Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti lezioni di Diritto Pubblico, Appunti di Diritto Pubblico

Appunti presi durante i corsi di diritto pubblico.

Tipologia: Appunti

2013/2014

In vendita dal 12/06/2014

therokko
therokko 🇮🇹

3.5

(4)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti lezioni di Diritto Pubblico e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! Diritto Pubblico: Diritto Costituzionale e Amministrativo. - Il concetto di Diritto e il concetto di Stato. - Il diritto come insieme di regole di condotta - La peculiarità della regola giuridica rispetto agli altri tipi di regole di comportamento - Il diritto come ordinamento giuridico - La pluralità degli ordinamenti giuridici - Gli ordinamenti politici e in particolare lo Stato come ordinamento giuridico originario e sovrano - Il concetto di costituzione : costituzione formale e costituzione materiale - Stato comunità (Repubblica o Stato ordinamento) e Stato apparato (o soggettivo) - Gli elementi essenziali: popolo, territorio e governo - La cittadinanza Il diritto come insieme di regole di condotta Il diritto visto sotto un primo e più immediato angolo visuale è composto da regole di condotta che impongono comportamenti inter soggettivi. Così si distinguono da quelle morali, da quelle religiose e fisiche che si indirizzano non soltanto all’uomo nei rapporti con gli altri ma anche al singolo. Questo complesso di regole di condotta ha un preciso scopo: assicurare la pacifica convivenza all’interno della comunità nella quale vengono poste. La pacifica convivenza può essere assicurata soltanto mediante il raggiungimento di due scopi essenziali: certezza del diritto e certezza dell’osservanza del diritto stesso. (uscire dallo stato di natura di Hobbes: altro uomo come potenziale nemico). Norme di relazioni tra persone fisiche, giuridiche, tra ordinamenti, ecc. La certezza del diritto viene assicurata soprattutto mediante la istituzione degli organi giurisdizionali: tribunali, corti costituzionali, corti internazionali e sovranazionali. Il secondo scopo (l’effettività) può essere raggiunto ricorrendo alla coazione, introducendo cioè accanto alla norma che impone il comportamento una norma complementare che stabilisca sanzioni a carico di chi non osserva la prima Fattispecie: porzione della realtà materiale considerata rilevante ai fini del diritto, cui l’ordinamento ricollega una regola. Certezza: sapere quale è la regola che si ricollega alla fattispecie Funzione giurisdizionale: IURIS DICERE dichiarare il diritto all’esterno – accertare la regola nel caso concreto. È compito del Giudice. La certezza dell’osservanza del diritto è il grado di affidamento che il soggetto può fare in ordine al fatto che se non rispetta la regola giuridica andrà in contro alla sanzione, che garantisce l’effettività della regola giuridica. Il solo fatto che la norma sia posta non significa che sia effettiva : deve essere anche rispettata! Quale è il fondamento delle norme giuridiche, che le distingue dalle altre regole di condotta? Esiste specifica convinzione collettiva che essa sia indispensabile per la pacifica convivenza tra gli individui, per il funzionamento della società. (opinio iuris ac necessitatis). Questa indispensabilità pone la norma stessa, una volta emanata, in un rapporto di eteronimia rispetto ai destinatari. La regola è posta dall’esterno, da un soggetto altro (l’opposto dell’eteronimia è l’autonomia). La violazione delle norme che poggiano sulla convinzione collettiva provoca perciò immancabili reazioni nell’ambito della società che esse sono destinate a regolare: società la quale non esita a sottoporre al giudizio dei tribunali i violatori delle norme, e addirittura eventualmente ad espellerli dal suo seno mediante il ricorso alla resistenza collettiva. Ciò vuol dire che le reazioni della società possono perfino giungere a reazioni di forza, ma solo quando violate siano norme effettivamente vigenti, non norme esistenti ma non osservate, prive cioè del requisito dell’effettività. 1 Il che vuole anche dire che la sanzione che talvolta può consisere anche in una coazione, accompagna sempre spostaneamente la norma dotata di effettività, cioè osservata, mentre quando accompagna una norma non osservata, anche se è una norma che esiste formalmente, si dimostra inefficace. Le sanzioni sono proporzionate sia all’importanza della regola giuridica e dal fine ultimo (il bene che nella sua materialità o immaterialità l’ordinamento considera meritevole di tutela- che l’ordinamente protegge). L’insieme di norme giuridiche può essere anche visto sotto un secondo aspetto, un aspetto unitario: come ordinamento giuridico . Questa definizione si affianca all’altra del diritto come insieme di norme: mai queste regole di condotta (come del resto tutte le altre regole della condotta umana) possono essere viste come avulse dalla collettività alla quale esse si dirigono. Una collettività vive in quanto si dà un diritto: ubi societas, ibi jus. Il concetto del diritto come ordinamento sottolinea il carattere unitario dele norme giuridiche, le quali lo assumono non appena la società diventa effettiva. Ordinamento giuridico: insieme delle regole vigenti in determinato momento storico e luogo, rispettate come effettive da un certo numero di soggetti che intendono vivere in modo pacifico, non nello stato di natura. (pax fisiche, giuridiche o ordinamenti più complessi) L’ordinamento giuridico presenta le seguenti caratteristiche: a) esso, attraverso l’insieme di regole di condotta che vengono poste, crea la propria organizzazione con i suoi centri di potere (luogo di imputazione giuridica di funzioni) b) l’ordinamento compie costantemente, senza mai arrestarsi, una discriminazione fra ciò che lo interessa e ciò che non lo interessa: esso decide sulla rilevanza dei comportamenti umani c) l’ordinamento giuridico, ancora, è capace di completarsi da sè: ciò vuol dire che l’ordinamento stesso rifugge dalle lacune (non vi sono fattispecie rilevanti nell’ordinamento che sono prive di regola giuridica – l’ordinamento si presume completo) d) esso infine predispone le garanzie, garanzie tendenti ad assicurare la vita futura dell’ordinamento anche in presenza dei prevedibili attentati che saranno apportati contro di esso. Le garanzie sono meccanismi istituzionalizzati che tendono ad assicurare la permanenza dell’ordinamento (sopravvivenza). Pensiero giuridico positivista tedesco favorisce il nascere del mito della completezza del diritto, attività giuridica assolutamente non valutativa. È meglio dire che l’ordinamento si concepisce come tendenzialmente completo. L’ordinamento ha 2 tendenze: essere completo e sopravvivere. L’alito di vita dell’ordinamento è la società, che ne fa non solo un complesso di norme ma una forma vitale con istinto di autoconservazione (l’ordinamento reagisce ai tentativi di violazione delle norme che minacciano la loro effettività). Validità: conformità di un atto o di un comportamento all’ordinamento giuridico che lo disciplina. (incostituzionalità è forma di invalidità delle leggi approvate dal Parlamento/ illeggitimità è invalidità rispetto all’atto amministrativo). La pluralità degli ordinamenti giuridici Gli ordinamenti giuridici sono di numero indefinito, in quanto molteplici sono i fini e gli interessi capaci di raggruppare gli uomini. Allo scopo di fare qualche esempio sulla molteplicità deli ordinamenti giuridici, si può pensare non soltanto ai più piccoli, come le società commerciali o le associazioni civili, ma anche a quelli più rilevanti, che tavolta sono più grandi dello Stato. Gli ordinamenti sono strutturati in maniera tale da poter coesistere. Un ordinamento giuridico che va al di là dei confini dello Stato è l’ordinamento sovranazionale, che si affianca a quello più tradizionale, e cioè all’ordinamento internazionale: con 2 Stato vinto all’occupante, mentre si ritiene ben possibile che, in caso di Stato federale, lo stesso territorio funga da elemento di esso e nel contempo dei singoli Stati membri c) un governo, inteso come organizzazione dei centri di potere, organizzazione che può essere oligarchica, fino a ridurre il numero dei centri di potere ad uno solo (monarchia assoluta, dittatura) oppure democratica, basata sul bilanciamento tra più centri di potere. La cittadinanza Il popolo è costituito dalle persone che fanno parte dello Stato in quanto ne hanno la cittadinanza. Il complesso del popolo è quindi costituito dal complesso dei cittadini , intendendosi per cittadini non soltanto le persone fisiche, ma anche le associazioni e le persone giuridiche aventi nazionalità (comunità intermedie) La cittadinanza non può essere tolta unilateralmente dallo Stato per ragioni politiche: questo dispone l’art 22 C. perchè in precedenza, sotto il fascismo, si era fatto largo uso del potere di togliere la cittadinanza, sia a singoli antifascisti, sia nel 1938 a interi gruppi della popolazioni (ebrei), privando costoro, in modo profondamente iniquo e disumano, di tutti i diritti che spettano al cittadino. La lgge sulla cittadinanza è la legge 91 del 1992, La disciplina legislativa contempera il principio fondamentale, in materia di attribuzione della cittadinanza, che è quello del diritto di sangue (ius sanguinis) con quello del diritto del territorio dove si nasce (ius soli) e infine con gli altri due del diritto di scelta (ius electionis) e della comunicabilità del diritto di cittadinanza di un membro della famiglia all’altro (iuris communicatio). 20.09 Le fonti del diritto - I caratteri delle norme giuridiche - Le fonti del diritto - Le fonti del nostro ordinamento - Il principio di gerarchia - Il principio di competenza - La riserva di legge - Il diritto non scritto - Il rinvio ad altri ordinamenti - La presupposizione Secondo una tradizionale affermazione, i caratteri delle norme giuridiche sono la generalità, l’astrattezza, la novità, l’imperatività o coazione. (norma è sottoinsieme delle regole giuridiche. Es: il presidente risponde di alto tradimento. Non è generale- ma è norma giuridica! Attentato alla costituzione e alto tradimento è fattispecie astratta). Il confine è labile. L’astrattezza significa che la norma è sempre volontà astratta, volontà preliminare all’azione, non volontà concreta, riferita ad un’azione particolare. In altre parole, la norma esamina la possibilità di una condotta futura: perche la norma venga applicata ad una situazione concreta, occorrerà che questa si manifesti e che il giudice, o qualunque altro organo competente, sia chiamato ad applicare la legge appunto al caso concreto. Fanno eccezione peraltro le norme retroattive da considerare pur tuttavia solo in parte ammissibili. Per quanto venuta ad esistenza, vive davvero quando si presenta il caso della vita che essa pretende di disciplinare, quando incontra la fattispecie. Normalmente la incontra in tribunale: è destinata ad essere applicata dai giudici, perchè il giudice che esercita la funzione giurisdizionale: individua il diritto applicabile al caso concreto. Finchè un giudice all’interno dell’ordinamento non incontra la norma essa ha una vita “virtuale”. Astrattezza è suscettibilità di ripetizione continua della norma, al di là del caso concreto, ma anche in futuro. 5 La P.A., invece, regola assetto di interessi: stabilisce come serie di interessi potenzialmente confliggenti debbano essere tra loro regolati. Chi dà la certezza che la regola applicata sia quella giusta? Il Giudice che individua la norma giusta nel caso concreto, la P.A. la applica e basta. Soggetti dell’ordinamento conformano spontaneamente le proprie condotte al contenuto prescrittivo delle norme. La norma vive davvero nell’ordinamento quando incontra il giudice. Generalità: la norma si riferisce ad una pluralità indefinita ed indeterminabile di casi e destinatari. A differenza l’atto amministrativo si riferisce a destinatari precisi o individuabili. Il fatto che le norme sono fatte per l’avvenire implica che non siano mai retroattive: la legge non dispone che per l’avvenire: la norma produce effetti solo dal momento in cui entra in vigore. Una norma retroattiva è costituzionalmente legittima quando l’estenzione del suo ambito temporale di applicabilità ………. nel passato rispetto al bene costituzionale protetto e non discriminatorio nei confronti di chi ne subisce l’applicazione. Anche la novità è un altro carattere tipico della norma giuridica: è intuitivo infatti che, proprio per il principio della relatività del diritto, ogni norma viene emanata per regolare un comportamento che fino a ieri si riteneva che non dovesse essere regolato, oppure allo scopo di modificare un già esistente regolamento di quel tale comportamento. È la capacità delle norme di innovare l’ordinamento giuridico, di attribuire a un determinato gruppo di casi della vita una regolazione giuridica che prima non avevano. Non tutte le proposizioni che sembrano norme innovano l’ordinamento. Leggi formali (legge di bilancio) che hanno la forma di legge, ma non sono norme in senso stretto perchè manca loro la caratteristica della novità. Secondo alcune teorie le uniche norme innovative sono quelle della Costituzione. L’imperatività (o coazione) consiste nel fatto che la norma prevede la sanzione. Va osservato come questo non sia uno dei caratteri essenziali delle norme giuridiche, le quali non poggiano necessariamente sulla sanzione, bensì sull’effettività, cioè sulla convinzione collettiva della loro obbligatorietà. Sotto questo profilo, si sogliono distinguere le norme stesse in norme: a) perfette, cioè munite di sanzione; b) meno che perfette, accomapagnate cioè da sanzioni che non sono in grado di ripristinare la situazione esistente prima della violazione della norma; c) imperfette, cioè non accompagnate da alcuna sanzione. La loro ragion d’essere posa sulla convinzione collettiva di essere necessarie. Suscettibilità della norma di causare in caso di violazione l’applicazione di una sanzione. L’effettività poggia sulla convinzione collettiva che quella regola sia necessaria per la convivenza pacifica. Per fonti del diritto si intendono gli atti ed i fatti dai quali hanno origine le norme giuridiche (diritto oggettivo), individuando le fonti-atto nel diritto scritto e le fonti-fatto nel diritto non scritto o, in senso lato, consuetudinario. Altra distinzione preliminare è quella tra fonti di produzione e fonti di cognizione (gazzetta): le prime destinate a individuare gli organi ed i procedimenti attraverso cui la norma viene posta in essere; le seconde, gli atti formali attraverso cui la norma prodotta viene portata a conoscenza dei soggetti destinatari. Le fonti del nostro ordinamento Nel nostro ordinamento le “fonti del diritto” furono per la prima volta elencate sistematicamente nelle c.d. “preleggi” cioè nelle “disposizioni sulla legge in generale” che aprono il codice civile 6 del 42 (artt. 1-9). L’e;enco formulato nell’art. 1 delle “preleggi” qualificava come fonti: 1) le leggi; 2) i regolamenti; 3) le norme corporative (soppresse con la caduta dell’ordianamento corporativo fascista); 4) gli usi. Questo elenco risulta oggi largamente superato alla luce della Costituzione del 48. Oggi, una prima ricognizione del sistema delle fonti di produzione operanti nel nostro ordinamento conduce ad individuare: 1) La Costituzione; 2) Le leggi costituzionali e di revisione costituzionale art 138 3) Le leggi formali del Parlamento art 70 ss. 4) Gli atti con forza di legge del Governo (decreti-legge…) 5) I regolamenti parlamentari e quelli degli organi dotati di particolare indipendenza (interni agli organi e provocano effetti diretti solo nei cfr degli organi) 6) Regolamenti dell’esecutivo (art 87 C.) e degli enti autonomi;, 7) Gli statuti, le leggi, i regolamenti regionali, distinti, nella tipologia e nella forma, a seconda della loro imputazione alle Regioni a statuto ordinario (artt. 117 ss. C.) od alle Regioni a statuto speciale; 8) Le norme di attuazione degli statuti speciali; 9) I contratti collettivi di lavoro (la cui eficacia risulata limitata dalla limitata attuazione dell’art 39) e gli accordi sindacali nel pubblico impiego 10) Le fonti comunitarie (regolamenti e direttive degli organi delle Comunità europee) che, ai sensi dei Trattati europei, svolgono la loro efficacia nel diritto interno (art. 11 C.) 11) Le fonti internazionali, consuetudinarie e convenzionali (art. 10 e 11 C.) (es. Trattati internazionali) 12) Le varie fonti di diritto non scritto, quali le convenzioni e le consuetudini costituzionali e le consuetudini e gli usi integrativi della legge. Il principio gerarchico Come ricondurre ad unità il complesso delle norme che emanano da questo ampio e articolato sistema di fonti? Due sono i criteri che vengono solitamente seguiti: quello della gerarchia tra le norme poste dalle diverse fonti e quello della separazione tra le competenze dei diversi centri di produzione normativa. Nella scala gerarchica vengono al primo posto la Costituzione, che è detta perciò “rigida”, cioè immodificabile da norme di rango inferiore, e le leggi costituzionali, cioè le leggi che aggiungono o sopprimono norme costituzionali, oppure emendano (“leggi di revisione”) la Costituzione in alcuni suoi precetti (art. 138 C.). Stessa forza formale della Costituzione. Al secondo posto vengolo le leggi fomali (fonti primarie=leggi dello Stato e delle Regioni e gli atti aventi forza di legge) Dispongono di una efficacia equiparata a quella delle leggi formali gli atti con “forza di legge” adottati dal Governo e riconducibili alle due categorie dei decreti legislativi (detti anche leggi delegate), di cui all’art. 76 C. e dei decreti-legge, di cui all’art 77. C. : i primi adottati in base ad una legge di delegazione delle Camere; i secondi, in casi straordinari di necessità ed urgenza e sottoposti a successiva conversione in legge. Due tipi di forza di legge: attiva e passiva. La forza di legge attiva è la capacità di abrogare o modificare un atto primario (es. una legge). La forza di legge passiva è la capacità che ha la fonte di resistere all’abrogazione o alla modifica da parte di un’altra fonte primaria. Vengono successivamente, in ordine di grado, i regolamenti (fonti secondarie) che sono emanati dal Governo o da altre autorità amministrative. Parliamo dei regolamenti che vengono adottati per dare attuazione ad una legge o integrarla. Secondarie perchè servono per rendere applicabili le primarie. Non possono nel contrasto prevalere. All’ultimo posto della scala gerarchica si collocano gli usi e le consuetudini (fonti-fatto), salvo quelle costituzionali cui la dottrina riconosce forza pari a quella della Costituzione. 7 Unità 3: L’interpretazione giuridica e l’efficacia delle norme nel tempo e nello spazio L’interpretazione della norma giuridica Interpretare la norma giuridica significa identificare l’esatta volontà del legislatore. Non è mai facile capire a fondo che cosa ha voluto chi ha posto la norma, quali fini ha voluto raggiungere, in seno ai vari gruppi di rapporti giuridici e in relazione alle singole “fattispecie” concrete. Perciò l’operazione di interpretazione della norma giuridica è sempre necessaria: non è possibile, senza procedere ad una più o meno complessa interpretazione, acquistare la certezza di aver capito che cosa ha voluto dire chi ha posto la norma, o per lo meno raggiungere una sufficiente approssimazione. La norma giuridica non è semplice oggetto di constatazione, come i dati che interessano le scienze della natura: l’interpretazione è procedimento caratteristico di tutte le scienze che tendono a ricostruire un pensiero o una volontà altrui, esterna rispetto al soggetto, da alcune espressioni di quel pensiero o di quella volontà L’interpretazione giuridica ha una natura intrinsecamente ed ineluttabilmente creativa. NB: Differenza norma/disposizione: La disposizione è la base testuale. La norma è l'interpretazione della disposizione. Interpretazione dottrinale, giurisprudenziale e, autentica e burocratica Si suole distinguere quattro tipi di interpretazione, a seconda del suo autore a) interpretazione dottrinale è quella che viene data dai giuristi. Negli ordinamenti moderni essa non è vincolante per nessuno, tanto meno per i giudici, anche se i pareri dei migliori giuristi influiscono grandemente – per la loro forza di persuasione – sull’interpretazione giurisprudenziale del diritto ( più libera, meno forte -> liberta delle scienza x cost) b) interpretazione autentica è quella che proviene da colui che ha posto la norma: dal legislatore se la norma è una norma di legge, dal potere esecutivo se la norma è una norma da regolamentare. Chi pone la norma può infatti, mediante un secondo intervento, esplicitare in modo vincolante la norma precedentemente posta. Di fronte all’interpretazione autentica (che è un nuovo comando, poichè impone di interpretare la prima norma in un determinato senso), cadono le interpretazioni differenti; (x def retroattiva: la sua fattispecie è la disposizione precedente che deve interpretare!) Le norme retroattive non sono di per loro incostituzionali, ma devono essere ragionevoli. Non finalizzate a penalizzare gli uni a vantaggio di altri, ma per soddisfare interesse generale da considerarsi prevalente sulla parità di trattamento. c) interpretazione giurisprudenziale (divieto di non liquet – obbligo di dirimere la controversia diverso dal giurista che può anche non volere interpretare una norma) del diritto è quella che viene data dai giudici, in particolare dalla suprema magistratura di legittimità, che è (in Italia) la Corte di cassazione; nonchè dalla suprema magistratura di legittimità costituzionale, la Corte Costituzionale. Se interpretazione dottrinale non funge da precendente per giudizi, quella giurisprudenziale si per i giudici. Precedente significa non obbligo di interpretare come predecessori, ma di avvalorare le proprie sentenze proprio sulla base delle precedenti. Su cosa incide la diversa interpretazione del giudice? Sulla certezza del diritto! Conflitti di interpretazione sono positivi perchè creano confronto. L’ordinamento prevede uno strumento: funzione nomofilattica (art 65 dell’ord. giudiziario) . Afferma che spetta alla corte di cassazione titolare di tale funzione, garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione del diritto. Conflitti risolti con appelli e ricorsi in cassazione che protegge l’uniforme applicazione del diritto. Sezioni unite, che sono parte della corte, che si occupano in particolare di questa funzione. Perchè conflitti su interpretazione possono esserci anche tra sezioni! Presupposto è che interpretazione sia sorta di attività matematica, quindi funzione nomofilattica è velleitaria! Esattezza non si può pretendere, perchè interpretazione non è solo logica, ma anche creativa. 