incostituzionale perché il premio di maggioranza veniva dato anche a chi prendeva un voto in più, dando un premio spropositato.  legge Italicum (Governo Renzi); stesso impianto legge Calderoli, dichiarata incostituzionale ancor prima di essere applicata.  legge Rosato; mista, Parlamento multipolare (quota maggioritaria 1/3, quota proporzionale 2/3) LEZIONE 8 (27.10.2021) FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE Governo diviso Esecutivo Legislativo Legittimazione dal basso POTERI SEPARATI FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE Governo condiviso Decisioni prese in accordo tra Governo e Parlamento  il Parlamento deve dare la fiducia al Governo Le forme di governo parlamentari si possono classificare in base a: Fonte di produzione del diritto è qualunque fatto o atto abilitato dall’ordinamento a creare diritto oggettivo. Si è detto quindi che:  Ogni ordinamento sceglie le proprie fonti;  Lo fa attraverso delle regole (regole sulla produzione del diritto). Ci sono anche, immancabilmente, regole sulla produzione di regole  Lo studio delle fonti del diritto è lo studio delle regole di produzione.  Le regole che disciplinano la produzione di una certa fonte si chiamano norme di riconoscimento della fonte. FONTI FATTO E FONTI ATTO Le fonti atto hanno nel loro meccanismo di produzione la volontà di creare diritto. Le fonti fatto sono quelle fonti che nel loro meccanismo di produzione non hanno insita la volontà di creare diritto. Esempio: la consuetudine è una fonte fatto, consiste in comportamenti abitudinari che diventano una regola consuetudinaria. Non è necessario il voler produrre una regola. FONTI ATTO  la regola sulla formazione del diritto prevede la volontà di produrre nuovo diritto FONTI FATTO  la volontà di produrre nuovo diritto NON È ESSENZIALE nella formazione di nuovo diritto Quando una regola deriva da una fonte atto, un elemento fondamentale è l’uso della scrittura. Le fonti atto nascono come fonti scritte. Le fonti fatto, invece, danno vita a regole senza l’ausilio della scrittura. Una regola consuetudinaria può essere messa per iscritto a posteriori. Il fatto che la maggior parte delle nostre fonti siano fonti atto pone il problema dell’interpretazione. Il modo attraverso il quale le regola passano da un ordinamento all’altro si chiama rinvio tra ordinamenti. Esempio: rinvio all’ordinamento europeo Il rinvio può essere fisso (alla singola regola) o mobile (alla fonte). Le regole dell’ordinamento europeo entrano direttamente nell’ordinamento italiano tramite una regola di rinvio (collegata all’articolo 11 della Costituzione). Il rinvio fisso è un rinvio a una singola regola, dopodiché quell’ ordinamento può anche cambiare o abolire la regola, ma la regola in questione rimarrà nell’ordinamento d’arrivo. Il rinvio mobile è un rinvio alla fonte di produzione di regole; ogni volta che l’ordinamento di provenienza approva una regola, questa entra nell’ordinamento d’arrivo. Esempio: art.10 Costituzione  rinvio mobile (non entrano in vigore solo le leggi internazionali del 1947) L’INTERPRETAZIONE L’interpretazione consiste nell’attribuire un significato a un testo scritto. È sempre necessaria, il procedimento interpretativo è ineliminabile quando si tratta di un testo scritto. Utili a questo proposito sono le definizioni di disposizione e di norma: Disposizione  è il testo che viene interpretato Norma  è il significato che viene attribuito. L’interpretazione consiste dunque nel ricavare norme da disposizioni Disposizione Norma (oggetto) (risultato) Non sempre a una disposizione corrisponde una e una sola norma. Natura “ascrittiva” dell’interpretazione  non ci sono interpretazioni “vere” o “false”, ma soltanto interpretazioni “più autorevoli” o “meno autorevoli”, “più diffuse” o “meno diffuse”. Ci sono sì interpretazioni impossibili, ma non interpretazioni vere. Chi interpreta le regole?  Interpretazione dottrinale (svolta da chi studia il diritto)  Interpretazione giurisprudenziale (svolta da chi pratica il diritto)  Interpretazione autentica Ci sono casi di norme senza disposizione, ad esempio:  Le regole consuetudinarie;  I principi inespressi (regole di natura molto generale, che ispirano varie disposizioni. Questi principi sono ricavati da un processo di astrazione, ma non c’è una disposizione unica vera e propria.) Ci si può trovare dinanzi anche alla circostanza contraria, ossia alla presenza di una disposizione con più norme. la gente può infatti non essere d’accordo sull’interpretazione di una certa disposizione. Le due interpretazioni possono essere inconciliabili tra loro. I modi di interpretare sono in parte codificati dall’articolo 12 delle Preleggi del Codice civile. Dà anche dei criteri da applicare per interpretare il diritto, sulla base di alcuni assiomi:  Principio della completezza dell’ordinamento giuridico Il giudice non ha la possibilità di dire “non so cosa risponderti”. L’ordinamento giuridico deve essere considerato completo (divieto del non liquet.)  Principio della coerenza dell’ordinamento giuridico Le regole devono essere coerenti le une con le altre, come se facessero parte di un unico tessuto. L’articolo 12 individua i seguenti passi da seguire per interpretare:  Nel primo comma: significato delle parole, che deve essere quello PROPRIO delle parole; intenzione del legislatore Se ciò non dovesse andare bene in un determinato caso si ricorrerebbe a:  Nel secondo comma: interpretazione per analogia  Interpretazione per principi, secondo i principi generali dello Stato. LEZIONE 10 (10.11.2021) L’INTERPRETAZIONE 1. IL SIGNIFICATO PROPRIO DELLE PAROLE Le parole hanno un “significato proprio”? Il giudice è soggetto soltanto alla legge. La legge è promulgata dal Presidente della Repubblica. La parola legge nel primo caso indica TUTTE LE REGOLE DELL’ORDINAMENTO, mentre nel secondo caso LA LEGGE PARTICOLARE, la legge parlamentare. Le definizioni legislative sono attribuzioni autoritative di significato a certe parole. L’interpretazione può essere: 1. Letterale 2. Restrittiva (si restringe il campo del significato) 3. Estensiva (si estende il campo del significato) Esempio: mettiamo il caso in cui ci sia un parco con fuori un cartello “i veicoli non possono entrare”, cosa verrebbe effettivamente considerato come “veicolo?” È possibile fare leggi retroattive? Secondo l’art. 11 delle preleggi (disciplina preliminare al Codice civile) la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha valore retroattivo. Tuttavia, se una legge vuole essere retroattiva può esserlo, perché l’art 11 è una legge ordinaria e non può condizionare il legislatore. Secondo l’art. 25 della Costituzione: nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Poiché è una regola costituzionale, l’art 25:  Ha una forza superiore a quella della legge ordinaria  Può vincolare il legislatore  Vieta le leggi penali incriminatrici retroattive Dunque, come si è detto, fuori dalle leggi penali possono esserci leggi retroattive. L’abrogazione si può spostare anche avanti nel tempo. I tipi di abrogazione (art. 15 delle Preleggi) 1. Per dichiarazione esplicita del legislatore (espressa o esplicita) 2. Per incompatibilità 3. Per l’esistenza di un’altra legge che regola l’intera materia (per disciplina dell’intera materia.) LEZIONE 11 (16.11.2021) Tipi di abrogazione: 1. Il giudice individua le leggi che vuole abrogare  abrogazione espressa Il giudice, quindi, abroga le leggi e può sostituirle con altre disposizioni (o non farlo) Esempio: è abrogato l’art 1., comma 4, della l. 10 gennaio 2010, n°15; o, in caso di referendum abrogativo: “volete voi abrogare la l. 2 gennaio 2015, n° 3?” Se invece la formulazione fosse di questo tipo: “sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge” non si tratterebbe di un’abrogazione espressa, ma di un’abrogazione per incompatibilità. Che questa dicitura ci sia o non ci sia non cambia nulla, le leggi incompatibili sarebbero comunque abrogate. 2. Abrogazione per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti Regola A Regola non A 3. Abrogazione per ridisciplina dell’intera materia Se tutta la materia è stata completamente ridisciplinata, anche se non c’è un puntuale contrasto, tutte le precedenti leggi vengono abrogate (a meno che non sai tratti di leggi speciali, con una finalità diversa.  rapporto tra legge speciale precedente e legge generale successiva) Esempio: legge generale sulla gestione e lo smaltimento dei rifiuti (2015) legge sullo smaltimento delle batterie dei telefoni (2017)  legge speciale che è una deroga rispetto alla legge generale In questo caso, la legge speciale è successiva e se venisse abrogata le batterie dei telefoni verrebbero smaltite secondo le legge generale. Chi decide l’abrogazione? Ciascun giudice decide/rileva l’abrogazione. Giudici diversi possono pensarla diversamente, uno può ritenere una legge abrogata, un altro può considerarla ancora in vigore ed è una decisione inter partes (funziona solo per il caso singolo deciso dal giudice.) L’abrogazione funziona con regole dello stesso livello (equiordinate) Ricordiamo i tre criteri di risoluzione delle antinomie: 1. Il criterio cronologico e l’abrogazione 2. Il criterio gerarchico e l’invalidità/annullamento 3. Il criterio della competenza Abbiamo parlato del criterio cronologico e dell’abrogazione. Si è detto che il criterio cronologico risolve i problemi che si presentano in regole equiordinate, ma non risolve contrasti tra regole che si trovino su gradini diversi della gerarchia delle fonti 1. Costituzione 2. Legge ordinaria/decreto legislativo delegato/decreto-legge (fonti primarie)  non hanno nulla tra sé e la Costituzione. 3. Regolamenti del Governo e altri regolamenti (fonti secondarie) c’è qualcosa tra queste e la Costituzione 4. Consuetudini 2. Criterio gerarchico nella risoluzione delle antinomie Caso 1  regola più forte interviene successivamente alla regola più debole regola + debole regola + forte t In questo caso si potrebbe anche applicare il criterio cronologico. Più complicato è il caso 2 regola precedente più forte e regola successiva più debole contrastante. Regola + forte regola + forte t C’è una patologia nell’ordinamento se la regola successiva ha fatto cose che non avrebbe potuto fare. Come ci si assicura la prevalenza della regola più forte? Ci sono casi di nullità radicale, ma sono molto rari (ipotesi di leggi davvero balorde). Nella maggior parte dei casi, per risolvere questa violazione del criterio gerarchico, ci sono dei meccanismi che accertano che questa regola sia invalida e che annullano la regola, dopo averne proclamata l’invalidità. Tali meccanismi sono strumenti nelle mani di alcuni giudici. Legge incostituzionale  Corte costituzionale Regolamento invalido  Giustizia amministrativa Se questi meccanismi non vengono attivati, la regola potrebbe arrivare ad avere effetti irretrattabili. L’annullamento comporta il divieto di applicare la regola considerata invalida (anche nei casi verificatisi prima dell’annullamento) ed è erga omnes, viene pubblicato in decreto ufficiale e vale per tutti. Possono però esserci casi in cui non ci si è accorti dell’incostituzionalità e allora la situazione si consolida (rapporti chiusi o esauriti). Neanche una decisione di annullamento potrà tirarli in ballo. Quando il giudice non può parlare (rapporti chiusi o esauriti tranne in caso di conseguenze penali 1. Ha già parlato definitivamente (giudicato) 2. Il tempo rende impossibile ricorrere al giudice (prescrizione, decadenza) il referendum non si fa in nessun caso se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle due Camere a maggioranza di 2/3 dei componenti dell’organo. La legge non viene promulgata se non viene approvata dalla maggioranza dei voti validi. Legge ordinaria  una deliberazione Camera/1 Senato Legge costituzionale  2 deliberazioni Camera/ 2 deliberazioni Senato (a distanza di 3 mesi) La seconda deliberazione non accetta emendamenti al disegno di legge costituzionale. Il referendum costituzionale  si svolge se c’è la maggioranza assoluta nelle deliberazioni della Camera e del Senato, ma non c’è la maggioranza di 2/3. Una volta approvata, la deliberazione viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale (NON entra in vigore, ne viene solo data notizia). Dopodiché decorre un certo periodo in cui si può chiedere un referendum. Se nessuno lo chiede, la legge entra in vigore. il referendum ha dunque natura oppositiva, serve a evitare che la legge entri in vigore. Il referendum abrogativo, al contrario, si esercita su un atto già in vigore. Sì (referendum abrogativo)  se vuoi abrogare la legge (richiede il quorum) Sì (referendum costituzionale)  se sei d’accordo alla revisione costituzionale (non richiede il quorum) Nel caso del referendum abrogativo è richiesto il quorum, ossia che a votare vada almeno la metà + 1 degli aventi diritto. Il referendum costituzionale non richiede il quorum. Ci sono dei limiti alla revisione costituzionale: Art. 139  la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Inoltre, non si possono violare altri principi, detti principi supremi:  Il carattere democratico della repubblica  Alcuni principi fondamentali  alcuni diritti (es. art. 24)  l’elettività del Parlamento Conseguenze: 1. Una legge di revisione costituzionale può essere dichiarata incostituzionale. 2. Potere costituente vs. potere costituito  il potere costituente si ha in caso di grandi svolte storiche, quando si ha davanti una pagina bianca. La revisione Costituzionale è un caso di potere costituito. Ovviamente questi principi non possono venir meno giuridicamente e legittimamente, ma potrebbe cambiare il sistema costituzionale (es. in caso di colpo di Stato). Referendum costituzionali: 2001, 2006, 2016, 2020 LEZIONE 13 (22.11.2021) ART. 11, TRATTATI INTERNAZIONALI E ISTITUZIONE DELL’ UNIONE EUROPEA L’Unione Europea è nata in seguito alla sottoscrizione da parte dei vari Stati di trattati internazionali. I trattati internazionali hanno i loro effetti non negli ordinamenti nazionali (almeno normalmente), ma a livello internazionale. Le norme europee, tuttavia, violano questo principio. 1951  trattato CECA 1957  trattato CEE (comunità economica europea)  Euratom (trattato per l’energia atomica) Sono stati oggetto di modifiche e revisioni fino agli anni ’90 e poi fusi nel trattato di Maastricht. 2007  trattato di Lisbona (la Comunità Europea diventa Unione Europea) I trattati internazionali vengono conclusi dai Governi dei vari Stati e ratificati dal Parlamento. In Italia questo avviene in accordo all’art. 80 della Costituzione; senza la legge di autorizzazione alla ratifica, il trattato non può avere effetti in Italia. I trattati dell’UE sono stati discussi dagli esecutivi e ratificati, quindi non divergono dai trattati internazionali, ma hanno effetti diversi. Le regole dell’UE producono effetti immediati negli ordinamenti degli Stati membri. Gli atti dell’Unione Europea sono atti derivati, in quanto derivano dal trattato (Il corpus normativo che deriva dai principi e dagli obiettivi dei trattati è il cosiddetto diritto derivato.) Gli atti dell’UE sono di tre tipi: 1. Regolamenti 2. Direttive 3. Decisioni dell’Unione Europea 1. I regolamenti sono sostanzialmente quello che nel nostro ordinamento è la legge  applicano effetti immediatamente e direttamente all’interno degli Stati membri. NON È NECESSARIO CHE LO STATO INTERVENGA CON UNA LEGGE INTERNA. 2. le direttive impongono agli Stati membri il raggiungimento di un obiettivo ma lasciano gli Stati liberi sul come raggiungerlo, fissando solo il tempo nel quale farlo. Le direttive si dividono in direttive self executing e non self executing. 2.1. Le direttive non self executing (non autoapplicabili) pongono un obiettivo allo Stato, un tempo a cui adeguarsi e richiedono l’intermediazione dello Stato. 2.2. Le direttive self executing (autoapplicabili) pongono un obiettivo, un tempo, ma se lo Stato non si adegua entro il termine c’è già pronta una disciplina che si applicherà nello Stato (si avvicinano ai regolamenti, stanno a metà tra regolamenti e direttive non self executing, perché richiedono intermediazione come le direttive non self executing, ma si applicano subito se lo Stato non si adegua, come i regolamenti. 3. le decisioni dell’Unione Europea sono rivolte a un singolo Stato o a un gruppo ristretto di Stati, dal contenuto specifico e puntuale. l’Unione vuole che le regole si applichino senza intermediazione, e per verificare che questo accada è stata istituita la Corte di giustizia, con sede a Lussemburgo. I cittadini italiani sono sottoposti a un ordinamento diverso da quello italiano, esterno (problema di sovranità).  questa possibilità deve essere giustificata da una qualche regola (secondo la Corte costituzionale, l’art. 11 della Costituzione, che consente le limitazioni di sovranità che siano però autoimposte.) Norme fatto a livello sovranazionale prevalgono sulle norme italiane contrastanti. RISOLVERE L’ANTINOMIA TRA NORMA EUROPEA E NORMA CONTRASTANTE INTERNA. 1. Legge europea successiva incompatibile 2. Legge europea precedente, legge italiana successiva incompatibile la Corte costituzionale, nel risolvere questo problema, ha cambiato orientamento nel corso degli anni, prediligendo l’UE per via interpretativa, sempre attraverso l’articolo 11. Ecco quindi i 3 orientamenti che la giurisprudenza italiana ha adottato per l’integrazione delle leggi europee. 1. Sentenze anni 60- inizio 70 sentenza 14 del 1964: dal punto di vista dell’ordinamento interno costituzionale, la direttiva europea self executing ha la stessa forza della legge. I caso di contrasto: legge italiana precedente, legge europea successiva  si applica il criterio cronologico (sono leggi dello stesso livello, e la norma dell’UE ha abrogato la legge interna.) II caso: regola UE precedente, legge italiana successiva  il criterio cronologico non è accettato all’interno dell’UE e dalla Corte di Giustizia.  l’UE è contraria a questo orientamento. 2. La Corte costituzionale segue delle linee argomentative che vanno incontro alla Corte di Giustizia. sentenza 232 1975: se lo Stato italiano produce una legge successiva che porterebbe all’abrogazione di una norma europea, la legge italiana deve essere dichiarata invalida dalla Corte costituzionale. contenuto: caratteristiche uniformi, per garantire uguali sfere di libertà, diritti di difesa da qualcosa (libertà negative). Sono leggi generali, per una pluralità indefinita di soggetti e sono astratte. leggi odierne la legge non è al vertice del sistema delle fonti. È una fonte primaria ma subordinata alla Costituzione. contenuto: ci sono leggi generali e astratte, ma ci sono anche leggi rivolte a una cerchia prestabilita o a una singola situazione o ipotesi (es. la legge ILVA di Taranto, che è una legge provvedimento, una legge generale che però ha la stessa funzione di un atto amministrativo speciale, in quanto ha il tipico contenuto dell’atto amministrativo.) La legge serve a tutelare diritti sociali, diritti positivi, a eliminare le disuguaglianze che esistono. legge ‘800  uguaglianza formale legge oggi  uguaglianza sostanziale, volta a eliminare le differenze. forma: la presenza di leggi atipiche o rinforzate fa venir meno l’unicità della categoria della legge generale. Ad esempio, una legge che regoli i rapporti religiosi tra confessioni ha bisogno dell’approvazione del Parlamento e dell’intesa di queste confessioni (art. 8)  è superiore a una legge normale per l’iter procedurale (leggi atipiche rinforzate). Riserva di legge: la Costituzione prevede che una certa materia debba essere regolamentata in toto o in parte da una legge. La riserva di legge era presente anche nelle costituzioni ottocentesche, ma poiché la Costituzione era flessibile non si ponevano vincoli al legislatore. Nell’ 800 la riserva di legge è quindi indice della supremazia della legge. In una Costituzione rigida le cose cambiano, perché la Costituzione pone un vincolo al legislatore a regolamentare una certa materia solo con legge. La riserva di legge oggi ha funzione garantistica. Le riunioni del Parlamento sono pubbliche, mentre quelle del Consiglio dei ministri no. In sede parlamentare tutte le idee politiche sono rappresentate, in sede dell’esecutivo viene rappresentata una maggioranza. Per questo esiste la riserva di legge, per far sì che alcune materie importanti vengano regolate solo tramite legge, non con regolamenti dell’esecutivo, o atti amministrativi, ma affinché siano regolate secondo la decisione parlamentare. Riserva di legge assoluta: esempio  art 13 della Costituzione: la libertà può essere limitata solo con atto di legge o con un atto dell’esecutivo con forza di legge. Non si consente ad atti subordinati alla legge di intervenire in NESSUN PROFILO della materia. Riserva di legge relativa: esempio  art. 23 della Costituzione: nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. La legge deve portare i principi base della materia, una regolamentazione generale, ma per le previsioni di dettaglio può intervenire l’esecutivo (ovviamente in accordo con i principi base). Atti del Governo (esecutivo) aventi forza di legge equiparabili alla legge 1. Decreto-legge 2. Decreto legislativo delegato 1. Decreto- legge: in situazioni di emergenza la maggioranza può adottare un atto che ha la medesima forza della legge, ma poi il Parlamento deve convertirlo. 