10 d) interpretazione burocratica è quella che ricorre quando all’interno di un ministero, agli organi fra cui vige il principio di gerarchia viene impartita (talora mediante circolari) da parte dell’organo supremo (di regola il ministro) una determinata interpretazione di una norma di legge o regolamentare. È vincolante solo nella misura in cui l’autorità amministrativa che se ne discosta non lo faccia in maniera motivata e ragionevole. Se così non avviene il provvedimento amministrativo (quello prodotto dall’organo sottordinato) è viziato da eccesso di potere. La non conformità all’interpretazione è sintomo di eccesso di potere, ma non significa che sia necessariamente illegittimo (se ne è data motivazione giusta) La disciplina dell’interpretazione è contenuta nell’art 12 delle preleggi. Afferma che “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall’intenzione del legislatore” 2 criteri: 1) interpretazione letterale o grammaticale, durante la quale ci si pone il problema di che cosa vogliano dire lessicalmente, e secondo le regole della grammatica e della sintassi, le singole parole e le frasi; (non ci sono dubbi sulle parole e sul significato di esse che è univoco) 2) interpretazione logica cioè all’accertamento di quella che presumibilmente è stata la più ragionevole intenzione del legislatore. (nel contesto normativo, le altre parole e frasi che ci sono prima e dopo) In un terzo momento, o quando restano dubbi di interpretazione, perchè di ragionamenti ce ne possono essere più di uno e tutti validi, si ricorre ai lavori preparatori, che hanno un notevole peso soprattutto per le norme legislative e per quelle costituzionali. Per i casi in cui l’applicazione dei precedenti criteri non abbia dato esito, l’art 12 delle preleggi, prevede che “se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; e se il caso rimane ancora dubbio si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato”. Da tale secondo comma discendono ulteriori criteri ermeneutici, che hanno carattere sussidiario 3) l’analogia legis, in base alla quale, quando non si trova una disposizione normativa che si applichi in maniera convincente alla fattispecie concreta, se ne cerca una vicina, affine, dalla quale più o meno, con maggiore o minore approssimazione, sia possibile ricavare la regolazione cercata. L’analogia è esclusa da alcune materie, anzitutto dalle leggi eccezionali e dalle leggi penali (art 14 preleggi). Principio delle fattispecie penali incriminatrici che devono essere tassative, dettate dal legislatore e basta. 4) l’analogia iuris, che consiste nel ricorrere all’ausilio dei principi genearli del diritto, cioè ad un’interpretazione basata sul quadro generale risultante dalle leggi in vigore. Se guardiamo poi ai risultati dell’operazione interpretativa, troveremo che talvolta, rispetto al significato della norma che appare a prima vista, l’interpretazione porta ad estenderne il raggio di azione (interpretazione estensiva), talvolta porta all’opposto, a restringerlo (interpretazione restrittiva) e talvolta porta addirittura ad un mutamento del significato che all’origine, in tempi diversi e con una società ormai cambiata, era tutt’altro di quello attuale (interpretazione storico evolutiva). La validità ultima del diritto poggia sull’effettività! Quando poi l’interpretazione ha lo scopo di individuare fra le varie possibili interpretazioni di una disposizione quella più rispondente al quadro costituzionale, si parla di interpretazione conforme a costituzione (selezione tra norme di quella maggiormente rispondente a fini e valori della cost, obbligo per giudice). 11 I canoni di interpretazione delle norme costituzionali presentano alcune caratteristiche che li distinguono dagli altri, ed in particolare da quelli di interpretazione delle norme privatistiche: il diritto costituzionale, infatti, poichè regola la materia politica, viene definito “diritto politico” , espressione cioè dell forze politiche che lo posero in sede costituzionale e di quelle che prevalgono (condizionate da più parti) nel momento in cui lo si vuole interpretare. Occorre perciò che l’interprete delle norme costituzionali, pure utilizzando tutti i sistemi ora descritti (fra i quali riceve particolare rilievo quello storico, basato cioè sui lavori preparatori e in genere sulle origini del potere costituente e sulla evoluzione storica dei principi “programmatici”), abbia la più piena conoscienza dei rapporti politici e dei relativi conflitti di interessi che la Costituzione intende arbitrare. La Costituzione può essere interpretata come da art 12 preleggi ma anche in modi diversi! Secondo parte della dottrina, le norme costituzionali troverebbero un proprio ed autonomo criterio di interpretazione nei “valori” che la Costituzione esprime (c.d. interpretazione per valori); di talchè le norme costituzionali dovrebbero essere sempre interpretate in maniera da risultare in armonia con i valori fondanti che ispirano la Costituzione repubblicana (lavoro, integrità della persona, ecc..). Individuazione dei valori è a sua volta frutto di interpretazione… Livello di soggettività alto, per essere valori condivisi da tutti devono essere valori così astratti da essere inutili (valore della vita condiviso da tutti, ma per met può cominciare dai 3 mesi, per te dalla nascita). L’inizio dell’obbligatorietà delle leggi e dei regolamenti è fissato dall’art. 73 C. e dall’art 10 preleggi, nel quindicesimo giorno successivo a quello della loro pubblicazione (salvo che non sia altrimenti disposto) Questa è la c.d. vacatio legis, cioè il tempo di sospensione dell’efficacia di una legge già approvata e promulgata, che ha lo scopo di permettere che di essa si prenda piena conoscenza da parte di tutti gli interessati. Essa è dunque strettamente collegata al principio per cui ignorantia legis non excusat. Rispetto a tale principio la giurisprudenza della Corte costituzionale ha individuato una fondamentale eccezione nel caso dell’oscurità della legge. La reola della vacatio peraltro non è assoluta, perchè molto spesso, per dichiarata volontà del legislatore, il termine ordinario dei quindici giorni, viene modificato o anche soppresso. Oscurità può essere portata a discolpa della violazione di tale legge. La legge, di regola, non dispone che per l’avvenire. Cosi dice espressamente il primo comma dell’art 11 delle preleggi. La legge ha una destinazione limitata ai comportamenti futuri. Per quanto riguarda poi le leggi punitive, l’art 25 secondo comma (fattispecie penali incriminatrici: norme che qualificano un determinato comportamento come reato) della Cost stabilisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Quindi questa norma rende assoluto ormai, perche costituzionale, il principio del divieto della retroattività. Anche le leggi tributarie retroattive sono profondamente incivili, quando colpiscono a posteriori un reddito o un capitale che l’interessato ha a suo tempo impiegato o speso in relazione al carico fiscale che egli poteva prevedere allora esistenti, in base alle leggi allora vigenti. (non è espressamente detto nella cost ma si deduce dalla giurisprudenza) C’è un altro principio che la letteratura dà come pacifico: quello della assoluta non retroattività dei regolamenti (fonti secondarie – dare attuazione alle norme di legge, non possono essere retroattive perchè vieterebbero la legge stessa che attuano in quanto essa non è retroattiva) . L’art 11 delle preleggi vieta infatti ogni normazione retroattiva : solo la legge (statale o regionale) in quanto fonte primaria, può derogarvi. Si cerca in qualche modo di delimitare anche il principio della possibile retroattività della legge, invocandosi da alcuni l’intangilbilità dei c.d. diritti quesiti e rapporti esauriti, cioè delle situazioni relative a diritti o a rapporti giuridici derinitivamente acquisiti alla persona o al patrimonio della persona, situazioni che sarebbero intoccabili. Es: contratto a prestazioni 12 Per forma di governo si intende invece la ripartizione del potere politico tra i supremi organi dello Stato. Così la forma di Stato si risolve nel modo di essere dell’assetto della corporazione statale, mentre la forma di governo ha riguardo solo ad uno degli elementi di cui si compone la corporazione statale, e precisamente al potere politico nel suo esercizio (Paladin). L’ha adottata il revisore costituzionale che ha adottato la legge cost n.1 del 1989 la quale ha riformato l’art 123 della Cost prevedendo che gli Statuti Regionali (ordinari) debbano disciplinare la forma di governo regionale. È il rapporto tra gli organi di indirizzo politico. (fini politci e mezzi per raggiungerli) Forma di Stato:Forma di governo=fini:mezzi Le forme di Stato in base all’articolazione territoriale: Stati unitari, Stati federali e Stati regionali. Secondo la loro composizione si distinguono Stati unitari, federali, regionali. Gli stati unitari sono quelli che, pur rispettando le autonomie locali e in genere le “comunità intermedie” conservano però una rigorosa centralizzazione delle funzioni con un unico Governo, unico presidente, e con organi costituzionali rappresentativi solo centrali. Non praticano nessun decentramento di funzioni. (Francia) Esistono Distretti ma non hanno autonomia, sono solo appendici dello stato centrale: non sono costituiti da amministratori eletti! Lo Stato federale è viceversa quello composto dalla riunione di più stati, i quali hanno conservato ed intendono conservare ciascuno parte della propria sovranità, ma affidano il residuo dei loro poteri - almeno la politica estera e la politica militare - a un Governo federale, che si distingue perciò dai governi dei singoli Stati, e a capo del quale vi è di regola un presidente federale. Fedus = patto per l’esercizio di alcune funzioni. Il rapporto è basato sul riparto di competenze. Tecnica della clausola residuale: le materie elencate nella costituzione sono affidate alla competenza dello Stato federale. Tutte le altre, che residuano, sono affidate alla competenza dello Stato membro federato. La regola è la competenza dello stato membro, l’eccezione, opportunamente elencata, è la competenza dello stato federale. Si parla di confederazioni ogniqualvolta si ha una dinamica storia opposta: non sono gli stati che si uniscono, ma uno stato unitario che si decentra in più stati membri. Di Stato regionale, invece, si suole parlare come di un tipo di Stato intermedio fra lo Stato unitario e lo Stato federale. Lo Stato regionale rispetto a quello unitario amplia la sfera delle autonomie locali, portandole dall’ambito tradizionale del comune e della provincia ad un ambito territoriale più vasto. I costituenti si posero il problema se trasformare o no l’Italia in uno Stato federale, ma decisero negativamente perchè sussisteva una forte tradizione centralistica. Ma pensarono allora che potevano ben essere create delle regioni che, senza avere le caratteristiche degli Stati federali, potesero essere titolari anche di una propria potestà legislativa, in gran parte autonoma da quella dello Stato, e alle quali potesse essere assicurata una robusta autonomia finanziaria. Rappresentanze democraticamente elette! In Italia manca la clausola residuale, per cui normalmente le funzioni affidate alle regioni sono tassativamente indicate in costituzione. Nel nostro ordinamento (dalla legge cost 3 del 2001) è stato introdotto nell’articolo 117 4o comma una clausola residuale tipica degli stati federali. Ma non è ancora stato federale per 2 aspetti: negli stati federali le regioni/stati membri possono partecipare al procedimento di revisione costituzionale (le nostre non possono partecipare); inoltre esistono alcuni poteri, funzioni dello stato, che non hanno alcuna forma di decentramento (ad es la funzione giurisdizionale). Enti intermedi previsti dalla costituzione, necessari. Nella cost esiste possibilità, non necessità, di altre formazione tipo unione di Comuni. Relatività e flessibilità delle classificazioni: il bilanciamento tra uniformità e differenziazione (il principio di sussidiarietà) Le tradizionali classificazioni delle forme di Stato con riguardo all’articolazione territoriale soffrono la tendenza degli ordinamenti contemporanei a coniugare la necessaria uniformità che contraddistingue il modello statuale con la differenziazione imposta dalla valorizzazione dei corpi locali attraverso strumenti che praticano la flessibilità delle competenze. 15 In particolare, nella ripartizione delle competenze tra gli apparati di governo centrali (degli Stati federali o degli Stati regionali) ed i governi locali (degli Stati federati o delle Regioni), viene assumendo – specie nel contesto europeo - sempre maggior rilievo il principio di “sussidiarietà”, che consiste nell’attribuire, in linea di principio, al livello di governo più vicino ai cittadini la competenza ad esercitare i poteri pubblici (ai destinatari della sua funzione), consentendo che l’esercizio di tali poteri venga affidato al livello di governo superiore, solo quando, per specifiche “esigenze unitarie” (che giustifichino l’allocazione della funzione ad un livello di governo più elevato), il livello inferiore sia inadeguato a perseguire gli obiettivi o ad organizzare l’esercizio dei poteri. Art 118 Cost, meccanismo per contemperare entrambe le esigenze. Sussidiarietà è principio alla base anche dell’UE. Analogamente a come avviene all’interno dei confini nazionali, le funzioni sono allocate in base alla vicininanza all’utente destinatario della funzione stessa. Le forme di Stato in base al rapporto governanti-governati: Stati democratici e Stati autoritari Lo stato democratico, nelle sue varie forme ed accezioni, ha come presupposto fondamentale l’individuazione del fondamento del potere statuale nelle dedisioni del corpo elettorale. Nei regimi democratici non esiste funzione dello Stato che non tragga diretto (potere legislativo del parlamento) o indiretto (funzione giurisdizionale) fondamento nelle scelte libere del popolo sovrano. Art 101 comma 2 della Cost: Principio di legalità. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Il giudice esercita la sua funzione essendo vincolato dalla volontà espressa da parte dell’organo (Parlamento) che è eletto a suffragio universale diretto. Questo non significa che il giudice è soggetto alla volontà del Parlamento come organo. Il giudice decide secondo la volontà astratta del legislatore, ovvero la legge. È un vincolo tra funzioni, non tra organi. Il secondo vincolo indiretto della funzione giurisdizionale è il seguente: nel nostro ordinamento le sentenze dei giudici sono pronunciate in nome del popolo italiano. Ciò significa che sono pubbliche e che tutti possono prenderne visione, e questo fa sì che si instauri un controllo diffuso (non specifico degli atti) da parte della collettività. Controllo in senso lato, politico, su come la funzione giurisdizionale viene esercitata. Lo stato autoritario, invece, nega il ricorso al corpo elettorale per legittimare i poteri pubblici. Esso è retto da un principio di investitura non necessariamente promanante da Dio, o di carattere legittimistico, ma “sedicentemente” popolare; sedicente perchè il consenso popolare, che talvolta sussiste all’atto della instaurazione della dittatura (ma quasi sempre è frutto di violenza), si presume sussistere perennemente, senza che sia possibile verificarne a presenza periodicamente, interrogando il corpo elettorale. Il Capo, il dittatore, ha poteri illimitati, che non divide con altri organi di pari sovranità: e così difatti accadde nella germania nazista e nell’Italia fascista. Questo Capo non può tollerare altri partiti al di fuori di quello che egli stesso ha autorizzato, unico partito legittimo in uno Stato del genere, espressione di chi detiene il potere. In uno Stato cosiffatto è reato anche la semplice manifestazione del pensiero contraria all’opinione del dittatore. Solitamente non vi è separazione dei poteri, di stati che non tollerano il pluralismo e che limitano le libertà fondamentali o che non le riconoscono affatto. Idee e forme di democrazia Sul piano teorico si possono distinguere diverse nozioni di democrazia: a) per democrazia in senso formale si intende un regime in cui le decisioni pubbliche sono adottate nel rispetto di una procedura, quella appunto democratica, che garantisce la piena partecipazione di tutte le istanze provenienti dal popolo; democrazia come sequenza di atti e comportamenti. b) per democrazia in senso sostanziale si intende un regime in cui sono riconosciuti e garantiti a tutti i membri dell’ordinamento una serie incomprimibie di diritti e libertà fondamentali. 16 Es cittadini che votano ed approvano legge razziale: stato democratico formalmante ma non sostanzialmente! Nozioni alternative! c) per democrazia in senso discorsivo o deliberativa si intende un regime basato sul c.d. “principio del discorso”, ossia sulla facoltà riconosciuta ad ognuno di sollevare mediante la formulazione di enunciati prescrittivi la pretesa all’ideale validità di un’asserzione. Secondo questa nozione vi è democrazia se è riconosciuto a tutti il diritto di sostenere argomenti per convincere altri che la propria posizione individuale dovrebbe essere quella assunta dall’ordinamento e recepita da una decisione pubblica. d) Per democrazia in senso catallatico o della responsabilità (Schumpeter) si intende un regime imperniato sulla competizione elettorale tra le forze polithce, in cui la periodica revisione del consenso elettorale è la “sanzione” per chi ha mal governato. Minoranze in competizione tra loro per l’ottenimento del potere pubblico. (Concorrenza monopolistica, non nel mercato ma per il mercato - tutto). Il momento elettorale non è l’investitura dei governanti, ma è momento discendente in cui i vecchi governanti non vengono rieletti per aver mal governato. Si contrappone alla c.d. democrazia della rappresentanza in cui le elezioni sono viste come investitura democratica dei governanti (ascendente). Sul piano organizzativo, invece, si possono distinguere le seguenti forme di democrazia: a. la democrazia diretta. Il modello classico di tale forma di democrazia è rappresentato dall’Atene periclea in cui il popolo adottava tutte le decisioni pubbliche, non solo politiche ma anche quelle giudiziarie (processo di Socrate) b. la democrazia rappresentativa. Oggi, però, il principio democratico si realizza nella forma della democrazia rappresentativa: attraverso il suffragio, che ormai è universale, si costituiscono organi rappresentatvi, cui viene attribuita l’adozione delle politiche pubbliche. Restano anche istituti di democrazia diretta, come i referendum e la iniziativa legislativa popolare. Democrazia partecipativa: recupero di istanze di democrazia diretta in una democrazia rappresentativa. Le forme di governo nell’esperienza storica: monarchie e repubbliche È ormai normalmente respinto il criterio di differenziazione basato sulla durata (a vita) e sulla ereditarietà della carica per quello che riguarda la monarchia, in contrapposizione alla elezione e alla durata temporanea della carica in relazione ai presidenti della Repubblica. Si sono avuti difatti nella storia, e si hanno tuttora, esempi di re o di monarchi elettivi (si pensi ai re polacchi, agli imperatori romani, e attualmente al Papa, quale capo dello Stato della Città del Vaticano); e viceversa si hanno esempi di presidenti di repubbliche eletti a vita, così come il Doge, capo dello Stato repubblicano di Venezia. Si suole preferire come criterio di differenziazione quello della diversa fonte da cui deriverebbe il potere del capo dello Stato. Nelle monarchie questa fonte di potere sarebbe originaria; una volta investito, il monarca (sia che sia investito per successione ereditaria, sia che lo sia per designazione del suo predecessore, sia per elezione) sarebbe svincolato dalla volontà popolare. Egli sarebbe l’unico organo sovrano dello Stato, sia che la giustificazione del suo potere provenga dalla volontà divina o dal principio di legittimità o anche dallo stesso consenso popolare. Nelle repubbliche la sovranità, al contrario, non sarebbe attribuita al presidente della repubblica, bensì di regola, come dicono le costituzioni moderne, al popolo. Il popolo a sua volta esercita questa sovranità nei limiti e nei modi previsti dalle costituzioni, e cioè non soltanto eleggendo, in modo diretto o indiretto, un presidente della repubblica, ma anche eleggendo i suoi corpi rappresentanti collegiali (la Camera o le Camere) e altri corpi collegiali che sono anch’essi depositari di parte della sovranità, in quanto organi costituzionali; oltre che intervenendo direttamente nell’attività legislativa (referendum, iniziativa popolare) 17 Gran parte delle liste sono formate da poche persone dei partiti, quindi i proposti non sono sempre espressione della volontà territoriale. Per assumere lo status di membro del parlamento occorre che non sussistano cause di ineleggibilità; per conservarlo occorre che non sussistano cause di incompatibilità. Le cause di ineleggibilità, che rendono nulla l’elezione, si verificano quando mancano i requisiti per l’elettorato passivo e quando le condizioni personali o le funzioni svolte dal candidato gli consentirebbero una indebita influenza sull’elettorato. (non si può concorrere per essere eletti). Le ipotesi di incompatibilità tendono ad evitare che l’eletto eserciti contemporaneamente funzioni tra loro inconciliabili e pongono l’obbligo di opzione tra le due cariche. A differenza delle prime funzionano ex post: non precludono l’elezione, ma impediscono all’eletto di mantenere lo status di parlamentare, obbligandolo quando risulti titolare di due o più cariche elettive ad optare per una di esse. L’istituto di incompatibilità attiene alle funzioni di chi esercita lo status, non alle sue qualità personali. Problema di efficienza! Qualora ottengano una delle cariche incompatibili, dopo l’acquisizione del loro status, i membri del Parlamento debbono egualmente optare per l’una o per l’altra (incompatibilità sopravvenuta) La verifica dei poteri, che avviene a mezzo della Giunta delle elezioni di ciascuna Camera, investe tutte le questioni relative all’elettorato passivo, quelle relative alle cause di ineleggibilità e di incompatibilità originarie e sopravvenute, e quelle relative alla regolarità delle operazioni elettorali. La decisione è rimessa all’Assemblea, che decide definitivamente solo i casi che essa ritiene irregolari. (Verifica dei poteri è tratto esseziale dell’autodidia parlamentare. Autodidia significa “giusto da sè”-> autonomia costituzionale riconosciuta al parlamento comporta che solo il parlamento sia competente a decidere le controversie che riguardano i suoi membri e i suoi dipendenti.) Giunta delle elezioni è organo che si occupa di effettuare la verifica dei poteri ->verificare che gli eletti non fossero ineleggibili e che non siano incompatibili. Autodidia parlamentare pone problemi di terzietà del giudice. Processo di natura sostanzialmente contenziosa (il parlamentare può farsi assistere e rappresentare) ma a differenza di qualsiasi altro processo manca la terzietà. Questo favorisce le tendenze corporative dell’organo e lede le posizioni giuridiche dei terzi. Questi non possono nè rivolgersi al giudice ordinario nè attivare la giunta delle elezioni. Solo un membro del Parlamento può attivarla. L’affidamento a ciascuna Camera del controllo della validità delle elezioni dei membri del Parlamento è considerato coerente con il principio tradizionale di sovranità delle assemblee parlamentari; tuttavia esso appare non poco criticabile, in quanto si traduce nel conferimento alla maggioranza parlamentare di una potestà (di invalidare o meno le elezioni) che può essere esercitata a proprio vantaggio e a danno delle minoranze, senza che nessun organo abbia il potere di rilevare gli eventuali errori di diritto e gli eccessi di potere. Chi ha la maggioranza parlamentare ha anche la maggioranza dei gruppi (anche della giunta delle elezioni che non ha stimolo ad annullare elezioni che comporterebbe scioglimento delle camere e nuove elezioni) Autodidia c’è per motivazioni storiche: si riteneva che fosse il necessario presidio di autonomia per consentire al parlamento di affermare le proprie competenze nei confronti del monarca. Qual è il possibile sbocco della verifica dei poteri (alternativa ad autodidia)? Che il sistema venga travolto dalla giurisprudenza della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali di Strasburgo la quale si esprime sulla terzietà del giudice e sull’effettività della tutela giurisdizionale (dei terzi). Limitazioni e guarantigie Lo status di parlamentare importa una serie di limtazioni e una serie di garanzie. 20 Le limitazioni sono poste dall’art 98 Cost, che stabilisce che i pubblici impiegati, se sono membri del parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità. La legge, inoltre, prevede specifiche disposizioni sulla pubblicità delle situazioni patrimoniali dei titolari di cariche elettive e sulla trasparenza delle spese sostenute nell campagne elettorali. A garanzia dell’indipendenza del singolo parlamentare, nonchè della sovranità delle due Assemblee sono previste le c.d. guarentigie: - insindacabilità delle opionioni e dei voti, la quale, in estrema sintesi, significa che nei confronti dei parlamentare, anche dopo la cessazione dalla carica, non possono essere iniziate azioni di responsabilità nè penale, nè civile, nè amministrativa, basate sui voti dati e sulle opinioni espresse che risultino collegate all’esercizio delle funzioni parlamentari. Tale guarentigia è oggi confermata e attuata dalla previsioni di cui all’art 3 della legge 140 del 2003, che ha previsto che il giudice, di fronte al quale venga eccepita l’insindacabilità dei voti e delle opinioni espresse da un parlamentare, deve decidere immediatamente su tale eccezione e, qualora non intenda accoglierla, deve sospendere il processo (per non oltre novanta giorni), per chiedere alla Camera di appartenenza di stabilire se nei confronti del parlamentare sia applicabile la garanzia dell’art 68 Cost. Divieto di mandato operativo: l’ufficio ricevuto per l’elezione non può essere assolutamente assimilato al mandato civilistico. -immunità da arresti, perquesizioni e intercettazioni, che è stata mantenuta anche nella nuova formulazione dell’art 68 a seguito dell’abrogazione dell’istituto della più generale immunità da processi penali per i reati comuni ad opera della legge cost 3 del 1993. Infatti l’autorizzazione della Camera di appparteneza del parlamentare, solo nel corso del mandato elettivo, non è più necessaria per procedere ad indagini a suo carico, mentre è ancora necessaria per poter procedere a singoli atti di limitazione delle libertà tra i quali la perquisizione personale o domiciliare, l’intercettazione in qualsiasi forma delle comunicazioni, il sequestro della corrispondenza, l’arresto. (prima della riforma c’era l’autorizzazione a procedere: impediva l’esercizio dell’azione penale. L’organo della funzione inquirente non poteva svolgere in autonomia e con l’ausilio della polizia giudiziaria gli atti di indagine necessari per l’accertamento del reato. Discovery delle indagini: il p.m. doveva palesare all’esterno le indagini e chi fosse coinvolto, si scopriva il segreto. Parlamentare veniva a conoscenza di indagini a suo carico prima di qualsiasi altro normale cittadino e aveva anche lo schermo del parlamento). Procedimento insieme di atti e comportamenti che autorita inquirente pone in essere per verificare l’esistenza del reato e le condizioni per chiedere il rinvio a giudizio e chiedere di sostenere l’accusa in giudizio. Procedimento si conclude con atto ____ con cui l’imputato scopre che è imputato. Se poi il gup ritiene che possa essere rinviato a giudizio, inizia il processo. Procedimento protagonista è giudice che è terzo. Nel processo c’è diritto di contradditorio (???) pieno, massima pubblicità, ci vuole per forza il difensore. ma nel procedimento no, vi è segretezza e forte compressione di diritto di difesa. L’indagato non sa quali atti vengono compiuti per accertare reati da lui commessi o da altri sogetti. Altre guarentigie sono stabilite a favore del solo organo parlamentare nel suo complesso: gli artt 289 e 290 pen puniscono l’attentato (attiene alla compromissione fisica della libertà di azione delle Camere) e il vilipendio (offesa verbale) delle Camere. Inoltre, la forza pubblica non può entrare nelle sedi delle Camere se non è chiamata dal Presidente. ????La giunta per le autorizzazioni a procedere fa una delibera con cui afferma che il parlamentare che ha dichiarato certe cose era nel pieno esercizio delle sue funzioni parlamentari (carattere corporativo: giunta ha stessa composizione parlamentare del parlamento). Quindi, (il magistrato o il procuratore ha querelato parlamentare che si è espresso su indagini in corso) il giudice ha l’obbligo di decidere immediatamente e se non c’è stata la delibera delle camere deve sospendere il processo????? 21 Qualora poi il giudice non condivida la valutazione della Camera, potrà sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale, la quale – se del caso – potrà annullare la delibera parlamentare affermando la “sindacabilità” del comportamento in questione; La Corte ha progressivamente fissato dei paletti chiarendo che il luogo in cui vengono effettuate le manifestazioni del pensiero del parlamentare non determina l’esistenza del nesso funzionale. Ha ancora chiarito che la valutazione del nesso funzionale deve essere fatta rispetto non alle astratte competenze che ha il parlamentare ma ad una verifica concreta dell’attività svolta: la stessa dichiarazione su indagini parlamentari, se è fatta dal parlamentare della commissione giustizia è un conto, se fatta da parlamentare che non si è mai occupato di giustizia, è un altro conto: il nesso è più debole. Riunioni e durata delle Camere: proroga e prorogatio La prima riunione delle Camere si ha, per norma costituzionale, entro venti giorni dalle elezioni. (elezioni=proclamazione degli eletti) Le convocazioni ordinarie (o “di diritto”) sono fissate al primo giorno non festivo di febbraio e al primo giorno non festivo di ottobre. (anche quindi se non ricevono convocazione specifica) Le convocazioni straordinarie si tengono per iniziativa del Presidente della Repubblica, del Presidente della camera stessa, oppure di un terzo dei membri. Scandiscono i lavori parlamentari. Soltanto numero chiuso di soggetti può convocare straordinariamente le camere. Legge comunitaria per l’anno di riferimento: ogni anno va tenuta la sessione relativa tramite cui l’ordinamento italiano si adegua all’ordinamento della UE, recependo le direttive, misure attuative dei regolamenti comunitari e dare seguito delle sentenze della Corte di Giustizia: se sono state accertate violazioni del diritto comunitario da parte del paese. Sessione comunitaria, sessione di bilancio… Il periodo di vita di ciascuna Camera si chiama “legislatura” mentre i periodi di lavoro continuato si chiamano “sessioni” o “convocazioni”, che si intercalano con periodi di “aggiornamento” (fasi in cui il parlamento non si riunisce). La legislatura dura dall’entrata in funzione delle Camere: - fino alla scadenza del termine ordinario di 5 anni oppure - fino ad un termine più breve in caso di scioglimento anticipato, per effetto dell’art 88 cost oppure - fino alla scadenza del termine prorogato (più di 5 anni) ai sensi dell’art 60 Cost quando concorrono due condizioni: che vi sia stato di guerra e che intervenga una apposita legge di proroga La fine della legislatura comporta l’automatica decadenza (iter di formazione deve ricominciare da zero) di tutto il lavoro parlamentare in corso ed incompiuto (salvo i progetti di legge di iniziativa popolare), e perciò anche dei progetti di legge approvati da una sola Camera. I regolamenti delle Camere stabiliscono procedure abbreviate per la riapprovazione di progetti di legge già approvati da una sola Camera prima della fine della precedente legislatura (forme di calendarizzazione forzata). Istituto diverso dalla proroga è quello della prorogatio, previsto dall’art 61 cost, secondo il quale “finchè non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti” e ciò al fine di garantire la perfetta continuità tra il precedente Parlamento e quello risultante dalle nuove elezioni. Si ritiene, peraltro, che le Camere in prorogatio abbiano dei poteri limitati alla ordinaria amministrazione, ovvero agli atti costituzzionalmente necessari e non differibili; è certo comunque che durante la prorogatio le Camere non possono eleggere il Presidente della repubblica. Proroga: solo per guerra o legge. Prorogatio prevista dalla cost. 22 corte ha negato possibilità di qualsiasi sindacato esterno dei comportamenti disciplinati dai regolamenti parlamentari]. Integrazione delle norme costituzionali: contenuto ampliato attraverso fonte diversa. Ma continua a vivere come norma costituzionale. Siccome le leggi sono sottoposte a controllo di conformità da parte della costituzione, allora anche i regolamenti devono essere parametro di costituzionalità della legge. Parlamento che approva legge senza rispettare iter di formazione del regolamento. Legge sarebbe annullabile da corte costituzionale per incostituzionalità? Sentenza 7 del 1996: sebbene regolamenti parlamentari abbiano funzione integrativa del testo costituzionale, essi non possono essere utilizzati come parametro del giudizio di costituzionalità. Per corte costituzionale violazione di regolamento parlamentare non è presupposto per vizio di costituzionalità della legge. Il problema della sindacabilità degli interna corporis acta A questo punto occorre accennare ad un argomento che potrebbe essere trattato in relazione a tutti gli organi costituzionali, ma che per ragioni storiche ed anche sistematiche (poiché in pratica esso si presenta solo in relazione al Parlamento) può essere trattato qui: si tratta dell’argomento della sindacabilità o meno degli interna corporis acta. Ci si chiede se ed in che misura i procedimenti interni al Parlamento siano o meno rilevanti all’esterno, tanto da poter essere sindacati dall’organo che conclude il procedimento (nel nostro caso il presidente della repubblica che promulga la legge) oppure da un organo giurisdizionale di controllo legislativo (corte costituzionale). Capo dello stato può porre veto sospensivo alla promulgazione della legge: rinvio alle camere con messaggio motivato della legge approvata dai due rami rilevando che si tratta di legge che presenta vizi di costituzionalità. (sospensione: l’iter non deve ricominciare da capo). Ma il capo dello stato può rimandare la legge anche per violazione dei regolamenti parlamentari? Il principio dell’insindacabilità degli interna corporis acta è legato storicamente, insieme ad altri strumenti, alla lotta del Parlamento per la propria affermazione nei confronti del potere regio. Questo è il bene protetto. Parlamento autonomo ed indipendente dal potere regio! Parlamentarismo in senso moderno (non nominato dal re) definisce forme di governo duali: forme di governo in cui l’indirizzo politico è sostanzialmente condiviso da 2 organi: da un lato il re, titolare del potere esecutivo, e dall’altro il parlamento, eletto a suffragio universale e diretto, che esercita la funzione legislativa. L’affermarsi del parlamentarismo moderno (indirizzo politico compartecipato dal re e dal parlamento). Dualismo dipende dall’autonomia dal monarca: lo emancipa dalla sovranità del re. Autonomia normativa (prima le norme le poneva solo il re, l’assemblea era solo fiduciaria e nominata da esso) ed esercizio della funzione giurisdizionale (autodidia: il re prima era titolare anche della funzione giurisdizionale, giudici erano suoi funzionari. Parlamento sotto lo scacco della monarchia per quanto potesse essere eletto…). Motivazione storica per giustificare il principio dell’insindacabilità dell’interna corporis acta. In realtà insindacabilità si tramuta in indennità della legge. Non protegge il regolamento in quanto tale, ma in definitiva il frutto più importante dell’attività parlamentare ovvero la legge, anche se è in contrasto con i regolamenti! E questo come si spiega? La forma di governo parlamentare in realtà è il frutto della rivendicazione della borghesia. Insindacabilità della legge perché legge è strumento attraverso cui la classe borghese si emancipa dalla sovranità del re. Insindacabilità dei regolamenti -> insindacabilità della legge. Se la legge fosse stata sottoposta al controllo giurisdizionale, sarebbe stata sottoposta nuovamente al monarca, facendo cadere il dualismo! Monismo parlamentare: forme di governo in cui nonostante vi sia l’esistenza di più organi costituzionali (non solo re ma anche assemblea) e vi sia una formale separazione dei poteri, in realtà non vi era alcuna condivisione o contitolarità dell’indirizzo politico. Quest’ultimo era comunque il frutto della volontà di uno solo di questi organi, ovvero il re. Parlamento come mero organo di ratifica della volontà del re, che cristallizza e dà veste formale alla volontà del monarca. 25 Il tratto qualificante che porta all’affermazione delle forme di governo duali è l’insindacabilità della legge. (altri caratteri sono solo strumento per l’insindacabilità della legge parlamentare). Questo fa sì che quando nasce il parlamento in senso moderno rispetto al parlamentarismo ottocentesco si affermi il principio di legittimità costituzionale: principio per cui la legge è soggetta alla costituzione, e quindi la sua conformità ad essa deve essere controllata da un giudice che può sanzionare la legge come incostituzionale. Le leggi di prima ci dicono che la corte limita il proprio potere nell’ambito del contesto in cui tutte le leggi sono sottoposte al controllo di costituzionalità. L’unico giudice della costituzionalità della legge era il parlamento nell’ottocento. I parlamenti ottocenteschi post rivoluzione francese liberali borghesi realizzavano “un’amministrazione giudiziale della legge”. Dal punto di vista delle fonti manca completamente la distinzione tra abrogazione e dichiarazione di illegittimità costituzionale perché i due fenomeni tendevano a coincidere in quanto il controllo sulla legge era un controllo esclusivamente politico. Peraltro in presenza di una Costituzione rigida (non può essere modificata con il procedimento di formazione della legge ordinaria. Quanto il parlamento quando vuole modificare la legge lo deve fare in rispetto di apposita procedura detta di revisione costituzionale disciplinato dall’art 138 cost e non attraverso il procedimento ordinario di formazione della legge), tale funzione di difesa dell’indipendenza dei poteri tra loro è svolta proprio dalla carte costituzionale: in primo luogo perché essa contiene anche le norme sul funzionamento interno del Parlamento e neppure il Parlamento può permettersi di non osservarle (pena di invalidità) in quanto di rango superiore a tutte le altre norme dell’ordinamento; in secondo luogo, perché nella nostra costituzione è appositamente previsto un organo di sindacato speciale costituzionale, che non è un giudice comune, ma un organo costituzionale provvisto di sovranità pari a quella che possiede il Parlamento (così come provvisto di pari sovranità è il presidente della repubblica chiamato a promulgare la legge). In forza di tali argomenti, parte della dottrina, subito dopo l’entrata in vigore della Costituzione, ha sostenuto la possibilità di sindacato della Corte costituzionale sugli interna corporis acta. Tuttavia salvo rare ipotesi (come ad esempio il caso del conflitto di attribuzione promuovibile dal giudice avverso le deliberazioni di insindacabilità ai sensi dell’art 68 cost), la giurisprudenza costituzionale non ha fino ad oggi accolto tale tesi dottrinaria e non ha mai affermato di poter operare un controllo diretto nei confronti dell’attività interna delle Camere. Per quanto continui ad esistere l’insindacabilità degli interna corporis la corte costituzionale può esprimersi circa le decisioni delle giunta per le autorizzazioni a procedere perché si pone il problema di tutelare i diritti dei terzi. Il parlamentare che diffama a mezzo stampa un qualsiasi cittadino o un procuratore della repubblica, lede l’onore e la reputazione di un terzo che è oggetto si specifica tutela penale. Dottrina dell’interna corporis fa passo indietro dinanzi alla tutela della dignità e personalità dell’uomo. Le funzioni affidate alle Camere: l’approvazione delle leggi Alle Camere è affidata innanzitutto la funzione di approvazione delle leggi statali. L’art 70 cost afferma infatti che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” La funzione legislativa è disciplinata dagli art 70-74 cost e dai regolamenti parlamentari (già il 75 parla del referendum abrogativo, quindi non più dell’iter di formazione). La disciplina del procedimento legislativo contenuta dettagliatamente nei regolamenti delle due camere contribuisce a modellare ed indirizzare la modalità di funzionamento della forma di Governo; non a caso le riforme dei regolamenti parlamentari hanno fatto seguito alle modifiche intervenute nel sistema politico ed istituzionale del Paese. Qual è l’ambito del procedimento legislativo direttamente regolato dalla costituzione e quale quello oggetto di riserva di competenza dei regolamenti parlamentari (art 74?) Aspetti importanti da studiare sulla Costituzione 26  Art 70 principio del bicameralismo perfetto nella funzione legislativa (articolazione del parlamento in 2 camere si riflette in una totale equiparazione del ruolo delle due camere all’interno del procedimento legislativo: “collettivamente dalle due camere” -> bicameralismo perfetto). Bicameralismo non significa per forza funzione legislativa per entrambe!  