2. Decreto legislativo delegato: il Parlamento delega una sua funzione a un organo esterno, che però si deve attenere a dei principi indicati. La riserva di legge è soddisfatta anche se interviene un atto avente forza di legge nelle materie ricoperte da riserva di legge. Esiste tuttavia la riserva di legge formale, che non può essere soddisfatta da atti aventi forza di legge. Vengono previste in caso di necessità da parte del Parlamento di controllare il Governo. Il decreto- legge, ad esempio, deve per forza essere convertito dal Parlamento. Nel caso del decreto legislativo delegato viene adottata una legge delega, che può essere solo del Parlamento. Tuttavia, non tutte le riserve di legge assolute sono formali. art. 13  riserva di legge ASSOLUTA MA NON FORMALE riserva di legge rinforzata è una riserva di legge formale con vincolo contenutistico (es. liberà di circolazione limitata solo per motivi di sanità e sicurezza.) riserva di legge costituzionale quando la Costituzione prevede che una determinata materia possa essere regolamentata solo da legge costituzionale (esempio: art. 132 Costituzione  creazione/fusione di Regioni) IL PRINCIPIO DI LEGALITÁ Il principio di legalità non è menzionato nella Costituzione, ma è inespresso nel nostro ordinamento. Si può ricavare da tante diverse disposizioni della Costituzione, se lette assieme. Esso regola i rapporti tra organo legislativo e organo esecutivo ed è stato fondamentale nella costituzionalizzazione degli Stati dell’800. Nell’800 derivava dal fatto che le Costituzioni volessero arginare il potere dell’esecutivo. Nel 900 la legittimazione deve derivare dalla sovranità popolare, quindi dal popolo, il principio di legalità è il fondamento dell’esecutivo. Se non c’è legge, l’esecutivo non può agire. principio di legalità sostanziale (minoritario) affinché l’esecutivo possa usare le proprie prerogative, è necessario che trovi questo potere in una legge che regoli il suo esercizio. In sostanza, si tratta di prevedere sempre una riserva di legge relativa. Ma allora che senso avrebbe la specifica ipotesi di legge relativa? Laddove non è prevista la riserva relativa, questa non c’è, secondo la Costituzione. principio di legalità formale (corrente maggioritaria) è sufficiente che la legge dia il potere all’esecutivo, non che disciplini il suo utilizzo. legge 400 del 1988  disciplina un particolare potere dell’esecutivo (potere regolamentare)  regolamenti indipendenti. Senso formale debole: è sufficiente che una legge attribuisca una volta per tutte un certo potere all’esecutivo. senso formale forte: è necessario che ogni singola attribuzione di potere sia giustificata volta per volta da una specifica norma di legge. LEZIONE 15 (29.11.2021) GLI ATTI CON FORNZA DI LEGGE Gli art. 76-77 della Costituzione stabiliscono i limiti al decreto-legge e al decreto legislativo delegato. Art. 76. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Art. 77 Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. La legge 400 del 1988, che regolamenta gli atti con forza di legge, trova quindi ragion d’essere in questi articoli della Costituzione, per questo può limitare i decreti- legge/atti successivi. LA DELEGA LEGISLATIVA la delega legislativa consiste in due atti: 1. Atto parlamentare con cui il Parlamento conferisce al Governo il potere legislativo (su questo c’è una riserva di legge formale, quindi può essere SOLO UN ATTO DEL PARLAMENTO)  legge di delega Il Governo a questo punto è abilitato a emanare un altro atto. 2. Decreto legislativo delegato, con forza di legge. La delega può riguardare solo oggetti definiti (per limitare il campo di estensione del potere legislativo del Governo. Gli oggetti possono anche essere plurimi con la medesima legge. Un altro limite è il tempo: il termine entro il quale il governo delegato agisce deve essere certo. Le deleghe possono essere abbastanza lunghe, ma la legge 400 prevede che se la delega supera i due anni il Governo vada in Parlamento per raccontare come procede il suo operato. La legge di delega, inoltre, deve contenere principi e caratteri direttivi, perché scritto in Costituzione (art. 76). Un decreto legislativo delegato basato su una legge di delega che non contenga principi direttivi non può esserci, e la legge di delega verrà dichiarata incostituzionale. Se invece il Governo non rispetta la legge delega che contiene i principi direttivi, sta violando direttamente la legge di delega e indirettamente la Costituzione. La legge di delega in questo caso è un parametro interposto. Possono esserci altri limiti imposti dalla legge di delega, come quello di sentire le commissioni parlamentari (obbligatorio ma non vincolante). Questi limiti sono eventuali. Quando il Parlamento conferisce al Governo una certa delega, il Governo è obbligato a non fosse mai stato adottato (il cosiddetto status quo ante). Il decreto perde quindi efficacia in maniera retroattiva, cioè dal giorno della sua adozione. La situazione a cui si regredisce è quella in cui il decreto non è mai esistito. 2-Il Parlamento prende in considerazione il decreto-legge, ma sceglie volontariamente di non convertirlo. Gli effetti sono i medesimi che al punto 1. Quando il decreto-legge non viene convertito o perché il Parlamento lascia decorrere il tempo, o perché decide volontariamente di non convertirlo, la Costituzione prevede che il Parlamento adotti una legge di sanatoria. La legge di sanatoria è una legge con la quale il Parlamento ha la possibilità di disciplinare quei rapporti che materialmente sono sorti sulla base del decreto-legge non convertito. Questa legge presuppone che il decreto-legge non sia stato convertito e il suo scopo è quello di cercare di ritornare allo status quo ante. Talvolta il ritorno allo status quo ante può essere difficile perché anche se giuridicamente il decreto-legge non ha prodotto effetti, dal punto di vista concreto questo è comunque stato adottato e può aver prodotto degli effetti. 3-Il Parlamento prende in considerazione il decreto e lo converte. Nel momento in cui il Governo adotta il decreto-legge, contestualmente alla sua emanazione, presenta al Parlamento un disegno di legge di conversione del decreto legge. Essenzialmente il decreto di conversione dice “è convertito in legge il decreto x in data x”. Normalmente emendamenti che vengono apportati al decreto legge hanno efficacia solo pro futuro, ovvero, se la legge di conversione presenta emendamenti da apportare al decreto- legge, questa legge di conversione consoliderà anche per il passato la disciplina del decreto- legge (il decreto legge continua a produrre effetti dal momento della sua prima assunzione) e nella misura in cui introduce delle modifiche, esse sortiranno i loro effetti solo dalla conversione in poi (no effetti retroattivi degli emendamenti). Tuttavia, se c’è un decreto-legge composto da più articoli, ed uno degli emendamenti adottati dal Parlamento è l’eliminazione di uno degli articoli, in questo caso specifico l’emendamento non ha solo efficacia pro futuro, ma retroattiva (questo specifico emendamento corrisponde a una mancata conversione di quell’articolo e la mancata conversione ha effetto retroattivo). Può accadere che al decreto-legge vengano aggiunti degli emendamenti completamente estranei rispetto alla materia: ciò avviene perché l’iter del decreto legge è un iter accelerato rispetto a quello normale, quindi spesso accade che il Governo, o meglio la sua maggioranza in Parlamento, approfittino del decreto legge per fare delle cose che non sarebbe stato possibile fare altrimenti. A volte capita anche che il Governo ponga la questione di fiducia per l’approvazione di un decreto-legge, ciò può accadere nel caso in cui il Governo tenga molto ad un determinato decreto-legge al punto di considerare la sua approvazione come parte integrante del suo programma politico. Cosa significa porre la questione di fiducia? Significa che il Governo tiene talmente tanto alla conversione di quel decreto-legge che la mancata conversione implicherebbe una dimostrazione di sfiducia implicita nei suoi confronti. Il Governo si assume quindi un obbligo di dimissioni se non passa quel decreto- legge. Questa operazione presenta dei rischi perché fa assumere al governo dei rischi che altrimenti non avrebbe, poiché quando generalmente un decreto-legge non viene approvato, il Governo non ha alcun obbligo di dimettersi. Per quale motivo fa ciò? Per ricompattare la sua maggioranza e per ottenere