Art 71 iniziativa legislativa appartiene a numerus clausus di soggetti, tassativo non suscettibile di interpretazione estensiva. Essa spetta al Governo (iniziativa è strumento principe per esercitare la funzione di indirizzo politico), alle Camere (ciascun membro. L’iniziativa del parlamentare normalmente è qualificata come “proposta di legge” diversa dall’iniziativa del governo che è il “disegno di legge”), può essere attribuita ad altri organi o enti solo dalla legge costituzionale (CNEL consiglio nazionale dell’economia e del lavoro titolare dell’iniziativa legislativa per quanto riguarda la materia delle riforme economiche e sociali / Regioni / Comuni per particolare categoria di legge art 133 cost ovvero legge che dispone la modifica delle circoscrizioni comunali e provinciali ).  Secondo comma art 71 iniziativa popolare facoltà riconosciuta ad almeno 50mila elettori di presentare un progetto di legge redatto in articoli è distinta dal diritto di petizione (art 50 cost) ovvero il diritto che hanno tutti i cittadini di sottoporre petizioni alle camere per chiedere provvedimenti legislativi oppure esporre comuni necessità. Diritto di petizione può essere esercitato anche singolarmente e non comporta l’onere di predisporre un testo redatto in articoli  Art 72 è il cuore della disciplina costituzionale sul procedimento legislativo. Contiene la riserva di regolamento e stabilisce che ogni disegno di legge (in senso ampio, anche proposte) che viene presentato ad una camera è esaminato da una commissione e poi dalla camera secondo le norme del proprio regolamento interno e spetta poi alla camera approvarlo articolo per articolo e nel testo finale. Disciplina costituzionale del procedimento legislativo si limita a pochissimi aspetti fondamentali: iniziativa può essere presentata indifferentemente ad una o all’altra camera, che la camera può affidarsi alla commissione per il procedimento istruttorio (ruolo esclusivamente referente: svolte funzione consultiva. Ma ci sono anche 2 altre funzioni per la commissione: funzione redigente, testuale degli articoli, e funzione deliberante, redige il testo e lo approva) ma che il disegno debba essere approvato dalla camera articolo per articolo e per intero. I poteri di indirizzo e di controllo Singoli istituti di diritto parlamentare conferiscono alle due Camere una funzione di controllo o di sindacato ispettivo (oltre alla legislativa), particolarmente in relazione all’operato del Governo (tipica del rapporto fiduciario dei governi parlamentari). Il nostro parlamento è sempre meno legislatore e sempre più controllore. Ruolo della legge nella vita del parlamento tende ad essere recessivo. Gli atti di sindacato ispettivo (che indagano l’indirizzo politico del governo) sono: - l’interrogazione: è una domanda che un parlamentare può rivolgere, per iscritto, al Governo, avente ad oggetto la veridicità o meno di un determinato fatto. Sono molto diffuse le interrogazioni in materia di politica estera o militare oppure quelle che hanno ad oggetto il compimento di specifici atti da parte del governo (uso improprio). Il Governo può dichiarare di non poter rispondere (per questioni di segretezza o superiore interesse pubblico), motivando tale dichiarazione o può differire la risposta. Tale ultima opzione è preclusa nel caso della c.d. interrogazione a risposta immediata introdotta nel 1983 alla camere e nel 1988 al senato e che prevede un momento di contradditorio tra Parlamento e Governo (question time: contradditorio democratico) su argomenti di attualità politica; 27 Tale norma sottolinea la natura di organo complesso che assume il Governo, composto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai singoli ministri, che costituiscono insieme l’organo collegiale Consiglio dei ministri (come ribadisce anche l’art 1 legge 400 del 1988). Vi sono funzioni attribuite al Presidente del Consiglio come carica monocratica, altre attribuite al Consiglio dei ministri come organo monocratico e altre funzioni che possono svolgere solo collegialmente come consiglio dei ministri. Dato che il governo è organo complesso si pone il problema di capire qual è il principio organizzativo che governa il suo funzionamento. Sono 3: 1. il principio presidenziale 2. il principio collegiale 3. il principio ministeriale sono 3 criteri alternativi per capire come risolvere gli eventuali contrasti di indirizzo politico tra i vari organi che compongono il governo. 1. Risolve il problema ritenendo che spetti al presidente del consiglio dirimere le controversie sull’indirizzo politico. 2. Ritiene che nel conflitto tra indirizzi politici generali e settoriali (singoli ministeri). 3. Soluzione dei conflitti attribuita ai singoli ministri, nessuno può prevaricare sull’interesse settoriale del singolo ministro. Questo pone un problema: pluripartitismo estremo che caratterizzava la nostra politica prevedeva solo applicazione del 3. Ma il governo era composto da così tante sfaccettature politiche che ogni ministero proseguiva per la sua strada senza collaborare con l’indirizzo politico degli altri. Con riforma sistema elettorale 1993 a sistema maggioritario, la forma di governo si evolve e non è più sostenuto da larghe intese ma da poli. In questa rinnovata dialettica anche il funzionamento del governo ha cominciato a risentirne e sempre di più si è affermato il 1. Capo della coalizione vincente diventa automaticamente premier anche se il nome non era espresso nella scheda elettorale. Questo comporta che il presidente del consiglio abbia un surplus di legittimazione democratica (di fatto non di diritto). Nel 1988, prima della riforma della legge elettorale del 93, è stata approvata la legge 400: prende atto dell’esperienza del ministerialismo estremo degli anni 80 e cerca in qualche maniera di correggere il problema dell’inefficienze e inefficacia dell’azione del governo. Lo fa attribuendo specifici poteri al presidente del consiglio e al consiglio dei ministri. Prima correzione legislativa delle storture del principio ministeriale già dal 1988. Dal 1988 al 1993, però, questi poteri non sono stati usati quindi non è veramente cambiato molto fino al ‘93. Il funzionamento delle norme costituzionali e di quelle che ne danno attuazione dipende in concreto da…? Il procedimento di formazione del Governo Lo stesso art. 92 cost. al comma 2 delinea i tratti essenziali del procedimento di formazione del Governo: 1. il Presidente della Repubblica nomina su propria scelta il Presidente del Consiglio, solitamente facendo precedere la nomina dal conferimento di un incarico per la formazione del Governo (il compito principale del presidente del consiglio “incaricato” sarà quello di individuare i possibili componenti del suo Governo (mandato esplorativo), sulla base di “consultazioni” con le forze politiche che potranno sostenerlo in Parlamento). Il presidente del consiglio si orienta per accettare o meno l’incarico, che inizialmente è accettato con riserva, facendo le “consultazioni” per verificare che ci sia in parlamento una maggioranza disposta a sostenerlo. 2. Anche i ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica, ma solo su proposta del Presidente del Consiglio (che si presenterà dal Capo dello Stato ad incarico espletato, con la lista dei possibili ministri) 3. I membri del Governo, prima di assumere le proprie funzioni, devono giurare nelle mani del Capo dello Stato (art. 93 Cost) 4. Entro dieci giorni dalla sua formazione (ossia dal giuramento, che segna l’entrata in funzione del nuovo organo rispetto al precedente) il Governo deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia (art 94 comma 3) 30 5. La fiducia è accordata dal parlamento e revocata da ciascuna delle Camere mediante una mozione motivata da ciascuna delle due camere votata per appello nominale (art 94 comma 2) 6. Il decreto di nomina del nuovo Presidente è controfirmato da questo stesso, insieme con in decreti di accettazione delle dimissioni del precedente Governo, come è avvenuto nella prassi e come precisa l’art 1 comma 2 legge 400 del 1988 – legge importante) L’instaurazione del rapporto di fiducia con le Camere e la “questione di fiducia” Fiducia è istituto cardine delle forme di governo parlamentari: esiste sempre consonanza politica tra governo e parlamento. L’art 94 della cost è espressione del tentativo dei Costituenti di “razionalizzazione” della forma di governo, disciplinando e rendendolo efficiente ed efficace l’istituto della fiducia; dopo aver stabilito, infatti, che “il Governo deve avere la fiducia delle due Camere”, si prevede che “Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale”. Con l’ulteriore precisazione dell’obbligo da parte del Governo di presentarsi alle Camere “entro dieci giorni dalla sua formazione”. Il Governo si deve presentare, dunque, davanti a ciascuna delle due Camere per esporre le “dichiarazioni programmatiche” previamente deliberate dal Consiglio dei ministri, al fine di ottenere la fiducia da tutte e due (art 2 comma 3 legge 400 del 1988). La fiducia è accordata o revocata con un tipico atto: la “mozione”, che costituisce una dichiarazione di indirizzo politico rivolta al Governo e che, al tal fine, deve essere motivata in riferimento alla piattaforma programmatica che il medesimo ha esposto e che si impegna a realizzare. Fine della legge 400 dell’88: Programma di governo doveva indurre anime politche che compongono il governo ad essere preliminarmente d’accordo su aspetti fondamentali, per favorire una più piena collegialità e garantire preminenza al presidente del consiglio come primus inter pares. Questo per evitare conflitti di indirizzo politico settoriale tra le diverse anime della maggioranza. Solo con la riforma del 93 del sistema elettorale il sistema politico si evolve in senso maggioritario e le coalizioni si aggregano proprio sulla base dei predetti programmi elettorali istituto creato dal legislatore del 1988 che era stato lettera morta fino al 93. Confronto elettorale prima delle elezioni sulla base del programma. Una volta votata la fiducia il programma non è discusso in Parlamento perché si suppone che il Parlamento il programma lo conosca. Ma così risulta meno forte l’impegno del Parlamento a sostenere quel programma, il sostegno non è uguale su tutti i punti sul programma. Programma esprime la sua carica in sede elettorale più che nel momento dell’espressione della fiducia. Accordo sul programma di Governo si riduce ad accordo tra esponenti politici, ma elettori non sanno quale è il grado di accordo tra i vari esponenti, conoscono solo il programma. Soggetti politici deresponsabilizzati. Il Parlamento aiuta il governo a realizzare il programma attraverso l’esercizio della funzione legislativa. Nel caso in cui il Governo non ottenga la fiducia dovrà dare le dimissioni (con il giuramento il governo è già formato, la fiducia è un qualcosa in più anche se il governo ha già completato il suo iter di formazione) e, in difetto, il Presidente della Repubblica dovrà revocarlo. A tal punto, non tornerà in vita il Governo precedente le cui dimissioni saranno state accettate all’atto della nomina del nuovo Governo, ma il Presidente della Repubblica riavvierà un nuovo procedimento per la formazione del Governo: - in primo luogo, attraverso il conferimento di un nuovo incarico (esplorativo) per la formazione di un altro Governo; - in secondo luogo, qualora venga constatata l’impossibilità di formare un qualunque Governo in grado di ottenere la fiducia, mediante lo scioglimento delle Camere. In questo caso l’ultimo Governo nominato ed entrato in funzione 31 (ma non ancora investito della fiducia) avrà il compito di gestire le elezioni per il nuovo Parlamento (è l’ipotesi del c.d. “governo elettorale”). Se si va a sistema proporzionale, l’accordo sul programma si fa al momento della fiducia… e può darsi il caso che il presidente del consiglio non ottenga la fiducia su un determinato programma, ma che la possa ottenere implementando nel programma aspetti che attirino forze parlamentari diverse. Il presidente del consiglio non è direttamente eletto, è nominato dal presidente della repubblica: quindi il presidente della repubblica, qualora cada il governo, non deve necessariamente sciogliere le Camere e tornare alle elezioni. In seguito, il Governo che abbia già ottenuto la fiducia, come è ammesso dalla prassi (sia pure preater constitutionem – istituto che va al di là della costituzione e da quello che essa prevede strettamente) potrà porre la “questione di fiducia” su un qualunque provvedimento che esso presenta al voto delle Camere. In tale caso, la non approvazione del provvedimento comporta l’obbligo giuridico delle dimissioni da parte del Governo. Fiducia non solo nel momento genetico del governo, ma in tutta la sua vita. Questione di fiducia: richiesta che il governo fa alle camere di votare un determinato provvedimento come se si trattasse di un voto di fiducia, ricollegando al voto di fiducia e sul quel determinato provvedimento gli effetti che deriverebbero dalla mozione di sfiducia. Il governo si mostra disponibile nei confronti del Parlamento a dimettersi. Al di là dei casi in cui il governo espressamente pone la questione di fiducia su un determinato provvedimento, il voto contrario di una delle due camere o di entrambe su una proposta del governo non comporta obbligo di dimissioni ai sensi dell’art 94 commi 4 e 5 cost. (ad es voto negativo su disegno di legge non costringe a dimettersi). La mozione di sfiducia, le crisi di Governo e i governi di coalizione L’art 94 cost con riferimento al Governo che abbia già ottenuto la fiducia, stabilisce esplicitamente che “il voto contrario di una o di entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni”. Da ciò deriva che nel nostro sistema non è contemplata la sfiducia implicita. Il rapporto fiduciario non si interrompe mai a meno di voti sulla o di fiducia. Il parlamento è obbligato ad approvare provvedimento a meno che non si voglia far cadere il governo. Costringe maggioranza parlamentare a compattarsi e mettere da parte malumori. Questione di fiducia limita il dibattito parlamentare. Spesso nella prassi parlamentare la questione di fiducia viene posta su provvedimenti che spesso abbracciano una moltitudine di misure d’intervento (emendamenti che comprendono provvedimenti previdenziali, di liberalizzazione…). In sede di approvazione del decreto legge del governo, il parlamento può proporre emendamenti. Se gli emendamenti non piacciono al governo, questo presenta maxi emendamento con questione di fiducia per riformare tanti settori dell’ordinamento contemporaneamente senza che il Parlamento possa esprimersi in merito. Questione di fiducia è istituto che altera profondamente la dialettica parlamentare. I costituenti pensarono alla fiducia come rapporto di fondo, non avevano previsto la questione di fiducia perché finché non si incrina non c’è motivo di riconfermarla. Se non si è incrinata ma viene posta costringe a fare cose che altrimenti non si farebbero! Il regolamento della Camera (art. 115 n 3) prevede, poi, la possibilità di proporre una mozione di sfiducia anche nei confronti di un singolo ministro. La Corte costituzionale, con la sentenza 7 del 1996, nell’unico caso che si è verificato nella storia repubblicana (sfiducia del Senato nei confronti del Ministro di grazie e giustizia Mancuso) ha affermato la legittimità costituzionale della sfiducia individuale come strumento destinato a rafforzare l’unitarietà dell’indirizzo politico nella relazione tra Parlamento e Governo. Sfiducia individuale: sfiducia che il parlamento vota non nei confronti dell’organo complesso che è il governo ma nei confronti del singolo ministro. Prevista dal regolamento della Camera dei Deputati, ma non in quello del Senato. Ma fu proprio il senato nel 95 a votare la prima e unica mozione di sfiducia individuale. Mancuso fece ricorso alla corte costituzionale sollevando il conflitto di attribuzione: affermò che la costituzione non prevedesse la sfiducia individuale 32 distinzione (e responsabilità dirigenziale di carattere giuridico e non politico) chi pone li obiettivi li tarerebbe per raggiungerli meglio. Chi ha funzione amministrativa ha anche responsabilità giuridica! Funzione di indirizzo politico (normalmente è sottosegretario del cdm) vs funzione di amministrazione attiva (il dirigente, funzionario dotato di carica dirigenziale il quale adotta IN PIENA AUTONOMIA dall’organo politico e sotto la propria responsabilità tutti gli atti che sono necessari. La responsabilità del dirigente sarà quella di aver contribuito a realizzare l’obiettivo nella completa autonomia. Prima la mancanza di responsabilità dirigenziale. (1993 tangentopoli: distinzione tra politica e amministrazione è reazione a tangentopoli). Altrimenti la responsabilità del dirigente sarebbe attratta dalla responsabilità politica e non giuridica! Si tratta in particolare di funzioni: - di direzione politica (come la direzione ed i rapporti con il Consiglio dei ministri, la progettazione delle politiche generali e le decisioni di indirizzo politico generale art 95 cost) - di rappresentanza del Governo nei confronti di altre istituzioni od organismi (come i rapporti con il Parlamento , gli altri organi costituzionali, le istituzioni europee, gli enti locali e le Regioni, le confessioni religiose). Soggetti con rilevanza pubblicistica o no come le confessioni religiosa. Può farsi sostituire da ministro o sottosegretario con delega. Le confessioni religiose firmano con lo Stato delle intese in base all’art 8 cost (“sono egualmente libere”) e godono di un margine di autonomia che dipende dalle intese tra i rappresentanti delle confessioni e lo Stato rappresentato quindi dal presidente del consiglio. - di coordinamento dell’attività normativa e amministrativa del Governo e del funzionamento dei sistemi di controllo interno delle amministrazioni e di alcune politiche di settore considerate strategiche dal programma di governo. Con attività normativa si persegue indirizzo politico del governo. DAGL è dipartimento degli affari giuridico-legislativi, ufficio che opera all’interno della presidenza e ha il compito di stabilire quali canali debba seguire il governo per coordinare l’attività normativa. Al presidente del consiglio è stata inoltre attribuita la possibilità di disciplinare, con propri decreti (che non seguono le procedure ed i controlli dell’art 17 legge 400 del 1988) sia la struttura della presidenza, sia l’autonomia contabile e di bilancio della presidenza stessa. Si tratta di un’espressione (Editoria dipende direttamente dalla presidenza, come la Funzione di protezione civile) di autonomia regolamentare che sottolinea la tendenza ad attribuire all’organizzazione della Presidenza del Consiglio una posizione di più ampia autonomia costituzionale rispetto non solo ai ministri ma allo stesso organo collegiale Consiglio dei ministri. Autonomia regolamentare interna dell’organo, ma anche fonte di diritto: si introducono vere e proprie norme. Differenza tra presidenza del consiglio da tutti gli altri organi costituzionali: l’autonomia regolamentare degli altri non produce effetti all’esterno se non indirettamente. Per il presidente del consiglio invece si traduce in potestà normativa (di secondo grado perché devono soggiacere alla legge ma effettivi!). Regolamenti della corte costituzionale la disciplinano all’interno ad esempio. Il consiglio dei ministri, i vicepresidenti del Consiglio e i singoli ministri Il consiglio dei ministri è costituito, come abbiamo visto, dal presidente del consiglio, che lo presiede, lo convoca e ne fissa l’ordine del giorno – e dai ministri. Negli ultimi anni l’organizzazione del Governo è stata profondamente riformata attraverso l’attuazione con largo ritardo della previsione di cui all’art 95 comma 3 cost ad opera della legge 400 del 1988, come integrata ed in parte modificata dal decreto legislativo 30 luglio 1999 n.303 Il consiglio dei ministri è l’organo a cui spetta il compito di formare l’unità di indirizzo politico amministrativo del governo, è la sede in cui si devono risolvere i conflitti tra gli indirizzi politici di settore. I conflitti si risolvono votando a maggioranza secondo regolamento interno del 10 nov 35 1993 che scandisce il procedimento attraverso cui si forma la volontà del consiglio dei ministri: 1.convocazione e determinazione dell’ordine del giorno (che spettano al pres) 2. Preconsiglio (riunione informale tra ministri e pres in orario precedente la convocazione in cui discutono degli argomenti posti all’ordine del giorno dopo che è stato fissato) 3. Seduta del consiglio vero e proprio, in cui si ha prima fase di discussione governata dal pres del consiglio ( lui dà e toglie la parola) 4. Deliberazione (il consiglio dei ministri nelle sue varie persone fisiche esercita il diritto di voto votando a maggioranza quando non c’è unanimità). Non esiste pubblicità dei processi verbali del consiglio dei ministri. Qual è la giustificazione del non obbligo di pubblicità, perché si ritiene che sia costituzionalmente legittimo? La segretezza è funzionale rispetto a bene superiore quale è l’unità dell’indirizzo politco Il consiglio dei ministri, in questo quadro generale di riforma ha mantenuto e rafforzato una propria autonoma garanzia dell’unità di indirizzo politico e amministrativo del Governo. Con decreto del Presidente del consiglio dei ministri (10 nov 1993) è stato adottato un regolamento interno, che fissa in modo rigoroso tutte le modalità dell’azione collegiale del Governo. Il numero dei ministri non è fisso può corrispondere o meno ai vari dicasteri, o ministeri, potendo essere inferiore, quando un minsitro ha la possibilità di più di un dicastero, anche se ciò che accade in via provvisoria (ad interim) o superiore quando ci sono ministri detti “senza portafoglio”. Il numero dei ministri è strettamente correlato alla forma di gov italiana determinata dalla riforma del sistema elettorale. Quando aveva carattere tendenzialmente consociativo (proporzionale) quasi mai si sapeva chi sarebbe stato il pres del consiglio e non si formavano le coalizoni sulla base di un programma di governo. Dopo le elezioni si pesavano in parlamento e decidevano di comporre un governo: rispetto ai partiti provvisti di orientamento ideologico specifico (psi, dc) avere un ministro era determinante per dare l’appoggio e la fiducia al neo governo. Il numero dei ministeri è invece determinato dalla legge, ed è stato ridotto con il d. lgs. 300 del 1999 da diciotto a dodici, per la necessità di accorpare e meglio definire le competenze dei ministeri. Tale riforma peraltro è stata successivamente superata: dapprima con l’aumento dei ministeri a quattordici dopo l’inizio della XIV legislatura; in seguito, con il ritorno ai diciotto ministeri in coincidenza dell’avvio della XV legislatura . Attualmente i ministri sono diciotto. Prima dell’88 il pres del consiglio non aveva poteri: toglieva/dava ministeri sottosegretari ecc. Costituzione prevede la riserva di legge: fonti che disciplinano composizione del governo sono decreti legge (atti equiparati alla legge). Leggi Bassanini che hanno riformato num e org dei ministeri (d.l. n. 300) leggi di semplificazione amministrativa: nel ’99 quando si era ormai consumato il passaggio al sistema maggioritario ci si era resi conto che la prassi di modificare composizione del governo per garantire equilibrio delle forze di governo era ipertrofica. Il limite di questa riforma è che essendo il d.l. fonte primaria poteva essere derogato da qualsiasi altro d.l. successivo di un altro governo. Ministri senza portafoglio non significa che sono sprovvisti di risorse finanziarie, ma significa che sono privi di strutture amministrative. Non sono a capo di alcuna organizzazione amministrativa, se non degli uffici di diretta collaborazione. (es ministro dei rapporti col parlamento: non è ministero dei rapporti col parlamento, o ministro per il coordinamento della protezione civile). Ministro senza portafoglio non ha attribuzioni di competenze proprie, non esiste legge che le esplicita, ma svolge le competenze che gli vengono delegate dal presidente del consiglio. Il pres del consiglio può direttamente esercitare la funzione o delegarla a ministro senza portafoglio. La delega la può dare come togliere in ogni momento. Dicastero è apparato organizzativo (quello che non ha il ministro senza port) insieme delle risorse umane e finanziarie che la legge mette a disposizione a minsitro con portafoglio perché esso eserciti la sua funzione. Ad interim: provvisoriamente pres del cons o altro ministro è titolare di 2 ministeri. Gli organi che compongono il governo sono costituzionalmente necessari (pres del cons, cons dei ministri…) 36 Accanto al presidente del consiglio possono essere nominati uno o più vicepresidenti del consiglio (costituzionalemnte non necessari anche se concorrono a formare la struttura del governo ma che sono previsti non dalla cost ma dalla scelta descrizionale del legislatore). Vicepresidenti del consiglio: uno o più ministri cui viene attribuito un ruolo essenzialmente politico di collaborazione con il Presidente e che lo sostituiranno in caso di sua assenza o impedimento temporaneo (supplenza che altrimenti spetta al ministro più anziano d’età.) I sottosegretari di Stato, i viceministri e i comitati interministeriali La costituzione non parla dei sottosegretari di Stato (che furono regolati da un regio decreto legge 10 luglio 1924) essi sono organi ausiliari dei ministri nell’esercizio delle loro funzioni, sulla base di specifiche deleghe (conferite con decreti degli stessi ministri); sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del presidente del consiglio di concerto con il ministro che sono chiamati a coadiuvare; possono intervenire in parlamento, in sostituzione del ministro. Anche presso la Presidenza del Consiglio possono essere nominati altri sottosegretari, oltre al “Sottosegretariato di Stato” che svolge le funzioni di segretario del consiglio dei ministri (rapporto ancor più privilegiato del vicepresidente). Possono compiere specifici atti solo su delega del ministro espressa con decreto (art 10 prevede il procedimento di nomina). Tra le funzioni dei sottosegretari ve ne è una in particolare che ha contenuto tipico e va al di là della mera assistenza al ministro: rappresentare il ministro o il pres del cons in Parlamento. Ministro può mandare a rispondere a interrogazione parlamentare il suo sottosegretario. La riduzione dei ministeri aveva determinato l’opportunità di istituire (art 10 co 3 legge 400 1988 integrato dalla legge 26 marzo 2011 n. 81) la nuova figura del viceministro, ossia di un sottosegretario di Stato al quale viene delegata un’area (o un progetto) di competenza del ministero. Tale figura è stata mantenuta anche dopo le più recenti modifiche del numero dei ministeri. I viceministri (che possono essere al massimo dieci in ogni governo) pur non essendo titolari della funzione di indirizzo politico, hanno la possibilità di partecipare (se invitati e senza diritto di voto) alle riunioni del Consiglio dei Ministri, per riferire su argomenti e questioni attinenti alla materia loro delegata. In seno all’organo collegiale “Consiglio dei ministri” l’art 6 della legge 400 del 1988 ha istituito degli organi collegiali più ristretti con funzioni di grande importanza (in particolare per quanto riguarda il “Consiglio di Gabinetto” oggi previsto come facoltativo e con il compito di coadiuvare il Presidente del Consiglio nella sua funzione di direzione della politica generale del Governo e di mantenere l’unità di indirizzo politico e amministrativo) Prassi dei preconsigli ha fatto venire meno il consiglio di gabinetto che sarebbe stato mini consiglio dei ministri ma solo con quelli più importanti. Tra questi organi collegiali vi sono i “comitati interministeriali” : quando la legge prevede che periodicamente atti complessi vengano emanati sulla base di un accordo fra determinati ministri, questi ministri insieme formano dei comitati interministeriali di carattere permanente. Il più importante è il CIPE cioè il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica. Le leggi n. 537 del 1993 e n. 59 del 1997 hanno previsto la soppressione dei comitati interministeriali tra i quali il CIP (comitato interministeriale prezzi) e il CIR (comitato interministeriale per la ricostruzione industriali) le cui funzioni sono state affidate al CIPE. Le competenze e l’organizzazione interna dei ministeri Le funzioni amministrative spettanti ai ministri hanno carattere particolare (non interesse pubblico generale ma quello che fa capo alla loro materia) ma unitario, nel senso che ciascun ministro ha competenza in tutto il campo di pubblici interessi che rientra nella competenza del ministero al quale egli è preposto. 37 Il Presidente della Camera competente invia alla Giunta per le autorizzazioni a procedere gli atti a lui trasmessi dal Procuratore della Repubblica. La Giunta riferisce all’Assemblea con relazione scritta e quest’ultima, a maggioranza assoluta dei componenti, può negare l’autorizzazione soltanto ove reputi che “l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio delle funzioni di Governo”. Il presidente della repubblica e le modalità della sua elezione Il presidente della repubblica è un organo stabile della nostra Costituzione, un organo cioè che non può essere rovesciato, come il Governo, dalla sfiducia, né anticipatamente revocato, come il Parlamento. Si pone come garante esterno: controlla e garantisce il regolare svolgimento del rapporto fiduciario ma senza essere direttamente coinvolto dalle sue dinamiche. La scelta costituzionale per la forma di governo della repubblica parlamentare è accompagnata dalla figura del Capo dello Stato, per il quale la Costituzione si limita: - a fissare alcune caratteristiche dell’organo: ampia rappresentatività derivante dalle modalità di elezione (vedi infra) - ad attribuirgli alcuni poteri, tra cui i più rilevanti sono: la nomina del Presidente del Consiglio e dei singoli ministri (art 92 cost) , lo scioglimento anticipato delle Camere (art 88 cost), il potere di rinvio delle leggi (art 74 cost), la nomina di altre alte cariche (5 senatori a vita e 5 giudici della Corte costituzionale) (art 59 cost e art 135 cost). - a porre i limiti ai suoi poteri: controfirma ministeriale dei suoi atti (art 89 cost); fiducia parlamentare nei confronti del Governo, la quale costituisce un limite assai rilevante al potere del Capo dello Stato nella nomina del Presidente del Consiglio (art 94 cost); obbligo di promulgazione delle leggi già rinviate una prima volta e riapprovate dalle Camere (art 74 cost) Il presidente è organo stabile, non può essere rovesciato a differenza di Camere e Governo non può essere revocato salvo alcune circostanze che attengono alla responsabilità penale del presidente della repubblica. Questa caratteristica è necessaria perché ha ruolo importante sia nei cfr delle Camere sia nei cfr del Governo. I suoi poteri hanno a che fare con i momenti essenziali della vita politica italiana. Come viene scelto? Non è direttamente eletto dal popolo – è eletto dalle camere in seduta comune con aggiunta di rappresentanti e con maggioranza molto ampia. Questa decisione dei costituenti implica che ha meno potere di un presidente eletto direttamente dal popolo, non avendo la diretta legittimazione popolare. Inoltre ha meno forza politica di un presidente eletto. Perché serve maggioranza così ampia per eleggerlo? Implica che serve qualcosa di più della maggioranza, contano anche le opinioni delle minoranze! La partecipazione al voto della scelta del presidente della repubblica non può escludere le minoranze. Investitura più ampia rafforza la natura del pres come soggetto neutrale e organo non politico, ma soprattutto rappresentante dell’unità nazionale. Pres della repubblica è capo dello stato. L’art 83 cost stabilisce che il Presidente della Repubblica sia eletto dal Parlamento in seduta comune; che all’elezione partecipino tre delegati (scelti dai consigli regionali di appartenenza in modo tale che siano rappresentate anche le minoranze: 2 magg e 1 min) per ogni Regione (salvo la Valle d’Aosta che ha un solo delegato), eletti dai consigli regionali in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze; che l’elezione abbia luogo a scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dei componenti l’Assemblea, nei primi tre scrutini, ed a maggioranza assoluta dal quarto in poi. Ampia rappresentatività! Maggioranza di due terzi per garantire rappresentatività delle minoranze. Soggetto svincolato dalla dialettica maggioranza/minoranza anche perché la sua durata in carica è settennale, sfasata rispetto alla durata della legislatura. Il sistema scelto, anche se prevede un ampliamento del corpo elettorale presidenziale forse troppo limitato, mostra chiaramente la sua ratio di fondo: quella di far sì che il Presidente riceva un’investitura più ampia di quella dovuta ad una semplice maggioranza parlamentare, in modo da rafforzare la sua posizione di “rappresentante dell’unità nazionale” (art 87 cost) Deve 40 assicurare soddisfacimento di interessi rilevanti che vadano al di là o anche contro gli interessi della maggioranza parlamentare. Eleggibilità, incompatibilità, giuramento e durata della carica Dice l’art 84 cost: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e che goda dei diritti civili e politici” nello stesso articolo si stabilisce, inoltre, la incompatibilità fra l’ufficio di Presidente e qualunque altra carica. Incompatibilità istituto a tutela dell’esercizio delle funzioni (2 cariche contemporaneamente no: non preclude elettorato passivo ma obbliga a scegliere Ineleggibilità limita elettorato passivo e preclude possibilità di essere eletti. Poi si aggiunge (art 85 cost) che il Presidente è eletto per sette anni, quindi per il pi`¨lungo periodo fra quelli disposti per le cariche elettive, dopo il novennio dei giudici della Corte costituzionale, e che “trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo presidente della repubblica”. L’iniziativa di convocare il Parlamento in seduta comune per la sostituzione del Presidente si è voluto che fosse affidata al Presidente della Camera dei deputati, al costante scopo di ricerca degli equilibri costituzionali. Parlamento in seduta comune è presieduto dal presidente della camera ed è soggetto al regolamento della camera. Ruolo di attivare elezione del presidente è attribuito a presidente della camera e non del senato perché camera è il luogo di massima espressione della dialettica maggioranza/minoranza. Luogo più adatto per favorire dialettica maggioranza minoranza In base all’art 91 il Presidente della repubblica, “prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla repubblica e di osservanza della costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune” (senza l’integrazione dei delegati regionali) art 90: alto tradimento e attentato alla costituzione. Per essere eletto presidente della repubblica non bisogna essere necessariamente soggetti politici, ma cittadino italiano e avere più di 50 anni di età. Il presidente dura in carica 7 anni, questo periodo sta a significare che il presidente dura più delle camere e più del possibile mandato di un governo. Questo per evitare che ci sia coincidenza di fine mandati e che le camere sciolte debbano eleggere il presidente della repubblica nuovo. Questa è la sedicesima legislatura. La prorogatio Dice l’art 85 comma 3 cost: “Se le camere sono sciolte o manca meno di tre mesi dalla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove”. L’obiettivo è senz’altro quello di evitare un’elezione presidenziale in un periodo condizionato dalla competizione elettorale (l’elezione del capo dello stato potrebbe diventare argomento, slogan elettorale) per il rinnovo del Parlamento, nonché quello di garantire che il Capo dello Stato sia eletto da un collegio pienamente legittimato. Sempre il comma 3 dell’art 85 aggiunge che “nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica”. Questo è l’unico caso in cui funziona l’istituto della prorogatio, perché, come si è visto, l’elezione del nuovo Presidente deve (almeno secondo ogni ragionevole previsione) precedere la scadenza del settennato (secondo alcuni, invece, si ha necessariamente prorogatio anche qualora di fatto l’elezione segua la scadenza; secondo altri, scaduto il termine occorre utilizzare l’istituto della supplenza). Istituto della prorogatio consente al soggetto decaduto dalla sua carica a continuare ad esercitarne le funzioni, vale solo per il capo dello stato! Se per esempio non è stata trovata maggioranza utile per nomina giudici costituzionali, la corte opera con meno giudici in quel periodo. Come nel caso della prorogatio delle Camere, i poteri dell’organo in questo periodo sono limitati all’ordinaria amministrazione. A tal fine basti richiamare l’art 88 comma 2 cost, il quale 41 impedisce al Presidente di sciogliere anticipatamente le Camere nell’ultimo semestre del settennato (semestre bianco). Questo per evitare che si possa avere un uso strumentale del potere, che essendo prossimo alla scadenza diviene irresponsabile (dal punto di vista politico- costituzionale) dei suoi atti. Unica eccezione a tale divieto è prevista nel caso in cui lo scadere del mandato presidenziale coincida, totalmente o parzialmente, con quello della legislatura (ossia con la scadenza “naturale” delle Camere) ed è stata introdotta dalla legge costituzionale 1 del 1991, con modifica del comma 2 dell’art 88 cost. Ingorgo costituzionale della presidente Cossiga: presidente che non può sciogliere le camere e camere che non possono essere sciolte ma che non possono nemmeno nominare il presidente ??? La responsabilità giuridica del Presidente della Repubblica La sanzione per l’inosservanza del giuramento da parte del Presidente della Repubblica è contenuta nell’art 90 cost, che lo rende penalmente responsabile (limitatamente agli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni) per alto tradimento e per attentato alla Costituzione. Tale previsione ha un duplice significato: da un lato, vale a limitare la responsabilità giuridica del Presidente per gli “atti di funzione” ai soli comportamenti che possano essere ricondotti alle due fattispecie di reato dell’alto tradimento e dell’attentato alla Costituzione (per garantire serenità nell’esercizio delle funzioni); dall’altro, vale senz’altro ad affermare che l’attuale Capo dello stato non può essere considerato giuridicamente irresponsabile come avveniva, in epoca statuaria, per il sovrano. Parallelismo tra giuramento e responsabilità giuridica per garantire l’autonomia dell’organo nell’esercizio delle funzioni ma anche per marcare la responsabilità giuridica per ciò che non riguarda l’esercizio delle funzioni. Art 90 pone problemi in relazione al principio di tassatività della fattispecie penale incriminatrice che si ricava dall’art 25 cost ai sensi del quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso. Questa norma infatti viene comunemente interpretata dalla dottrina e dalla giurisprudenza della corte costituzionale come richiedente, postulante, che il legislatore non si limiti a prevedere l’esistenza di un reato, ma ne descriva analiticamente la condotta. Condotta è comportamento materiale che persona fisica deve tenere perché si possa ritenere che ricada nell’ambito materiale di applicabilità della fattispecie. Se la condotta non è descritta nessuno si può sottrarre all’ambito di applicazione della norma. Siccome il legislatore deve tipizzare la condotta repressa penalmente, le norme penali incriminatrici non possono essere suscettibili di interpretazione estensiva ed analogica. Non possono dunque essere applicate a condotte non tipizzate ma simili. Le espressioni “alto tradimento e attentato alla costituzione” non contengono la tipizzazione della condotta. Art 90 è norma penale. Per cercare di ricavare le condotte vietate e penalmente represse da formule così ampie si ritiene che l’art 90 debba essere letto insieme all’art 91 che contiene disciplina del giuramento, alto tradimento c`è se capo dello stato viola il dovere di fedeltà (obbligo di perseguire interessi della repubblica e non interessi che facciano capo a soggetti altri dallo stato = altre nazioni, organizzazioni internazionali, logge massoniche). L’attentato alla Costituzione invece viene interpretato in riferimento all’altro elemento del giuramento per ricavare le condotte vietate: violazione del dovere di osservanza = uniformare il proprio comportamento al precetto normativo. Compie attentato alla costituzione il capo dello stato che non rispetta i precetti costituzionali. Così si ricavano le condotte che il capo dello stato non può porre in essere nell’esercizio della funzione. Se così non fosse si potrebbe arrivare a sostenere che il capo dello stato che si rifiuta di sciogliere le camere e affidi incarico esplorativo ad altro soggetto stia attentando alla costituzione. Così sarebbe sotto assedio dell’interpretazione costituzionale diversa a seconda della maggioranza parlamentare. È per questo che serve che solo violazione dei precetti puntuali posti dalla costituzione significhi attentato alla costituzione, non una qualsiasi interpretazione. Maggioranza preferirebbe andare alle urne non che si costituisca nuovo governo con minoranza ed altre frange, ma presidente della repubblica è al di sopra della dialettica minoranza maggioranza quindi questa ipotesi non regge. La messa in stato di accusa per le due specifiche ipotesi di reato è di competenza del Parlamento in seduta comune (a maggioranza assoluta); il giudizio è di competenza della Corte costituzionale nella formazione integrata (art 135 cost) Secondo l’art3 della legge cost 1 del 42 Nel momento in cui bisogna scegliere presidente del consiglio e ministri lui esercita il potere di scelta. Ad es governo di tecnici nominato da presidente della repubblica, ma lo fa anche per i governi politici. La supplenza L’art 86 cost dice che “le funzioni del presidente della repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato”. La stessa disposizione prosegue al comma 2 precisando che “in caso di impedimento permanente o di morte o di dimissione del Presidente delle Repubblica, il presidente della camera dei deputati indice la elezione del nuovo presidente della repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione” (nei quali casi l’art 85 comma 3 rimette l’elezione alle nuove camere, come già visto) La soluzione è pienamente conforme al sistema degli equilibri costituzionali. In ogni ipotesi di impedimento – e solo in tali ipotesi – del Presidente della repubblica intervengono il Presidente del Senato e il Presidente della Camera con funzioni ben distinte: il primo è destinato a sostituire temporaneamente il Presidente della Repubblica, il secondo deve indire la elezione del nuovo Presidente. Il presidente della Repubblica esercita una serie di poteri che hanno a che fare con il Circuito della Decisione Politica Se il presidente è responsabile solo per alto tradimento e attentato alla costituzione, chi è responsabile per gli altri atti? Chi elegge il presidente è il parlamento in seduta comune con aggiunta di rappresentanti regionali. Chi può fare valere la sua responsabilità nel caso di alto tradimento e attentato alla costituzione è il parlamento in seduta comune. Può decidere di sottoporlo a procedimento penale e chi decide la messa in stato d’accusa non è un tribunale normale, ma la Corte Costituzionale (15 componenti) + altri giudici scelti dal Parlamento. Chi si assume dal punto di vista politico la responsabilità del presidente della repubblica nel momento in cui egli compie i suoi atti? A norma degli art 89 e 90 viene assunta dal ministro o ministri competenti per la materia di cui si discute. Costituzione pone limite di validità dell’atto del presidente : deve essere controfirmato dal ministro proponente/competente. Cosa vuol dire validità? Conforme a costituzione? Atto invalido è inefficace Il circuito della decisione politica: Il presidente della Repubblica - Il Presidente della Repubblica e le modalità della sua elezione - Eleggibilità, incompatibilità, giuramento e durata nella carica - La prorogatio - La responsabilità giuridica del Presidente della Repubblica - Responsabilità presidenziali e ruolo della controfirma ministeriale - Le principali funzioni affidate al Presidente (classificazione e rinvio) - Guarentigie e appannaggi del Presidente - La supplenza - I casi di impedimento permanente e di impedimento temporaneo In Italia abbiamo Presidente della Repubblica, lo abbiamo deciso il 2 giugno 1946 (i maggiori di anni 21 e anche le donne). Nello stesso giorno c’era anche la scheda per l’Assemblea Costituente. Nuova cost entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Il primo presidente della Repubblica è stato De Nicola (anzi capo provvisorio dello stato inizialmente perché ancora repubblica non c’era), e lo è stato fino a quando presidente della repubblica è diventato Einaudi. La costituzione parla della figura del Presidente della Repubblica in serie di articoli collocati nella parte seconda (quando parla dei poteri) dopo aver individuato i poteri del parlamento e prima di parlare del governo. 