dei vantaggi di carattere procedurale. Normalmente, quando si approva un disegno di legge si votano prima gli emendamenti e poi il testo iniziale. Ad esempio, un emendamento soppressivo che vuole eliminare un determinato articolo viene votato prima dell’articolo stesso. Se invece si adotta il decreto-legge l’iter si inverte e si votano prima gli emendamenti più vicini al testo e poi, eventualmente, quelli più lontani. In questo modo, procedendo a votare prima il testo originario, tendenzialmente il Governo ha più possibilità di vedere approvato il testo così come l’ha proposto. LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLE CAMERE Normalmente le Camere si sciolgono al terminare della durata naturale della legislatura. Lo scioglimento anticipato spetta al Presidente della Repubblica e i presupposti sono 2: 1. la crisi di Governo 2. l’impossibilità di formare un nuovo Governo. La crisi di Governo deve emergere sempre da un atto formale di dimissioni del Governo. Ci sono dei casi in cui le dimissioni sono obbligate, ovvero le crisi parlamentari, cioè crisi che emergono in Parlamento successivamente alla votazione della mozione di sfiducia, ma in Italia non si sono mai verificate; accanto a queste esistono le crisi extraparlamentari, che comportano le dimissioni volontarie. In caso di crisi extraparlamentari, il governo si dimette senza che sia stata votata alcuna mozione di sfiducia da parte del Parlamento, poiché il governo, ritenendo di non avere più la fiducia necessaria rassegna le dimissioni (in questa categoria rientrano tutte le crisi di governo avvenute in Italia). Il decreto-legge si può produrre solo nei casi di estrema necessità ed emergenza, ma in realtà vi sono stati, e vi sono tuttora, molti casi in cui decreti-legge sono stati utilizzati dal Governo in maniera abusiva. Una prima struttura nella produzione dei decreti-legge era quella di produrre decreti-legge quando non vi erano situazioni di necessità o di urgenza, ad esempio la formazione di ministeri per decreto-legge (la formazione di un ministero non è un atto così urgente da dover passare per il decreto legge) o l’istituzione di discipline che non erano destinate ad entrare in vigore subito. Una seconda struttura era la reiterazione del decreto-legge: il governo faceva un decreto- legge e ne presentava in Parlamento il disegno di legge di conversione e, qualora il Parlamento non riuscisse a convertire il decreto-legge entro il decorrere dei 60 giorni, il Governo prima della scadenza dei 60 giorni produceva un altro decreto-legge, identico al primo, con il quale sostanzialmente reiterava la disciplina già dettata dal primo decreto. Ci sono stati casi di decreti-legge reiterati anche 17 volte e questo processo finiva con lo stabilizzare dei decreti che altrimenti avrebbero avuto natura emergenziale. In questo modo quando il Parlamento arrivava ad approvare l’ultimo decreto-legge di questa catena, consolidava una disciplina ormai entrata in vigore da anni, sebbene dovesse essere provvisoria. Quali sono i soggetti e gli strumenti deputati a reagire a questo abuso? 1. Il Parlamento potrebbe limitare l’abuso del decreto-legge; tuttavia quest’ultimo è un atto di indirizzo politico approvato dal Governo, e il Parlamento, che è un organo politico che segue le logiche maggioranza/opposizione, tendenzialmente se sostiene quel Governo convertirà quel decreto-legge, o se non lo converte, per mancanza di tempo o altro, non è comunque l’organo più adatto a far cessare questo abuso. 2. Il Presidente della Repubblica; poiché anche i decreti del Governo sono emanati dal Presidente della Repubblica, il quale potrebbe rifiutarsi di emanare un decreto-legge adottato senza i criteri di necessità e urgenza o reiterato, o di emanare la legge di conversione di un siffatto decreto-legge. Il Presidente della Repubblica non ha però poteri di indirizzo politico, come invece ha il Parlamento, ed è raro che rifiuti l’emanazione di un decreto-legge (ci sono stati dei rari casi). 3. La Corte costituzionale, la quale può certamente sindacare il decreto-legge perché sindaca la legittimità costituzionale degli atti aventi forza di legge (legge formale, decreto- legge e decreto legislativo delegato). In linea teorica quindi la Corte potrebbe compiere questa azione, ma in linea di fatto non riuscirà mai a farlo per una questione di tempo, in quanto ha dei tempi tecnici per potersi pronunciare. La Corte non riusciva a rispettare questi tempi perché o il decreto-legge veniva reiterato o il decreto che era stato adottato in assenza dei necessari presupposti o che era stato reiterato veniva alla fine adottato; la Corte dunque non poteva fare più niente: la questione di legittimità veniva sollevata sulla legge di conversione, ma la legge di conversione non deve rispettare criteri di necessità ed urgenza. In entrambe i casi la Corte non aveva il tempo di sindacare i vizi del decreto-legge ha trovato due strade per dichiarare l’incostituzionalità dei decreti legge:  la prima linea di giurisprudenza ha dichiarato illegale la pratica della reiterazione del decreto-legge: con una sentenza la Corte ha dichiarato di poter applicare la questione dell’incostituzionalità sorta rispetto a un primo decreto-legge anche al successivo decreto-legge sostanzialmente uguale al primo. Per la Corte costituzionale la pratica della reiterazione è incostituzionale perché viola quanto sancito dalla norma che regola il decreto-legge, cioè l’articolo 77, e in particolare gli aspetti di provvisorietà del decreto-legge e il carattere di straordinarietà, necessità ed urgenza. Inoltre, il fatto che esistessero delle catene di decreto-legge, finiva col violare anche il principio di retroattività della mancata conversione dei decreti legge. Viene violato anche il principio di certezza della legge, poiché i cittadini non possono sapere se quel decreto alla fine verrà convertito o meno. Esistono tuttavia delle eccezioni al divieto di reiterazione del decreto-legge: il decreto-legge può essere reiterato se nel corso dei 60 giorni intervengono nuovi e diversi motivi di necessità ed urgenza.  seconda linea di giurisprudenza: ci sono delle sentenze in cui la Corte ha dichiarato incostituzionale una legge di conversione che aveva convertito un decreto-legge mancante dei requisiti di necessità ed urgenza. La Corte Costituzionale dice che la legge di conversione è una legge atipica perché può fare qualcosa di meno rispetto alle leggi ordinarie, cioè può convertire il decreto-legge solo se questo ha i requisiti di necessità ed urgenza e i vizi del decreto-legge che la legge di conversione va a convertire si trasferiscono alla stessa. LEZIONE 16 (01.12.2021) IL REFERENDUM ABROGATIVO Il referendum abrogativo è una fonte del diritto, una fonte primaria dell’ordinamento ed è previsto dall’articolo 75 della Costituzione. Non è l’unico referendum previsto dalla Costituzione (esiste anche il referendum Costituzionale, art. 138 della Costituzione). Entrambe le tipologie di referendum sono previste a livello costituzionale, ma sono poi regolamentate da leggi ordinarie. Il referendum abrogativo serve ad abrogare in tutto o in parte una legge o un atto avente forza di legge. Devono votare almeno il 50%+1 degli aventi diritto di voto, e il quesito deve essere omogeneo. Possono chiedere il referendum abrogativo 500mila elettori o 5 consigli regionali. 6. Fase di proclamazione dell’esito referendario: se il referendum ha avuto esito positivo, quindi ha dato luogo all’abrogazione, allora il Presidente della Repubblica, con un proprio decreto presidenziale, dichiara l’avvenuta abrogazione della legge, che dispiega i propri effetti dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto presidenziale. Se invece il referendum ha avuto esito negativo non si ha alcuna novità nell’ordinamento, si dà semplicemente notizia che abbiano vinto i no rispetto ai sì con una pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Nell’opzione in cui il referendum che raggiunge il quorum ha un esito negativo, da quel momento inizia a decorrere un termine che implica un periodo di cinque anni successivi in cui non si può produrre il medesimo referendum. Se invece il quorum non è stato raggiunto, già dall’anno successivo si potrà svolgere lo stesso referendum. LE FONTI SECONDARIE: I REGOLAMENTI DELL’ESECUTIVO Le fonti secondarie sono così definite perché subordinate alle fonti primarie (leggi); esse sono stabilite e disciplinate dalla legge. Ci sono diversi tipi di fonti secondarie: - Fonti delle autorità amministrative indipendenti, che possono produrre regolamenti. (Banca d’Italia, ANAC…) - Un particolare tipo di fonti secondarie sono quelle che provengono dal potere esecutivo. Qual è il fondamento ultimo del potere regolamentare dell’esecutivo? Storicamente, i regolamenti dell’esecutivo sono le fonti più diffuse e più utilizzate. Nella storia costituzionale italiana, inizialmente l’esecutivo faceva regolamenti subordinati alla legge (epoca dello Statuto Albertino). Il principio di legalità affermava la supremazia della legge, ma era un limite a un potere preesistente. Laddove la legge c’era il regolamento doveva rispettarla, ma laddove non c’era il regolamento manteneva la sua antica forza, e il potere esecutivo non aveva limiti. Tuttavia, si sono posti i primi problemi durante l’epoca del ventennio fascista, perché questa concezione del principio di legalità dava alla nostra forma di governo un’impronta eccessivamente sbilanciata a favore dell’esecutivo, a scapito del legislativo. In particolare, una delle leggi fascistissime (1926) ha stabilito che con potere regolamentare dell’esecutivo si potevano regolare moltissimi settori giuridici, dettando delle regole che avevano sostanzialmente valore primario. Si trattava di una legge che aveva esteso di molto la possibilità di fare norme giuridiche per il potere esecutivo. La Costituzione del ’48 ha voluto porre un argine a questo problema. Sono stati rifiutati infatti i principi voluti dal regime fascista. Eppure, la Costituzione del ‘48 non risolve il problema del fondamento ultimo del potere regolamentare dell’esecutivo. La Costituzione presupponeva la possibilità per l’esecutivo di fare regolamenti, ma non disciplinava la fonte regolamentare. La presupposizione nasce da una norma sui poteri del Presidente della Repubblica (art. 87 della Costituzione): tra i poteri del presidente della Repubblica vi è anche quello di emanare i regolamenti dell’esecutivo (unico elemento espresso che riguarda il potere regolamentare); tuttavia, in base al principio di legalità espresso dalla Costituzione, c’è bisogno che ogni potere regolamentare dell’esecutivo trovi fondamento in una legge. Fino al 1988, una legge generale sul potere regolamentare non esisteva, anzi la disciplina era disorganica. L’unica legge che aspirava ad avere carattere generale era la legge fascistissima del 26, la quale era considerata per molti aspetti non vigente, ma d’altro lato era l’unica a regolamentare l’esecutivo. Tuttavia, si dubitava della sua legittimità costituzionale, perché si basava su principi autoritari. Per qualificare quindi un determinato atto del potere esecutivo come regolamento, non ci si poteva avvalere di criteri formali, perché mancava la disciplina espressa, ma bisognava guardare a criteri sostanziali. Un atto aveva natura regolamentare se era dotato dei caratteri di generalità e astrattezza. Per lungo tempo ci sono stati enormi problemi a identificare alcuni atti come regolamentari o meno (e a distinguerli da atti amministrativi o da atti aventi forza di legge.) Questo problema è stato risolto solo con la legge 400 del 1988, che ha dato al potere regolamentare una disciplina organica, abrogando la legge 100 del 1926. Questa legge dà una serie di criteri formali per riconoscere quando un atto sia regolamentare o meno, detta una procedura che questi regolamenti devono seguire per la loro adozione. REGOLAMENTI DEL GOVERNO (ORGANO COLLEGIALE COMPOSTO DAL COMPLESSO DEI MISNISTRI)  sono imputabili al Governo nella sua interezza, sono approvati dal Governo sentendo il parere del Consiglio di Stato (giudice amministrativo- primo grado TAR, secondo grado Consiglio di Stato), che deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla richiesta. A seguito del parere del Consiglio di Stato, il regolamento del Governo viene emanato dal Presidente della Repubblica; ha quindi come forma quella del decreto del presidente della Repubblica. 3 SOTTOCATEOGIE DEI REGOLAMENTI DEL GOVERNO: 1. Regolamenti di esecuzione e regolamenti di attuazione e integrazione: sono regolamenti dell’esecutivo che hanno lo scopo di rendere direttamente applicabili disposizioni di legge. Questo accade quando la legge detta una norma di carattere generale non direttamente applicabile. A dare applicazione a questa previsione è il regolamento dell’esecutivo. Questi regolamenti sono leggermente diversi tra loro: quelli di esecuzione hanno pochi spazi di creatività, si devono limitare a fare ciò che la legge dice loro; quelli di attuazione e integrazione hanno possibilità di manovra un po’ più elevate. Questa categoria non pone problemi dal punto di vista del principio di legalità perché hanno una legge da attuare, si fondano su una legge. A questa prima categoria possono essere aggiunti anche i regolamenti di organizzazione e funzionamento delle amministrazioni pubbliche. In materia di organizzazione amministrativa vige una riserva di legge relativa. I principi fondamentali sono stabiliti dalla legge, ma poi interviene il regolamento a dettare la disciplina di dettaglio. Anche questi hanno come fine di attuare una previa legge, quindi troviamo il loro fondamento. 2. Regolamenti indipendenti: sono quei regolamenti che disciplinano materie in cui manchi una previa disciplina da parte di una legge o di un atto avente forza di legge, sempre che non si tratti di materie coperte da riserva di legge. Non possiamo avere regolamenti indipendenti con materie coperte da riserve di legge. Quindi questi regolamenti non sono conciliabili secondo il principio di legalità per definizione. Tuttavia, questi regolamenti pongono il problema soltanto se adottiamo il principio di legalità in senso sostanziale. Se invece lo intendiamo in senso formale debole, questi regolamenti trovano il loro fondamento nella previsione una tantum della legge 400 dell’88 3. Regolamenti di delegificazione: determinano un abbassamento di grado della disciplina di una certa materia; fino a un certo momento la materia è regolamentata da legge o da atto avente forza di legge. Dopo la delegificazione viene regolamentata da un regolamento. Ci sono dei limiti alla delegificazione: sono escluse le materie coperte da riserva assoluta di legge. Si può invece delegificare in materie coperte da riserva relativa, ma solo nei casi in cui quella legge disciplini non solo i principi fondamentali ma anche la disciplina di dettaglio. La parte relativa alla disciplina di dettaglio può essere delegificata e regolamentata dal regolamento, quella sovrastante dei principi dovrà essere sempre regolamentata da legge. Per delegificare serve una previa legge di delegificazione: non basta emettere un regolamento. La legge deve prevedere 1. di poter adottare un regolamento per quella materia, 2. le norme generali del regolamento di quella materia e 3. indicare quali disposizioni di quella legge che regola la materia sono oggetto di delegificazione. Dal momento dell’entrata in vigore del regolamento dell’esecutivo, la legge di delegificazione abroga la legge preesistente. Regolamenti ministeriali: Non sono emanati dal Presidente della Repubblica, ma hanno la forma di decreto ministeriale o interministeriale e non sono approvati dall’ intero governo, dal Consiglio dei ministri. Riguardano materie più piccole e meno rilevanti. Vale un principio di legalità particolarmente stringente, perché è necessario che una legge li preveda espressamente. Sono fonti secondarie, subordinate alla legge e ai regolamenti dell’esecutivo. Hanno una competenza riservata (fonti subordinate a competenza riservata) LEZIONE 17 (06.12.2021) La forma di governo delineata dalla Costituzione italiana è una forma di governo parlamentare a debole razionalizzazione. Sono previsti solamente limitati interventi della disciplina costituzionale per assicurare la stabilità del rapporto di fiducia che intercorre tra organo legislativo e organo esecutivo. La razionalizzazione costituzionale è stabilita dall’articolo 94 della Costituzione. Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Quest’ultima parte dovrebbe rendere più difficile una mozione di sfiducia. Il Governo deve ottenere la fiducia in ognuna delle due Camere, ma la sfiducia può essere firmata anche da una sola delle due Camere. La mozione di sfiducia è l’atto con cui il Parlamento toglie la fiducia al Governo, obbligandolo alle dimissioni. La mozione di sfiducia, al pari di quella di fiducia, deve essere motivata e votata per appello nominale. Inoltre, la mozione di sfiducia deve essere firmata da un decimo dei membri della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione (meccanismi procedurali che rendono più difficile la sfiducia al governo). A livello concreto, la razionalizzazione della fiducia non ha mai operato perché le crisi di governo non sono mai nate a seguito di una presentazione di una mozione di sfiducia, ma sono sempre state causate da una rottura degli accordi tra partiti che davano luogo alla maggioranza. La fiducia è quello che lega Governo e Parlamento. Si prevede inoltre che il Governo entro dieci giorni dalla sua formazione si presenti alle Camere per ottenere la fiducia. Oltre alla votazione della fiducia iniziale, c’è poi la questione di fiducia, uno strumento che può essere posto dal Governo di sua iniziativa su un atto che prevede l’approvazione parlamentare (tendenzialmente su un disegno di legge). Il capo dello Stato incontra i presidenti dei gruppi parlamentari, accompagnati dai segretari dei partiti politici. Incontra poi i presidenti delle due Camere e gli ex presidenti della Repubblica e tutte le personalità che egli ritenga utile sentire. Fino a quando il nostro sistema elettorale è stato proporzionale, la forma di governo si è caratterizzata per una formazione post-elettorale delle coalizioni e quindi la composizione personale del Governo e il programma di governo rientravano nel processo di contrattazione politica dei vari partiti (accordi di coalizione). In questi casi il Presidente della Repubblica, tramite le consultazioni, veniva a conoscenza delle coalizioni al fin di scegliere il programma politico migliore che avrebbe ottenuto la maggioranza sufficiente. Con un sistema elettorale maggioritario il programma di governo è stabilito ex ante. L’incarico di Presidente del Consiglio dei ministri è conferito oralmente dal Presidente della Repubblica e normalmente viene accettato con riserva, la quale viene sciolta solamente dopo che l’incaricato ha svolto con successo la sua attività di individuazione della lista dei ministri da sottoporre al capo dello Stato e del programma di Governo, che deve ottenere la fiducia del Parlamento. In alcune situazioni di clima politico particolarmente incerto, il Presidente della Repubblica prima di conferire l’incarico conferisce un preincarico, anche detto mandato esplorativo. Queste figure di preincarico servono ad accrescere il patrimonio informativo del Presidente della Repubblica, necessario per nominare un Governo che sia in grado di ottenere la fiducia parlamentare. La differenza con l’incarico normale è che il mandato esplorativo viene conferito a un soggetto super partes di solito, come al Presidente della Camera o del Senato, non per la formazione di un Governo bensì per far sì che il presidente della Camera/Senato vadano nella propria aula parlamentare e vedere cosa quell’aula intende fare, quale Governo sono disposti a sostenere. Una volta svolto l’incarico e formata la lista dei ministri, il Presidente della Repubblica nomina il capo del Governo. E su proposta del capo del Governo, nomina i ministri. Dopo la nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri fanno il giuramento, poi si presenta in Parlamento per ottenere la fiducia. Il governo in attesa di fiducia o che ha subito una sfiducia può compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione, non riforme di natura rilevante, ma solo ciò che è necessario per compiere l’attività esecutiva nell’attesa che un nuovo Governo venga formato. Legge 400 dell’88  regola l’amministrazione governativa e stabilisce gli organi governativi non necessari  Vicepresidente del Consiglio dei ministri (ha un ruolo di supplenza del Presidente del Consiglio dei ministri, nel caso in cui il primo sia impedito ad esercitare le sue funzioni. Tendenzialmente fa parte di un partito politico diverso dal Presidente)  Il consiglio di gabinetto; serve a riunire i ministri che rappresentano componenti politiche diverse della coalizione.  