45 La funzione legislativa La legge del Parlamento Quanto alla distribuzione dei poteri tra gli organi dello Stato, la regola generale è che la funzione legislativa ordinaria spetta al Parlamento in via esclusiva, salvo l’eccezione costituita dagli atti di ragno legislativo (c.d. “atti aventi forza e/o valore di legge”) approvabili dal Governo e salvo il referendum abrogativo (artt. 70-79 cost) L’art 70 dice che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” cosicché conformemente al modello di bicameralismo perfetto, la legge ordinaria è il frutto dell’approvazione dello stesso testo da parte di entrambe le camere. Il procedimento legislativo statale: iniziativa, approvazione, integrazione dell’efficacia Il procedimento legislativo o procedimento di formazione della legge è una serie coordinata di atti rivolti ad uno stesso risultato finale: la produzione della legge formale. Esso si articola, in ciascuna delle due Camere, secondo tre fasi: - l’iniziativa legislativa, la quale si realizza mediante la presentazione di un progetto di legge ad una Camera (in linguaggio tecnico il progetto di legge promanante dal Governo si chiama disegno di legge, mentre proposta è quella proveniente da singoli deputati o altri organi che possono farlo). Il progetto di legge è composto da due parti: il testo e la relazione di accompagnamento, che ha lo scopo di illustrare gli scopi e le caratteristiche della proposta; - la deliberazione vera e propria, la quale culmina nella approvazione del testo a seguito dell’esame della proposta, cui seguono l’elaborazione e discussione dei contenuti della legge, e che si realizza attraverso diversi possibili sub-procedimenti (v. infra); - la c.d. “fase dell’integrazione dell’efficacia e della esecuzione della legge”, la quale comprende la promulgazione, l’inserzione nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica e la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. L’iniziativa legislativa Art. 71 Cost. L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli. L’art 71 cost stabilisce –al co. 1- che l’iniziativa legislativa, ossia il potere di proporre alle camere l’approvazione di una legge, appartiene “al governo a ciascun membro delle camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale”. A tale ultimo proposito vanno considerati il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro( CNEL) cui l’art 99 co. 3 cost. attribuisce “l’iniziativa legislativa”; i consigli regionali, di cui l’art. 121 co.2 cost dice che possono “fare proposte di legge alle Camere”; i comuni, al qual proposito l’art 133 co. 1 cost – oggi integrato dall’art 21 commi 2 e 2 del t.u. sull’ordinamento degli enti locali (d. legislativo n. 267 del 2000) – dice che “il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica … Vi è poi anche l’iniziativa legislativa popolare di cui parla il co. 2 dell’art 71. Si tratta di un istituto di democrazia diretta non a caso disciplinato dettagliatamente nella stessa legge che ha dato attuazione al referendum abrogativo di cui all’art 75 cost (legge 352 del 1970) in quanto si riconosce il potere di presentare proposte di legge alle Camere direttamente in capo ad una frazione del corpo elettorale (50000 elettori). Le Camere, ovviamente, non hanno l’obbligo di tradurre in legge ogni proposta di iniziativa popolare; hanno soltanto l’obbligo di “prenderla in considerazione” cioè di deliberare sulla proposta. Nei regolamenti parlamenterai e stabilito che le proposta di legge di iniziativa popolare non decadono allo scadere delle Legislature. 46 In particolare : l’iniziativa legislativa del Governo L’iniziativa legislativa del Governo è la prima alla quale allude la costituzione perché è la più importante e in alcune ipotesi è esclusiva e doverosa per la specifica posizione e le particolari competenze che caratterizzano questo organo ( si pensi ai disegni di legge sul bilancio art 81 cost oppure ai disegni di legge di conversione dei decreti legge art 77 cost oppure ancora, secondo alcuni, ai disegni di legge di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali art 80). (su questi particolari tipi di leggi, si veda specificamente infra) Il Governo è espressione della maggioranza dei membri delle Camere e, come tale, si vede riconosciuto un ruolo privilegiato nella programmazione dei lavori parlamentari; per tali ragioni, ovviamente, i progetti governativi sono quelli più facilmente destinati ad essere approvati. I disegni di legge governativi vengono approvati dal consiglio dei ministri e poi trasmessi al capo dello stato il quale ne autorizza la presentazione alle camere, esercitando su di essi un sindacato che può definirsi “di non manifesta illegittimità costituzionale”. La presentazione avviene all’una o all’altra Camera, indifferentemente. Per prassi, la presentazione avviene a turni alterni (prima alla camera, la volta dopo al senato o viceversa) in relazione ad alcuni disegni di legge, come ad esempio quelli di bilancio. Segue: il ruolo delle commissioni parlamentari (procedimento ordinario e procedimenti speciali) Art 72 cost. …. Segue: il ruolo delle commissioni parlamentari (procedimento ordinario) L’Art. 72 Cost. detta la disciplina fondamentale della fase deliberativa del procedimento di formazione della legge ordinaria. Il co. 1 esclude che un progetto di legge sia esaminato direttamente dalla camera senza passare prima al vagli della commissione permanente cui spetti la competenza per materia. A seconda del ruolo che la commissione svolge nel procedimento di approvazione si distinguono tre possibili procedimenti: a) per Commissione in sede referente: rappresenta il “procedimento normale”. La commissione cui il presidente della camera affida l’esame del progetto di legge procede a tre “letture” del testo proposto: discussione sulle linee generali; votazione articolo per articolo e degli eventuali emendamenti; approvazione dell’intero testo e di una relazione rivolta all’Assemblea della camera. Il testo approvato dalla commissione è, quindi, sottoposto interamente al vaglio dell’Assemblea parlamentare, con un iter procedimentale del tutto simile a quello appena descritto per la commissione; Più nello specifico: Il progetto di legge, presentato al presidente d una delle due Assemblee, viene dal medesimo assegnato ad una commissione permanente, ovvero a più commissioni riunite, qualora la materia investa le competenze di più d’una di queste. - L’esame in commissione si apre con un’illustrazione preliminare svolta dal presidente o da un relatore da questi nominato. - Si svolge quindi la fase dell’istruttoria propriamente detta, allo scopo di “acquisire gli elementi di conoscenza necessari per verificare la qualità e l’efficacia” dell’intervento normativo proposto. Questa fase è stata regolata specificatamente dal regolamento della Camera (art. 79) che ha codificato il contenuto di due circolari dei Presidenti delle due Assemblee del 1997. L’istruttoria prende a tal fine in considerazione i seguenti aspetti: a) la necessita dell’intervento legislativo con riguardo alla possibilità di conseguirne i fini mediante il ricorso a fonti diverse dalla legge; 47 i regolamenti li adotta il governo, esiste un unico soggetto che lo può realizzare: il governo. Se viene delegato può esercitare l’attività normativa primaria e la potestà regolamentare. Quando si tratta di semplificare materia adottando testi unici misti, è il parlamento che delega il governo. Art. 87 comma 5 “emanati dal presidente della repubblica”. Quando invece il testo unico non è misto, poiché si tratta di atto con elevata complessità relazionale, i regolamenti prevedono il ricorso alla commissione in sede redigente, per evitare eventuali emendamenti delle camere. Visto che hanno tutti la forma del decreto legislativo, come si fa a distinguere una norma di legge da una norma regolamentare? Innanzi tutto norma regolamentare non può essere in contrasto con norma di legge, e per distinguere prima si faceva in via interpretativa: se era norma esecutiva, integrativa o attuativa, si concludeva che era norma regolamentare. Questa incertezza è stata risolta affiancando ad ogni articoletto una lettera tra parentesi (L) o (R) per distinguere tra rango regolamentare o legislativo. Ma il fatto che il governo stampi una l o una r può cambiare la natura di una norma? Sentenze di Corte di Cassazione si pronunciano su criterio di autoqualificazione delle fonti: una determinata fonte normativa deve essere considerata così come il suo autore la qualifica, criterio formale. Ma la giurisprudenza afferma che la natura delle fonti vada rinvenuta dal contenuto, al di là della qualifica del legislatore. Il giudice potrebbe attribuirgli conseguenze giuridiche diverse: criterio sostanzialistico delle fonti. Segue: il ruolo delle commissioni parlamentari Infine, in virtù del principio del bicameralismo perfetto, il testo del progetto di legge, approvato da una Camera, viene trasmesso con il cosiddetto “messaggio” dal Presidente dell’una al Presidente dell’altra Assemblea, al quale spetta attivare il procedimento legislativo presso quel ramo del Parlamento (c.d. navette). Ciò avverrà fino a che entrambe le Camere non abbiano approvato il medesimo testo, senza apportarvi modifiche. Per esigenze di economia procedurale, i regolamenti (art 70 r.C. e 104 r.S.) prevedono che la Camera che ha approvato per prima il testo debba limitare il suo esame (discussione e votazione) alle sole parti modificate (misura di semplificazione). Segue: la promulgazione e il rinvio delle leggi da parte del Capo dello Stato Fase integrativa dell’efficacia: fase che segue all’approvazione della legge e che è destinata alla realizzazione di quegli adempimenti procedurali da cui dipende la capacità della legge di produrre i propri effetti. Art 73 Cost: Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione. Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso (>15 gg). La fase integrativa dell’efficacia comprende anche la successiva pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, la quale rappresenta una fonte di cognizione (non da cui si origina il diritto vigente, ma da cui si prende conoscenza). La pubblicazione è preordinata all’entrata in vigore della legge: si chiama pubblicazione necessaria. L’ordinamento conosce anche forme diverse di pubblicazione: pubblicazione (o pubblicità) a fini meramente notiziali, strumento attraverso cui l’ordinamento porta a conoscenza di chi vi abbia interesse, l’avvenuta approvazione di un atto normativo, non perché i destinatari dell’atto debbano uniformare ad esso le proprie condotte, ma perché possano attivare gli strumenti di controllo eventualmente previsti dall’ordinamento. Ad esempio è questo il caso della pubblicazione notiziale dello Statuto Regionale prevista dall’art. 123 co. 2 Cost. per consentire il Referendum approvativo da parte del corpo elettorale. Pubblicazione notiziale non è preordinata all’entrata in vigore. Le leggi entrano in vigore il 15esimo giorno successivo alla pubblicazione (vigore: pretendono di essere rispettate). Art 5 Cod. Penale contiene principio di carattere generale in materia di vigenza delle fonti secondo cui nessuno può invocare a giustificazione delle proprie condotte la mancata conoscenza della legge: ignorantia legis non excusat. La giurisprudenza della Corte Costituzionale con la sentenza 364 del 1988 ha avuto modo di chiarire che la mancata conoscenza della legge può essere invocata come esimente delle proprie condotte solamente laddove la legge abbia un contenuto “oscuro”, ossia contenga dei precetti formulati in maniera talmente ambigua e/o contraddittoria che il singolo cittadino non è in grado 50 di capire quale sia la condotta che gli viene richiesta e quale sia invece la condotta che l’ordinamento ha inteso vietare. Pubblicazione di cui all’art 73 ha lo scopo di rendere noto ai cittadini l’ordinamento vigente. I termini sono di 3 categorie: dilatori (art 73 cost), perentori (devono essere rispettati a pena di decadenza: testi devono essere approvati in unico testo entro la fine della legislatura), ordinatori (in relazione ai quali l’ordinamento impone una determinata scansione temporale delle varie fasi del procedimento, ma non ricollega alla violazione di tali termini alcuna decadenza: è normalmente considerato ordinatorio il termine che la legge di delega prevede per l’adozione da parte del Governo del decreto legislativo perché, secondo la giurisprudenza costituzionale, il decorso di quel termine non rende di per sé illegittimo il decreto legislativo adottato dal governo dopo la sua scadenza). Promulgazione a maggioranza assoluta può essere anticipata, pubblicazione a maggioranza semplice può essere posticipata. Dopo l’approvazione, la legge, per divenire efficace, necessita della promulgazione da parte del Presidente della Repubblica (veto sospensivo). La promulgazione (art. 74 cost) consiste in un atto di accertamento rivolto, anzitutto, a constatare la regolarità formale del procedimento legislativo e l’identità dei consensi delle due Camere; il suo effetto è quello di far sorgere il vincolo dell’osservanza della legge in tutti, comprese le Camere, che non possono più revocare i loro consensi, e il guardasigilli (cioè il Ministro della Giustizia), che deve procedere alla pubblicazione. Effetti della promulgazione sono di carattere endoprocedimentale: si rivolgano ai soggetti interni al procedimento legislativo (camere e guardasigilli). Promulgazione rende irretrattabile il consenso delle Camere. Il controllo operato dal Capo dello Stato in sede di promulgazione presenta anche un profilo di carattere sostanziale (cioè sul contenuto della legge) che si ritiene riferibile al c.d. “merito costituzionale”; tale nozione abbraccia sia la legittimità costituzionale in senso stretto, sia criteri di convenienza generale, coerenza con gli indirizzi legislativi e altri, ma non può mai sfociare nel sindacato sull’opportunità politica delle scelte del legislatore. Legittimità è diversa dal merito. Legittimità: conformità di un atto alle norme dell’ordinamento giuridico che ne disciplinano non solo il procedimento di formazione (che è la prima cosa che il capo dello stato controlla), ma anche alle norme dell’ordinamento che ne disciplinano il contenuto. (nel caso della legge sono le norme costituzionali). Ma allora perché alcune leggi vengono promulgate e poi giudicate incostituzionali dalla Corte Costituzionale? Il capo dello stato non esercita controllo giurisdizionale (nella forma del processo) sulla legittimità costituzionale della legge, ma si limita a verificare che essa non sia manifestatamente incostituzionale. Ma se è nell’interesse dell’ordinamento non avere norme incostituzionali, perché non si fanno accertare tutti i dubbi sulla legittimità già al presidente della repubblica, prima che entri in vigore? La risposta risiede nei principi della forma di governo parlamentare: incostituzionalità della legge non è fenomeno che si accerta attraverso mera verifica empirica di carattere applicativo, ma è il risultato di un’operazione che ha carattere essenzialmente interpretativo. Se questa operazione la dovesse fare il Capo dello Stato, allora finirebbe per sovrapporre la propria interpretazione della legge e la propria interpretazione della costituzione cui la legge dà attuazione, all’interpretazione delle Camere e del Parlamento. Effettuare controllo di costituzionalità pieno, significa esprimere, attraverso l’interpretazione della legge e della costituzione, un indirizzo politico. Ma se lo facesse il capo dello stato andrebbe in conflitto con l’istituto fiduciario perché l’indirizzo politico si attua della dialettica governo- parlamento (non capo dello stato). Altrimenti farebbe attentato alla costituzione esprimendo un sindacato pieno. La dottrina maggioritaria ritiene che in sede di promulgazione il capo dello stato possa sindacare il “merito costituzionale”. Per merito in termini generali si intende la conformità di un atto (in questo caso della legge) alle regole non giuridiche che ne possono determinare il contenuto, essendo tali regole non previste dall’ordinamento giuridico, ma derivano da questioni di opportunità. Merito è complesso di scelte che il legislatore compie non in base a regole giuridiche, ma per opportunità politica. Mentre è pacifico che il capo dello stato non possa rinviare la legge alle camere per motivi di merito, si ritiene che possa sindacare il c.d. merito costituzionale che consiste nella coerenza intrinseca della legge e nella sua rispondenza agli obiettivi che la medesima intende perseguire in attuazione delle norme costituzionali. Si tratta quindi di una categoria intermedia tra la legittimità (sempre sindacabile nei limiti della non manifesta 51 costituzionalità) e il merito politico (che in quanto tale è sottratto a qualsiasi controllo e rimesso alla discrezionalità del legislatore. Dal punto di vista procedimentale l’art. 74 stabilisce che il presidente della repubblica, quando non intende promulgare la legge, perché il controllo effettuato produce un esito negativo, deve rinviare la legge alle Camere con messaggio motivato. Messaggio in cui il presidente chiarisce quali sono le ragioni per cui ritiene che la legge sia in contrasto con la costituzione. Tale potere può essere esercitato solo una volta, e se la legge viene riapprovata il Presidente è tenuto a promulgarla. Unica eccezione ricavata in via interpretativa ricorre quando l’incostituzionalità della legge è talmente evidente e grave che il capo dello stato se la promulgasse, commetterebbe i reati tipici di cui all’art 90. Ciò in ossequio a un principio generale del diritto penale in base al quale nessuno può essere costretto in forza di una previsione di legge a commettere un reato. Il decreto di rinvio è un atto sostanzialmente presidenziale, anche se necessita della controfirma del Governo. Atto monocratico nella forma di un decreto, sebbene necessiti della controfirma ai sensi dell’art 89 , è frutto della volontà del solo presidente della repubblica. Le leggi di approvazione e di autorizzazione Il sistema delle fonti del nostro ordinamento comprende anche delle “fonti atipiche” dette leggi meramente formali. Si tratta di atti per i quali è prevista esclusivamente la forma della legge ordinaria (si dice, pertanto, che sono coperti da una riserva di legge formale), ma che non hanno il contenuto tipico della legge, in quanto non introducono nell’ordinamento norme capaci di produrre effetti giuridici generali. Si fa riferimento, in particolare, alle leggi (annuali) di approvazione del bilancio di previsione dello Stato e di approvazione del rendiconto consuntivo, nonché delle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali (leggi che consentono al presidente della repubblica di ratificare una particolare categoria di trattati). Per queste leggi (o alcune) è imposto il procedimento legislativo ordinario: sebbene non innovino l’ordinamento, ratificano o fotografano l’azione di governo, che il parlamento controlla. L’art 80 e l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali Art 80 Cost: Le camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevendono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi. L’art 80 Cost. stabilisce una riserva di legge formale per la concessione, da parte del Parlamento, dell’autorizzazione al Capo dello Stato a ratificare quei trattati internazionali che, in ragione del tipo di obblighi che impongono, sono considerati più importanti (trattati di natura