Comitati interministeriali, istituiti con legge o con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Hanno il compito provvisorio (a tempo) di affrontare determinate questioni definite. Solo quelli istituiti con legge hanno competenza a deliberare in via definitiva su una determinata materia. Questi comitati servono a decongestionare l’attività del Consiglio dei ministri, a liberarlo dall’esame di questioni poco rilevanti.  I ministri senza portafoglio; sono quei ministri che non sono preposti a un ministero, svolgono delle funzioni che il presidente del Consiglio dei ministri decide di delegare loro.  i sottosegretari di Stato; coadiuvano o il ministro o il Presidente del Consiglio nello svolgimento dell’attività esecutiva. Il più importante di questi è il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, che svolge funzioni dirette a coadiuvare l’intero Consiglio dei ministri. Il Governo, nell’esercizio del suo indirizzo politico, si presenta come un organo unitario. La sua rappresentanza però è assunta dal presidente del Consiglio dei ministri che controfirma le leggi e gli atti aventi forza di legge. Tiene i contatti con il Presidente della Repubblica, pone la questione di fiducia, previo assenso del Consiglio e manifesta all’esterno la volontà del governo. Le linee generali di questo indirizzo politico vengono espresse nel programma di Governo, che è predisposto dal Presidente del Consiglio e approvato dall’organo collegiale (Consiglio dei ministri). Questo programma sta alla base della fiducia parlamentare iniziale. IL PARLAMENTO Il sistema parlamentare può essere monocamerale o bicamerale. Il nostro è bicamerale (art. 55 Costituzione), formato dalla Camera dei deputati e la Camera del Senato della Repubblica. Tendenzialmente il bicameralismo caratterizza gli Stati federali (USA) e rinviene la sua ragion d’essere nell’esigenza di avere una Camera in cui siano rappresentati gli Stati membri. Negli ordinamenti non federali (come il nostro) il bicameralismo è giustificato in quanto la presenza della seconda Camera dovrebbe consentire una miglior ponderazione delle decisioni che il Parlamento assume. Al contrario, il monocameralismo è collegato all’esigenza di rafforzare il Parlamento. La ragione storica della presenza nel nostro ordinamento di un bicameralismo perfetto (camere dotate delle medesime funzioni) deriva dall’esperienza che i padri costituenti avevano del periodo fascista; c’era stato un grande rafforzamento dell’esecutivo, con uno svalutamento del legislativo. Quindi, i padri costituenti, al momento di votare gli articoli hanno scelto un sistema di bicameralismo per evitare eventuali svolte autoritarie. C’è così maggior democraticità e rappresentatività della decisione, evitando svolte autoritarie dell’esecutivo. Tuttavia, il procedimento legislativo è farraginoso, ancorché più garantista. Camera e Senato hanno consistenza numerica differente. Solo per il Senato si prevede che il Presidente della Repubblica possa nominare cinque senatori a vita e sono stabilite delle età diverse per essere eletti deputati o senatori. La durata del Parlamento è stabilita da una legge costituzionale ed è di cinque anni. La conseguenza del bicameralismo paritario è l’appesantimento del processo e dell’iter decisionale. Ci sono dei casi in cui le Camere, sebbene siano separate, si riuniscono in una seduta comune e operano come organo collegiale per lo svolgimento di alcune particolari funzioni (compiti elettorali e funzione accusatoria). Questi compiti sono: - l’elezione del Presidente della Repubblica (partecipano anche i delegati delle regioni); - l’elezione dei 5 giudici costituzionali; - l’elezione di 1/3 dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo preposto a controllare i giudici - la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica, un procedimento particolare volto a chiamare il Presidente a rispondere di reati (alto tradimento e attentato alla Costituzione.) Il Parlamento in seduta comune è presieduto dal presidente della Camera dei deputati e per il suo funzionamento si applicano le disposizioni dettate dal regolamento della Camera dei deputati (è un atto che la singola Camera adotta di propria iniziativa per autoregolarsi – ce n’è uno anche per il Senato- sta sul medesimo piano della legge ordinaria ma è una legge a competenza riservata). ORGANIZZAZIONE INTERNA DELLE CAMERE Ciascun Parlamento ha un’organizzazione interna dove agiscono diversi organi: il Presidente dell’assemblea, l’ufficio di presidenza (che coadiuva il presidente), le commissioni parlamentari e la conferenza dei capigruppo (un organo collegiale che riunisce i capigruppo dei singoli partiti delle due Camere). I due presidenti di assemblea rappresentano rispettivamente il Senato e la Camera (hanno compiti di rappresentanza) e hanno il compito di regolare l’attività dei vari organi facendo osservare loro il regolamento. Dirigono la discussione in Parlamento, mantengono l’ordine, giudicano la ricevibilità dei singoli testi di legge e in generale assicurano il buon andamento dell’attività parlamentare, impartendo le necessarie direttive. Uno degli organi che fa parte della composizione interna delle Camere è il gruppo parlamentare. Il gruppo parlamentare è l’unione dei membri di una Camera che siamo espressione del medesimo partito o movimento politico. Questi gruppi si costituiscono con un’organizzazione stabile e una disciplina di gruppo. La Costituzione si limita a menzionare i gruppi parlamentari, ma non li disciplina; dice che le commissioni parlamentari (tanto permanenti quanto provvisorie) che possono essere costituite debbano essere formate in modo da rispecchiare la consistenza dei gruppi parlamentari. Una disciplina più puntale di questi gruppi parlamentari si trova nei regolamenti parlamentari, dai quali si ricava che entro i primi giorni dalla prima riunione dopo le elezioni i parlamentari devono dichiarare a quale gruppo parlamentare appartengano. I parlamentari che non effettuano una siffatta dichiarazione confluiscono in un unico gruppo, il gruppo misto. Ciascun parlamentare deve necessariamente far parte di un gruppo, perché il Parlamento è un’istituzione che per il suo funzionamento si fonda su una dimensione collettiva, ed è quindi rappresentato dai gruppi parlamentari. L’obiettivo è di rafforzare il collegamento tra Parlamento e società organizzata politicamente nei partiti, in modo da salvaguardare l’efficienza decisionale del Parlamento. I gruppi parlamentari hanno dei presidenti, che danno vita alla conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari, che ha tendenzialmente poteri di influenza sullo svolgimento dei lavori dell’assemblea (tendenzialmente approva il calendario dell’aula). I presidenti dei gruppi possono azionare poteri di tipo procedurale, ad esempio presentazione di emendamenti ovvero di mozioni, che altrimenti necessiterebbero la richiesta di un gruppo minimo di parlamentari (possono farlo solo alla Camera però, perché il regolamento della Camera lo prevede, quello del Senato no). Viene attribuito ai presidenti anche il potere di designare i membri che faranno parte delle commissioni parlamentari; i presidenti di ciascun gruppo vengono sentiti dal capo dello Stato nel corso delle consultazioni per la formazione di un nuovo Governo. Giuridicamente i partiti politici sono delle semplici associazioni private non riconosciute, i gruppi parlamentari divengono l’unica proiezione formale ed ufficiale dei partiti sul piano istituzionale. LE COMMISSIONI PARLAMENTARI Le commissioni parlamentari sono degli organi collegiali che possono essere permanenti, temporanei dal punto di vista temporale, monocamerali o bicamerali dal punto di vista del coinvolgimento o meno di una o entrambe le Camere. In particolare, oltre alla funzione legislativa, ce n’è un’altra  funzione parlamentare di controllo, che si realizza con una serie di istituti diretti a far valere la responsabilità politica del Governo verso il Parlamento stesso. Essi sono: 1. Interrogazione: domanda che un parlamentare volge per iscritto al Governo e che ha a oggetto la veridicità o meno di un determinato fatto. In alcuni casi il Governo può dichiarare di non poter rispondere, esponendone i motivi ovvero può indicare la sua preferenza per differire la risposta (indica la data in cui darà tale risposta). Connotazione particolare: - A risposta immediata: interrogazione che ha ad oggetto una sola domanda e si riferisce ad argomenti connotati da particolare urgenza e particolare attualità politica. 2. Interpellanza: l’interpellante chiede di conoscere quale sia l’intenzione politica del Governo in riferimento ad un determinato fatto o situazione. Connotazione particolare: - Urgente: può essere presentata da un rappresentante di un gruppo parlamentare o da un numero di rappresentanti non inferiori a 30 e ha a che fare con materie di attualità e urgente risoluzione. 3. Mozione: presentata per determinare una discussione e una successiva deliberazione della Camera su questioni che incidono sull’attività di Governo. 4. Risoluzione: può essere presentata sia all’intera Camera, sia alla commissione (= un raggruppamento di un certo numero di componenti della Camera), con il fine di manifestare un orientamento o di definire un indirizzo. 5. Ordine del giorno: atto di indirizzo volto ad inserire nella discussione parlamentare una determinata tematica. Tutti questi poteri e prerogative visto sono poteri che il Parlamento ha e vanno a influenzare l’attività del Governo. INCHIESTE PARLAMENTARI La Costituzione attribuisce alle Camere la facoltà di istituire delle commissioni di inchiesta su materie di pubblico interesse con gli stessi poteri e gli stessi limiti che incontra l’autorità giudiziaria. Normalmente, si tratta di un potere monocamerale, cioè di un potere che esercita la propria autonomia nella singola Camera, tuttavia, nella prassi si sono istituite delle commissioni parlamentari bicamerali. L’oggetto deve sempre riguardare una materia di pubblico interesse. L’inchiesta mira a far valere una diversa responsabilità quella politica; inoltre, tendenzialmente i dati acquisti dalla commissione parlamentare non possono essere utilizzati nel processo penale quale prova. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA È una figura indispensabile della nostra forma di governo; è una figura costituzionalizzata, cioè espressamente prevista in Costituzione. Per essere Presidente della Repubblica occorre avere la cittadinanza italiana, occorre godere dei diritti civili e politici e occorre avere almeno cinquant’anni d’età (nell’ottica dei costituenti indica una presunzione di maturità). Il Presidente non deve necessariamente essere scelto fra i membri delle Camere, ma nella prassi avviene spesso così. Elezione del Presidente della Repubblica: in seduta comune del Parlamento, alla quale partecipano anche i delegati regionali (= soggetti scelti dai consigli regionali -organo legislativo della regione– ,3 per ciascuna regione e 1 per la Valle d’Aosta); all’elezione del Presidente della Repubblica si procede per iniziativa del Presidente della Camera che 30 gg prima della scadenza del mandato presidenziale convoca il Parlamento in seduta comune e i delegati regionali affinché si proceda all’elezione. In alcuni casi specifici (entro 15 gg) si procede all’iniziativa di convocazione dei delegati e del Parlamento con più velocità:  Caso di impedimento permanente del presidente;  Morte;  Dimissioni di quest’ultimo. Inoltre, la disciplina sull’elezione dice anche che, laddove le Camere siano sciolte ovvero laddove manchino meno di 3 mesi alla loro cessazione, l’elezione avverrà ad opera delle nuove Camere, ciò perché se il mandato parlamentare è quasi completato allora si ritiene che le Camere siano prive di potere a legiferare. I poteri del Presidente della Repubblica vengono prorogati fino all’elezione del nuovo Presidente, perché è necessario fra il termine della scadenza dell’organo e il suo rinnovo, il vecchio organo rimane in carica fino a quando il nuovo organo non prende posizione  garantire continuità all’organo costituzionale. Votazione: voto segreto, per i primi 3 scrutini è richiesta una maggioranza rafforzata (maggioranza dei 2/3), se non ci si riesce, dal 4° in poi è sufficiente la maggioranza assoluta. Durata e cessazione della carica di Presidente della Repubblica: la carica di Presidente della Repubblica dura per 7 anni e per quanto riguarda la cessazione avviene per: 1. Conclusione del mandato; 2. Morte; 3. Impedimento permanente; 4. Dimissioni; 5. Decadenza a causa della perdita del requisito dell’eleggibilità  sanzione accessoria rispetto alla condanna per la commissione di determinati reati. Il Presidente della Repubblica, scaduto il suo mandato, viene eletto senatore a vita, a meno che non vi rinunci espressamente. Il Presidente della Repubblica, essendo un organo di garanzia, è un organo totalmente irresponsabile  non risponde per le azioni che compie, per l’operato in capo all’esercizio delle sue funzioni, ma ne risponde solo nei casi di: 1. Alto tradimento 2. Attentato alla costituzione Come si fa a metterlo in stato d’accusa? Il Parlamento, in seduta comune, mette in stato d’accusa il Presidente con voto favorevole da parte della maggioranza dei membri del Parlamento (non dei votanti, ma del complesso) PROCEDIMENTO DI MESSA IN STATO D’ACCUSA. MESSA IN STATO D’ACCUSA È presente un giudice chiamato a scrutinare, la CC = composta in maniera integrata (15 membri della Corte +16 giudici estratti a sorte da un elenco dove sono ricompresi tutti i cittadini con i requisiti per essere eletti a senatori, cioè che hanno il diritto di elettorato passivo per il Senato. CONTROFIRMA = tutti gli atti del Presidente della Repubblica necessitano, oltre della firma del Presidente, anche di una controfirma. Ciò vale per tutti gli atti del Presidente, tranne per le dimissioni (atto personalissimo). Art. 89 Cost.  nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dal ministro proponente o, per gli atti che hanno valore legislativo e altri atti che hanno valore di legge, dal presidente del Consiglio dei ministri. È quindi un requisito per la validità dell’atto del Presidente, senz’essa non è valido; con la controfirma si trasferisce la responsabilità dell’atto al Governo. Quali atti può fare il Presidente della Repubblica? 1. Atti formalmente presidenziale e sostanzialmente governativi  emanazione degli atti con forza di legge, compresi decreti-legge e decreti legislativi delegati; in generale la promulgazione delle leggi perché la legge non è un atto sostanzialmente presidenziale, questi atti sono formalmente adottati dal Presidente, ma decisi sostanzialmente da un altro organo. Nel caso della ratifica dei trattati internazionali si tratta di un trattato negoziato dal Governo ma ratificato dal presidente. 2. Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali  atti che tanto per forma che per sostanza sono riconducibili al Presidente della Repubblica (ad es. nomina 5 senatori a vita, nomina 5 componenti della Corte costituzionale, rinvio delle leggi con messaggio motivato, convocazione straordinaria delle Camere). In tutti questi casi, come quelli sopra, la controfirma spetta sempre al ministro proponente. 3. Atti complessi ed eguali  decreto di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e il decreto di scioglimento anticipato delle Camere. Vengono definiti così perché sostanzialmente il contenuto del decreto è il risultato di un accordo (fra Governo e Presidente della Repubblica). In presenza di crisi di governo il Presidente della Repubblica ha un ruolo rilevante; è uno dei momenti di maggior rilievo del Presidente della Repubblica, perché deve verificare se il Parlamento possa o meno sostenere un Governo diverso rispetto a quello dimissionario; se questo non è possibile, risolve la crisi attraverso lo scioglimento anticipato delle Camere. Prima di sciogliere le Camere è previsto che il Presidente della Repubblica senta i presidenti delle Camere, i quali forniscono un parere obbligatorio, ma non vincolante. Si prevede inoltre che il Presidente della Repubblica NON possa sciogliere le Camere nel cosiddetto semestre bianco, cioè negli ultimi 6 mesi del mandato del Presidente della Repubblica, ad eccezione dell’ipotesi in cui questi ultimi mesi coincidano con gli ultimi 6 mesi di durata della legislatura, al fine di evitare che il Presidente della Repubblica possa sciogliere delle amere pienamente legittimate. Quando il Presidente della Repubblica appura l’impossibilità di risolvere la crisi, adotta un decreto di scioglimento delle Camere controfirmato dal governo dimissionario, cosicché il Presidente della Repubblica venga esonerato nella responsabilità dell’atto. Il governo dimissionario rimane in carica per l’ordinaria amministrazione per il regime della prorogatio. alla questione di legittimità costituzionale si siano presentate formalmente (presentato la loro partecipazione) nel giudizio costituzionale. L’EFFETTO DELLE PRONUNCE Tranne in casi eccezionali, l’accesso alla Corte è in via indiretta, non si può arrivare alla Corte costituzionale direttamente, tramite un ricorso diretto. Il modo normale per accedere alla Corte costituzionale passa attraverso un giudice e attraversi un giudizio, cioè attraverso un processo. Un giudice si trova a dover risolvere un caso. Se il giudice ha il dubbio che la norma che deve applicare violi norme della Costituzione e quindi sia incostituzionale, dovrà sospendere il suo giudizio e rivolgersi alla Corte costituzionale. Solleverà una questione di legittimità costituzionale in via incidentale (non è detto che avvenga nel giudizio, questione di costituzionalità in via incidentale). il giudice deve spiegare alla CC perché gli serve quella legge (spiegare la rilevanza, non può sollevare la questione su qualsiasi norma, ma su una norma che sia rilevante al suo giudizio), perché ritenga che sia incostituzionale (non manifesta infondatezza, deve dire che il fatto che quella norma sia incostituzionale ha un minimo di ragion d’essere, che ci sono delle ragioni sufficienti per dire che questa norma è incostituzionale, deve dimostrare che questa questione ha un fondamento giuridico. Se non lo spiega, la questione sarà manifestamente infondata e la corte la rigetterà.) e quali norme della Costituzione ritiene che quella legge violi (parametro, la norma della Costituzione che crede sia stata lesa.) Come prosegue la questione? La Corte costituzionale può pronunciarsi in due modi: 1. non sussiste un problema di costituzionalità della legge: la questione che ha sollevato il giudice è infondata, non sussiste alcuna violazione della costituzione. Questa tipologia di sentenza prende il nome di sentenza di rigetto. Con questa decisione la Corte rigetta la