politica, o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi). Per tutti gli altri trattati (ma in realtà ben pochi dovrebbero restare fuori dalla disposizione costituzionale citata) non è prevista l’autorizzazione parlamentare alla ratifica. La prassi in materia, tuttavia, dà luogo a numerose perplessità in relazione al rigoroso rispetto del disegno costituzionale. Infatti, il Governo, che – anche attraverso singoli Ministri – è l’organo cui spetta la conduzione delle trattative con gli altri Stati e la stipula del trattato, assai spesso tende a concludere (anche nei casi di cui all’art 80) i c.d. “trattati o accordi in forma semplificata”, i quali si perfezionano non con la ratifica del Presidente della Repubblica, ma con la semplice sottoscrizione ad opera del rappresentante del Governo. Modo per bypassare il parlamento che non ha nulla da autorizzare. Il problema che si pone, allora, è duplice: - In primo luogo, l’art 87 co. 8 Cost, laddove prevede che il Presidente della Repubblica “ratifica i trattati internazionali” non sembrerebbe consentire che il Governo possa, da solo, impegnare formalmente lo Stato italiano sul piano internazionale, senza passare attraverso le funzioni di garanzia del Capo dello Stato; 52 La Corte non è competente a sindacare il carattere eccessivo della durata del termine, in quanto la fissazione del termine rientra nelle scelte politiche dell’organo delegante. Bisogna considerare il fatto che la pubblicazione della legge di delega sia un adempimento spettante al Governo stesso (nella persona del Guardasigilli) e che il Governo potrebbe avere la tentazione di ritardare surrettiziamente l’entrata in vigore della stessa. La Corte, chiamata a pronunciarsi in merito, ha dunque stabilito che debba essere sanzionato ogni “arbitrario ritardo interposto per la pubblicazione della legge delegante, quando abbia per effetto l’emanazione del decreto legislativo al di là dei limiti temporali stabiliti dalla legge delegante, facendone ricadere le conseguenze di illegittimità sul decreto legislativo e non sulla legge delegante” (sent. n. 163 del 1963) Dalla prassi è emerso come si possa parlare di “flessibilizzazione” del termine di delega e di “gestione” di tale limite procedurale. Si assiste così a casi sempre più frequenti di dilazione del termine disposto con atto successivo (es. decreto-legge) oppure ad ipotesi di proroga automatica, in quanto prevista dalla stessa legge di delegazione. Così ad esempio, a seguito di richiesta di dilazione da parte di Presidenti di Camera o Senato, a motivo della complessità della materia, per consentire alle Commissioni di esprimere il proprio parere, oppure proroga nei casi in cui il Governo trasmetta gli schemi di decreti alle Commissioni competenti in prossimità dello scadere del termine. (altrimenti il parere potrebbe essere frettoloso) Legge n. 400 del 1988 art 14 comma 2: L’emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. Il termine è rispettato se il decreto legislativo è emanato o approvato? Secondo la suddetta legge entro il termine il decreto deve essere emanato E approvato, e per consentire l’emanazione entro il termine, il decreto già approvato dal CdM deve essere trasmesso al Presidente della repubblica almeno 20 gg prima della scadenza. Legge 400 del 1988 art 14, comma 4: In ogni caso, qualora il termine previsto per l’esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenuti corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni. (parere delle Camere non è vincolante se il termine è inferiore a due anni, può anche discostarsene mettendo a repentaglio il rapporto fiduciario). d) limite di contenuto: gli “oggetti definiti” di cui all’art 76 cost. stanno ad indicare una determinazione ben chiara e non equivoca dell’ambito di materia della delegazione, anche se la delega può riferirsi ad una pluralità di oggetti distinti, suscettibili di separata disciplina, purché rientrino nello stesso ambito materiale Se per “oggetto” bisogna intendere “quali siano i tipi di rapporto o di situazione che il Governo potrà disciplinare in forza della delega” (Cervati), è cosa differente rispetto alle “materie” (es. art 117 Cost. contiene elenco di ambiti materiali al fine di ripartire la competenza legislativa tra stato e regioni). Queste materie non sono l’oggetto della delega. Giova sottolineare, inoltre, come nell’ipotesi della delegazione legislativa oggetto di delega sia l’esercizio del potere e non la titolarità del potere legislativo. Da ciò ne deriva la possibilità di revoca della delega. (prima della scadenza del termine per il suo esercizio). La 55 funzione è sua e se ne può riappropriare in qualsiasi momento, anche se la delega è già stata esercitata (abrogandola con successiva legge). La Corte è stata chiamata raramente a pronunciarsi in merito ad eccessi di delega dovuti da “esorbitanza dall’oggetto”. Il suo sindacato verte, perlopiù, sul mancato rispetto di principi e criteri direttivi. e) limite di discrezionalità: il Governo può legiferare solo rispettando i “principi” e “criteri direttivi” postigli dal Parlamento per dettare l’indirizzo politico ed esercitare la funzione di controllo Nella prassi principi e criteri vengono considerati come endiadi, due termini di un unico concetto. Il legislatore, il più delle volte, si è limitato ad includere nelle leggi di delega un elenco di norma direttrici, senza che sia dato distinguere fra principi o criteri, mentre la Corte ha più volte fatto un uso fungibile di tali clausole generali, giungendo ad esprimersi anche attraverso formule sintetiche. In realtà dovrebbero essere distinti: - Principi: norme fondamentali regolatrici della materia - Criteri: adempimenti procedurali che il governo deve rispettare nell’adozione del decreto legislativo (ad es chiedere parere alle camere anche se termine è infrabiennale) Gli indirizzi della Corte aiutano a comprendere come l’individuazione di principi e criteri direttivi e del loro grado di adeguatezza si traduca in una political question affidata alla libera valutazione delle Camere (Paladin). Tali valutazioni esulano dalle competenze della Corte, cui spetta unicamente il controllo sulle “difformità della norma delegata rispetto a quella delegante e non le scelte del legislatore che investono il merito della legge delegata” (sent. n. 158 del 1985). Da ciò trova motivo l’atteggiamento prudente he ha adottato la Corte – come si vedrà – ogniqualvolta si sia trovata a giudicare sulla legittimità costituzionale di una norma delegante. È più realistico considerare che, salvo il caso di carenza assoluta di principi e criteri direttivi, il Parlamento delegante mantenga un certo ambito di discrezionalità nella specificazione dei limiti politici cui assoggettare il Governo. Mentre la Corte si è trovata più volte a constatare come ampi riferimenti a mere finalità siano “sufficientemente specifici per soddisfare l’esigenza di determinatezza che un criterio direttivo deve possedere per non essere in contrasto con l’art. 76 Cost.” (sent. n. 50 del 2005), ricorrendo spesso a simili argomentazioni apodittiche. Limiti politici: funzione di indirizzo politico e controllo : Criteri. Corte Costituzionale così deferente nei confronti di Parlamento e Governo: se il legislatore può definire principi e criteri in maniera ampia e vaga, la stessa corte quando viene sottoposta al suo controllo la legge di delega (anch’essa vaga) non dispone degli strumenti per sindacare il decreto legislativo per eccesso di delega. Ulteriore conseguenza è che la stessa Corte non disponga di chiari parametri di riferimento – cioè di norme interposte – cui rapportare la normativa delegata. L’eccesso di delega Per questi motivi la Corte tende a concentrare il proprio scrutinio e le pronunce di illegittimità prevalentemente sul decreto legislativo e non sulla legge di delega. Solamente in un caso (sent. n. 280 del 2004) la Corte ha dichiarato l’illegittimità di una disposizione di delega. Rispetto al rapporto Parlamento – Governo, quello della corte si configura come controllo esterno: non entra nel merito di come interpretino il rapporto fiduciario o come il parlamento intenda esercitare controllo sul governo, ma si limita a verificare che ci siano i presupposti perché ciò avvenga. I limiti di competenza, oggetto, tempo, contenuto e forma La Corte ha più volte rimarcato la relazione fra discrezionalità del legislatore delegato ed ampiezza di principi e criteri direttivi. Ad una dettagliata articolazione di principi e criteri direttivi fa riscontro un minore margine di libertà del Governo, mentre ad una più labile formulazione di tali limiti corrisponde un maggiore margine di manovra del legislatore delegato. 56 Solo nel periodo relativamente recente, la Corte ha lasciato intendere di voler vincere la sua naturale prudenza, giudicando che la mancanza di principi e criteri direttivi comporti una ridotta capacità innovativa della normativa delegata, secondo una “lettura minimale”. Mentre prima la giurisprudenza della corte lasciava liberi parlamento e governo di determinare quali limiti dovesse rispettare il governo, adesso la corte costituzionale ha atteggiamento che entra più nel merito del rapporto fiduciario. Prima la corte controllava che ci fosse la era esistenza formale di principi e criteri. Adesso dice che da come sono definiti principi e criteri deriva l’ampiezza della delega data al governo. Ma se la corte entrasse sempre nel merito, trascinerebbe nel dibattito politico l’istituzione garante che è la corte, sprovvista di legittimazione democratica diretta. La corte vuole responsabilizzare il rapporto fiduciario: dettate criteri e principi chiari, questo non significa che il governo è meno libero, ma è più libero nella legittimazione che ha nell’innovare l’ordinamento. Nella sentenza n. 98 del 2008 si legge come “il controllo della conformità della norma delegata alla norma delegante, secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l’uno, relativo alla norma che determina l’oggetto, i principi e i criteri direttivi della delega; l’altro, relativo alla norma delegata, da interpretare nel significato compatibile con questi ultimi […]. Relativamente al primo di essi, va ribadito che il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge-delega ed i relativi principi e criteri direttivi, nonché delle finalità che la ispirano, verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della medesima”. Se si individua norma del decreto legislativo che sia compatibile con la legge di delega, allora si può ritenere che il decreto legislativo è costituzionalmente legittimo. Se invece non si trova dopo interpretazione norma compatibile con la legge di delega si potrà ravvisare il vizio dell’eccesso di delega. Il contenuto della legge di delega è il frutto a sua volta di un autonomo processo di interpretazione, ricavando i contenuti tipici dell’art.76 anche se il legislatore delegante su alcuni di questi aspetti è stato lacunoso. Oggetto e termine bene o male sono sempre definiti, principi e criteri, quando non sono espressi, va individuato il complesso dei principi che si ricavano dal complesso delle norme presenti nell’ordinamento. (interpretazione sistematica: della singola disposizione che fa sistema con le altre norme che compongono l’ordinamento giuridico). Se i principi e criteri sono stringati il governo non potrà innovare molto perché dovrà rispettare tutti i principi dell’ordinamento. Profili di incertezza emergono anche dalla prassi di individuare principi e criteri direttivi riferendosi per relationem ad altri atti normativi, con la conseguenza di costringere talvolta a difficili operazioni interpretative (es. deleghe di recepimento delle direttive comunitarie). Prassi diffusa nei rapporti tra diritto interno e della UE: quando il parlamento delega con apposita legge il governo a recepire direttive UE. In tali casi il legislatore fa uso del riferimento alla direttiva che deve essere recepita, perché poi il governo ricavi da essa quali sono i principi e i criteri direttivi che deve seguire. Norme delle direttive sono norme che vincolano gli stati membri quanto al raggiungimento degli obiettivi che esse indicano, mentre non vincolano direttamente i cittadini dell’UE a meno che non si tratti di norme che abbiano, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia tre caratteristiche: norme chiare, inequivoche dal punto di vista della portata precettiva, precise, cioè disciplinanti ambito definito di fattispecie, e incondizionate, ovvero che non rechino condizioni per la produzione dei loro effetti. In questo caso producono effetti diretti verticali: si producono esclusivamente nei rapporti tra i cittadini dell’unione e gli stati membri. Ma non possono essere impugnate tra privati (effetti orizzontali). Questa tecnica è problematica perché capire quando una norma ha effetti diretti o meno è a sua volta l’esito di un processo interpretativo. Legge comunitaria per l’anno per l’anno di riferimento: legge annuale che rende periodico aggiornamento del nostro ordinamento per renderlo compatibile a quello della UE. Deve: 57 Sent. n. 84 del 1996: il c.d. effetto trasferimento Si pone quindi la questione di principio se la censura rivolta nei confronti di una disposizione che esprima una determinata norma possa riferirsi alla medesima norma riprodotta in una diversa e successiva disposizione, identica nel nucleo precettivo essenziale o addirittura, come nella specie, nella sua stessa formulazione letterale. La corte non giudica sulla costituzionalità delle disposizioni, ma sulle norme: sul significato precettivo che si ricava dalla disposizione per effetto dell’applicazione dei canoni ermeneutici. Sent. n. 360 del 1996: la fine della reiterazione dei decreti –legge L’art 77 Cost “nella sua limpida formulazione, non offre alternative al carattere necessariamente provvisorio della decretazione d’urgenza: o le Camere convertono il decreto in legge entro sessanta giorni o il decreto perde retroattivamente la propria efficacia, senza che il Governo abbia la possibilità di invocare proroghe o il Parlamento di provvedere ad una conversione tardiva. La disciplina costituzionale viene, pertanto, a qualificare il termine dei sessanta giorni fissato per la vigenza della decretazione d’urgenza come un limite insuperabile, termine perentorio, che – proprio ai fini del rispetto del criterio di attribuzione della competenza legislativa ordinaria alle Camere – non può essere né violato né indirettamente aggirato. Prassi della reiterazione nella misura in cui tende a rendere stabili effetti di norme che per propria natura sono provvisorie, intacca la certezza del diritto perché i consociati non sono mai in grado di essere sicuri che la norma di un decreto legge decaduto perché non convertito, non torni di nuovo a produrre effetti a causa della circostanza che quel decreto-legge venga reiterato. Su di un piano più generale la prassi della reiterazione, tanto più se diffusa e prolungata nel tempo, viene, di conseguenza a incidere negli equilibri istituzionali, alterando i caratteri della stessa forma di governo e l’attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento. Dopo la sent. n. 360 del 1996 si è interrotta la prassi della reiterazione dei d.l., sebbene il Governo abbia mantenuto costante e fisiologico il tasso mensile di adozione dei decreti-legge (intorno ai 5). Se nonostante si sia fatta la tara della reiterazione, perché al netto continuano ad essere così tanti? Il d.l. in realtà nell’esperienza repubblicana ha mutato natura. Il Governo nel passare degli anni a preso a considerare il d.l. come iniziativa legislativa rinforzata. Quando soggettivamente ritiene che sia necessario intervenire in una data materia, anziché depositare disegno di legge che finisce nella totale discrezionalità del Parlamento rispetto all’approvazione ma anche al quando dell’approvazione, fa un decreto-legge, che a quel punto è immediatamente vigente e di fatto costringe il Parlamento a legiferare sulla materia in tempi più ristretti. Unico caso di iniziativa immediatamente efficace. Questo altera la forma di governo perché il Governo non solo fa in modo che sia immediatamente modificato l’ordinamento, ma può anche porre la questione di fiducia sulla legge di conversione. Il concorso di questi istituti che, uti singoli sono costituzionalmente legittimi, insieme all’interpretazione soggettiva dei requisiti di necessità e urgenza (non alluvione) ha portata eversiva. Aberrazione della dialettica fiduciaria. Sent. n. 171 del 2007: la prima dichiarazione di incostituzionalità per mancanza dei presupposti ex art. 77 Cost. “ … ” Prima sentenza in cui la Corte Cost dichiara incostituzionale d.l. per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza. È opinione largamente condivisa che l’assetto delle fonti normative sia uno dei principali elementi che caratterizzano la forma di governo nel sistema costituzionale. Esso è correlato alla tutela dei valori e diritti fondamentali. Negli Stati che s’ispirano al principio della separazione dei poteri e della soggezione della giurisdizione e dell’amministrazione alla legge, l’adozione delle norme primarie spetta agli organi o all’organo il cui potere deriva direttamente dal popolo. A questi principi si conforma la nostra Costituzione laddove stabilisce che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere” (art. 70) Il punto di arrivo di questa evoluzione che contraddistingue sempre maggiore presa della corte sulla legiferazione d’urgenza è la sentenza 22 del 2012 con cui la Corte Costituzionale sanziona un’altra anomalia della legiferazione d’urgenza: il parlamento potrebbe tendere ad approvare legge di conversione con emendamenti al decreto legge. Siccome legge di conversione ha iter accelerato, il parlamento, sia che gli emendamenti siano del governo o dei singoli parlamentari, tende ad infilare norme nel d.l. presentate come emendamenti ma che in realtà sono estranee 60 alla materia normata. Non è solo il Governo che scaltramente approfitta del d.l., ma anche il Parlamento. Nella sentenza suddetta emendamenti non omogenei ed incoerenti con la materia del d.l. convertito. I regolamenti in generale Con il termine “regolamento” si indica una categoria di atti normativi variegata e difficilmente riconducibile ad unità (si pensi a regolamenti comunitari, parlamentari ma anche quelli adottati da una infinità di organismi pubblici e privati). Se invece, si fa riferimento ai c.d, “regolamenti amministrativi” si intende una categoria di atti tipici, fonti dell’ordinamento giuridico generale, emanati nell’esercizio … Fonti secondarie. In relazione al principio di gerarchia delle fonti, tale funzione può qualificarsi come normazione sub-primaria oppure come normazione secondaria: entrambe di grado inferiore alla legge ed agli atti aventi forza di legge, ma concettualmente separabili in quanto la normazione sub primaria regola materie indifferenti per la normazione primaria, quindi crea diritto oggettivo integralmente nuovo, mentre la normazione secondaria regola materia che già formano oggetto di normazione primaria, e le regola allo scopo di disciplinarne i dettagli attuativi, risultando pertanto vincolata al rispetto di quella. Vi sono poi anche ipotesi in cui la funzione regolamentare si qualifica addirittura come normazione terziaria, allorché il regolamento sia tenuto a rispettare non soltanto le norme contenute nelle fonti di rango legislativo, ma anche le norme contenute in altre fonti regolamentari (come si vedrà è questo il caso ad esempio dei regolamenti ministeriali). La questione di quale debba essere considerato il fondamento del potere regolamentare è tra le più complesse del diritto pubblico, non a caso da sempre oggetto di studio e di ampio dibattito in dottrina. In epoca liberale, si discuteva se il fondamento fosse da individuarsi nella discrezionalità amministrativa oppure nella legge. Secondo la prima impostazione, il regolamento è strumento di autolimitazione del potere discrezionale, che fissa le regole generali e astratte. Secondo la secondo, il fondamento legislativo si lega alla competenza originaria che spetta al potere esecutivo di esercitare l’attività amministrativa, è intrinseco nella legge. Primo: prescinde dal fatto che ci sia legge che permetta di normare con regolamenti. Secondo: regolamenti solo se legislatore li ha previsti. Ad oggi, in estrema sintesi, ci si domanda se tale fondamento possa essere rinvenuto nella Costituzione, oppure – come più tradizionalmente si tende a sostenere - solo ed esclusivamente nelle fonti legislative, in quanto collocate in posizione di immediata sovraordinazione rispetto ai regolamenti, secondo il principio di gerarchia. Quanto più la legge è generale e manca di disposizioni concrete, tanto più il governo può adottare regolamenti per darne attuazione ed esecuzione in virtù della propria funzione esecutiva. Non serve la legge, e non si fonda su discrezionalità amministrativa come autolimitazione. È corollario della funzione esecutiva propria del governo, necessaria perché possa essere data attuazione alle norme di rango primario. Il fondamento del potere regolamentare deriva dalla funzione costituzionale del governo: per attuare norme di legge (quando abbisognano di prescrizioni precise) è necessario che il titolare del potere esecutivo intervenga. Proprio perché devono attuare legge non possono entrare in contrasto con essa: secondarie. La costituzione che originariamente si riferiva al potere regolamentare solo nell’art 87 co. 5 (laddove si affida al Presidente della Repubblica l’emanazione dei