questione di costituzionalità sollevata dal giudice. Qual è l’effetto di una sentenza di rigetto? Nessuno, la sentenza di rigetto lascia le cose così com’erano, lo status quo ante. La norma è costituzionale e non pone problemi di legittimità 2. la corte ritiene che ci sia un problema di costituzionalità della legge. Quindi, la questione che il giudice comune ha sollevato è fondata; la legge che deve applicare a quel caso è una legge invalida (per il criterio gerarchico). La conseguenza dell’invalidità è l’annullamento, pronunciato appunto dalla Corte costituzionale (sentenza di accoglimento, accoglie la questione prospettata dal giudice comune). L’effetto della sentenza di accoglimento è erga omnes, si produce nei confronti di tutto l’ordinamento giuridico, e significa essenzialmente che quella norma non potrà mai più trovare applicazione nel nostro ordinamento, né ai casi pregressi né ai casi futuri. Può succedere però che da una stessa disposizione (testo di legge) si possano ricavare più norme, e che quindi la disposizione x possa esprimere ad esempio le norme a, b, c. Può capitare che solo una o alcune di queste norme siano incostituzionali, ma non le altre. La norma x interpretata nel modo a potrebbe essere incostituzionale, ma non lo è se viene interpretata nel modo b ad esempio. In questi casi, la Corte costituzionale può rispondere in due modi: - sentenza interpretativa di rigetto; la questione di costituzionalità sollevata dal giudice comune non è fondata perché da quella disposizione x si può ricavare non solo la norma a, ma anche la norma b e la norma, a differenza della norma a, non è incostituzionale. La norma b è compatibile con la Costituzione. Ad essere incostituzionale è solo la norma a. la Corte, quindi, decide sull’interpretazione della disposizione. Il rigetto si fonda solo su una particolare interpretazione, mentre la corte ne fornisce un’altra, diversa da quella fornita dal giudice comune. Le sentenze interpretative di rigetto hanno effetti inter partes, cioè solo su quel giudice e su quel giudizio, non su tutti gli altri giudizi. Semplicemente la CC invita il giudice a interpretare la legislazione da applicare al suo caso in maniera conforme a costituzione. Per gli altri giudici sarà invece un invito, non è obbligatorio, perché il rigetto lascia lo status quo ante, e siccome i giudici sono soggetti soltanto alla legge, vi potrebbero essere dei giudici che nonostante la sentenza interpretativa di rigetto continuano a dare a quella disposizione x il significato a. - sentenza interpretativa di accoglimento; può accadere che i giudici continuino a ricavare dalla disposizione x la norma a, quindi non accettando la prima sentenza di rigetto. La CC ravvisa quindi un problema sugli effetti della sua pronuncia. Se tutti i giudici applicano una norma non conforme a costituzione, la corte costituzionale adotterà una interpretativa di accoglimento, che afferma che la disposizione x, se interpretata nel modo a, è incostituzionale. Dichiara quindi fondata la questione sollevata, la accoglie, ravvisa una invalidità della norma a, di uno dei significati, e procede al suo annullamento. Dichiarerà incostituzionale la disposizione x se interpretata generando la norma a. la disposizione x rimane nell’ordinamento, ma da quel momento poi non si potrà più ricavare la norma a (effetti erga omnes) LEZIONE 20 (20.12.2021) DIRITTO AMMINISTRATIVO Il diritto amministrativo disciplina la pubblica amministrazione nei suoi rapporti con i privati, in particolare si configura come l’insieme delle regole che si applicano alle pubbliche amministrazioni, le quali hanno come compito la tutela degli interessi pubblici. In particolare, il diritto amministrativo è peculiare perché si compone di diritto pubblico da un lato e di diritto provato dall’altra. La componente di diritto pubblico che troviamo nel diritto amministrativo disciplina l’attività amministrativa. Le pubbliche amministrazioni dispongono di poteri particolari, di cui i privati non dispongono. Questo potere speciale dell’amministrazione si traduce nel provvedimento amministrativo. Il provvedimento amministrativo si impone unilateralmente al destinatario e autoritativamente al destinatario; non richiede quindi un accordo con il destinatario, si impone anche contro la sua volontà (no principio consensualista). Per quanto riguarda la componente privatistica, le pubbliche amministrazioni dispongono anche della capacità generale di diritto privato. In questo caso però l’atto di diritto privato che può porre la pubblica amministrazione (contratto) è sempre accompagnato da una parte pubblicistica (deliberazione a contrarre, un atto con cui la pubblica amministrazione stabilisce la possibilità di concludere quell’accordo di diritto privato, o l’indizione di una gara che serve a individuare il contraente). Questo perché appunto la pubblica amministrazione ha una peculiarità, esercita dei poteri pubblici nonostante sia un soggetto privato. In particolare, il diritto amministrativo ha due caratteristiche: - in passato era diritto statale; la pubblica amministrazione è legata all’esecutivo, i ministeri che hanno autorità amministrativa hanno al proprio vertice un ministro. Inoltre l’attività amministrativa per il principio di legalità è soggetta alle leggi del parlamento. Adesso sono intervenuti dei cambiamenti nell’orientamento: 1. Lo stato italiano è entrato nell’UE; la parte preponderante del diritto amministrativo italiano è mutuato da quello dell’unione europea 2. lo sviluppo di ordinamenti di carattere globale; le pubbliche amministrazioni in materia sanitaria (ministero della salute deve rispettare i criteri dell’OMS). Anche l’attività amministrativa nazionale, che una volta era esclusivamente diritto statale, ora viene influenzata sia dalle organizzazioni amministrative sovranazionale. C’è una perdita dell’ancoraggio statale del diritto amministrativo perché lo stato italiano ha carattere regionale. Infatti, alle regioni sono attribuite numerose competenze legislative e amministrative in moltissime materie (trasporti, turismo ecc…) quindi il diritto amministrativo non è più solo diritto statale. - Il diritto amministrativo è un diritto speciale, perché le pubbliche amministrazioni godono di poteri unilaterali e autoritativi (si impongono anche contro la volontà dei destinatari). La specialità del diritto amministrativo è rafforzata dalla presenza di un giudice speciale (1° grado: tribunale amministrativo regionale, 2° grado -grado d’appello- Consiglio di Stato) che giudica l’utilizzo da parte della pubblica amministrazione dei propri poteri speciali. Inoltre, proprio stante l’assenza di un corpus di norme unitario, coeso per quanto riguarda il diritto amministrativo, la giurisprudenza amministrativa ha svolto una funzione ordinante, perché ha supplito a quelle carenze normative che la giurisprudenza ha dovuto colmare. L’attività amministrativa si affianca ad altre due attività: funzione legislativa e funzione giurisdizionale. Per quanto riguarda il rapporto con la funzione legislativa, la Costituzione e le leggi determinano gli obiettivi generali, i compiti generali che lo Stato deve perseguire e istituiscono le pubbliche amministrazioni che devono procedere alla tutela concreta di quegli interessi. I fini del legislatore sono quelli indicati in Costituzione. All’interno della cornice costituzionale il legislatore svolge la sua funzione di indirizzo politica, detta una serie di regole attraverso le quali individua gli interessi pubblici da tutelare. Sulla base di questi interessi stabiliti dalla legislazione interviene l’attività ammnistrativa, che dovrà stabilire in maniera puntuale e concreta come soddisfare questi interessi pubblici. La legge individua un interesse pubblica generale, e l’attività della singola amministrazione stabilirà come soddisfare quell’interesse in concreto. La funzione amministrativa si differenzia dalla funzione legislativa perché riguarda sempre situazioni specifiche, è diretta a una diretta e immediata trasformazione della realtà. La funzione amministrativa si differenzia anche dalla funzione giurisdizionale; entrambe si riferiscono a casi specifici e concreti, ma la differenza è che la funzione giurisdizionale si distingue dalla funzione amministrativa perché il fine della funzione giurisdizionale è di tutelare l’osservanza del diritto oggettivo. Quindi, l’attività giurisdizionale cura un unico interesse concreto, che è appunto la tutela delle leggi. La pubblica amministrazione invece deve tutelare una pluralità di interessi pubblici. Inoltre, una seconda differenza tra attività giurisdizionale e amministrativa è data dal fatto che la funzione giurisdizionale è attribuita a un potere autonomo dello stato, la magistratura; le pubbliche amministrazioni invece sono dipendenti dal potere politico, hanno sempre un vertice politico, il ministro. La pubblica amministrazione ha un significato costituzionale per una serie di motivi: - L’amministrazione è indispensabile per l’esistenza di uno Stato, al punto che l’emergere e il consolidarsi di un’organizzazione amministrativa burocratica è stato uno dei criteri per qualificare come Stato un determinato ordinamento territoriale. Non si può parlare di Stato in senso tecnico se manca un’amministrazione pubblica e in particolare l’amministrazione pubblica è sorta con il sorgere dello Stato assoluto. Lo Stato per antonomasia in cui nasce la pubblica amministrazione è stata la Francia. - Nello stato moderno il cuore di ogni attività sta nella pubblica amministrazione. I diritti politici, civili, sociali, di carattere economico sono tutti in mano alla pubblica amministrazione. Sono previsti dalla Costituzione (nella prima parte), specificati dalla legislazione, ma rimarrebbero ineffettivi se l’amministrazione non funzionasse bene. In caso contrario rischierebbero di essere mere enunciazioni sulla carta.
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