regolamenti), dopo la modifica del titolo V della Cost., riconosce oggi la potestà regolamentare allo stato nelle materie di legislazione esclusiva (salva la possibilità di delega alle Regioni) ed attribuisce alle Regioni la potestà regolamentare “in ogni altra materia” (art.117 co. 6). Prima della riforma del 2001 esisteva in costituzione una sola norma che prevedeva il potere regolamentare: art 87 co. 5 che si limitava a prevedere che il pres della rep emanasse i regolamenti. Ma emanazione è solo l’atto conclusivo del processo di formazione. Con la riforma 61 del titolo V si pone termine al dibattito sul fondamento costituzionale del potere regolamentare e non c’è bisogno di ricorrere alla tradizionale interpretazione fatta da Enzo Cheli in “Potere regolamentare e struttura costituzionale” (struttura costituzionale del governo che siffatto è legittimato al potere regolamentare), proposta proprio per risolvere il problema del fondamento in costituzione, proprio perché la costituzione non disciplinava questo potere regolamentare. Il rapporto tra regolamento e legge Il rapporto tra regolamento e legge è legato al principio di gerarchia, per cui il regolamento, in quanto fonte secondaria è ritenuto subordinato alla legge. Ne consegue che se la norma regolamentare è in contrasto con la norma di legge essa è invalida (forma di illegittimità). Se la norma di legge successiva è in contrasto con una norma regolamentare, ne determina l’abrogazione. Caso in cui legge modifica altra legge che aveva regolamento di attuazione. Tale impostazione è collegata all’idea del costituzionalismo liberale, secondo cui la sovranità è del popolo che la esercita tramite il corpo rappresentativo, per cui il sistema giuridico vede al suo vertice la legge del Parlamento. I criteri identificativi I regolamenti governativi si definiscono tradizionalmente come atti dalla doppia natura: “norma giuridica sotto il punto di vista sostanziale ed atto amministrativo sotto il punto di vista formale”. Abbiamo già trattato altresì dei criteri di qualificazione delle fonti normative (formali e sostanziali), dai quali dipende il riconoscimento di tutte le caratteristiche del regime giuridico proprio delle fonti normative (a livello interpretativo, di tutela giurisdizionale, ecc.) Ma non tutti gli atti della P.A. sono norme: sono provvedimenti, che provvedono nello specifico, mentre le norme prevedono casi generali e astratti. Regolamenti unico caso in cui la P.A. prevede, sostanzialmente normativi dal contenuto generale e astratto. Altresì ogni altro atto della P.A. è un provvedimento. Alcune conseguenze In ogni caso, quale che sia la tesi che si voglia preferire in ordine al fondamento normativo dei regolamenti, dalla loro posizione di subordinazione rispetto alle fonti legislative derivano alcune conseguenze su cui vi è consenso pressoché unanime: - mentre il sistema delle fonti primarie deve ritenersi “chiuso”, in quanto la loro tipologia è compiutamente e tassativamente elencata nella Costituzione e nelle leggi costituzionali, ciò non può valere per le fonti secondarie, le quali risultano – come tali – liberamente modellabili dalle fonti sovraordinate, alla stregua di un sistema “aperto”. (legislatore può sempre prevedere nuova categoria di regolamenti); - mentre per le leggi e gli atti ad esse equiparati o concorrenti sussiste uno “spazio” costituzionalmente garantito, tale garanzia non esiste per i regolamenti amministrativi: anzi, le numerose “riserve di legge” (o riserve di altra fonte primaria) contenute nella Costituzione, imponendo che la disciplina di quel determinato oggetto sia contenuta interamente o parzialmente nella fonte primaria, hanno proprio la specifica funzione di “limitare” lo spazio che può essere concesso e lasciato al potere regolamentare. Non sono configurabili, dunque, c.d. “riserve di regolamento”. Altrimenti si priverebbe al legislatore futuro di legiferare sulla materia, legislatore non si può auto-spogliare della funzione legislativa a favore di fonte secondaria, perché legislatore gode di più legittimazione democratica! 62 Quando la costituzione afferma un diritto, si deve dunque presumere la massima ampiezza di esso (c.d. presunzione della massima espansione delle liberta). I soli limiti che possono essere ricavati sono quelli contenuti nella stessa norma costituzionale che formula il diritto di liberta oppure in altre norme costituzionali, che nel formulare altri principi necessariamente limitano il primo; oppure infine in altre norme costituzionali che stabiliscono obblighi che, per loro natura sono destinati a limitare le situazioni soggettive attive. Concezione positivistica della dottrina costituzionale: esistono nel nostro ordinamento solo i diritti previsti dalla costituzione, con i limiti previsti dalla costituzione. Non sono previsti limiti diversi ed ulteriori. Questo vincolo vale innanzitutto per il legislatore, ma questo limite vale anche per l’interprete. Per capire se soggetto è portatore di diritto bisogna seguire particolare criterio ermeneutico: massima espansione dei diritti, non possono essere compressi al di là di quanto prevede la costituzione, e bisogna sempre fornire l’interpretazione più ampia possibile. Limiti espressi dalla costituzione devono essere oggetto invece di interpretazione restrittiva. Interpretazione magis ut valeant delle libertà fondamentali, in modo tale che possano valere il più possibile. In molti casi il costituente ha espressamente previsto “limiti particolari” nella stessa enunciazione del singolo diritto di liberta, al fine di contemperarne il concreto esercizio con l’esigenza di tutelare interessi generali quali la sicurezza pubblica, la sanità, l’incolumità pubblica e l’igiene, il buon costume, l’interesse generale dello Stato nel settore patrimoniale e, soprattutto, l’ordine pubblico, di cui peraltro la Costituzione ha voluto evitare l’espressione, indicandolo e riferendosi ad esso in modo differenziato in relazione ai singoli diritti soggettivi costituzionali. In epoca fascista limite dell’ordine pubblico interpretato in maniera ampia. I costituenti devono individuare singolarmente i limiti alle libertà, perché devono essere espressamente previsti. Art. 2 Cost … Non vuol dire che i limiti sono solo quelli di cui si trova espressione letterale, ma anche quelli che si trovano interpretando la cost. Libertà di manifestazione del pensiero limitata solo dal buon costume. Nel rispetto di tale limite la libertà si può esplicare in qualsiasi maniera? No, oltre al limite espresso nell’art 21 ci sono anche altri limiti impliciti ritrovabili nell’ordinamento costituzionale. Perché come c’è la libertà di pensiero c’è il diritto alla propria immagine e reputazione, ad esempio. I diritti sono riconosciuti innanzi tutto all’individuo come singolo. Interessi dotati di pari rilevanza costituzionale che costituiscono altrettanti limiti alle altre libertà. Limiti che dovranno comunque essere interpretati restrittivamente (per es. no interpretazione analogica). “La repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Non solo diritti che ampliano la sfera giuridica, ma anche doveri. L’art 2 cost contiene la matrice di tutte le libertà civili. Non sembra azzardato affermare che con il contenuto di questa disposizione – la quale, al tempo stesso, riconosce diritti e doveri “naturali” e li garantisce secondo le regole dello Stato contemporaneo conferendo loro rilievo e grado costituzionale, l’Assemblea costituente recepì un principio di altissimo livello morale, che si riannoda alla più nobile tradizione del rispetto della persona umana (fondamento ultimo di tutte le libertà civili). L’inviolabilità dei diritti (secondo pilastro) sancita dall’art. in esame (e ripresa poi da molte delle disposizioni successive concernenti le libertà civili) ha un preciso significato giuridico che non si esaurisce certo nel divieto posto al legislatore ordinario di violare tali libertà (tutte le norme della cost si pongono come limite alla legislazione ordinaria). Di questi diritti si è invece voluta stabilire l’inviolabilità allo scopo di affermarne l’essenzialità per il nostro regime politico; in sostanza si è voluto dire che questi diritti sono inviolabili anche da parte del revisore costituzionale, cioè che la Costituzione è insuscettibile di emendamenti riduttivi negli articoli che si riferiscono a questi diritti essenziali. Per emendare questi diritti bisognerebbe direttamente cambiare ordinamento costituzionale. Sono essenziali in quanto rappresenta contenuto indefettibile del nostro regime 65 politico costituzionale, che ci fanno sentire appartenenti a questo regime politico costituzionale e non ad un altro. la centralità della persona umana: il singolo e le “formazioni sociali” I diritti inviolabili sono riconosciuti all’uomo sia come singolo sia come appartenente a formazioni sociali. Dunque la costituzione garantisce senz’altro anche i diritti del singolo in seno a queste associazioni, ma il significato più profondo della disposizione tende a porre in rilievo la garanzia dei diritti delle comunità intermedie verso i poteri pubblici; di conseguenza anche questi soggetti collettivi si vedono riconosciuta dalla costituzione una propria sfera di autonomia, in termini del tutto analoghi a quanto viene garantito al singolo individuo. L’idea fondamentale e importantissima che si colloca a fondamento di questa scelta dei nostri costituenti è che la più piena e libera esplicazione della personalità dell’uomo abbisogna del conferimento della sfera di autonomia non solo a lui stesso uti singulus, ma a tutti i gruppi ai quali egli voglia dare vita e dei quali voglia far parte. Ad esempio diritto individuale di espressione ma diritto collettivo di manifestazione. L’associazione (struttura in cui convergono coloro che con certa stabilità vogliano perseguire particolari fini non contrari a normativa penale) hanno diritti diversi da quelli dei singoli associati: redigere statuto, stabilire procedure per modificarlo…. Diritti dell’associazione in quanto tale, non dell’individuo che si associa. Tali diritti devono essere interpretati non solo come positivi, ma anche come negativi: nessuno può essere costretto ad esercitare i propri diritti in una formazione sociale. Sfera giuridica ulteriore ed eventuale, altrimenti si eliminerebbe la sfera individuale dei diritti. Nel caso di associazione si parla di libertà negativa di associazione: illegittima legge tale per cui per esercitare attività di caccia bisognava iscriversi ad attività faunistica. Diritto non può essere compresso in associazione. Non diritto riconosciuto a formazione sociale contro il singolo. Art. 2 è superamento delle concezioni filosofiche che avevano portato ad annullamento dei diritti soggettivi, che erano considerati come diritti pubblici soggettivi: il tuo diritto è tutelato in quanto tale dotato di dimensione ulteriore a quella individuale, perché collettivo. Lo stato in interiore ominis: sfera individuale e collettiva coincidono (Gentile) le due prerogative sono uguali solo perché lo Stato te le riconosce. Senza lo stato le tue posizioni individuale non contano nulla. La garanzia delle formazioni sociali e dell’individuo al loro interno opera in realtà su due piani distinti: - la loro presenza condiziona il singolo obbligandolo a rispettare i doveri di solidarietà politica, economica e sociale (la corte costituzionale nella sent. 77/1983 ha affermto che le esigenze di solidarieta sociale prevalgono su ogni altra esigenza di carattere personalistico: poiché la personalità si esprime nel concorso delle altre appartenenti alla stessa formazione sociale non si può avanzare la pretesa di massimizzare la propria utilità individuale a scapito degli altri individui. - Le formazioni sono, tuttavia, anche uno strumento essenziale per lo sviluppo della personalità. Da questo punto di vista si tratta dello sbocciare della persona umana nel pluralismo delle ideologie (ne possono esistere contemporaneamente differenti senza che una prevalga perché una persona vale tanto quanto un’altra) e in quello delle istituzioni (sono due significati diversi ma complementari: il primo attiene alla libertà di opinione, il secondo alla libertà di associazione e più in generale di aggregazione sociale che portano pluralismo affiancandosi allo stato). L’art 2 cost come clausola di riconoscimento e garanzia di “nuovi diritti” Una tesi avvincente tende a qualificare la disposizione in esame anziché come “clausola riassuntiva” (che non ha propria portata precettiva) di diritti di libertà espressamente tutelati nelle altre norme costituzionali, come “clausola aperta”, ossia come clausola di tutela di tutti i diritti “naturali” che non sono tradotti nel testo costituzionale, nonché come clausola di tutela “di tutti quei valori di libertà che vanno emergendo a libello della Costituzione materiale”. Art 2 dice quali sono i caratteri dei diritti inviolabili, non quali sono i diritti inviolabili: vengono menzionati: diritto all’obiezione di coscienza, alla riservatezza, all’immagine, alla libertà di informazione, ai segni distintivi della personalità, il diritto d’autore, il complesso dei diritti dell’ateo, l’obiezione al giuramento… I problemi sorgono per i diritti innominati, che non hanno 66 espressa previsione costituzionali, ma che sono comunque ricollegabili ai diritti e valori previsti dalla costituzione repubblicana. Libertà di informazione, si ricava dalla libertà espressione: sono libero di esprimermi in quanto c’è qualcuno che è libero di ricevere il mio pensiero, proprio perché il pensiero ha carattere relazionale. È pensabile che la costituzione repubblicana sia indifferente alla bioetica? No, ma è difficile ricavare dalla costituzione… Va osservato tuttavia che un testo costituzionale non può per natura fornire altro che garanzie giuridiche di liberta non quelle garanzie di liberazione che solo le forze politiche dominanti in un dato momento storico, attraverso lo sviluppo della costituzione materiale, possono attuare nel divenire. E allora l’interpretazione offerta dall’art 2 come “clausola aperta” come canalizzazione nell’alveo della garanzia costituzionale di ogni sorta di libertà anche fuori dei casi previsti nella costituzione formale, pecca di arbitrarietà. Si può puntualmente dimostrare, infatti, che tutte o quasi tutte le libertà sopra esemplificate possono dedursi correttamente in via di interpretazione da altre norme costituzionali. Questo non toglie che la massima capacità di espansione debba essere assicurata dall’interprete a ciascuna norma costituzionale sulle libertà, ma privilegiare le non bene identificabili “istituzioni delle libertà” abbandonando la difesa del garantismo di ciascuna di esse, trincea bena altrimenti tracciata in Costituzione, appare inaccettabile All’interno della categoria dei diritti inviolabili, mentre alcuni soddisfatti solo perché l’ordinamento stabilisce che tutti si astengano dal turbare quei diritti, altri, parimenti inviolabili, presuppongono invece che il legislatore si attivi perché questi diritti divengano effettivi: non basta garantire l’astensione da turbative. Il caso più evidente è quello dei diritti sociali (diritto alla salute, bisogna che lo stato istituisca servizio sanitario nazionale!) I doveri inderogabili: artt. 52, 53, 54 Cost. L’art 2 cost trattando delle basi fondamentali della convivenza, richiede l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale. Il riferimento alla “solidarietà” ispirato alla dottrina sociale cattolica e alle tradizioni laiche e del movimento operaio, fu condiviso da tutte le forze politiche all’Assemblea costituente, perché rappresentava in modo plastico il bisogno di unità della comunità sottostante allo Stato, che impone doveri senza i quali non può esservi pacifica e fattiva convivenza. Anche sotto questo profilo dunque l’art 2 è una matrice, quella degli obblighi costituzionali, che sono principalmente contenuti negli artt. 52, 53, 54 Cost e che sono qualificati come “inderogabili” nel senso che, in via di principio, nessuno può essere esentato dal rispetto di essi. Art 52 dovere inderogabile di servire la patria che costituiva fondamento per la leva obbligatoria. Adesso è attivabile solo al momento del bisogno. Per soddisfare dovere di difesa della patria bisogna dare permanete disponibilità, non compatibile con il servizio di leva. Art 53 tutti sono concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato ai criteri di progressività dell’imposta. (all’aumentare del reddito aumenta anche l’entità dell’aliquota). Art 54 tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge (dovere costituzionale). Senso di obbligatorietà civica: l’individuo in quanto titolare di diritti inviolabili, ha l’obbligo di vivere la propria dimensione di cittadino in maniera attiva. Dopo aver visto la struttura… Il “principio lavorista” e il diritto al lavoro Art 4 Cost. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società. L’articolo 4 è il primo sviluppo positivo della previsione dell’art 1: repubblica democratica fondata sul lavoro. Tutela promozionale positiva del diritto al lavoro, classico esempio di diritto che 67 Riserva di giurisdizione: la limitazione di una libertà presuppone un atto motivato del Giudice. Provvedimenti limitativi della libertà personale non possono essere adottati dal Governo e dall’amministrazione (statuto albertino: potere giudiziario dipendeva dall’esecutivo). Atto del Giudice: atto che non può essere del potere esecutivo. Motivato: gli atti del giudice si distinguono in decreti (normalmente sprovvisti di motivazione: atto con cui fissa udienza), ordinanze (succintamente motivate: contengono sommaria esposizione delle ragioni di fatto e di diritto: ordinanza di sospensione adottata dal giudice amministrativo) e sentenze (il più motivato di tutti, pronunciata in nome del popolo italiano contiene l’esposizione puntuale delle ragioni di fatto e di diritto (esposizione delle ragioni giuridiche, frutti dell’interpretazione, per cui il giudice determina che quella fattispecie ricada nell’ambito materiale di applicabilità di una determinata norma) che hanno determinato il contenuto dell’atto). La costituzione richiede che l’atto sia motivato perché ciò consente l’efficacia della tutela giurisdizionale (posso appellarmi se esiste una motivazione dietro il provvedimento) e (per l’art 27 il quale introduce il concetto della funzione rieducativa della pena) perché la motivazione deve essere strumentale rispetto alla funzione rieducativa della pena. Rispetto a queste due garanzie (riserva di legge e di giurisdizione) il terzo comma prevede eccezioni: in casi di necessità e urgenza l’autorità di pubblica sicurezza deve… Cost. Deroga ammessa solo per casi eccezionali e purché il provvedimento venga sottoposto all’autorità giudiziaria entro 48h e che questa convalidi il provvedimento entro altre 48h. Rispetto a ciò il codice Vassalli è ancor più garantista nell’interpretazione del comma 3, dimezzando i termini a 24 e 24h. Dalla violazione di questa disciplina discende il diritto ad ottenere la riparazione per ingiusta detenzione. Limitazione illegittima della libertà personale è indennizzabile, tutela di tipo risarcitorio. Carcerazione preventiva: custodia cautelare in carcere. Prima che il Giudice abbia accertato esistenza degli estremi della responsabilità penale. Misura limite nell’ordinamento dove vige il principio della presunzione di innocenza. Quindi la legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. Questa norma è stata attuata introducendo un sistema di carcerazione preventiva limitata automaticamente dal decorso del tempo. Per ogni fase distinta per gravità del procedimento (si conclude con rinvio a giudizio e sei indagato ->processo sei imputato e hai pieno diritto al contraddittorio) e del processo stabilendo un limite temporale per ogni fase. Automatismo che non è dovuto dalla costituzione, la scarcerazione non è chiesta né concessa ma automatica allo scadere del termine. Questo è stato apportato dal Codice Vassalli. Scelta garantista. A proposito delle perquisizioni personali è assolutamente vietata l’adozione di misure invasive dell’integrità psicofisica dell’individuo. La libertà di domicilio (Art 14 Cost.) Perché è disciplinata dall’art 14? Il domicilio è concepito dal costituente come proiezione spaziale della libertà personale. Come la libertà personale anche la libertà di domicilio è inviolabile e non si possono eseguire perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Perquisizioni possono essere personali (sul corpo dell’indagato) oppure (art 14) sono reali (l’oggetto non è la persona ma la cosa). Comma 3 prevede che accertamenti e ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscale sono regolati da leggi speciali. La libertà di corrispondenza (Art 15 Cost.) Ricorre come inviolabile la segretezza e la libertà della corrispondenza. Tipica previsione di riserva di legge e di giurisdizione. È differente la tutela della libertà di comunicazione (presuppone che vi sia una pluralità anche indefinita ma astrattamente definibile di destinatari) e la tutela della libertà di manifestazione del pensiero (comunicazione si rivolge a pluralità indefinita ed indefinibile). La seconda è sottoposta al limite del buon costume, la segretezza e la libertà di corrispondenza sono sottoposti a limiti ulteriori da un lato, ma dall’altro sono inviolabili. La libertà di manifestazione del pensiero non è inviolabile. Articoli da 1 a 54 vanno conosciuti nel contenuto 70 71 72
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved